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PIZZA UNESCO, C E CHI E FELICE MA NON TROPPO. AD EXPO NON C ERA. MENTRE IN USA RAPPRESENTAVA UN VERA E PROPRIA SLICE DEL GOVERNO

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PIZZA UNESCO, C’E’ CHI E’

FELICE MA NON TROPPO. AD EXPO NON C’ERA. MENTRE IN USA RAPPRESENTAVA UN VERA E PROPRIA ‘SLICE’ DEL GOVERNO

L

’ a r t e d e l p i z z a i u o lo napoletano è diventata patrimonio dell’umanità Unesco. Ma tra gaudio e soddisfazione, il deputato di Forza Italia Paolo Russo ricorda la ‘mortificazione’ ad Expo. Che ha escluso proprio la pizza. “L’Unesco riconosce all’arte dei pizzaioli napoletani il suo sigillo! Un successo per la Campania che con la Dieta Mediterranea e la Festa dei Gigli di Nola é la regione più presente nella lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale” scrive il deputato e coordinatore FI della città metropolitana di Napoli, Paolo

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“Questo successo non mi fa però dimenticare, anzi esalta, gli imbarazzi, le titubanze e le scelte scellerate di quanti oggi esultano e saltano sul carro dei vincitori e dei pizzaioli, ma ieri relegarono proprio la pizza ad una insostenibile marginalità in occasione dell’Expo di Milano. Fu una scelta geopolitica: non vi erano multinazionali pronte ad investire, non vi erano avveduti ed apprezzati (prevalentemente dal sistema bancario!) imprenditori settentrionali, non vi erano – ha aggiunto il deputato – “giornaloni” pronti a sostenere le ragioni di un prodotto che rispondeva come nessuno alla domanda dell’Expo nutrire il pianeta”

Agricolae aveva affrontato, proprio nel 2015, il tema.

Approfondendo anche il potere delle lobby politiche americane:

PIZZA: IN ITALIA CANDIDATA A PATRIMONIO UNESCO. IN USA UNA DELLE LOBBY DEL CIBO PIU’ POTENTI DI WASHINGTON. MA AD EXPO NON C’E’. SCHIERATA DALLA PARTE DEI REPUBBLICANI, A SUON DI EMENDAMENTI, CUI IL SETTORE HA DATO 1,3 MLN DOLLARI CONTRO I 157MILA DATI AI DEMOCRATICI

Posted by Redazione × Pubblicato il 26/03/2015 at 14:45

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I n I t a l i a è c a n d i d ata a diventare patrimonio Unesco dopo la bocciatura del 2012, dall’altra parte dell’Oceano è espressione di una delle più potenti lobby del cibo Usa e motivo di opposizione fra democratici e repubblicani. Ma ad Expo sarà un prodotto come un altro inserito nel percorso sensoriale assieme alle eccellenze agricole ed agroalimentari italiane. Ma se lo spot Expo-Rai andato in onda sulle reti pubbliche prendeva proprio la pizza come esempio dell’italianità “mancata” e non sfruttata riportando il caso dell’inglese che ne ha fatto un business mondiale, al padiglione Italia di Milano se ne parlerà poco. “Parliamone all?expo”, chiudeva lo spot. E la

“forza” che la pizza ha all’estero è la dimostrazione di quanto potrebbe essere – a dirla con lo spot Rai – una vera occasione mancata. Negli Stati Uniti infatti rappresenta a tutti gli effetti una vera e propria “slice” di governo del paese. Negli Usa è anche espressione di chi difende – a suon di emendamenti – gli interessi di quella fresca e chi invece quelli della surgelata. Si parla della pizza, alimento simbolo del Made in Italy nel mondo. Proprio oggi la pizza è protagonista di una giornata di mobilitazione in occasione della convocazione della Commissione Italiana Unesco a Roma per l’atteso via libera nazionale all’inserimento dell’Arte

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culturale immateriale dell’umanità”. Un alimento molto amato, anche negli Stati Uniti, dove però negli ultimi anni è finito sotto attacco nell’ambito delle campagne salutistiche portate avanti in primis dalla first lady Michelle Obama.

A l c o n t r a r i o d i a ltre lobby del cibo rappresentate a Washington, quella della pizza non ha assecondato le richieste del governo, come ha riscostruito un’inchiesta dell’agenzia americana Bloomberg intitolata “Dentro la potente lobby che sta combattendo per il tuo diritto di mangiare pizza”.

Circa 41 milioni di americani, più della popolazione della California, mangia un pezzo di pizza tutti i giorni. Da qualche anno però l’atteggiamento è cambiato e la pizza è diventata un bersaglio al pari di soda e patatine fritte. I nuovi standard federali sulla nutrizione per i pasti scolastici, parte di una legge del 2010, l’hanno messa in discussione. Le regole di etichettatura dei menu, entrate in vigore alla fine di quest’anno, sono sembrate particolarmente onerose per i proprietari di pizzerie. Le nuove leggi e l’opinione pubblica avevano convinto altri a cambiare le proprie politiche molto prima che il governo lo richiedesse.

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McDonald, per esempio, ha tolto volontariamente la soda dagli Happy Meals e ha aggiunto il numero delle calorie ai suoi menu. I sostenitori della pizza hanno optato invece per una strada diversa. Si sono separati dalle altre lobby alimentari e hanno scelto una via più combattiva. L’anno scorso per attività di lobbying hanno speso 500 mila dollari, e 1,5 milioni di dollari in contributi nelle ultime due tornate elettorali.

L’American Pizza Community (APC) ha fatto notare che visto le potenziali combinazioni di condimenti della pizza, fornire informazioni precise sulle calorie sarebbe “quasi impossibile”, mentre le catene specializzate in consegna hanno sostenuto che non avrebbe senso un menu con informazioni sulle calorie quando pochissimi clienti le leggerebbero.

Altro punto che ha fatto storcere il naso è stato che nei regolamenti proposti dalla Food and Drug amministration le pizzerie dovevano indicare le calorie di una pizza intera piuttosto che di una sola fetta. Quasi tutte le pizze di solito non supera le 4000 calorie – riporta ancora Bloomberg - , ma i sostenitori della pizza fanno notare come la maggior parte degli americani ne mangia uno o più fette ma quasi mai una intera.

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e l 2 0 1 0 , i l C o n g resso ha approvato un aggiornamento nutrizionale per il pranzo delle scuole federali sovvenzionate, sostenuto da Michelle Obama. Quando l’Usa, il Dipartimento dell’Agricoltura americano, ha pubblicato i dettagli è comparsa una norma apparentemente oscura che aumentava la quantità minima di concentrato di pomodoro necessario per essere considerata come una porzione di verdura – e si è acceso un faro sulla lobby della pizza surgelata (che ormai si muove in modo separato da quella fresca forse da quando Domino – una della più grandi catene del settore – l’aveva definita pochi anni fa come “la radice di tutti i mali” sui suoi cartoni).

A l c o n c e n t r a t o d i p o m o d o r o v e n i v a d a t o u n c r e d i t o supplementare. Quindi 2 cucchiai di concentrato di pomodoro – grosso modo la quantità su una fetta di pizza – era considerato l’equivalente di una porzione di verdure. Ma le nuove regole dovrebbero modificare questo aspetto. Nel 2011 l’Istituto nazionale della pizza congelata ha inviato una lettera all’Usda sostenendo che si sarebbe dovuta aumentare così tanto la quantità di pomodoro concentrato da rendere poi impossibile aggiungere formaggio o altri condimenti.

Nell’agosto dello stesso anno un nutrizionista parlando al Congresso sottolineò come le norme proposte avrebbero

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eliminato dalle mense molti alimenti ricchi di nutrienti fra cui appunto la pizza.

Nel novembre 2011, il Congresso ha bloccato alcuni cambiamenti nutrizionali proposti dal Dipartimento dell’agricoltura. Da allora, le riduzioni di sodio e gli aumenti di cereali integrali hanno subito dei ritardi – appoggiati dalla lobby della pizza surgelata.

La lobby della pizza spera ora in tempi migliori. Da sempre infatti tende a sostenere i repubblicani. Negli ultimi due cicli elettorali, i candidati federali repubblicani hanno ricevuto circa 1,3 milioni dollari dal settore a fronte dei 157 mila dollari andati ai democratici. (Il più grande beneficiario nel 2012 è stato il candidato presidenziale Mitt Romney).

Adesso con i repubblicani che guidano il Congresso, si parla di invertire alcune politiche nutrizionali che i conservatori considerano come progetti della first lady e un esempio di politica sbilanciata. Per gli amanti della pizza la speranza è che le due lobby del settore, fresca e congelata, possano superare le loro spaccature e unire le forze in difesa di un alimento che è diventato simbolo d’America al pari della torta di mele.

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