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"Fattori sociali e salute negli ambienti di lavoro: uno sguardo alla condizione dei lavoratori dell'Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana"

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Academic year: 2021

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“Stai calmo: tutto questo tra cent’anni

non avrà alcuna importanza.”

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INDICE

INTRODUZIONE 1

1 SALUTE E DISUGUAGLIANZE SOCIALI 5

1.1 I determinanti della salute 6

1.2 Determinanti distali, mediali e prossimali 7

1.3 Reddito e salute 10

1.4 Il ruolo della coesione sociale 11

1.5 Disuguaglianze sociali e stato di salute nel mondo del lavoro 12

2 COME LO STRESS AGISCE SULL’INDIVIDUO E

SULL’ORGANIZZAZIONE 15

2.1 Definizione di stress e di stress lavoro-correlato 15

2.2 Lo stress e i rischi psicosociali nel lavoro e nelle organizzazioni 18

2.2.1 Variabili organizzative 18

2.2.2 Variabili individuali 20

2.3 Le patologie legate ai rischi psicosociali 20

2.4 Le patologie legate allo stress lavoro-correlato 21

2.5 Le patologie fisiche 22

2.5.1 Apparato cardiovascolare 22

2.5.2 Apparato gastrointestinale 23

2.5.3 Apparato cutaneo 24

2.5.4 Apparato neuroimmunologico 24

2.5.5 Apparato muscolo scheletrico 24

2.6 Le patologie psichiche 25

2.6.1 Patologie legate al barnout 25

2.6.2 Patologie legate al mobbing 26

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3 RIFERIMENTI NORMATIVI IN MATERIA DI STRESS LAVORO-

CORRELATO 29

3.1 Evoluzione normativa 29

3.2 Il D.Lgs. 81/08 e l’introduzione del tema dello stress lavoro-correlato 33

3.3 Dal 2008 al 2010: norme per linee guida 34

3.4 L’obbligo legislativo della valutazione dello stress lavoro-correlato 35

4 STRUMENTI DI VALUTAZIONE PER IL RISCHIO STRESS LAVORO-

CORRELATO 38

4.1 Guida operativa del coordinamento tecnico interregionale della prevenzione

nei luoghi di lavoro 38

4.2 Proposte di metodologie valutative 39

4.3 Il modello Management Standard 40

4.4 Nuove linee di indirizzo della REGIONE TOSCANA 43

4.5 Il modello della REGIONE TOSCANA 44

4.6 Job Content Questionnaire di Karasek 48

4.7 Il modello INAIL 49

4.8 OPRA (Organizational and Psycosocial Risk Assessment) 53

4.9 Work Sap (Work Related Stress Assessment Procedure) 55

5 SCOPO DEL LAVORO 59

6 METODOLOGIA IMPIEGATA 61

6.1 Il modello di Karasek 61

6.2 La Check-List del metodo della Regione Toscana per valutare lo stress

lavoro-correlato 62

7 DATI RACCOLTI 64

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7.2 SECONDA VALUTAZIONE 69

7.3 TERZA VALUTAZIONE 74

7.4 QUARTA VALUTAZIONE 79

7.5 Somministrazione Job Content Questionnaire (JCQ) 84

8 DISCUSSIONE E CONCLUSIONI 86

BIBLIOGRAFIA 89

Appendice 1: Check-List del metodo della Regione Toscana 95

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INTRODUZIONE

Per la prima volta sono venuta a contatto con la Sociologia durante il primo anno di Corso di Laurea Magistrale restando stupita di quanto questa materia, rispetto ad altre scienze sociali, con i suoi oggetti, argomenti e metodi potesse fornire gli strumenti utili a comprendere in maniera scientifica “l’agire sociale”.

La Sociologia ha rappresentato per me la possibilità di avere una nuova “chiave di lettura” tramite la quale scorgere la complessa e fitta trama di relazioni che permeano il nostro vivere quotidiano in quanto Operatori Sanitari. I rapporti tra pazienti, i reciproci rapporti tra paziente ed Operatore Sanitario, i rapporti tra Operatori Sanitari di pari grado, i rapporti tra Operatori Sanitari appartenenti a livelli diversi nella “scala gerarchica” ospedaliera, ma sopra! ttutto mi 1 ha dato l’opportunità di vedere in un’ottica diversa il rapporto dell’Operatore Sanitario nei confronti delle richieste dell’Azienda Ospedaliera.

La formazione che riceviamo in qualità di futuri Coordinatori ci insegna a reimpostare i servizi facendo “sempre di più con sempre di meno” , ma essendo l’Azienda Ospedaliera una 1 “fabbrica di servizi” che vengono prodotti ed erogati da unità lavorative che sono soggetti e non macchine, l’aspetto che risulta necessario affinché questa lunga catena di montaggio non presenti gap è la tutela dell’Operatore.

Le trasformazioni del mondo del lavoro hanno una profonda ripercussione sul benessere delle persone e sono la proiezione dei mutamenti che stanno avvenendo nella società, nelle forme di occupazione e pertanto nei rischi per la salute e la sicurezza.

Negli ultimi anni numerosi sono stati i cambiamenti che hanno favorito un aumento della complessità delle realtà lavorative e messo alla prova la capacità individuale di farvi fronte. L’invecchiamento della popolazione attiva e l’ingresso delle donne in azienda sono due determinanti mutamenti della società e del mondo produttivo che si intersecano alla trasformazione delle forme occupazionali.

Il lavoro a tempo parziale e gli orari atipici convivono con le tradizionali condizioni contrattuali contribuendo a creare assetti diseguali contemporaneamente presenti in una singola realtà aziendale. A questo si sommano l’esigenza di flessibilità, i cambiamenti

Obiettivo della “produzione snella” (lean production). Insieme di principi, metodi e tecniche per la gestione dei processi

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INTRODUZIONE

nell’organizzazione del lavoro ed una gestione delle risorse umane più individuale e maggiormente orientata al risultato.Tutte queste condizioni hanno una profonda incidenza sul benessere delle persone al lavoro.

Di conseguenza ci si è trovati ad affrontare direttamente le estreme conseguenze di tale disagio, caratterizzato da un lato da forme di patologia dell’organizzazione e, dall’altro, da ripercussioni negative sulla salute psicofisica degli individui.

Il concetto di rischio per un lavoratore è andato poi gradualmente estendendosi verso una concezione più ampia di salvaguardia della salute ponendo una maggiore attenzione verso 2

quelli che classicamente venivano definiti “rischi non convenzionali” e tra questi, il rischio da stress lavoro-correlato.

Trovando gli aspetti appena menzionati, argomento delle lezioni di Medicina del Lavoro affrontate nel corso del secondo anno, molto vicini ed interconnessi all’analisi sociale, ho deciso di redigere una Tesi di Laurea che ponesse in comunicazione queste due discipline a completamento l’una dell’altra.

Sono partita dall’analisi del “Rapporto ISTAT 2014” e del “Rapporto Nazionale 2007-2009 - 3

Diseguaglianze sociali e salute” per avere una fotografia dello scenario nazionale in termini 4

di status sociale, stato di salute e salute percepita. Successivamente ho preso in considerazione l’indagine sulle condizioni di lavoro nell’UE, promossa dalla ‘Fondazione Europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro’ dove lo stress lavorativo risulta la condizione maggiormente percepita in associazione con il deterioramento della salute dal 30% dei lavoratori tra i 21.500 intervistati, con maggiore prevalenza tra i cosiddetti ‘colletti bianchi’ (36%) rispetto ai lavoratori manuali (23%).

D.Lgs 81 dell’aprile 08, art. 2, comma 1, lettera o) per definizione di «salute»: stato di completo benessere fisico, mentale e

2

sociale, non consistente solo in un'assenza di malattia o d'infermità.

ISTAT - Istituto Nazionale di Statistica, Comunicato stampa “Tutela della salute e accesso alle cure”, 10 Luglio 2014,

3

istat.it

PASSI - Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia, Rapporto Nazionale 2007-2009 “Diseguaglianze sociali e

4

salute”, Agosto 2011, epicentro.is.it

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INTRODUZIONE

Ho cercato in fine di creare un ponte tra il macro-clima degli studi appena citati, condotti su scala nazionale ed europea ed il micro-clima dell’Azienda Universitaria Ospedaliera Pisana - AUOP.

In dettaglio, partendo da un contesto generale, sono scesa al particolare tramite l’analisi della valutazione del rischio stress-lavoro correlato effettuata per categorie eterogenee sui dipendenti di quattro reparti di chirurgia dell’AOUP.

Come scrive il Dott. Angelo Stefanini del Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica dell’Università di Bologna: “Quando un problema si rivela complesso va affrontato da

diverse direzioni e scomposto in parti più facilmente governabili, senza però perderlo di vista nel suo insieme”. Tutto questo “richiede la capacità di valutare come funziona la società, la conoscenza delle cause principali delle malattie che si stanno studiando, la comprensione dei processi psicologici e di come essi possano interagire con i rispettivi meccanismi biologici. Senza una attiva collaborazione tra varie discipline è improbabile potere progredire” .
5

(9)

1. SALUTE E DISUGUAGLIANZE

SOCIALI

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1. SALUTE E DISUGUAGLIANZE SOCIALI

Il tema delle condizioni di salute in rapporto alle disuguaglianze sociali è argomento di interesse sia della sociologia che dell’epidemiologia, tanto che, in non pochi casi, è difficile distinguere le scelte metodologiche di una disciplina rispetto all’altra.

Nella pratica, possiamo dire che gli epidemiologi sono concentrati a ricercare le cause delle malattie a livello biologico, ambientale e sociale, attraverso studi che cercano di identificare le cause prossime della morbosità e della mortalità, senza escludere tra le cause possibili quelle derivate dalle differenze di status socioeconomico.

Dal punto di vista sociologico, l’attenzione è rivolta non tanto all’individuazione delle condizioni che possono generare una patologia, ma piuttosto a ricondurre le diseguaglianze di salute a quelle sociali, cercando di dimostrare l’incidenza dell’ineguale distribuzione di risorse e comprendendone le relazioni in termini generali.

Gli obiettivi dei sociologi e degli epidemiologi tendono spesso a convergere e a confondersi nei campi d’interesse. Ogni tentativo di comprendere e descrivere i determinanti sociali della salute richiede la capacità di valutare come funziona la società, la conoscenza delle cause principali delle malattie che si stanno studiando, la comprensione dei processi psicologici e di come essi possano interagire con i rispettivi meccanismi biologici. L’apertura della ricerca epidemiologica ai fattori sociali pone le basi per una feconda collaborazione con la sociologia, verso un’approccio articolato ed integrato.


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1. SALUTE E DISUGUAGLIANZE SOCIALI

1.1. I determinanti della salute

Lo studio dei determinanti della salute ha origini lontane. In Europa è possibile risalire almeno al Medioevo, anche se è solo nel corso del XIX secolo che le ricerche diventano più accurate con il tentativo di comprensione dell’impatto della industrializzazione sulla salute compiuto da John Snow , Friedrich Engels , Louis René Villermé e Rudolf Virchow . 6 7 8 9

In tempi più recenti, è soprattutto dopo la pubblicazione del Black Report in Gran Bretagna 10

nel 1980 che incontreremo, da una parte, una grande quantità di studi e ricerche riguardanti fattori sociali e salute e, dall’altra, il tentativo del mondo politico di utilizzare i risultati di tali ricerche allo scopo di applicarli nella pratica e tradurli in politiche concrete. L’esempio più conosciuto è senza dubbio quello del governo inglese con l’Acheson Report che suggerisce 11

quali target preferenziali su cui concentrarsi: la povertà, il reddito, il sistema fiscale, l’istruzione, il lavoro, la casa e l’ambiente, la mobilità, i trasporti, l’inquinamento atmosferico e la nutrizione.


John Snow è noto per aver studiato la diffusione dell'epidemia di colera del 1854 a Soho ipotizzando la sua diffusione a

6

causa di una pompa di distribuzione dell'acqua.

Nel maggio 1845 esce il suo scritto “La situazione della classe operaia in Inghilterra”. Con l'invenzione della macchina a

7

vapore e la progressiva introduzione delle macchine nelle lavorazioni industriali "la vittoria del lavoro a macchina sul lavoro

a mano nei principali rami dell'industria inglese era ormai decisa e tutta la storia di quest'ultima ci racconta come da allora i lavoratori furono cacciati da una posizione dopo l'altra a opera delle macchine. Le conseguenze furono, da una parte, la rapida caduta dei prezzi di tutti i manufatti, la fioritura del commercio e dell'industria, la conquista di quasi tutti i mercati esteri non protetti, la rapida crescita dei capitali e della ricchezza nazionale; dall'altra, un ancor più rapido aumento dei proletariato, la distruzione di ogni proprietà e di sicurezza di lavoro per la classe operaia….". (Engels, 1845, pp. 37)

Villermé scrisse due importanti memorie sulla mortalità tra i detenuti, e la promiscuità sessuale nelle carceri (Villermé,

8

1820, 1829), e fondò le ≪Annales d'Igiene≫ (1829). Condusse inoltre uno studio sulle condizioni fisiche dei lavoratori di cotone, lana e seta, protestando contro l'eccessivo lavoro minorile nel settore manifatturiero.

Virchow sviluppò la tesi dell’origine multifattoriale delle malattie, sostenendo che erano le condizioni materiali della vita

9

quotidiana delle persone la principale causa di malattia e di morte. Un efficace sistema sanitario non poteva limitarsi a trattare i disturbi clinici dei pazienti, doveva affrontare le radici profonde delle malattie e delle epidemie. Per fare ciò erano necessari cambiamenti sociali, tanto importanti quanto gli interventi medici, infatti: “Il miglioramento della medicina potrà alla fine

prolungare la vita umana, ma il miglioramento delle condizioni sociali può raggiungere questo risultato più in fretta e con maggiore successo”.

Documento pubblicato da parte del Dipartimento della Sanità e della Previdenza Sociale (ora Dipartimento di Sanità) nel 10

Regno Unito, dimostrando che, anche se la salute generale era migliorata dopo l'introduzione dello stato sociale, questo aveva generato diffuse disuguaglianze in ambito sanitario tra le quali la principale era la disuguaglianza economica.

Pubblicato nel 1998 da un'indagine Regno Unito guidata da Donald Acheson. Dimostra l'esistenza di disparità di salute in

11

rapporto alla classe sociale.

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1. SALUTE E DISUGUAGLIANZE SOCIALI

1.2. Determinanti distali, mediali e prossimali

I determinanti sociali della salute possono essere distinti in tre livelli: un livello distale, uno mediale e uno prossimale.

Il livello distale (macro o a monte) comprende i “determinanti fondamentali” (Stronks, 1997), rappresentati da fattori come la istruzione, posto di lavoro, tipo di occupazione e condizioni lavorative, reddito, abitazione, e area di residenza. Questi determinanti sono a loro volta condizionati da fattori ancora più a monte, come politiche governative e sovranazionali o globali.

Il livello intermedio comprende i contesti sociale, fisico, economico e ambientale che occupiamo nell’arco della nostra vita e che, come sostiene Stefanini (2004), influenzano la salute sia indirettamente attraverso processi psico-sociali e comportamenti individuali, sia più direttamente attraverso eventi come incidenti, lesioni fisiche e violenza individuale e collettiva.

Infine, fattori come la cultura, intesa come il sistema condiviso di significati, codici, simboli, valori, credenze, norme e atteggiamenti che plasmano e circoscrivono i nostri processi decisionali e in ultima analisi i nostri comportamenti e le nostre azioni, possono essere intesi come determinanti sia di tipo distale che di livello mediale.

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1. SALUTE E DISUGUAGLIANZE SOCIALI

Quella appena descritta è solo un’estrema schematizzazione e semplificazione della realtà. Gli stili di vita, ad esempio, sono legati al contesto familiare e sociale, che a sua volta è condizionato dalle tipologie di vita e di lavoro. Per questo motivo è impossibile individuare un unico fattore in grado di condizionare lo stato di salute di una persona o di una comunità in quanto questo è il risultato di fattori correlati e sottoposti ad una interazione reciproca.

Per individuare il rapporto tra disuguaglianza e malattia, la ricerca sociologica si concentra principalmente su quattro variabili: l’istruzione, l’occupazione, le condizioni di lavoro e lo status socio-economico.


Dalle ricerche Istat emerge come istruzione ed occupazione, abbiano un ruolo fondamentale. Le persone con più alti titoli di studio godono di migliore funzionalità fisica, salute percepita, salute mentale e minori tassi di disabilità. La maggioranza delle ricerche sulla salute e sul ricorso ai servizi sanitari in vari paesi del mondo ha messo in evidenza non solo le differenze esistenti tra sistemi sociali diversi, ma anche la persistenza, all’interno di ciascun sistema, di differenze significative tra individui e tra aree territoriali. Sempre in riferimento al capitale culturale, ovvero al livello di istruzione, ovunque emergono significative differenze in termini di grado di esposizione alla malattia e in termini di mortalità. 


Nel nostro Paese la base delle analisi nazionali in campo sanitario è data da due fonti principali: le indagini campionarie fornite dall’ISTAT condotte annualmente su un ampio numero di famiglie italiane (Indagini Multiscopo: IMS) e le rilevazioni effettuate su flussi informativi sanitari effettuate a cura dell’Agenas, che effettua ricerche sugli assetti organizzativi della sanità. Recentemente l’ISTAT ha cominciato a utilizzare i dati desunti dall’IMS per mettere in relazione i consumi sanitari con il reddito e il titolo di studio posseduto. 


Ciò che emerge è che il reddito agisce soltanto in modo marginale sull’accesso ai servizi sanitari rispetto al livello di istruzione. Con l’aumentare del titolo di studio, a parità di altre condizioni, accrescono il ricorso a visite specialistiche, accertamenti diagnostici, mentre diminuisce la probabilità di effettuare visite dal medico generico.

Anche in ambito epidemiologico lo studio della associazione tra disuguaglianze socio-economiche e disuguaglianze nella salute ha oggigiorno assunto tra gli epidemiologi lo status

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1. SALUTE E DISUGUAGLIANZE SOCIALI

di vera e propria disciplina autonoma, l’epidemiologia sociale. Studiosi in materia hanno sostenuto differenti spiegazioni del fenomeno delle disuguaglianze in salute. In particolare, come affermano Lynch & Kaplan (2000) l’interpretazione materiale delle disuguaglianze in salute sottolinea la relazione scalare tra posizione socioeconomica e accesso a condizioni materiali tangibili, sia quelle fondamentali come cibo, un tetto e l’accesso a servizi e beni, sia di altro tipo come il possesso di un auto e della casa, l’accesso a servizi telefonici e internet, e così via.

L’interpretazione psicosociale, invece, attribuisce l’esistenza delle disuguaglianze in salute agli effetti diretti e indiretti dello stress che proviene o dall’essere inferiore nella gerarchia socioeconomica o dal vivere in condizioni di relativo svantaggio socioeconomico. Un modello degli effetti diretti dello stress sui sistemi fisiologici é quello del “carico allostatico” (McEwen & Seeman, 1999) che descrive il logorio causato all’organismo dalla esposizione quotidiana a circostanze negative di vita. Lo stress può anche influenzare indirettamente la salute causando un tipo di comportamento a rischio come il fumo o il bere eccessivo.

In realtà queste spiegazioni non sono mutualmente esclusive né é possibile sempre districare i loro effetti l’uno dall’altro. Un basso prestigio o status sociale e la mancanza di controllo sono spesso etichettati come determinanti psicosociali anche se potrebbero essere scatenati da fattori materiali (come assenza di reddito o misera abitazione).

Come sostiene Brunner (1997) nel suo articolo dal titolo Stress and the biology of inequality,

ci sono prove incomplete, ma plausibilità biologica, che lo stress e l'accumulo di esperienze psicosociali negative a partire dall'infanzia e per tutto il corso della vita, siano determinanti nello sviluppo di malattie degenerative.

Lo stress a livello neuroendocrino, abbassando la risposta immunitaria, può contribuire, in particolare, ad aumentare il rischio di malattie coronariche e morbilità associata.

La distribuzione sociale osservata di malattie croniche presenta una sfida alla sua comprensione, perché i processi fisiopatologici sottostanti, che si svolgono nel corso di molti anni e coinvolgono molti sistemi del corpo , non sono completamente noti.

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1. SALUTE E DISUGUAGLIANZE SOCIALI

Questa prospettiva sottolinea in ogni caso l'importanza primaria dell’organizzazione sociale nel generare disuguaglianze dello stato di salute, ma può fornire soprattutto un approccio alla determinazione degli aspetti specifici dell'ambiente psicosociale che influenzano la salute .

1.3. Reddito e salute

“Nonostante esista un generale consenso circa l’impatto delle variabili socio economiche

sulla salute, i meccanismi con cui ciò avviene non sono altrettanto chiari” (Deaton, 2002, p.

546).

Gli studi sulla associazione tra reddito individuale e salute mostrano una costante relazione tra livello del reddito e morbosità/mortalità, laddove coloro che si trovano ai livelli di reddito più bassi soffrono dei più alti tassi di mortalità e di inferiore stato di salute. Tuttavia, chi sostiene che questa disuguaglianza individuale nel reddito si traduce in uno stato di peggiore salute per tutta la popolazione viene confutato da altri, come Mackenback (2002, p. 1-2), che mostrano come nei 16 paesi industrializzati “l’associazione tra disuguaglianza di reddito e speranza di

vita è scomparsa”.

Conclusioni apparentemente opposte vengono raggiunte da un vasto studio multicentrico dei paesi dell’OCSE . Questa vivace discussione ha concentrato l’attenzione sulle modalità 12 13

nelle quali si manifesta la disuguaglianza, ovvero come il basso stato sociale anziché la disuguaglianza di reddito in sé, possano influenzare gli esiti di salute.

Le differenze di salute collegate al genere e all’etnia costituiscono un esempio della difficoltà di separare nettamente l’effetto attribuibile ad altre categorie sociali come la classe, che rappresentano parte della rete di relazioni sociali che creano o negano l’accesso al benessere economico ed alle opportunità sociali.


Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico

12

Navarro, V. et al. (2003)

13

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1. SALUTE E DISUGUAGLIANZE SOCIALI

1.4. Il ruolo della coesione sociale

Quello che è ormai indiscutibile è la necessità di un più ampio approccio economico e politico alla salute pubblica basato sulla conoscenza teorica ed empirica dell’interazione tra relazioni sociali, sviluppo economico, politiche pubbliche e salute.

Ne è esempio il dibattito in corso sul cosiddetto “capitale sociale” (Portes, 1998), inteso come la capacità che reti e altre strutture sociali hanno di fornire benefici ai propri membri. Tali benefici vengono generati attraverso due principali componenti: l’elemento relazionale, indiretto, che risiede nelle organizzazioni sociali di cui un individuo è membro (fiducia, reciprocità che facilita le interazioni sociali ed economiche) e l’elemento materiale (beneficio diretto) collegato alle risorse a cui quell’individuo può avere accesso grazie alla sua appartenenza al gruppo.

La statistica medica e l’epidemiologia ci insegnano che i livelli di salute di una popolazione sono qualcosa di più della semplice somma aritmetica della salute dei suoi singoli membri e che i determinanti della salute di una popolazione sono sia di tipo individuali che di tipo contestuale. Da questo punto di vista “c’é qualcosa di intrinsecamente sociale nel migliorare

la salute pubblica che non può essere ridotta allo studio e alla modificazione di singoli individui” (Rose, 1985, p. 32). I collegamenti e le relazioni tra le persone rappresentano

un’area di indagine senz’altro sottovalutata nella epidemiologia nonostante sia stato mostrato come esse possano dare luogo a modelli molto diversi di trasmissione delle malattie infettive in una popolazione.

Questa prospettiva, influenzata dagli studi sociologici, potrebbe forse fornire un nuovo linguaggio per capire come il supporto sociale abbia a volte mostrato un effetto protettivo contro esiti negativi in salute. Per esempio, un alto livello di supporto sociale blocca la trasmissione dell’agente patogeno chiamato “stress”.

Ma esistono anche ambienti sociali che possono favorire queste forme di stress negativo. È questo il caso degli ambienti lavorativi.


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1. SALUTE E DISUGUAGLIANZE SOCIALI

1.5. Disuguaglianze sociali e stato di salute nel mondo del lavoro

Dal 1990, i cambiamenti nelle economie e nei mercati del lavoro di molti paesi industrializzati hanno aumentato il sentimento di precarietà agendo sulla popolazione come un fattore di stress cronico attraverso il quale gli effetti aumentano in relazione alla durata dell'esposizione. La disoccupazione mette a rischio la salute, e il rischio è più elevato nei Paesi e nelle regioni in cui tale fenomeno è molto diffuso. Gli effetti della disoccupazione sulla salute sono legati alle sue conseguenze psicologiche e di natura finanziaria ed iniziano quando le persone temono di perdere il posto di lavoro, ancor prima di diventare effettivamente disoccupate. Questo dimostra che l'ansia per l’insicurezza e la precarietà del proprio lavoro costituisce già un danno per la salute.

In generale sappiamo che per la salute è meglio avere un lavoro che non averlo, ma d’altro canto, avere un lavoro, insoddisfacente o insicuro, non costituisce tutela per la salute fisica e mentale. Diventa quindi di importanza sempre più centrale la qualità del lavoro.

Studi condotti a livello europeo mostrano come la tipologia del lavoro svolto giochi un ruolo significativo nel contribuire alle grandi differenze di status sociale e che la salute subisce delle conseguenze negative quando le persone hanno poche possibilità di utilizzare le proprie competenze ed hanno basso potere decisionale nella propria realtà lavorativa.

L’epidemiologo inglese M. Marmot (2004) ha usato il termine “Status Syndrome" per definire una condizione di rischio per la salute provocata da una condizione di subordinazione nell’attività lavorativa che genera “low control at work, lack of autonomy and low social

participation” (M. Marmot, 2006, p. 1306).

Viceversa uno studio longitudinale effettuato nel Regno Unito (Whitehall Study, 1985), della durata di 25 anni, ha analizzato l’andamento della mortalità tra i dipendenti pubblici, rilevando che tanto più elevato era il livello di responsabilità nella gerarchia occupazionale, tanto più bassa era la mortalità. Coloro che occupavano il secondo livello di responsabilità nella scala gerarchica avevano mortalità superiore del 25% rispetto ai massimi dirigenti; quelli del terzo livello una mortalità superiore del 60% e dell’ultimo livello dell’80%.


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1. SALUTE E DISUGUAGLIANZE SOCIALI

In altri studi è stato invece osservato come chi riceve compensi inadeguati (non solo in forma di denaro, ma anche di status e maggior autostima) rispetto allo sforzo messo in opera abbia un aumentato rischio cardiovascolare.

Non può esserci baratto tra salute e produttività lavorativa. Ciò che porterà a migliori condizioni di lavoro e ad una forza lavoro più sana darà l'opportunità di creare un ancor più sano ambiente di lavoro e quindi un ambiente più produttivo.

Un adeguato coinvolgimento decisionale è in grado di beneficiare i dipendenti a tutti i livelli di un’organizzazione. Pertanto le procedure di lavoro dovrebbero essere sviluppate in modo da permettere al soggetto di influenzarne la progettazione e il miglioramento.

Una buona gestione coinvolge e ricompensa in termini pecuniari, di status e stima tutti i dipendenti.

Una buona gestione non tiene conto solo dell’adeguatezza degli ambienti nei quali si svolge l’attività lavorativa, ma tutela la salute dei dipendenti includendo servizi sanitari guidati da personale formato per la diagnosi precoce di disturbi relativi alla salute fisica e/o mentale e in grado di mettere in atto interventi adeguati.

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2. COME LO STRESS AGISCE

SULL’INDIVIDUO

E SULL’ORGANIZZAZIONE

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2. COME LO STRESS AGISCE SULL’INDIVIDUO E SULL’ORGANIZZAZIONE

Storicamente l’interesse scientifico nei confronti del rapporto tra stress e lavoro si è basato sullo studio dei fattori di rischio di tipo fisico, chimico e biologico, mentre oggi l’attenzione è rivolta anche alle variabili che possono incidere sul sistema psichico e psicofisico del lavoratore.

2.1. Definizione di stress e di stress lavoro-correlato

Lo stress lavoro-correlato viene descritto dall’Accordo europeo del 2001 (aggiornamento 9 maggio 2011) come una “condizione, accompagnata da sofferenze o disfunzioni fisiche, psicologiche o sociali, dovute alla sensazione individuale di non essere in grado di rispondere alle richieste o di non essere all’altezza delle aspettative”.

Per definire il processo di stress vengono proposti vari modelli, il più importante è quello di Cooper (Cooper, 1986) che si concentra sulla natura e tipologia dello stress correlato al lavoro e sui riscontri sia individuali che organizzativi. Secondo l’Autore, la parte principale del processo di stress è rappresentata dai rapporti tra l’ambiente di lavoro oggettivo e le percezioni sul lavoro del lavoratore dipendente.

Secondo Maslach e Leiter (2000), lo stress può rappresentare una sindrome di burnout che si può ritrovare in qualsiasi organizzazione di lavoro e che può essere composta da varie dimensioni, tra cui il deterioramento dell’impegno nei confronti del lavoro, il deterioramento delle emozioni originariamente associate al lavoro ed un problema di adattamento tra persona ed il lavoro, a causa delle eccessive richieste di quest’ultimo. Lo stress può manifestarsi come conseguenza di un carico di lavoro eccessivo e, può influire su diversi aspetti della salute: si tratta quindi di un legame tra rischio e salute.

Recentemente lo stress lavorativo viene definito come il prodotto dell’interazione dinamica tra la persona e il contesto organizzativo e risultante del rapporto tra le sollecitazioni imposte dal compito/ruolo e le capacità del lavoratore di farvi fronte (Costa, 2009).

Il panorama normativo italiano definisce il concetto di stress lavoro-correlato come una condizione in cui l’individuo non si sente in grado di corrispondere alle richieste o alle

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2. COME LO STRESS AGISCE SULL’INDIVIDUO E SULL’ORGANIZZAZIONE

aspettative dell’ambiente. In ambito lavorativo tale squilibrio si può verificare quando il lavoratore non si sente in grado di corrispondere alle richieste fatte.

Non tutte le manifestazioni di stress sul lavoro possono essere considerate come stress lavoro-correlato. Lo stress lavoro-correlato è causato da fattori diversi come il contenuto del lavoro, l’inadeguata gestione dell’organizzazione e dell’ambiente di lavoro, carenze nella comunicazione, ecc.

La risposta individuale può essere molto variabile rispetto a situazioni stressanti simili, infatti nell’accordo europeo viene chiaramente demarcato il confine tra stress lavoro-correlato e stress dovuto ad altri fattori della vita della persona. La variabilità individuale di risposta allo stress tuttavia non può in alcun modo portare ad attribuire all’individuo la responsabilità dello stress lavoro-correlato. Questa evoluzione del costrutto psicologico di stress evidenzia che esso non è un fattore che risiede nell’individuo o nell’ambiente, ma è il risultato di un processo dinamico che coinvolge l’individuo durante la sua interazione con l’ambiente.

Come scrive Favretto (1996): “nelle definizioni più accreditate che popolano numerose il panorama della ricerca scientifica sullo stress, il contributo valutativo, il giudizio soggettivo dell’individuo rispetto allo stimolo esterno o interno è la molla che fa scattare la risposta di stress”. L’esperienza di stress sul lavoro è associata all’esposizione a determinate condizioni di lavoro, sia fisiche che psicosociali, e alla presa di coscienza del lavoratore di avere delle difficoltà nel fronteggiare importanti aspetti del proprio lavoro.

Lo stress lavoro-correlato, pur avendo una base comune con il fenomeno dello stress, si differenzia significativamente da questo per una serie di elementi caratterizzanti, da non poter considerare i due fenomeni in alcun modo assimilabili. L'ambito lavorativo non è un elemento di contestualizzazione ambientale, ma ne determina una specifica fondamentale, (art. 2087 del codice civile) che determina l'obbligo costante, a carico del datore di lavoro, di garantire ai lavoratori la massima tutela della salute e sicurezza sul lavoro, al centro dell'attenzione delle azioni di prevenzione e di protezione devono esserci le condizioni che non garantiscono tale dimensione e al contempo, l'impegno alla rilevazione delle situazioni difformi a tale presupposto.


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2. COME LO STRESS AGISCE SULL’INDIVIDUO E SULL’ORGANIZZAZIONE

Obiettivo prioritario degli interventi di tutela non è il monitoraggio delle situazioni adeguate, ma la rilevazione e il conseguente intervento delle situazioni inadeguate o migliorabili. Su questa linea si colloca lo stress lavoro-correlato che, proprio a differenza dello stress, considera esclusivamente, quale dimensione propria del fenomeno, la condizione di stress a connotazione negativa (distress). È fondamentale difatti cogliere come la definizione di stress lavoro-correlato, sancita per la prima volta all'interno dell'accordo europeo del 2004, all'art. 3, non sottolinei quale cardine centrale la variabile anche positiva del fenomeno diversamente invece dallo stress, nella dimensione di stress positivo (eustress), concentrandosi esclusivamente sulla dimensione causa di condizioni di disagio/danno per i lavoratori.

Lo stress lavoro-correlato è una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale, conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o alle aspettative risposte in loro. L'accordo traccia una linea di demarcazione netta con il fenomeno dello stress, collocando quest'ultimo, alla luce della sua duplice valenza (positiva e negativa) e ponendo lo stress lavoro-correlato, per la sua unica valenza negativa, tra le cause da eliminare o ridurre al minimo, quando non diversamente possibile, al fine di una garanzia di tutela dell'individuo nel suo contesto lavorativo, nell'ambito dello svolgimento delle diverse mansioni.

Inoltre, mentre lo stress appartiene intrinsecamente a ogni individuo, nel suo altalenarsi tra eustress e distress grazie all'azione costante di equilibrio garantita dai coping personali, lo stress lavoro- correlato, pur riferendosi inevitabilmente all'individuo, non solo non riguarda tutti gli individui, come precisa l'accordo, ma dell'insorgenza dello stress lavoro-correlato non si può attribuire la responsabilità all'individuo. Essendo un fenomeno che appartiene esclusivamente al contesto lavorativo, lo stress lavoro-correlato ha alla sua base non fattori di natura soggettiva, ma di provenienza lavorativa e, in particolare, organizzativa. 


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2. COME LO STRESS AGISCE SULL’INDIVIDUO E SULL’ORGANIZZAZIONE

2.2. Lo stress e i rischi psicosociali nel lavoro e nelle organizzazioni

2.2.1. Variabili organizzative

I contesti organizzativi che possono esercitare sull’equilibrio psicologico dei lavoratori effetti identificati comunemente nello stress, nel burnout e nel mobbing, rappresentano uno dei principali interessi attuali della psicologia del lavoro.

Nell’Unione Europea secondo dati recenti forniti dall’Agenzia Europea, più di un lavoratore su quattro soffre di stress legato all’attività lavorativa e tale stress è tra le principali cause di problemi di salute, dell’aumento di assenteismo e della riduzione della produttività.

L’interesse per lo studio del benessere in campo lavorativo deriva soprattutto dalla consapevolezza che le persone che si sentono bene oltre a manifestare benefici in termini di salute e longevità, lavorano in modo più produttivo, aumentando il benessere organizzativo. Molti degli effetti dello stress sulle organizzazioni possono essere ricondotti a due aree di impatto:

- la riduzione della partecipazione alla vita aziendale: con aumento delle assenze per malattia, aumento dei ritardi, aumento del turnover, scarsa iniziativa, scarso rispetto di norme procedure, segnalazione di disagio lavorativo;

- la riduzione delle prestazioni aziendali: con allungamento dei tempi di lavoro, aumento degli errori, aumento dei costi di produzione e aziendali.

L’interesse per il benessere nelle organizzazioni ha portato all’introduzione del concetto di stress lavoro-correlato e a quello di rischio psicosociale.

Con il D.Lgs. n.195/2003 in ambito giuridico è stato introdotto il concetto di rischio psicosociale, dove si stabilisce che la formazione del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) deve riguardare anche i rischi di natura psicosociale. Bisio (2009) definisce il rischio psicosociale come “il potenziale che le caratteristiche della situazione sociale ed organizzativa hanno di produrre una diminuzione, o di impedire l’aumento, del benessere, della salute e dell’incolumità delle persone”. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro nel 1986, definisce i rischi psicosociali in termini di interazioni tra

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2. COME LO STRESS AGISCE SULL’INDIVIDUO E SULL’ORGANIZZAZIONE

contenuto del lavoro, gestione organizzazione del lavoro, condizioni ambientali e le esigenze e competenze dei lavoratori. Cox e Griffith (1995) descrivono i rischi psicosociali come “quegli aspetti di progettazione del lavoro e di organizzazione e gestione del lavoro, e i loro contesti ambientali e sociali, che potenzialmente possono dar luogo a danni psicologici, sociali o fisici”.

Per condurre una corretta job analysis, per il rischio stress lavoro-correlato, è stata pubblicata, nel 2000, dall’Agenzia Europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, una lista dove vengono considerate dieci categorie potenzialmente pericolose, suddivise per caratteristiche dell’impiego, delle organizzazioni e degli ambienti di lavoro.

Per l’area di contenuto del lavoro gli aspetti dannosi sono:

-

ambiente e attrezzature di lavoro (condizioni dell’ambiente lavorativo, disponibilità e adeguatezza di strumenti, caratteristiche del luogo di lavoro, attrezzature e ausili tecnici);

-

progettazione dei compiti (valore del lavoro, ripetitività del lavoro, incertezza, possibilità di apprendimento, adeguatezza delle risorse, condizioni di rischio e pericolo);

-

carico di lavoro (ritmo di lavoro, carico fisico o psicologico, tempo a disposizione, interruzione);

-

orario di lavoro (lavoro a turni, orario protratto, orario non prevedibile, pause);

-

funzione e cultura organizzativa (definizione degli obiettivi aziendali, attenzione ai problemi di salute e sicurezza sul lavoro, attenzione alla motivazione dei lavoratori, stile manageriale, competitività, gestione alla comunicazione, dimensioni aziendali in rapporto alla divisione del lavoro e all’organizzazione gerarchica, definizione dell’organigramma aziendale, dei mansionari e delle procedure, adeguatezza delle risorse economiche, programmi per raggiungere gli obiettivi, sistema retributivo, sistema premiante);

-

ruolo nell’organizzazione (criteri di attribuzione delle responsabilità, conflitto di ruoli, sovraccarico di ruoli, aspettative);

-

progressione di carriera (sicurezza del posto di lavoro, mobilità verticale, politiche di avanzamento);

-

autonomia decisionale e controllo (partecipazione al processo decisionale, controllo sul lavoro, autovalutazione);

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2. COME LO STRESS AGISCE SULL’INDIVIDUO E SULL’ORGANIZZAZIONE

-

rapporti interpersonali sul lavoro (clima organizzativo, isolamento fisico, isolamento sociale, rapporti con i superiori, conflitti interpersonali, supporto sociale, violenza sul lavoro, discriminazioni);

-

interfaccia casa lavoro (richieste contrastanti tra casa e lavoro, supporto in ambiente domestico, sindrome del tempo libero spreco, permessi, ferie);

-

gestione dei cambiamenti (modalità di gestione dei cambiamenti, livelli di informazione, miglioramento continuo).

2.2.2. Variabili individuali

Tra le variabili individuali, si possono elencare alcune caratteristiche di personalità come la competitività, l’ambizione, l’aggressività, l’iperattività, la rabbia, l’ostilità e la necessità di riconoscimento sociale, l’autonomia, l’autoefficienza percepita, la percezione di controllo e l’affettività negativa.

Anche le variabili situazionali e sociali possono esercitare un influenza nella relazione “stressor strain”, cioè possono funzionare da protettori delle persona dallo stress negativo e supportarla nella gestione della situazione. Il supporto sociale può essere considerato la più importante variabile di tipo sociale in grado di moderare la relazione stressor strain attraverso un effetto protettivo generale; alcune ricerche ad esempio hanno evidenziato come il supporto fornito dai superiori dia effetti benefici.

2.3. Le patologie legate ai rischi psicosociali

Secondo la definizione di stress lavoro-correlato data nell’Accordo europeo dell’8 ottobre 2004 “stato che comporta disturbi e disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale e crea effetti sugli individui che si ritengono incapaci di colmare le lacune con i propri requisiti o le aspettative su di loro” a provocare i disturbi e le patologie è la percezione del lavoratore

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2. COME LO STRESS AGISCE SULL’INDIVIDUO E SULL’ORGANIZZAZIONE

riguardo alla sua situazione lavorativa e alle sue capacità di farvi fronte, anche indipendentemente dal riconoscimento di un rischio effettivo stress lavoro-correlato.

2.4. Le patologie legate allo stress lavoro-correlato

L'insorgenza delle patologie stress lavoro-correlato è legato sia alla durata del periodo stressante a cui il lavoratore è sottoposto, sia alle capacità del lavoratore di adattarsi all'evento stressante, avendone compreso le motivazioni e le possibilità di farvi fronte tramite risorse e stili di coping adeguati (De Falco, Messineo &, Vescuso, 2008). Vi sono molte differenze individuali, che possono dipendere da vari fattori quali il carattere della persona, le condizioni di salute al momento in cui inizia l'evento stressante, la situazione sociale in cui si trova la persona colpita (separazione, morte di persone care, nascita di figli, preoccupazione economica ecc.), le aspettative riguardo al lavoro. Quando la situazione che richiede maggiore efficienza è percepita positivamente (eustress), se non dura troppo a lungo e non è troppo sproporzionata rispetto alle risorse della persona, generalmente non provoca né disturbi, né tanto meno patologie. Prima di arrivare all'insorgenza di vere e proprie patologie, si verificano in genere disturbi fisici di natura psicosomatica e comportamentale legati all'attivazione della fase di allarme e di resistenza a livello neurotrasmettitoriale, neuroendocrino, cognitivo e comportamentale (Pappone, Citro &, Natullo et al., 2005).

Per combattere lo stato d'ansia che la situazione stressante generalmente comporta, le modifiche comportamentali possono incidere anch'esse fortemente sullo stato di salute. Se non sono affrontate per tempo, tali situazioni possono portare all'instaurarsi di vere e proprie patologie, legate alla fase di esaurimento, che porta al crollo delle difese con difficoltà di adattamento agli stressors, a insufficienza funzionale dei sistemi neurotrasmettitoriali, a iperatività recettoriale, a iperattività del sistema ipotalamo-ipofisi-corticosurrene. Per il fallimento dei meccanismi di coping si può avere lutto cronico, perdita di motivazione, depressione grave, riduzione dell'attività (Pappone, Citro &, Natullo et al., 2005). È necessario intervenire sul piano preventivo, individuando le cause scatenanti a livello

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2. COME LO STRESS AGISCE SULL’INDIVIDUO E SULL’ORGANIZZAZIONE

organizzativo e/o relazionale e, nello stesso tempo, aiutare il lavoratore a una presa di coscienza che lo porti a mettere in atto misure comportamentali e/o terapeutiche idonee a contrastare la situazione di squilibrio.

Possiamo riassumere le patologie derivanti dallo stress in tre paragrafi: patologie fisiche, patologie psichiche e burnout. La stessa persona in alcuni casi può presentare più di una patologia .

2.5. Le patologie fisiche

I meccanismi che stanno alla base dell'insorgenza di queste patologie sono dovuti, all'esaurimento della sindrome generale di adattamento, con blocco del normale feedback e permanenza dell'attivazione del sistema endocrino e neurovegetativo che agiscono sul sistema immunitario e direttamente sugli organi, sui tessuti e sulle cellule (Palmi, Petyx &, Deitinger et al., 2005). Questi sistemi, che potenzialmente hanno la funzione di rendere capace l'uomo di fronteggiare situazioni di pericolo e di super lavoro, se rimangono attivati troppo a lungo e/ o in maniera eccessiva possono provocare effetti patologici che modificano ulteriormente i disturbi di distress. Gli apparati e/o i sistemi che possono essere coinvolti sono: cardiovascolare, gastrointestinale, cutaneo, neuroimmunologico e muscoloscheletrico.

2.5.1. Apparato cardiovascolare

Le patologie cardiovascolari, quali infarto miocardico acuto, coronaropatia, ipertensione, trombosi, vene varicose, hanno tutte una origine multifattoriale, nella quale la componente genetica ha una notevole importanza, ma situazioni di stress prolungato possono favorirne l’insorgenza.

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2. COME LO STRESS AGISCE SULL’INDIVIDUO E SULL’ORGANIZZAZIONE

La spiegazione di questa correlazione viene attribuita al fatto che lo stress aumenta i fattori di rischio che concorrono a determinare l'evento patologico, sia quantitativamente sia qualitativamente:

- l’aumento dei livelli di colesterolemia attraverso l'attivazione del sistema ipotalamo-ipofisi-surrene, aumenta i livelli di cortisolo;

- la presenza di placche ateromatose determinando il restringimento e/o la chiusura delle arterie interessate con conseguente mancanza di sufficiente irrorazione delle cellule muscolari del cuore e loro conseguente sofferenza e morte;

- l’aumento dei livelli pressori (ipertensione); - l’aumento della coagulabilità;

A queste alterazioni biologiche si possono aggiungere modificazioni comportamentali che costituiscono ulteriori fattori di rischio, quali abuso di fumo e di assunzione di cibo con conseguente aumento dell'indice di massa corporea (Cesana, Albini &, Bagnara et al., 2006).

2.5.2. Apparato gastrointestinale

Conseguenze di stress a carico dell’apparato gastrointestinale sono:

- disturbi della funzione gastrointestinale dovuti a un ritardo dello svuotamento gastrico e a un accelerato transito intestinale;

- ulcera peptica conseguente a una alterazione del tono vegetativo, a uno squilibrio del sistema immunologico, a una ipercoagulabilità con compromissione del flusso ematico locale. Porta a emorragia e necrosi della parete gastrica;

- patologie infiammatorie croniche intestinali spesso su base autoimmune, aggravate dall'alterato funzionamento del sistema immunitario;

- reflusso gastroesofageo, causato dall'iperattività del sistema neurovegetativo (Cesena, Albini &, Bagnara et al., 2006). 


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2. COME LO STRESS AGISCE SULL’INDIVIDUO E SULL’ORGANIZZAZIONE

2.5.3. Apparato cutaneo

Vi è una relazione fra eventi stressanti e comparsa o aggravamento di alcune patologie dermatologiche quali psoriasi, alopecia areate, dermatite atopica e orticaria. Anche per la vitiligine, lichen planus, penfigo, dermatite seborroica c'è una diretta relazione con lo stress, vi è un disordine immunitario legato alla mancata o alterata mobilizzazione di leucociti dal sangue verso i distretti cutanei (Cesena, Albini &, Bagnara et al., 2006).

2.5.4. Apparato neuroimmunologico

Le situazioni di stress, accompagnate da una scarsa capacità personale di fronteggiare questa situazione, provocano una alterazione del sistema immunitario, in particolare la riduzione di cellule ematiche linfocitarie chiamate natural killer ( NK-CD56 ), coinvolte nei meccanismi di difesa sia verso i tumori sia verso le infezioni, ma anche di altre tipologie di linfociti T, T helper e T attivati ( CD3, CD4, e CD8-CD57 ) e linfociti B (CD19). E' stata più volte dimostrata una stretta relazione fra stress prolungato dovuto a vari fattori di rischio, quali insicurezza del posto di lavoro, turni (in particolare turno notturno), situazioni di mobbing, superlavoro, e l'aumento di tumori, infezioni, insorgenza o aggravamento di malattie immunitarie.

2.5.5. Apparato muscolo scheletrico

Uno stato di tensione e ansia legato allo stress determina una situazione di aumento del tono muscolare e contrazione prolungata della muscolatura portando a cefalee, dorsalgie e lombalgie. 


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2. COME LO STRESS AGISCE SULL’INDIVIDUO E SULL’ORGANIZZAZIONE

2.6. Le patologie psichiche

Uno stress prolungato produce nell'individuo cambiamenti comportamentali come ridotta socialità, irrequietezza, mancanza di appetito, comportamenti antisociali, bassa produttività, suscettibilità agli incidenti, incapacità di rilassarsi, incapacità di staccare dal lavoro, scarsa cura di sé e assenze frequenti. In genere si hanno inizialmente una serie di disturbi caratterizzati da difficoltà di concentrarsi, errori frequenti, deficit di memoria e insonnia. Si riscontrano anche numerose manifestazioni emotive come: senso di tristezza o depressione, ansia o insicurezza, rabbia, perdita di entusiasmo, ridotta motivazione, insoddisfazione lavorativa. Da situazioni di disagio si può passare in maniera improvvisa a situazioni patologiche.

Le diagnosi iniziali sono di Sindrome ansioso-depressiva o di Sindrome depressiva reattiva, successivamente si arriva a diagnosi specifiche che vengono inquadrate nei disturbi dell’adattamento descritti e riconosciti nel DSM-IV (Pappone, Citro &, Natullo et al., 2005) come il Disturbo Acuto da stress e il Disturbo o Sindrome Post-Traumatica da Stress.

2.6.1. Patologie legate al burnout

Questa sindrome è ben definita e si manifesta in lavoratori che svolgono professioni di aiuto (Maslach, 1982; Maslach & Leiter, 2000).

Le tre cause alla base della sindrome sono: esaurimento emotivo, depersonalizzazione dell'utente e ridotta realizzazione professionale. I sintomi associati al burnout sono di natura psichica, relativi al pensiero e alle emozioni, legati al comportamento e di natura psicosomatica (Cesena, Albini &, Bagnara et al., 2006). Le manifestazioni della sindrome sono state schematizzate in quattro categorie, individuate da Maslach (1982), Maslach & Leiter (2000) e integrate con la dimensione della perdita di controllo (Folgheraiter, 1994): - collasso delle energie psichiche: apatia, difficoltà di concentrazione, disagio irritabilità,

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2. COME LO STRESS AGISCE SULL’INDIVIDUO E SULL’ORGANIZZAZIONE

- fallimento;

- collasso della motivazione: depersonalizzazione dell'utente, distacco emotivo, cinismo, disinteresse verso gli utenti o verso i colleghi e pessimismo;

- caduta dell'autostima: l'operatore non si sente realizzato sul lavoro e comincia a svalutarsi sul piano professionale e successivamente su quello personale, ha la sensazione di non essere all' altezza dei problemi nel lavoro e nel privato;

- perdita di controllo: l’operatore non riuscendo a controllare l'importanza del lavoro nella propria vita, ha la sensazione che il lavoro lo invada.

2.6.2. Patologie legate al mobbing

La differenza fra lo stress lavoro-correlato e il mobbing è dovuta al diverso manifestarsi di questo fattore di rischio e al diverso vissuto della persona che subisce la situazione discriminatoria (DeFalco, Messine &, Vescuso, 2008). Questa situazione è profondamente lesiva della personalità e del livello di autostima della persona colpita, che matura la convinzione di subire un’ingiustizia (Hirigoyen, 1998). I meccanismi patogenetici alla base di questi disturbi sono gli stessi dello stress lavoro-correlato, ma generalmente prevalgono quelli di natura psicologico-comportamentale e le patologie di natura psichica.

2.7. Il mobbing

Il mobbing fa parte dei rischi di natura psico-sociale. Il termine mobbing definisce un insieme di comportamenti vari con finalità persecutorie e lesive verso la persona che ne è l'obbiettivo. Può avvenire inseguito ad un conflitto personale fra colleghi, a pregiudizi religiosi, alla volontà di un superiore che mette in atto azioni persecutorie volte a scoraggiare lo stato d'animo del dipendente da estromettere. Alla base c'è la volontà negativa espressa nei riguardi di una precisa persona.


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2. COME LO STRESS AGISCE SULL’INDIVIDUO E SULL’ORGANIZZAZIONE

Una cattiva o inadeguata organizzazione del lavoro non sviluppa i suoi effetti nei riguardi di specifici lavoratori, ma eventualmente produce conseguenze di disagio nei riguardi di tipologie di lavoratori addetti a determinate mansioni. Zapf (1999) sostiene che tra le vittime di mobbing, esistono gruppi di persone con disturbi d’ansia e depressivi preesistenti; tali soggetti presentano deficienze nel comportamento sociale rispetto ai colleghi e ciò li rende più esposti al rischio per divenire vittime nel contesto lavorativo. Secondo gli autori Baron et al. (1999) e Folger (1996) le caratteristiche relative alla personalità dei lavoratori, devono essere considerate come fattori che intervengono nella genesi e nello sviluppo del processo del mobbing. Nell’insieme il mobbing oggi si configura come un fenomeno complesso nel quale si possono rintracciare una serie di variabili riferite all’organizzazione (stile della leadership, cultura organizzativa, organizzazione del lavoro, stressors del lavoro, etc.), alle caratteristiche della vittima (personalità, competenze sociali, etc.), alle caratteristiche del perpetratore (personalità, competenze sociali, etc.), al gruppo sociale (coesione di gruppo, pressioni di gruppo, norme di gruppo), ed infine alle possibili conseguenze. Tutt’oggi non sono state sviluppate metodologie di valutazione pienamente condivise e accettate.


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3. RIFERIMENTI NORMATIVI

IN MATERIA DI STRESS

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3. RIFERIMENTI NORMATIVI IN MATERIA DI STRESS LAVORO-CORRELATO

3.1. Evoluzione normativa

In ambito europeo e nazionale è presente una produzione di documentazione normativa che si riferisce alla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Questa segnala l'importanza e la necessità di valutare e di prevenire gli effetti negativi dei rischi psicosociali; in particolare, la rilevanza attribuita al rischio stress lavoro-correlato (work-related stress). Tra le novità introdotte dal DLs.81/08, un ruolo di primo piano lo assume la definizione, mutata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, del concetto di “salute” intesa come stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente nella semplice assenza di malattia o d’infermità (art. 2, comma1, lettera o). Durante la giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro del 28 aprile 2010 è stato confermato come i fattori psico-sociologici siano riconosciuti come un problema che interessa tutti i paesi, tutte le professioni e tutti i lavoratori. L'obbligo di valutazione dei rischi, introdotto per la prima volta con la direttiva europea 89/391/CEE del 12 giugno del 1989, recepita nel nostro ordinamento con il D.Lgs. 626/94, riguardava tutti i rischi presenti sul luogo di lavoro, includendo anche quelli di natura psicosociale. Contestualmente il DLgs. 81/08 con la definizione anche del concetto di “sistema di promozione della salute e sicurezza” come “complesso dei soggetti istituzionali che concorrono, con la partecipazione delle parti sociali, alla realizzazione dei programmi di intervento finalizzati a migliorare le condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori” (art. 2, comma1 lett. p), introduce una visione più ampia della prevenzione della salute e sicurezza sul lavoro che rimanda a quelli che sono i principi della “responsabilità sociale” definita (art. 2, comma 1, lett. ff) come “integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle aziende ed organizzazioni nelle loro attività commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”. Nel complesso delle attività di prevenzione, un ruolo di primo piano è assegnato allo studio dell’organizzazione del lavoro, concretizzato nell’inserto all’art.15, comma 1, lett. d) del DLgs. 81/08, del “rispetto dei principi ergonomici dell’organizzazione del lavoro” e nella conferma, in linea con quanto peraltro già disposto dall’art.3, comma 1, lett f del DLgs. 626/94 ,del “rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodo di lavoro e produzione, in particolare al fine

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3. RIFERIMENTI NORMATIVI IN MATERIA DI STRESS LAVORO-CORRELATO

di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo”. Inoltre all’art. 32, comma 2 dello stesso DLgs. 81/08 sottolinea che la formazione del RSPP deve riguardare anche i rischi di natura ergonomica e da stress lavoro-correlato. Per quanto riguarda, in particolare, la valutazione dei rischi il DLgs 81/08 stabilisce che essa deve fare riferimento a tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’Accordo europeo dell’8 ottobre 2004 (art 28, comma 1). L'obbiettivo dell'accordo è costituito dalla volontà di proporre degli strumenti per individuare, prevenire o gestire i problemi di stress lavoro-correlato nel tentativo di promuovere una maggiore efficienza e un miglioramento delle condizioni di salute e di sicurezza sul lavoro. L'accordo si propone di migliorare la consapevolezza e la comprensione dei sintomi che possono indicare l'insorgenza di difficoltà riconducibili allo stress. Secondo la definizione comunemente accettata e ripresa anche dall'accordo (art.3), lo stress viene definito come uno “stato, che si accompagna a malessere e disfunzioni fisiche, psicologiche o sociali e che consegue dal fatto che le persone non si sentono in grado di superare le richieste o le attese nei loro confronti”. L'accordo individua, innanzitutto, lo stress come un problema che può colpire qualsiasi lavoratore in qualsiasi ambiente, indipendente dalle dimensioni dell'azienda, dal settore di attività o dalla tipologia di contratto di lavoro. Ciò non significa che ogni manifestazione di stress sia riferibile al lavoro, né che tutti i luoghi di lavoro siano automaticamente interessati da questa condizione, ma sottolinea la necessità di procedere alla valutazione dello stress lavoro-correlato in tutte le realtà produttive.

L'accordo evidenzia la complessità del fenomeno e ne segnala alcune potenziali cause generatrici di stress:

- inadeguatezza nella gestione e nell'organizzazione dei processi di lavoro : disciplina dell'orario, grado di autonomia, carichi di lavoro, corrispondenza tra competenze e requisiti professionali richiesti;

- comunicazione: incertezza in ordine alle prestazioni richieste, agli eventuali cambiamenti, alle prospettive d’impiego;

- fattori soggettivi: sensazione di non poter far fronte alla situazione, tensioni emotive e sociali, percezione di mancanza di attenzione e supporto;

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3. RIFERIMENTI NORMATIVI IN MATERIA DI STRESS LAVORO-CORRELATO

- condizioni di lavoro ed ambientali: rumore, calore, sostanze pericolose, esposizione a comportamenti illeciti.

Il datore di lavoro ha la responsabilità di stabilire delle misure appropriate volte a prevenire, eliminare o ridurre lo stress lavoro-correlato. I lavoratori sono tenuti al rispetto, in termini di dovere generale, delle misure adottate, sia di tipo individuale che collettivo. Una volta che il datore di lavoro ha eseguito la valutazione del rischio stress e individuato all'interno della propria organizzazione i fattori stressogeni, dovrà elaborare le misure di prevenzione.

L'Accordo Europeo del 2004, pur non indicando specifiche metodologie di valutazione, detta quattro criteri fondamentali cui fare riferimento:

-

effettuare la valutazione in tutte le realtà lavorative;

-

finalizzare la valutazione alla prevenzione e alla gestione dei problemi di stress da lavoro;

-

tener conto della soggettività dei lavoratori;

-

orientare la valutazione alla individuazione degli stressors organizzativi e ambientali e alla ricerca di sintomi organizzativi indicativi della presenza di stress.

Con le integrazioni successive apportate al DLgs.81/08 dal DLgs.106/09, la valutazione dello stress lavoro-correlato deve essere effettuata, (art.28,comma .1-bis), nel rispetto delle indicazioni di cui all’art.6, comma 8, lettera m-quater, e il relativo obbligo decorre dalla elaborazione delle predette indicazioni e comunque, quest’ultimo, prorogato al 31 dicembre 2010 dalla L.122/10 (a questa data tutte le aziende italiane devono essere in possesso della specifica valutazione del rischio).

Dall’emanazione del Testo Unico si sono succeduti documenti scientifici e atti di indirizzo che hanno concorso a definire il concetto di stress lavoro-correlato e a sviluppare metodi e strumenti di valutazione. Le regioni, in particolare Toscana, Lombardia e Veneto, hanno contribuito attivamente a tale percorso ed inizialmente hanno formulato indicazioni operative. Alcune di queste esperienze hanno trovato una sede di confronto nell’ambito del “Network nazionale per la prevenzione del disagio psicologico nei luoghi di lavoro”, coordinato dall’ISPESL fornendo un importante contributo alla “proposta metodologica per la valutazione dello stress lavoro-correlato” (marzo2010). In seguito il coordinamento Tecnico Interregionale della prevenzione nei luoghi di lavoro ha istituito un sottogruppo di lavoro che

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3. RIFERIMENTI NORMATIVI IN MATERIA DI STRESS LAVORO-CORRELATO

ha realizzato la “guida operativa sulla valutazione e gestione dello stress lavoro-correlato” (marzo 2010), proposta alla Commissione Consultiva permanente per la Salute e la Sicurezza sul lavoro. È proprio la Commissione Consultiva destinataria del compito di elaborare le indicazioni di cui all’art.6 comma 8 lettera m-quater del DLgs. 81/08, al fine di dare piena attuazione allo specifico obbligo valutativo; la Commissione Consultiva ha approvato le indicazioni per la valutazione dello stress lavoro-correlato, diffuse dal Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali sul proprio sito internet, con lettera Circolare prot. 15/ SEG/0023692 del 18/11/2010 e successivamente rese note anche con Comunicato ufficiale del ministero stesso (G.U.304 del 30/12/2010). Alcuni operatori di istituzioni regionali, già presenti nel Network, hanno successivamente partecipato alla predisposizione del manuale del Dipartimento di medicina del lavoro dell’INAIL ex ISPESL (maggio 2011) che integra la proposta metodologica del Network e del Comitato Tecnico Interregionale con il modello “Management Standard” adattandoli alle indicazioni della Commissione consultiva.

Tutti questi documenti hanno concorso a definire l’oggetto di valutazione, mettendo al centro della stessa non il benessere o il malessere dei lavoratori, ma l’organizzazione del lavoro. In tale modo viene riaffermato con forza il fine del processo di valutazione non è solo la pesatura del rischio, ma gli interventi correttivi e le azioni di miglioramento, cioè le misure di prevenzioni che devono essere attuate per evitare che la situazione di rischio determini un danno alla salute dei lavoratori.

Il Coordinamento Interregionale ha ravvisato comunque la necessità, successivamente alle indicazioni metodologiche della Commissione consultiva, di rinnovare il mandato al sottogruppo di lavoro per “formulare indicazioni per la corretta gestione del rischio da stress lavoro-correlato e per l’attività di vigilanza alla luce della lettera circolare del 18 novembre 2010 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali”, documento approvato a fine 2011 contenente i requisiti minimi che le valutazioni devono soddisfare, i criteri per l’individuazione delle azioni correttive, i criteri per il controllo delle aziende da parte degli organi di vigilanza; nonché alcune indicazioni sul ruolo dei Servizi di prevenzione e sicurezza, le risorse professionali e la formazione degli operatori.


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3. RIFERIMENTI NORMATIVI IN MATERIA DI STRESS LAVORO-CORRELATO

3.2. Il D.Lgs. 81/08 e l'introduzione del tema dello stress lavoro-correlato

In Italia solo recentemente si è assistito a una presa di consapevolezza, anche da parte dei legislatori, della necessità di intervenire sul tema della sicurezza, attraverso un approccio integrato e multidisciplinare, che include il concetto di rischi psicosociali (Puccetti, 2007). Con l'Accordo quadro europeo del 2004, in Italia, entra ufficialmente nel contesto della tutela della salute e sicurezza sul lavoro, il termine stress lavoro-correlato. Nel 2000 la Corte di Giustizia dell’Aja (C.49/00), richiama l’attenzione del datore di lavoro, sui rischi presenti in ambito lavorativo, comprendendo, anche i rischi di natura organizzativa. L’Accordo europeo, inserisce, l’obbligo per il datore di lavoro, della valutazione dello stress lavoro-correlato. Il ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali il 3 agosto 2009, vara il decreto legislativo n. 106, a scopo correttivo e integrativo del DLgs. 81/08. Il DLgs. 106/09 all'art. 18 del testo correttivo (relativo all'art. 28 del Dlgs. 81/08) aggiunge un comma (1-bis): “la valutazione dello stress lavoro-correlato di cui al comma 1 è effettuata nel rispetto delle indicazioni di cui all'art. 6, comma 8, lettera m-quater, e il relativo obbligo”. Nell’agosto 2009, con l'entrata in vigore del DLgs. 106/09, “la valutazione dello stress lavoro-correlato” avrebbe dovuto essere effettuata, nel rispetto delle “indicazioni” elaborate dalla Commissione consultiva permanente. Il 24 giugno del 2009 viene varato il Regolamento della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, la quale definisce in modo puntuale le modalità di funzionamento della stessa, nel rispetto dei precedenti normativi- previsti dall'art. 6, comma 3, del Dlgs. 81/08 s.m-nove Comitati speciali. Il 30 luglio 2010 viene approvata la legge 122, recante le “misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica” che converte il testo del decreto legge del 31 maggio 2010, n.78, vara definitivamente la manovra finanziaria del 2010. Il 18 novembre il ministro del lavoro e delle politiche sociali rende pubbliche le “indicazioni necessarie” pubblicate nella Gazzetta Ufficiale (Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre 2010, n. 304).


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