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DEL CANTONE DI NEUCHÂTEL: IL PRINCIPIO DI PARI DIGNITÀ

1. Introduzione

In virtù della responsabilità solidale in materia di “integrazione sociale, culturale e politica” (art. 41, co. 1, lett. g Cst) e nell’ambito delle rispettive competenze (art. 121 Cst), Confederazione, cantoni e comuni si adoperano per l’integrazione degli stranieri, in ottemperanza dell’art. 53 della LStr, rubricato “Promozione dell’integrazione” 1.

Poste dunque le leggi-quadro federali in materia di integrazione, le pra- tiche cantonali variano in ragione dei differenti ancoraggi normativi di cui i cantoni si dotano e delle politiche locali. Uno studio relativamente recente condotto sulle diverse politiche di integrazione cantonali ha mostrato un’o- scillazione tra “tendenze inclusive” ed “esclusive” da parte dei cantoni2.

1 Si veda il testo della legge (art. 53) (RS 142.20):

1. Nell’adempiere i loro compiti rispettivi, la Confederazione, i cantoni e i co- muni tengono conto delle esigenze dell’integrazione.

2. Essi creano condizioni quadro favorevoli alla parità di opportunità e alla par- tecipazione della popolazione straniera alla vita pubblica.

3. Essi incoraggiano segnatamente l’apprendimento della lingua, l’avanzamento professionale, la previdenza per la salute nonché tutto quanto è in grado di facilitare la comprensione reciproca della popolazione svizzera e straniera e la loro convivenza.

4. Essi tengono conto delle esigenze particolari dell’integrazione delle donne, dei fanciulli e degli adolescenti.

5. Le autorità federali, cantonali e comunali, le parti sociali, le organizzazio- ni non governative e le associazioni degli stranieri cooperano nel lavoro d’integrazione.

2 Si tratta dell’indagine condotta dal Forum suisse pour l’étude des migrations et de la population (SFM): Les marges de manœuvre au sein du fédéralisme: La poli- tique de migration dans les cantons, Berne 2011. Sul tema si veda anche R. Fibbi, op. cit. Si rinvia inoltre al Dossier del SFM Migrazione e Integrazione: focus sulla Svizzera romanda (n. 8, 2013) per un’analisi della politica migratoria nella Svizzera romanda, di cui il Cantone di Neuchâtel fa parte. In particolare si veda il

Si parla di tendenze “inclusive”, laddove i cantoni fi ssano esigenze basse nei confronti degli immigrati e di “tendenze esclusive” laddove la politica migratoria cantonale fi ssa esigenze integrative elevate. Lo studio condotto dal SFM dà conto di pratiche di integrazione vincolanti quali quelle legate all’uso delle “convenzioni di integrazione” introdotte dalla OintS del 24 ottobre 2007 per determinate categorie di stranieri, in particolare per coloro che non dispongono di un diritto di soggiorno stabile in Svizzera. Tali con- venzioni che mirano prevalentemente all’apprendimento della lingua o ad un corso di integrazione, si basano su una specie di contratto tra le autorità e lo straniero che è sottoposto ad una serie di obbligazioni.

Diversamente dalla fi losofi a “assimilazionista” che è alla base delle con- venzioni di integrazione applicate in determinati cantoni, pratiche liberali come quelle esistenti nel Cantone di Neuchâtel, basate su programmi di educazione civica e la partecipazione attiva delle associazioni di stranieri, dimostrano che l’“integrazione” può essere intesa come una forma di “coe- sistenza” tra stranieri e cittadini piuttosto che come un processo unilaterale di adeguamento degli uni (stranieri) verso gli altri (autoctoni).

Ricostruito il quadro delle leggi e delle politiche federali, l’obiettivo delle pagine che seguono è di analizzare il sistema legislativo e le pratiche in vigore nel Cantone di Neuchâtel ‒ in cui si situa la nostra indagine ‒ uti- lizzando la Loi sur l’intégration et la cohésion multiculturelle come base per una rifl essione sui principi di dignità umana e di cittadinanza universale cui tale legge si ispira per una forma di convivenza “plurale”.

2. La Loi sur l’intégration et la cohésion multiculturelle del Cantone di

Neuchâtel

Il Cantone di Neuchâtel è stato tra i primi a dotarsi di una Loi sur l’intégra-

tion et la cohésion multiculturelle, entrata in vigore il 26 agosto del 1996 e

modifi cata nel 20133. Essa ha come scopo la realizzazione della coesione so-

ciale, l’eguale dignità ed il benessere di ogni persona che abiti nel cantone di Neuchâtel, sulla base di relazioni armoniose e della comprensione reciproca tra popolazioni straniere e residenti. Dalla lettura dell’articolo 1, in particola- re, si deduce che l’integrazione è concepita come un processo di adattamento

contributo di Nicole Wichmann, Existe-t-il une appoche romande à l’intègration des étrangers?, p. 63 e ss.

reciproco tra popolazioni svizzere e straniere, attraverso la partecipazione alla vita economica, sociale, culturale e politica4:

1. La presente legge ha lo scopo di favorire la coesione sociale, l’uguale di- gnità e il benessere di tutte le persone che vivono nel Cantone di Neuchâtel, particolarmente attraverso relazioni armoniose e l’intesa reciproca tra popo- lazioni svizzera e straniere o provenienti dalla migrazione.

2. Essa incoraggia la ricerca e l’applicazione di soluzioni per l’integrazione interculturale, la piena partecipazione delle persone provenienti dalla migra- zione nella società e, in maniera più generale, tende a promuovere l’ugua- glianza di diritti e doveri e la non-discriminazione per ciascuno, nei limiti della Costituzione e della legge.

Quanto previsto dalla legge cantonale non corrisponde ad un processo di allineamento unilaterale da parte degli stranieri, come quello invece deline- ato nell’art. 4 LStr e messo in pratica attraverso le convenzioni di integrazio- ne. Si tratta piuttosto di un processo di aggiustamento reciproco tra stranieri e cittadini, come dichiarato da uno dei fautori della legge, il già delegato agli stranieri, Thomas Facchinetti5:

Nell’ottica neocastellana, l’integrazione degli stranieri designa un processo di reciproco adeguamento, di livello individuale e collettivo, delle popolazioni

4 Traduzione letterale nostra dal francese: “1 La présente loi a pour but de favoriser la cohésion sociale, l’égale dignité et le bien-être de toute personne vivant dans le can- ton de Neuchâtel, notamment par des relations harmonieuses et la compréhension mutuelle entre les populations suisse et étrangères ou issues de la migration. 2 Elle encourage la recherche et l’application de solutions pour l’intégration interculturelle, la pleine participation des personnes issues de la migration à la société et, de façon plus générale, tend à promouvoir l’égalité des droits et devoirs ainsi que la non-dis- crimination pour tout un chacun dans les limites de la Constitution et de la loi.” 5 Traduzione letterale nostra dal francese: “Dans l’optique neuchâteloise, l’intégra-

tion des étrangers désigne un processus d’adaptation mutuelle, aux niveaux indi- viduels et collectifs, des populations suisses et étrangères. Elle implique la parti- cipation à la vie économique, sociale, culturelle et politique. Il ne s’agit pas d’un alignement unilatéral des étrangers à une sorte de “moule helvétique” qui nierait les racines et références identitaires multiples des populations en présence, mais d’un ajustement réciproque et permanent des uns et des autres. Dans ce domaine très sensible de la vie en commun de populations provenant d’horizons passable- ment diversifi és, les équilibres et la cohésion sociale ne sont jamais défi nitifs et il faut veiller en permanence à les renouveler”. Il passaggio è tratto dal documento Coexistence des populations et politique d’intégration des etrangers dans le can- ton de Neuchâtel, del maggio 2006, redatto da Thomas Facchinetti, delegato can- tonale agli stranieri. Si consulti il documento al seguente link: http://www.ne.ch/ autorites/DEAS/COSM/integration/Pages/accueil.aspx.

svizzere e straniere. Esso implica la partecipazione alla vita economica, socia- le, culturale e politica. Non si tratta di un processo unilaterale di allineamento degli stranieri ad una sorta di ‘stampo svizzero’ che negherebbe le radici ed i ri- ferimenti identitari multipli delle popolazioni presenti, ma di un aggiustamento reciproco e permanente degli uni e degli altri. In quest’ambito particolarmente sensibile della vita in comune delle popolazioni provenienti da orizzonti piut- tosto diversifi cati, gli equilibri e la coesione sociale non sono mai defi nitivi ed occorre vigilare costantemente per rinnovarli.

In tale quadro politico e legislativo, le autorità neocastellane si prefi ggono di promuovere lo sviluppo delle relazioni armoniose tra svizzeri e stranieri incoraggiando la ricerca di soluzioni a favore dell’integrazione. Ciò a partire dai margini di autonomia di cui dispongono cantoni e comuni rispetto al diritto federale6:

[...] Con la legge sull’integrazione degli stranieri, la novità consiste nel fatto che lo Stato ha la missione esplicita di favorire le relazioni armoniose tra svizzeri e stranieri, così come di incoraggiare la ricerca e l’applicazione di soluzioni per l’integrazione degli stranieri. Ciò in una prospettiva di eguaglianza di diritti e di

doveri per gli abitanti del cantone. Sebbene il diritto federale sia molto restritti-

vo, il margine di manovra di cui dispongono i cantoni o i comuni in materia di politica rispetto agli stranieri deve essere utilizzato nel senso dell’integrazione.

Inoltre, il ruolo importante svolto dalle associazioni di stranieri e straniere nel processo di integrazione è riconosciuto nella legge neocastellana. In essa vi è dunque contenuto un orientamento politico fondamentale. (Il corsivo è nostro).

3. Gli strumenti di una politica liberale: la Carta della cittadinanza ed il

principio di pari dignità

Nel promulgare la legge del 1996, le autorità locali hanno così confer- mato la tradizione liberale che da sempre caratterizza il Cantone di Neu-

6 Traduzione letterale nostra dal francese: “Avec la loi sur l’intégration des étran- gers, la nouveauté réside dans le fait que l’Etat a explicitement la mission de favoriser des relations harmonieuses entre Suisses et étrangers, ainsi que d’encou- rager la recherche et l’application de solutions pour l’intégration des étrangers. Ceci dans une perspective d’égalité de droits et de devoirs pour tous les habi- tants du canton. Ainsi, bien que le droit fédéral soit très contraignant, la marge de manœuvre dont disposent le canton ou les communes en matière de politique à l’égard des étrangers doit être utilisée dans le sens de l’intégration. En outre, le rôle important des associations d’étrangers et d’étrangères dans les processus d’intégration est reconnu dans la loi neuchâteloise. Il y a donc là une orientation politique fondamentale”. Ivi, pp. 3-4.

châtel. Come è noto, gli stranieri residenti hanno ottenuto il riconoscimen- to del diritto di voto al livello comunale, a partire dal 1848; del diritto di voto al livello cantonale a partire dal 2000 e del diritto di eleggibilità, sia al livello legislativo che esecutivo, al livello comunale, a partire dal 20077.

L’impronta liberale della politica neocastellana si inscrive nell’art. 1 del- la Costituzione cantonale del 24 settembre del 2000 che defi nisce il Canto- ne di Neuchâtel come una “repubblica democratica, laica, sociale e garante dei diritti fondamentali”8. Come spiegato nella successiva Carta della cit-

tadinanza9 – entrata in funzione nel marzo del 2008 e accessibile in diverse

lingue allo scopo di aiutare i nuovi arrivati, oltre che i residenti, a meglio comprendere i principi e i fondamenti della Costituzione neocastellana –, lo Stato “liberale” e “democratrico” si caratterizza per la concessione di libertà e diritti fondamentali ai suoi abitanti, oltre che per la partecipazione democratica alla formazione della volontà ed all’esercizio del potere10:

7 Questo dato aggiornato è tratto dal testo “S’engager pour la diversité: la Charte de la citoyenneté de Neuchâtel”, consultabile al seguente link:

http://www.coe.int/t/dg4/cultureheritage/culture/Cities/Newsletter/newsletter21/ citoyen_fr.asp

8 RS 131.233.

9 La Carta della cittadinanza, che è fornita dal Département de l’économie-Service de la cohésion multiculturelle del Cantone di Neuchâtel, è stata elaborata, nel 2007, dai giuristi della Faculté de droit de l’Université de Neuchâtel (prof. Pascal Mahon e Dr. Fanny Matthey), in collaborazione con l’allora delegato cantonale agli stranieri, Thomas Facchinetti e Amina Benkais, specialista in migrazioni, con l’appoggio dei professori Etienne Piguet e Gianni D’Amato della Faculté des let- tres et sciences humaines dell’Université de Neuchâtel. La Carta è stata creata per volontà del Consiglio di Stato allo scopo di esplicitare i fondamenti ed i principi essenziali dell’organizzazione democratica ai nuovi arrivati nel cantone. Essa è consultabile al seguente link: http://www.ne.ch/autorites/DEAS/COSM/charte- citoyennete/Pages/documents-traduits.aspx.

10 Il passaggio è estratto dalla p. 1 dell’opuscolo Fondamenti e principi della Repub- blica e Cantone di Neuchatel, parte integrante della Carta della cittadinanza: http:// www.ne.ch/autorites/DEAS/COSM/chartecitoyennete/Documents/Charte/Fonde- mentsPrincipesItalien.pdf. La funzione dell’opuscolo è quella di illustrare i principi fondamentali dello Stato liberale, sociale, democratico e laico che il cantone aspira a promuovere e a salvaguardare. Esso intende presentare tali valori fondatori a coloro che si installano nel cantone ma anche a coloro che vi risiedono già e che li accol- gono. La Carta si compone di altri quattro documenti, di cui uno è rappresentato da una sorta di Memorandum che riassume i fondamenti ed i principi del cantone: http://www.ne.ch/autorites/DEAS/COSM/charte-citoyennete/Documents/Charte/ mementoA4ITA.pdf; l’altro documento consiste in una brochure “Benvenuti nel Cantone di Neuchâtel” con i principali indirizzi utili. I documenti più importanti sono tradotti in nove lingue, le più diffuse nel Cantone di Neuchâtel. Per informa- zioni più ampie sulla carta, si veda: CICM/COSM, Rapport d’activité 2013, op.

I fondamenti ed i principi generali di uno Stato sono iscritti nelle sue leggi, che sono delle regole giuridiche concrete, che ognuno, svizzero o straniero, è tenuto a ri- spettare. Anche se non c’è nessun obbligo giuridico d’aderire a questi stessi principi, per far sì che uno STATO come Neuchâtel possa funzionare, bisogna quanto meno che la maggior parte della popolazione li conosca, li rispetti e s’impegni a difenderli.

Nel defi nire lo Stato di Neuchâtel come Stato liberale, la Carta mette l’accento sulla “dignità della persona”: a quest’ultima lo Stato riconosce una sfera di indipendenza e libertà che si traduce nella tutela dei diritti fon- damentali. La Carta riconosce, infatti, che al cuore dei diritti fondamentali si trova ciò che ne costituisce il fondamento ed il primo di tutti i diritti inerenti alla persona, la dignità umana11:

La dignità umana è il diritto di non essere trattati in modo disumano e degra- dante, il diritto di essere trattati come esseri umani e non come cose. Essa rappre- senta il nodo intangibile della libertà personale e protegge ad esempio contro la tortura ed ogni altro trattamento crudele o inumano. Intorno alla dignità umana,

tutti gli altri ‘diritti fondamentali’ possono essere suddivisi in diverse categorie: libertà (libertà della sfera personale, libertà di comunicazione e libertà economi- che), garantite dallo Stato di diritto e diritti sociali. (Il corsivo è nostro).

La categoria della dignità umana, penetrata nella Costituzione federale svizzera dal 1999, è assunta come norma-base in materia di protezione e tutela dei diritti fondamentali. Secondo l’art. 7 Cost. “La dignità della persona va rispettata e protetta”12. A livello cantonale si ritrova una di-

sposizione analoga nel testo della Costituzione, che all’art. 7, co. 1 recita: “La dignità umana va rispettata e protetta”. Data la corrispondenza – sia nel titolo che nella collocazione – tra l’art. 7 della Costituzione federale e l’art. 7 della Costituzione cantonale, si potrebbe pensare che non si tratti di una mera coincidenza, dal momento che i cantoni non possono prevedere garanzie meno estese di quelle accordate dal diritto federale. Inoltre, il ri- conoscimento dei diritti fondamentali a livello cantonale si iscrive in una tradizione di lunga data che coincide con la stessa tradizione democratica svizzera ed il suo attaccamento alle libertà individuali13.

cit., p. 17, consultabile al seguente link: http://www.ne.ch/autorites/DEAS/COSM/ Documents/RapportCICM-COSM2013fi nal.pdf.

11 Ivi, p. 3. 12 RS 101.

13 Cf. Newsletter del CSDU, Giubileo, del 24 novembre 2014, “La démocratie suisse et son attachement aux libertés individuelles”, consultabile al seguente link: http://www.skmr.ch/frz/domaines/questions-institutionnelles/nouvelles/suisse- attachement-libertes-individuelles.html?zur=93

4. Dignità umana e cittadinanza

Già negli anni 1960, il costituzionalista Jean-François Aubert sottoline- ava la necessità di garantire le libertà individuali agli stranieri, sulla base di un principio di dignità umana, riconoscendo loro uno statuto minimo di diritti che comprendevano le libertà di coscienza, credenza, espressione ed inviolabilità del domicilio14.

Nel suo articolo Le statut des étrangers en Suisse, Aubert metteva in discussione l’idea di “nazione” e subordinava a quest’ultima l’idea di “popolazione”, intesa piuttosto come l’incontro non fortuito tra indivi- dui, come “la comunità necessaria delle persone che accomunate da un comune destino sono chiamate a vivere sullo stesso territorio”. Egli de- nunciava soprattutto l’arbitrarietà del concetto di nazione e la separazio- ne degli uni e degli altri per mezzo di categorie giuridiche predefi nite: cittadini, da una parte, e stranieri, dall’altra15:

L’idea di nazione lentamente si devalorizza.

Se essa declina, è forse perché il rispetto sacro di cui era stata circondata ci preoccupa; che le emozioni collettive che essa ha suscitato ci spaventano; che i crimini ciechi che ad essa sono imputabili ci fanno orrore.

14 Si veda più in generale sul tema, J.-F. Aubert, Traité de droit constitutionnel suis- se, cit.

15 Traduzione letterale nostra dal francese: “L’idée de la nation, lentement, se dévalue.

Si elle décline, c’est peut-être parce que le respect sacré dont elle fut entourée nous inquiète; que les émotions collectives qu’elle a suscitées nous effraient: que les crimes aveugles qui lui sont imputables nous font horreur.

Mais c’est avant tout parce que son principe même est arbitraire. Nous nous méfi ons des inégalités qui résultent du hasard. Or, sur la scène de la nation, les rôles sont rarement choisis, presque toujours imposés. Ici, les appelés; là-bas, les réprouvés. Ici, les citoyens; là-bas, les étrangers. A cette distribution, la volonté a peu de part. D’ailleurs, qu’est-ce que la tâche de l’Etat, sinon de veiller à la sécurité et d’ac- croître la prospérité de sa population? Et qu’est-ce, alors, que sa population? Ce n’est sans doute pas la rencontre accidentelle de tous les hommes qui, à un certain moment, se trouvent en un endroit donné. Mais ce n’est pas davantage le rassem- blement fortuit des individus qui ont, pour seul signe véritablement distinctif, la faculté d’exhiber un certifi cat d’origine indigène. La population, c’est bien plutôt la communauté nécessaire des personnes qu’une destinée semblable appelle à vivre durablement sur un même territoire. En termes concrets, les citoyens et les étrangers établis ont des droits identiques à la sollicitude de l’Etat, car ceux-ci, comme ceux- là, en constituent la substance humaine permanente. Et cette égalité est postulée par la nature des choses; point n’est besoin, pour l’assurer, d’un traité entre les nations”. Si veda : J.-F. Aubert, Le statut des étrangers en Suisse, cit., pp. 249-250.

Ma è innanzitutto perché il suo stesso principio è arbitrario. Noi diffi diamo delle diseguaglianze che sono il prodotto del caso. Ora, sulla scena della na- zione, i ruoli sono raramente scelti, quasi sempre imposti. Qui, i predestinati; laggiù, i biasimati. Qui i cittadini, là gli stranieri. In questa distribuzione, la volontà ha poco spazio.

D’altra parte, quale è il compito dello Stato se non di vigilare sulla sicurezza ed accrescere la prosperità della sua popolazione? E che cos’è quindi la sua po- polazione? Non è di certo l’incontro casuale di uomini che, ad un certo momen- to, si ritrovano in un determinato luogo. Ma non è neanche l’incontro fortuito di individui che hanno, come solo segno realmente distintivo, la facoltà di esibire un certifi cato di origine autoctona. La popolazione è piuttosto la comunità ne- cessaria di persone che un destino simile chiama a vivere in maniera durevole sullo stesso territorio. In termini concreti, cittadini e stranieri domiciliati hanno diritti identici nei confronti dello Stato, poiché questi qui, come quelli là, ne costituiscono la sostanza umana permanente. E questa eguaglianza è nella na- tura delle cose; non c’è bisogno, per assicurarla, [di] un trattato tra le nazioni.

Sulla base di questa concezione di “popolazione” che potrebbe sostituirsi a quella di “nazione”, comunemente intesa come identità etnica, culturale, politica, etc., Aubert riteneva che cittadini e stranieri residenti avessero di- ritti identici al cospetto dello Stato, costituendone la sostanza umana per- manente. Si trattava, secondo Aubert, di un’eguaglianza di per sé esistente,

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