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L'integrazione degli stranieri in Svizzera. Genesi ed evoluzione dei significati giuridici.

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Academic year: 2021

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N. 12

Collana diretta da Sergio Ubbiali, Alberto Andronico e Paolo Heritier COMITATOSCIENTIFICO

Salvatore Amato (Università di Catania), Luigino Bruni (Università LUMSA di Roma), Fabio Ciaramelli (Università di Catania), Jean-Pierre Dupuy (Stanford Uni-versity), János Frivaldszky (Pázmány Péter Catholic University, Budapest), Peter Goodrich (Cardozo School of Law, New York), Maurizio Manzin, (Università di Trento), Flavia Monceri (Università del Molise), Bruno Montanari (Università di Catania e Cattolica di Milano), Philippe Nemo (ESCP Europe, Paris), Patrick Nerhot (Università di Torino), Pierangelo Sequeri (Facoltà di Teologia dell’Italia Settentrio-nale), Roberto Salizzoni (Università di Torino), Aldo Schiavello (Università di Paler-mo), Francesco Tomatis (Università di Salerno), Federico Vercellone (Università di Torino), Ugo Volli (Università di Torino)

Il discorso contemporaneo sull’umano appare, se non letteralmente impossibile, dissolto in una pluralità di fi gure contraddittorie e settoriali. Non è infatti confi gurabile qualche elemento, rico-noscibile e condivisibile da tutti, mediante il quale l’umanità chiarisca a se stessa cosa signifi chi essere uomo. L’antropologia si presenta come inevitabilmente legata a un “confl itto delle an-tropologie”, ritenuto irriducibile, tra contrapposte istanze religioso-culturali, tecno-scientifi che, politico-economiche. Tale situazione, di per sé paradossale, non impedisce che uomini concreti ogni giorno vivano, soffrano, edifi chino, distruggano quel che è interno all’uomo e quel che lo circonda.

Nell’abitare la contraddizione, senza illudersi di poter sfuggire a tale condizione epocale, la collana intende confi gurare l’esperienza possibile della sempre controversa libertà dell’uomo quale cifra dell’umano, mediante il prisma reticolare delle discipline, dei problemi, dei linguag-gi, delle forme espressive che la rifrangono in colori e visioni sempre diverse. Dall’economia al diritto, dalla politica alla fi losofi a, dalla scienza alla religione, dalla tecnologia alla comuni-cazione e all’estetica, la possibilità dell’antropologia come discorso concreto intorno all’uomo appare ancora un progetto interamente da fare, eppure da sempre in atto ogni volta che un singolo essere umano vede la luce.

La collana è emanazione dei comitati scientifi ci e delle attività dell’osservatorio sull’An-tropologia della Libertà (www.aliresearch.eu) e del centro studi Diritto, Religioni e Let-teratura (www.aliresearch.direl.eu)

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L’INTEGRAZIONE

DEGLI STRANIERI

IN SVIZZERA

Genesi ed evoluzione dei signifi cati giuridici

Prefazione di Pascal Mahon

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MIMESIS EDIZIONI (Milano – Udine) www.mimesisedizioni.it

[email protected]

Collana: Antropologia della libertà, n. 12 Isbn: 9788857531830

© 2016 – MIM EDIZIONI SRL Via Monfalcone, 17/19 – 20099 Sesto San Giovanni (MI)

Phone: +39 02 24861657 / 24416383 Fax: +39 02 89403935

Partei, Liste 7”. Atelier 8703 Erlenbach. L’autorizzazione all’utilizzo dell’immagine è stata concessa dal Gabinetto delle stampe, Biblioteca nazionale, Berna.

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PREFAZIONE

di Pascal Mahon 11

INTRODUZIONE 13

1. L’integrazione degli stranieri in Svizzera:

le ragioni di un progetto di ricerca 13 2. La genesi e l’evoluzione dei signifi cati giuridici

come processo storico-culturale e normativo 16

Ringraziamenti 21

CAPITOLO 1: L’EMERGEREDELLANOZIONEDIINTEGRAZIONE

NELL’ORDINAMENTOGIURIDICOSVIZZERO 23

1. Periodizzazioni: dal 1848 al 2015 23 1.1. 1848-1900: la Svizzera come Paese di emigrazione 23 1.2. 1900-1920: incorporazione iure soli ovvero

fare dello straniero un nazionale 28

1.3. 1920-1950: l’introduzione dei permessi di soggiorno 34 1.4. 1950-1975: l’idoneità dello straniero

a diventare cittadino 37

1.5. 1976-1990: l’integrazione dei lavoratori stranieri 41 1.6. 1990-2015: l’integrazione come compito

dello Stato ovvero incoraggiare ed esigere 44

2. Conclusioni 49

CAPITOLO 2: LALEGGEFEDERALESULL’ACQUISTOELAPERDITA DELLACITTADINANZASVIZZERA (LCIT):

ICRITERIDELL’IDONEITÀEDELL’INTEGRAZIONE 51

1. Introduzione 51

2. L’approvazione della legge sull’acquisto e la perdita della cittadinanza svizzera (LCit):

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per la concessione della naturalizzazione 54 4. La revisione dell’art. 14 e l’introduzione del criterio

dell’integrazione 57

5. Il concetto di integrazione riuscita nella riforma

legislativa del 2014 60

6. Prassi federale e giurisprudenziale. Criteri di naturalizzazione 63 6.1. Rispetto dei principi fondamentali

della costituzione federale 64 6.2. Integrazione nella comunità svizzera e familiarità

con il modo di vita e gli usi e costumi svizzeri 65 6.3. Suffi cienti conoscenze linguistiche 68 6.4. Partecipazione alla vita economica 71 6.5. Conformità all’ordine giuridico svizzero 72 6.6. Non compromettere la sicurezza interna

ed esterna della Svizzera 73 7. Quale tutela in caso di rifi uto della naturalizzazione? 76

8. Conclusioni 80

CAPITOLO 3: LALEGGEFEDERALESUGLISTRANIERI (LSTR):

ILCRITERIODELL’INTEGRAZIONE 83

1. Introduzione 83

2. L’articolo 3 LStr: una concezione duale dell’integrazione 84 3. Genericità del principio di integrazione:

prassi interpretativa federale 86 3.1. Rispetto dei valori della Costituzione federale 88 3.2. Rispetto della sicurezza e dell’ordine pubblico

nonché della sicurezza interna ed esterna della Svizzera 88 3.3. Volontà di partecipare alla vita economica

e di acquisire una formazione 89 3.4. Conoscenza delle condizioni di vita in Svizzera 90 3.5. Apprendimento della lingua nazionale parlata

nel luogo di residenza 90 3.6. Familiarizzarsi con il modo di vita e gli usi

e costumi svizzeri 90

4. L’integrazione non coincide con l’assimilazione: il ruolo della giurisprudenza nella defi nizione

dell’integrazione 91

5. Quali protezioni giuridiche a favore degli stranieri? 94

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DEL CANTONEDI NEUCHÂTEL: ILPRINCIPIODIPARIDIGNITÀ 99

1. Introduzione 99

2. La Loi sur l’intégration et la cohésion multiculturelle

del Cantone di Neuchâtel 100 3. Gli strumenti di una politica liberale:

la Carta della cittadinanza ed il principio di pari dignità 102

4. Dignità umana e cittadinanza 105 4.1. Breve excursus storico-fi losofi co del concetto

di dignità umana 107

4.2. Come declinare il paradigma della dignità? 109 4.3. …in nome di una comune dignità piuttosto

che di una cittadinanza comune 111 4.4. Cittadinanza cosmopolita e appartenenze culturali:

il costituzionalismo come risposta? 116 5. Un esempio di partecipazione civica

nel Cantone di Neuchâtel 119

6. Conclusioni 121

CAPITOLO 5: NOTECONCLUSIVESUISIGNIFICATIDIINTEGRAZIONE

NELL’ORDINAMENTOGIURIDICOSVIZZERO. UNPERCORSOAGRADI? 123

BIBLIOGRAFIAGENERALE 125

Documentazione 130 Fonti uffi ciali consultate 130

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affi nché possa vedere materializzarsi il tempo che quotidianamente gli sottraggo.

Ai miei parenti emigrati, mettendomi nella loro pelle!

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Dedicato alla ricostruzione del signifi cato o dei signifi cati del termine di “integrazione” nell’ordinamento giuridico svizzero, questo volume rappresenta il primo risultato di un progetto di ricerca interdisciplina-re fi nanziato dal Fondo Nazionale Svizzero per la Ricerca Scientifi ca

(FNS), progetto intitolato “Immigrant’s trajectories of integration

betwe-en indeterminate legislative criteria and uncertain lifecourse. Analysis of legal cases”. Esso mira in generale a comprendere ed a confrontare il signifi cato della nozione di “integrazione” o dell’“essere integrati”, da un lato, come concepito ed “imposto” dall’ordinamento giuridico sviz-zero, cioè, nella ratio del legislatore e nelle pratiche amministrative e giurisprudenziali e, dall’altro lato, come percepito e vissuto dagli stes-si protagonisti dell’integrazione, ovvero gli stranieri che, nei percorstes-si quotidiani, hanno a che fare con le regole giuridiche e di costume della società che li accoglie.

Per conseguire questa fi nalità si trattava quindi, in un primo tempo, at-traverso un’analisi giuridica, di capire o ricostruire il signifi cato della no-zione di “integrano-zione” come modellata dalla legislano-zione svizzera, sia in materia di diritto della cittadinanza che in merito al diritto di soggiorno e residenza degli stranieri, tanto dal punto di vista delle intenzioni del legi-slatore – attraverso l’esame dei lavori preparatori – quanto sotto l’angolo della sua concretizzazione nella prassi amministrativa e nella giurispruden-za. Questo volume, redatto da Flora Di Donato, è il frutto di questa prima tappa della ricerca.

La seconda tappa del progetto di ricerca avrà come scopo di capire come i protagonisti stessi dell’integrazione, ovvero gli stranieri che mirano ad acquisire la cittadinanza svizzera o che cercano di ottenere un permesso di soggiorno o di residenza in Svizzera, comprendano e percepiscano, a loro volta, la nozione – e l’“obbligo” loro imposto – di “integrazione”. Questa seconda parte della ricerca, in una prospettiva più psicologica e sociologi-co-giuridica, verrà realizzata attraverso l’analisi di alcuni autentici percorsi di vita di persone confrontate all’iter “amministrativo” dell’acquisto della

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cittadinanza svizzera o di un semplice permesso di soggiorno o di residen-za. Tali percorsi di vita verranno esaminati partendo dalle interviste coi protagonisti per poi proseguire con l’analisi dei loro “dossiers” ammini-strativi ed eventualmente giudiziari. Si tratterà in particolare di ricostruire i percorsi che hanno condotto le singole persone ad arrivare in Svizzera, le loro richieste presso la pubblica amministrazione e gli eventuali ricorsi davanti ai tribunali. Si cercherà anche di capire quanto gli stranieri possano partecipare, condizionare e/o incidere, più o meno attivamente, i loro desti-ni in quanto “protagodesti-nisti” e/o “attori” della loro “integrazione”.

Il presente volume, frutto della prima tappa della ricerca, mette intanto in luce la diversità e l’evoluzione dei signifi cati assunti, nella storia re-cente, dalla nozione di “integrazione” nell’ordinamento giuridico svizzero. Esso sottolinea anche il fatto che, previsto in modo pressoché uguale in due contesti diversi – la legge sulla cittadinanza e la legge sugli stranieri –, il concetto di “integrazione” abbia tuttora contenuti e signifi cati assai ambi-gui. Il volume mostra infi ne come, nonostante un quadro legislativo uni-forme a livello federale, l’ordinamento svizzero lasci ai Cantoni un certo margine di manovra in materia di politica di “integrazione”, permettendo a questi di proporre politiche integrative diverse. A conferma di ciò, esso si sofferma in particolare sulla politica, di stampo liberale ed umanista, del Cantone di Neuchâtel.

Pascal Mahon professore all’Università di Neuchâtel

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1. L’integrazione degli stranieri in Svizzera: le ragioni di un progetto

di ricerca

Questo volume rappresenta la prima tappa della realizzazione di un progetto scientifi co più ampio dal titolo “Immigrant’s trajectories of inte-gration between indeterminate legislative criteria and uncertain lifecourse. Analysis of legal cases”, fi nanziato dal Fondo Nazionale Svizzero per la

Ri-cerca Scientifi ca (FNS). L’obiettivo generale del progetto è di comprendere

che cosa signifi chi “essere integrati” nell’ordinamento giuridico svizzero, nella ratio del legislatore, nelle pratiche amministrative e giurisprudenziali e nei percorsi quotidiani degli stranieri che si confrontano con regole giu-ridiche e di costume nella società che li accoglie1.

Sebbene, infatti, il termine “integrazione” sia considerato come “ana-cronistico” ed “ambiguo” nei discorsi sociologici contemporanei2, esso

occupa un ruolo preminente nel dibattito politico di molti Paesi, europei e non, la Svizzera tra questi3. Il tema dell’integrazione, all’attenzione di

una politica pubblica a partire dagli anni 1990, si è imposto infatti nella recente attualità elvetica in occasione della revisione di due fondamentali provvedimenti legislativi: la legge federale sull’acquisto e la perdita della

cittadinanza svizzera (LCit del 1952 e successive modifi che del 1990 e del

2014) e la legge federale sugli stranieri (LStr 2005). Scopo delle riforme

1 Si tratta del progetto FNS CR11I1_147287.

2 Si veda D. Schnapper, Qu’est-ce que l’intégration?, Gallimard, Paris 2007. 3 Per una panoramica delle politiche di immigrazione ed integrazione in Svizzera, si

rinvia a: D. Ruedin, C. Alberti, G. D’Amato, Immigration and Integration Policy in Switzerland, 1848 to 2015, in «Swiss Political Science Review», vol. 21, n. 1, 2015, pp. 5-22, spec. p. 5; D. Ruedin, Conceptualizing the Integration of Immi-grants and Other Groups, COMPAS working paper n. 89, 2011. Rispetto al pano-rama europeo delle politiche di integrazione, si citano a titolo esemplifi cativo: S. Vertovec (ed.), Migration. Vol. 1: Theories. Vol. 5: Processes, Routledge, London and New York 2010; R. Bijl, A. VerWeij (eds.), Measuring and Monitoring Immi-grant Integration in Europe, The Netherlands Institute for Social Research, L’Aia 2012.

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legislative, solo in parte compiute, è quello di armonizzare i diversi signi-fi cati del concetto di “integrazione” in esse formulati4.

Seguendo il dibattito politico-legislativo svizzero, dalla fi ne del 1800 ad oggi, riscontriamo che la tematica dell’integrazione comincia a pren-dere forma intorno al 1950, epoca in cui i fl ussi migratori diventano si-gnifi cativi5. Successivamente, negli anni 1960-1970, essa sarà affrontata,

in maniera esplicita, in riferimento alla regolamentazione dello statuto dei lavoratori stranieri sul territorio svizzero, ed in coincidenza con le iniziative popolari contro gli stranieri. A partire dagli anni 1990, il crite-rio dell’“integrazione” apparirà uffi cialmente, dapprima, nella LCit (art. 14), come requisito per l’ottenimento della nazionalità; successivamente esso sarà recepito nelle prime leggi cantonali, come nel caso della Loi

sur l’intégration et la cohésion multiculturelle del Cantone di Neuchâtel

del 1996. Infi ne, con l’approvazione della legge sugli stranieri (LStr), nel 2005, l’integrazione troverà defi nizione nell’art. 46. Tale articolo,

ispi-rato a principi di tolleranza e rispetto reciproco tra popolazioni svizze-re e straniesvizze-re, propone una visione “duale” dell’integrazione, mettendo l’accento sulla “disponibilità degli stranieri ad integrarsi” a fronte di un

4 Per un’analisi dei due provvedimenti legislativi si vedano: C. Amarelle, M.S. Nguyen (eds.), Code annoté de droit des migrations: Loi sur les étrangers (LEtr), Vol. 2, Stämpfl i Éditions, Berne, in stampa e C. Amarelle, M.S. Nguyen (eds.), Code annoté de droit des migrations: Loi sur la nationalité (LN), Vol. 5, Stämpfl i Éditions, Berne 2014.

5 Sulla tematica si vedano: J.M. Niederberger, Le développement d’une politique d’intégration suisse, in H. Mahnig (ed.), Histoire de la politique de migration, d’asile et d’intégration en Suisse depuis 1948, Seismo, Zurich 2005, p. 257 e ss. Secondo Niederberger, si potrebbe far risalire la nascita di una politica migratoria al 26 marzo 1931, data di entrata in vigore della Legge federale del 26 marzo 1931 concernente la dimora e il domicilio degli stranieri (LDDS). Una tale legge, come si vedrà più avanti, rappresenta una prima forma di controllo dell’immigrazione, non solo dal punto di vista economico ma anche come freno ai possibili abusi da parte della polizia rispetto agli stranieri considerati “indesiderabili”.

6 Si veda C. Amarelle (ed.), L’intégration des étrangers à l’épreuve du droit suisse, Stämpfl i Éditions, Berne 2012, ed in particolare i contributi in essa contenuti: T. Facchinetti, La notion d’intégration dans le droit suisse des migrations et dans les reformes en cours (LEtr, LAsi, LN), pp. 61-80; R. Fibbi, La pratique de l’intégra-tion dans les cantons et la marge de manœuvre du fédéralisme, pp. 81-94; C. Gutzwiller, L’intégration dans la loi sur la nationalité: étude de cas en matière de naturalisation ordinaire, pp. 131-147. Infi ne, si veda il recente lavoro di L. Campisi, Die rechtliche Erfassung der Integration im schweizerischen Migra-tionsrecht, Dike Verlag AG, Zürich-St. Gallen 2014.

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atteggiamento di apertura della popolazione svizzera. Esso aprirà inoltre la strada alle cd. convenzioni di integrazione7.

Parallelamente all’evoluzione del panorama legislativo e politico sopra descritto, prenderà forma il cd. diritto degli stranieri, come autonoma disci-plina, con il fi orire di progetti di ricerca dedicati ai temi dell’integrazione e delle migrazioni8. Nel 2009, presso l’Università di Neuchâtel, verrà creato un

Centro di diritto delle migrazioni (cdm) che si proporrà come un “bâtisseur

de ponts” tra discipline giuridiche e sociali, con la funzione di far chiarezza sulla condizione degli stranieri nella società svizzera9. Inoltre, dal giugno del

2014, prenderà avvio presso l’Università di Neuchâtel, il progetto “nccr – on the move”, gestito dal National Center of Competence in Research (NCCR) – The Migration-Mobility Nexus. Lo scopo del NCCR, che ingloba in parte anche le competenze del cdm, è di comprendere i nuovi modelli della mi-grazione, creando un campo innovativo di ricerca in Svizzera, in materia di mobilità ed integrazione degli stranieri10.

7 Le convenzioni di integrazione consistono in una sorta di contratto tra l’autorità amministrativa e la persona straniera che fa richiesta di un permesso di soggiorno o che è candidata alla naturalizzazione. Per un approfondimento del discorso si rinvia a F. Di Donato, L’intégration des personnes étrangères: entre assimilation et libéralisme, in «Newsletter CSDH», n. 25, del 11 maggio 2015.

8 Occorre tuttavia precisare che, sin dagli anni 1950-1960, si era posto il problema di riconoscere l’eguale soggettività giuridica e la pari dignità degli stranieri rispet-to agli aurispet-tocrispet-toni nel godimenrispet-to delle libertà individuali, quali la libertà di coscien-za, credencoscien-za, espressione, inviolabilità del domicilio, etc. Si veda a tal proposito J.- F. Aubert, Le statut des étrangers en Suisse, in «Revue de droit suisse», vol. 1, 1958, pp. 215-253. Si veda inoltre la pronuncia del Tribunale Federale, ATF 93 I 3, X, del 15 Marzo 1967. Si possono dunque rinvenire i prodromi di un diritto degli stranieri già in quest’epoca.

9 Per raggiungere una tale fi nalità, il cdm si è dotato di un network di ricercatori costituito da differenti università-partner (Berna, Friburgo e Neuchâtel) e diffe-renti Facoltà ed istituti. Si veda il numero di Uninews, n. 17, Droit des Migrations apparso nel 2010.

10 Occorre inoltre ricordare che sia la creazione del cdm che del polo NCCR sono preceduti da una lunga tradizione di ricerca in materia di migrazioni ed integra-zione, sviluppatasi nel corso del tempo presso l’Université de Neuchâtel. La cre-azione del NCCR, in particolare, è il risultato della lunga tradizione di inchieste e dibattiti del Forum Suisse pour l’étude des migrations et de la population (SFM) in materia di politiche migratorie, cittadinanza e integrazione. Alle attività del SFM, si aggiungono inoltre le attività della Maison d’analyse des processus so-ciaux (MAPS) in materia di studi trans-nazionali nel campo delle mobilità e delle migrazioni; le ricerche de l’Intitut de Géografi e, sui cambiamenti demografi ci, a seguito dei movimenti migratori. Non ultime si annoverano le ricerche interessan-ti de l’Instut d’Ethnologie, in materia di ideninteressan-tità svizzera.

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Nonostante il diffondersi di ricerche dedicate al tema dell’integrazione, tuttavia resta ulteriormente da sviluppare un fi lone di indagine di tipo

bottom-up che tenga in considerazione il punto di vista degli stranieri come “attori o

protagonisti” dei percorsi di vita e di integrazione nella società di accoglien-za11. Nel tentativo di colmare tale lacuna, il progetto all’interno del quale

si inserisce il presente lavoro, è articolato in due linee parallele di ricerca: la prima, che ha dato vita alle pagine che seguono, mira a far emergere i

signifi cati di integrazione come modellatisi nel corso del ventesimo secolo,

nell’ordinamento giuridico svizzero. La seconda, basata su un’analisi em-pirica ed interdisciplinare di casi, “dà voce” alle testimonianze di persone straniere (richiedenti permessi o candidati alla naturalizzazione), con l’obiet-tivo di tracciare la complessità antropologica, sociologica, psicologica oltre che giuridica del processo cd. di integrazione. Scopo indiretto del progetto è, infatti, quello di creare un “ponte” tra gli “stranieri”, come “gente comune” di differenti nazionalità e culture, e le istituzioni che hanno il compito di trattare i loro “casi” nella società di accoglienza.

Il nostro interrogativo-guida è così riassumibile: in che misura

l’integrazio-ne può essere considerata come un processo unilaterale e ‘positivizzato’ che vede lo straniero come destinatario di misure da parte della società di acco-glienza? Si tratterebbe piuttosto di un ‘agire’ modellato in prima persona, in dialogo con le istituzioni ed il tessuto sociale, di cui l’immigrato non è o non è supposto essere ‘soggetto passivo’ ma piuttosto partecipante attivo, ospite o cittadino che sia12?

2. La genesi e l’evoluzione dei signifi cati giuridici come processo

stori-co-culturale e normativo

Lungi dall’adottare una delle tante defi nizioni esistenti in letteratura in materia di “integrazione”13, le pagine che seguono mirano ad un lavoro di

11 I progetti del cdm attualmente in corso sono consultabili al seguente link: http:// www2.unine.ch/ius-migration/page-38514.html

12 Per una visione “attiva” del ruolo dello straniero nella società di accoglienza, si veda F. Di Donato, Accessing Law Through the Humanities: Degrees of Agentiv-ity When Actors are Natives or Immigrants. Comparing Southern Italy/North-west Switzerland, in ISLL Papers, n. 5: http://www.lawandliterature.org/index. php?channel=CONTENTS&year=2012. Per un riferimento puntuale all’agency degli stranieri – intesa come libertà d’azione individuale rispetto al sistema mi-gratorio – e per uno sviluppo della tematica in chiave storico-culturale si veda : F. Garufo, L’emplois du temps, Antipode, Lausanne 2015, spec. pp. 242 e ss. 13 Per una disamina del signifi cato del termine “integrazione” in materia di stranieri,

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ricognizione e “contestualizzazione” dei “signifi cati di integrazione” nell’or-dinamento giuridico svizzero14. Esso trova il suo fulcro in due provvedimenti

legislativi-chiave: la LCit e la LStr. Si tratta di leggi prodotte in epoche diffe-renti che disciplinano, rispettivamente, l’acquisto e la perdita della cittadinan-za e l’entrata, la partencittadinan-za, il soggiorno e il ricongiungimento familiare degli stranieri in Svizzera. Il percorso parallelo di analisi dei due testi legislativi è fi nalizzato a comprendere come il signifi cato di “integrazione” si articoli, nell’uno e nell’altro testo, e quali siano i differenti parametri del legislatore, delle autorità amministrative e giudiziarie allorché si tratta di valutare l’inte-grazione di uno straniero che aspiri ad ottenere la cittadinanza svizzera o il permesso di soggiorno o semplicemente a passare da un tipo di permesso ad un altro. In altri termini, ci chiediamo se il signifi cato di “integrazione” sia interpretato dal legislatore e dalle diverse istanze istituzionali in modo “uni-voco” o a “geometria variabile”, a seconda delle diverse situazioni che regola-mentano la presenza dello straniero sul territorio svizzero e delle diverse prati-che amministrative in vigore. L’interrogativo-guida di questa analisi era stato così originariamente formulato: “il grado di integrazione che si può esigere da un candidato alla nazionalità svizzera è – e può veramente essere – lo stesso di quello che si può esigere da un candidato ad un permesso di soggiorno o

Teorie, indicatori, ricerche, Angeli, Milano 2012, pp. 64 e ss.

14 Per il signifi cato di “contestualizzazione del diritto” cui intendiamo riferirci per il presente lavoro, si veda: S. Gutwirth, Le contexte du droit ce sont ses sources formelles et les faits et moyens qui exigent son intervention, in «Revue Interdi-sciplinaire d’Etudes Juridiques - Droit en contexte», vol. 70, n. 1, 2013, spec. p. 116. Gutwirth spiega in questo modo l’approccio di diritto nel contesto: “[…] letteralmente, si tratta di un approccio che si interessa ai due insiemi di testi coi quali il diritto si fabbricherà: da una parte i documenti uffi ciali, attraverso i quali si esprimono le fonti del diritto – la legislazione, la giurisprudenza, la dottrina, etc… – le fonti formali dunque e, dall’altra, i documenti del fascicolo che espongono i fatti del caso e gli argomenti che le parti utilizzano. Ed è tra – e con – questi due insiemi di documenti che si svolgeranno le molteplici operazioni del diritto, farcite di esitazioni e di trasformazioni, che permetteranno fi nalmente di dirlo, di decidere e di produrlo”. Traduzione letterale nostra dal francese: “[…] littérale-ment, c’est une approche qui va s’intéresser aux deux ensembles de ‘textes avec’ lesquels le droit se fabriquera: d’une part, les textes attestés, à travers lesquels s’expriment les sources du droit – la législation, la jurisprudence, la doctrine, etc… – les sources formelles donc, et de l’autre, les textes du dossier qui exposent les ‘faits’ de l’affaire et les ‘moyens’ que les parties en tirent. Et c’est entre – et ‘avec’ – ces deux ensembles de ‘textes’ que se dérouleront les multiples opéra-tions du droit, truffées d’hésitaopéra-tions et de transformaopéra-tions, qui vont permettre de fi nalement le dire, de décider et de le produire”.

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ad un permesso di domicilio?”15 Un tale interrogativo assume, oggi, contorni

più ampi fi no a mettere in discussione il signifi cato stesso di “integrazione” nella sua accezione “unilaterale”, tipica del diritto federale. Pratiche liberali, come quelle in vigore nel Cantone di Neuchâtel – nel quale si situa la nostra indagine – dimostrano, infatti, come “l’integrazione” può essere l’esito di un reciproco adattamento tra popolazioni straniere ed autoctone, fi no ad immagi-nare di sostituire tale concetto con quello più ampio di “coesistenza sociale”16.

Utilizziamo pertanto come base “empirica” della nostra ricerca, in mate-ria di integrazione e naturalizzazione, non soltanto la legislazione federale ma anche quella del Cantone di Neuchâtel.

In particolare prendiamo ad esame le seguenti fonti: – I discorsi uffi ciali del Consiglio federale, dal 1848 in poi; – Due corpus legislativi federali: LCit e LStr;

– La Loi sur l’intégration et la cohésion multiculturelle del Cantone di Neuchâtel.

Lo studio delle fonti è inoltre confrontato con alcune voci preminenti nel dibattito politico e scientifi co che accompagna le trasformazioni politico-legislative nel corso del Novecento.

Cosicché, per comprendere l’evoluzione sociale, politica e giuridica che ha portato al modellamento del concetto di integrazione, nei suoi differenti signifi cati, adottiamo una prospettiva interdisciplinare basata, da una parte, sull’approccio storico di Studer, Arlettaz e Argast, secondo cui i dibattiti politici rifl ettono l’immaginario proprio di un gruppo sociale (mentalità, rappresentazioni collettive, ideologie), essendo il processo di legiferazione una pratica discorsiva che riposa su schemi di pensiero e di interpretazione, associati a schemi di azione, tipici di un determinato momento storico 17.

15 Traduzione letterale nostra dal francese: “le degré d’intégration que l’on est en droit d’attendre d’un candidat à la nationalité suisse est-il – et peut-il être – le même que celui que l’on est en droit d’attendre d’un candidat au permis de séjour ou au permis d’établissent?”. Si veda P. Mahon, M. Collette, La notion d’intégra-tion des étrangers en droit suisse, in P. Mahon, M.S. Nguyen (eds.), L’activité et l’espace. Droit du sport et aménagement du territoire, Collection Neuchâteloise, Helbing Lichtenhahn, Bâle 2011, pp. 225-243, spec. 236.

16 Si veda a tal proposito il capitolo IV del presente volume.

17 Si veda B. Studer, G. Arlettaz, R. Argast, Le droit d’être suisse, Antipodes, Lau-sanne 2013, pp. 7-44, spec. 35 e ss. Per un’analisi politica dei dibattiti sul tema dell’immigrazione in Svizzera, si veda U. Windissch (ed.), Suisse-Immigrés. Qua-rante ans de débats 1960-2001, L’age d’Homme, Lausanne 2002. L’Autore adotta un approccio comunicativo per analizzare i discorsi della politica, dimostrando l’evoluzione del dibattito pubblico sulla questione migratoria e del processo de-mocratico, in occasione delle iniziative popolari degli anni 1960-2001.

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Dall’altra, troviamo ispirazione nell’approccio sociologico-giuridico di Ro-bert Cover che individua nelle narrazioni legislative un fattore di coesione sociale, dotato di effi cacia normativa in senso ampio. Secondo Cover, in-fatti, nessuna istituzione legale o insieme di prescrizioni esiste al di fuori di una narrazione collettiva e sociale che vi conferisce un signifi cato18. Il

pro-cesso che Cover defi nisce iurisgenesis ha una matrice culturale: il signifi ca-to giuridico non viene prodotca-to auca-tomaticamente “dall’alca-to” ma è il risultaca-to di un dialogo tra le istituzioni statali ed il “basso”, ossia i movimenti sociali, religiosi, etc19. Ad una concezione del diritto come espressione di potere

se ne affi anca dunque un’altra, del “diritto come sistema di signifi cati” che trova nella collettività la sua legittimazione20.

Nel leggere i messaggi del Consiglio federale, cogliamo i segni di una tale dinamica di creazione di signifi cati, talora, nel ruolo “equilibratore” svolto dal Governo federale rispetto alle spinte provenienti dal “basso” – come nella fase delle iniziative popolari, tipiche degli anni Sessanta e Settanta –; talaltra, in una certa attitudine della politica federale a far leva, in alcuni momenti – come nell’epoca tra le due guerre –, sulla “capacità assimilatoria” della popolazione autoctona oltre che su “giudiziose misure di polizia” per far fronte alla cd. “questione degli stranieri”21.

18 Scrive Cover letteralmente: “Not set of legal institutions or prescriptions exists apart from the narratives that locate it and give it meaning. For every constitution there is an epic, for each decalogue a scripture. Once understood in the context of narratives that give it meaning, law becomes not merely a system of rules to be observed, but a world in which we live”. R. Cover, The Supreme Court, 1982 – Term-Foreword: Nomos and Narrative, in «Harvard Law Review», 68, 1983-84, spec. pp. 4-5.

19 Ed ancora: “Although the state is not necessarily the creator of legal meaning, the creative process is collective or social”. Ivi, p. 10.

20 Infi ne, scrive l’A.: “There is a radical dichotomy between the social organiza-tion of law as power and the organizaorganiza-tion of law as meaning”. Ivi, p. 18. Per la traduzione italiana dell’opera di Cover, si veda R. Cover, Nomos e Narrazione. Una concezione ebraica del diritto, a cura di Marco Goldoni, Giappichelli, To-rino 2008. Per un’interpretazione del pensiero dell’Autore, si veda anche A. Vespaziani, Costituzione, Comparazione, Traduzione: Saggi di Diritto e Let-teratura, Giappichelli, Torino 2012. Si tratta dell’adozione di una prospettiva costruttivista in senso lato, secondo cui le persone participano attivamente alla costruzione della realtà sociale. Una tale concezione elaborata nell’ambito delle scienze sociali è penetrata nelle scienze giuridiche soprattutto nell’ultimo ven-tennio allo scopo di contrastare una visione formale del diritto. Per più ampi riferimenti, si rinvia a F. Di Donato, La costruzione giudiziaria del fatto. Il ruolo della narrazione nel ‘processo’, Angeli, Milano 2008, spec. capp. I-III. 21 Sulla cd. questione degli stranieri, si veda B. Studer, G. Arlettaz, R. Argast, op.

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Scopo del percorso analitico-ricostruttivo che ci accingiamo ad intrapren-dere nel corso dei capitoli è pertanto di tracciare, attraverso la lettura dei

do-cumenti uffi ciali, la dinamica “iurisgenerativa” che si è instaurata tra “l’alto”

(il legislatore, il Consiglio federale) ed il “basso” e che ha portato al model-lamento del signifi cato o dei signifi cati di integrazione nell’ordinamento giu-ridico svizzero, nel corso del Novecento, mediando tra istanze conservatrici o assimilazioniste ed istanze liberali e progressiste. Ipotizziamo, infatti, che i “signifi cati” correnti di “integrazione” si siano modellati nel tempo, come il risultato compromissorio della “politica duale” praticata dal governo svizzero nei confronti degli stranieri, anche in funzione dei fl ussi migratori.

I capitoli che seguiranno sono così articolati: il capitolo I, basato essen-zialmente sulla lettura di alcuni Messaggi del Consiglio federale, ricostruisce alcune delle principali tappe politico-legislative che hanno portato alla gene-si della “nozione di integrazione” nell’ordinamento giuridico svizzero. Il ca-pitolo II analizza la legge sull’acquisto e la perdita della cittadinanza svizzera (LCit), soffermandosi sui criteri dell’“idoneità” e dell’“integrazione” in essa contenuti. Esso tiene inoltre conto della prassi interpretativa federale e giuri-sprudenziale in materia di applicazione della LCit. Il capitolo III propone un percorso analogo in riferimento alla legge federale sugli stranieri (LStr). Il capitolo IV mostra come la legislazione federale in materia di integrazione si possa tradurre a livello locale, prendendo in esame le pratiche di integrazio-ne in vigore in uno specifi co cantointegrazio-ne, quello di Neuchâtel. La legge di tale cantone, la Loi sur l’intégration et la cohésion multiculturelle, ispirandosi, infatti, a principi di “pari dignità” e “coesistenza pacifi ca”, apre la via ad un modello “liberale” di integrazione, allontanandosi dalla concezione tenden-zialmente conservatrice, tipica del diritto federale. Muovendo da un’impo-stazione di tipo fi losofi co, il capitolo offre inoltre lo spunto per una rifl es-sione sul signifi cato del principio di “dignità umana”, promuovendone la sua estensione come base per una forma di “cittadinanza plurale” che metta “stranieri” e “cittadini” su un piano di “parità” piuttosto che di subalternità.

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Ringrazio il prof. Pascal Mahon, giurista dalla sensibilità “umanista”, per aver promosso e sostenuto questa linea di ricerca, condividendo l’idea di mettere al centro dell’indagine lo “straniero come persona” portatore di dignità e di diversità. Le sue capacità di dialogo e di savoir-faire umano ed accademico sono state indispensabili per creare occasioni di confronto e collaborazione con le istituzioni del Cantone di Neuchâtel. Lo ringrazio inoltre per la rilettura critica delle pagine che seguono.

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L’EMERGERE DELLA NOZIONE

DI INTEGRAZIONE NELL’ORDINAMENTO

GIURIDICO SVIZZERO

1. Periodizzazioni: dal 1848 al 2015

Nel procedere alla ricostruzione di alcune delle principali tappe del di-battito politico-legislativo sulla cd. “questione degli stranieri”, si è tenuto conto di fonti differenti: i messaggi del Consiglio federale ed i testi costi-tuzionali e legislativi, da una parte; le ricostruzioni operate dalla dottrina (storici, geografi e pubblicisti), dall’altra1. Sulla base di tali letture si è

individuata la seguente periodizzazione:

~ 1848-1900: la Svizzera come Paese di emigrazione

~ 1900-1920: incorporazione iure soli ovvero fare dello straniero un nazionale

~ 1920-1950: l’introduzione dei permessi di soggiorno ~ 1950-1975: l’idoneità dello straniero a diventare cittadino

~ 1976-1990: l’integrazione dei lavoratori stranieri

~ 1990-2015: l’integrazione come compito dello Stato ovvero incoraggiare ed

esigere

1.1. 1848-1900: la Svizzera come Paese di emigrazione

Come è noto, fi no agli inizi del 1900, la Svizzera si caratterizza come un “Paese di emigrazione” per effetto della depressione economica provocata dalla rivoluzione industriale, nel corso del 1800. In quest’epoca, infatti, uno dei temi caratterizzanti i dibattiti parlamentari è quello della protezio-ne dei cittadini svizzeri all’estero (protezio-negli USA o altrove) 2. La legislazione

1 Si precisa che dal 1848 al 1918 il Foglio federale (FF) è stato consultato nella lingua francese dal momento che la corrispondente traduzione italiana è stata pub-blicata solo a partire dal 1918 in poi.

2 Nelle deliberazioni del Consiglio federale si danno una serie di avvisi agli emi-granti che si dirigono negli USA. Si veda, per esempio, l’estratto delle delibera-zioni del Consiglio federale contenente consigli per gli emigranti che arrivano a New York, emessi dal consolato svizzero di New York (FF 1853 II 876). Dal 1874,

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degli altri Paesi, soprattutto quella americana, è presa a modello per la regolamentazione della presenza st raniera sul territorio svizzero3. Cosicché

sul modello della legislazione statunitense, nel 1870, il Consiglio federale svizzero comincia a dotarsi di alcune competenze in materia di stranieri come, per esempio, valutare i legami della persona col suo Paese d’origine. Nell’epoca che precede la Costituzione del 1848, infatti, sono i cantoni e i comuni a decidere chi possa godere della cittadinanza, concependola come un “diritto di borghesia”4: “[o]gni cittadino di un cantone è un cittadino

svizzero”, si legge nell’ art. 42 della Costituzione federale del 18485.

A partire da questo momento, il Consiglio federale – fermo restando la competenza dei cantoni a decidere in fatto di naturalizzazione – si ascrive il diritto di dare un previo parere sulla persona del candidato. In occasione della revisione della Costituzione federale, nel 1870, vengono immaginati due atti distinti nella procedura di naturalizzazione: la Confederazione è competente a valutare che “il candidato si liberi dei legami con il suo paese d’origine” (competenza in materia di relazioni internazionali); il cantone è competente a valutare che “egli formi dei nuovi legami”. Il cantone valuta inoltre la dimensione morale del candidato: “[valore personale, posizione e situazione fi nanziaria, situazione famigliare] ed i suoi rapporti con la nuo-va patria rappresentano la parte essenziale dell’inchiesta che dovrà essere svolta”6.

inoltre, sono poste sotto la sorveglianza e la legislazione della Confederazione le cd. “agenzie di emigrazione”. Sul punto si veda P. Mahon, ad art. 121, n. 2, nota 1, in: J.- F. Aubert, P. Mahon, Petit commentaire de la Constitution fédérale de la Confédération suisse du 18 avril 1999, Schulthess, Zürich-Bâle-Genève 2003, p. 960.

3 I cantoni e le autorità svizzere si indirizzano al Ministro-Residente degli Stati Uniti per avere informazioni sulla legislazione in materia di naturalizzazione. Tra le condizioni per la naturalizzazione richieste negli USA, vi sono: 1. una dichia-razione di bona fi de e di rinuncia alla naturalizzazione del paese di provenienza; 2. un giuramento (di fedeltà agli USA); 3. cinque anni di residenza continua negli USA (tranne che per i marines stranieri). Si vedano gli estratti delle deliberazioni del Consiglio Federale contenute nel FF 1855 I 171, 172.

4 Sul tema, si veda nuovamente P. Mahon, ad art. 38, in J.- F. Aubert, P. Mahon, op. cit., p. 345.

5 Traduzione letterale nostra dal francese: “Tout citoyen d’un canton est citoyen suisse”. Sul diritto cantonale in materia di nazionalità, si veda C. Gutzwiller, Droit de la nationalité et fédéralisme suisse, Schulthess, Genève 2008, pp. 107 e ss. 6 Le espressioni originali in francese da noi letteralmente tradotte vengono

riportate qui di seguito: “le candidat se libère des liens qui le rattachent à son Pays d’origine”; “il forme des nouveaux liens”; “[valeur personnelle, position et état de fortune, conditions de famille] et ses rapports avec sa nouvelle patrie

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La revisione totale della Costituzione, avvenuta del 1874, conferisce alla Confederazione “un diritto di osservazione” sulle naturalizzazioni, permettendogli di fi ssare le condizioni minime (art. 44) – compresa la re-golamentazione della rinuncia alla nazionalità svizzera – lasciando per il resto inalterate le competenze dei cantoni7. La Costituzione del 1874 non

si occupa, infatti, di disciplinare l’entrata, il soggiorno e il domicilio de-gli stranieri (previsti dall’art. 69ter): essa conferisce alla Confederazione “il diritto di rinviare dal suo territorio gli stranieri che compromettono la sicurezza interna o esterna della Svizzera” (art. 70 Cost)8. In virtù dei

po-forment la partie essentielle de l’enquête à laquelle il doit être procédé”. Esse sono tratte dal Message du Conseil fédéral à l’Assemblée fédérale touchant la révision de la Constitution fédérale du 17 juin 1870 (FF 1870 II 777, 793-797). Secondo il Consiglio federale: “É suffi ciente esigere la prova che la na-turalizzazione del richiedente lo liberi dai legami che l’uniscono al suo paese d’origine, e poco importa come questa prova sia fornita. Per quanto riguarda i suoi rapporti quotidiani con gli Stati esteri, il Consiglio federale è meglio in grado di stabilire, rispetto alle autorità cantonali e comunali quali sono le leggi e gli usi di tali Stati in materia, e di conoscere esattamente gli ostacoli, le limitazioni e le riserve (soprattutto dal punto di vista del servizio militare) a cui si è confrontati nelle diverse legislazioni. […]. Rispetto a questo rapporto, parimenti un’autorità centrale è nella posizione migliore per pronunciarsi sul valore delle prove fornite dai richiedenti”. Traduzione letterale nostra dal fran-cese: “Il suffi t d’exiger la preuve que la naturalisation du requérant le dégage des liens qui l’unissaient à son ‘pays d’origine, et il importe peu comment cette preuve est fournie. Par ses rapports journaliers avec les Etats étrangers le Conseil fédéral est bien plus à même que les autorités des Cantons et des communes de savoir quels sont les lois et les usages des dits Etats en cette matière, et de connaître exactement les écueils, les restrictions et les réserves (surtout au point de vue du service militaire) qu’on rencontre dans les diverses législations. […] Sous ce rapport également une autorité centrale est mieux placée que toute autre pour prononcer sur la valeur des preuves fournies par les requérants”. Ivi, p. 796.

7 Si veda P. Mahon, ad art. 38, n. 1, in J.- F. Aubert, P. Mahon, op. cit., p. 345. Si veda anche D. Grisel, ad art. 44, in Commentaire de la Constitution fédérale de la Confédération suisse, Helbing & Lichtenhahn, Schulthess, Staempfl i & Cie, Bâle-Berne-Zurich 1986-1995, spec. pp. 4 e ss. Secondo Grisel, con la riforma dell’art. 44 della Costituzione, la Confederazione intende mettere un qualche freno all’a-buso dei cantoni. Da una parte, essi non potranno espellere gli stranieri; dall’altra, la Confederazione si riserva un “diritto di osservazione” sulle naturalizzazioni: sarà la legge federale a fi ssare le condizioni minime; la rinuncia alla nazionalità svizzera avverrà sotto il controllo dello stato federale. A proposito del “diritto di osservazione” dei cantoni e la legge federale del 1876, si veda C. Gutzwiller, Droit de la nationalité et fédéralisme suisse, cit., pp. 114-115.

8 Traduzione letterale nostra dal francese: “le droit de renvoyer de son territoire les étrangers qui compromettent la sûreté intérieure ou extérieure de la

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teri conferiti dalla Costituzione, la Confederazione può inoltre intervenire per concludere dei “trattati di domicilio” che accordano ai cittadini degli Stati contraenti un diritto di stabilirsi liberamente nel Paese e di esercitarvi un’attività lucrativa di propria scelta9.

Questa fase viene defi nita “liberale” dal punto di vista della politica fe-derale. L’attitudine liberale della Confederazione rispetto agli stranieri è basata, secondo Argast, sull’idea di demos, dominante all’epoca: “non è la lingua che fa la nazionalità, è la storia, collegata alla coscienza e alla volontà forte di essere insieme come dimostrano tutte le nazioni forti”10.

La politica federale, in questa fase, non è orientata all’accumulazione di potere ma ai principi della libera circolazione delle persone oltre che alla libertà di azione dei cittadini11.

D’altra parte, come documentato da più parti, in questa fase, gli stessi cantoni praticano una politica relativamente liberale, in materia di

stranie-Suisse”. Sul punto si veda G. Malinverni, ad art. 69ter, in Commentaire de la Constitution fédérale de la Confédération suisse, Helbing & Lichtenhahn, Schulthess, Staempfl i & Cie, Bâle-Berne-Zurich 1986-1995, pp. 3-4 e Id., ad art. 70, ivi, pp. 1-6, 1987. Cfr. anche P. Mahon, ad art. 121, in J.- F. Aubert, P. Mahon, op. cit., p. 960.

9 L’epressione originale in francese è “traités d’établissement”.

10 Traduzione letterale nostra dal francese: “ce n’est pas la langue qui fait une nationalité, c’est l’histoire, liée à la conscience et à la volonté forte d’être en-semble comme le montrent toutes les nations fortes”. Passaggio tratto da R. Argast, Entre tradition et innovation: le droit de cité suisse dans le nouvel Etat fédéral, 1848-1898, in B. Studer, G. Arlettaz, R. Argast, op. cit., pp. 45-76, spec. p. 66. Inoltre, secondo J.M. Niedeberger (op. cit., spec. p. 256), tale for-ma di liberalismo è determinata da una serie di trattati bilaterali conclusi tra la Confederazione e gli altri Paesi europei, in un epoca più generale di emergente liberalismo economico.

11 Secondo Argast, in questa fase, la regolamentazione della naturalizzazione da parte del giovane Stato federale non è ispirata a teorie politiche o etniche ma a principi pragmatici e socio-culturali oltre che economici. R. Argast, op. cit., p. 75. L’attitudine liberale della Confederazione è confermata anche da E. Piguet, L’immigrazione in Svizzera. Sessant’anni con la porta semiaperta, Casagrande, Bellinzona 2009, spec. p. 12 e da J.M. Niedeberger, op. cit., spec. p. 256. Gadient dimostra tuttavia come anche in questa fase le espulsioni funzionino come stru-mento di controllo dell’immigrazione. Si veda I. Gadient, Ausgrenzungen entge-gnen. Ultranationalistes von Migrantinnen und Migranten in Ausweisungsprozes-sen im Kanton Genf um 1900, in «Revue Suisse d’histoire», numéro thématique D. Skenderovic, I. Gadient, (eds.), «Histoire des migrations en Suisse; un change-ment de perspective», vol. 65, n. 1, 2015, pp. 15-32.

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ri, al punto che la proporzione di stranieri e svizzeri presenti sul territorio, fi no alla vigilia della Prima guerra mondiale, è di uno a sei12.

Nel 1876, la proposta del Consiglio federale di ripartire le competenze tra cantoni e Confederazione in materia di naturalizzazioni si trasforma in una proposta concernente la legge sulla naturalizzazione degli stranieri e la rinuncia alla nazionalità svizzera. Tale proposta prevede che gli stranieri si indirizzino dapprima al Consiglio federale per ottenere l’autorizzazione a farsi ricevere da un cantone ed un comune (diritto di borghesia); di se-guito, i cantoni o comuni che vogliano concedere (faire don) il diritto di borghesia agli stranieri, debbono domandare l’autorizzazione al Consiglio federale tramite il governo cantonale. Il Consiglio federale accorda l’au-torizzazione agli stranieri che rispondano alle seguenti condizioni: 1. aver stabilito il domicilio ordinario in Svizzera da almeno un anno; 2. essersi liberati di ogni obbligo rispetto al loro paese d’origine in modo da evitare confl itti nel caso di ammissione alla nazionalità svizzera13. Sulla base di

questa proposta, il 3 luglio del 1876, si perviene alla prima loi fédérale sur

la naturalisation suisse et la renonciation à la nationalité suisse14.

Nel 1890, dato l’aumento del numero di stranieri, il Consiglio federale prevede di fare una statistica della popolazione straniera15.A questo scopo

viene richiesta una comunicazione alle autorità federali di tutte le decisio-ni da parte di cantodecisio-ni e comudecisio-ni, in modo da “dar conto esattamente della misura in cui l’elemento straniero residente tende ad assimilarsi al popolo svizzero”16. Cominciando ad aumentare il divario tra svizzeri e stranieri,

nella circolare del Consiglio federale del 28 marzo del 1899 concernente

12 Cfr. G. Malinverni, ad art. 69ter, op. cit., p. 4 e J.-F. Aubert, Traité de droit constitu-tionnel suisse, Éditions Ides et Calendes, Neuchâtel 1967, nuova edizione 1991, p. 361 e ss.

13 Si veda il Message du Conseil fédéral à la haute Assemblée fédérale concernant le projet de loi sur la naturalisation des étrangers en Suisse et la renonciation à la nationalité suisse, du 2 juin 1876 ed il relativo progetto federale ad esso annesso (FF 1876 II 940, 948-950).

14 Si veda la Loi fédérale sur la naturalisation suisse et la renonciation à la nationa-lité suisse, du 3 juillet 1876 (FF 1876 III 465).

15 Come scrive E. Piguet, nel 1890, si contano più immigrati che emigranti. Cfr. E. Piguet, op. cit., spec. p. 12. Sebbene si tratti di una vera e propria statistica, si precisa che la Confederazione disponeva già di dati sul numero di stranieri grazie ai censimenti federali.

16 Traduzione letterale nostra dal francese: “rendre un compte exact de la mesure dans laquelle l’élément étranger établi chez nous tend à s’assimiler au peuple suisse”. Il passaggio è tratto dalla Circulaire du Conseil fédéral suisse à tous les états confédérés concernant l’accroissement de la population étrangère en Suisse, du 7 août 1890 (FF 1890 III 1175, 1175-1176).

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“i mezzi da impiegare per facilitare la naturalizzazione de gli stranieri”, viene proposta, tra i rimedi, la naturalizzazione dei fi gli di stranieri nati in Svizzera (come già accadeva in Italia e in Francia nello stesso periodo) e l’abbassamento della tassa federale di naturalizzazione17.

In defi nitiva, questo primo periodo della politica federale in materia di stranieri si caratterizza come un’epoca dominata dalla volontà di controlla-re la società nazionale, controlla-regolando tuttavia l’accesso alla nazionalità svizze-ra in maniesvizze-ra libesvizze-rale e repubblicana18.

1.2. 1900-1920: incorporazione iure soli ovvero fare dello straniero un nazionale

Dal 1900 in poi, la presenza degli immigrati comincia signifi cativamen-te ad aumentare sul cativamen-territorio svizzero e, nel 1915, la popolazione straniera raggiunge più del 15% della popolazione autoctona19. In questo periodo,

il dibattito ruota attorno alla necessità di limitare il numero di stranieri, discutendo anche della ripartizione ulteriore di competenze tra Confedera-zione e cantoni e della maniera di assimilare gli stranieri. Ḕ a quest’epoca che si fa risalire l’emergenza della “questione straniera” e l’affermazione della Überfremdung20.

17 Traduzione letterale nostra dal francese: “les moyens à employer pour faciliter la naturalisation des etrangers”. Un censimento della popolazione mostra che la Svizzera dà ospitalità a 250.000 stranieri (1 persona su 10 è straniera); cfr. la Circulaire du Conseil fédéral à tous les Etats confédérés concernant les moyens à employer pour faciliter la naturalisation des étrangers, du 28 mars 1899 (FF 1899 II 294).

18 Secondo gli storici, quest’epoca si caratterizza per l’esigenza di rispondere alle pressioni demografi che, alle infl uenze straniere ed ai pericoli potenziali che essi comportano. “[...] époque dominée par la volonté de contrôler la société nationale en réglant l’accès à la nationalité suisse de manière comparativement libérale et républicaine”. Si veda B. Studer, G. Arlettaz e R. Argast, op. cit., spec. p. 44. 19 Sul punto, cfr. E. Piguet, op. cit., p. 12.

20 Cfr. G. Arlettaz, L’‘assimilation’, but ultime de l’octroi de la nationalité? 1898-1933, in B. Studer, G. Arlettaz, R. Argast, op. cit., pp. 77-115, spec. 77. Cfr. B. Studer, D’une politique de naturalisation restrictive à une politique intégratrice? 1934-2004, ivi, spec. pp. 117-177. Si noti che il concetto di Überfremdung non è limitato solo a una sovrappopolazione come fatto demografi co ma comprende tutto ciò che infl uenza la forma nazionale e la specifi cità svizzera. Per approfon-dimenti si veda in particolare: G. Arlettaz, op. cit., p. 77 e ss.. J.M. Niedeberger (op. cit., spec. p. 258) chiarisce che il termine “Überfremdung” è tradotto a volte come “invasione della Svizzera da parte degli stranieri”; altre volte con “impresa straniera” o “sovrappopolazione straniera”.

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Nel Message du Conseil fédéral à l’Assemblée fédérale concernant la

révision de la loi fédérale sur la naturalisation suisse et la renonciation à la nationalité suisse del 20 marzo 1901, vengono presentati i risultati

dell’inchiesta lanciata il 28 marzo 1899: il numero degli stranieri è au-mentato; vengono illustrati i dati, cantone per cantone. Su cento persone che chiedono l’autorizzazione, venti non riescono ad ottenere il diritto di “cittadinanza cantonale e comunale”. Dalle risposte ottenute dall’inchiesta, emerge che la maggior parte dei cantoni è ostile ad un’estensione della legislazione federale in vista di facilitare ancora di più la naturalizzazione degli stranieri. Solo i cantoni con il maggior numero di stranieri, rispetto alla popolazione indigena, chiedono che si proceda ad una “naturalizza-zione forzata”. Già nel censimento del 1888 si era accusato un aumento inquietante della popolazione straniera che, tuttavia, continuava a rimanere esclusa dalle istituzioni pubbliche: “[…] vale a dire d[a] ogni partecipa-zione agli affari del paese, nei quali il popolo di una napartecipa-zione democratica interviene sempre di più. E gli stranieri non hanno né diritti né doveri, ad eccezione del fatto che sono sottomessi alle imposte ordinarie”21. Viene

così presentato il nuovo progetto di legge che prevede la richiesta di auto-rizzazione al Consiglio federale da parte del candidato “di farsi accogliere come cittadino di un cantone o di un comune”; lo stesso governo cantonale che intenda accordare la naturalizzazione dovrà chiederne l’autorizzazione al Consiglio federale. Essa implica che lo straniero abbia il suo domicilio ordinario in Svizzera nei due anni che precedono la richiesta, il Consiglio federale valuta il tipo di legame col paese d’origine e tutte le altre circo-stanze che riguardano la sua persona e la sua famiglia, potendo rifi utare una tale autorizzazione laddove essa possa comportare un pregiudizio per la Confederazione. Tutte le decisioni cantonali e comunali non munite di questa autorizzazione sono nulle. Analogamente, la nazionalità svizzera non è acquisita se l’autorizzazione federale non è seguita dalla naturaliz-zazione cantonale e comunale22. L’approvazione della loi fédérale sur la

21 Traduzione letterale nostra dal francese: “[…] c’est-à-dire de toute participation aux affaires du pays, dans lesquelles le peuple d’une nation démocratique inter-vient de plus en plus. Et les étrangers n’ont ni droits ni devoirs, excepté qu’ils sont soumis aux impôts ordinaires”. Il passaggio è tratto dal Message du Conseil fédéral à l’Assemblée fédérale concernant la révision de la loi fédérale sur la naturalisation suisse et la renonciation à la nationalité suisse, du 20 mars 1901 (FF 1901 II 769, 788).

22 Si veda il progetto di loi fédérale sur la naturalisation des étrangers et la renon-ciation à la nationalité suisse, du 20 mars 1901, annesso al FF 1901 II 769, 801 e ss.

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naturalisation des étrangers et la rénonciation à la nationalité suisse, nel

1903, segna un passo in avanti nel rafforzamento dei poteri della Confede-razione in materia di naturalizzazioni23. D’altra parte, il Consiglio federale

persegue una politica di reciprocità ed eguaglianza di trattamento tra stra-nieri e cittadini, riconoscendo, da una parte, che gli strastra-nieri contribuiscono al benessere generale e, dall’altra, che la Svizzera conta un gran numero di espatriati all’estero24.

Nel 1916, a seguito dello scoppio degli eventi bellici, la Divisione degli Affari interni constata che la guerra ha determinato un aumento enorme delle domande di naturalizzazione. Di conseguenza ci si chiede se non occorra aumentare da due a cinque anni la durata del domicilio effettivo in Svizzera. La domanda di revisione della legge sulla naturalizzazione è pressante: viene chiesto al Consiglio federale di accelerare i lavori prepa-ratori per la riforma della legge stessa25.

Ad un livello più generale, la chiusura delle frontiere a seguito dello scoppio del confl itto avrà come effetto l’adozione da parte del Consi-glio federale, il 21 novembre del 1917, di un’ordinanza sul controllo degli stranieri che subordina l’entrata in Svizzera degli stranieri all’ot-tenimento di un visto federale26. Nello stesso anno, viene anche

istitu-ito un Uffi cio centrale della polizia degli stranieri, che troverà un suo fondamento costituzionale nel 1925, nell’art. 69ter della Costituzione27.

In questo modo, il controllo e la regolamentazione dell’entrata degli stranieri si affi anca alla soluzione della naturalizzazione praticata fi no ad allora. A partire da questo momento, la tendenza “naturalizzare per assimilare”, riassumibile nella nota affermazione del costituzionalista svizzero Burckhardt secondo cui “lo Stato non può fare molto altro, per portare dalla sua parte gli stranieri domiciliati, se non trasformarli in cittadini svizzeri, [e commetterebbe un grande errore se se ne aste-nesse]”, si inverte28. Da ora in avanti, l’opinione pubblica stimerà che

23 Il testo della legge è pubblicato in FF 1903 III 939. 24 Cfr. J.M. Niedeberger, op. cit, p. 259.

25 Si veda il Rapport de la commission du Conseil national sur la gestion du Conseil fédéral et du Tribunal fédéral en 1915, du 19 mai 1916 (FF 1916 III 107, 109).

26 Altre ordinanze istituiscono un sistema di veto federale ai permessi concessi dai cantoni. Sulla mancanza di fondamento costituzionale di queste ordinanze, cfr. G. Malinverni, ad art. 69ter, op. cit., spec. p. 5.

27 Sulla funzione della polizia degli stranieri, cfr. ivi, pp. 9-10.

28 Traduzione letterale nostra dal francese: “L’Etat ne peut pas faire grand-chose d’autre pour gagner à sa cause les étrangers établis, que d’en faire des citoyens suisses, et il commettrait une grande erreur s’il s’en abstenait”. Il passaggio è

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trat-il candidato alla naturalizzazione debba essere già assimtrat-ilato per poter essere naturalizzato.

Si sviluppa un’opinione di livello nazionale secondo cui, in qualche misura, occorre proteggere il funzionamento economico e l’equilibrio sociale e culturale del Paese, rispetto ad infl uenze che altererebbero “il sentimento nazionale identitario e le virtù proprie dei confederati”29. La

naturalizzazione fi nisce per divenire un elemento di “gestione del socia-le” e uno strumento di una difesa identitaria o culturale30 che si traduce in

un’intensa attività intellettuale, giuridica, politica e mediatica31. La

que-stione della naturalizzazione è considerata – tra il 1910 ed il 1920 – come “vitale” per la Svizzera, nelle parole di un esperto di diritto internaziona-le come Georges Sauser Hall, che propone soluzioni (remèdes) in termini di assimilazione degli stranieri32:

[...] per risolvere il problema degli stranieri, lo Stato non deve accontentarsi di naturalizzare gli immigrati automaticamente attraverso le sue leggi; esso deve impiegare tutti i mezzi – piccoli e grandi, senza alcuna eccezione – per ristabilire una proporzione più normale tra la popolazione nazionale e straniera. Questi mezzi sono di due tipi: i primi, di natura preventiva, debbono comporta-re una diminuzione dell’immigrazione; i secondi, debbono facomporta-re dell’immigrato un nazionale; questi ultimi saranno a loro volta, o morali al fi ne di facilitare

to da W. Burckhardt, Die Eindebürgerung der Ausländer, in «Politisches Jahrbuch der Schweiz», 1913, pp. 1-114, spec. p. 23, citato anche in P. Mahon, M. Collette, op. cit., spec. p. 229. Sul punto si veda anche J.M. Niedeberger, op. cit.

29 Traduzione letterale nostra dal francese: “Le sentiment national identitaire et les vertus propres aux Confédérés”. Cfr. G. Arlettaz, op. cit., p. 81.

30 Ciò sarà confermato anche in messaggi più recenti del Consiglio federale. Si veda, per esempio, il Rapporto del Consiglio federale sulla politica in materia di stra-nieri e rifugiati del 15 maggio del 1991, FF 1991 III 228, dove si ricostruiscono le tappe della politica federale in materia di stranieri.

31 Cfr. G. Arlettaz, op. cit.

32 Traduzione letterale nostra dal francese: “[…] pour résoudre la question des étran-gers, l’Etat ne doit pas se contenter de naturaliser les immigrés par le jeu automa-tique de ses lois; il doit employer tous les moyens – petits et grands, aucun n’est à mépriser – pour rétablir une proportion plus normale entre la population nationale et allogène. Ces moyens sont de deux sortes: les premiers, de nature préventive, doivent entraîner une diminution de l’immigration; les seconds doivent faire un national de l’immigré; ceux-ci seront à leur tour, ou bien moraux afi n de faciliter l’assimilation des étrangers, ou bien législatifs et destinés à rendre notre droit de cité plus facilement accessible à nos hôtes”. Il passaggio è tratto da G. Sauser-Hall, La nationalisation des étrangers en Suisse, Attinger frères, Neuchâtel 1914, p. 180.

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l’assimilazione degli stranieri, o legislativi e destinati a rendere il nostro diritto di cittadinanza il più facilmente accessibile ai nostri ospiti.

La popolazione autoctona è chiamata in causa come parte attiva del pro-cesso di assimilazione33:

Questi stranieri, noi dobbiamo trasformarli in nazionali; spetta alla legge dichiarare chi tra loro deve far parte del nostro corpo pubblico; ma è un fatto dello spirito di infondere a questi nuovi cittadini un po’ di amore civico che ci anima, di conquistarli alle nostre idee di tolleranza e solidarietà, alle nostre tradizioni democratiche.

Nell’intervallo, nel 9 novembre del 1920, il Consiglio federale presen-ta all’Assemblea federale la necessità di riformare l’art. 44 della Costi-tuzione federale, a seguito di manifestazioni nel Paese sull’opportunità di rivisitare la legge sulla naturalizzazione e l’introduzione di misure destinate a facilitare la naturalizzazione degli stranieri trasformandoli in “nazionali”34. Nel testo del relativo Messaggio, del 9 novembre 1920,

vengono ricapitolate le principali tappe di questa evoluzione sociale e le-gislativa in materia di stranieri35. Una revisione parziale della

legislazio-33 Traduzione nostra dal francese : “Ces étrangers, nous devons les métamorphoser en nationaux; et c’est affaire de la loi de déclarer lesquels d’entre eux devront faire partie de notre corps public; mais c’est affaire de l’âme d’insuffl er à ces nouveaux citoyens un peu de l’amour civique qui nous anime, de le gagner à nos idées de tolérance et de solidarité, à nos traditions démocratiques”. Ivi, p. 3. Di G. Sauser-Hall si veda anche La nationalité en droit suisse, K.J. Wyss Erben, Berne 1921. 34 Del resto, come precisano Silvia e Gérald Arlettaz, l’obiettivo, dopo la Prima

guerra mondiale, non è più di assimilare gli stranieri ma di controllarli. Si vedano S. e G. Arlettaz, La Suisse et les étrangers: immigration et formation nationale (1848-1933), Antipodes, Lausanne 2004, spec. p. 12.

35 Nel Messaggio del Consiglio federale all’Assemblea federale concernente la re-visione dell’art. 44 della Costituzione (provvedimenti per favorire l’assimilazione degli stranieri in Isvizzera), del 9 novembre 1920, viene ricordato che, dal 1908 in poi, la naturalizzazione degli stranieri era stata immaginata in un primo mo-mento come collegata al diritto di borghesia comunale. Nel 1911, l’Union des Villes suisses aveva invocato per ragioni di “equità sociale” delle misure federali rapide affi nché coloro i quali avevano a lungo subito l’infl uenza dell’ambiente svizzero venissero nazionalizzati. Intorno al 1912, invece, era stata denunciata l’infl uenza eccessiva esercitata dagli stranieri in Svizzera. Si afferma nel rapporto che: “[t]utte queste manifestazioni provano esuberantemente come la situazio-ne della Svizzera, satura di stranieri, è fra le più serie e che sono indispensabili provvedimenti energici a porle rimedio”. FF 1920 II 605, 607. Si noti che, da questo momento in poi, i Messaggi del Consiglio federale sono da noi citati nella versione uffi ciale italiana.

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ne svizzera in materia di naturalizzazione è particolarmente auspicata per rivedere naturalizzazioni “poco sincere” e per modifi care la legislazione sull’indigenato36. Nel Messaggio del Consiglio federale, non si manca di

mettere l’accento sulle trasformazioni dell’economia svizzera a seguito dei movimenti migratori, soprattutto la trasformazione da un’economia rurale ad una industriale.

Al titolo III, intitolato “L’infl uenza degli stranieri in Svizzera”, vengo-no utilizzati argomenti a favore e a sfavore dell’aumento continuo degli stranieri. Si parla di prospettive “assai poco rassicuranti”37. Da una

par-te, si riconosce che la Svizzera, paese multilingue, multirazze e con una tradizione liberale, è ben in grado di sopportare una forte proporzione di stranieri, abituata com’è alla tolleranza ed alla comprensione delle idee straniere; dall’altra, si parla di “invasione”, a causa della concentrazione degli stranieri su alcune parti del territorio. Tra gli argomenti a favore della presenza degli stranieri, vi è la considerazione del ruolo sempre più impor-tante assunto dagli stranieri nell’economia del Paese. In taluni passaggi del Messaggio, l’accento è messo sul rischio di una “denazionalizzazione”, sulla trasformazione dei valori, costumi, etc.38:

Il nostro popolo deve resistere ad infl uenze le quali a poco a poco [...] rischiano di snazionalizzarlo. Ogni popolo sano e forte può e deve vivere di

attivi scambi coll’estero, tanto nel dominio morale e politico quanto in quello materiale. Ma [vi è] un certo equilibrio che non deve essere compromesso.

Quando il piatto della bilancia pende troppo a favore [dello] straniero si prospetta il pericolo che il popolo alieni la propria individualità e divenga, non soltanto materialmente, ma [anche] intellettualmente tributario d’altri Stati. I costumi, gli usi, le idee politiche, gli stessi valori morali e soprattutto i sentimenti di devozione alla patria corrono il rischio di modifi carsi, d’in-quinarsi, di svanire. (Il corsivo è nostro).

Nello stesso Messaggio, al titolo IV intitolato “Insuffi cienza della poli-tica di naturalizzazione”, il Consiglio federale fa appello all’infl uenza assi-milatoria della popolazione autoctona39:

Le disposizioni che il legislatore deve emanare devono tendere a facilita-re l’assimilazione degli stranieri, a designafacilita-re gli elementi assimilabili per l’infl uenza su di loro esercitata dalla permanenza in [S]vizzera ed a

consen-36 FF 1920 II 605, 616. 37 Ivi, p. 607.

38 Ivi, p. 622. Le interpolazioni tra parentesi sono nostre. 39 Ivi, p. 623. Le interpolazioni tra parentesi sono nostre.

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