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Si definisce trasformata di Fourier di f la funzione f : Rb n→ C data da f (ω) =b Z Rn f (x)e−iω·x dx , dove, se ω = (ω1

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Academic year: 2021

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(1)

Il Principio di Indeterminazione di Heisenberg

Il Principio di Indeterminazione di Heisenberg `e uno dei fondamenti della meccanica quantistica, e stabilisce che non `e possibile ottenere nello stesso tempo misure della posizione e della velocit`a di una particella che abbiano la stessa accuratezza. Volendo considerare particelle che si muovono nello spazio, abbiamo bisogno di introdurre la trasformata di Fourier in R3. Per ragioni di completezza, daremo definizioni ed enunciati in Rn.

Definizione 1 Sia f : Rn → C sommabile. Si definisce trasformata di Fourier di f la funzione f : Rb n→ C data da

f (ω) =b Z

Rn

f (x)e−iω·x dx ,

dove, se ω = (ω1, . . . , ωn) e x = (x1, . . . , xn) sono elementi di Rn, allora ω · x =

n

X

i=1

ωixi

indica il prodotto scalare di ω per x.

La trasformata di Fourier in Rn gode delle stesse propriet`a formali della trasformata di Fourier in R. In particolare, ω 7→ bf (ω) `e una funzione continua e limitata, infinitesima per |ω| → +∞. Tale trasformata si pu`o estendere a funzioni L2(Rn; C) tramite il

Teorema 1 (di Plancherel) Data f ∈ L2(Rn; C), per k ∈ N, k 6= 0, si definisca gk(ω) =

Z

Bk(0)

f (x)e−iω·x dx .

Allora gk ∈ L2(Rn; C) per ogni k ≥ 1, e la successione {gk}k≥1 converge in L2(Rn; C) ad una funzione che chiamiamo trasformata di Fourier di f , e che indichiamo ancora con bf o F [f ]. Inoltre vale l’identit`a

k bf k22 = (2π)nkf k22. (1)

E evidente che per n = 1 il teorema si riconduce al teorema di Plancherel in R. `` E altrettanto evidente che nel caso in cui f ∈ L1(Rn; C) ∩ L2(Rn; C) le due trasformate di Fourier di f in ambito L1(Definizione 1) e in ambito L2(Teorema di Plancherel) coincidono. Prima di enunciare il teorema che ci condurr`a al Principio di Indeterminazione ci serve un’altra definizione.

Definizione 2 Dati f ∈ L2(Rn; C), con kf k2 > 0, e a ∈ Rn, si dice dispersione di f attorno al punto a la quantit`a

af = Z

Rn

|x − a|2|f (x)|2 dx Z

Rn

|f (x)|2 dx

=

(x − a)f

2 2

kf k22 .

Si osservi che nulla vieta che la dispersione di f attorno ad a sia infinita: `e sufficiente che la funzione x 7→ (x − a)f (x) non appartega a L2(Rn; C).

(2)

Osservazione 1 Dato un vettore aleatorio X a valori in Rn, supponiamo abbia una densit`a di probabilit`a x 7→ |f (x)|2, cosicch´e valgono

kf k22= Z

Rn

|f (x)|2 dx = 1 , Prob (X ∈ Ω) = Z

|f (x)|2 dx , con Ω ⊆ Rn misurabile. Se

a = E(X) = Z

Rn

x|f (x)|2 dx

`

e il valore atteso (media) di X, allora vale

af = Z

Rn

|x − a|2|f (x)|2 dx = Tr Σ(X) ,

cio`e la dispersione di f attorno ad a `e la traccia della matrice di covarianza di X, che abbiamo denotato con Σ(X). Tale traccia fornisce una misura della dispersione di X attorno al suo valor medio.

Per dimostrare il teorema principale di questa nota, `e utile ricordiamo la definizione di funzione (localmente) assolutamente continua

Definizione 3 Sia f : R → C continua, derivabile q.o. con derivata f0 localmente sommabile, cio`e sommabile in ogni intervallo limitato (f0 ∈ L1loc(R)). Allora f si dice (localmente) assolutamente continua se vale

f (b) − f (a) = Z b

a

f0(s) ds ∀a, b ∈ R .

Il teorema seguente contiene la disuguaglianza di Heisenberg da cui seguir`a il Principio di Indeter- minazione.

Teorema 2 (Disuguaglianza di Heisenberg) Sia f ∈ L2(Rn; C), con kf k2 > 0. Allora (∆af )(∆αf ) ≥b n2

4 ∀a, α ∈ Rn. (2)

Dim. Ci limitiamo a dimostrare il teorema nel caso n = 1. Dapprima supponiamo a = α = 0, cosicch´e (2) si riduce a

Z

R

x2|f (x)|2 dx



·

Z

R

ω2| bf (ω)|2



≥ 1

4kf k22k bf k22 = π

2kf k42, (3) dove si `e usata l’identit`a (1). Se xf (x) 6∈ L2(R; C) o ω bf (ω) 6∈ L2(R; C), (3) `e banalmente vera perch´e il primo membro `e infinito. Supponiamo allora che x 7→ xf (x) e ω 7→ ω bf (ω) siano entrambe funzioni di L2(R; C). In tal caso sia f che bf sono funzioni assolutamente continue con f0, bf0 ∈ L2(R; C), per le note propriet`a della trasformata di Fourier in R. Si osservi inoltre che vale

x→±∞lim x|f (x)|2= 0 . (4)

(3)

Infatti, x 7→ x|f (x)|2 `e funzione sommabile, poich´e

|x||f (x)|2 ≤ |f (x)|2χ[−1,1](x) + |x|2||f (x)|2χ{|x|>1}(x) ,

ed entrambe le funzioni al secondo membro sono sommabili, essendo f e x 7→ xf (x) in L2(R; C).

Se dimostriamo che x 7→ x|f (x)|2 ha limite per x → ±∞, allora (4) segue immediatamente.

Proviamolo per x → +∞, l’altro caso si dimostra in modo del tutto simile. Si osservi che essendo f localmente assolutamente continua, tale `e anche x 7→ x|f (x)|2, e vale

x|f (x)|2= Z x

0

|f (s)|2 ds + 2 Z x

0

sf0(s)|f (s)|sgn f (s) ds , (5) dove, se z ∈ C, allora sgn z = z/|z|. Si osservi che

x→+∞lim Z x

0

|f (s)|2 ds = kf k2L2(0,+∞;C)< +∞ , essendo f ∈ L2(R; C). Inoltre, denotando con (·

·) il prodotto scalare in L2(R; C), grazie alla disuguaglianza di Cauchy-Schwarz, si ha

Z

R

sf0(s)|f (s)|sgn f (s) ds =



sf (s) · sgn f (s) |f0|

≤ ksf (s)k2kf0k2< +∞ , e quindi la funzione s 7→ sf0(s)|f (s)|sgn f (s) `e sommabile in R. Allora anche

x→+∞lim Z x

0

sf0(s)|f (s)|sgn f (s) ds

esiste finito, e da (5) si deduce che x|f (x)|2 ha limite (finito) per x → +∞, come si voleva.

Ora osserviamo che, grazie a (1), Z

R

|ω bf (ω)|2 dω = Z

R

| bf0(ω)|2 dω = 2π Z

R

|f0(x)|2 dx , (6)

ed inoltre, integrando per parti e usando (4) Z

R

|f (x)|2 dx = x|f (x)|2

+∞

−∞

− 2 Z

R

xf0(x)|f (x)|sgn f (x) dx

≤ 2kxf (x)k2kf0k2, (7)

dove si `e usata la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz. Da (6)-(7) si deduce

Z

R

|f (x)|2 dx

2

≤ 4kxf (x)k22kf0k22 = 2

πkxf (x)k22kω bf (ω)k22, da cui si ottiene (3).

Per dimostrare il teorema con a, α ∈ R generici, consideriamo la funzione G : R → C definita da G(x) = e−iαxf (x + a) ,

(4)

che appartiene ad L2(R; C), perch´e vi appartiene f . Allora

0G = Z

R

|x|2|f (x + a)|2 dx Z

R

|f (x + a)|2 dx

y=x+a

= Z

R

|y − a|2|f (y)|2 dy Z

R

|f (y)|2 dy

= ∆af .

Inoltre

G(ω) = Fb f (x + a)(ω + α) = eia(ω+α)f (ω + α) ,b da cui si ottiene

0G =b Z

R

|ω|2| bf (ω + α)|2 dω Z

R

| bf (ω + α)|2

ξ=ω+α

= Z

R

|ξ − α|2| bf (ξ)|2 dξ Z

R

| bf (ξ)|2

= ∆αf ,b

e quindi, grazie a (3),

(∆af )(∆αf ) = (∆b 0G)(∆0G) ≥b 1 4,

come si voleva. 

In meccanica quantistica una particella che si muove (ad esempio un elettrone) `e descritta con una funzione d’onda, cio`e una funzione f ∈ L2(R3; C), tale che kf k2 = 1; la funzione x 7→ |f (x)|2

`

e interpretata come una densit`a di probabilit`a, cosicch´e, dato un insieme Ω ⊆ R3 misurabile, la quantit`a

Z

|f (x)|2 dx

d`a la probabilit`a che la particella si trovi in Ω. La condizione kf k2 = 1 garantisce che effettivamente

|f |2 sia una densit`a di probabilit`a. Supponiamo ora di effettuare delle misure sulla posizione della particella, ottenendo un vettore aleatorio X a valori in R3, con densit`a |f |2. Se a `e la media di X, grazie all’Osservazione 1, la dispersione ∆af di f attorno ad a `e la traccia della matrice di covarianza di X, e fornisce una misura dell’errore che si commette valutando con a la posizione della particella.

La trasformata di Fourier della funzione d’onda fornisce la densit`a di probabilit`a per la quantit`a di moto. Pi`u precisamente si definisce una trasformata di Fourier modificata ef ponendo

f (ξ)e .

= 1

(2π~)3/2f (ξ/~) =b 1 (2π~)3/2

Z

R3

f (x)e−ix·ξ/~ dx , dove ~ `e la costante di Dirac, cio`e, se h `e la costante Planck,

~ = h

2π ≈ 1.054571628 × 10−27erg · sec . Dall’identit`a (1) si ottiene

Z

R3

| ef (ξ)|2 dξ = 1 (2π~)3

Z

R3

| bf (ξ/~)|2ω=ξ/~= 1 (2π)3

Z

R3

| bf (ω)|2 dω = Z

R3

|f (x)|2 dx = 1 ,

(5)

cosicch´e | ef (ξ)|2 `e effettivamente una densit`a di probabilit`a: dato Θ ⊆ R3 misurabile, l’integrale Z

Θ

| ef (ξ)|2

`e la probabilit`a che la particella la cui funzione d’onda `e f abbia quantit`a di moto appartenente a Θ. Analogamente a quanto osservato prima per f , se Ξ `e una variabile aleatoria a valori in R3 che d`a la misura della quantit`a di moto della particella con funzione d’onda f , e se la media di Ξ `e α ∈ R3, allora la dispersione di ef attorno ad α, ∆αf , fornisce una misura dell’errore che sie commette assegnando alla quantit`a di moto il valore α.

A questo punto siamo pronti per dedurre il Principio di Indeterminazione dalla disuguaglianza di Heisenberg (2). Dato α ∈ R3, si ha

αf =e Z

R3

|ξ − α|2| ef (ξ)|2 dξ Z

R3

| ef (ξ)|2

=

(2π~)−3/2 Z

R3

|ξ − α|2| bf (ξ/~)|2 dξ (2π~)−3/2

Z

R3

| bf (ξ/~)|2

ω=ξ/~

=

~3 Z

R3

|~ω − α|2| bf (ω)|2

~3 Z

R3

| bf (ω)|2

=

~2 Z

R3

|ω − α/~|2| bf (ω)|2 dω Z

R3

| bf (ω)|2

= ~2α/~fb

Usando la disuguaglianza di Heisenberg (2) con n = 3 si ottiene (∆af )(∆αf ) = ~e 2(∆af )(∆α/~f ) ≥b 9

4~2, (8)

che `e il Principio di Indeterminazione di Heisenberg, e mette in correlazione gli errori commessi nel valutare posizione e quantit`a di moto (e quindi velocit`a) di una particella. Se si misurano contemporaneamente posizione e quantit`a di moto di una particella, le densit`a di porbabilit`a delle variabili aleatorie che si ottengono sono rispettivamente la funzione d’onda f e la sua trasformata f . Ne consegue che gli errori che si commettono valutando posizione e quantit`e a di moto con le loro medie sono correlati tramite (8), e quindi non `e possibile avere la stessa accuratezza nelle due misure.

Bibliografia

G.B. Folland, Fourier analisys and its applications, Wadsworth & Brooks/Cole Advanced Books &

Software, Pacific Grove (CA) 1992

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