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Recesso appalto: ultime sentenze

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Recesso appalto: ultime sentenze

Autore: Redazione | 19/11/2021

Recesso unilaterale del committente dal contratto di appalto;

interdittiva antimafia; diritto al risarcimento del danno emergente e del lucro cessante.

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La risoluzione del contratto d’appalto

La risoluzione del contratto d’appalto per inadempimento è domanda diversa rispetto alla risoluzione del patto per recesso unilaterale del committente, poiché diversi i fatti della vita presupposti.

Cassazione civile sez. II, 17/06/2021, n.17379

Recesso del committente

In tema di Iva, in base alla disciplina unionale, il momento del fatto generatore dell’imposta, cioè dell’evento che origina l’obbligazione tributaria e l’imponibilità ai fini Iva, il quale rileva ai fini della individuazione del periodo di competenza ex articolo 109 del d.p.r. n. 917 del 1986, deve essere distinto dal momento del pagamento e della esigibilità dell’imposta, e cioè dell’attitudine attuale dell’imposta ad essere pretesa in riscossione dall’Erario, e che si concretizza all’atto del pagamento del corrispettivo.

Tali momenti, pur di regola coincidenti, ove temporalmente scissi devono essere tenuti distinti, sicché nell’ipotesi in cui il committente abbia esercitato il recesso dal contratto di appalto ex art. 1671 c.c., con conseguente scioglimento anche del contratto derivato di subappalto, è onere del contribuente, in caso di pagamenti non contabilizzati (in nero), fornire, non la “prova contraria del fatto negativo”, ossia dimostrare la mancata ricezione del pagamento, ma la “prova positiva contraria”, consistente nei vani tentativi di riscuotere il proprio credito o nella allegazione delle ragioni della rinuncia.

Cassazione civile sez. trib., 21/10/2021, n.29485

Appalto pubblico e finalità delle riserve

Nell’appalto di opere pubbliche, qualora l’appaltatore pretenda un maggior compenso o rimborso rispetto al prezzo contrattualmente pattuito a causa di maggiori esborsi sostenuti nell’esecuzione dei lavori, egli ha l’onere d’iscrivere apposite riserve nella contabilità, entro la prima annotazione successiva all’insorgenza della situazione integrante le vantate ragioni, nonché di esplicarle nel termine di quindici giorni e poi di confermarle nel conto finale. In mancanza di

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ciò si devono intendere definitivamente accertate le risultanze della contabilità.

Tale principio risponde all’esigenza di tutela della P.A. committente, che, nell’esercizio dei suoi poteri discrezionali, deve essere messa in condizioni di provvedere immediatamente ad ogni necessaria verifica, al fine di poter valutare l’opportunità della continuazione o del recesso dal contratto di appalto in relazione al perseguimento dei propri fini d’interesse pubblico.

Corte appello Venezia sez. I, 26/07/2021, n.2138

Il recesso unilaterale del committente

Nel contratto di appalto, posto che il recesso è espressione di un diritto potestativo del committente esercitabile in ogni momento senza giustificazioni, logica conseguenza sarà che l’obbligo di pagamento all’appaltatore dell’indennizzo previsto dall’art. 1671 c.c. è qualificabile quale effetto automatico dello scioglimento dal vincolo contrattuale su volontà unilaterale del committente medesimo. Tale indennità in favore dell’appaltatore costituisce debito di valore e si giustifica in ragione dell’efficacia ex tunc del recesso, con la conseguenza di far conseguire al committente la proprietà dell’opera fino al quel momento realizzata.

Tribunale Imperia sez. I, 14/07/2021, n.466

Diritto al risarcimento del danno emergente e del lucro cessante

Nel caso di recesso dal contratto di appalto da parte del committente, l’indennità che questi deve versare all’appaltatore comprende le spese sostenute, l’importo dei lavori già eseguiti ed il mancato guadagno, cioè lucro cessante e danno emergente. In sostanza, detta indennità comprende tutti i danni che sarebbero risarcibili in caso di risoluzione per inadempimento, cosicché gli effetti del recesso unilaterale si riconducono sostanzialmente a quelli di un inadempimento e non eccedono, quanto alla misura del danno risarcibile, quello dovuto in caso di inadempimento.

Corte appello Milano sez. IV, 01/07/2021, n.2042

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Recesso appalto: efficacia ex nunc

L’art. 1671 c.c. disciplina il recesso unilaterale dal contratto di appalto del committente, consentendo il recesso anche se l’esecuzione dell’opera sia già iniziata, purché l’appaltatore sia tenuto indenne delle spese sostenute e dei lavori eseguiti. Tale diritto riconosciuto all’appaltatore in caso di recesso del committente non è pregiudicato dall’eccezione proposta dal committente ex art. 1460 c.c., poiché tale rimedio non ha efficacia liberatoria, ma solo sospensiva e non esclude, pertanto, il diritto dell’appaltatore ad ottenere il compenso per le opere già svolte, fermo restando il diritto del committente a reclamare il risarcimento del danno con conseguente ‘compensazione'(impropria) tra gli opposti crediti.

Dall’altra parte, l’avvenuto scioglimento del rapporto contrattuale per effetto del recesso del committente ha efficacia ex nunc e non preclude la pretesa al pagamento delle opere regolarmente svolte. La sussistenza di vizi e difetti legittima, per contro, il committente ad esperire l’azione risarcitoria al fine di ottenere la somma necessaria per emendare l’errata esecuzione dell’opera, Tribunale Firenze sez. III, 23/06/2021, n.1734

Indennizzo per recesso unilaterale del committente

Nel caso di recesso del committente dal contratto d’appalto, l’appaltatore che intenda essere indennizzato del mancato guadagno deve dimostrare quale sarebbe stato l’utile da lui conseguibile se le opere appaltate fossero state portate a completa esecuzione. Tale utile è dato dalla differenza tra il prezzo pattuito e le spese che si sarebbero rese necessarie per la realizzazione delle opere. In assenza di tale prova, il giudice non potrà procedere neppure a liquidazione equitativa dell’importo, posto che quest’ultima è consentita solo qualora il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, ma non anche nella sua entità.

Tribunale L’Aquila sez. I, 28/04/2021, n.292

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Come ripristinare l’equilibrio contrattuale tra le parti

Nel contratto di appalto è riconosciuto al committente un diritto potestativo di recesso ad nutum, esercitabile in qualsiasi momento, che non presuppone il regolare svolgimento del rapporto, ma, al contrario, può essere esercitato per ogni ragione che induca il committente a porre fine al rapporto, al fine di ripristinare l’equilibrio contrattuale tra le parti contraenti quando, per qualsiasi ragione sopravvenuta, sia venuta meno la fiducia del committente nei confronti dell’appaltatore.

Corte appello Roma sez. III, 09/04/2021, n.2601

Recesso dal contratto di appalto a seguito di interdittiva antimafia

Va rimessa all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato la questione “se gli artt. 92 e 94 del d. lgs. 6 settembre 2011 n. 159, nel fare salvo, per il caso di recesso dal contratto d’appalto indotto dal sopravvenire di un’informazione antimafia interdittiva a carico del privato contraente, il pagamento del valore delle opere già eseguite, implichino il riconoscimento all’appaltatore medesimo della possibilità di percepire, proprio per le opere già eseguite, anche il compenso revisionale contrattualmente previsto” .

Cons. giust. amm. Sicilia, 22/01/2021, n.48

Recesso della PA dal contratto di appalto affidato in via d’urgenza

Le questioni di dare/avere tra le parti, a seguito del recesso dal contratto di appalto affidato in via d’urgenza, in ragione della riscontrata assenza dei requisiti di moralità autodichiarati dal concorrente, esulano dalla giurisdizione del G.A.

T.A.R. Roma, (Lazio) sez. II, 04/01/2021, n.3

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Interdittiva antimafia: ambito applicativo della “clausola di salvaguardia”

La “clausola di salvaguardia” di cui agli artt. 92, comma 3, e 94, comma 2, del codice antimafia – secondo cui l’interdittiva antimafia sopravvenuta comporta la restituzione di quanto ottenuto dal privato “nei limiti delle utilità conseguite”

dall’Amministrazione – non si applica all’ipotesi della concessione di finanziamenti pubblici, ma solo al caso del recesso dai contratti di appalto.

Consiglio di Stato ad. plen., 26/10/2020, n.23

Mancata esecuzione dell’appalto:

quantificazione del danno

In materia di gare d’appalto, in relazione al pregiudizio derivante dalla perdita di guadagno connessa con la mancata esecuzione dell’appalto, ai fini della determinazione dell’ammontare dell’utile conseguibile non può essere applicato il criterio – presuntivo, forfettario ed automatico – del decimo rinvenibile nella disposizione contenuta nell’art. 345 della legge 20 marzo 1865 n. 2248, All. F, sui lavori pubblici (cfr. poi l’art. 134, comma 1, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163), che quantificava appunto nel 10% dei lavori ancora da eseguire il guadagno presunto dell’appaltatore e, di qui, l’importo da corrispondergli nel caso di recesso da parte della stazione appaltante, sia perché detto criterio esula storicamente dalla materia risarcitoria, sia perché non può essere oggetto di applicazione automatica ed indifferenziata, non potendo formularsi un giudizio di probabilità fondato sull ‘id quod plerumque accidit secondo il quale, allegato l’importo a base d’asta, può presumersi che il danno da lucro cessante del danneggiato sia commisurabile al 10% del detto importo, dovendo quindi ritenersi preferibile esigere la prova rigorosa, a carico dell’impresa, della percentuale di utile effettivo che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria dell’appalto, prova desumibile, in primis, dall’esibizione dell’offerta economica presentata al seggio di gara.

T.A.R. Catania, (Sicilia) sez. I, 02/10/2020, n.2391

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Recesso dai contratti di appalto

La “clausola di salvaguardia” di cui agli artt. 92, comma 3, e 94, comma 2, del codice antimafia – secondo cui l’interdittiva antimafia sopravvenuta comporta la restituzione di quanto ottenuto dal privato “nei limiti delle utilità conseguite”

dall’Amministrazione – non si applica all’ipotesi della concessione di finanziamenti pubblici, ma solo al caso del recesso dai contratti di appalto.

Consiglio di Stato ad. plen., 26/10/2020, n.23

Facoltà di presentare istanza di recesso dal contratto

In tema di appalti pubblici, in caso di ritardo nell’adempimento per fatto dell’Amministrazione appaltante, non trova applicazione la disciplina civilistica in materia di risoluzione del contratto bensì la norma speciale di cui all’art. 10, comma 8, del D.P.R. n. 1063 del 1962 (Capitolato generale di appalto delle opere pubbliche), che riconosce all’appaltatore la sola facoltà di presentare istanza di recesso dal contratto, al mancato accoglimento della quale consegue il sorgere del diritto al compenso per i maggiori oneri derivanti dal ritardo.

La “ratio” della previsione é quella di assicurare all’Amministrazione la possibilità di valutare l’opportunità di mantenere in vita il rapporto, ovvero di adottare una diversa determinazione in vista dell’eventuale superamento degli originari limiti di spesa, in considerazione del fatto che all’appaltatore sarà dovuto il rimborso di

“maggiori oneri”, a titolo indennitario, per avere egli esercitato la facoltà di recesso.

Cassazione civile sez. I, 11/09/2020, n.18897

Indennizzo per recesso unilaterale del committente

In caso di recesso unilaterale del committente del contratto d’appalto, ai sensi dell’art. 1671 c.c., grava sull’appaltatore, che chiede di essere indennizzato del mancato guadagno, l’onere di dimostrare quale sarebbe stato l’utile netto da lui

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conseguibile con l’esecuzione delle opere appaltate.

Cassazione civile sez. II, 17/07/2020, n.15304

Responsabilità precontrattuale: natura e onere probatorio

La responsabilità precontrattuale, per violazione della regola di condotta stabilita dall’art. 1337 c.c., a tutela del corretto svolgimento dell’iter formativo del contratto, costituisce una forma di responsabilità extracontrattuale, con la conseguenza che la prova dell’esistenza e dell’ammontare del danno è a carico del danneggiato ex art. 2043 c.c. e art. 2059 c.c. e per la relativa valutazione, in considerazione delle caratteristiche tipiche di tale responsabilità, ne consegue che nel caso di ingiustificato recesso dalla trattativa, occorre coordinare il principio secondo il quale il vincolo negoziale e i diritti che ne derivano sorgono soltanto con la stipula del contratto con quello per cui dalla lesione dell’interesse giuridico al corretto svolgimento delle trattative scaturisce il diritto ad esser risarcito per la perdita dei guadagni che sarebbero conseguiti da altre occasioni contrattuali se non si fosse fatto affidamento sulla conclusione del contratto.

(Nella specie alcun danno è stato dichiarato risarcibile posto sia al momento del recesso, mancavano ancora il progetto, il capitolato, il prezzo dell’appalto e anche perché in mancanza di una precisa programmazione e valorizzazione di tutti gli interventi necessari, il corrispettivo dell’intero affare non poteva ancora ritenere compiutamente determinato, tenuto conto che il complesso dei lavori, viste le grandi dimensioni dell’immobile di circa 1.000 mt., anche di fronte a mere richieste di modifica, che avrebbero potuto comportare un aumento di prezzo di notevole entità, incidendo non marginalmente sulla valutazione dell’affare nella sua totalità).

Corte appello Milano sez. IV, 06/05/2020, n.1056

Appalto: il recesso ad nutum del committente

Il diritto di recesso esercitabile “ad nutum” dal committente in qualsiasi

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momento dell’esecuzione del contratto di appalto non presuppone necessariamente uno stato di regolare svolgimento del rapporto, ma, al contrario, stante l’ampiezza di formulazione della norma di cui all’art. 1671 cod. civ., può essere esercitato per qualsiasi ragione che induca il committente medesimo a porre fine al rapporto, da un canto, non essendo configurabile un diritto dell’appaltatore a proseguire nell’esecuzione dell’opera (avendo egli diritto solo all’indennizzo previsto dalla detta norma), e, da altro canto, rispondendo il compimento dell’opera esclusivamente all’interesse del committente.

Ne consegue che il recesso può essere giustificato anche dalla sfiducia verso l’appaltatore per fatti d’inadempimento, e, poiché il contratto si scioglie esclusivamente per effetto dell’unilaterale iniziativa del recedente, non è in tal caso necessaria alcuna indagine sull’importanza dell’inadempimento, viceversa dovuta quando il committente richiede anche il risarcimento del danno per l’inadempimento già verificatosi al momento del recesso.

Corte appello Milano sez. IV, 03/04/2020, n.857

Recesso unilaterale del committente

In ipotesi di recesso unilaterale del committente dal contratto d’appalto, ai sensi dell’art. 1671 c.c., grava sull’appaltatore, che chiede di essere indennizzato del mancato guadagno, l’onere di dimostrare quale sarebbe stato l’utile netto da lui conseguibile con l’esecuzione delle opere appaltate, costituito dalla differenza tra il pattuito prezzo globale dell’appalto e le spese che si sarebbero rese necessarie per la realizzazione delle opere, restando salva per il committente la facoltà di provare che l’interruzione dell’appalto non ha impedito all’appaltatore di realizzare guadagni sostitutivi, ovvero gli ha procurato vantaggi diversi.

Tribunale Roma sez. XI, 08/01/2020, n.312

Recesso dalle trattative: responsabilità della parte convenuta

Qualora sia stata raggiunta la prova del conferimento di un incarico di progettazione ma non della conclusione del contratto di appalto per la realizzazione della relativa opera progettata, potrà al più essere configurabile una

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responsabilità della parte convenuta per ingiustificato recesso dalle trattative (artt.

1337 e 1338 c.c.) ma non una responsabilità ai sensi e per gli effetti dell’art. 1671 c.c..

Qualora sia stata raggiunta la prova del conferimento di un incarico di progettazione ma non della conclusione del contratto di appalto per la realizzazione della relativa opera progettata, potrà al più essere configurabile una responsabilità della parte convenuta per ingiustificato recesso dalle trattative (artt.

1337 e 1338 c.c.) ma non una responsabilità ai sensi e per gli effetti dell’art. 1671 c.c..

Tribunale Grosseto, 13/05/2020, n.328

La sfiducia verso l’appaltatore per fatti d’inadempimento

In tema di appalto, il recesso ad nutum non presuppone necessariamente uno stato di regolare svolgimento del rapporto ma al contrario, stante l’ampiezza di formulazione della norma di cui all’art. 1671 c.c., può essere esercitato per qualsiasi ragione che induca il committente a porre fine al rapporto, da un canto non essendo configurabile un diritto dell’appaltatore a proseguire nell’esecuzione dell’opera (avendo egli diritto solo all’indennizzo previsto dalla norma) e, d’altro canto, rispondendo il compimento dell’opera esclusivamente all’interesse del committente.

Ne consegue che il recesso può essere giustificato anche dalla sfiducia verso l’appaltatore per fatti d’inadempimento e, poiché il contratto si scioglie esclusivamente per effetto dell’unilaterale iniziativa del recedente, non è necessaria alcuna indagine sull’importanza dell’inadempimento, viceversa dovuta quando il committente richiede anche il risarcimento del danno per inadempimento già verificatosi al momento del recesso.

Tribunale Oristano, 01/08/2019, n.453

Indennizzo all’appaltatore per mancato

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guadagno

In ipotesi di recesso unilaterale del committente dal contratto d’appalto, ex art.

1671 c.c., grava sull’appaltatore, che chieda di essere indennizzato del mancato guadagno, l’onere di dimostrare quale sarebbe stato l’utile netto da lui conseguibile con l’esecuzione delle opere appaltate, costituito dalla differenza tra il pattuito prezzo globale dell’appalto e le spese che si sarebbero rese necessarie per la realizzazione delle opere, salva la facoltà, per il committente, di provare che l’interruzione dell’appalto non ha impedito all’appaltatore di realizzare guadagni sostitutivi ovvero gli ha procurato vantaggi diversi.

Tribunale L’Aquila, 11/07/2019, n.555

Diritto di recesso del committente: limiti

Il diritto di recesso del committente di cui all’art. 1671 c.c. prescinde da eventuali inadempienze dell’altro contraente alle obbligazioni assunte, è esercitabile in un qualsiasi momento posteriore alla conclusione del contratto e quindi anche ad iniziata esecuzione del medesimo, e determina un obbligo indennitario correlato alle perdite subite dall’appaltatore – per le spese sostenute ed i lavori eseguiti ed al mancato guadagno.

Trattandosi di esercizio di un diritto potestativo, esso non esige che ricorra una giusta causa né si debba indagare sull’importanza e gravità dell’inadempimento, che diventano rilevanti soltanto quando il committente abbia preteso anche il risarcimento del danno dall’appaltatore per l’inadempimento in cui questi fosse già incorso al momento del recesso.

Tribunale Perugia sez. I, 01/07/2019, n.1036

Appalto: volontà di recedere e diffida ad adempiere

In materia di contratto di appalto, la comunicazione con cui il condominio committente invita l’impresa appaltatrice a consegnare il documento “Durc” nel termine di sette giorni, con l’avvertimento che, in caso di mancata consegna del predetto, l’appaltatrice è ritenuta dispensata dallo svolgere attività di giardinaggio

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e pulizia e, altresì, con l’obbligo di consegnare le chiavi dello stabile, costituisce volontà del committente di recedere dal contratto, e non anzi diffida ad adempiere ex art. 1454 c.c. In effetti, ai sensi dell’art. 1671 c.c, la volontà di recedere dal contratto de quo non richiede alcuna giusta causa, salvo il diritto dell’appaltatore di essere tenuto indenne dalle spese sostenute, dei lavori eseguiti e dal mancato guadagno, che avrebbe ottenuto dall’esecuzione, fino alla scadenza del termine pattuito nel contratto.

Tribunale Milano sez. VII, 03/07/2018, n.7501

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