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FACOLTA' DI ECONOMIA PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO DELLE IMPRESE IL CONTROLLO DEI PROCESSI AZIENDALI: L'ECCELLENZA OPERATIVA

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Dipartimento universitario con Sistema Qualità certificato UNI EN ISO 9001:2000

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SALERNO

Curriculum in MARKETING MANAGEMENT

Matr.: 0222100345 ANNO ACCADEMICO 2009-2010

TESI IN

CORSO DI LAUREA IN CONSULENZA E MANAGEMENT AZIENDALE

IL CONTROLLO DEI PROCESSI AZIENDALI:

L'ECCELLENZA OPERATIVA

MARIA CAVALLO

FACOLTA' DI ECONOMIA

TARTAGLIA POLCINI Paolo

LAUREA MAGISTRALE

CANDIDATO:

Ch.mo Prof.

RELATORE:

PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO DELLE

IMPRESE

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I

INDICE

Introduzione………...1

CAPITOLO 1

L’ECCELLENZA OPERATIVA:

REGOLE PER VINCERE SUL MERCATO

1. L’analisi dell’eccellenza operativa…………. …..4 2. Circolo della condivisione e circolo della

creazione………5 3. Perseguire l’eccellenza operativa: l’analisi dei

cinque pilastri……….7 4. L’eccellenza è un concetto pratico non uno slogan pubblicitario: un approccio nordico………...16 5. Gestire le crisi in azienda……….25 6. Il think different: un approccio per essere

eccellenti………..31

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II

CAPITOLO 2

I PROCESSI AZIENDALI:

DAL CONTROLLO DI GESTIONE ALLA BALANCED SCORECARD

1. Introduzione ………35

2. Il controllo di gestione……….36 3. L’evoluzione del controllo: da un approccio

funzionale ad uno per processi……….41 4. Gestire i processi in un’ottica integrata:

l’importanza dell’enterprise resource planning………48 5. Balanced Scorecard: l’ottica sui processi aziendali...54 6. Fattori critici di successo e indicatori di

performance nella prospettiva dell’eccellenza dei processi……….67

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III

CAPITOLO 3

GLI STRUMENTI PER PERSEGUIRE UNA GESTIONE ECCELLENTE DEI PROCESSI

AZIENDALI

1. Introduzione………..84 2. Il lean thinking………..86 2.1 Le 3 M da evitare nella filosofia Lean…………93 3. Un metodo strutturato - Sei sigma: ridurre i costi e le inefficienze del processo aziendale…………102 3.1 Le fasi per implementare sei sigma………..108 3.2 Il ciclo DMAIC………114 3.3 La componente “soft” del sei sigma………130 4. Lean sei sigma………...131 4.1 Implicazioni dell’applicazione del lean sei sigma: revisione dei modelli di analisi dei costi………133 5.L’european foundation for quality management………...139

(5)

IV

6. Le criticità dei modelli in Italia………...144

CAPITOLO 4 CASO DI STUDIO: LA GESTIONE DEI PROCESSI IN GRANAROLO

1. Storia………...147

2. Corporate governance……….149

3. La strategia di Granarolo analizzata attraverso il modello della balanced scorecard………..152

3.1 Prospettiva finanziaria………..152

3.2 Prospettiva cliente………156

3.3 Prospettiva dei processi interni………167

3.4 Prospettiva dell’apprendimento e crescita...188

3.5Focus conclusivo rispetto alle prospettive analizzate………195

5. Un’analisi critica……….196

Considerazioni conclusive..………199

Bibliografia citata...………202

(6)

1

Introduzione

Nel contesto economico attuale, dominato da forze competitive in costante aumento e da variabili di analisi estremamente complesse, uno dei pilasti di controllo, sul quale deve basarsi l’intero processo di pianificazione aziendale, è rappresentato da un’analisi attenta e dettagliata dei processi aziendali. Il più delle volte nei manuali di economia e gestione si trattano gli aspetti collegati alla complessità di definizione di una strategia vincente per essere competitivi sul mercato e nei manuali di programmazione e controllo si tende ad enfatizzare il ruolo importante assunto dall’analisi e dal controllo dei costi. Il presente lavoro si pone in un’ottica intermedia tra lo gestionale e il contabile - analitico per tracciare un quadro complessivo e soprattutto esauriente sulle modalità che possono essere perseguite dalle imprese per ricercare l’eccellenza. In particolare il focus è concentrato sulla rilevanza dei processi aziendali. Si ritiene che il vero fulcro per garantire un successo imprenditoriale sia quello di porsi in un’ottica di analisi, prima di tutto di ciò che accade nell’organizzazione, per individuare i dettagli di tutte le operazioni che vengono implementate tra i diversi step produttivi.

Infatti un’analisi dettagliata dei costi può consentire di avere delle misure e dei parametri importanti che fungano da indicatori di sprechi e gap di produttività. Allo stesso modo l’analisi delle variabili gestionali incide su fattori importanti per garantire prestazioni coerenti

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2

rispetto a quanto richiesto dal mercato. Basta unire gli assunti, gli strumenti e le logiche retrostanti a due mondi per ottenere un continum informativo indispensabile e fare in modo che la sequenza dei flussi, retrostante ai processi aziendali, abbia un controllo a 360°. Si parte pertanto dall’analizzare o meglio dal fornire indicazioni su cosa si intenda per eccellenza operativa, sulle difficoltà di organizzare un’azienda rispetto ad un obiettivo così apparentemente irrealistico; il tutto ponendosi in un’ottica esplorativa rispetto ad un concetto spesso menzionato ma mai indagato in maniera esaustiva. Forse perché talmente fuori dagli schemi impostati che si rende difficile tracciare un quadro all’interno del quale muoversi per avere una spiegazione quantomeno esauriente. Ma servendosi del contributo importante di Tom Peters, un sostenitore della cultura manageriale statunitense, si è cercato di impostare il lavoro su concetti importanti e a volte trattati in modo del tutto marginale. Variabili quali il think different, management by walking around, la flessibilità nella mentalità e nel modo di agire imprenditoriale, il cigno nero e la gestione delle crisi, l’importanza di un’idonea rilevazione dei costi, sono concetti che si pongono alla base del discorso affrontato. Il lavoro poi si snoda entrando nell’analisi degli strumenti e tecniche che l’azienda può utilizzare per affrontare un percorso di rivisitazione del modo di controllare i processi aziendali.

Si toccano temi importanti come quello della balanced scorecard, della filosofia del lean sei sigma: strumenti che portano a ripercussioni importanti sulle modalità di gestione ma anche rispetto ad una necessaria rivisitazione

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dei modelli di programmazione e controllo adottati. Si delineano infatti le implicazioni che la balanced scorecard ha rispetto all’analisi dei costi basato sull’activity based costing o sui cambiamenti imposti dal lean accounting che mettono in discussione il ruolo tradizionale svolto dai costi standard. Si può dire che il lavoro si presenta come una controtendenza rispetto a quanto la dottrina classica ha negli anni professato rendendo necessario un cambiamento di rotta nella mentalità e negli strumenti di controllo adottati.

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Capitolo 1

L’eccellenza operativa:

regole per vincere sul mercato

1. L’analisi dell’eccellenza operativa

Porsi l’intento di analizzare il contesto aziendale è oggi quanto meno una sfida ardua perché vuol dire indagare una vasta serie di variabili che, in un modo più o meno diretto, influenzano il modo di operare nonché di sopravvivere dell’organizzazione. In un contesto ipercompetitivo, come quello attuale, non è più pensabile ragionare in un’ottica statica di equilibrio finanziario da conseguire e da mantenere nel tempo ma, la possibilità di permanere sul mercato, dipende dalla capacità dell’azienda di rendersi portavoce di tutti quei bisogni e attese che provengono dai diversi stakeholders che a vario titolo intrattengono rapporti con la stessa. Di qui la necessità di saper riformulare continuamente la strategia da attuare in risposta agli stimoli del mercato nonché nel cogliere le opportunità latenti. Un’azienda che adotta un comportamento inerte rispetto al contesto è destinata al fallimento, un’azienda che analizza il contesto solo come possibilità da cui trarre profitto non avrà un orizzonte temporale di lungo termine ma è fondamentale innescare un percorso del tipo win-to-win con tutti gli stakeholders.

È un gioco dove ognuno che abbia un interesse reale,

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seppure differente, deve poter trarre un proprio rendiconto personale. È indubbio che lo stakeholders principale rimane il consumatore del quale bisogna incrementare la customer satisfaction per poi condurre la relazione verso una loyalty di lungo periodo. Ma in questo scenario un ruolo fondamentale gioca il controllo interno di tutte quelle variabili legati ai processi aziendali per far si che l’azienda punti all’eccellenza operativa. Perseguire l’eccellenza vuol dire saper innovare, accrescere il background del capitale umano, puntare alla qualità e gestire i processi in ottica integrata. In quest’ottica il punto di partenza per poter diventare best in class nel mercato è partire dall’analisi interna all’organizzazione, porsi in un’ottica critica di analisi e individuare le aree che determinano sprechi, inefficienze, scarti ovvero tutte quelle attività che generano i costi della non qualità che si ripercuoteranno ovviamente sul prodotto offerto al cliente.

2. Circolo della condivisione e circolo della creazione

L’eccellenza operativa può essere intesa come uno stato di funzionamento dell’organizzazione ad elevatissimi livelli di efficienza sviluppando routine di processo che diano ripetitività e continuità alle operazioni svolte1. Il successo alla base di queste azioni va indagato

1 F. Azzariti, Il caos:nuova regola di mercato. Principi e metodi di sopravvivenza per imprenditori e manager, FrancoAngeli, Milano 2006, p.50

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nella capacità del manager di favorire un clima di condivisione di valori, filosofia e cultura sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione dando luogo a quello che comunemente viene definito capitale relazionale. La capacità relazionale risulta essere la leva per implementare azioni coerenti con gli obiettivi aziendali pianificati, ciò garantisce la continuità nel tempo di tali azioni e ha come risultato quello di ampliare l’eccellenza operativa. Il tutto porta alla condivisione che consente di migliorare il contesto nel quale si opera creando un circolo virtuoso che alimenta nuovamente il circolo della condivisione.

In un contesto iperdinamico, tipico del mondo attuale, nel quali si trovano ad operare le imprese uno degli imperativi fondamentali per le organizzazioni è quello di innovare continuamente in modo da operare e presentarsi al mercato con idee originali tali da accrescere il vantaggio competitivo. Si rende necessario affiancare alle soluzioni di continuità viste in precedenza degli elementi di rottura che favoriscano il sorgere di idee innovative per l’intera organizzazione. Creatività vuol dire apportare idee nuove, uscire dagli schemi di quanto pianificato e introdurre elementi di rottura rispetto alle routine sedimentate. Ciò introduce elementi di entropia che vanno gestiti per renderli coerenti con il disegno strategico generale. L’obiettivo è quello della creazione di nuovi contesti che a loro volta consentano di rinforzare l’azione di immaginazione di nuovi scenari alimentando nuovamente il circolo della creazione.

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Ciò che va sottolineato è che non si può scindere l’analisi dei due circoli analizzati ma si può asserire come siano uno il completamento dell’altro. Il circolo della condivisione focalizzato sul presente e sul rispetto delle routine porta a focalizzare l’attenzione sulla necessità di non rompere gli equilibri ma di mantenere un atteggiamento statico rispetto a quanto accade per avere una curva di eccellenza operativa costante. Ma in uno scenario caratterizzato da un mercato in continua evoluzione è fondamentale che accanto alla tradizione e all’ottica di gestione manageriale vi sia un’ottica imprenditoriale di gestione del rischio affiancata alla capacità di introdurre elementi di rottura nei sistemi di programmazione.

3. Perseguire l’eccellenza operativa:

l’analisi dei cinque pilastri

Uno dei temi più trattati negli studi moderni di management riguarda la possibilità per le aziende di trovare una soluzione ottimale che consenta di incrementare il livello di efficienza e di efficacia operativa per perseguire l’eccellenza nel proprio settore.

L’eccellenza non è un concetto che può essere definito a priori, schematizzato e racchiuso all’interno di modelli che definiscono le linee guida da perseguire ma è un obiettivo che va continuamente rivisitato considerando la giusta interconnessione tra cambiamento e miglioramento.

Nonostante il limite derivante dal non poter definire il

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concetto di eccellenza in maniera standardizzata vi sono stati dei tentativi volti ad individuare le variabili chiave che incidono sulle performance dell’organizzazione e sulla possibilità di conseguire risultati di eccellenza. In particolare si parla di cinque pilastri sui quali puntare per raggiungere o meglio per avvicinarsi all’ideale dell’eccellenza aziendale.

Analisi e controllo. Nei cinque pilastri dell’eccellenza viene menzionato anche il tema dell’analisi e del controllo perché per raggiungere quella condizionale ottimale di operatività, che consenta di acquisire una pozione rilevante nell’ambito del mercato, è necessario affiancare a decisioni più strettamente operative e gestionali anche un buon sistema di monitoraggio dell’attività. Rispetto al passato dove il focus del controllo si sostanziava essenzialmente nel

INTEGRAZIONE VERTICALE

DECENTRAMENTO

MIGLIORAMENTO CONTINUO NETWORKING

STRATEGICO

ANALISI E CONTROLLO DELLE PERFORMANCE

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controllo dei rendiconti imposti dalla legge e nel soddisfare le attese del mercato azionario oggi nella dizione di controllo rientra una serie di analisi che ha come sunto di base la visione sistemica dell’impresa. Ogni politica, ogni azione e ogni strategia perseguita deve essere analizzata alla luce degli obiettivi di fondo della gestione. L’analisi è volta ad individuare quali siano le deviazioni rispetto alla rotta pianificata, quali siano le mancanze ma anche per individuare quegli aspetti sui quali l’imprese eccelle. In questo senso un ruolo importante è assunto dal controller che ha il compito di analizzare, indagare e controllare in maniera sistematica e continuativa tutte le variabili che incidono sulle scelte strategiche assunte dall’alta direzione. Ciò non si esaurisce in un semplice ruolo di analisi dei piani dei conti, dei report economici e nell’elaborazione e analisi di informazioni contabili ma è fondamentale che vi sia anche un’analisi critica di tutti quegli aspetti che determinano cambiamenti significativi nella struttura organizzativa. Il ruolo del controller deve assumere pertanto una prospettiva ampia tesa a realizzare prima di tutto processi di controllo orientati non solo all’efficienza ma anche all’efficacia, ad accogliere il contributo proveniente dalle diverse aree del management, nonché a conoscere tutto ciò che può essere essenziale per conseguire il successo competitivo2. Il controller pertanto è una figura importante nell’organico aziendale in quanto funge da interprete delle

2 A. Tullio, Analisi dei costi e contabilità industriale, Ipsoa editore, Milano 2006, p.13

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informazioni disponibili e delle azioni implementate e riveste un importante ruolo di mediazione rispetto ai manager, avendo una valenza di raccordo sistemico di quanto accade nell’organizzazione.

Miglioramento continuo: perseguire l’eccellenza vuol dire impegnarsi sul fronte del continuo rinnovamento del modo di agire e di pensare dell’intera organizzazione.

Il miglioramento passa dall’analisi di quanto si realizza per individuare possibili aree di innovazione al fine di ottenere importanti traguardi in termini di realizzazione di nuovi prodotti, di ripensamento degli standard esistesti, di originalità e diversità nel modo di operare. I cambiamenti, le nuove rotte sono elementi importanti per garantire che quelle esigenze, sempre più sofisticate ed esigenti provenienti dal mercato, vengano soddisfatte. La filosofia del miglioramento continuo, da tempo applicata con enorme successo nei paesi del sol levante, è oggi alla base dei modelli organizzativi delle aziende eccellenti occidentali, una filosofia che prevede, da un lato l’enfatizzazione della centralità del ruolo umano come elemento propulsore del mantenimento e del miglioramento delle prestazioni dei singoli processi e dall’altro dell’utilizzo delle migliori logiche di gestione, d’efficaci strumenti operativi e di controllo ed inoltre di

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varie soluzioni tecniche e tecnologiche in grado di migliorare nella globalità i risultati aziendali3.

Nei numerosi settori in cui si esplicano i business delle organizzazioni il modo migliore per ottenere un vantaggio competitivo più o meno durevole è porsi davanti a due strategie: orientarsi verso la customer satisfaction massimizzando il valore atteso offrendo al proprio target un servizio e/o qualità migliori rispetto ai concorrenti o innovare costantemente mediante beakthrought strategico radicale o miglioramenti incrementali nel tempo4.

Non è più pensabile per le aziende adottare modelli organizzativi focalizzati esclusivamente sulla possibilità di realizzare un consistente ritorno economico, non basta analizzare i bilanci e i rendiconti di gestione ma il tutto è subordinato alla crescita costante e continuativa della qualità. Un concetto che ha subito negli anni un’evoluzione in concomitanza all’evolversi degli stessi bisogni del consumatore. La figura mette in evidenza come nel corso del tempo il concetto di qualità, così come inteso dal mercato e al quale si sono dovute adeguare le aziende, sia progressivamente mutato.

3 A. Amadio, Supply chain excellence, Franco Angeli, Milano 2006, p.26

4 C. Ciappei, P. Citti, N. Bacci, G. Campatelli, La metodologia sei sigma nei servizi. Un’applicazione ai modelli di gestione finanziaria, Firenze University press, Firenze 2006, p.18

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….eccellenza ……....etica

………soddisfazione del cliente …..…prodotto affidabile nel tempo …..……prodotto senza difetti

Da una logica di miglioramento inteso come ricerca della perfezione nella fase di produzione e realizzazione del prodotto, si è passati ad un concetto più complesso di soddisfazione nel tempo delle attese del consumatore.

Soddisfazione di bisogni ed esigenze sempre più complessi che associano alle classiche attività operative inerenti la fabbricazione di prodotti di qualità, al rispetto dei tempi di consegna, tutta una serie di benefit aggiuntivi che sempre più spesso vengono ricercati dal cliente e che sono quelli che ne condizionano le scelte di acquisto.

Pertanto perseguire l’eccellenza è un processo continuo di miglioramento che non si sostanzia esclusivamente nella ricerca e nel rendere stabile un processo ottimale di produzione, ma richiede un impegno costante, un rivedere le tecniche adottate, le procedure seguite per raggiungere

QUALITA’

TEMPO

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quell’ideale verso cui tende il mercato. L’eccellenza in questo senso è un’utopia in quanto non è possibile delimitare il miglioramento all’interno di parametri che possano essere conseguiti ma ci sarà sempre un input, una possibilità di realizzare qualcosa in maniera più efficiente e più coerente alle richieste del mercato. Pertanto rappresenta quel limite infinito verso cui l’azienda deve sempre tendere soprattutto per acquisire quel ruolo di leadership rispetto ai diretti concorrenti.

Networking strategico: in un contesto iperdinamico si rende necessario focalizzare l’attenzione non solo sulle possibilità interne di miglioramento ma il focus va necessariamente spostato anche sulla necessità di trovare le giuste alleanze esterne per accrescere la forza competitiva sul mercato. Oggi operare in un contesto globale diventa una sfida ardua soprattutto per le imprese di piccole e medie dimensioni che pur avendo conseguito eccellenti risultati in termini produttivi e di qualità del prodotto offerto non hanno i mezzi e la forza tale da poter affrontare le sfide imposte da un contesto competitivo allargato. In quest’ottica diventa importante analizzare la concorrenza, non solo come variabile critica da superare in termini di prestazioni, ma come valido alleato per perseguire quella forza comune necessaria per imporsi nel contesto internazionale. La ricerca di forme di cooperazione e di alleanze strategiche diventa un pilastro necessario oggi per vincere in un mercato sempre più ampio, dove i confini geografici sono notevolmente labili e dove i sistemi di offerta sostitutivi sono numerosi. Lo

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sviluppo di relazioni sinergiche diventa un tassello fondamentale per accrescere il vantaggio competitivo.

Decentramento integrato: si inserisce in una logica di flessibilità imposta dal mercato e che ha portato negli anni numerose aziende, prima negli Stati Uniti e successivamente anche in Europa, a focalizzare l’attenzione sui processi a reale valore aggiunto. La politica del decentramento, definita in gergo outsourcing, considera la necessità di delegare all’esterno attività, funzioni, rami del processo produttivo a soggetti terzi che abbiano le competenze adeguate per realizzare al meglio quanto delegato. Si tratta di strategie di gestione che si rendono necessarie proprio nell’ottica che si va affermando dell’azienda snella che deve essere in grado di fornire un prodotto costantemente adattato alle richieste del mercato il che rende necessario evitare ingenti investimenti che rendano eccessivamente rigido il sistema produttivo aziendale. Lo scopo è concentrare l’attenzione sul core business, sul fulcro dell’offerta aziendale demandando all’esterno tutte quelle attività che non generano valore aggiunto per il cliente. Ciò tuttavia richiede comunque un adeguato sistema di controllo sulle aziende terze per evitare che le attività e i processi che vengono delegati non siano coerenti con l’obiettivo generale dell’azienda.

Integrazione verticale. Lo scopo dell’integrazione verticale va ricercato nella possibilità per le imprese di esercitare un maggiore controllo su più fasi del processo

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produttivo/distributivo inglobando nelle attività aziendali alcune fasi a monte o/e a valle del processo. In questo caso si determina un aumento del valore aggiunto conseguente al fatto che l’impresa aggiunge all’attività manifatturiera precedente ulteriori funzioni di trasformazione industriali e commerciali a monte e a valle incorporando con esse il valore aggiunto precedentemente realizzato da altre imprese5. Nel decidere in quale misura l’impresa debba integrarsi verticalmente è necessario considerare gli effetti che questo tipo di decisione avrà sulla gestione aziendale. È chiaro che un incremento di attività, tanto rivolte all’approvvigionamento quanto alla distribuzione, comportano un incremento del carico di lavoro da svolgere internamente comportando un appesantimento in termini di responsabilità e di flessibilità produttiva. È anche vero che la possibilità di gestire in un’ottica globale l’intera rete consente di avere un polso più veritiero sulla reale situazione senza incorrere in controversie con i fornitori per le mancate consegne o con i distributori per la gestione non condivisa dei rapporti con i clienti. È una scelta che va ponderata anche alla luce dell’evolversi della fisionomia del mercato attuale che, da un lato è caratterizzato dalla crescita incessante di aziende di grandi dimensioni che inglobano al proprio interno diverse fasi dell’interna catena logistica, riuscendo in questo modo ad avere un taglio dei costi relativi agli

5 A. Ricciardi, L’outsourcing strategico, Franco Angeli, Milano 2006, p.18

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intermediari, e dall’altro si richiede una maggior velocità nell’erogazione di servizi e prodotti sempre differenti.

Tom Peters, sull’argomento, sostiene un’idea contrastante secondo la quale tutti i tentativi delle grandi fusioni lasciano il tempo che trovano perché si presentano come grandi opportunità ma che di fatto si traducono per il territorio in grandi fallimenti in termini occupazionali e di impatto sulle realtà economico locali.

Tutto ciò che non fa altro che salire e salire non continuerà a salire ancora di più e per sempre.

Nell’affermazione si mette in discussione quanto la dottrina afferma in numerosi scritti di economia e management professando azioni quali le grandi fusioni, e acquisizioni e le joint venture come carte vincenti per incrementare le quote di mercato e il valore offerto agli azionisti. Trovare quale sia la verità tra due visioni così contrastanti non è di certo un compito facile ma volendo fornire una risposta si potrebbe ammettere che ciascuna strategia perseguita non avrà successo se non plasmata sulle reali potenzialità e capacità insite nell’azienda.

4. L’eccellenza è un concetto pratico non uno slogan pubblicitario: un approccio nordico

Per comprendere l’importanza e i fattori alla base di ciò che viene definito eccellenza operativa uno dei passi

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da compiere è calarsi negli studi di Tom Peters. È considerato il Savonarola della controcultura manageriale:

un predicatore infervorato e ipercritico che, con un approccio evangelico, esorta i manager a dimenticare quello che hanno imparato nelle business School e ad abbracciare la rivoluzione di quella che definisce le 7S (strategia, skills, struttura, sistemi, stili di gestione, staff, shared value)6.

Tom Peters, considerato da tanti il padre del management moderno a livello internazionale, ha una mentalità anticonformista, non si limita alle definizioni teoriche date per scontate in molti manuali che vengono propinati come il guru della gestione ma affronta il tema della gestione aziendale con toni ironici. Ha pubblicato numerosi scritti sul tema dell’eccellenza e di come fattori quali la qualità e la rilevanza delle risorse umane possano cambiare il successo di un’organizzazione ma quando gli si chiede cosa si intende per eccellenza e se sia possibile darne una definizione risponde:

Non l’ho trovata in un libro di economia. E’ del regista Robert Altman che descrive il ruolo del regista. Il ruolo del regista è quello di creare uno spazio dove l’attore può diventare di più di quanto sognasse essere. E’

una definizione che si adatta benissimo al mondo del management. Nel 90% delle volte, invece, quello che

6 M. Grasso, D. Verga, Glossario di marketing e comunicazione, FrancoAngeli, Milano 2002, p.120

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chiamano management è come rendere complicate cose che in partenza sono semplici.7

Tom Peters tende a concepire il management in un modo del tutto rivoluzionario, realizzandolo in vista del raggiungimento di un unico obiettivo: l’eccellenza, la perfezione, ovvero ciò che fa la differenza tra una gestione d’impresa tradizionale, improntata ai criteri razionali, di tipo finanziario, ed una che tenga conto di alcuni fattori di natura diversa, ma ugualmente basilari per ottenere il successo aziendale8. Tom Peters identifica diversi fattori sui quali oggi le aziende devono far leva per perseguire l’eccellenza:

· Una gestione condotta con passione: l’autore sottolinea l’importanza di attuare una gestione che sia allo stesso tempo pianificata ma anche gestita a seconda degli imprevisti, dei gap e delle idee innovative che si presentano in corso d’opera. Dare la giusta attenzione alle risorse umane diventa un fattore basilare per il successo dell’organizzazione perché comporta motivazione, impegno, soddisfazione personale, tutti elementi importanti per far si che chi lavora nell’organico di un’azienda si senta adeguatamente apprezzato. Trovare il giusto compromesso tra ottica di gestione verticale e

7 G. Mariggiò, Tom Peters e la ricerca dell’eccellenza. Manager, imprese e la capacità di reagire al cambiamento, http://www.spheragroup.it/pdf/Tom%20Peters.pdf, p.3

8 http://gem4pmi.com/giuseppemonti/?p=79

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cambiamenti richiesti dai livelli operativi richiede un grande sforzo nel cambiamento di mentalità; significa riconoscere i limiti insiti dell’approccio tradizionale e assumere un atteggiamento più flessibile ed aperto.

Stimolare la forza lavoro vuol dire essere in grado di infondere negli individui “sensibili” l’attenzione rispetto ad alcuni elementi che decretano il successo aziendale, quali la fidelizzazione del cliente, il perseguimento dell’innovazione, l’ottenimento della flessibilità attraverso la responsabilizzazione di tutti gli individui legati in qualche modo all’organizzazione9.

· Qualità: oggi il binomio successo-qualità è affrontato da tutta la dottrina di management. È impensabile gestire un’azienda senza porsi nell’ottica di gestione di variabili rilevanti che incidono sulla qualità dei prodotti offerti ma anche sulla qualità dei servizi ausiliari o delle performance non direttamente attinenti al core business dell’azienda. Volendo fornire una definizione di cosa si intende per qualità si può affermare che la qualità è la capacità con cui un insieme di elementi distintivi di un prodotto riesce a soddisfare le esigenze ovvero le aspettative definite10. In tale ottica si comprende come il concetto di qualità non possa essere definito in maniera assoluta ma i parametri di analisi tendono a mutare a seconda delle specifiche esigenze da soddisfare. Pertanto

9 http://gem4pmi.com/giuseppemonti/?p=79

10 D. Grisot, La gestione della qualità, Tecniche nuove, Milano 2006, p.11

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se l’oggetto di analisi è il consumatore l’impresa dovrà indagare che le aspettative di quest’ultimo siano adeguatamente soddisfatte dalla qualità e dagli attributi che caratterizzano il prodotto. In quel caso l’attenzione sarà rivolta all’analisi di mercato e alla coerenza di quanto realizzato rispetto a quanto richiesto. Ma la qualità è un discorso che oggi interessa anche il contesto interno all’organizzazione. Si fa riferimento, in questo caso, ai rapporti con il personale dipendente e alla creazione di un adeguato ambiente di lavoro al fine di garantire che vi siano delle adeguate condizioni operative non solo in termini di sicurezza ma anche e soprattutto di clima aziendale. Ma essendo l’impresa inserita in un contesto e non potendo prescindere dallo stesso accanto alle esigenze di ottimizzazione di processi interni e all’analisi dei bisogni dei consumatori si pone il tema della qualità intesa come responsabilità sociale dell’impresa. In questo senso vanno indagate tutte le ripercussioni che il modo di agire dell’impresa ha sull’ambiente circostante e nell’attuare un sistema di controllo e di intervento che miri a ridurre l’impatto negativo. La qualità insomma è una prestazione organizzativa trasversale che deve coinvolgere ciascun ramo, funzione e attività aziendale.

· Management by walking aroud: è una tipologia di gestione che supera la classica distanza tra vertice e attività operative ma che si basa su visite periodiche dei manager nelle diverse aree di lavoro. Lo scopo è quello di avere un contatto diretto con i dipendenti, raccogliere informazioni e suggerimenti, ascoltare i reclami e avere

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un polso diretto su quanto accade nell’organizzazione.

Abbandonare la poltrona sulla quali si è seduti per avere una reale percezione di ciò che accade in azienda non soltanto attraverso i piani inviati periodicamente e le relazioni dei responsabili. È attraverso una comunicazione diretta che si ha la possibilità di conoscere anche i più piccoli dettagli delle attività poste in essere così come i manager possono fornire informazioni su come risolvere i problemi che si presentano. Uno dei maggiori benefici del MBWA fu riconosciuto da W. Edwards Deming che scrisse11:

“If you wait for people to come to you, you’ll only get small problems. You must go and find them. The big problems are where people don’t realise they have one in the first place.”

Il successo,infatti, passa dalle idee vincenti prima di tutto di coloro che nell’organizzazione impiegano il loro tempo ed energia. Nel prendere decisioni circa le strategie da perseguire e le azioni da implementare è fondamentale dar voce a tutti, quindi non programmare riunioni nelle quali saranno presenti solo i manager e l’alta direzione ma anche coloro che vivono quotidianamente l’operatività dell’azienda, che conoscono i problemi, che affrontano le controversie con i clienti. Una strategia vincente parte dal basso, da coloro che vivono il contatto diretto con il mercato e ciò che va perseguito è una continua sfida per

11 http://www.economist.com/node/12075015?story_id=12075015

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realizzare ciò che non è presente ancora sul mercato. Per far ciò ci si deve predisporre all’ascolto. Incentivare nuove idee e non lasciarsi prendere dalla razionalità ma fare in modo che l’idea che appare vincente debba diventarlo ad ogni costo. Ma la cosa più difficile è che per cavare qualcosa da un’idea, occorre un certo tipo di atteggiamento: quello di credere che l’idea possa funzionare, abbinato alla volontà di tentare e ritentare finché l’idea possa funzionare, abbinato alla volontà di tentare e ritentare finché l’idea (quale che sia) non mostri di funzionare, e a quel punto continuare a limare qua e là in eterno12.

· Innovazione: Tom Peters vede nell’innovazione un fattore propulsivo importante per le aziende che va inteso non solo come rinnovamento delle piattaforme tecnologiche, dei macchinari utilizzati ma visto in un’ottica di radicale cambiamento che porti a realizzare non prodotti nuovi ma diversi. Peters sprona ad essere innovativi, ad essere maniaci del brand e del design che descrive come lo spirito fondamentale della creazione dell'uomo. Ha concepito una nuova parola il

“dreamketing”, cioè il marketing dei sogni che implica la realizzazione di un prodotto finale in grado di far vivere un’esperienza unica ad ogni cliente.

12 T. Peters, Le piccole grandi cose, 163 modi per raggiungere l’eccellenza, Sperling & Hupfer, Traduzione di Andrea Mazza, HarperStudio 2010, p. 6

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Mira all’eccellenza e ignora il successo.

L’eccellenza non è un traguardo da raggiungere, non rappresenta un obiettivo da realizzare ma è un preciso modo di intendere la vita. È uno stile, un atteggiamento che deve pervadere la vita di ogni individuo e quindi di ogni azienda che intenda acquisire quel qualcosa in più che consente di raggiungere una situazione non imitabile dalla concorrenza. Non è fermarsi a realizzare un prodotto/servizio qualitativamente migliore rispetto a quanto offerto sul mercato o una variante originale o un rapporto impareggiabile tra qualità e prezzo ma l’eccellenza è una condizione permanente che non si esaurisce in un’idea vincente ma che rappresenta quel limite superiore che tende all’infinito da superare in qualsiasi situazione. Un punto fermo: il metro sul quale misurare l’eccellenza non sono i grandi risultati. In un’ottica zen tutto ciò che abbiamo è il presente. Se il lavoro d’oggi non può essere ritenuto eccellente non si è fatto nessun passo verso il fine supremo dell’eccellenza13.

Ed è in quest’ottica che con il suo innegabile spirito critico l’autore esalta il concetto di ciò che definisce la bellezza delle Piccole cose. Nel perseguire l’eccellenza non bisogna necessariamente pensare in grande. La

13 T. Peters, Le piccole grandi cose, 163 modi per raggiungere l’eccellenza, Sperling & Hupfer, Traduzione di Andrea Mazza, HarperStudio 2010, p. 13

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possibilità di raggiungere ciò che appare impossibile può dipendere anche dal valore e dalla rilevanza che si associa alle piccole cose di ogni giorno che analizzate singolarmente possono apparire senza senso o quantomeno prive di quel valore aggiunto da ricercare continuamente. Ma è un discorso che invece va affrontato e condiviso nell’organizzazione perché è proprio partendo dall’analisi delle piccole cose che si riesce a creare quella base di successo sulla quale implementare la strategia.

Come suggerisce Tom Peters le piccole cose contano un sacco. In pratica il suo suggerimento è: iniziate a dedicare gran parte della “riunione del mattino” o delle “telefonate settimanali” (o altro) alle piccole cose: dalla pulizia dei servizi, alle consegne fatte o mancate, alla telefonata di ringraziamento a un cliente che ha appena fatto un ordine14.

Quindi all’interrogativo che ci si pone: l’eccellenza è un qualcosa di appannaggio solo delle grandi aziende?la risposta è decisamente no. In realtà nonostante la dottrina professi l’importanza delle strategie poste in essere dai grandi colossi, e come questi abbiamo mutato la fisionomia del mercato conquistando grandi quote di mercato anche grazie alla globalizzazione, le piccole e medie imprese continuano ad avere un peso rilevante nelle realtà locali. Ciò a testimonianza che l’eccellenza non è un modello associabile alle grandi realtà ma essendo uno stile

14 T. Peters, Le piccole grandi cose, 163 modi per raggiungere l’eccellenza, Sperling & Hupfer, Traduzione di Andrea Mazza, HarperStudio 2010, p. 2

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di vita e non un traguardo definibile a priori può essere una meta per le piccole e medie imprese e può essere un’utopia per le grandi organizzazioni. Alla base dell’eccellenza c’è la capacità di rimettere in discussione il proprio modo di agire e pensare, di imporsi, di non fare nient’altro che non sia eccellente e porre l’eccellenza come pilastro di ogni azione imprenditoriale. Nel fare questo vi saranno inevitabilmente una serie di azioni che porteranno valore aggiunto alle strategie realizzate e che saranno percepite dal mercato come vincenti rispetto ai concorrenti.

5. Gestire le crisi in azienda.

I fallimenti, le sconfitte, un progetto andato male, una controversia da risolvere, sono tutte situazioni tipiche in cui un’azienda può incappare durante lo svolgimento quotidiano delle azioni. In quest’ottica Tom Peters fornisce alcune utili indicazioni (seppure nel suo classico tono ironico e fuori dalle righe) di quanto debba essere fatto per risultare vincenti in tempi duri15:

1. Istituire un gruppo di controllo: il monitoraggio, l’attenzione costante su quanto viene fatto in azienda è fondamentale per intervenire e gestire le crisi.

15 T. Peters, Le piccole grandi cose, 163 modi per raggiungere l’eccellenza, Sperling & Hupfer, Traduzione di Andrea Mazza, HarperStudio 2010, p. 27

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Il controllo è l’asse portante per garantire rapidità di risposta rispetto agli imprevisti che accadono in azienda.

2. Eccedete pure nella comunicazione: le soluzioni, le idee nascono attraverso le discussioni, il dialogo continuo tra gli attori che sono seduti ad un tavolo di concertazione. Non è possibile trovare una soluzione chiudendosi nel silenzio e cercando di farsi venire un’idea geniale per superare la crisi. È attraverso la comunicazione, il dare e ricevere continuamente informazioni, è ponendosi nell’ottica di ascoltatore e non solo di oratore che si raccolgono spunti importanti.

3. Lasciate perdere ogni velleità di formalismo. Burocrazia, modulari schede, report sono alla base dell’esperienza aziendale. Si pensi ad una riunione convocata per risolvere un imprevisto aziendale dove ogni partecipante si presenta con la propria dispensa informativa circa i punti da analizzare. Sembra una scena classica vista in continuazione nei film dove le riunioni convocate pullulano di manager in giacca e cravatta con al braccio la propria cartellina nella quale si pensa di trovare la risposta ad ogni perché. Ma pensandoci non sarebbe più corretto discutere dell’imprevisto direttamente a tu per tu senza l’ausilio di nessun fascicolo da studiare e punti da analizzare? il formalismo uccide l’originalità e toglie spazio a quelle idee vincenti che nascono proprio discutendo (anche animatamente) rispetto ad una situazione da affrontare e ponendosi come imperativo quello di risolverla. Ed è in tale ottica che Tom Peters

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suggerisce la possibilità di indire riunioni intorno a tavoli rotondi, circolari e non rettangolari in modo che ognuno possa guardare in viso l’interlocutore e dove nessuno avrà un posto di superiorità.

4. Parcheggiate l’ego fuori dalla porta. In ogni situazione che l’alta direzione si presti ad affrontare una regola fondamentale è porsi in una condizione di assoluta parità in termini di ruoli. Non è pensabile indire un capo e riconoscerne, in periodo di crisi, il ruolo indiscusso. Questo crea timori, paura di esprimersi, voglia di assecondare. Tutte cose che non consentono di ottenere una soluzione ma che tendono ad aggravare la situazione.

Pertanto l’ego smisurato, che ognuno può avere nella vita, deve essere lasciato fuori in situazioni che incidono sul lavoro di un’azienda con la possibilità di mettere in pericolo la carica occupazionale di tanti per imporre la propria idea.

5. Assicuratevi che il gruppo sia vario. Assicuratevi che ciascun membro del gruppo svetti per una competenza in particolare e che questa gli sia riconosciuta. Le competenze delle singole risorse umane sono alla base del sapere aziendale e sono proprio le esperienze che ogni componente presente nell’organico ha nel proprio background culturale che incidono sulla possibilità di spaziare in termini di progetti da implementare. Ciò presuppone eterogeneità nel bagaglio di competenze a disposizione in modo da disporre di ampi e variegati punti di vista rispetto ad un medesima

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situazione. Accanto alla possibilità di sfruttare diverse competenze vi è la necessità di riconoscere un’adeguata e pari importanza alla formazione di ognuno. In termini pratici nell’affrontare una situazione di crisi può essere utile il parere del top manager, che conosce le linee generali dell’intera azienda e ha competenza gestionali, ma anche le informazioni di cui dispongono i responsabili operativi, i tecnici di settore nonché la giusta conoscenza dei processi di cui dispongono gli addetti alla produzione e commercializzazione. Ad ognuno deve essere riconosciuto il giusto peso e la giusta rilevanza rispetto alle competenze possedute tutte indispensabili per avere una visione d’insieme dell’imprevisto.

6. Coltivate con predilezione la sperimentazione rapida. Anzitutto ha il pregio di indurre la percezione che non si sta cincischiando: fa muovere le cose. Secondo, non vi sono rimedi certi, quindi è tassativo muoversi, non fosse altro per vedere che cosa accade perturbando il sistema. Terzo, ci vuole la volontà di riconoscere gli errori e di bloccare al più presto un esperimento andato male, anziché ostinarsi ad andare avanti per non ammettere la cantonata.

7. Ciascun membro deve godere di diffusa credibilità. La credibilità fa riferimento alla reputazione che ciascun membro ha all’interno dell’organizzazione.

Questa si costruisce nel tempo ed è frutto di atteggiamenti onesti, responsabili, affidabili. Insomma è un parametro di valutazione che influenza non solo la sostenibilità delle

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singole idee presentate ma che tende ad influenzare anche la stessa credibilità esterna dell’azienda. Perché non si può restare a lungo i migliori se non si continua a disporre del personale migliore. L’azienda ha quindi bisogno che la sua immagine sia così positiva sul mercato del lavoro da attrarre facilmente risorse qualificate e giovani capaci di conservare florido il vivaio dei talenti, necessari a rivitalizzare le capacità creative dell’impresa16.

8. Comunicare in “eccesso”anche al di là del gruppo. L’azienda oggi non può prescindere dal comunicare. La comunicazione è alla base delle strategie vincenti in un’azienda e devono, per essere condivise, essere portate a conoscenza di tutto l’organico. Ma per costruire un’immagine valida e per affermare la presenza sul mercato è fondamentale che la comunicazione si estenda anche e soprattutto al di fuori dei confini dell’azienda. Lo scopo è quello di costruire una precisa identità aziendale e fare in modo che questa venga percepita adeguatamente dai pubblici esterni. Ovviamente le finalità della comunicazione saranno diverse a seconda del parco di stakeholders ai quali si rivolge ma l’obiettivo unitario è che l’azienda riesca a comunicare un’immagine vincente e valida per ottenere il giusto consenso dal mercato.

16 E. Guidotti, Comunicazione integrata per l’impresa, Franco Angeli, Milano 2004, p.20

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Alla base dei punti sopra analizzati un fattore, una variabile critica che deve caratterizzare l’atteggiamento dell’azienda è la resilienza. Resilienza parola d’ordine per gestire il cambiamento o meglio la virtù per gestire quello che viene definito in gergo il cigno nero ovvero l’evento estremo imprevedibile. Per essere in grado di affrontare l’imprevedibile bisogna porsi nell’ottica di analizzare quelle situazioni che potrebbero porre in serio pericolo il modo di operare di una’azienda. Importanti in quest’ottica sono, come si è già detto, gli sforzi per garantire un’eterogeneità di formazione del personale dirigenziale, tecnico ed operativo che copre le diverse cariche aziendali in quanto le competenze acquisite in campi diversi sono frutto di esperienze che possono servire a saper gestir il caso. Nel gestire la strada verso l’eccellenza non bisogna quindi assumere solo una visione di quella che sarà la strategia per il successo, ma bisogna innanzitutto porsi nell’ottica critica del probabile insuccesso. L’analisi delle emergenze diventa fondamentale e in quest’ottica ancora più importante è la capacità di avere esperienza in questo senso ovvero avere la giusta conoscenza rispetto al modo di affrontare l’imprevedibile. Si pensi alle esperienze passate, ai colli di bottiglia che hanno fatto perder tempo o ad errori che hanno portato fuori strada e si valuti il tutto in termini di esperienza. Persone che avranno vissuto tutto ciò saranno capaci di arrivare a soluzioni più rapide per l’azienda17. La competenza è anche alla base di scelte

17 S. Masci, Il conflitto in azienda, L’airone editrice, Roma 2007, p.112

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ponderate quale quella di creare una condizione di fondo stabile capace di intervenire in qualsiasi piano di emergenza. Ciò si persegue puntando sulla logica del decentramento per non rendere eccessivamente rigida l’organizzazione e per poter contare nello stesso tempo sul lavoro di qualità di terzi subfornitori specializzati in singole fasi del processo aziendale. Importante è anche la possibilità di avere un’organizzazione ombra pronta ad entrare in azione in caso di emergenza. Risorse di scorta pronte all’uso: just in time, i magazzini a giacenza zero fanno miracoli nel massimizzare l’efficienza finché tutto va liscio, ma sono ricetta di un disastro non appena prendono piede le incertezze, ambiguità e confusione18. Pertanto bisogna trovare un giusto compromesso tra una logica di estrema flessibilità e la possibilità di far fronte in qualsiasi momento alle situazioni più disparate e imprevedibili che il caso pone. Gestire ed imparare dagli errori: questa la logica vincente.

6. Il think different: un approccio per essere eccellenti

L’elemento vincente tanto nei periodi di crisi quanto in quelli profittevoli diventa il “think different” ovvero

18 T. Peters, Le piccole grandi cose, 163 modi per raggiungere l’eccellenza, Sperling & Hupfer, Traduzione di Andrea Mazza, HarperStudio 2010, p. 45

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ricercare quegli elementi che consentano di differenziare il modo di operare dell’azienda da quella dei concorrerti offrendo un’idea nuova, alternativa, originale capace di attirare l’attenzione della clientela. La domanda che ci si deve porre in quest’ottica diventa: in che modo questo progetto potrà far colpo sul cliente in maniera completamente diversa dalla concorrenza, così da captare nuovi clienti e far crescere la quota di mercato…spostando ancora di più il massimo da raggiungere?19 La risposta va cercata analizzando il mercato, il modo di operare dei diretti concorrenti e puntando su qualcosa che ancora non si è visto, che attiri l’attenzione dei clienti già acquisiti e che punti alla conquista di nuovi clienti. È importante porsi continuamente in un’ottica radicale di rinnovamento, stimolando nuove idee che abbiano quei caratteri di diversità non presenti ancora sul mercato. Potrebbe esser visto come un concetto teorico di successo ma pur sempre teorico, difficile da realizzare ma la possibilità di trasformare il diverso in un’idea concreta e di successo dipenda dalla reale capacità e volontà dell’impresa di agire e rendersi portavoce di qualcosa che potrà sovvertire l’intero sistema. Alla lunga questo atteggiamento può portare a creare un circolo virtuoso di competenze,

19 T. Peters, Le piccole grandi cose, 163 modi per raggiungere l’eccellenza, Sperling & Hupfer, Traduzione di Andrea Mazza, HarperStudio 2010, p. 40

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innovazione, ricerca e sviluppo alimentando continuamente la strada per l’eccellenza.

In un’azienda, per dar luogo a qualcosa che sia percepito come differente, occorre in primo luogo avere l’appoggio da parte del mercato e ciò dipende dagli stimoli che si riesce a trasmettere. In tale ottica un addetto alle vendite preposto a presentare un nuovo prodotto o ad offrire un nuovo servizio avrà maggiori probabilità di coinvolgere l’interlocutore circa la bontà e veridicità di quanto sta professando se è in primo luogo convinto di ciò che sta dicendo. Con questo si intende sottolineare come l’imperativo per le aziende che puntano all’eccellenza è la ricerca della diversità prima di tutto nella mentalità degli addetti alle diverse funzioni aziendali che devono imparare a credere in ciò che fanno e che devono diventare “oratori” per eccellenza di ciò che creano.

Soddisfare gli altri vuol dire riuscire a soddisfare prima di tutto se stessi. Sul mercato, per mettere davvero il cliente al primo posto, devo porre la persona che lo servirà ancora più al primo posto20.

Distinguersi o estinguersi!

E in tutto quanto detto finora la parola che non sembrerebbe a prima vista avere nessun legame con il

20 T. Peters, Le piccole grandi cose, 163 modi per raggiungere l’eccellenza, Sperling & Hupfer, Traduzione di Andrea Mazza, HarperStudio 2010, p. 64

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tema dell’eccellenza è sbagliare. E invece no! Le grandi aziende e i grandi successi nascono dai più clamorosi fallimenti. Se sbagli, se fallisci, se non raggiungi i risultati sperati, vuol dire una cosa: hai tentato ma non è andata bene, ma almeno hai tentato. Chiudersi dietro azioni già sperimentate che danno sicurezza, che garantiscono l’ovvio è tipico di molti modi di operare. È invece ciò che fa grande un progetto è proprio la capacità di mettere in discussione e provare, provare ad essere il best in class sul mercato. Uniformarsi a quanto il precedente top manager ha lasciato in consegna non è una strategia vincente ma è da quelle basi di successo passato che occorre partire per ridefinire il presente e distinguersi dalla massa.

Se qualcuno mi viene a dire che ho sciato tutto il giorno senza una sola caduta, io gli rispondo di cambiare

pista.

L’imperativo, pertanto, diventa quello di non adagiarsi sulla posizione conseguita, seppure brillante, ma reinventarsi continuamente per fare in modo che quell’onda di successo perduri nel tempo nonostante i cambiamenti che intervengono nel contesto.

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CAPITOLO 2

I PROCESSI AZIENDALI: DAL CONTROLLO DI GESTIONE ALLA

BALANCED SCORECARD

1. Introduzione

Le necessità sempre più evidenti delle aziende di non limitare le proprie attività al controllo di variabili legate ad aspetti esclusivamente contabili e la necessità di considerare l’ottica globale dell’agire imprenditoriale ha portato a dar luce nel primo capitolo agli assiomi alla base dell’eccellenza operativa. Considerando che perseguire risultati eccellenti vuol dire anche e soprattutto non solo rivedere il modo di agire imprenditoriale ma anche le azioni concrete poste in essere, il presente capitolo si snoda nella comprensione di alcuni elementi di fondo che consentano di comprendere nel dettaglio come muoversi per analizzare tutti gli aspetti legati alle performance dei processi aziendali. In particolare si focalizza l’attenzione sul ruolo importante assunto dal controllo di gestione, sulla rilevanza dell’innovazione nella gestione delle informazioni e sull’importanza assunta negli anni dal controllo dei processi e delle relative performance.

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2. Il controllo di gestione

Il controllo di gestione è uno strumento operativo indispensabile per il corretto svolgimento delle attività aziendali. È un sistema direzionale con cui i manager, ai vari livelli, si accertano che la gestione aziendale si stia svolgendo in condizioni di efficacia ed efficienza tali da permettere il raggiungimento degli obiettivi di fondo della gestione stessa, stabiliti in termini di pianificazione strategica21. Il controllo di gestione si pone come obiettivo prioritario quello di monitorare l’attività aziendale individuano a livello globale ma, anche e soprattutto a livello di sub-sistemi, quali siano le implicazioni delle strategie perseguite e quali condizioni consentono di raggiungere. Il tutto avviene grazie ad un orientamento definito dall’alta direzione che deve essere adeguatamente comunicato e condiviso alle diverse aree aziendali per ottenere utili indicatori con i quali analizzare l’andamento complessivo dell’organizzazione.

Controllare la gestione non vuol dire aspettare che i risultati finali si siano manifestati, ma anzi significa procedere ad un monitoraggio il più tempestivo possibile, in itinere, per mantenere la possibilità di intervenire e correggere la direzione di marcia, al fine del conseguimento dei risultati attesi. Si può affermare che

21 L. Brusa, Sistemi manageriali di programmazione e controllo, Giuffrè editore, Milano 2000, p.2

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tale controllo inizia anche in una fase antecedente all’azione con la formulazione dei programmi di gestione e la verifica dei budget rispetto ai piani strategici formulati e la loro adeguatezza agli obiettivi di fondo della gestione22.

Il controllo di gestione consente di individuare gli obiettivi prefissati e la coerenza delle azioni poste in essere rispetto agli stessi. È una modalità per individuare gap, responsabilità, inefficienze e per correggere le deviazioni rispetto alla rotta tracciata. Gioca in questo senso un ruolo fondamentale la condivisione dei risultati conseguenti dal controllo che dovranno guidare l’organizzazione verso un processo di miglioramento continuo. È uno strumento indispensabile per garantire un buon governo aziendale in quanto lo scopo non è solo quello di analizzare i risultati conseguiti ma individuare sia le cause negative che hanno determinato inefficienze, sprechi e costi addizionali ma anche quegli aspetti positivi che vanno continuamente indagati per valorizzare quelle capacità aggiuntive in fase di processo.

È da sottolineare come il ruolo, o meglio l’orizzonte di analisi del controllo di gestione, sia mutato nel tempo.

Negli anni passati, e in particolare negli anni 90, il controllo si sostanziava su aspetti di natura prettamente contabile, l’analisi era rivolta agli aspetti economico-

22 L. Brusa, Sistemi manageriali di programmazione e controllo, Giuffrè editore, Milano 2000, p.13

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finanziari e ciò che contava era il fatturato realizzabile e la soddisfazione delle prospettive degli azionisti. In un contesto competitivo, come quello attuale, gli ambiti di analisi del controllo spaziano dai classici indici di rotazione del capitale, all’analisi costi/ricavi ad aspetti più immateriali collegati a profili inerenti la qualità e l’innovazione tecnologica23. In quest’ottica assume importanza anche l’atteggiamento assunto da tutti gli attori dell’organizzazione rispetto ai controlli effettuati.

Non si può pensare di analizzare budget, report, conti economici e di riuscire a trovare una soluzione di coerenza per tutta l’organizzazione ma è fondamentale che tali dati costituiscano la base per ulteriori azioni di miglioramento che prevedano il coinvolgimento di ogni membro dell’organizzazione. È il concetto di Learning Organization, più volte citato nella dottrina moderna, che impone all’impresa di uscire dalla posizione gerarchica di un controllo rigido e formale imposto dall’alto per evolvere verso la creazione di una’azienda snella. Si rende necessario passare da una logica di controllo meramente formale, che risponde ad un’esigenza conoscitiva imposta dagli azionisti e da precisi obblighi di legge, ad un controllo reale e condiviso nell’organizzazione capace di

23 G: Donna, A. Riccaboni, Manuale del controllo di gestione. Analisi dei costi, budget, reporting, ERP, bilance scorecard: applicazioni e soluzioni innovative, IPSOA,2003, p.30

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sfruttare le informazioni disponibili per individuare le aree sulle quali intervenire24.

Il meccanismo operativo in oggetto non va visto come un asettico insieme di tecniche contabili ma come una pratica aziendale istituzionalizzata in grado di rappresentare un importante veicolo per il trasferimento di valore nel tempo e nello spazio25. Il controllo di gestione impone pertanto di ridefinire le linee guida che caratterizzano l’operato dell’organizzazione in modo da dare il giusto rilievo alle tre componenti del controllo:

Il controllo organizzativo riguarda le procedure definite dal manager per perseguire gli obiettivi previsti, le azioni da implementare, i documenti a supporto da redigere, la valutazione dei risultati e dei gap e le azioni correttive da porre in essere. È il controllo classico che prevede come base l’assegnazione di responsabilità ad ogni livello organizzativo e più in particolare ad ogni singola funzione aziendale tramite l’individuazione di centri di responsabilità.

24 G: Donna, A. Riccaboni, Manuale del controllo di gestione. Analisi dei costi, budget, reporting, ERP, bilance scorecard: applicazioni e soluzioni innovative, IPSOA,2003, p.39

25 G: Donna, A. Riccaboni, Manuale del controllo di gestione. Analisi dei costi, budget, reporting, ERP, bilance scorecard: applicazioni e soluzioni innovative, IPSOA,2003, p.29

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Il controllo sociale è un concetto che esalta la logica di gruppo, la condivisione di valori, di cultura nonché l’impegno reciproco per il raggiungimento degli obiettivi. In quest’ottica diventa fondamentale l’analisi del modo di operare delle persone, le dinamiche che si sviluppano nel team e la creazione di regole e norme di comportamento condivise.

Nel gruppo, nonostante si cerchi di dare un indirizzo omogeneo, vi è sempre la spinta forte di coloro che ne fanno parte, pertanto l’altro orizzonte di analisi è il controllo individuale, delle singole entità che sono coinvolte nell’organizzazione ognuna delle quali avrà competenze, valori, esperienze che vanno a delineare un personale bagaglio culturale. Lo scopo è quello di adottare un’adeguata politica di selezione e training del personale per fare in modo che vi sia una base di partenza condivisa in termini di valori, cultura, modo di operare sulla quale agire per creare il team che a sua volta influenzerà il modo di operare dell’intera organizzazione.

Nel parlare di controllo di gestione bisogna soffermasi anche ad analizzare i limiti a volte presenti nella dottrina. Il controllo, in numerosi casi, viene identificato come una modalità a disposizione del manager per individuare errori e responsabilità del personale e per porre in essere azioni punitive. Altre volte il concetto di controllo viene associato esclusivamente a variabili contabili o ancora si ritiene che l’adozione di un efficace sistema di controllo aumenti di per se le

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performance aziendali. Sono tutti miti da sfatare considerando che, da quanto evinto finora, il controllo di gestione si articola su diverse aree di analisi che riguardano anche l’analisi della contabilità direzionale e del bilancio di esercizio ma che spaziano fino all’analisi dei dati preventivi di budget nonché di misure extra- contabili. Inoltre si deve sottolineare che adottare un sistema di controllo efficace aiuta a monitorare le attività poste in essere e a gestire nel modo migliore l’azienda ma ciò deve essere affiancato da un management capace e competente.

3. L’evoluzione del controllo: da un approccio funzionale ad uno per processi

Analizzando il modo di operare delle aziende nel tempo si può affermare che il contesto ha imposto un cambiamento radicale rispetto al modo di gestire ed organizzare il lavoro aziendale. Nei sistemi tradizionali di gestione l’approccio tipico è quello di una gestione per funzioni caratterizzato dalla suddivisione delle attività aziendali in mansioni omogenee aventi uno specifico obiettivo e nell’assegnare a tali funzioni specifici compiti da perseguire con determinati mezzi e risorse umane. In quest’ottica si possono considerare le funzioni aziendali come entità autonome all’interno della complessa gestione aziendale, basti pensare alla funzione produzione, acquisiti, distribuzione, amministrativa. Tutte mansioni che vengono svolte individuando specifici obiettivi da

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