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Prevalenza di Binge Eating e Food Addiction: screening e valutazione in soggetti con obesità

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Academic year: 2021

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(1)

DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di Laurea Specialistica in

Scienze della nutrizione umana

TESI DI LAUREA

Prevalenza di Binge Eating e Food Addiction :

screening e valutazione in soggetti con obesità.

Relatore:

Prof. Gravina Giovanni

Candidata:

Cristina Sirica

(2)

Indice

1. INTRODUZIONE 1

2. Obesità e Binge Eating Disorder

2

2.1 Il sistema mesencefalico del “REWARD” 8

3. LA “Food Addiction” 11

3.1 “ FOOD ADDICTION “ o “ EATING ADDICTION ” 12

4.Indagine sperimentale

14

4.1 Scopo della tesi. 14

4.2 Materiali e Metodi 15

4.2.1 Binge Eating Scale (BES) 15

4.2.2 Yale Food Addiction Scale(YFAS) 15

4.3 RISULTATI 16

4.4 DISCUSSIONE

22

5.CONCLUSIONI

25

APPENDICE 26

BIBLIOGRAFIA 37

(3)

INTRODUZIONE

Il fenomeno dell’obesità ha assunto ormai a livello mondiale un carattere epidemico e, specie nei Paesi Occidentali, rappresenta "uno dei maggiori problemi di salute pubblica" per la sua incidenza in costante aumento, per l’impatto negativo su salute e qualità di vita degli individui e per i costi socio-sanitari che ne derivano. Tra i diversi comportamenti alimentari correlati all’obesità, ha

assunto particolare interesse negli ultimi anni il Binge Eating Disorder, o Disturbo da Alimentazione Incontrollata, condizione clinica caratterizzata da ricorrenti episodi di abbuffata, con perdita di controllo rispetto all’assunzione di cibo e conseguenti vissuti psicologici negativi. Il Binge Eating Disorder (BED) è stato di recente inserito dalla comunità scientifica internazionale tra i disturbi del comportamento alimentare propriamente detti. Secondo diversi studi epidemiologici i soggetti affetti da questa patologia rappresentano il 5-20% del totale dei soggetti con obesità nella

popolazione generale. I meccanismi fisiopatologici, biologici e comportamentali, alla base del BED sono oggetto di numerose ricerche e rivestono particolare rilievo anche in rapporto alla possibilità che nei soggetti affetti possano essere presenti delle alterazioni neuroencefaliche che avvicinano questa patologia a una vera e propria forma di dipendenza dal cibo (“food addiction”),

analogamente a quanto descritto per la dipendenza dalle sostanze d’abuso. In questa tesi vengono descritte le caratteristiche fisiopatologiche e cliniche del BED e discussi gli aspetti neurobiologici della food addiction. Inoltre vengono riportati i risultati di uno studio, condotto mediante l’uso di test validati della letteratura scientifica, volto a valutare la presenza e prevalenza di BED e food addiction in un gruppo di soggetti con obesità della popolazione generale.

(4)

2 OBESITA’ e BINGE EATING DISORDER

Secondo dati dell’OMS, la prevalenza dell’obesità a livello globale è raddoppiata dal 1980 ad oggi; nel 2008 si contavano oltre 1,4 miliardi di adulti in sovrappeso (il 35% della popolazione mondiale); di questi oltre 200 milioni di uomini e oltre 300 milioni di donne presentavano obesità (11% della popolazione mondiale), con interessamento anche delle fasce più giovani della popolazione (nel 2011 oltre 40 milioni di bambini al di sotto dei 5 anni in sovrappeso).

Clinicamente, nell’obesità, l’instaurarsi di un bilancio energetico positivo innesca dei processi fisiopatologici che sfociano in gravi patologie e in alti tassi di mortalità connessi a malattie cardiovascolari (cardiopatia ischemica, infarto miocardico, insufficienza cardiaca congestizia, morte improvvisa, accidenti celebro vascolari, ipertensione arteriosa), metaboliche (dislipidemia, insulino-resistenza, iperuricemia, diabete), gastroenteriche (calcolosi della colecisti, steatosi epatica), polmonari (riduzione della capacità polmonare totale, sindrome delle apnee notturne, sindrome dell’ipoventilazione da obesità) e osteoarticolari.

Tratto distintivo dell’obesità è la sua eziologia multifattoriale. Solo nel 5% dei casi infatti è possibile individuare un fattore specifico determinante, solitamente connesso a malattie endocrine

conseguenti a specifiche alterazioni genetiche (obesità secondaria). Oltre il 95% delle obesità (obesità essenziale) dipende invece da cause eziologiche non facilmente identificabili e derivanti dall’interazione tra assetto genetico individuale e fattori ambientali (familiari, lavorativi, culturali, micro- e macrosociali), ridotto dispendio energetico (sedentarietà), alterazioni metaboliche, disturbi dell’umore e della personalità, fattori nutrizionali, abitudini alimentari scorrette, che in alcuni casi configurano un disturbo dell’alimentazione propriamente detto come il “Binge Eating Disorder” (BED) .

Binge Eating Disorder è la denominazione utilizzata per un disturbo alimentare descritto per la prima volta nel 1959, ma solo recentemente incluso dalla Comunità Scientifica tra i Disturbi dell’Alimentazione (DA) propriamente detti. In lingua italiana questa patologia è denominata

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Disturbo da Alimentazione Incontrollata ed è caratterizzato dall’assunzione di grandi quantità di cibo associata a perdita di controllo soggettiva, senza nessun comportamento compensatorio per limitare l’aumento di peso (come ad esempio il vomito autoindotto nella bulimia nervosa).

Nella quarta edizione del Manuale Diagnostico Statistico delle Malattie Mentali (DSM-IV) del 1994, e nel suo aggiornamento del 2000, il BED era citato fra le possibili categorie diagnostiche di DA che necessitava di ulteriori studi e rientrava nell’ampia categoria diagnostica “disturbo dell’alimentazione non altrimenti specificato”. Nell’ultima edizione del DSM nel 2013 (American Psychiatric Association. Diagnostic and statistical manual of mental disorder. 5th Edition), a seguito degli studi condotti, il BED assume i caratteri di una distinta patologia a sé stante con specifici criteri diagnostici, di remissione e di gravità clinica che sono i seguenti:

1) Ricorrenti episodi di abbuffate.

2) Un episodio di abbuffata è caratterizzato da entrambi gli aspetti seguenti:

- mangiare, in un periodo definito di tempo (per es., un periodo di due ore), una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte degli individui mangerebbe nello stesso tempo ed in circostanze simili.

- sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (per es., sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa o quanto si sta mangiando).

Gli episodi di abbuffata sono associati a tre (o più) dei seguenti aspetti:

• Mangiare molto più rapidamente del normale, mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni. • Mangiare grandi quantità di cibo anche se non ci si sente fisicamente affamati.

• Mangiare da soli perché a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando. • Sentirsi disgustati verso sé stessi, depressi o assai in colpa dopo l’episodio. • È presente un marcato disagio riguardo alle abbuffate.

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• L’abbuffata si verifica, in media, almeno una volta alla settimana per 3 mesi.

• L’abbuffata non è associata alla messa in atto sistematica di condotte compensatorie inappropriate come nella bulimia nervosa, e non si verifica esclusivamente in corso di bulimia nervosa o

anoressia nervosa.

In remissione parziale: successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per il disturbo da binge-eating, gli episodi di abbuffata si verificano con una frequenza media di meno di un episodio a settimana per un consistente periodo di tempo.

In remissione completa: successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per il disturbo da binge-eating, nessuno dei criteri è stato soddisfatto per un consistente periodo di tempo.

Livello di gravità attuale :

• Lieve: da 1 a 3 episodi di abbuffata a settimana. • Moderato: da 4 a 7 episodi di abbuffata a settimana. • Grave: da 8 a 13 episodi di abbuffata a settimana. • Estremo: 14 o più episodi di abbuffata a settimana.

Il criterio diagnostico del BED è rappresentato dal ripetersi delle abbuffate che possono essere indotte da molteplici fattori, anche associati, come ad esempio il tentativo di sedare emozioni spiacevoli o ridurre lo stress. In genere dopo un’iniziale e transitorio benessere, all’abbuffata

conseguono stati d’animo negativi con senso di colpa, valutazione di sé negativa fino ad alterazioni dell’umore in senso depressivo.

A differenza del comportamento iperfagico, il tratto tipico del BED è il disagio nei confronti dell’abbuffata con la sensazione di perdere il controllo, vissuta come percezione di non poter smettere di mangiare o di controllare cosa e quanto si sta mangiando.

Clinicamente il BED si associa a sovrappeso e obesità, e la sua prevalenza aumenta con l’aumento dell’IMC, con maggior rischio per lo sviluppo della sindrome metabolica. Nel BED si

(7)

rilevano maggiore frequenza e gravità di complicanze mediche, maggiore preoccupazione per peso e forme del corpo e minore qualità di vita.

Inoltre nei soggetti affetti da BED, in misura maggiore che nei soggetti con obesità, si rileva in genere una più frequente associazione di disturbi psichiatrici, soprattutto disturbi dell’umore come depressione ed ansia.

Nel trattamento del BED, proprio per i vissuti negativi nella relazione con il cibo e la comorbidità con altri disturbi psichiatrici, Insieme all’intervento medico e nutrizionale, può essere indicato un supporto psicologico o psicoterapeutico.

Allo stato attuale delle conoscenze, la maggior parte degli AA. concorda sulla possibilità che il BED sia sostenuto, piuttosto che da un univoco meccanismo, da differenti meccanismi in soggetti diversi: le abbuffate, come spinte incontrollabili, possono essere correlate ad impulsività (Impulse Control Disorders - ICDs); possono rappresentare tentativi autoterapici (legate a blocco

emozionale e fuga dalla consapevolezza) in risposta più o meno consapevole, a molteplici

condizioni e distress psicologici (senso di inadeguatezza, deficit di autostima, necessità di mitigare stati ansiosi, conflitti familiari, disturbi affettivi); possono costituire una modalità di gestire e

controllare emozioni negative e intollerabili; infine, specie se associate al tentativo di mantenere nel tempo una restrizione dietetica, possono conseguire all’attività del sistema neuroencefalico del reward (“reward circuitry”) [1];[2];[3].

Ci sono diversi studi che hanno analizzato i comportamenti degli individui con BED. Ad esempio analizzando i comportamenti di soggetti con obesità non affetti da BED a confronto con individui con obesità e BED è emerso per questi ultimi un maggior grado di impulsività [4];[5];[6];[7] e un ridotto autocontrollo rispetto all’assunzione di cibo [8];[9]. Inoltre, in soggetti con obesità e BED si rileva una maggiore sensibilità del sistema neuroencefalico della gratificazione [7], maggiore associazione con sintomi depressivi e bassa autostima. [10].

Anche le funzioni cognitive ed esecutive, connesse all’attività di centri corticali pre-frontali, appaiono maggiormente compromesse [11], ad esempio in soggetti con obesità e BED si rileva

(8)

minore flessibilità cognitiva [12], minore efficacia nel problem solving e nella pianificazione e programmazione delle attività [2];[13].

In sintesi, il BED può essere associato ad una serie di alterazioni cognitive relative alle funzioni esecutive, come l’attenzione e i processi decisionali, e all'impulsività/compulsività [14];[15];[16]. Queste osservazioni indicano un collegamento tra alterazioni funzionali di aree corticali e aree mesencefaliche che svolgono un ruolo chiave nel mediare le funzioni cognitive [2];[8];[13].

Studi neurofisiologici e di imaging hanno confermato queste alterazioni nel funzionamento del sistema nervoso. Ad esempio in donne con obesità e BED si rileva, in risposta a stimoli alimentari, un aumento del flusso sanguigno cerebrale a livello delle regioni corticali frontali e prefrontali, mentre in donne non-BED e normopeso non si evidenzia nessun cambiamento significativo [21]. Inoltre, sempre mediante studi condotti con risonanza magnetica funzionale imaging (fMRI),

soggetti con obesità e BED, a confronto con soggetti normopeso o con obesità non BED, mostrano una maggiore reattività legata alla ricompensa e un aumento dell'attività corticale mediale orbito-frontale in risposta alle immagini di cibo ad elevato contenuto calorico [22]. Nel loro insieme, questi dati hanno confermato che nei soggetti con BED, insieme a una maggiore impulsività, è rilevabile una maggiore sensibilità alla ricompensa e una maggiore inclinazione all'attenzione diretta verso il cibo, associate ad alterazioni delle funzioni esecutive.

Rispetto a queste alterazioni funzionali sono stati chiamati in causa e studiati i sistemi neurotrasmettitoriali encefalici (dopaminergico, serotoninergico, colinergico, noradrenergico, GABAergico, oppioidergico e glutaminergico); in particolare si è evidenziato come il ruolo del sistema dopaminergico sia centrale rispetto ai comportamenti che si riscontrato nel BED. Il binge-eating riflette infatti uno squilibrio tra il percorso di uscita diretta striato-nigrale (associato ai

recettori dopaminergici D1 alla base della ricompensa) e la via indiretta striato-pallidale (associata ai recettori dopaminergici D2 alla base della flessibilità comportamentale) [23];[24];[25]. Studi su modelli animali hanno dimostrato infatti che nei soggetti con BED i comportamenti compulsivi possano essere connessi ad una ipofunzione della via indiretta per ridotti livelli di recettori D2 e conseguente aumento cronico del rilascio di dopamina [25]. Sulla base di queste evidenze sono

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stati chiariti negli ultimi anni i possibili processi e i meccanismi neurobiologici alla base del BED [26];[27].

(10)

2.1 IL SISTEMA MESENCEFALICO DEL “REWARD”

Numerosi studi hanno messo in luce che per il comportamento alimentare umano siano in gioco complessi meccanismi che interessano, insieme al sistema omeostatico ipotalamico di regolazione del bilancio energetico, altri sistemi neuroencefalici. In sintesi il sistema omeostatico endocrino metabolico interagisce con un sistema più flessibile non omeostatico, che coinvolge principalmente aree cerebrali connesse a funzioni emotive, cognitive e di ricompensa (“reward”). Tali funzioni possono variare tra gli individui in base a fattori genetici, alle esperienze precedenti e / o a condizioni epigenetiche [28] attraverso segnali e circuiti neurobiologici che interessano regioni corticolimbiche (amigdala, ippocampo e talamo), il sistema dopaminergico mesostriatale (nucleo accumbens e area tegmentale ventrale) e regioni della corteccia prefrontale [29;30].

In particolare la reattività del sistema mesencefalico del reward è stata indicata come possibile causa di iperfagia e obesità. È’ noto che l'esposizione ripetuta alle sostanze d'abuso provoca cambiamenti neuro-adattativi con attivazione del sistema reward. Alcuni studi hanno evidenziato come l'esposizione ripetuta a cibi iperpalatabili possa comportare cambiamenti neuroadattativi simili, con dipendenza comportamentale (bramosia per il cibo fino alla compulsione per

l’abbuffata), correlati all’attività dopaminergica in area mesencefalica e alla modulazione dei recettori dopaminergici specie nel nucleo accumbens [31;32]

L’abuso di droghe e la dipendenza che ne consegue, così come il comportamento alimentare in alcuni tipi di obesità, possono conseguire ad abitudini che si rafforzano con la ripetizione dello stimolo (es. sostanze o cibi iperpalatabili) che diventano sempre più difficili da controllare per l'individuo, nonostante le loro conseguenze negative per la salute. Il consumo di cibo

iperpalatabile, diverso dal consumo per fame, così come il consumo di droghe, sono inizialmente guidati dalle loro proprietà gratificanti, che in entrambi i casi comporta il rilascio di dopamina mesolimbica (DA). Il cibo attiva i circuiti di ricompensa cerebrale sia attraverso la palatabilità (coinvolgendo oppioidi endogeni e cannabinoidi) e attraverso l'aumento delle concentrazioni di glucosio e insulina (con aumento del rilascio di DA) mentre le sostanze d’abuso attivano questo stesso circuito attraverso i loro effetti farmacologici (effetti diretti sulle cellule DA o indiretti

(11)

attraverso neurotrasmettitori che modulano le cellule DA come gli oppiacei, la nicotina, l'acido g-aminobutirrico o i cannabinoidi [33].Si ritiene che la stimolazione ripetuta delle vie dopaminergiche della ricompensa, inneschi adattamenti neurobiologici in altri neurotrasmettitori e nei circuiti a valle che possono rendere il comportamento sempre più compulsivo e portare alla perdita di controllo sul cibo o sull’assunzione di droghe.

Inoltre studi di neuroimaging hanno evidenziato che sia gli individui con obesità che con

tossicodipendenza mostrano alterazioni sovrapponibili delle vie dopaminergiche che regolano i sistemi neuronali associati non solo alla sensibilità e all’incentivazione del reward, ma anche al condizionamento (memoria / apprendimento), al controllo degli impulsi (inibizione

comportamentale), alla reattività dello stress e alla consapevolezza enterocettiva [28].

Analogamente ai soggetti tossicodipendenti, in soggetti con obesità è ridotta la disponibilità dei recettori dopaminergici D2 a livello mesencefalico striatale, con conseguente aumento della spinta alla ricerca di cibo come temporaneo compenso nei circuiti del reward sottostimolati. La riduzione dei recettori D2 nei soggetti con obesità è anche associata a un ridotto metabolismo nelle regioni prefrontali coinvolte nel controllo inibitorio, con conseguente maggiore difficoltà nel controllare l'assunzione di cibo [34, 35].

In sintesi sia le sostanze d’abuso che il cibo attivano il sistema dopaminergico mesolimbico; il livello di piacere sperimentato soggettivamente è correlato con la quantità di dopamina (DA) rilasciata nello striato, in particolar modo nel Nucleo Accumbens (NAc). La sensazione soggettiva di piacere varia tra gli individui in base al livello basale di attività dopaminergica e l’aumento del rilascio di questo neurotrasmettitore è un elemento cruciale nei fenomeni di rinforzo, dipendenza, edonia, motivazione. Al rinforzo dell’intake alimentare partecipano altre aree encefaliche, tra cui l’Area Tegmentale Ventrale-VTA e la Corteccia PreFrontale-PFC, coinvolta nella pianificazione e nei compiti d’esecuzione. Come le sostanze stupefacenti, gli alimenti iperpalatabili innescano la sensazione di piacere mediata dalla liberazione di DA, che interagisce col glutammato, coinvolto nei fenomeni di apprendimento e memoria del reward [36].

(12)
(13)

3 LA “FOOD ADDICTION”

Gli studi descritti indicano una possibile convergenza tra i disturbi da abuso di sostanze e disturbi alimentari, specie per alcune forme di obesità e per il binge eating, per la significativa

sovrapposizione dei meccanismi neurobiologici sottostanti alla dipendenza e alle alterazioni del comportamento alimentare [37].

Su queste basi è stato coniato il termine “food addiction” ad indicare un disturbo dell’alimentazione associato a meccanismi neurobiologici e caratteristiche comportamentali proprie dell’addiction [38]. Lo studio della dipendenza da cibo è stata arricchita dalle ricerche effettuate con l’uso di un

questionario, la Yale Food Addiction Scale - YFAS, validato per identificare pattern alimentari con caratteristiche simili ai comportamenti tipici della classica addiction [39;40], la cui versione originale è stata recentemente aggiornata basandosi sui nuovi criteri diagnostici dell’addiction riportati nel DSM-5 [41].

In una rassegna di studi sulla dipendenza alimentare nell’uomo, Meule e Gerhardt [42] riprendendo i criteri diagnostici citati nel DSM-5 per definire la dipendenza da sostanze, hanno riferito che quattro degli undici sintomi del disturbo da uso di sostanze sono stati empiricamente supportati da studi su alimenti altamente palatabili, e che, sulla base delle ricerche effettuate, i sette sintomi restanti erano comunque plausibilmente rilevabili a conferma dell’esistenza di una “dipendenza da cibo”. [43]

Numerosi studi hanno confermato la presenza di disfunzioni dei sistemi neuro encefalici del reward e del controllo cognitivo alla base della food addiction. Secondo alcuni AA. esistono

sufficienti evidenze a supporto della dipendenza da cibo come costrutto unico coerente con i criteri diagnostici del disturbo da uso di sostanze. Viene inoltre suggerito che alcuni alimenti, in

particolare quelli iperpalatabili trattati con aggiunta di dolcificanti e grassi, possano attivare i sistemi neurobiologici connessi alla dipendenza [30].

(14)

3.1 “ FOOD ADDICTION “ o “ EATING ADDICTION ”

Nonostante le evidenze descritte il concetto di food addiction è tuttora oggetto di discussione e di controversie nella comunità scientifica. In particolare è stata considerata la tesi che possa trattarsi di una forma di dipendenza comportamentale, simile a quella per il gioco d’azzardo, piuttosto che una dipendenza biologica in senso stretto [44].

E’ stato richiamato infatti che le diverse forme di obesità e di disturbi alimentari siano troppo varie e complesse nelle loro manifestazioni fenotipiche e nelle loro caratteristiche neurobiologiche per poter essere ricondotte semplicemente al modello dell’addiction [45]. Alcuni Autori hanno

sottolineato l’evidente difficoltà di paragonare il cibo a una sostanza d’abuso [46], richiamando le complesse proprietà nutrizionali e sensoriali degli alimenti, che oltre al gusto, includono altri elementi (sapore, odore, consistenza), e sottolineando come l’alimentazione sia intrinsecamente un’attività che genera gratificazione e rinforzo. Qualunque cibo, indipendentemente dalla sua composizione chimica/nutrizionale, può attivare il sistema encefalico del reward, ma non

necessariamente ne consegue che l’attivazione del sistema avvenga in risposta a specifici nutrienti (“substances”) capaci di evocare una forma di addiction propriamente detta [47].

Alla luce della complessità dei fenotipi comportamentali nell’uomo anche la semplice traslazione all’uomo delle evidenze rilevate con modelli animali è stata oggetto di revisione [48].

Altra osservazione, infine, riguarda il fatto che in molti casi di iperfagia e bingeing vengono consumati in eccesso anche alimenti non iperpalatabili; pertanto ad attivare un comportamento alimentare con caratteristiche di addiction potrebbero essere in gioco, piuttosto che le proprietà sensoriali e nutrizionali degli alimenti, le modalità con cui essi vengono consumati, ad esempio l’alternanza tra restrizione ed eccesso, cioè tra ipercontrollo e discontrollo [38].

Ciò sarebbe d’altronde in accordo con il termine addiction che, a partire dal tradizionale riferimento all’abuso di sostanze, si è ampliato includendo le cosiddette “dipendenze comportamentali” (es. sesso, internet, gioco d’azzardo) raccolte nel DSM-5, all'interno della nuova sezione del manuale

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“Substance-Related and Addictive Disorders”, come nuova categoria diagnostica denominata “Non-Substance-Related Disorders” [49;50].

Sebbene l'eccessivo consumo di cibo sia stato infine escluso da questa categoria, per la mancanza di sufficienti prove empiriche, rimane aperta la discussione sulla possibilità di una dipendenza da cibo. In effetti, organizzazioni come l'American Society of Addiction Medicine (ASAM) nel 2011 ha scelto di includere la "dipendenza da cibo" nel suo elenco di possibili disturbi da dipendenza. In ogni caso il concetto di food addiction rimane separato da quelli di obesità e binge eating [51;52]. A conferma di ciò alcuni studi mostrano che solo il 24,9% degli individui con sovrappeso / obesità riporta sintomi clinicamente significativi per la food addiction, che peraltro vengono riscontrati nell'11,1% di individui sani, e solo il 56,8% dei soggetti con binge eating mostra sintomi di dipendenza da cibo clinicamente significativi [53]. In sintesi si può affermare che

esistono forti evidenze, sul piano neurobiologico e comportamentale, a supporto del fatto che l’obesità e il binge eating, almeno per alcune forme fenotipiche, possano essere avvicinati ai disturbi da uso di sostanze, con i quali condividono caratteristiche tipiche, specialmente correlabili all’assunzione di cibi iperpalatalabili e a pattern alimentari caratterizzati da alternanza fra eccesso e restrizione [54].

Fig. scansioni cerebrali tra soggetti magri, cocainomani, e soggetti obesi con dipendenza da cibo/zuccheri:

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4. SCOPO DELLA TESI

Questo studio è volto a valutare la presenza e la prevalenza di BED e Food Addiction in un gruppo di soggetti con obesità della popolazione generale, attraverso l’utilizzo di test validati scientificamente: BINGE EATING SCALE (BES) e YALE FOOD ADDICTION SCALE (YFAS).

4.1 MATERIALI E METODI

La tesi descrive i risultati di un’indagine condotta dal mese di dicembre 2018 a Maggio 2019 su un campione di 26 soggetti di nazionalità italiana, con obesità e sovrappeso, reclutati presso il “Centro dei disturbi del comportamento alimentare e del metabolismo ” della Casa di Cura San Rossore a Pisa.

I partecipanti, previo consenso informato ai sensi del D. Lgs. n.196 del 30 giugno 2003, hanno risposto gratuitamente a due questionari (YFAS e BES) che sono stati somministrati on-line mediante l'utilizzo di Google form. Oltre ai due questionari, dei pazienti sono stati raccolti dati anagrafici ( nome, cognome, età ) e dati antropometrici (peso, altezza, massa grassa e massa magra) rilevati attraverso l’utilizzo di strumenti diagnostici (bilancia pesa persone con altimetro e bioimpedenziometro).

CRITERI DI INSERIMENTO DEI SOGGETTI NEL CAMPIONE DI STUDIO:

I soggetti reclutati per lo studio sono tutti maggiorenni, con età compresa tra il 18 e i 70 anni, con un BMI > 25 , che accedono presso l’ambulatorio con la richiesta di perdita di peso.

CRITERI DI ESCLUSIONE DEI SOGGETTI DAL CAMPIONE DI STUDIO :

I soggetti non devono presentare diagnosi di BED, inoltre non devono essere consumatori di sostanza d’abuso né altre patologie psichiatriche.

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4.2.1 BINGE EATING SCALE (BES)

La Binge Eating Scale (BES) è il test self-report più diffuso negli studi sul Binge Eating Disorder. Attraverso il test è possibile avere una descrizione delle abbuffate con i pensieri a esse correlati e valutare il grado di perdita di controllo rispetto alla spinta di mangiare.

La BES è composta da 16 domande e, come illustrato originariamente da Gormally et al. [55] , fa riferimento a due aree principali: le manifestazioni comportamentali (otto elementi) e i sentimenti ed emozioni (otto elementi) connessi all’abbuffata e (come ad esempio il senso di colpa o la paura di non essere in grado di smettere di mangiare). Per ogni domanda sono previste tre o quattro possibili risposte, che indicano una scala di gravità. Sulla base del punteggio totale, è possibile escludere la presenza di binge eating se il punteggio è < 17, mentre un punteggio maggiore indica la presenza di binge eating di grado lieve, o moderato (punteggio 18–26) o grave (punteggio >27).

4.2.2 YALE FOOD ADDICTION SCALE

La Yale Food Addiction Scale (YFAS) è uno strumento psicometrico per misurare la dipendenza da cibo (39), cioè la possibilità che l’assunzione di cibo, o di determinati cibi, possa attivare nell’individuo risposte comportamentali analoghe a quelle che si verificano con le sostanze d’abuso. Il test, largamente usato per studi relativi alla food addiction, validato in letteratura scientifica e anche in lingua italiana (40), è stato quindi progettato per rilevare, qualitativamente e quantitativamente, se per la persona intervistata alcuni cibi abbiano caratteristiche analoghe a quelle necessarie perché una determinata sostanza possa essere considerata sostanza d’abuso, in base a quanto stabilito nel Manuale Statistico e Diagnostico delle Malattie Mentali (DSM-5). Il test è composto da 25 domande e ciascuna di esse offre al partecipante un'opzione di otto risposte secondo una scala che va da ‘mai’ a ‘ogni giorno’. Il punteggio finale permette di formulare una diagnosi di Food Addiction che, a seconda del numero di sintomi rilevati, può essere graduata come ‘lieve’, ‘moderata’ o ‘grave’

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4.3 RISULTATI

Il campione è composto da 52 soggetti di cui 22 uomini (42,30%) e 30 donne (57,69%).

( figura 1), di età media di 36,7 anni (DS 16.030); i soggetti di sesso maschile risultano avere una età media di 41 aa., superiore rispetto del sottogruppo di sesso femminile con età media di 35 anni ( figura 2) .Nel campione si riscontra un'elevata presenza di soggetti con obesità (76.92%) rispetto ai soggetti con sovrappeso (23,07%). (Figura 3). L’IMC medio del campione è di 34.3,

sovrapponibile per genere, infatti l’IMC medio risulta 34,48 kg/m2 per i soggetti di sesso femminile e 34,14 kg/m2 (figura 4) per i soggetti di sesso maschile, con un peso medio di 15 kg superiore al peso medio delle donne e una altezza media di 10,72 cm superiore all’altezza media dei soggetti di sesso femminile. Inoltre il sottogruppo di sesso maschile presenta una Massa Grassa inferiore di circa il 7.18% rispetto al sottogruppo di sesso femminile (% FM media del campione totale = 39,007 %),( DS 17,75). Nel campione le percentuali più elevate di FM si rilevano nei soggetti di sesso femminile, nel 40% di esse si rileva una FM superiore al 45% (v.n. per donne = 25-30%) (figura 5) 058% 042%

Campione suddiviso

per genere

donne uomini Figura 2 Figura 1

(19)

Al test BES punteggi indicativi di presenza di Binge Eating (BES > 17) si riscontrano nel 19,23% dei soggetti, al test YFAS punteggi indicativi di presenza di Food Addiction si riscontrano nel 34,61 % dei soggetti, solo per il 6.5 % dei soggetti dell’intero campione si riscontano punteggi positivi ad entrambi i test (figura 6).

O B E S I T À … O B E S I T À … O B E S I T À L I E V E ( … S O V R A P P E S O 6 8 8 8 4 4 10 4

SUDDIVISIONE DEL

CAMPIONE PER

CLASSI DEL BMI

Donne Uomini 8 10 8 6 4 8 4 4 0 5 10 15 25-30 30,01-35 35,01-40 > 40

distribuzione del BMI

del campione

M F 4 14 12 14 8 2 5 - 3 5 % 3 5 , 0 1 - 4 5 % 4 5 , 0 1 - 5 5 %

DISTRIBUZIONE FM NEL CAMPIONE

F M Figura 3 Figura 5 76.9% 23,07% Figura 4

(20)

Tra i soggetti che presentano punteggi indicativi di binge (BES > 17) il 60 % sono di sesso femminile e il 40% di sesso maschile (figura 7) con punteggio medio pari al 19,2.

I soggetti di sesso maschile hanno ottenuto un punteggio medio pari a 21, maggiore rispetto al punteggio ottenuto in media nel sottogruppo di sesso femminile pari a 18.

L’IMC medio dei soggetti che presentano punteggio > 17 al test BES è 33,70 kg/m2.

I soggetti di sesso femminile con punteggio positivo al test BES risultano essere tutte con obesità o con un BMI al limite superiore del range di sovrappeso (29,6 > BMI < 42), i risultati sono

sovrapponibili per il sottogruppo di sesso maschile (29,6 > BMI < 34,6); nel sottogruppo di soggetti con BE non sono presenti soggetti con obesità grave (IMC > 40) (Figura 8).

Nei soggetti con punteggi positivi per BE si evidenzia una differenza significativa rispetto all’età, infatti il sottogruppo di sesso femminile presenta una età media di 27,6 anni, ben inferiore rispetto all’età media del sottogruppo di sesso maschile che è di 56 anni.

6,5 %

(21)

Rispetto ai risultati ricavati nel campione con il Test YFAS, punteggio indicativo di presenza di FA si riscontra nel 34,61 % dei soggetti, con in media 4,5 criteri incontrati (FA> 3 criteri incontrati) senza differenza di genere.

Nel sottogruppo di soggetti positivi al test per food addiction, è più rappresentata la componente di sesso femminile (66,6 %) rispetto a quella di sesso maschile (33.3%) (Figura 9). Tra i soggetti che presentano punteggio indicativi di FA l’IMC medio è 35,60 kg/m2, senza differenze di genere. Nel sottogruppo di sesso femminile l’83% ha un BMI > 30 (figura 10).

Anche in questo caso il sottogruppo di sesso femminile presenta una età media (24,5 anni) inferiore rispetto a quella del sottogruppo di sesso maschile (38,66 anni).

Per il test YFAS i criteri maggiormente incontrati sono stati

Criterio numero 2 persistente desiderio o ripetuti tentativi falliti di smettere 100%

Criterio numero 8 l’uso causa un danno o un disagio clinicamente significativo 80%

Criterio numero 4 rinuncia o riduzione di importanti attività sociali, professionali o ricreative

66,6%

Criterio numero 7 sintomi caratteristici dell’astinenza; sostanza assunta per alleviare l’astinenza

66,6%

Criterio numero 5 Persistenza dell’utilizzo della sostanza nonostante la conoscenza delle conseguenze negative.

55%

(22)

60% 040% 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% SESSO

BES

DONNE UOMINI 2 2 2 4 2 0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5 obesità moderata obesità grave sovrappeso

BES

M F Figura 7 Figura 8 66,60% 33% 0,00% 10,00% 20,00% 30,00% 40,00% 50,00% 60,00% 70,00% SESSO

YFAS

FEMMINE MASCHI Figura 9

(23)

2 8 2 2 2 2 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 obesità lieve obesità moderata obesità grave sovrappeso

Yfas

M F Figura 10

(24)

4.4 Discussione

Un primo dato interessante dello studio è quello relativo allo studio della composizione corporea dei soggetti partecipanti. A fronte dei valori di IMC rilevati nel campione non particolarmente elevati, il 23% ha un sovrappeso (IMC 25-29.9) e solo il 19.2% presenta un’obesità di III grado (IMC > 40), la presenza di massa grassa in percentuale risulta essere molto elevata, in particolare tra i soggetti di sesso femminile, ma anche tra i

soggetti di sesso maschile; questo dato è correlabile agli effetti sfavorevoli di precedenti diete, effettuate da molti dei soggetti partecipanti, con cali ponderali seguiti da successivo recupero del peso corporeo, che avviene prevalentemente a carico della massa grassa [56]. Questo effetto, definito “weight cycling”, è ben noto, rappresenta uno dei principali problemi dell’approccio dietoterapico e necessita di apposite strategie, in primis di tipo motivazionale, affinché i ripetuti approcci terapeutici non producano analoghi risultati [57].

A parte questa prima osservazione, il focus dello studio è stato comunque rivolto a valutare la possibile presenza di particolari tipi di comportamento alimentare in un gruppo di soggetti che richiede una cura per obesità o sovrappeso.

I risultati in effetti hanno evidenziato una elevata prevalenza di Binge Eating Disorder, pari al 19.2 %, tra i partecipanti allo studio; inoltre si è riscontrata una prevalenza ancora più elevata rispetto alla presenza dei criteri indicativi di “food addiction”, rilevata nel 34.6% dei soggetti. Questi dati di prevalenza appaiono ancora più significativi se rapportati al valore medio di IMC (34.3) nel campione corrispondente a quello di un’obesità di grado I. Precedenti studi in letteratura, infatti, indicano un aumento della prevalenza di BED con l’aumentare dell’IMC (58), ma, per quanto rilevato nel nostro campione, la presenza di BED, così come quella di “food addiction”, risultano già significative anche con un grado di obesità non particolarmente elevato. Questo dato può essere di particolare interesse per quanto riguarda l’approccio clinico e il trattamento dei pazienti. Nel nostro campione tutti i soggetti hanno un’obesità o un sovrappeso e si rivolgono a un centro di cura per questi problemi. L’approccio tradizionale al trattamento in questi casi è costituito

(25)

non può giovarsi di un semplice intervento basato sulla dieta [59]. Per quanto precedentemente illustrato, in soggetti con BED, per le caratteristiche tipiche del disturbo dell’alimentazione

propriamente detto, la restrizione calorica può anzi rinforzare i meccanismi sottostanti le abbuffate. Si rendono pertanto necessari interventi più complessi, multidisciplinari integrati, che interessino, insieme all’eccesso di intake calorico, anche la riduzione delle abbuffate, affrontando i costrutti psicopatologici che ne sono alla base sul piano psicologico, e associando, quando necessario, una terapia psicofarmacologica. Di ulteriore rilievo rispetto a questi aspetti sono i dati della letteratura relativi alle psicopatologie e/o agli elevati gradi di stress rilevabili in soggetti con obesità e BED [60]. Anche se nel campione non sono state effettuate misurazioni a riguardo con test psicometrici e/o apposite interviste, la presenza di questi elementi è stata rilevata, con la visita e il colloquio clinico, in molti dei soggetti partecipanti, specie per quanto attiene a disturbi del tono dell’umore, con tratti ansiosi e/o depressivi.

Analoghe considerazioni valgono in presenza di obesità associata ai tratti comportamentali tipici di una dipendenza da cibo, come riscontrato in un significativo numero di soggetti partecipanti allo studio. In questi casi, come descritto, per la maggiore sensibilità del sistema mesencefalico del reward, la restrizione calorica per sé, anziché rappresentare un approccio adeguato, può risultare addirittura controproducente in prima istanza, assumendo il ruolo di stimolo attivante il sistema e rinforzando la dipendenza e la spinta alla ricerca di alimenti iperpalatabili e ipercalorici. Pertanto per questi soggetti, prima che sulla dieta, semplicemente intesa come riduzione dell’intake calorico, l’approccio terapeutico deve essere basato su strategie complesse di intervento che includono la riabilitazione nutrizionale e il supporto psicologico volto a ridurre i meccanismi di dipendenza e ad implementare l’autodeterminazione e l’autoefficacia. Su queste basi il

trattamento rivolto a forme fenotipiche di obesità, associate a BED e/o a Food Addiction, disturbi del comportamento alimentare, talora anche compresenti nello stesso soggetto, come riscontrato, sia pure in piccola percentuale, nel campione studiato, richiede allo specialista della nutrizione una formazione specifica e l’acquisizione di competenze utili ad affrontare i nuclei della patologia, ben oltre la semplice prescrizione di una dieta adeguata. Interventi inappropriati infatti, per quanto ancora diffusi, finiscono per rinforzare il disturbo e i meccanismi che ne sono alla base. Una

(26)

conferma evidente di ciò si evince, nel campione studiato, dalla elevatissima percentuale di risposte positive al criterio 2 dell’YFAS: l’88.4% dei soggetti partecipanti infatti dichiara un persistente desiderio e ripetuti tentativi falliti di modificare il proprio comportamento alimentare; inoltre il 46% dei soggetti riporta come il ricorso al cibo iperpalatabile avvenga per alleviare sintomi fisici e psicologici assimilabili a quelli dell’astinenza (YFAS-criterio 7).

A riguardo quindi, prima di tutto, per un trattamento appropriato, è di fondamentale importanza per lo specialista della nutrizione, al momento della richiesta di cura per obesità, la conoscenza di queste patologie e lo screening di queste forme particolari di obesità, che, come dimostrato dallo studio, hanno una elevata prevalenza e necessitano di un approccio e di strategie specifiche di intervento.

(27)

5 CONCLUSIONI

L’obesità è una patologia che si presenta con molte differenti forme fenotipiche, in alcuni casi correlate a disturbi del comportamento alimentare propriamente detti, come il Binge Eating Disorder, o ad alterati comportamenti alimentari, come ad esempio la dipendenza da cibo.

Come confermato anche dallo studio descritto in questa tesi, alcune forme particolari di obesità, associate a Binge Eating Disorder e/o a food addiction, risultano essere ben rappresentate tra i soggetti con obesità e sovrappeso della popolazione generale. Essendo queste forme di obesità, conseguenti a tratti psicopatologici e/o ad alterazioni di particolari sistemi neuroencefalici, necessitano di una attenta individuazione in fase diagnostica e di approcci terapeutici adeguati e specifici da parte dello specialista della nutrizione.

(28)

APPENDICE

NEGLI ULTIMI 12 MESI

1. Quando inizio a mangiare certi cibi, finisco per mangiarne molto più del previsto

2. Continuo a consumare certi cibi, anche se non ho più fame

3. Mangio fino al punto in cui mi sento male fisicamente

4. Mi preoccupa non mangiare certi cibi o ridurne il consumo

5. Passo molto tempo rallentato o affaticato per aver mangiato troppo

6. Spesso durante la giornata mi ritrovo a mangiare certi cibi

7. Quando non ho a disposizione certi cibi faccio di tutto per trovarli. Per esempio, esco per comprarli, anche se ho altri alimenti a disposizione in casa

8. Ci sono state volte in cui ho mangiato certi cibi così spesso o così tanto che iniziavo a mangiare invece di lavorare, passare tempo con la famiglia o con gli amici, fare altre cose piacevoli.

9. Ci sono state volte in cui ho mangiato certi cibi così spesso o così tanto che ho dovuto affrontare a lungo sensazioni negative per l’eccesso di cibo, invece di lavorare, passare tempo con la famiglia o con gli amici, fare altre cose piacevoli.

10. Ci sono state volte in cui ho evitato situazioni professionali o sociali dove c’era la disponibilità di

certi cibi per la paura di mangiare troppo

11. Ci sono state volte in cui ho evitato situazioni professionali o sociali perché in quella circostanza non sarei stato capace di gestire il consumo di certi cibi

(29)

Possibili risposte agli item da 1 a 16 :

NEGLI ULTIMI 12 MESI NO SI

12. Ho avuto sintomi di astinenza come agitazione, ansia o altri sintomi fisici quando ho dovuto o voluto ridurre certi cibi (NON considerare i sintomi causati dalla riduzione di bevande contenenti caffeina come cola, caffè, tè, energy drink, ecc)

13. Ho consumato certi cibi per prevenire sensazioni di ansia o agitazione o altri sintomi fisici fin dall’inizio (NON considerare i sintomi causati dalla riduzione di bevande contenenti caffeina come cola, caffè, tè, energy drink, ecc)

14. Mi sono accorto di provare un forte desiderio o avere necessità di consumare certi cibi quando ne riduco il consumo o smetto di mangiarli

15. Il mio comportamento rispetto al cibo e all’alimentazione mi dà un significativo disagio 16. Provo significative difficoltà nello svolgere in modo efficace le mie attività quotidiane (lavoro, scuola, famiglia, amici, hobby, problemi di salute) a causa del cibo e dell’alimentazione

Mai 1 volta al mese 2-4 volte al mese 2-3 volte la settimana 4 o più volte al giorno

(30)

17. Il mio modo di mangiare mi ha causato significativi problemi psicologici come abbassamento dell’umore, senso di ansia, senso di colpa, eccessiva autocritica.

0 1

18. Il mio modo di mangiare mi ha provocato o peggiorato significativi problemi fisici

0 1

19. Ho continuato a mangiare gli stessi cibi o la stessa quantità anche se mi hanno provocato problemi psicologici e/o fisici

0 1

20. In questo periodo mi sono accorto che ho bisogno di mangiare sempre di più per ottenere la sensazione che voglio, come la riduzione di emozioni negative o l’aumento delle sensazioni piacevoli

0 1

21. Mi sono accorto che mangiare la stessa quantità di cibo non riduce più le mie emozioni negative né aumenta le sensazioni piacevoli come succedeva prima

0 1

22. Voglio ridurre o smettere di mangiare certi cibi 0 1

23. Ho cercato di ridurre o smettere di mangiare certi cibi 0 1

24. Sono riuscito a ridurre o a non mangiare certi cibi 0 1

25. Quante volte, nel corso dell'ultimo anno, ha cercato di ridurre o smettere di mangiare del tutto certi alimenti

1 volta 2 volte 3 volte 4 volte 5 o più volte

(31)

Gelato Cioccolata Mele Brioche Cavoli2 Biscotti Torte Caramell e

Pane Bianco

Involtini Lattuga Pasta Fragole Riso Crackers Patatine

in sacchett o

Salatini Patatine

fritte

Carote Bistecca Banane Insaccati Hamburger Cheese Burger Pizza Bevande Gassate Nessuno dei precedenti

27. Si prega di elencare qualsiasi altro alimento con cui ha dei problemi che non sono stati elencati in precedenza:

(32)

1.

□ Non penso consciamente al mio peso ed alle dimensioni del mio corpo quando sono con altre persone.

□ Mi preoccupo del mio aspetto, ma questo non mi rende normalmente insoddisfatto/a di me stesso/a.

□ Sono consapevole del mio aspetto e del mio peso e questo mi rende deluso/a di me stesso/a. □ Sono molto consapevole del mio peso e spesso provo forte vergogna e disgusto per me stesso/a. Perciò cerco di evitare di

incontrare altre persone.

2.

□ Non ho difficoltà a mangiare lentamente, seduto/a in maniera corretta.

□ Mi sembra di trangugiare il cibo. Nonostante ciò, non finisco per sentirmi troppo pieno/a per aver mangiato

eccessivamente.

□ Talvolta, tendo a mangiare velocemente e dopo mi sento troppo pieno/a.

□ Ho l’abitudine di ingollare il cibo quasi senza masticarlo. Quando faccio così, di solito mi sento scoppiare perché ho

mangiato troppo.

3.

□ Quando voglio, sono capace di controllare i miei impulsi verso il cibo.

□ Penso di aver minor controllo sul cibo rispetto alla maggior parte delle persone. □ Mi sento totalmente incapace di controllare i miei impulsi verso il cibo.

(33)

□ Siccome mi sento totalmente incapace di controllare il mio rapporto con l’alimentazione, sto cercando disperatamente di

raggiungere il controllo sul cibo.

4.

□ Non ho l’abitudine di mangiare quando sono annoiato.

□ Qualche volta mangio quando sono annoiato, ma talvolta riesco a distrarmi e a non pensare al cibo

□ Ho una vera abitudine di mangiare quando sono annoiato, ma talvolta riesco a distrarmi e a non pensare al cibo.

□ Ho una forte abitudine di mangiare quando sono annoiato. Niente riesce a farmi smettere. 5.

□ Quando mangio qualcosa, di solito, è perché ho fame.

□ Talvolta mangio qualcosa d’impulso, senza avere veramente fame

□ Mangio regolarmente per soddisfare una sensazione di fame, pur non avendo davvero bisogno fisicamente del cibo. In

queste occasioni, non riesco neanche a gustare quello che mangio.

□ Anche se non ho fisicamente fame, avverto il bisogno di mettere qualcosa in bocca e mi sento soddisfatto/a solo quando

riesco a mangiare qualcosa per riempirmi la bocca, come un pezzo di pane. Qualche volta, quando questo succede, risputo

il cibo per non ingrassare

(34)

□ Non mi sento per nulla in colpa, né provo odio per me stesso/a, dopo aver mangiato troppo. □ Talvolta, mi sento in colpa o provo odio per me stesso/a dopo aver mangiato troppo.

□ Quasi sempre vivo un forte senso di colpa o provo odio per me stesso/a dopo aver mangiato troppo.

7.

□ Quando sono a dieta, non perdo mai del tutto il controllo sul cibo, anche dopo periodi in cui ho mangiato troppo.

□ Quando sono a dieta e mangio un cibo “proibito”, sento che ormai ho “sgarrato” e mangio ancora di più.

□ Quando sono a dieta e mangio troppo spesso mi dico: “Ormai hai sgarrato, perché non vai fino in fondo?”. Quando questo

succede, mangio ancora di più.

□ Mi metto regolarmente a dieta stretta, ma poi interrompo la dieta con un’abbuffata. La mia vita è fatta di abbuffate e

digiuni.

8.

□ Raramente mangio così tanto da sentirmi sgradevolmente pieno/a.

□ Circa una volta al mese, mangio così tanto da sentirmi sgradevolmente pieno/a.

□ Ci sono periodi regolari durante il mese in cui mangio grandi quantità di cibo, ai pasti o fuori dai pasti.

□ Mangio così tanto che di solito, dopo aver mangiato, mi sento piuttosto male ed ho nausea. 9.

(35)

□ La quantità di calorie che assumo è abbastanza costante nel tempo.

□ Qualche volta, dopo aver mangiato troppo, cerco di ridurre al minimo le calorie, per compensare l’eccesso di calorie che

ho mangiato.

□ Abitualmente mangio troppo di notte. Solitamente non ho fame la mattina e mangio troppo la sera.

□ Da adulto, ho avuto periodi di circa una settimana in cui mi sono imposto diete “da fame”, a seguito di periodi in cui

avevo mangiato troppo. La mia vita è fatta di abbuffate e digiuni.

10.

□ Di solito riesco a smettere di mangiare quando voglio. So quando è ora di dire basta. □ Talvolta avverto un impulso incontrollabile a mangiare.

□ Frequentemente avverto forti impulsi a mangiare, che sembro incapace di controllare, mentre altre volte riesco a

controllarmi.

□ Mi sento incapace di controllare i miei impulsi a mangiare. Ho paura di non riuscire a smettere di mangiare

volontariamente.

11.

□ Non ho problemi a smettere di mangiare quando mi sento pieno/a.

□ Di solito posso smettere di mangiare quando sono pieno/a, ma talvolta mangio così tanto da sentirmi sgradevolmente

(36)

pieno/a.

□ Per me è un problema smettere di mangiare una volta che ho iniziato e di solito mi sento sgradevolmente pieno/a dopo

aver finito di mangiare.

□ Siccome per me è un problema smettere di mangiare, qualche volta devo provocarmi il vomito per avere sollievo.

12.

□ Quando sono con gli altri (incontri familiari, occasioni sociali) mi sembra di mangiare come quando sono solo.

□ Talvolta quando sono con gli altri non mangio quanto vorrei, perché sono consapevole del mio disagio verso il cibo.

□ Spesso mangio poco quando sono con altre persone, perché mangiare di fronte ad altri mi imbarazza.

□ Mi vergogno così tanto di mangiare troppo, che per farlo scelgo i momenti in cui nessuno mi vede. In effetti, mangio di

nascosto.

13.

□ Faccio tre pasti al giorno e occasionalmente uno spuntino. □ Faccio tre pasti al giorno e normalmente anche gli spuntini. □ Quando faccio molti spuntini, salto i pasti regolari.

□ Ci sono periodi in cui mi sembra di mangiare continuamente, senza pasti regolari. 14.

(37)

□ Non penso molto a controllare gli impulsi a mangiare non desiderati.

□ Almeno qualche volta, la mia mente è occupata dal pensiero di come controllare i miei impulsi a mangiare.

□ Sento che spesso passo molto tempo a pensare a quanto ho mangiato o a come fare per non mangiare più.

□ Mi sembra che la maggior parte del mio tempo la mia mente sia occupata da pensieri sul mangiare. Mi sembra di essere

continuamente in lotta per non mangiare.

15.

□ Non penso molto al cibo.

□ Mi capita di avere un forte desiderio di cibo, ma solo per brevi periodi di tempo. □ Ci sono giorni in cui non penso ad altro che al cibo.

□ La maggior parte delle mie giornate è occupata da pensieri sul cibo. Mi sembra di vivere per mangiare.

16.

□ Di solito se sono affamato/a oppure no, prendo la giusta porzione per saziarmi.

□ Occasionalmente, sono incerto/a se ho fisicamente fame oppure no. In questi momenti, mi è difficile capire quanto cibo ci

vorrebbe per saziarmi.

□ Anche se sapessi quante calorie dovrei mangiare, non ho idea precisa di quanto sarebbe una “normale” quantità di cibo

per me.

(38)

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