• Non ci sono risultati.

Percezione dei fattori terapeutici in psicoterapia individuale: la prospettiva dei pazienti

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Percezione dei fattori terapeutici in psicoterapia individuale: la prospettiva dei pazienti"

Copied!
87
0
0

Testo completo

(1)

Scuola di Medicina

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell'Area Critica

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN

PSICOLOGIA CLINICA E DELLA SALUTE

“Percezione dei fattori terapeutici in psicoterapia

individuale: la prospettiva dei pazienti”

RELATORE

PROF. Alessio Mini

CANDIDATA

Alice Contemori

(2)
(3)

3 RIASSUNTO

La presente ricerca ha avuto lo scopo di indagare i fattori terapeutici in psicoterapia individuale dalla prospettiva di pazienti di un servizio pubblico con un’esperienza terapeutica positiva. Ai 19 partecipanti sono stati somministrati un’intervista semi-strutturata e il Q-Set sui Fattori Terapeutici (QSFT), una lista di 50 fattori terapeutici che i pazienti dovevano ordinare secondo il grado di utilità, come previsto dalla metodologia Q. I seguenti fattori sono stati valutati come i più utili dai pazienti: “Riesaminare la mia storia di vita, prendendo coscienza di come il mio passato influenzi il mio presente”; “Aprirmi e sfogarmi con il terapeuta, parlando di me e dei miei problemi”; “Il rapporto positivo, di fiducia, che ho instaurato col terapeuta”.

(4)

4 INDICE 1. 1 INTRODUZIONE………5 2. 2 RICERCA………15 2.1 Partecipanti………15 2.2 Metodologia Q………...16

2.3 Q-Set sui Fattori Terapeutici (QSFT)………17

2.4 Procedura………...20

2.5 Analisi dei dati………...22

2.6 Risultati………..22 2.6.1 Questionario………22 2.6.2 Intervista semi-strutturata………23 2.6.2.1.1 Domanda 2……….23 2.6.2.1.2 Domanda 3……….26 2.6.2.1.3 Domanda 4……….30

2.6.3 Q-Set sui Fattori Terapeutici (QSFT)………..33

3. DISCUSSIONE DEI RISULTATI……….36

3.1 Domanda 2………..37 3.2 Domanda 4………..39 3.3 Domanda 3 e QSFT………40 4. CONCLUSIONI………...46 APPENDICE A APPENDICE B APPENDICE C APPENDICE E BIBLIOGRAFIA

(5)

5 INTRODUZIONE

L’efficacia della psicoterapia è stata ampiamente dimostrata sia in termini di approcci teorici che di disturbi trattati (Althobaiti et al, 2020;Cuijpers et al., 2013; Driessen et al., 2009; Lambert, 2013; Nevonen & Broberg, 2006;).

Ciò che ancora non è stato dimostrato definitivamente dalla letteratura è come la psicoterapia operi, quali siano effettivamente i meccanismi che conducono ad un cambiamento nel paziente. Le due ipotesi principali sulle quali la ricerca in psicoterapia si è concentrata negli anni sono quella dei fattori comuni e quella dei fattori specifici.

I fattori comuni sono quegli elementi di cambiamento non appartenenti ad una determinata teoria, la cui azione non è limitata a determinati disturbi (Jorgensen, 2004). Uno dei primi modelli fu quello proposto da Frank (1961) che individuò come fattori terapeutici presenti in tutte le psicoterapie una relazione paziente-terapeuta funzionante, un razionale credibile alla base del trattamento, procedure e rituali applicati in maniera strutturata e un contesto di cura.

Secondo l’ipotesi dei fattori comuni tutti i tipi di psicoterapie sono a loro modo efficaci. Uno dei primi sostenitori di questo pensiero fu Rosenzweig (1936), secondo cui vi erano “fattori non riconosciuti”, presenti in tutti gli approcci, che portavano all’effetto terapeutico del trattamento. In tempi più recenti il ruolo dei fattori comuni è stato sostenuto da alcune metanalisi contenenti studi comparativi tra varie forme di psicoterapie (Baardseth et al., 2013; Grenon et al., 2018; Steinert, Munder, Rabung, Hoier, & Leichsenring, 2017); queste rassegne mostrano come non ci siano differenze significative nei risultati dei diversi tipi di psicoterapie messi a confronto, sostenendo perciò l’ipotesi che non esistano approcci più efficaci di altri nel trattamento dei vari disturbi e che alla base del miglioramento terapeutico ci siano aspetti comuni a tutte le psicoterapie.

I fattori specifici si riferiscono invece a tecniche, procedure e aspetti tipici di un determinato approccio teorico, il cui effetto nel trattamento di determinati disturbi è empiricamente supportato (Jorgensen, 2004). Un metodo diffuso per supportare empiricamente l’efficacia di una determinata psicoterapia è quello dei trial clinici

(6)

6

controllati e randomizzati (RCT), in cui ai partecipanti alla ricerca viene somministrato casualmente il trattamento in esame o una condizione di controllo. Un’altra tipologia di studi utilizzata per dimostrare il ruolo dei fattori specifici nel miglioramento terapeutico è quella degli studi sulle componenti: si confronta l’efficacia di un determinato approccio con quella dello stesso approccio privato o arricchito di alcune componenti; un’eventuale differenza significativa tra le due condizioni indica che la componente aggiunta o sottratta ha un ruolo nel cambiamento terapeutico (Bell, Marcus, & Goodlad, 2013).

Nonostante il dibattito sul ruolo dei fattori specifici e aspecifici abbia indirizzato la ricerca per molto tempo, alcuni autori hanno criticato questa visione dicotomica della psicoterapia. Già più di 30 anni fa Butler e Strupp (1986) sottolinearono quanto fosse problematico tentare di ridurre a soli due fattori il funzionamento di un fenomeno così complesso come la psicoterapia: secondo gli autori era necessario tenere in considerazione le caratteristiche del singolo paziente, poiché queste vanno ad influenzare la relazione paziente-terapeuta, contesto nel quale vengono applicate poi teorie e tecniche.

Seligman (1995) ha posto l’attenzione su una questione importante: gli studi sull’efficacia, con cui sono stati empiricamente validati molti trattamenti psicoterapeutici, non sono adatti alla ricerca in psicoterapia. La psicoterapia nella pratica ha una serie di caratteristiche che non vengono considerate durante i suddetti studi, come ad esempio dei limiti temporali flessibili, l’obiettivo di un miglioramento generale del paziente oltre a quello dei singoli sintomi, o ancora una flessibilità nell’uso delle tecniche usate a seconda dei bisogni del paziente. Inoltre questa modalità di ricerca non si applica a trattamenti a lungo termine o eclettici a causa dei costi eccessivi e della difficoltà di standardizzare all’interno di un manuale questo genere di trattamenti.

Sulla scia di Seligman, anche Castelnuovo, Faccio, Molinari, Nardone, e Salvini (2004) hanno sottolineato che gli RCT non siano poi così adatti alla ricerca in psicoterapia: non si possono utilizzare veri e propri disegni in doppio cieco, le condizioni di controllo non sono mai neutrali e inoltre gli interventi psicoterapeutici

(7)

7

sono molto difficili da standardizzare poiché l’incontro tra un terapeuta e ogni suo singolo paziente è unico.

Cuijpers, Ruijnders e Huibers (2019) fanno notare che anche i risultati degli studi comparativi dovrebbero essere interpretati con cautela: questi studi hanno generalmente bassa potenza statistica, poiché per evidenziare una differenza tra due psicoterapie (che ci si aspetta sia minima) si dovrebbero utilizzare campioni numerosi, mentre invece solitamente si impiega un numero di pazienti inferiore al necessario; inoltre non è da escludere che terapie diverse siano ugualmente efficaci non a causa di fattori comuni, bensì perché lo stesso risultato può essere raggiunto attraverso meccanismi diversi all’interno di approcci diversi.

La psicoterapia individuale e quella di gruppo risultano avere la stessa efficacia; una metanalisi (McRobert, Burlingame, e Hoag, 1998), ad esempio, non ha rilevato differenze di risultati analizzando 23 studi che comparavano terapie individuali e di gruppo. Addirittura, Fuhriman e Burlingame (1990) hanno individuato 6 fattori che sembrano essere presenti sia nella terapia individuale che in quella di gruppo: insight (apprendimento che porta il paziente a creare connessioni tra ciò che apprende in terapia e sé stesso), catarsi (esternazione di sentimenti), valutazione della realtà (acquisire una visione più realistica e non distorta di sé e dell’ambiente grazie ai feedback del terapeuta e, nella terapia di gruppo, degli altri pazienti), identificazione (introiettare un oggetto, solitamente il terapeuta, e rimpiazzare i propri vecchi valori con quelli di quest’ultimo), autorivelazione (rivelare informazioni riguardo a sé stessi) e speranza (aspettativa di cambiamento o miglioramento, instillata dal terapeuta o dal razionale della terapia). Tuttavia i trattamenti individuali e quelli di gruppo sono indubbiamente contraddistinti da dinamiche differenti e nonostante si trovino in entrambi i tipi di psicoterapia, questi sei fattori sono presenti in misura diversa nelle due modalità. (Fuhriman & Burlingame, 1990). In uno studio, anche Holmes e Klivinghan (2000) hanno riscontrato delle differenze tra i due tipi di trattamento. Chiedendo ai partecipanti quali fossero stati gli eventi più importanti avvenuti durante le sessioni terapeutiche, avevano classificato le loro risposte sotto quattro dimensioni (Kivlighan, 1996): clima-relazione, focus su di sé-altri, consapevolezza

(8)

8

erano centrali per i pazienti provenienti dalla terapia di gruppo, presumibilmente perché la dimensione relazionale e quella interattiva sono centrali in questo tipo di terapia; la terza e la quarta dimensione erano invece più importanti per i pazienti della terapia individuale, dal momento che in questo tipo di trattamento si tende a mettere in primo piano la gestione dei problemi e la consapevolezza di sé stessi.

Nel settore della ricerca dedicato alla psicoterapia di gruppo, è celebre la classificazione dei fattori terapeutici a opera di Yalom (1995): istillare speranza (avere speranza o fiducia nel trattamento di gruppo), universalità (riconoscere somiglianze nei problemi degli altri membri del gruppo), impartire informazioni (consigli e suggerimenti diretti da parte del terapeuta o degli altri membri del gruppo), altruismo (apprendere ad aiutarsi l’uno con l’altro), ricapitolazione correttiva del gruppo

primario familiare (esplorare ed elaborare correttamente in gruppo eventi e traumi

infantili), sviluppo di tecniche di socializzazione (acquisire abilità sociali, ricevere feedback interpersonali), comportamento imitativo (imitare comportamenti del terapeuta e degli altri membri), apprendimento interpersonale (apprendere l’importanza delle relazioni interpersonali ed elaborare esperienze emotive in un contesto interattivo di gruppo), coesione di gruppo (avere relazioni significative e supportive con il terapeuta e gli altri membri), catarsi (esternare le proprie emozioni),

fattori esistenziali (gestire situazioni come isolamento, morte, mancanza di significato,

mancanza di libertà).

Questi 11 fattori sono stati più volte ripresi e indagati all’interno di contesti diversi. Lovett e Lovett (1991) hanno somministrato il questionario dei fattori terapeutici di Yalom a 70 pazienti alcolisti, sottoposti a terapia di gruppo. Gli aspetti ritenuti più importanti dai pazienti sono stati, fattori esistenziali, coesione e comprensione di sé; la rilevanza di quest’ultima è stata dimostrata anche in altri studi con pazienti ambulatoriali con diagnosi diverse (Butler & Fuhriman, 1980; Leszcz, Yalom, & Norden, 1985; Yalom, 1995), come sottolineato dagli stessi autori. I pazienti hanno invece valutato come meno utili l’identificazione, la guida, il re-enactment familiare e l’istillazione di speranza.

(9)

9

Uno studio del 1999 (Morgan, Ferrell, & Winterowd) ha indagato i fattori terapeutici di Yalom su detenuti maschi in terapia di gruppo, dal punto di vista dei terapeuti. Secondo gli psicoterapeuti i fattori più importanti sono stati l’apprendimento interpersonale e il comportamento imitativo. Il primo risulta anche tra i fattori su cui si è speso più tempo a parlare in terapia, insieme a universalità, comportamento imitativo e impartire informazioni. Infine secondo i terapeuti i detenuti avevano fatto i progressi maggiori rispetto all’universalità, l’impartire informazioni e l’apprendimento interpersonale. I fattori ritenuti più marginali sono stati la ricapitolazione correttiva del gruppo familiare primario e i fattori esistenziali, gli stessi a cui è stato dedicato meno tempo in assoluto in terapia. Infine il progresso minore secondo i terapeuti è stato fatto nel re-enactment familiare.

Demibras, Dogan, e Ilhan (2012) hanno somministrato il Q-sort dei fattori terapeutici a pazienti alcolisti al termine di una psicoterapia di gruppo ed hanno riscontrato che l’importanza maggiore era stata attribuita a fattori esistenziali, re-enactemnt familiare, comprensione di sé e catarsi; altruismo e identificazione, al contrario, erano risultati i meno rilevanti.

Secondo Yalom i fattori che più danno beneficio ai pazienti durante una terapia di gruppo sono l’apprendimento interpersonale, la catarsi e la coesione; quelli meno importanti sarebbero invece la ricapitolazione correttiva del gruppo familiare primario, impartire informazioni e il comportamento imitativo (Yalom, 1995). Come si può vedere da alcuni esempi sopra riportati, la letteratura in parte riflette il pensiero dell’autore, evidenziando come importanti, spesso singolarmente, i fattori proposti da Yalom, nonostante la diversità delle popolazioni e dei contesti terapeutici presi in esame; anche tra i fattori che dovrebbero dare meno beneficio tendono ad essere riconfermati quelli indicati dall’autore.

Una classificazione molto simile dei fattori terapeutici di gruppo è stata proposta da Bloch, Reibstein, Crouch, Holroyd, e Themen (1979). Tra i 10 fattori, alcuni sono identici a quelli di Yalom, tra cui catarsi, apprendimento interpersonale, istillazione di speranza, universalità e altruismo; gli elementi innovativi sono invece guida, comprensione di sé, apprendimento vicario, autorivelazione e accettazione. In uno

(10)

10

studio in cui è stata utilizzata questa classificazione (Bloch & Reibstein, 1980) è stato indagato quali fossero i fattori terapeutici più importanti per alcuni pazienti provenienti da una psicoterapia di gruppo e i loro terapeuti. I risultati sono solo parzialmente concordi con ciò che afferma Yalom: i fattori ritenuti più importanti dai pazienti si sono rivelati essere la comprensione di sé, l’autorivelazione, l’apprendimento interpersonale, l’instillazione di speranza e l’apprendimento vicario, mentre i terapeuti hanno attribuito importanza a comprensione di sé, apprendimento interpersonale, autorivelazione e accettazione. Tuttavia secondo gli autori ciò che loro intendono per autorivelazione rientra in buona parte nella definizione di catarsi di Yalom.

La letteratura è ricca di studi riguardanti i fattori terapeutici nella psicoterapia di gruppo; al contrario sono pochi gli articoli su questo tema riferiti esclusivamente alla terapia individuale.

Jorgensen (2004) individua alcuni ingredienti attivi nella psicoterapia individuale:

abreazione emotiva (intesa come il rilascio di emozioni rimaste bloccate e

l’espressione socialmente accettabile di esse); esposizione, desensibilizzazione e

passare dal passivo all’attivo (intesi dall’autore come affrontare in generale contenuti

ansiogeni e passare dall’essere vittime passive ad avere un controllo attivo su ciò che ci accade); esperienza emozionale correttiva e internalizzazione dell’interazione

terapeutica; sviluppo della regolazione affettiva; sviluppo di mentalizzazione, autoriflessività e abilità di gestire interazioni interpersonali; nuova narrazione del Sé

(intesa come narrazione che attribuisce significato alla vita del paziente e ne unisce passato, presente e futuro in modo coerente). Secondo l’autore questi fattori sono attivi indipendentemente dal fatto che facciano parte o meno del modello teorico del terapeuta o che siano consapevolmente integrati in un intervento specifico.

Wampold (2015) propone invece il modello contestuale, costituito da tre percorsi attraverso i quali la psicoterapia produrrebbe benefici. Secondo l’autore, prima che si percorrano i tre sentieri deve essersi instaurato un legame iniziale tra terapeuta e paziente. Quest’ultimo infatti inizierà a valutare se il terapeuta è degno di fiducia ed è in grado di gestire il suo problema. Una volta formatosi questo legame si deve percorrere il primo sentiero, quello della relazione terapeutica vera e propria; tale

(11)

11

rapporto è atipico poiché all’interno di questo il paziente può parlare di qualsiasi cosa ed esprimere qualsiasi emozione senza il timore di essere rifiutato dal terapeuta. Una relazione di questo tipo di per sé promuove il processo terapeutico, poiché mette di fronte al paziente una persona empatica e accudente. Il secondo percorso è quello delle aspettative. Le persone che giungono per la prima volta davanti ad un terapeuta hanno già pensato a delle spiegazioni al loro problema, solitamente basate su convinzioni maladattive. Il terapeuta fornisce al paziente una spiegazione adattiva del suo disagio e gli propone anche dei mezzi per ottenere sollievo. Affinché il paziente abbia delle aspettative positive sulla terapia, il razionale teorico alla base di questa deve essere convincente e coerenti ad esso le attività che si propongono al paziente. In questo secondo percorso l’alleanza terapeutica è particolarmente importante poiché il paziente accetta le spiegazioni del terapeuta al suo problema ed ha fiducia nel cambiamento solo se si fida di lui. Infine il terzo percorso è costituito dagli ingredienti specifici. All’interno del modello contestuale non ci si riferisce ai fattori specifici come elementi predisposti ad essere più efficaci su un determinato disturbo, bensì semplicemente come componenti tipiche di quella terapia che promuovono azioni terapeutiche nel paziente. Quello che l’autore intende è che, indipendentemente dall’approccio teorico, il terapeuta induce il paziente a mettere in atto delle azioni salutari, terapeutiche (rivedere le proprie convinzioni disadattive, migliorare le relazioni interpersonali, esprimere emozioni difficili, ecc.).

Come è evidente dagli articoli presi in considerazione, non è raro che i fattori terapeutici vengano indagati dalla prospettiva dei pazienti; sin dagli anni ’60 infatti la ricerca si è interessata a ciò che i pazienti ritenevano utile nella propria terapia (Lilliengren, 2014). Fare luce sulle opinioni dei pazienti può contribuire a migliorare la qualità dei servizi sanitari a cui essi accedono. A questo scopo Fava et al. (2000) hanno chiesto a pazienti in psicoterapia e a pazienti psichiatrici con supporto psicologico di identificare i fattori terapeutici che avevano contribuito maggiormente al loro miglioramento, insieme ad altri aspetti dell’esperienza psicoterapeutica (difficoltà durante il percorso e miglioramenti/peggioramenti riscontrati). I fattori più importanti individuati da entrambi i gruppi riguardano supporto e sensazione di essere ascoltati, aumento di autoconsapevolezza e autostima. Ciò che differenzia i due gruppi

(12)

12

è l’importanza relativa attribuita ai singoli fattori. Mini e Rosi (2016), invece, hanno indagato i fattori terapeutici dalla prospettiva di pazienti provenienti da una psicoterapia individuale, servendosi della tecnica del Q-sort. I fattori che secondo i pazienti sono stati più importanti per il proprio miglioramento terapeutico riguardavano il senso di sicurezza e supporto dato dal terapeuta, la capacità professionale del terapeuta e lo sviluppo della stima e della considerazione verso sé stessi.

In una rassegna di 41 studi (Timulak, 2010) è stata analizzata la tipologia di eventi che secondo i pazienti sono stati significativi nella loro psicoterapia. Risulta che gli eventi significativi riguardano principalmente la consapevolezza e la risoluzione dei problemi; si riscontra anche un’alta prevalenza di eventi legati alla relazione terapeutica. Conclusioni simili arrivano dalla revisione di alcuni studi da parte di Llewelyn (1984), che riscontra nei pazienti una tendenza a ritenere più importanti gli aspetti relazionali piuttosto che quelli tecnici.

È considerevolmente minore la quantità di studi sulla prospettiva dei terapeuti, su ciò che loro ritengono utile in terapia. Queste teorie implicite sono frutto della formazione teorica del terapeuta, unita alla sua esperienza pratica e contengono strategie riguardo a cosa fare e non fare in terapia. Nonostante la scarsa attenzione posta dalla ricerca, i punti di vista di terapeuti esperti, se analizzati e sistematizzati, possono contribuire ad implementare le teorie attuali (Lilliengren, 2014).

Levitt e Williams (2010) hanno intervistato 14 psicoterapeuti appartenenti a vari orientamenti teorici (cognitivo-comportamentale, umanista, costruttivista e psicodinamico), chiedendo loro di descrivere quali fossero i processi attraverso cui facilitavano il cambiamento nei propri clienti. Dai risultati delle interviste emerge una sequenza generale di passaggi che i terapeuti seguono per condurre il cliente al cambiamento. Inizialmente si aiuta il paziente a sviluppare curiosità nel conoscere sé stesso; ciò permetterà al paziente di avere la giusta motivazione ad esplorare contenuti emotivamente intensi. Poiché durante tale esplorazione c’è il rischio di una rottura nella relazione terapeutica, si forniscono al paziente supporto e un approccio più strutturato (esplorazione guidata o altri interventi). Esplorando contenuti prima

(13)

13

inaccessibili, sostenuto dal terapeuta, il paziente arriva così a sperimentare un’esperienza diversa. Tutti i terapeuti intervistati hanno espresso l’importanza di condurre il paziente ad un’esperienza differente; tuttavia non c’è unanimità riguardo a come questa debba essere realizzata. I terapeuti appartenenti agli orientamenti psicodinamico, umanista e costruttivista hanno sottolineato l’importanza di analizzare gli aspetti più critici ed emotivamente carichi di tale esperienza all’interno della sessione terapeutica, perciò ritengono fondamentale l’uso di validazione ed empatia per poter sostenere al meglio il cliente nell’esplorazione dei propri contenuti. Secondo i terapeuti cognitivo-comportamentali invece, attraverso compiti strutturati e ben definiti, il paziente è in grado di fare tale esperienza fuori dal setting terapeutico, in un contesto meno emotivamente carico. In questo caso ciò che serve al paziente per il cambiamento è la capacità del terapeuta di strutturare compiti e motivare il paziente ad eseguirli.

In uno studio (Lilliengren & Werbart, 2010), è stato chiesto a 16 terapeuti psicoanalitici cosa fosse stato utile e cosa invece fosse stato d’ostacolo durante la psicoterapia con pazienti adolescenti, secondo la propria esperienza. Dall’analisi delle interviste, per quanto riguarda gli aspetti utili risulta una macrocategoria principale di risposte: lo sviluppo di una relazione stretta, sicura ed affidabile. Lo sviluppo di questo tipo di relazione dipende da tre fattori, che corrispondono a tre sottocategorie: l’atteggiamento e il modo di relazionarsi del terapeuta; il fatto di avere tempo, una continuità nel percorso terapeutico e vedere la terapia come spazio unico e personale; le risorse e l’impegno del paziente nel processo terapeutico. Tra le risposte dei terapeuti sono state individuate anche 5 categorie principali: esperienze positive fatte dal paziente fuori dal setting terapeutico; sollecitare il paziente a riflettere sul proprio Sé; aumentare la capacità di pensare e processare i problemi; diventare un soggetto distinto, ovvero la maggior apertura nelle relazioni con gli altri e la capacità di parlare dei propri pensieri e sentimenti, ma anche delineare confini più chiari tra sé e gli altri e gestire meglio i conflitti; la prosecuzione del processo terapeutico anche dopo il termine della terapia, nel senso che il paziente continua a gestire i propri problemi come ha appreso in terapia anche dopo che questa è terminata. Tutti i terapeuti sono risultati d’accordo per quanto riguarda gli aspetti che ostacolerebbero il processo

(14)

14

terapeutico: la paura del paziente di ingaggiare una relazione stretta col terapeuta. Risultati simili sono stati ottenuti dagli autori in uno studio con la stessa metodologia ma attraverso la prospettiva dei pazienti (Lilliengren & Werbart, 2005). Secondo i partecipanti gli aspetti utili della terapia sono stati avere un posto e una relazione speciale, esplorare sé stessi insieme al terapeuta e poter parlare di sé stessi; quest’ultimo tuttavia si è rivelato essere anche un fattore ostacolante, poiché difficoltoso e fonte di minaccia per molti pazienti. Un altro aspetto che secondo i pazienti ha ostacolato la terapia è stata la sensazione che qualcosa mancasse, come ad esempio una maggiore attività da parte del terapeuta o dei consigli da parte sua. Un modo interessante di fare ricerca sui fattori terapeutici è senza dubbio quello di confrontare le prospettive dei pazienti e dei terapeuti.

Van Grieken et al. (2016), attraverso sessioni di brainstorming, hanno indagato quali fossero gli aspetti più utili nel trattamento della depressione dalle prospettive di terapeuti, pazienti e i loro caregiver. Sono stati individuati 55 fattori terapeutici successivamente suddivisi in quattro cluster principali: terapeuta professionale, contenuto del trattamento, processi di trattamento strutturati e organizzazione del trattamento. Non si sono riscontrate differenze significative tra i tre gruppi di partecipanti per quanto riguarda l’importanza dei vari clusters; è stata individuata un’unica eccezione rispetto al cluster “Organizzazione del trattamento” (in cui rientrano la possibilità di avere contatti col terapeuta con poco preavviso, un terapeuta che offre alternative quando la terapia non funziona, e terapeuti che lavorano bene insieme), valutato maggiormente dai pazienti e dai caregiver, rispetto ai terapeuti. La categoria più importante risulta essere “Terapeuta professionale” composta dalle sottocategorie “Relazione terapeutica” (contenente concetti come relazione di fiducia, comprensione da parte del terapeuta, feeling con il terapeuta) e “Terapeuta professionale” (in cui rientrano affermazioni riguardanti la sensazione del paziente di essere preso sul serio, la conoscenza del caso clinico da parte del terapeuta, il rispetto degli appuntamenti da parte del terapeuta).

Tuttavia gli aspetti della terapia che i terapeuti ritengono essere alla base del cambiamento non sempre coincidono con ciò che i pazienti hanno trovato utile durante

(15)

15

il loro percorso terapeutico. Ad esempio in uno studio (Castonguay et al., 2010) in cui è stato chiesto ad un gruppo di pazienti e ai loro terapeuti di indicare alla fine di ogni sessione quali erano stati gli eventi utili per la terapia, risulta esserci un accordo generale sugli eventi individuati dai due gruppi (i pazienti hanno identificato come categorie di eventi più utili autoconsapevolezza, chiarificazione dei problemi e risoluzione dei problemi; secondo i terapeuti le categorie di eventi più utili sono autoconsapevolezza, rafforzamento dell’alleanza e chiarificazione dei problemi), ma si evidenzia una discordanza tra pazienti e terapeuti riguardo al grado di utilità attribuito a ciascun evento. Llewelyn (1988) invece riporta una tendenza nei terapeuti a ritenere centrali eventi relativi al lavoro terapeutico (ad esempio aumentare l’insight), a differenza dei pazienti, che sottolineano l’importanza di aspetti più relazionali come la rassicurazione o il senso di sollievo e la risoluzione dei problemi.

Lo scopo del presente lavoro è stato quello di indagare i fattori terapeutici in psicoterapia individuale dalla prospettiva di pazienti provenienti da un servizio pubblico, con un’esperienza terapeutica positiva. L’indagine è stata svolta attraverso un’intervista semi-strutturata e la metodologia del Q-sort (Amin, 2000; Brown, 2004; Van Exel & de Graaf, 2005). Lo studio è stato approvato dal comitato etico dell’azienda USL Toscana Nord Ovest.

LA RICERCA Partecipanti

Sono stati contattati telefonicamente 20 pazienti che avevano terminato una psicoterapia individuale con alcuni psicoterapeuti operanti presso la Salute Mentale Adulti dell’Azienda USL Livorno; 19 di questi hanno acconsentito a partecipare alla ricerca, dopo aver firmato il modulo del consenso informato. Il campione era composto da 17 femmine e 2 maschi, con un’età media di 47,79 anni (range: 26 – 69; DS= 11,55). nove pazienti avevano svolto la terapia con uno psicoterapeuta integrato con formazione cognitivo-costruttivista, cinque con uno psicoterapeuta psicoanalitico, tre con un’altra psicoterapeuta con orientamento psicoanalitico e infine due con uno psicoterapeuta con orientamento sistemico-familiare. I partecipanti avevano effettuato

(16)

16

una media di 24,11 sedute (range: 7-76; DS= 17,74). Sette di loro avevano seguito una cura farmacologica durante il percorso psicoterapeutico oggetto dell’intervista. Al momento dell’intervista erano trascorsi mediamente 176,89 giorni dall’ultima seduta (range: 4-515; DS= 171,98). In media, durante il corso della loro vita i soggetti si sono rivolti a 2,16 terapeuti (range: 1-4; DS= 0,96).

I pazienti verranno contrassegnati con la lettera “P” seguita da un numero indicante l’ordine in cui sono stati intervistati (“P1”, “P2”, …, “P19”).

Metodologia Q

La metodologia Q è un metodo di ricerca impiegato nello studio della soggettività: con essa possono infatti essere indagati sistematicamente punti di vista, preferenze e giudizi su qualsiasi argomento. La prima fase del metodo Q consiste nel raccogliere un numero più ampio possibile di affermazioni riguardanti il tema della ricerca, definito concourse. Tali affermazioni possono essere raccolte da interviste, libri, giornali o letteratura scientifica.

Nella seconda fase si procede a sviluppare il Q-set, ovvero l’insieme di affermazioni sul tema che verranno proposte ai partecipanti; esso è ottenuto selezionando dall’insieme di affermazioni raccolte quelle che più rappresentano il range di opinioni riguardo all’argomento.

La terza fase prevede l’individuazione del P-set, l’insieme di partecipanti coinvolti nella ricerca. Dal momento che lo scopo della metodologia Q è indagare i punti di vista soggettivi non è necessario che i partecipanti siano selezionati casualmente, anzi solitamente vengono scelte persone che ci si aspetta abbiano opinioni ben distinte sull’argomento. Nella fase successiva ai partecipanti viene chiesto di ordinare (Q-sorting) le affermazioni secondo un criterio che fa appello al loro punto di vista (per es. la preferenza per qualcosa, l’utilità di qualcosa). Nello specifico i pazienti inseriscono tutte le affermazioni in caselle predefinite, in modo da ottenere una distribuzione quasi normale, ai cui estremi ci sono sempre valori opposti (per es. +4 e

(17)

17

-4). Di solito al Q-sorting si fa seguire un’intervista per approfondire le motivazioni delle scelte dei partecipanti (Brown, 2004).

Q-set sui fattori terapeutici

Nella presente ricerca è stato utilizzato il Q-set sui fattori terapeutici (QSFT), sviluppato da Mini e Rosi (2016). Il QSFT è uno strumento esplorativo panteorico, volto a consentire la valutazione da parte dei pazienti dei fattori terapeutici nella psicoterapia individuale, quale che sia la teoria di riferimento dello psicoterapeuta. Questo strumento contiene un numero di elementi potenzialmente terapeutici sufficientemente ampio, differenziato e transteorico, tale da poter rappresentare sia i diversi modelli di psicoterapia sia le diverse necessità dei singoli pazienti. Un certo grado di astrazione nella formulazione dei fattori consente infatti che questi rappresentino diversi approcci terapeutici (terapia centrata sul cliente, teoria dell'attaccamento, terapia psicodinamica, terapia cognitivo comportamentale, terapia sistemica, gestalt ecc.); per fare un esempio, relativamente al fattore terapeutico “Conoscere e comprendere meglio me stesso”, poco importa che un tale incremento della conoscenza di sé derivi dalla rivisitazione di un sogno, da una interpretazione di transfert, dal recupero di un ricordo in stato di ipnosi, dalla attuazione di un comportamento sino ad allora evitato, dal rendicontare certe esperienze su un diario di bordo, da un insight insorto durante la tecnica della sedia vuota. Uno strumento come questo deve inoltre essere sufficientemente chiaro e non richiedere conoscenze specialistiche, deve cioè essere alla portata di un paziente, che potrebbe avere difficoltà nel cogliere il significato di fattori quali: suggestione, persuasione, effetto placebo, catarsi, insight, mentalizzazione, ristrutturazone cognitiva, esperienza emozionale correttiva, gestione delle contingenze, desensibilizzazione, aderenza alla teoria (Grencavage e Norcross 1990, Tschacher et al. 2014). L’elenco completo dei 50 fattori costituenti il QSFT è consultabile in Tabella 1.

(18)

18

Tabella 1 L'elenco completo dei 50 fattori del QSFT. In neretto sono riportate le

categorie (e in corsivo le sottocategorie) a cui appartengono i fattori.

Caratteristiche della relazione terapeutica

1. Il rapporto positivo, di fiducia, che ho instaurato con il terapeuta 2. Il senso di sicurezza datomi dall’aiuto e dal sostegno del terapeuta 3. L’accordo e l’impegno comune e coordinato mio e del terapeuta

4. L’attenzione, l’interesse e l’ascolto empatico del terapeuta nei miei confronti 5. Sentire l’accettazione ed il rispetto del terapeuta per il mio modo di essere 6. L’affinità caratteriale mia e del terapeuta

Caratteristiche del terapeuta

7. La personalità, il modo di essere del terapeuta 8. La flessibilità e l’apertura mentale del terapeuta 9. La capacità professionale del terapeuta

Caratteristiche del cliente 10. Le mie capacità personali 11. Il mio impegno nella terapia

12. La mia motivazione a stare meglio, a cambiare 13. Il mio desiderio di capire e di comprendere Speranza

14. Sentire che la terapia mi sarebbe stata di aiuto Tecnica terapeutica e processi di cambiamento

Catarsi

15. Aprirmi e sfogarmi con il terapeuta, parlando di me e dei miei problemi

Guida

16. Seguire i consigli e i compiti dati dal terapeuta

17. Le spiegazioni e le interpretazioni datemi dal terapeuta

Comprensione di sé

18. Conoscere e comprendere meglio me stesso 19. Capire come mi relaziono agli altri

20. Spiegarmi il senso di ciò che mi accade, comprendendo le cause dei miei sintomi, sentimenti, pensieri e azioni

(19)

19

21. Riesaminare la mia storia di vita, prendendo coscienza di come il mio passato influenzi il mio presente

22. Prendere coscienza di come reagisco a persone o situazioni in base alla mia interpretazione dei fatti

23. Prendere coscienza di come il mio comportamento influenzi ciò che mi accade

Accettazione di sé, dei limiti e della realtà

24. Imparare ad accettare lati di me che non accettavo ed a volermi bene per come sono

25. Riconoscere e accettare la realtà, rinunciando a pretese impossibili 26. Imparare ad accettare i limiti delle persone che mi circondano

Apprendimenti comportamentali

27. Apprendere modi nuovi e diversi di comportarmi 28. Imparare a gestire e controllare i sintomi

29. Liberarmi da alcune limitazioni e inibizioni

30. Imparare a controllare gli impulsi e/o l’aggressività 31. Imparare a dire quello che preferisco e desidero 32. Correggere alcuni miei difetti

33. Imparare ad adattarmi a determinate situazioni

Apprendimenti cognitivi

34. Riuscire a vedere le cose in modo diverso, secondo nuovi punti di vista 35. Mettere in discussione e correggere alcune mie idee e convinzioni disadattive 36. Rendermi conto che gli altri hanno un loro personale modo di interpretare la realtà diverso dal mio

Apprendimenti emozionali

37. Imparare ad attenuare emozioni debilitanti (senso di colpa, vergogna, ecc.) 38. Imparare a riconoscere e accettare le mie emozioni

39. Imparare ad esprimere e seguire le mie emozioni

Apprendimenti interpersonali

40. Imparare a capire meglio gli altri

41. Apprendere un modo più funzionale di rapportarmi e di comunicare con gli altri 42. Imparare ad avere maggiore fiducia nelle altre persone ed a contare su di loro

(20)

20

43. Imparare a sviluppare rapporti basati sul reciproco rispetto

Apprendimenti di crescita personale

44. Riuscire a sviluppare le mie potenzialità e capacità

45. Sviluppare una maggior stima e considerazione di me stesso 46. Assumere un nuovo atteggiamento di fronte alla vita

47. Sviluppare maggior autonomia e indipendenza

48. Imparare a giudicarmi di meno e a pretendere di meno da me stesso 49. Preoccuparmi di meno delle aspettative che gli altri hanno verso di me 50. Capire che sono nelle stesse condizioni di altri

Procedura

Sono stati contattati telefonicamente alcuni pazienti di quattro psicoterapeuti operanti nel servizio pubblico. Dopo una breve descrizione della ricerca è stato chiesto loro di rispondere a due domande dell’intervista utilizzata (APPENDICE A), per verificare la loro idoneità a partecipare alla ricerca. Le domande erano le seguenti:

1) “Come si è sentito al termine della psicoterapia, rispetto a quando l’ha iniziata?”. La domanda prevedeva un range di risposte da 1 (“Decisamente molto peggio”) a 9 (“Decisamente molto meglio”), con 5 (“Uguale”) come punteggio medio.

2) “Quanto è stato aiutato dalla psicoterapia?”. La domanda prevedeva un range di risposte da 1 (“Ha fatto andare le cose decisamente molto peggio”) a 9 (“Ha fatto andare le cose decisamente molto meglio”), con 5 (“Ha fatto andare le cose nello stesso modo”) come punteggio medio.

Prerequisito per poter partecipare all’intervista era che il paziente desse una risposta con punteggio uguale o superiore a 6 ad entrambe le domande. Ai pazienti è stato poi fissato un appuntamento per l’intervista. Al momento dell’incontro, dopo aver acconsentito al trattamento dei dati personali e all’utilizzo della registrazione audio, si è proceduto a somministrare l’intervista, composta da una parte riguardante le informazioni sulla storia clinica del paziente (questionario) e una parte incentrata sul

(21)

21

percorso psicoterapeutico in esame (intervista semi-strutturata). A seguire è stato presentato ai pazienti il Q-set sui fattori terapeutici. Lo strumento era composto da 50 cartoncini, su ognuno dei quali era scritta una breve frase corrispondente ad un fattore terapeutico. Ai partecipanti è stata letta la domanda “In che misura ritiene che la situazione descritta nel cartoncino sia stata utile per il raggiungimento del suo miglioramento terapeutico?”, che rappresentava il criterio per ordinare i cartoncini. I pazienti hanno fatto una prima suddivisione delle frasi in tre gruppi: “utile”, “neutro” e “inutile”; i numeri dei cartoncini sono stati registrati in un primo foglio di risposta (APPENDICE B). Successivamente i partecipanti hanno ordinato tutti e 50 i cartoncini su un tabellone rappresentante una distribuzione quasi-normale (figura 1). Agli estremi della distribuzione si trovavano i valori +4 (il più utile per me) e -4 (il meno utile per me). Una volta completato il Q-sort i pazienti hanno dovuto giustificare brevemente perché avevano posizionato determinati cartoncini nelle colonne agli estremi.

Figura 1. Rappresentazione grafica del tabellone su cui venivano posizionati i 50 cartellini contenenti le frasi del Q-set sui Fattori Terapeutici (QSFT).

Il meno utile per me Medio Il più utile per me -4 -3 -2 -1 0 +1 +2 +3 +4

(22)

22 Analisi dei dati

L’analisi dei dati è stata svolta tramite l’uso del programma R 4.0.2 e dal programma PQmethod 2.11. Con il primo programma sono state calcolate medie (M) e deviazioni standard (DS) relative ai dati quantitativi del questionario. Sul programma PQmethod sono stati invece caricati i dati relativi al Q-sort e calcolati i punteggi medi dei 50 fattori terapeutici per l’intero campione di soggetti.

Risultati

Questionario

Di seguito vengono riportati i risultati riguardanti le domande maggiormente rilevanti per la ricerca.

La valutazione del grado di miglioramento al termine della psicoterapia (risposta alla domanda 10, “Come si è sentito al termine della psicoterapia, rispetto a quando l’ha iniziata?”) è stato mediamente di 8,16 punti (range: 6-9; DS= 1,07).

La valutazione del grado di importanza della psicoterapia in tale miglioramento (risposta alla domanda 11, “Quanto è stato aiutato dalla psicoterapia?”) ha avuto una risposta media di 8,00 punti (range: 6-9; DS= 1,11).

In generale i cambiamenti ottenuti dai pazienti (domanda 12, “In che misura percentuale sente di poter attribuire i sui cambiamenti a fattori esterni, psicoterapia, farmacoterapia, altro?”) sono stati attribuiti a fattori esterni per il 28,42% (range: 0-70%; DS= 0,19), alla psicoterapia per il 61,94% (range: 15-100%; DS= 0,23), alla farmacoterapia per il 7,78% (range: 0-50%; DS= 0,15) e ad altro per l’1,67% (range: 0-30%; DS= 0,07). (figura 2).

(23)

23

Figura 2. Rappresentazione grafica delle risposte alla domanda “In che misura percentuale sente di

attribuire i suoi cambiamenti a fattori esterni/psicoterapia/farmacoterapia/altro?”

Intervista semi-strutturata

Ai fini del presente lavoro, di seguito verranno riportati solo i risultati riguardanti le domande 2, 3 e 4 dell’intervista semi-strutturata (APPENDICE A).

Risposte alla domanda 2

Rispetto alla domanda 2 (“Che cosa sente che è cambiato in lei e nel suo modo di vivere? In che cosa si sente effettivamente migliorato?”) sono state individuate le seguenti categorie di risposte:

Nessun cambiamento:

Mah cambiato in me non è cambiato niente perché dipende da me. (P3)

 Non mi sento migliorata […] Si ripete la stessa cosa, non riesco a sganciarmi. (P14)

Affrontare le proprie paure:

 Sì, come ho detto appunto mi sento padrona di me stessa perché adesso sento di poter fare le cose senza chiedere il permesso, senza aver paura di sbagliare. (P8) Fattori esterni 28,42% Psicoterapia 61,94% Farmacoterapia 7,78% Altro 1,67%

(24)

24

 Sicuramente migliorata perché riesco ad affrontare situazioni che prima non riuscivo; […] Per cui anche un semplice andare a fare le analisi del sangue che era una cosa di terrore, ora vado veramente senza problemi. (P18)

Priorità a sé stessi:

 Quando mi si presentano certe situazioni, ho la tendenza, dopo la psicoterapia, a valutarle per conto mio invece di farmi rovesciare addosso oppure di oberarmi… […] (P4)

 Eh, nella percezione. Cioè nel senso in che cosa sono io, in che cosa voglio e in che cosa ritengo giusto o sbagliato. […] Proprio una presa di coscienza di come sono io, di quello che voglio, di come voglio vivere, di come voglio educare i miei figli. (P10)

 Sono riuscita a riportare l’attenzione verso me stessa, quindi non sparsa negli altri, concentrata su me stessa, e ad intervenire dove credo di intervenire, dove voglio intervenire. (P16)

 Tante cose che magari prima… su cui magari prima mi potevo applicare di più nel senso che cioè crearmi il problema, dove vedo che eh lascio molto più andare e cerco tra virgolette di semplificarmi la mia vita, le mie cose. […] pensare un pochino di più al mio benessere. (P19)

Gestione delle situazioni:

 Allora io mi sento migliorata nel senso che adesso io ho degli strumenti che prima non avevo […] (P1)

 Sono arrivata a prendere decisioni che non riuscivo a prendere prima (P2)

 Sicuramente nel mio modo di vivere è migliorato il fatto di essere innanzitutto un po' più sicura di me e della mia capacità di analisi delle situazioni e delle sensazioni […] (P9)

(25)

25

 È proprio cambiato il modo di vedere le cose: le cose che posso affrontare in un certo modo, dicendolo, parlandone, bene, le affronto; […] certe cose se non si possono risolvere è inutile anche starsi a logorare e quindi va bene così. (P15)

 A tutt’oggi, nonostante tutto, le situazioni accadute, migliorate e peggiorate riesco a non dare dei, come si può dire, delle valutazioni negative; prendo la situazione nelle mani e gestisco in quel momento mandando cenno di “Basta, te mi hai fatto questo, non ti considero più. Sei uscito dalla scena”. (P17)

Sfera emotiva:

 Io avevo questa rabbia e veniva fuori che spesso esplodeva. […] Ora ad esempio molto meno, sono più tranquilla, un po’ più calma rispetto a prima. (P4)

 Sono un po' più positiva, poco eh… cerco di non abbattermi. […] piango di meno. (P5)

 Riesco ad essere un po' più autonoma dal punto di vista emotivo, tra virgolette, non ho più bisogno di un contenitore di emozioni. (P9)

 La positività. (P11)

Ritrovarsi:

 Sicuramente ho recuperato me stessa. Non mi ritrovavo più, vivevo troppo nel passato e nel dolore. (P6)

 Sono riuscito, anche grazie alla dottoressa, a ritrovare questa forza in me e risento… rifaccio le cose che facevo prima con la stessa passione, con la stessa concentrazione. (P13)

Indulgenza:

 Allora, sicuramente nel fatto di essere un po' più indulgente con me stessa, no? […] Comunque quando c’ho qualcosa che mi fa star male devo pensare che

(26)

26

comunque è il mio problema e quindi devo un attimino, no, cercare di prenderlo per quello che è. (P12)

Cambio di prospettiva:

 In tutto. Nel senso che ho cambiato lente, no? Ho cambiato prospettiva, modo di vedere le cose. (P7)

Le risposte sono riportate per esteso in APPENDICE C.

Risposte alla domanda 3

In merito alla domanda 3 (“Che cosa pensa si sia rivelato di maggiore utilità per il conseguimento degli obiettivi terapeutici? Da che cosa si è sentito maggiormente aiutato?”) sono state individuate le seguenti categorie di risposte:

Parlare:

 Parlare molto sicuramente […] parlare ti aiuta ad andare a parare. (P1)

 Man mano che facevi le sedute magari parlavi di tante cose […] E quindi tiravi fuori queste emotività e probabilmente ti scaricavano, però poi nell’ambito dei giorni successivi […] è come se qualcosa si consolida a livello di base e quindi ti costruisci le convinzioni quelle positive, perché ragioni. (P13)

 Il parlare. Così, come se qualcuno ti ascoltasse. Mi sento aiutata. […] è già qualcosa sentirsi vuota in quel momento dallo psicologo. (P14)

 Il parlare con una persona competente, ovviamente, perché sa ascoltare nella maniera giusta e interviene quando c’è da intervenire oppure no. Quello è importante. Non è che stai parlando con una tua amica, ecco. Credo che sia una bella differenza. (P16)

 L’aver parlato con tutta tranquillità senza avere delle remore di paure per ciò che dicevo, paura di quello che potevano pensare gli altri oppure in questo contesto il dottor M. cosa avrebbe pensato. […] Quindi mi sentivo

(27)

27

la mente libera, come se fosse passato uno spazzino e avesse spazzato. (P17)

 Forse il fatto di parlare con un estraneo, forse il fatto di non sentirmi dire “Eh, va beh, cosa vuoi che sia?” è stato un traguardo. (P18)

Ascolto:

 L’ascolto. Potevo parlare liberamente con una persona di cui avevo fiducia […] Il fatto che lo vedevo concentrato, di sapere, di capire […] lo vedevo tutto orecchie […]. Questo mi faceva sentire che mi ascoltava attentamente, quindi non so, magari mi dava un senso di rilassamento, c’è qualcuno che mi sta ascoltando e mi sta in qualche maniera aiutando. (P2)

 Essere ascoltata […] mi ha ascoltato, cosa che nessuno aveva mai fatto. Ha ascoltato non il fuori, il dentro di quello che ho tirato fuori. (P8)

 L’ascolto. (9)

 Allora io penso sicuramente l’autostima che mi hanno trasmesso, cioè proprio avere una persona esterna che ascoltando quello che dicevo, portando gli esempi della mia vita, dicendo quello che volevo fare o meno non mi hanno abbattuto. (P10)

 È l’attenzione, ecco, anche è l’attenzione alle persone che si hanno davanti, è la cosa fondamentale. (P15)

 Sicuramente [anche] il fatto di essere ascoltata da una persona… da un professionista, nel senso una persona preparata che nel momento in cui io raccontavo una cosa, dicevo quello che era successo eccetera, avere… intanto proprio l’essere ascoltata e appunto avere proprio un riscontro corretto. (P19)

Terapeuta come punto di riferimento/supporto:

 Sentirsi quindi anche supportato da una persona perché certe cose è difficile poterne parlare con chicchessia purtroppo e avere un punto di riferimento è certamente importante. (P3)

(28)

28

 Mi sono sentita sostenuta […] Lo psicologo per me rappresenta un piccolissimo punto di riferimento perché io so […] che se dovessi avere bisogno mi posso sempre rivolgere a lui […] Chiaramente devi avere davanti una persona che sa anche metterti a tuo agio. (P4)

 Supporto. (P9)

 Da questa cosa qui che lui è riuscito a starmi vicino senza mai dirmi cosa dovevo fare (P11)

 Allora, per me è la fiducia. Fidarsi di una persona è quello che poi forse ti permette di riflettere […] Quindi l’elemento principale è la fiducia. (P15)

Pensare diversamente:

 ho capito che non devo dare importanza ai comportamenti di mia madre. (P5)

 [Ho imparato a vedere le cose] da un punto di vista diverso […] e quindi diciamo che ho imparato a vivere da fuori quello che mi è successo, a viverlo più razionalmente e ho capito tante cose. (P6)

 Semplicemente ti poneva altre vie di uscita ovviamente; cioè non c’era ovviamente una visione sola, ma ce n’erano molteplici di visioni. […] Sicuramente mi ha aiutato in questo, a vedere più soluzioni in un determinato contesto, problematica, circostanza o quant’altro. (P7)

Normalizzazione:

 Ero gelosa da bambina della mia mamma, quindi odiavo il mio babbo [...] e lui poi alla fine mi ha aiutato a capire che quello che avevo vissuto era semplicemente una cosa che poteva benissimo accadere a chiunque. (P7)

 Allora, innanzitutto dal fatto di avere avuto la sensazione che nonostante questi disturbi poi posso fare una vita normale. […] la sensazione di essere comunque una persona normale con però una fragilità […] non mi sono sentita etichettata come malata psichica. (P12)

(29)

29

Lavorare congiuntamente col terapeuta:

 Affrontare miratamente determinate questioni […] approfondire, vedere chiaramente alcune cose e riuscire a prendere delle decisioni in relazione a queste cose. […] il colloquio, la parte di colloquio dove abbiamo cercato di approfondire, di vedere insieme. (P3)

 Anche per come ragionavo con lui, specialmente andavo sul posto di lavoro, mi sentivo di poter affrontare bene il momento. (P17)

Indicazioni del terapeuta:

 Un aspetto importante è che mi ha dato da fare un tipo di meditazione […] che mi aiuta tantissimo quotidianamente, la faccio tutti i giorni, mindfulness. (P6)

 Ha saputo capire e dare delle indicazioni, non dei consigli; perché lui non mi dava dei consigli, lui mi dava […] degli input, anche solo parole e io ci pensavo e mi ci ritrovavo. (P8)

Professionalità del terapeuta:

 Lui si è adattato a quelle che erano le mie necessità. Sicuramente io direi che è stata importante la professionalità della persona […]. Io immagino che ad ogni persona gli adatti addosso un vestito; la strategia che ha utilizzato, quindi molto dell’ascolto, del supporto... (P9)

Interpretazioni:

 Dalle interpretazioni che mi dava la dottoressa delle mie storie, tra virgolette, cioè dei miei racconti, dei miei vissuti. Quello mi ha aiutato proprio molto a darmi la spiegazione “Succede questo perché così”, cioè la spiegazione lineare e filante di quello che era accaduto, ecco. (P19)

(30)

30

Affrontare le proprie paure:

 Poi anche il fatto di … dove io avevo il timore di vedere sempre quella cosa, mettermela sempre sotto il naso, no? E alla fine l’ho un po’ esorcizzata la paura in questo senso. Mettermelo sempre lì presente, davanti e tutto… anziché non pensarci, al contrario ci ho pensato di più, però piano piano poi… (P18)

La lunghezza della terapia:

 La lunghezza della terapia: il fatto che sia stata una terapia di 2 anni. (P1) Le risposte sono riportate per esteso in APPENDICE D.

Risposte alla domanda 4

La domanda 4 (“C’è stato un momento, nella sua terapia, che lei considera particolarmente significativo? Un punto di svolta, una frase, una consapevolezza, un momento che ricorda ancora e che considera rilevante per la sua psicoterapia?”) ha prodotto le seguenti categorie di risposte:

Nessun punto di svolta:

 No, no (P14);

 Mah, è stato talmente un percorso ben fatto che poi alla fine non è che c’è stato un momento, si è avuto tutto un insieme di cose (P18);

 No, particolare no. È stato tutto molto fluido, diciamo, tutto molto… un’evoluzione costante (P19);

(31)

31

Disconferma delle convinzioni:

 Una frase che mi disse il dottor M. […] è stata: “prenda l’ultima fetta di prosciutto nel piatto quando è a cena con amici”. Questa frase per me è molto significativa perché […] io sono una di quelle che, più che ricevere, dà (P1);

 La svolta è stata anche che inizialmente appunto, stando così male, mi era venuto il dubbio che avessi abbastanza seri problemi. […] gli chiesi “ma secondo lei io ho dei problemi?”. E lui mi disse “No, lei non ne ha secondo me”. […] E questa frase mi ha colpito, ma allo stesso tempo mi ha rasserenato (P4);

 [I miei genitori,] pensavo di perdonarli nella maniera sbagliata e il dottor M. si è girato da me e mi ha fatto “Ma perché sbagli?”. “Eh perché poi non c’è la famiglia serena e felice”. Mi ha guardato e mi ha detto “Ma quando è stata la famiglia serena e felice?”. Allora mi ha fatto rendere conto che la strada del perdono andava bene così com’era (P6);

 Io dicevo “Io mi sento sbagliata, non so fare niente, vado nei posti e mi viene l’ansia” e lui mi guarda e mi fa “Ma chi l’ha detto?” e io “Cosa?” “Che lei deve sapere tutto”. E questa è stata la chiave, cioè una parola (P8);

 Con la psicoterapia sono riuscita a capire […] [che] le altre persone possono comportarsi e fare quello che gli pare, ma in realtà quello che conta poi è quello che provo io. Quindi l’unica persona che potrà sempre cambiare sono solo assolutamente io (P10);

 Tutte le volte che comunque… mi ha dato, ecco, la sicurezza di essere una persona normale (P12);

 Ci sono state delle parole. Per esempio “parte integrante”, il figlio lo sentivo come parte integrante e invece è individuale, come ogni persona è un individuo (P13);

 un giorno che ero lì a fare terapia con la dottoressa, venne fuori questa cosa che io avevo scordato, che io dissi “Ma non l’ho mica ucciso io” (riferito al padre

(32)

32

ospedalizzato). […] Cosa ho capito? Che non è giusto avere dei sensi di colpa nei confronti degli altri. Cioè i sensi di colpa bisogna averli a volte nei confronti di sé stessi e comunque se le cose si sbagliano si sono sbagliate (P16).

Merito del paziente:

 Avevo detto alla mia mamma che non ero d’accordo su una cosa. Sembra una banalità ma per me non è così scontato. Quindi mi ricordo questa sensazione che dentro di me era di emancipazione […]. E il dottor M. ha detto “Va bene, via, quando è che si smette questa terapia?” (P9);

 All’inizio lui diceva che dipendevo molto dalla mia mamma; […] E invece mi ha fatto capire quel giorno lì che… ora non mi ricordo proprio ben quando, però mi fece capire che avevo incominciato a smuovere la penna da sola. (P11)

 Ricordo una frase, “Io devo essere quello che sono” […] forse perché per tanti anni ho nascosto chi ero […] quindi quando poi mi sono conosciuta ho detto “Te sei quello che sei”, io mi voglio bene così. (P17)

Lavorare insieme al terapeuta:

 Una di quelle sedute che ci siamo trovati nel passato e collegava errori che ci sono nel presente.” (P2)

 Il momento è appunto quando abbiamo affrontato la scelta da fare su… dovevo prendere una scelta […] E quindi appunto con il dottor T. abbiamo affrontato questo argomento, poi io ho preso la mia decisione (P3)

 Mi ha aiutato anche a cambiare vita materialmente; […] ho chiesto il trasferimento […][e lui] mi ha aiutato a prendere questa decisione e a vivere molto più serenamente (P6).

(33)

33

Azione del terapeuta:

 Sì, è stato il primo appuntamento […] lui mi ha capito subito e mi ha detto cosa avevo, che è una cosa, non so se è dovuta a me che io devo sapere cosa ho anche se non ho niente… e quindi lui mi ha fatto capire qual era il problema in mezz’ora e mi sono sentita appagata (P5);

 Quando il dottor M. iniziò a parlarmi anche un po' di sé stesso […] il sentire parlare della sua vita, di lui, di cose sue che avrebbe potuto anche non dirmi perché comunque ci mancherebbe, mi fece molto bene. Mi piaceva tanto se lui parlava di sé stesso, perché lo prendevo come un grande esempio. (P7).

Momento non precisato:

 C’è stato un momento in cui invece ho avuto la percezione, come dire, di avere attenuato quell’angoscia, di essere arrivata ad un punto di svolta, però se le dovessi dire in particolare cosa, […] avrei difficoltà (P15).

Le risposte sono riportate per esteso in APPENDICE E.

Q- sett sui fattori terapeutici (QSFT)

Rispetto alla suddivisione preliminare dei fattori terapeutici risulta che mediamente 33,37 cartoncini sono rientrati nel gruppo degli utili (DS= 10,80), 10,68 in quello dei neutri (DS= 7,82) e 5,95 in quello degli inutili (DS= 8,37).

I 50 fattori terapeutici sono stati ordinati secondo il loro punteggio medio. La Tabella 2 mostra la classifica completa.

(34)

34

Tabella 2. I 50 fattori ordinati secondo il loro punteggio medio. Medie e deviazioni standard sono

riportate rispettivamente nella terza e quarta colonna.

FATTORI TERAPEUTICI M DS

1 21. Riesaminare la mia storia di vita, prendendo coscienza di come il mio passato influenzi il mio presente

2,05 1,93

2 15. Aprirmi e sfogarmi con il terapeuta, parlando di me e dei miei problemi 1,89 1,85 3 1. Il rapporto positivo, di fiducia, che ho instaurato col terapeuta 1,47 1,98 4 20. Spiegarmi il senso di ciò che mi accade, comprendendo le cause dei miei

sintomi, sentimenti, pensieri e azioni

1,32 2,08

5 14. Sentire che la terapia mi sarebbe stata d’aiuto 1,21 1,40

6 12. La mia motivazione a stare meglio, a cambiare 1,16 1,57

7 34. Riuscire a vedere le cose in modo diverso, secondo nuovi punti di vista 1,16 1,77 8 2. Il senso di sicurezza datomi dall’aiuto e dal sostegno del terapeuta 1,05 1,81

9 17. Le spiegazioni e le interpretazioni datemi dal terapeuta 1,05 2,30

10 4. L’attenzione, l’interesse e l’ascolto empatico del terapeuta nei miei confronti 0,95 1,75

11 11. Il mio impegno nella terapia 0,95 1,87

12 3. L’accordo e l’impegno comune e coordinato mio e del terapeuta 0,79 2,15

13 38. Imparare a riconoscere ed accettare le mie emozioni 0,79 1,96

14 18. Conoscere e comprendere meglio me stesso 0,74 2,23

15 13. Il mio desiderio di capire e di comprendere 0,68 1,86

16 5. Sentire l’accettazione ed il rispetto del terapeuta per il mio modo di essere 0,63 2,03

17 46. Assumere un nuovo atteggiamento di fronte alla vita 0,63 1,92

18 23. Prendere coscienza di come il mio comportamento influenzi ciò che mi accade

0,58 2,34

19 9. La capacità professionale del terapeuta 0,53 2,25

20 45. Sviluppare una maggior stima e considerazione di me stesso 0,53 2,32

21 8. La flessibilità e l’apertura mentale del terapeuta 0,47 1,84

22 48. Imparare a giudicarmi di meno e a pretendere di meno da me stesso 0,37 2,14

23 16. Seguire i consigli e i compiti dati dal terapeuta 0,32 2,29

24 27. Apprendere modi nuovi e diversi di comportarmi 0,32 1,80

25 7. La personalità, il modo di essere del terapeuta 0,16 1,77

26 37. Imparare ad attenuare emozioni debilitanti (senso di colpa, vergogna, ecc.) 0,11 2,51

27 28. Imparare a gestire e controllare i sintomi 0,05 2,37

28 35. Mettere in discussione e correggere alcune mie idee e convinzioni disadattive

-0,05 1,84

(35)

35

30 24. Imparare ad accettare lati di me che non accettavo ed a volermi bene per come sono

-0,11 2,00

31 33. Imparare ad adattarmi a determinate situazioni -0,26 1,91

32 36. Rendermi conto che gli altri hanno un loro personale modo di interpretare la realtà diverso dal mio

-0,37 2,14

33 10. Le mie capacità personali -0,42 1,61

34 41. Apprendere un modo più funzionale di rapportarmi e di comunicare con gli altri

-0,47 2,17

35 39. Imparare ad esprimere e seguire le mie emozioni -0,74 1,94

36 6. L’affinità caratteriale mia e del terapeuta -0,79 2,39

37 19. Capire come mi relaziono agli altri -0,79 2,07

38 22. Prendere coscienza di come reagisco a persone o situazioni in base alla mia interpretazione dei fatti

-0,89 2,28

39 26. Imparare ad accettare i limiti delle persone che mi circondano -0,95 1,99

40 31. Imparare a dire quello che preferisco e desidero -1 1,86

41 25. Riconoscere e accettare la realtà, rinunciando a pretese impossibili -1,05 2,09 42 49. Preoccuparmi di meno delle aspettative che gli altri hanno verso di me -1,05 2,22

43 47. Sviluppare maggior autonomia e indipendenza -1,26 2,16

44 43. Imparare a sviluppare rapporti basati sul reciproco rispetto -1,32 1,83

45 32. Correggere alcuni miei difetti -1,47 1,35

46 29. Liberarmi da alcune limitazioni e inibizioni -1,74 1,52

47 30. Imparare a controllare gli impulsi e/o l’aggressività -1,84 2,06

48 40. Imparare a capire meglio gli altri -1,84 1,46

49 50. Capire che sono nelle stesse condizioni di altri -1,84 1,92

50 42. Imparare ad avere maggiore fiducia nelle altre persone ed a contare su di loro

-2,42 1,64

Il fattore che ha ottenuto il punteggio medio più elevato è stato “Riesaminare la mia storia di vita, prendendo coscienza di come il mio passato influenzi il mio presente” (M= 2,05); il secondo fattore più importante è stato “Aprirmi e sfogarmi con il terapeuta, parlando di me e dei miei problemi” (M= 1,89); al terzo posto è stato collocato il fattore “Il rapporto positivo, di fiducia, che ho instaurato col terapeuta” (M= 1,47); il quarto fattore più importante è risultato essere “Spiegarmi il senso di ciò che mi accade, comprendendo le cause dei miei sintomi, sentimenti, pensieri e azioni” (M= 1,32); al quinto posto si trova il fattore “ Sentire che la terapia mi sarebbe stata

(36)

36

d’aiuto” (M= 1,21); al sesto posto è stato collocato il fattore “La mia motivazione a stare meglio, a cambiare” (M= 1,16); il settimo fattore della classifica è stato “Riuscire a vedere le cose in modo diverso, secondo nuovi punti di vista” (M= 1,16); all’ottavo posto è stato collocato il fattore “Il senso di sicurezza datomi dall’aiuto e dal sostegno del terapeuta” (M= 1,05); infine, il nono fattore più importante è risultato essere “Le spiegazioni e le interpretazioni datemi dal terapeuta” (M= 1,05).

Per quanto riguarda i fattori che i pazienti hanno ritenuto meno utili, il fattore che ha ottenuto il punteggio più basso è stato “Imparare ad avere maggior fiducia nelle altre persone ed a contare su di loro” (M= -2,42); nelle penultime tre posizioni, con lo stesso punteggio medio (M= -1,84), si collocano rispettivamente “Capire che sono nelle stesse condizioni di altri”, “Imparare a capire meglio gli altri” e “Imparare a controllare gli impulsi e/o l’aggressività”.

DISCUSSIONE DEI RISULTATI

Lo scopo principale della presente ricerca è stato quello di indagare l’opinione dei pazienti riguardo a quali fattori sono stati importanti per il proprio miglioramento terapeutico. Lo studio ha anche indagato in generale l’esperienza terapeutica dei pazienti. Un aspetto importante affrontato è stato infatti l’impatto della psicoterapia nella vita dei pazienti. I risultati mostrano che globalmente i pazienti si sono sentiti molto meglio al termine del trattamento e che secondo loro la terapia è stata di grande aiuto. In linea con questi risultati, i partecipanti ritengono di poter attribuire i propri cambiamenti per buona parte alla psicoterapia. Anche i fattori esterni (situazione lavorativa, familiare, sentimentale ecc.) hanno avuto una discreta influenza nel miglioramento dei pazienti. È possibile che un clima positivo in uno o più ambiti significativi per il paziente abbia permesso di ridurre l’impatto della problematica nella propria vita, e per questo sia stato ritenuto in parte responsabile del miglioramento terapeutico. Il contributo della farmacoterapia risulta invece marginale; questo dipende sicuramente dal fatto che solo un terzo dei pazienti intervistati ha seguito una cura farmacologica. Tuttavia è anche plausibile che avendo svolto una psicoterapia con successo, il ruolo della farmacoterapia sia passato in secondo piano. Solo una paziente

(37)

37

ha infine attribuito la responsabilità del proprio miglioramento anche ad altri fattori. Nello specifico, la paziente in questione ha attribuito una buona parte della responsabilità del proprio cambiamento ad un tipo di buddhismo. È possibile che questa pratica religiosa abbia permesso alla paziente di vivere la propria situazione problematica in un modo più positivo.

Domanda 2

Rispetto alla domanda 2 dell’intervista semi-strutturata, relativa ai cambiamenti nella vita dei pazienti in seguito alla terapia, sono state prodotte, in ordine di frequenza, le seguenti categorie di risposte: Gestione delle situazioni (cinque risposte), Priorità a sé

stessi (quattro risposte), Sfera emotiva (quattro risposte), Affrontare le proprie paure

(due risposte), Ritrovarsi (due risposte), Nessun cambiamento (due risposte),

Indulgenza (una risposta) e Cambio di prospettiva (una risposta).

La prima categoria riguarda la gestione di situazioni difficili. Nello specifico i pazienti si sono sentiti migliorati nella capacità di prendere decisioni complesse, di analizzare più correttamente le situazioni che gli si presentano e di capire su quali situazioni siano effettivamente in grado di intervenire. La seconda categoria si riferisce ad un cambiamento nelle priorità dei pazienti: essi, infatti, grazie alla terapia hanno ridimensionato la loro apprensione verso gli altri e i loro problemi e, più in generale, hanno smesso di preoccuparsi di questioni fuori dalla loro portata, concentrandosi maggiormente sul proprio benessere. La categoria riguardante la sfera emotiva si riferisce ad una maggior positività del paziente e ad una sua migliore capacità di gestire emozioni negative. Al quarto posto troviamo Affrontare le proprie paure. Questa categoria fa riferimento al fatto che con la terapia i pazienti hanno imparato a fronteggiare situazioni che prima evitavano. Al quinto posto è collocata la categoria

Ritrovarsi. I pazienti che hanno dato questo tipo di risposta erano arrivati ad un punto

in cui erano talmente invischiati nei propri problemi che non riuscivano più a vivere appieno la loro vita e grazie alla terapia hanno sentito di essere nuovamente sé stessi. La sesta categoria riguarda l’indulgenza verso sé stessi. In particolare la paziente ha riferito che, attraverso la psicoterapia, ha imparato ad essere più comprensiva nei

Riferimenti

Documenti correlati

Ma scuola aperta è anche la messa a disposizione dei cittadini degli spazi scolastici, quasi un restituire la scuola al territorio perché possa diventare luogo di aggregazione e

I regolatori dell’umore come il litio (che è anche un antipsicotico) sono farmaci molto tossici usati per trattare ciò che gli psichiatri chiamano “depressione maniacale”,

Perché abbiamo bisogno degli animali: la solitudine della specie umana. Lunedì 19

Come tradizione il primo incontro sarà su un tema legato alle attività dell’associazione Lunedì 4 marzo, h. Il viaggio del richiedente protezione internazionale in Italia attraverso

Di Paolo, “Studio di impatto ambientale redatto in relazione alla realizzazione della A12 tra Civitavecchia e Rosignano

sono soli innumerevoli e terre infinite, che similmente circuiscono quei soli, come veggiamo questi sette circuire questo sole a noi vicino .... Giordano Bruno

Risultati dello Studio sugli stakeholders europei Lo studio ha evidenziato come la legislazione europea sulla salute e sulla sicurezza sul luogo di lavoro (Direttiva 89/391)

Altri propongono forme di classificazione dove vengono prese in considerazione il periodo proprio, lo spessore delle coperture e il valore medio di Vs fino alla base