TAGETE -ARCHIVES OF LEGAL MEDICINE AND DENTISTRY
TAGETE 1-2012 Year XVIII ISSN 2035 – 1046
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SUL DANNO ALLA CAPACITÀ LAVORATIVA SPECIFICA E RELATIVA PROVA GIUDIZIALE.
Silvia Stefanelli*
Due recenti sentenze dalla Corte di Cassazione offrono lo spunto per una riflessione sul danno alla capacità lavorativa specifica e sulla prova che deve esserne data in giudizio.
Si tratta della Cass. civ., 30 novembre 2011, n.25571 con la quale è stata riconosciuto il danno patrimoniale da incapacità lavorativa specifica anche ad una studentessa non lavoratrice e Corte di Cassazione, 20 dicembre 2011 sez. III Civile n. 27584 sulle prove giudiziali di tale tipologia di danno.
Vediamole separatamente.
CASS. CIV., 30 NOVEMBRE 2011, N.25571
Il caso riguarda la richiesta di risarcimento da parte di una ragazza rimasta coinvolta in un sinistro avvenuto quand'era ancora un bambina la cui ctu giudiziaria, disposta in primo grado dopo 9 anni dall'evento, veniva effettuata quando la stessa era ancora
* Foro di Bologna, Mediatore ex DM180/2010.
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all'università.
In primo grado il giudice riconosceva il danno da capacità lavorativa specifica futura; al contrario la Corte d'Appello, in ragione del fatto che la danneggiata, al momento della CTU era ancora studentessa universitaria, sosteneva non poteva essere riconosciuto un danno patrimoniale da mancanza di attività lavorativa.
La sentenza è molto interessante in quanto i giudici – dopo aver precisato «La liquidazione del danno patrimoniale da riduzione della capacità di lavoro e di guadagno non può costituire un'automatica conseguenza dell'accertata esistenza di lesioni personali» (cfr. Cass. n. 4493/2011) - definiscono in primo luogo i criteri che occorre seguire per valutare in generale il danno da capacità lavorativa specifica, per poi delineare, in un secondo momento quali siano i cardini a cui attenersi quando il soggetto è studente (cioè trattasi di soggetto che al momento non produce reddito).
In via generale dunque tre sono i passaggi-chiave per misurare il danno alla capacità lavorativa specifica:
a) occorre provare che «il soggetto leso svolgesse un'attività produttiva di reddito»;
b) occorre provare la «mancanza di persistenza, dopo l'infortunio, di una capacità generica di attendere ad altri lavori, confacenti alle attitudini e condizioni personali ed ambientali dell'infortunato, ed altrimenti idonei alla produzione di altre fonti di reddito»;
(così Cass. n. 10074/2010),
c) la prova «può anche essere presuntiva, purché sia certa la riduzione della capacità di guadagno» (così ex plurimis Cass. civ., Sez. 3^, 14/12/2004, n. 23291).
Chiarito quanto sopra, in relazione al caso in esame, la Corte prendeva atto che risultava fisicamente accertata la perdita della capacità lavorativa specifica, in considerazione all'attività specifica attività per la quale la danneggiata stava studiando.
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Più precisamente la danneggiata, iscritta alla facoltà di Chimica e Farmacia, avrebbe dovuto presumibilmente svolgere attività di laboratorio con uso di entrambe le bracci e mani, mentre, al contrario, l'esame elettromiografico effettuato in sede di CTU aveva evidenziato "l'assenza di attività volontaria a carico dei muscoli, estensore comune delle dita, estensore radiale ed ulnare del carpo", da cui conseguiva appunto una perdita della capacità lavorativa specifica (a 17 anni) in relazione ai futuro lavoro inerente gli studi in corso.
Conseguentemente la circostanza che gli studi fossero ancora in corso non poteva portare ad una negazione tout court del danno patrimoniale da capacità lavorativa specifica, stabilendo invece che «la liquidazione del risarcimento del danno va svolta sulla previsione della sua futura attività lavorativa, in base agli studi compiuti o che si stanno portando a termine».
Più esattamente si legge in sentenza “il danno patrimoniale futuro deve essere valutato su base prognostica e che il danneggiato può avvalersi a tal fine anche delle presunzioni. I giudici di seconde cure in definitiva hanno omesso di considerare, come invece avrebbero dovuto, se, alla luce degli accertamenti che si sarebbero potuto compiere, si sarebbe potuto presumere, fondatamente o meno, una riduzione della capacità di guadagno della L.M. , in termini di certezza o di elevata probabilità, così da pervenire ad una decisione diversa nella sua sostanza.”
CORTE DI CASSAZIONE, 20 DICEMBRE 2011 SEZ. III CIVILE N. 27584
La seconda sentenza attiene al tema della prova del danno da invalidità di lavoro specifica.
Il danno risarcibile in caso di invalidità, infatti, non concerne l’incapacità lavorativa in sé
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e per sé, ma la conseguenza del mancato guadagno. Tale mancato guadagno deve essere provato dal soggetto leso.
Ora, anche in questa recente sentenza – riprendendo la più recente giurisprudenza - i giudici hanno affermato che il mancato guadagno futuro , nell’ipotesi in cui la compromissione della capacità lavorativa sia di entità rilevante, può essere provato anche mediante presunzioni.
Nel caso di specie si trattava di un medico convenzionato con il SSN la cui invalidità permanente incidente sulla capacità lavorativa specifica era stata accertata da c.t.u.
senza contestazioni nella misura del 45%, ed altresì il medico stesso aveva dimostrato di aver subito una diminuzione dei pazienti ed una progressiva riduzione dell'attività svolta all'epoca dei fatti, con un evidente pregiudizio di carattere patrimoniale.
In questo senso così si legge in sentenza: “… se la riduzione della capacità lavorativa specifica è di una certa entità, è possibile presumere che la capacità di guadagno risulti ridotta anche per il futuro, qualora la vittima già svolga come nella specie, un’attività.
Correttamente, pertanto, la Corte territoriale ha ritenuto – coerentemente con consolidato orientamento di questa S.C. che il soggetto leso abbia assolto l’onere di allegare e provare, anche mediante presunzioni, che l’invalidità permanente abbia inciso sulla capacità di guadagno (Cass. n. 23761/2011, in motivazione; 18866/2008 e 10031/2006)”
Trattandosi di prova presuntiva, la controparte (in questo caso l’assicurazione) è ammessa alla prova contraria, a dimostrare, cioè, che, nonostante la diminuzione della capacità lavorativa specifica di notevole entità, non vi sia stato un pregiudizio di carattere economico ed un danno patrimoniale.