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DONATO ED ERCOLE SILVA

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DONATO ED ERCOLE SILVA

CONTI DI BI AND RATE .

CENNI BIOGRAFICI

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MILANO 1876.

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Celebrare domestica facla.

HORAT. DeArt.Por.

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IN QUESTA CASA ABITARONO DONATO SILVA (1690-1779) ED IL NIPOTE ERCOLE (1756-1840)

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CONTI DI BIANDRÀTE

L’UNO INSIGNE IN FISICA MATEMATICA STORIA L’ALTRO BIBLIOFILO INTRODUSSE FRA NOI

ILLUSTRÒ I GIARDINI INGLESI

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La ragione, che mi mosse a farcollocarequestaiscri­

zione sulla casa altre volte Silva,in via del Lauro, N. 9, come altamenteè sentitadame, pronipotea que’duegrato e devoto,vorrei fosse condegnamente apprezzata dai Mi­

lanesi e perciòparmiopportunissima la ristampa delle biografìe, che già ne fecero la valente penna del Com­

mendatoreCesareCantù, e quella del fu Prof. Cav. Cesare

Rovida. *

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Carlo Ghirlanda-Silva.

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DONATO SILVA fA

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CONTE DI BIANDRATE.

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u un bel momento per la nostracittà il mezzo del

secolo passato, allorché, secondando gli eserapj esterni e le benevole intenzioni di principi, desiderosi veracemente del bene dei popoli e volenti che dal trono scendessero i miglioramenti, in tutto si tendeva a riparare, a rad­

drizzare, d’accordo in ciò clero e laici, popolo e nobili, governatori e governati. Verrà forse giorno, Dio e gli uomini permettendo, che esporrò il quadro di quella ci­

viltàdipreparazione(*); per orami sia lecito trattenerci miei concittadini, non sopra l’iuvidia di una gloria re­

cente o sul dolore di una fossa appena dischiusa, ma sopra uno di quei nomi che non dovrebbero invecchiare per età, il conte Oomaflo Saliva.

Ionon vi dirò i modisuoi gentili, attestatida chiseco

(*) L’ha poi fatto principalmente nel Parini e il suo secolo e nel Bec­

caria e il diritto penale, poi nella Storia degli Italiani.

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10 DONATO SILVA

visse; non l’istruzione che cercò, meta dalle scuole che dai viaggi e dalla conversazione coi buoni; non il desi­

derio d’apprendere, l’abitudine di riflettere, la cautela di sperimentare prima di credere e dideridere; quellatran­

quillità di sentimenti e serenità di vedere che tanto con­

tribuiscono alla felicità: — doti che mille e mille credono possedere, o non giudicano importante il conseguire, o puerile l’ammirare. Magistrature nonsostenne; non splen­

dide missioni; nulla scoprì; eppure merita insigne posto nell’età che riuniva in Milano Beccaria, i Verri, i Pini, i Lechi, la Agnesi, il Parini.

Come v’è ricchi e poveri, e sempre vi saranno mal­

grado il sansimonismo e le banche; e la Provvidenza di­

spose così,acciocché, gli uni coadiuvando gli altri, ne na­

sca reciproco amore; così vorrebbero, nel regno dell’in­

telletto, esservi uomini che fanno, ed altri che ajutanoa fare. Or tra quelli che ajutano, fu sommo il conte Silva.

Lodovico Muratori, visti i tesori sepolti nella Biblio­

teca Ambrosiana, pubblicògli Aneddoti latini, poi i giteci, deboli fila di una gran tela che veniva ordendo in suo pensiero; ed era di raccorre, da quellae da tutte le Bi­

blioteche, quanti documenti illustrassero la storia d’Italia.

Ma impresa sì gigantesca poteva condursi da un uomo solo? Incalzato però dall’inquietudine che cagionano un gran pensiero e la fogad’effettuarlo, lasciò trapelare quel suo concetto. Il conte Silva, appena l’ode, vi arride, e vuole sostenerlo di forza. S’accorda col conte Carlo Ar- chinti,e chiamati al nobile intento altre buone borse, co­

stituisce la Società Palatina. Erano, oltre i predetti, il conte Pertusati, il questore Calderari, il conte Costanzo

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CONTE DI BIANDRATE.

e il marchese Giuseppe d’Acida, il conte Antonio Sirnò- netti, il marchese Teodoro Trivulzio: — conti e mauchesi, che s’associavano a che? alla spesa di pubblicare opere che onorassero lapatria comune. Tosto si ebbe una fonde­

ria, e il più ricco assortimento dicaratteri che quisi fosse veduto; l’Argelàti è chiamato da Bologna per dirigervi la stampa; Carlo VI la esime dalla censura; e il buon Muratori, che sarebbe visso e morto prevosto come tanti altri, mercè di quelli divenne il padre della storia ita­

liana, Perudito che tutte le nazioni c’invidiarono.

La primaopera fu nullameno che gli Scrittori delle cose italiane, 28 volumi in-folio, che restano ancora un modello dopotanti progressi; stamparono poileIscrizioni, /accolte dal Muratori stesso, in 4 volumi, e in 6 le sue Antichità del Medio Evo; poi la Biblioteca degli scrittori milanesi dell’Argelati, le opere del Sigonio, la raccolta de’ poeti latini colla traduzione in versi, le opere sulle monete, a tacer altre minori.

Al Silvaerano affidate l’economiae l’andamentodella stampa, oltre collaborare alla raccolta, cui fornì la più estesa, se non la più esatta storia de' Longobardi, quella di Paolo Warnefrido; crebbe di note] la dissertazione preliminare sulla coreografìa d’Italia; stampò anche a parte la cosìvivace eattraente Cronaca diPietro Azario, con tre dissertazioni e note perpetue che la rendono un ragguaglio compiuto dei primi novesignori Visconti.

Maio non vogliomostrarvelo autore; bensì promotore degli studj e d’ogni incremento del bel sapere. Radunò una ricchissima Biblioteca,ove ilibri non stavano chiusi, come le odalische in man degli eunuchi, sibbene a van-

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taggio suo e di chi sapesse farne prò. Il padre Grazioli vuolescriveresulle fabbrichenostre? Silva gli somministra i manoscritti dell’Alciati e del Cotta. S’ha a riparare il fiume Sesia? sorgono dispute di confini, d’antichità, di storia? si scopre una lapide? entra un dubbio (comporta­

bile ai tempi)se certe iscrizioni sieno etnischeo gotiche?

Si ricorre al Silva; ed egli mette a servigio altrui le tante cognizioni sue e degli amici; se occorra, scriverà per pareri fino alle Università di Stokolm e di Upsala.

A noi, avvezzi ad ammirarci per tenerci dispensati dall’erudirci, non pardacredereche,cent’annifa,un conte milanese, contemporaneo de’lombardi Sardanapali derisi dal Parini, leggesse le Transazioni filosofiche di Londra, come oggi i colorodiscendenti potrebbero leggere la Mode o George Sand. Eppure il Silva non solo le leggeva, ma ne faceva estratti che sussistono ancora, e dove piace il vedergliesporrele forinole analitiche di Wallise diWren sull’ urto dei corpi, con una chiarezza mirabile in paese ove nè tampoco 1’algebra era stata ancora diffusa dal Rampinelli e dalla Àgnesi : aggiunse sperienze pro­

prie a quelle di Derham sulla propagazione del suono;

quando Auzout propose dubbj sul variare delle macchie luuari, il Silva commise a Baillou uno de’ più forti can­

nocchiali per osservarle; alla prima notizia delle cala- mite artificiali, le imitò; riprodussei primi elettrici spe­

rimenti. .

Nella sua villa di Cinisello raccolse rarità naturali, e fin dal 1733 il sole lombardo vi colorò l'ananas, e svi­

luppò la instachiaì la dacroena reflexa, l’arum bicolor, il thè verde e altre piante di cui un altro patrizio, il

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CONTE DI BIANDRATE.

conte Castiglioni, doveva arricchire le Driadi nostre. Nè l’agronomiatrascurò, massime quella parteche oggitanto si cura, il gelso e le sue malattie. Non occorre dirvi che coadjuvò alla Società Patriotica, istituzione che, come tant’altre, la rivoluzione distrusse senza nulla sosti­

tuirvi.

Nella meschina educazione d’allora, era incappato aneli’esso delle follie astrologiche; ma ravveduto, driz- zossi a correggere questo come altri pregiudizj e volgari e dotti; di que’ pregiudizj che alcuni, pretendenti al ti­

tolo di franchi pensatori, accarezzano col riso o coll’ira.

Mentre ilTartarotti combatteva le streghe e sosteneva i maghi, e il Maffei agli uni e alle altre facea guerra, il conte Silva scopriva e pubblicava la frode o l’ignoranza in tutti i casi speciali che allora moltiplicavansi in Mi­

lano di folletti e rumori e stregonerie. A convincere gli ostinati, il Silva' la stampare l’opera del Frisi De figura et magnitudine terree, ed apre a questo giovane una bella carriera col lanciarlo campione della verità. Quella

* filosofia, che i ritardatori vorrebbero ancora farci ammi­

rare, traendo l’uomo dalle scimmie e la presente coltura nostra dalle selve, predicò che la naturale andatura del­

l’uomo sarebbe a carpone, e ognun sa chi fra noi ciò so­

stenne cogli argomenti che non mancano a nessun para­

dosso. Il Silva uscì con buone ragioni d’anatomia a sal­

ali’uomo il privilegio di bipede, chi non volesse di vare

più salvargli sempre quello di ragionevole.

Era nato il 1690, e placido scorse 89 anni in decorosa e benefica ricchezza. Morto, il principe Belgiojoso gli er­

geva nel suo parco un monumento, siccome ad amico

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14 DONATO SILVA

d’onnigena erudizione, cheavea dollrin% Vautorità, i consigli richiamate nella città principale d'Insubria le arti sbandite per colpa de' tempi. Paolo Frisi ne ver­

gava l’elogio, definendolo il cavalierepiucolto chevi sia stato ne3 tempi addietro, ilprimo che abbiadato moto ed eccitamento ai buoni sludj. A quest’elogio aveva sommini­

strato ogni cosa (fuorché il nome) il conte Ercole Silva, nipote di Donato, ben noto per l’erudizione sua a chi lo frequenta, e al mondo letterario per varie Memorie , e singolarmente per l’opera in duevolumi sui Giardini In­

glesi, ove mostrò conoscere anche per teoria ciò che così insignemente avea messo in pratica nella sua delizia di Cinisello. Ora questi, in età vicina all’ultima dello zio, e grave di malori che ne opprimono il corpo senza abbat­

terne lo spirito, in quella studiosa solitudine conserva e prosegue l’operadi Donato nella doviziosa Biblioteca, nel­

l’amenissimo giardino e nel museo, sua creazione. E per­

chè la memoria del venerato parente non languisse, com­

mise una medaglia a L. Manfredini, nome raccomandato a così insigni lavori, che basta il dirla uscita dal suo bulino e dalla sua fonderia per indicare un’opera ove la squisitezzadel concetto pareggilafinitezza dell’esecuzione.

E delle sue più belle riuscì questa medaglia, ove la testa, bene e nettamente rilevata, esprime 1’ uomo benevolo e pensante: ed ove l’acconciatura è il vestire di que’ tempi sono conservati e corretti quanto si richiede per unire la verità alle ragioni dell’ arte. Vi si legge attorno Donato Silvce Corniti Bianderati N. MDCXC, M. MDCCLXXIX;

e nel rovescio, fra una ghirlanda di quercia, Omni scitu molli cequalium secundo: lode che non parrà esagerata dall’afietto che la dettò.

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CONTE DI BIANDRATE.

« Bella! » esclamava imo in vederla; « bellissima!;

e chi fu questo conte Silva? » Il che udendo io, parvemi debito d’indipendente sincerità e di lontana gratitudine il revocare in memoria ai Milanesi un nostro benemerito concittadino; ai ricchi ed ai patrizj un insigne esempio.

22 agosto 1839.

G. Cantù.

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IL CONTE ERCOLE SUJV~~

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Urcolc Silva, conte di Biandrate, nacque in Milano il 2 marzo delTanno 1756, da Ferdinando , e dalla con­

tessa Maria Rovida, sorella di mio padre, la quale io non ebbi altra sorte di conoscere che soltanto per epi­

stolare commercio negli ultimi anni da lei vissuti in Na­

poli. Ebbe i primi rudimenti del sapere nel collegio di Merate. Ma all’aperto ingegno del giovinetto ed al fer­

vore de’ suoi studi s’addiceva campo piùnobile e più va­

sto: cpperò nel collegio de’ Cavalieri in Bologna, poi nel dementino di Roma ottenne egli da’ suoi buoni genitori di poter compiere la civile e scientifica educazione. In Bologna ebbe a maestro di Belle Lettere il chiarissimo Clemente Bondi, da cui trasse particolare incitamento a coltivare la poesia: e s’ei non riuscì poeta, sebbene ab­

bia lasciato varii componimenti in verso, riuscì al certo bel parlatore ed elegante scrittore.Fra glialtri dotti pro­

fessori ascoltò in Roma il Padre Gemelli, che dettava

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18 IL CONTE ERCOLE SILVA.

Fisica, ed occupavasi di que’ giorni nel mettere insieme una collezione d’oggetti diversi appartenenti alla Storia Naturale. Fu egli che al giovine cavaliere milanese in­

spirò tanto amore per quella scienza, che in Roma, in Napoli, ove, compiutigli studi, passò qualche tempo prima di ripatriare, ed in Firenzeda ultimo fece esso pure tutti gli acquisti che potè di consimili produzioniper darprin­

cipio al suo privato Museo, del quale parleremo in ap­

presso, e di cui a tutta ragione può dirsiavesse egli tro­

vato il nucleo soltantone’pochi pezzi raccolti dall’illustre suo zio, il conte Donato Silva. Il nostro Ercole, uscito dal dementino, fermossi un anno ancora in Roma per assi­

stere alle pubbliche lezioni di legislazione del professore Gaspari, tanto a que’ giorni per tutta Italia rinomato, avendo già atteso a quelle di anatomianel civicospedale, lette dal Rossi, mentr’eratuttoraConvittore, per una spe­

ciale concessione di*que’ superiori.

Ricco di solide cognizioni, ed alle più nobili e più gentili maniere informato,il conte Ercole tornò in patria, e ben tosto conciliossi l’amore e la stima de’ suoi con­

cittadini, e particolarmente di quelli fra essi che tanta luce di sapere spandevano, e tanta bontà di animo pos­

sedevano, onde a buon diritto poter essere appellati l’or­

namento e lo splendore della milanese Nobiltà;e vagliano per tutti un marchese Cesare Beccaria, il conte Pietro Verri e suo fratello il cavaliere Alessandro. Il Frisi ce­

lebre matematico, e Parinipiù celebreancora come poeta, erano suoi intimi amici.

Ma una irrefrenabile bella smania di viaggiare lo spinse ad abbandonar di nuovo Milano. Egli diede prin-

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IL CONTE ERCOLE SILVA.

cipio a’ suoi viaggi nel 1783, nè gli interruppe per ben quattro anni consecutivi.Non si prefisse tuttavia il vanto di esplorare inospite spiagge, volle solo ben conoscere i più culti paesi, dirò quasi a compimento di sua nobilis­

sima educazione. Nessuno oramai ignora quanto i viaggi intrapresi colla mira propostasi dal conte Ercole Silva torninoutilia’giovani facoltosi. Percorse il Silvala Fran­

cia intera (avendo già, come si è notato, vista in gran parte, giovinetto ancora, l’Italia), l’Inghilterra, i Paesi Bassi, l’Olanda a molte regioni della Germania, ammesso dappertutto alle più fiorite adunanze, dappertutto festeg­

giato dai piùragguardevoli personaggi, tra’ quali piacemi ricordare un Bailly, un Condorcet, un Cobentzel, un Kau- nitz, spesse volte ricordati nelle sue Memorie. Nè solo contentavasi egli di vedere le capitali, come fa la mag­

gior parte de’viaggiatori comuni: soggiornò alungo nelle provincie ancora, e in tutti quei paesi, ove qualche cosa eccitar potesse la dotta sua curiosità, e così ebbe campo ed agio di bene e pienamente conoscere le contrade tutte che percorreva. Trovossi nel 1785 in Parigi, allorachè da Milauo vi erano pur giunti il serenissimo arciduca d’Au­

stria Ferdinando, Governatore della Lombardia,e l’arci­

duchessa Maria Beatrice sua moglie, seguiti daifigli, cui aveva avuto l’alto onore di ospitare nella sua villeggia­

tura di Cinisello in occasione della curadel vaiuolo stato . loro inoculato (*), e fu abbastanza fortunato di passare

(*) Iscrizione del chiarissimo Guido Ferrari, posta sulla porta del­

l’atrio della villeggiatura Silva in Cinisello, ora Ghirlanda Silva, che ri­

corda questo onore.

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20 IL CONTE ERCOLE SILVA.

eoa quella illustre comitiva per la seconda volta in In­

ghilterra; potendo così esaminare più estesamente e più liberamente tutti que’grandiosi istituti e quelle macchine ingegnose che, massimamente allora, con tanta gelosa cura gli Inglesi tenevano lontane dagli occhi de’ viag­

giatori. Co’ medesimi Principi, visitata l’Olanda, si ren­

dette nella capitale della Monarchia Austriaca, ove fu tosto chiamato ai più intimi convegni del principe di Kaunitz, composti di diplomatici, generali, scienziati ed artisti di prim’ordine. Le note che il Silva lasciò mano­

scritte concernenti a questi viaggi, piene di erudizione, di sana critica, di filosofiche riflessioni, gli avrebbero di fermo procurato un bel nome nella repubblica letteraria, se fossero state mandate in luce a quel tempo: giacché pochi erano allora i dotti viaggiatori italiani, pochissime le dotte relazioni di viaggi.

Tornato a Milano, il conte Ercolepassò alquanti anni nella maggiore intimità coH’arciduca Ferdinando di già mentovato, e seco, quasi amico con amico, divise l’ama­

rezza de’ primi anni della francese rivoluzione, fumante del sangue de’reali martiri Luigi XVI ed Antonietta

HOSPES.ASTA. LEGE .NEO . PIGUERIT. SCIRE.FERDINANDUM. ET BEATRICEM.ARCIIIDD .AUSTRIiE .IUC .CONSED1SSE.DIES .XXX.

ASSEDISSEQUE.LIBERIS. SUIS GRANDI.l’ATRIJE.C1IARITATIS EXEMPLO.DUM.VARtOLARUM .SATOS.EXITUM.HABERET .UT. IIABUIT

FORTUNATISSIMA!.NUNC.SUCCEDE .PERLUSTRA. SINGULA. MEMOR JIIS.DELICIGLIS. IIORTENSIBUS.ET. AMCENITATE .LOCI HILARES

FUISSE.AC. L/ETOS. NEPOTULOS .CA3SARUM.AUGUSTORUM HERCULES .DE.SYLVA . COMES.BLANDERATI .M .P .

A.CIO.IO.CO .XIIIC.

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IL CONTE ERCOLE SILVA.

d’Austria: ned eraviraunanza,ove.desiderato ei nonfosse, tutti gli animi ben fatti prevenendo in suo favore la sua sola fisionomia, su cui leggevasi aperto il candido cuore;

la purgatissima favella in che si esprimeva,parlasse ita­

liano o francese; e quel corredo di cognizioni svariate e profonde, e quel buon gusto in materiad’arti particolar­

mente, di cui faceva mostra senza ostentazione, utilmente consigliando chiunque ne lo avesse richiesto. Nè mi oc­

corre di notar qui come egli in ispecie fosse carissimo al Ministro Plenipotenziario, conte di Firmian; però che dove si parli d’uomini dotati di nobile intelletto ed amici de’ buoni# studi, la memoria ricorre subito a lui, che di tanto favore gli onorava in questa nostra Milano.

Ed è veramente da compiangersi la meschina salute del Silva, che guastossi sino dal 1799, mentr’era per la seconda volta in Napoli, andatovi ad accompagnare la madre, che passava a seconde nozze col Duca di Casa­

massima, la quale debolezza di salute, cresciuta eziandio da profonda melanconia tratto tratto ricorrente, cui non potè domare, lo tenne pur troppo tantaparte di sua vita lontano da noi, e quasi diviso dall’umano consorzio, nel­

l’amena sua villa di Cinisello. Colà un qualche sollievo a’suoi malori traeva dallo studio indefesso, dallo atten­

dere all’incremento della Biblioteca, splendida per pre­

giatissime edizioni del secolo XV, che con tutto il suo ricco patrimonio avevagli legata lo zio conte Donato, dall’ordinare il Museo di Storia Naturale, e il Gabinetto delle Antichità, sua ultima e molto stimata creazione. Il Museo Silva possedè pregevolissimi minerali, e primeg­

giano fra questi quelli delle bellissime miniere di ferro

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22 IL CONTE ERCOLE SILVA.

dell’Elba, che, vedute per la prima volta dal celeberrimo P. Ermenegildo Pini Barnabita, il fondatore del Museo di Milano annesso al Regio Liceo di Sant’Alessandro, e primo professore di Storia Naturale in Lombardia,lo in­

vogliarono a visitare egli stesso quell’isola, donde tornò carico veramente d’opime spoglie, che formano ora uno de’ più begli ornamenti dell’accennato pubblico Museo. Il Medagliere venne raccolto dal conte Ercole ne’ suoi ul­

timi anni, e sebbene non vi abbia potuto portare quel*

l’attenzione, che pur sentiva abbisognargli, contiene alcuni curiosi e rari esemplari, per la maggior parte corredati di note illustrative tutte di propria mano trascritte. In­

torno a ciò così egli mi scriveva poco prima di morire:

« Era mia mente di rettificare e riordinare i cataloghi delle mie due librerie, e di compier quello del Gabinetto di Storia Naturale, ma progredendo la mia infermità, mi fu forza di abbandonare simile penoso divisamento; come del pari non potei accrescere, nè dare miglior sesto al- l’incominciato Medagliere, che però in gran parte è già ordinato. Le etichette de’ minerali sono puretutte dispo­

ste, scritte da me stesso.... »

In quella villeggiatura, consunte a poco a poco le forze fìsiche da una lenta febbre nervosa, manon abbat­

tute quelle dello spirito, che non gli fallirono giammai nel lungo periodo della malattia,come dimostrano lettere inviate a me, non che al suo nipote ed erede, il nobile signore GirolamoGhirlanda,pochimesi innanzi sua morte;

lettere che potrebbonsi proporre a modello di stile epi­

stolare, confortato dagli estremi soccorsi della nostra re­

ligione, spirò il 26 ottobre dell’anno 1840. Ilsavio governo

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IL CONTE ERCOLE SILVA. 23

di vita, da lui costantementeosservato, gli avrebbe forse, a malgrado dell’alterazione sofferta dal suo per altro buon temperamento, procacciata unapiùlunga vecchiaia, se la morte avvenuta nel giorno .13 di gennaio dell’an­

no 1858 deH’amatosuo fratello Sigismondo,cavaliere cor­

tese, di vivace e piacevolissimo ingegno, non lo avesse, per usare le stesse sue parole, gettato nellapiù desolante, nella più opprimente afflizione.

Il conte Ercole Silva dispose vari legati, che atte­

stano il suo buon cuore, fra’ quali vuoisi^ con ispeciale onore rammentar quello di ventimila lire al Comune di Como, perchè provvedansi macchine e libri ad uso di quel Regio Liceo, nel quale legato una bella prova ei ci diede ancora del suo amore per le utili istituzioni, e insieme pel paese, da cui trasse origine la sua famiglia, perocché lassi discendere da un Giovanni Battista Silva patrizio e decurione di Como nell’anno 1540.

Gratissimo a chi usavagli qualche gentilezza o cor­

tesia, fu sempre riconoscente allo zio conte Donato, al quale, così egli solea dire, io debbo tutto quello che ho, tutto quello che sono. A questo suo chiaro antenato, poco prima di cedere al comun destino di morte, dedicò un bel monumento, e fu la medaglia cheverso la metà del­

l’anno 1839 gli fece incidere dal valentissimo nostro Man- fredini, intorno allaquale nell’Appendice Letteraria della Gazzetta Privilegiata diMilano del 22agostodiquell’anno, ebbe ad esercitarsi la valente penna del signor Cesare Cantù.

Diverse opere stampò il conte Ercole Silva, nelle quali spesso per modestia tacque il nome; ma la princi-

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24 IL CONTE ERCOLE SILVA.

pale è quella che porta pertitolo: Dell'Arte dei Giardini Inglesi. NelPaccennarle tutte, andrò brevemente analiz­

zando quelle che sembranmi piu meritevolidella pubblica attenzione.

I. Letteraalsignor Callanipittore e scultore in Roma, concernente a’vari progetti sopra la città di Vienna, di AgostinoGerii. Vienna,presso Giuseppe nobile diKùrzbek, stampatore di S. M. I.MDCCLXXXVII. —Agostino Gerii, dotato d’ingegno naturalmente fecondo, ma non abba­

stanza coltivato per dettare uno scritto, trovandosi in Vienna, immaginò, e per suo intrattenimento disegnò, un palazzo imperiale, e desiderando pubblicare la descrizione de’ suoi abbozzi, si volse al conte Ercole Silva, ch’era esso pure di que’ giorni in Vienna, e che ben volentieri si assunse l’impegno di scrivere questa lettera. Il Silva, non ne volendo comparire autore, suggerì al Gerii di ap­

porvi il suo nome, ed’inviarla al proprio cognato Callani, valente pittore in Roma. Dopo avere il Silva chiaramente esposti colla penna i lavori del Gerii delineati colla ma­

tita, profittò dell’occasione perpubblicare alcuni suoi pen­

sieri, messi in boccasempre del Gerii, tendenti all’abbel- limento di quella Metropoli. E siccome egli opinava che il maggior ostacolo a questo abbellimento provenisse dal volersi conservate le antiche fortificazioni, così alle sue osservazioni tecniche premise una chiara dimostrazione del savio principio,essere al tuttoinutili le capitali forti­

ficate, quando il Sovrano abbia poderosi e fedeli eserciti a difesa de’ suoi domimi. Intorno a questa operetta così ingenuamente scriveva lo stesso Silva: « Effettivamente è questo il mio scritto, che più di ogni altro accarezza il

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IL CONTE ERCOLE SILVA. 25

piccolo mio amor proprio, perchè composto nel fiore della gioventù, senza che nessuno possa sospettarvi il concorso di estranei appoggi, e perchè racchiude certe quali pre­

dizioni di avvenimenti succeduti di poi. Quantoin seguito alla pubblicazione dell’opuscoletto, cioè dal 1785, è stato fatto, si va facendo e si farà, in gran parte è stato da me suggerito(*). »

IL Progetto di una piazza magnifica e centrale in Milano. — È un opuscoletto senza data d’anno, e che pare possa riferirsi al 1808 od a quel torno, nel qualeil conte Silva propone una piazza, checolloca trail Palazzo di Brera e la contrada de’ Tre Monasteri, e che, a cal­

coli fatti, sarebbe riuscita comoda assai, e profittevole eziandio per le speculazioni de’ frontisti, ed avrebbe po­

tuto gareggiare in bellezza ed in ampiezza colle più de­

cantate piazze d’Europa. Il pensierodelconte Ercole tanto più era da lodarsi, in quanto che misera pur troppo di piazze è la nostra città. Le fabbriche ora erette sul ter­

reno, che il Silva destinava alla piazza, rendono impra­

ticabile il suo disegno.

III. Sulla lapide d’Albinia. Articolo stampato l’an­

no 1808 nelgiornale della Società d’incoraggiamento delle Scieuze e delle Arti stabilita in Milano. — Questalapide, fra le conosciute finora, porge forse il più compiuto rag­

guaglio che si abbia de’ funerali anniversarii de’ privati

(*) Ed invero vediamo oggigiorno, che, colla demolizione dei giaciti ond’era circondata la capitale austriaca, venne tracciato la Rimostrasse una delle più belle vie del mondo. Possiamo perciò giustamente compia­

cerci, che il Silva abbia divinato, circa settanta anni prima che venisse eseguita, questo grandiosa trasformazione della città di Vienna.

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26 IL CONTE ERCOLE SILVA.

Romani. Il Silva ce la espone nella sua integrità, spie­

gando egregiamente le sigle e le abbreviature, e corre­

dandole di eruditissime note. Le sigle nello zoccolo del piedestallo, come con moltacompiacenza osservalo stesso autore, non sono state riportate da alcuno prima di lui.

Questa spiegazione è coronata da un bel voto che fa il Silva, perchè a cura del Governo o del Municipiovengano raccolte le tante lapidi, che particolarmente nella nostra provincia trovansi qua e là sparse, neglette od a vili uf­

fìzi condannate, e se ne formiunacollezione, che potrebbe illustrare qualche contrada della nostra Milano. Come le lapidi, il voto rimase finora negletto, e per avventura è al tutto ignorato da chi potrebbe prenderlo in conside­

razione.

IV. Sulla RobiniaPseudo Acacia. Altro articolostam­

pato sugli atti delPaccennata Società, e nello stesso an­

no 1808. — Il conte Silva ci presenta questo vegetabile, sino dal 1600 portato dall’Americasettentrionale a Parigi da Robin, e tardo conosciuto in Italia, non meramente sotto l’aspetto di abbellimento ne’ giardini del moderno gusto, ma pur sotto quello dell’utilità pubblica. Egli ha il merito di avere diffuso tra noiquesta pianta,avendone per alcuni anni distribuiti gratuitamente i semi a sue spese fatti venire da Parigi, e lepianticelle chepelprimo educò egli stesso nel suo giardino di Cinisello. Nell’arti­

colo, di cui parliamo, fa cenno nel miglior modo di col­

tivare la Robinia,e di propagarla; ed esponei molti van­

taggi che se ne possono ricavare, senza tacere dell’in­

conveniente di una troppo estesa dilatazione delle radici, che, per sè stessa dannosa, può in certi casi tornar utile essa pure.

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IL CONTE ERCOLE SILVA.

V. Delle piante più atte a formare viali. Terzo arti­

colo inserito nel medesimo giornale (anno 1809). In esso il Silva propone co’nomi dellascienza e coicomuni quelle piante ch’egli crede più acconce all’ornamento de’viali, ed indica il mòdo di consegnarle alla terra, perchè pro­

sperino facilmente. Dà molta preferenza al pseudopiata- nus, ed al platanoides, osservando che cresconoa mera­

viglia in ogni terreno, e ad ogni esposizione di sole; il loro legname è molto utile; s’innestano su di essi tutte le altre specie di aceri; e nascono con facilità da semi riposti in terra nell’autunno. « Queste belle piante, così egli, nonsaprebbersi abbastanza commendare: accoppiano l’utile al dilettevole. » Disapprova in vece il castagno d’india « oggimai rendutositriviale,lentissimo acrescere, precoce nello spogliarsi. È una bella pianta nella breve primavera: nelle altre stagioni èpericolosa per la caduta de’suoi ispidi frutti, è miserabile coll’aspetto delle foglie che sì presto ingialliscono e si vanno seccando. » Enco­

mia in vece \a.juglans nigra, ossia la noce nera, il cui frutto è buono a mangiarsi., il pioppo piramidale con­

giunto ad altre piante a fiocco, ed ilmoropapirifero, che genera molt’ombra.

VI. Elogiodell’architettoGiuseppePier-Marini.Monza, coi tipi del Corbetta, 1811. — Con facile stile e linguag­

gio rigorosamente tecnico il conte Ercole Silva, che si sottoscrive « Un riconoscente milanese, » commenda le belle opere architettoniche, onde va superba la città di Milano, dovute al Pier-Marini, uno de’più valorosi allievi del Vanvitelli, quali sono alcune parti del Palazzo di Corte, il Teatro alla Scala, il Palazzo Beigioioso, l’intera

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contrada di Santa Radegonda, elevata sopra li suo dise­

gno, e molti altri pubblici e privati edifìci. Ed era ben naturale che l’autore Bell*Arte dei Giardini Inglesi, che tanti ne fece sorgere fra di noi, encomiasse queirillustre Fulginate anche per l’opera che prestò alla introduzione in Lombardia di così fatti giardini.

VII. Opuscolo del conte Ercole Silva sulle colonne di San Lorenzo in Milano. Monza, coitipidel Corbetta, 1811.

— L’opinione del conte, che queste colonne non occupas­

sero originariamente il luogo che ora tengono, ma che, rimosse dal posto ove stavauo prima, vi fossero traspor­

tate ne’ bassi tempi, quantunque non contrastata dal grande Archeologo Ennio Quirino Visconti nel parere che venne stampato fra le sue Opere varie, e fiancheg­

giata dal signor consigliere Pinali di Verona iu un eru­

dito suo opuscolo,non si tenneper dimostratain un breve scritto assai giudizioso, pubblicato nel Nuovo Ricoglitore (aprile 1830), che però non è detto di chi si fosse. Essa poi venne del tutto a cadere allorquando, all’occasione di rifare il selciato della strada che conduce alla Porta Ticinese, ora sono pochi anni, tornò ih campo il discorso, se per allargare la strada medesima si fossero potute di là togliere le sedici colonne dette di San Lorenzo, posto che non vi si trovassero sulla primitiva loro collocazione.

Scavato in parte ed esaminato meglio che non si avesse fatto altre volte il terreno che copre il muro, il quale serve di fondamento al magnifico colonnato, i periti vi riconobbero l’opera dettaSignina, usatanei tempi romani, in tale stato da non lasciar dubbio che fosse quella che fin da principio avevaformato la stereobata. Se ciò fossé

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IL CONTE ERCOLE SILVA. 29

venuto a notizia del conteSilva, ingenuo siccome egli era ed amico del vero, non dubitiamo che esso non fosse stato per abbandonare l’opinione. che per lo innanzi aveva tenuta.

Vili. Prospetto della Costituzione inglese con note.

Milano, tipografia Bernardoni, 1814. — È questo unbreve lavoro fatto dal Silva nella stessa capitale dell’Inghil­

terra in tempi prosperi e tranquilli, cioè nell’anno 1784.

Nel 1814 gli avvenimenti politici d’Europa,facendo parlar molto della Costituzione inglese, dopo sei lustri di dimen­

ticanza fra le cartegiovanili,credette bene dipubblicarlo.

Egli stesso dichiara essere ricavato dall’eccellente opera del signore De Lolme e dai Commentari di Blackstone sulle leggi d’Inghilterra, corredato però da sue note, che noi abbiamo trovato assai sensate per quanto possiam giudicare noi, cui siffatti studi non sono cose famigliari.

È il lavoro diviso in due parti: nella prima si esamina la libertà pubblica, ovvero la bilancia chela Costituzioné (sacro palladio della libertà anglicana) ha stabilito tra il Potere del Parlamento e quello della Corona. Nella se­

conda trattasi della libertà individuale fondata sullagiu­

risprudenza inglese, e principalmente sul modo di eser­

citare la giustizia criminale. Piacerà di certo' a’ nostri lettori il sentire l’ultima osservazione ch’ei fa sulla giu­

stizia criminale. « Si consideri che nell’Inghilterra il più piccolo rubamento conduce al patibolo. Fu appiccato sei settimane fa un macellàio che aveva rubato due capretti.

Ecco adunque un ladro di qualche capretto trattato col medesimo rigore delferoceassassino da strada.V’ha però una grande distanza, ^ chi non la vede? dal delitto del-

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30 IL CONTE ERCOLE SILVA.

l’uno a quello dell'altro. A mio parere il miglior codice crimiuale sarebbe quello che tendesse a prevenire i de­

litti. Se fosse possibile di trovare unalegge, che si oppo­

nesse alla infingardia, e che, sovvenendo ai bisognosi in­

capaci di provvedere alla loro sussistenza, impedisse ai pigri di usurparsi i diritti dei primi, e di abusare così della carità pubblica, questa legge preverrebbe, ne sono certo, molti delitti. Ella sussiste in uno Stato della Ger­

mania, ove rarissime esecuzioni di morte si verificano. Ma è egli possibile di stabilirla in un paeselibero, senza ar­

rischiare di compromettere la Costituzione? Ionon rispon­

derò a questo quesito. Conchiuderò solo la mia osserva­

zione dicendo, che se il codicecriminale inglese lasciade­

siderare delle correzioni, ha però colpito il punto più es­

senziale per uno Stato libero, quello cioè di assicurare a ciascun individuo la libertà personale, e d’impedire che sotto il rispettabilenomedi giustiziauominiscellerati pos­

sano giammai giugnere a commettere quelle ributtanti ingiustizie, che fanno fremere i lettori delle antiche sto­

rie d’Inghilterra, e che pur si ricordano nelle moderne di tante altre nazioni. »

IX. X. XI. Delle seguentitre coserelle basterà ricor­

dare il titolo. La prima è un almanacco, nel quale de- scrivonsi alcune ville deidintorni di Monza. La seconda è una commedia intitolata: « I due avvocati. » La terza è un’altra commedia col titolo: « A ciascuno il suo me­

stiere; » è questa una traduzione liberadi una commedia francese alquanto satirica del signor Dorvigny. Il conte Silva aveva preparato i materiali per una seconda edi­

zione con alcune varianti, che particolarmente sferzano i medici.

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IL CONTE ERCOLE SILVA. 31

XII. Dell’Arte dei Giardini Inglesi. — Di quest’opera sono spacciate interamente due edizioni: la prima in-4, pubblicata in Milano nell’anno IX repubblicano; la se­

conda in-8, pubblicata in Monza colla data del 1813, ma effettivamente a quest’anno posteriore; edizione di lusso la prima e corredata di bellissime incisioni; pregevole la seconda per alcune giudiziose aggiunte. Il conte Silva fu il primo che in Italia facesse risorgere a’ nostri tempi ed alimentasse il gusto de’ giardini a paesaggio, che di- consi Inglesi, de’ quali peraltro aveasi già avuto nella nostra penisola un magnifico esempio, nel secolo XVI, in quello del duca di Savoja, dacui il Tassotolsela famosa descrizione del giardino d’Armida. Di questi giardini, nel- l’accennata opera, ci diede il Silva un ampio ed elegante trattato, al quale, oso dirlo francamente, pochi libri di siffatto genere potranno pareggiarsi. Nel dare un’ idea dell’opera, mi atterrò alla secondaedizione, che lostesso Autore apprezzava più della prima. Fatto un cenno sul­

l’indole de’Giardini Iuglesi., passa tosto ad esporre nel tomo primo diverse osservazioni generalirelative all’arte dei giardini del moderno gusto, e quindi tratta della de- stiuazione e della dignità loro, nonché delle loro diverse prerogative; parla delle eminenze, degli sfondi, delle acque, de’ boschetti; e propone un giudizioso catalogo d’alberi, d’erbe a fiori e d’erbe da prato, indicando in­

sieme quelle piante di pien’ aria, che per le loro foglie e pei loro fiori possono comporre i quattro boschetti delle stagioni dell’anno: accenna per ultimo i più accreditati scrittori botanisti, che potrebbero essere utilmente con­

sultati da chi crear volesse un bel giardino apaesaggio,

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notando che ad un dilettante basterebbe per tutti il Bo- tanisie cultivateur, edito in Parigi nel 1802 per cura di Dumont-Courset. Nel secondo tomo discende ad esporre minutamente i precetti del giardinaggio, parla de’ viali, de’ cammini tortuosi, de’ piccoli sentieri, delle grotte (ed un capitolo è qui consecrato a ricordare le grotte più celebri), delle citroniere, de’ romitaggi, de’colombari ed altri monumentali ornamenti. Finalmente presenta la to­

pografìa di un ben concepito e grandioso giardino. Dopo di che era bene da concedersi un tributo al suo amor proprio; e noi ne godiamo, nel leggere la descrizione deH’amenissimo giardino di Cinisello, in cui ebbe campo di ridurre a pratica non pochi de’ suoi precetti, e che certamente puossi dire de’ migliori de’ nostri dintorni, sebbene posto in una pianura, e mancante del corso di un’acqua perenne. Di questa dotta e piacevole descri­

zione io qui riporterò quel brano, che ci guida al monu­

mento da lui eretto alla memoria di Guttemberg: « Il triplice viale introduce adunbosco di pini.,frammischiati ai ginepri, a’ tassi, agli smilaci ed a’ lauri. Nel più cupo del bosco un seggio architettato vi si offre al riposo ed alla lettura. Qui nel raccoglimento del sito, sotto l’ombra di piante, la cui età oltrepassa un secolo, al mormorio delle frequentemente agitate lor cime, nel seno di un verde perenne, la lettura produce impressioni feconde e permanenti,e qui appunto sorge unmonumento consecrato la modesto, al mal corrisposto, all’obbliato inventore della stampa (*). Lo schenale delseggio è una lapide di marmo (*) Duestatue monumentalivennero finalmenteconsecratealla me-

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IL CONTE ERCOLE SILVA. 33

nero, racchiusa da due pilastri toscani, e coronata da timpano. L’iscrizione (dettata dal nostro conte Ercole) scolpita a caratteri corsivi sulla lapide è la seguente:

Aux manes de J. Guttemberg

Que Vhomme de lettres, le guerriera l’arUstej que celui qui se plait a s'elcmcer dans lepasse,

et Vavenir en parcourir le répertoire

des vicissitudes, desconnaissancesetdes fauieshumaines, se rappelle le fondateur de Vart sublimej

qui nous assure tant de bien,

et verse une tarme enpensantquJilrìen apasjoui(*).

Dopo la descrizione del giardino di Cinisello, abbiamo quelle del giardino Cusani, ora Traversi in Desio, e dei due reali di Milano e di Monza. Chiudesi finalmente l’opera con alcuni cenni sull’ indole de’ Giardini Pubblici, . e di quelli annessi alle Università ed Accademie, agli Spedali, a*Monasteri,a’ Cimiteri,nonchesuigiardini delle

moria di Guttemberg, runa in Magonza, sua patria, nell’anno 1857, opera di Torwaldsen; l’altra in Strasburgo, dello scultore David d’Angers.

Membro dell’Istituto di Francia. La solenne festa per la inaugurazione di quest’ultima ebbe luogo il 24 di giugno dell’anno 1840. Sotto la prima statua leggonsi questi versi:

Artem quae Graecos latuit, latuitque Latinos;

Germani solers extudit ingenium.

Nunc quidquid veteres sapiunt, sapiuntque recentes, Non sibi, sed populis omnibus id sapiunt.

(*) Pochi anni dopo la meravigliosa sua invenzione, tanto contra­

statagli, e dopo avere sofferte molte traversie, il Guttemberg morì in Magonza nell’anno 1468.

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34 Il CONTE ERCOLE SILVA.

diverse stagioni, e persino delle diverse ore del giorno.

Oh quanto sono graziose le poche linee ch'egli consacra a questa specie di giardini! Non posso trattenermi dal citarne alcune risguardanti il giardino della mattina e quello della sera. « Il giardino della mattina vuol essere esposto al sole levante, in sito aprico, con libere vedute dell’orizzonte, dominante cime di colli, punte di rocce e fabbriche in lontananza, su cui scherzino piacevolmente i nascenti raggi solari, ama pure il leggiero fogliame, e la copiosa irrigazione avvivatrice delPerbe. Una vaga peschereccia capanna alle rive di un laghetto, che inviti ai piaceri della pesca: in altra parte piùcolta un tempio ad Apollo, l’amico delle ore del mattino, riescono oggetti convenevolissimi a tal sorta di giardini. Contemplateque- ‘ sto tempietto storico in rovina. Collocato sopra un lieve poggio,ha da un fianco il folto del bosco, dall’altro vede montare il sole a poco a poco sull’orizzonte. Il vestibolo è chiuso da una ramata, e serve di ucdelliera. Quanto è dolce il saluto, che fanno gli augelletti al sole nascente! Nel mezzodeltempio zampilla unafontana: quattrogruppi di piante di un verde-chiaro lo circondano. » — « La notte, che la Provvidenza destinò al riposo degli esseri, sembra dovesse rimanere priva di ungiardinoa lei esclu­

sivamente consecrato. Con qualpiacere tuttavolta noiim­

pieghiamo una parte di essa per gioire de’ suoi conforti nell’ardore della state! E con quanta ragione il saggio non occupa egli, durante questo religiosoriposo della na­

tura, il suo spirito veglianteariflettere sui mondi,cheri­

splendono al di sopra della sua testa! Allorquando la luna pomposamente si mostra sull’orizzonte,il cielo, sgom- '

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IL CONTE ERCOLE SILVA.

bro da’vapori, offre litio spettacolo, che comunica alla terra un nuovo incanto. Tutti gli oggetti vi guadagnano pel giuoco de’suoi lumi smorzati e teneri. Il seducente aspetto d’una lucida e larga superfìcie d’acqua, ovvero di un fìumicello, sul quale si estenda l’amica luce della celeste notturna fiaccola; la comparsa e il lene mormo­

rare di lievi schiumose cadute d’acqua; la fantastica ap­

parizione in lontano di un vecchio castello; la veduta di un bosco, fra’ rami de’cui alberi si caccia l’argentealuna, e soavemente vi.si disperde in una pacifica vailetta, che esala i profumi delle rinfrescate piantee del trifoglio re­

centemente reciso dal suo stelo; fiori ed arbusti olezzanti grati odori: tutte queste accidentalità, tutti questi effetti appartengono al voluttuoso godimento di una bella notte estiva passata in un bel giardino a paesaggio. »

I brani, che ho qui addotti, basterebberocertamente, io credo, perchè anco i più schifi potessero con me dare al Silva l’encomio di elegante scrittore e di pensa­

tore profondo: tuttavia, come a suggello,, porrò il prin­

cipio di quel capitolo, che tratta della destinazione e della dignità di un giardino. « Un giardino è un luogo destinato afargioire tranquillamentel’uomode’beni della vita campestre e delle rinascenti delizie delle stagioni.

Tutti i piaceri, che la natura riserba pe’ suoi prediletti amici, ponno trovarsinel recinto diunvasto ben ordinato giardino: e tutti questi vantaggi aumentano di pregio a misura che il discernimento ed il buon gusto presiedono alla sua disposizione e coltura. L’uomo che non sia del tutto degenerato, prova i piùdolci godimenti che lo con­

fortano nel raccoglimento e nella quiete dellacampagna,

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IL CONTE ERCOLE SILVA.

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nella freschezza dell’aere, ne’ soavi profumi ch’esalano le piante ed i fiori, e negli avvantaggi che ne risultano per la salute del corpo e per la coltura dello spirito; ama trovarsi fra una sorta d’innocenza che nelle città non rinviene, e fra una possibilità minore di delitti: prova amene distrazioni ad ogni istante: i suoi sensi sono sod­

disfatti, tutta sperimentando quella tacita compiacenza, che inspirano al cuore le scene campestri della natura, . e ladimenticanza felice delle inquietudini e delle preten­

sioni del mondo: solleva l’anima verso il suo Creatore, e passa dolcemente in revistailbello, il grande, il vario, la vita e la morte. La campagna, ed un giardino, ch’è la campagna in miniatura ed in bello,diventa così il domi­

cilio del sollievo dopo le pene, quello del riposo dopo l’urtodelle passioni e delle fatiche, il teatro delle occu­

pazioni più preziose e primitive dell’uomo, il tempio, ove si adora la suprema saggezza! »

Nè stette contento il Silva alle sole teoriche: oltre il più volte ricordato giardino di Cinisello,da lui ridotto con sì giudiziosa intelligenza al gusto moderno, dieci o dodici altri in Milano, e fuori di Milano, senza eccet­

tuarne alcune parti di quello della Reale Villa di Monza, furono egualmente con molta maestria da lui ri­

formati, quantunque non siagli mai toccata (di che spesso ne’ famigliari nostri colloqui muoveva lamento) la com­

piacenza di crearne interamente uno egli stesso, in cui avrebbe potuto con miglior esito porre ad effetto le sue dottrine.

Da questo mio breve sunto delle opere del Silvanon solo si possono conoscere i lavori letterarii, che ne ren-

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IL CONTE ERCOLE SILVA, 37

dono la memoria (legna di stima, ma si scorge ancora quali siano state le predilette occupazioni di lui, che, quando ommettansi l’andata a’ Comizii di Lione, l’ono­

revole carica di Direttore del Regio Teatro alla Scala, e quindidiConservatore della RegiaAccademiadi Ballo,che tenne per pochi anni con lodevolissimo e prudentissimo zelo, e l’aggregazione al Consiglio Municipale della nostra città, non adoperossi giammai in cose pubbliche, sebbene il conte di Cobentzel proposta gli avesse una importante missione diplomatica, e fosse stato preconizzato ad una dignità eminente in Milano, quando i Francesi l’occupa­

rono nel 1796. Egli era uno di que’ miti intelletti, che, amanti del sapere, si compiacciono di una condizione di vita libera e tranquilla, e lasciano ad altri la cura e in­

sieme la lode di adoperarsi intorno a quello che la civile amministrazione risguarda. Era tuttavia d’animo inclinato alla beneficenza, alla gentilezza, e ben lontano dall’essere un freddo egoista od un ingiusto disprezzatore delle co­

stumanze sociali. Visse sempre celibe, e per quanto il comportava la debolesanità., amante dellaeletta conver­

sazione. Morì compianto da’ parenti, dagli amici, e gene­

ralmente da tutti quelli che da vicino avevano avuto l’onore ed il piacere di conoscerlo.

1843.

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C. Rovida.

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