1. Introduzione
A partire dagli anni 1980, l’integrazione degli stranieri in Svizzera è interpretata come un “compito dello Stato”: essa deve andare oltre la sfera sociale e assistenziale, come è stato fi no a questo momento, ed ac- quisire una dimensione politica nazionale, basata sull’incoraggiamento linguistico e culturale e sulla familiarizzazione con le condizioni di vita in Svizzera. Con l’approvazione della legge federale sugli stranieri del 16 dicembre 2005 (LStr), l’intenzione del Consiglio federale è, infatti, di promulgare dei “principi importanti” che mirano a promuovere l’in- tegrazione degli stranieri, laddove la LDDS si limitava a prevedere una legislazione-quadro1.
Sulla base di questa premessa, l’obiettivo delle pagine che seguono è di ricostruire la ratio della LStr e dei “criteri di integrazione” in essa contenu- ti, tenendo conto della prassi interpretativa federale e giurisprudenziale e delle tutele previste in caso di violazione di diritti fondamentali.
1 Si veda il FF 2002 3327, 3469. Si tratta tuttavia di una regolamentazione non esaustiva, quella contenuta nella LStr, dal momento che la disciplina in materia di stranieri è contenuta in alcune altre norme di diritto internazionale pubblico, di diritto europeo – in ragione di accordi conclusi tra la Svizzera, l’UE e gli Sta- ti membri –, di diritto federale e di diritto cantonale. Sul punto, si veda M.S. Nguyen, ad art. 1 LEtr, in C. Amarelle, M.S. Nguyen (eds.), Code annoté de droit des migrations: Loi sur les étrangers (LEtr), cit. Per la LDDS, di cui si è già trat- tato nel cap. I, si veda il Messaggio del Consiglio federale all’Assemblea federale che accompagna un disegno di legge su la dimora e il domicilio degli stranieri, del 17 giugno del 1929 (FF 1929 I 71).
2. L’articolo 3 LStr: una concezione duale dell’integrazione
Il Messaggio del Consiglio federale concernente la legge federale sugli
stranieri, al capitolo 51 rubricato “Obiettivi”, defi nisce l’integrazione nei
termini seguenti2:
Questo articolo elenca gli obiettivi perseguiti mediante l’integrazione della popolazione straniera. Come nell’articolo 25a LDDS, si rinuncia volutamente a defi nire la nozione di «integrazione». [...] Il signifi cato attribuito dalla socie-
tà a questa nozione varia col tempo, per cui non appare sensato prevedere una defi nizione legale.
La nozione di integrazione designa il processo integrativo generale di grup- pi sociali in una società, caratterizzato da una crescente familiarità con la realtà del Paese.
L’obiettivo di tutti gli sforzi integrativi, da parte dei nuovi arrivati come pure dalla società che li ospita, è una coabitazione improntata al rispetto e alla tolleranza reciproci (cpv. 1). Non si chiede agli stranieri di rinunciare alla loro identità o alla loro origine. La molteplicità è un elemento fonda-
mentale e degno di protezione dell’ordine liberale. I principi democratici e dello Stato di diritto rimangono altrettante condizioni irrinunciabili per una coabitazione pacifi ca. Tutti gli stranieri che dimorano in Svizzera sono per-
tanto tenuti ad osservare l’ordine giuridico del nostro Paese nonché le regole di comportamento e i principi elementari per una coabitazione pacifi ca – per esempio il principio della parità dei sessi, il rispetto verso altre opinioni e credenze, il monopolio dello Stato per quel che concerne la forza di polizia o militare, la rinuncia alla soluzione violenta di confl itti. Lo Stato è tenuto a
difendere tali prerogative anche nei confronti di diritti divergenti motivati da considerazioni di ordine culturale.
L’integrazione può riuscire unicamente se sono garantite agli stranieri au- tentiche ed effettive opportunità di partecipazione alla vita economica, sociale e culturale della Svizzera (cpv. 2). Le linee direttive cantonali e comunali in
materia di integrazione non mancano di reiterare l’importanza dell’accesso al mercato del lavoro, alla formazione e all’alloggio nonché la possibilità di in- contri e la partecipazione alla vita sociale. (Il corsivo è nostro).
Dalla lettura del Messaggio si evince che l’integrazione è, in linea di prin- cipio, un concetto di tipo evolutivo, non defi nibile a priori3. Essa è imma-
2 FF 2002 3327, 3413.
3 Nel Manuale sull’Integrazione, predisposto dalla SEM (versione aggiornata al genna- io 2015), si precisa che “il Consiglio federale e il Parlamento hanno rinunciato volu- tamente a proporre una defi nizione legale della nozione di integrazione in quanto ‘il signifi cato attribuito dalla società a questa nozione varia col tempo’ (FF 2002 3796)”. Per la consultazione del Manuale si veda: www.sem.admin.ch>Pubblicazioni & servizi>Istruzioni e circolari> IV. Integrazione.
ginata come un processo “duale”, basato sull’accoglimento nella comuni- tà svizzera, da una parte, e sulla disponibilità degli stranieri ad integrarsi, dall’altra. L’obiettivo principale di tale processo duale è la realizzazione di una coabitazione improntata al rispetto ed alla tolleranza reciproca. Tali prin- cipi sono formulati come segue all’art. 4 della LStr4:
art. 4 Integrazione
1. L’integrazione mira alla convivenza della popolazione residente indigena e di quella straniera, sulla base dei valori sanciti dalla Costituzione federale, nonché sulla base del rispetto reciproco e della tolleranza.
2. L’integrazione è volta a garantire agli stranieri che risiedono legalmente e a lungo termine in Svizzera la possibilità di partecipare alla vita economica, sociale e culturale della società.
3. L’integrazione presuppone la volontà degli stranieri di integrarsi nella socie- tà e un atteggiamento di apertura da parte della popolazione svizzera. 4. Occorre che gli stranieri si familiarizzino con la realtà sociale e le condizio-
ni di vita in Svizzera, segnatamente imparando una lingua nazionale.
L’ordinanza sull’integrazione degli stranieri (OIntS), all’art. 4, precisa il contributo degli stranieri. Esso si manifesta attraverso a) il rispetto dell’or- dine giuridico ed i valori della Costituzione federale; b) l’apprendimento della lingua nazionale parlata sul luogo di domicilio; c) la conoscenza dei modi di vita svizzeri; d) la volontà di partecipare alla vita economica ed acquisire una formazione5.
Secondo una parte della dottrina, tali disposizioni rimanderebbero ad una sorta di “contratto migratorio” tra la società di accoglienza e lo straniero che assume l’obbligo di rispettare le leggi scritte e le regole sociali6. Tale
“obbligo di integrazione” sarebbe proporzionato allo statuto giuridico dello straniero: maggiormente elevato è lo statuto dello straniero (in possesso, ad esempio, di un permesso c), maggiori sono le esigenze di integrazione7.
4 Per un commento all’art. 4, LStr, vedi A. Achermann, ad art. 4 LEtr, in C. Ama- relle, M.S. Nguyen (eds.), Code annoté de droit des migrations: Loi sur les étran- gers (LEtr), cit.
5 RS 142.205.
6 Nel Messaggio concernente la legge federale sugli stranieri (FF 2002 3327, 3415) si fa menzione di “un obbligo integrativo” inizialmente previsto in fase consultiva dal Consiglio federale. La legittimità di un tale obbligo è stata messa in discussione in riferimento al rischio di lesione della libertà personale in esso insito.
7 Sul punto si veda O. Bigler, ad art. 96 LStr, in C. Amarelle, M.S. Nguyen (eds.), Code annoté de droits des migrations: Loi sur les étrangers (LEtr), cit.
D’altra parte, benché a carico della popolazione svizzera non esista un’obbligazione analoga verso gli stranieri – l’art. 4 co. 3 si riferisce ad una “generica apertura” da parte della popolazione svizzera” verso quella straniera –, esistono nell’insieme dell’ordinamento giuridico svizzero delle norme, come il divieto di discriminazione (art. 8 co. 2 Cst) che, come ve- dremo, sono poste a tutela degli stranieri8.
Inoltre, ai fi ni della riuscita del processo di integrazione, le autorità fe- derali e cantonali, come pure comunali, sono tenute a realizzare compiti informativi. Secondo il Consiglio federale: “[u]n’integrazione riuscita pre- suppone una buona informazione degli interessati circa le condizioni di vita e di lavoro nonché sui loro diritti e sugli obblighi vigenti in Svizzera”9. Di
qui la formulazione dell’art. 56 LStr che prevede che una serie di informa- zioni siano dispensate agli stranieri da parte della Confederazione, cantoni e comuni circa le condizioni di vita e di lavoro in Svizzera e relativamente ai diritti ed alle obbligazioni (co. 1). Gli stranieri vengono informati anche della politica migratoria realizzata sul territorio 10.
Analogamente, il Consiglio federale prevede che la popolazione svizze- ra sia informata e sensibilizzata rispetto alla “questione degli stranieri”, dal momento che, come detto, l’integrazione è immaginata come un processo di tipo mutuale.
3. Genericità del principio di integrazione: prassi interpretativa federale I principi in materia di integrazione restano generici, come confermato da alcune disposizioni della LStr: si consideri, per esempio, la richiesta di valutare “la situazione personale dello straniero così come il suo grado d’integrazione” (art. 96); l’“integrazione riuscita” (art. 50 co. 1 lett. a); il “grado” d’integrazione (art. 30 co. 1 lett. b e art. 54). La vaghezza lingui-
8 Sul punto vedi Ivi. 9 FF 2002 3327, 3418.
10 I dettagli circa le informazioni da dispensare agli stranieri sono contenuti nell’ordinanza sull’integrazione degli stranieri (OIntS) del 24 ottobre 2007 (RS 142.205). Esse riguardano indicazioni relative all’ordine giuridico svizzero e le conseguenze della eventuale inosservanza; le norme e le regole di base da rispet- tare; così come l’importanza delle conoscenze linguistiche, della formazione e del lavoro, anche in modo da evitare lo sfruttamento della manodopera straniera. Sul punto si veda A. Achermann, ad art. 56, cit., p. 4. Il principio della informazione “appropriata” costituisce uno dei punti-cardine della messa in opera dei cd. PIC, strumento attuale della pratica cantonale di integrazione: https://www.bfm.admin. ch/content/bfm/fr/home/themen/integration/foerderung.html
stica di tali espressioni contribuisce a rendere indefi nito il concetto di inte- grazione, conferendo, come è noto, margini di discrezionalità alle autorità cantonali e comunali, chiamate a valutare il grado di integrazione dello straniero che faccia richiesta di un permesso o aspiri ad un cambiamento di statuto11. Come per l’applicazione della LCit, un ruolo chiarifi catore è
svolto, in parte, dalla prassi amministrativa federale e dalla recente giuri- sprudenza in materia di integrazione. Cosicchè, secondo le istruzioni della SEM, l’integrazione è “riuscita” quando12:
[…] gli stranieri in Svizzera denotino, nei diversi settori della società, dati statistici paragonabili a quelli di cittadini svizzeri in situazioni di vita parago- nabili dal profi lo dell’età, del sesso, della posizione sociale ed economica, della situazione familiare e della formazione professionale.
Opportunità di riuscita divergenti possono essere dovute da un lato all’as- senza di conoscenze e competenze da parte della persona straniera (p. es. co- noscenze linguistiche lacunose, formazione professionale insuffi ciente, pochi contatti sociali, assenza di motivazione etc.) e dall’altro a barriere giuridiche o svantaggi che impediscono alle persone straniere di godere delle medesime opportunità d’accesso alla vita economica, sociale e culturale. Nel valutare la riuscita dell’integrazione si possono pertanto considerare tali circostanze.
Nel determinare il grado e la riuscita dell’integrazione in casi indi- viduali, la SEM, per esempio, si basa sui principi fi ssati dall’ordinanza sull’integrazione degli stranieri(OIntS), elaborando una serie di Istruzioni
sull’integrazione13. In particolare sulla base dell’articolo 4 OInts, tale orga-
11 In tema di potere discrezionale (pouvoir d’appréciation) delle autorità, si veda O. Bigler, ad art. 96, op. cit., p. 5, secondo cui esercita un’attività discrezionale, per esempio, l’autorità che condiziona l’ottenimento di un permesso di soggiorno alla partecipazione ad un corso di lingua o ad un corso di integrazione. In genere, tale potere discrezionale è teso a proteggere la sicurezza e l’ordine pubblico della Svizzera (per esempio al fi ne di realizzare un maggiore equilibrio nel mercato del lavoro o in caso di violazioni importanti e ripetute di prescrizioni legali o decisioni dell’autorità) ed è fondato sulla valutazione della situazione personale dello straniero. Uno degli ambiti maggiori in cui si manifesta il potere discrezio- nale delle autorità riguarda appunto la valutazione del “grado di integrazione” dello straniero. In una siffatta valutazione, può verifi carsi abuso di potere da parte dell’autorità in caso di violazione di certi principi costituzionali come l’eguaglian- za di trattamento, la buona fede, la proporzionalità. Una sproporzione eccessiva tra interesse pubblico ed interesse privato potrebbe essere percepita come abuso di potere, ai sensi dell’art. 96 LStr. Vedi ibid., p. 5 e ss.
12 Si veda il Manuale SEM sull’Integrazione, op. cit., pp. 2-3. 13 RS 142.205.
no individua i seguenti criteri come parametro per la valutazione dell’inte- grazione da parte delle autorità:
3.1. Rispetto dei valori della Costituzione federale
Secondo l’art. 4 lett. a) Oints sono considerati come indicatori del rispet- to dei valori della Costituzione federale, gli elementi seguenti14:
– il comportamento dello straniero che non manifesti un atteggiamento con- trario ai valori fondamentali della Costituzione federale.
– l’assenza di dichiarazioni pubbliche o di comportamenti che violino i valori fondamentali della Costituzione, in particolare il monopolio dell’uso della forza da parte dello Stato, la parità donna-uomo, la libertà individuale (p. es. dei bambini), nonché l’integrità fi sica o psichica altrui (familiari compresi).
3.2. Rispetto della sicurezza e dell’ordine pubblico nonché della si-
curezza interna ed esterna della Svizzera
Il secondo criterio, previsto all’art. 4 lett. a), è quello della sicurezza pubblica che consiste nell’inviolabilità dell’ordine pubblico, dei beni giu- ridici degli individui (vita, salute, libertà, proprietà, etc.) nonché delle isti- tuzioni dello Stato. L’ordine pubblico, a sua volta, si suddivide in “ordine giuridico oggettivo” i cui indicatori sono rappresentati dalla reputazione irreprensibile – secondo l’estratto del casellario giudiziale15 – e le cd. “rap-
presentazioni dell’ordine” pubblico (soggettivo). Questo secondo elemento comprende, secondo gli indicatori SEM, “l’insieme delle rappresentazioni non scritte dell’ordine, il cui rispetto va considerato secondo l’opinione sociale ed etica dominante quale condizione imprescindibile di una coabi- tazione umana ordinata”. Rientrano in questo criterio16:
14 Come precisato dalle direttive SEM, sono presi in conto unicamente i fatti registra- ti nell’incarto personale dell’interessato. Vedi op. cit.: https://www.bfm.admin.ch/ content/bfm/it/home/dokumentation/rechtsgrundlagen/weisungen_und_kreissch- reiben/integration.html.
15 Nel caso di procedure penali pendenti, la decisione è sospesa fi no al passaggio in giudicato. Per quanto una fattispecie non sia contestata, è possibile tenerne conto nell’elaborazione della decisione in materia di diritto degli stranieri prima che la sentenza penale defi nitiva diventi esecutiva. Ivi, p. 4.
16 La domanda dell’interessato non deve contenere il riferimento ad alcun incidente (per es. biasimo da parte dell’autorità scolastica, disattenzione rispetto a convo- cazioni). Si precisa ancora nelle Istruzioni SEM: “[...] la nozione di minaccia per la sicurezza interna o esterna della Svizzera fi gura accanto a quella di messa in pericolo dell’ordine e della sicurezza pubblici. Con ciò s’intende segnatamente
– il rispetto delle decisioni delle autorità e l’osservanza dei propri obblighi di diritto pubblico o privati (assenza di esecuzioni o di debiti fi scali, pagamen- to puntuale degli alimenti, etc.);
– la cooperazione con le autorità (aiuto sociale, autorità fi scali, etc.) [...].
3.3. Volontà di partecipare alla vita economica e di acquisire una for-
mazione
Il terzo criterio della partecipazione alla vita economica, previsto dall’art. 4 lett. d) OintS, è così defi nito:
Questo principio deve poggiare sulla partecipazione effettiva alla vita eco- nomica o sull’acquisizione di una formazione. In via eccezionale può bastare la manifestazione della volontà di riuscirvi, dimostrata nel presente o nel passato recente. Occorre considerare l’eventuale impedimento a lavorare o ad acqui- sire una formazione senza colpa dell’interessato se tale impedimento deriva ad esempio da un divieto di lavoro, da un grave problema di salute o da una violenza fi sica o psichica subita17.
Per la SEM, il ricorso all’aiuto sociale non è un criterio di mancata integrazione ma può costituire un motivo legale per la revoca di un per- messo. Occorre tuttavia tenere conto delle circostanze particolari di ogni caso individuale. La volontà di acquisire una formazione è stabilita for- nendo la prova della formazione in corso (contratto di tirocinio, attestato dell’istituto di formazione) o della partecipazione a corsi e/o a misure di perfezionamento.
la messa in pericolo della priorità del potere statale negli ambiti militare e po- litico. Si tratta ad esempio della messa in pericolo tramite atti di terrorismo o di estremismo violento, attività illecita di servizio d’informazione, atti di criminalità organizzata o atti o progetti che compromettono seriamente le relazioni attuali della Svizzera con altri Stati, tesi a modifi care in maniera violenta l’ordine statale stabilito”. Ibid.
17 Ibid. Secondo le Istruzioni della SEM, gli elementi che indicano la volontà di partecipare alla vita economica sono i seguenti:
- un contratto di lavoro non rescisso (fotocopia del contratto di lavoro accom- pagnata da un certifi cato di lavoro recente) o la prova, in base a documenti giu- stifi cativi, dell’indipendenza economica dell’interessato (p. es. attività lucrativa indipendente);
- la prova degli sforzi consentiti in vista di trovare un impiego (iscrizione all’URL); - impieghi temporanei (ad interim, temporanei) o la conferma di guadagni inter- medi che dimostrino la volontà di sopperire da sé ai propri bisogni. Ivi, p. 5.
3.4. Conoscenza delle condizioni di vita in Svizzera
Il quarto criterio, previsto dall’art. 4 lett. c) OintS, quello della cono- scenza delle condizioni di vita in Svizzera, è interpretato in termini atte- nuati rispetto alla LCit18:
È auspicabile che lo straniero conosca le condizioni di vita in Svizzera. Se adempiuto, tale criterio va considerato favorevolmente. Tuttavia l’assen- za della prova dell’adempimento non può essere interpretata a scapito dello straniero interessato giacché in pratica la conoscenza delle condizioni di vita in Svizzera è diffi cilmente dimostrabile.
3.5. Apprendimento della lingua nazionale parlata nel luogo di resi-
denza19
Il quinto criterio, quello linguistico, riveste importanza quasi pari nelle due leggi (LCit e LStr), come si evince dall’art. 4 lett. b):
In linea di principio, lo straniero deve imparare la lingua nazionale parlata nel luogo di residenza. Si giustifi cano tuttavia deroghe a tale esigenza poco dopo – o poco prima di – un cambiamento di domicilio a destinazione di un’al- tra regione linguistica della Svizzera.
I Cantoni nei quali sono parlate due lingue uffi ciali decidono quale delle due lingue occorre imparare oppure se lasciare la scelta all’interessato.
Le esigenze specifi che in materia di competenze linguistiche saranno sta- bilite per ordinanza non appena sarà stato presentato il programma di promo- zione dell’apprendimento di una lingua nazionale [elaborato dalla SEM in col- laborazione con la Conferenza svizzera dei direttori cantonali dell’istruzione pubblica (CDIP) nonché con altri partner]. Sino a tale momento sono richiesti:
– una prova della partecipazione regolare e attiva a corsi di lingua (attestato dell’insegnante);
– o esami di lingua superati presso un istituto di formazione riconosciuto; – un attestato di formazione in caso di frequenza di una scuola in Svizzera.
3.6. Familiarizzarsi con il modo di vita e gli usi e costumi svizzeri La SEM prevede un sesto criterio, a parte quelli già elencati, collegabile agli art. 14 e 26 della legge sulla cittadinanza (LCit), vale a dire che lo stra-
18 Ibid.
19 Secondo la SEM, occorre considerare la situazione particolare di ciascuno (anal- fabetismo, livello di formazione, onere lavorativo, oneri d’assistenza familiare). Ivi, pp. 5-6.
niero si sia familiarizzato con il modo di vita e gli usi e costumi svizzeri. Allo straniero si richiede in particolare20:
– la conoscenza di fatti salienti della storia o delle particolarità geografi che e politiche della Svizzera;
– la conoscenza di fatti salienti sul piano locale, cantonale e nazionale; – i contatti con i vicini svizzeri;
– l’affi liazione a una società locale o l’impegno a favore di una siffatta asso- ciazione;
– una certa indipendenza manifestata nel modo di gestire la propria esistenza, ad esempio una mobilità autonoma o il fatto di possedere un conto bancario proprio.
4. L’integrazione non coincide con l’assimilazione: il ruolo della
giurisprudenza nella defi nizione dell’integrazione
Le sentenze pronunciate dal Tribunale federale e dal Tribunale ammini- strativo federale in materia di integrazione riguardano sia criteri di ordine “individuale, culturale e sociale21” (il criterio linguistico, innanzitutto, e la
partecipazione alla vita sociale e le convinzioni religiose), sia criteri “di ordi- ne pubblico22” (come la violazione dell’ordine giuridico e la sicurezza inter-
na ed esterna della Svizzera). Diversamente dalla giurisprudenza in materia di naturalizzazione, i criteri del secondo tipo (ordine pubblico e sicurezza interna ed esterna) fanno oggetto della maggior delle decisioni in materia di integrazione23. Nella giurisprudenza concernente l’applicazione della LStr,
20 Ivi, p. 6. Il Manuale specifi ca tuttavia che questo criterio riguarda unicamente la naturalizzazione.
21 Si veda la sentenza ATF 135 I 79 del 24 ottobre 2008, consid. 7.2., riguardante la dispensa ai corsi di nuoto di giovani musulmani. In essa sono messi a confronto il rispetto della libertà religiosa, da una parte, ed il principio dell’integrazione (il nuoto ne rappresenta un’espressione), dall’altra.