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CAPITOLO IV

IL RIPRISTINO DEL REGIME PATRIMONIALE LEGALE:

LE VARIE IPOTESI

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Dopo aver analizzato ciascuna delle fattispecie regolate dall’art. 191 c.c. e gli aspetti pubblicitari che le riguardano, rimane un ultimo aspetto da prendere in esame.

Si tratta dell’ipotesi in cui il regime legale venga ripristinato, conseguentemente all’accadere di determinate circostanze, quali appunto il ritorno del morto presunto o dell’assente, la revoca o chiusura del fallimento e la riconciliazione dei coniugi.

§ 1. Il ritorno del morto presunto o dell’assente.

È stato discusso in dottrina che effetti abbia l’eventuale ritorno dell’assente o la prova della sua esistenza, stando a quanto previsto dall’art. 56 c.c., che, al verificarsi di tali circostanze, prevede il venir meno degli effetti della dichiarazione di assenza.

Stessi interrogativi sono stati posti per quanto riguarda il ritorno del morto presunto, in quanto le problematiche sono le stesse, secondo quanto previsto dall’art. 66 c.c.

Una nutrita parte di autori186 ritiene che al verificarsi di uno dei due

eventi, si avrebbe la ricostituzione in automatico del regime di comunione legale ex nunc.

186)

P. SCHLESINGER, op. cit., p. 441, il quale fa notare la necessità di conservare tra i coniugi quel regime patrimoniale legale che deve vigere in difetto di una diversa convenzione. Di seguito troviamo anche L. BARBIERA, op.cit., p. 595; A. MACRÌ, , Scioglimento della comunione legale e i suoi effetti, in Il regime patrimoniale a dieci anni dalla riforma, Giuffrè, Milano, 1988 p. 57; F. SANTOSUOSSO,

Delle persone e della famiglia, Il regime patrimoniale della famiglia, in Comm. Cod. civ., Utet, Torino,

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Questa sembrerebbe la soluzione più condivisibile e in linea con quanto previsto dagli artt. 56 e 66 c.c., che in caso di prova dell'esistenza della persona assente o presunta morta, dispongono il venir meno di tutti gli effetti prodotti.

È quindi da escludere che la ricostituzione della comunione abbia efficacia retroattiva. Infatti nel periodo in cui questa non sia stata in vigore a causa dell'assenza o della morte presunta, si potrebbero essere verificati nella sfera del coniuge superstite alcune modifiche o incrementi al quale non si ritiene giusto far partecipare chi in quel momento non era presente187.

Si segnala anche l’opinione di un'altra serie di autori188

, ritenuto non condivisibile, che sostiene che il ritorno alla situazione di comunione sarebbe possibile solo in seguito a una espressa convenzione tra le parti, stipulata nelle forme previste dall'art. 162 c.c.

§ 2. La chiusura o la revoca del fallimento.

Altra questione da trattare riguarda cosa succede nel caso in cui il fallimento venga revocato oppure chiuso.

Una tesi189 opterebbe per la ricostituzione automatica della comunione,

opinione che deve essere condivisa190, tenendo presente che le stesse

187)

Gli stessi artt. 56 e 66 c.c., nel designare gli effetti generali della ricomparsa dell’assente o del dichiarato morto presunto, non autorizzano a pensare ad alcuna retroattività.

188)

F. CORSI, op. cit., p. 173; V. DE PAOLA, op. cit., pp. 646-647; F. MASTROPAOLO-P.PITTER,

op. cit., pp. 333-335.

189)

A. MACRÌ, op. cit., p. 74; G. GABRIELLI e M.G. CUBEDDU, op. cit., p. 205.

190)

Il venire meno della situazione eccezionale che ha portato al mutamento del regime patrimoniale tra coniugi deve condurre al ripristino della condizione ordinariamente voluta dalla legge. In tal senso, non è condivisibile la posizione di chi, come V. DE PAOLA, op. cit., p. 668, ritiene che si debba proseguire nel regime di separazione determinato dal fallimento.

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considerazioni eseguite per il ritorno dell'assente e del morto presunto portano ad escludere qualsiasi ipotesi di retroattività.

Tale assunto non sarebbe invece condiviso da alcuni autori191, i quali

ritengono che la ricostituzione della comunione sia retroattiva, in quanto viene meno la causa che ha provocato lo scioglimento. Tuttavia queste affermazioni sembrerebbero però messe in dubbio da quanto detto dall'art. 21 della legge fallimentare, secondo il quale se la sentenza dichiarativa di fallimento è revocata, gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi del fallimento rimangono salvi. Questa norme viene regolarmente riferita ad ogni immutazione che derivi direttamente come conseguenza della pronuncia di fallimento192.

§ 3. La riconciliazione dei coniugi.

Ulteriore questione da analizzare riguarda cosa succede in caso di riconciliazione dei coniugi.

Innanzitutto, si deve precisare che la riconciliazione tra i coniugi può avvenire ex art. 154 c.c. nelle more del giudizio di separazione o dopo la sentenza di separazione legale ai sensi dell’art. 157 c.c.

A tale proposito è opportuno segnalare che l. 55/2015, riguardante il c.d. divorzio breve, e le novità dell’art. 191 c.c. hanno comportato di conseguenza delle nuove considerazioni anche per quanto riguarda la riconciliazione dei coniugi.

191)

L. BARBIERA, op. cit., p. 60; M. PALADINI, op. cit., p. 431.

192)

Cfr. A. MAFFEI ALBERTI, Commentario breve alla legge fallimentare, Cedam, Padova, 1991,

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§ 3.1. (Segue): Riconciliazione e regime patrimoniale legale: le conclusioni raggiunte dalla dottrina e dalla giurisprudenza prima della l. 55/2015.

Prima dell’entrata in vigore di questa nuova legge, si era arrivati alla conclusione che la riconciliazione capace di incidere sul regime patrimoniale legale della famiglia fosse solo quella prevista dall’art. 157 c.c., in quanto l’orientamento prevalente della dottrina e della giurisprudenza riteneva che la comunione si sciogliesse solo al momento del passaggio in giudicato della sentenza di separazione giudiziale o, nel caso di separazione consensuale, al momento dell’omologa dell’accordo di separazione raggiunta dai coniugi, poiché tramite tali provvedimenti si acquisiva definitivamente lo status di coniugi separati.

La riconciliazione ai sensi dell’art. 154 c.c., invece, è collocata nel corso della causa di separazione e comprende tutte quelle fattispecie conciliative anteriori alla pronuncia definitiva di separazione personale e quindi, anche quelle, nel caso di separazione giudiziale, che intervengono dopo la sentenza di primo grado, nelle more del passaggio in giudicato. Per cui, tale tipo di riconciliazione non faceva sorgere alcuna questione relativa agli effetti sul regime patrimoniale dei coniugi193, in quanto è stato ritenuto ancora vigente il

precedente regime patrimoniale, che poteva venir meno solo a seguito di una pronuncia definitiva194.

193)

G. GENNARI, Lo scioglimento della comunione, cit., p. 396; R. DE MICHELI, Il c.d.

“scioglimento” della comunione legale per separazione personale dei coniugi e la sua automatica ricostruzione per effetto della loro riconciliazione alla luce del d.p.r. 3.11.2000, n. 396, in Nuova giur. civ. commentata, 2002, II, p. 666.

194)

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L’ipotesi delineata dall’art. 157 c.c., operando dopo il verificarsi di una causa di scioglimento della comunione, ha dato origine a diversi contrasti in dottrina e in giurisprudenza.

Secondo una parte minoritaria della dottrina195, che ritiene rilevante

l’unione materiale e spirituale dei coniugi, a seguito della loro riconciliazione ci sarebbe un ripristino automatico del regime di comunione con effetti ex tunc. Di conseguenza rientrerebbero nel regime di comunione legale immediata anche tutti quei beni acquistati dai coniugi disgiuntamente nel periodo compreso tra la pronuncia della separazione e la successiva riconciliazione.

Tale orientamento è stato criticato dalla dottrina prevalente196 sulla base

del fatto che la riconciliazione, in quanto evento sopravvenuto, non può cancellare gli effetti che medio tempore si sono prodotti a seguito della cessazione della comunione legale pregiudicando gli interessi degli aventi causa a titolo particolare dei coniugi.

Pertanto secondo tali autori, dopo la riconciliazione si realizza una nuova comunione con effetto ex nunc: pertanto gli acquisti compiuti in costanza di separazione dai coniugi singolarmente sono a tutti gli effetti beni personali, mentre gli acquisti posti in essere separatamente dai coniugi dopo la riconciliazione cadranno automaticamente in comunione.

A questo si aggiunge l’ulteriore problematica riguardante il fatto che il regime patrimoniale della famiglia assume rilievo non soltanto nei rapporti

195)

G. TAMBURRINO, Lineamenti del nuovo diritto di famiglia italiano, Giuffrè, Milano, 1978, p. 284; C. GRASSETTI, Dello scioglimento del matrimonio e della separazione dei coniugi, cit., p. 283.

196)

P. SCHLESINGER, op. cit., p. 442; F. SANTOSUOSSO, op. cit., p. 295; A. SEGNI, Gli atti di

straordinaria amministrazione del singolo coniuge sui beni immobili della comunione, cit., p. 598; L. BARBIERA, op. cit., p. 496.

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interni tra i coniugi, ma anche nei confronti dei terzi, che necessitano un’ adeguata tutela dell’affidamento, ai fini della certezza dei traffici giuridici.

In pratica, dalla fattispecie della riconciliazione, nel caso in cui incida sul regime degli acquisti ad essa successiva, emerge la necessità di tener conto della posizione dei terzi che abbiano a che fare con uno o entrambi i coniugi, dando vita a rapporti di natura contrattuale, soprattutto se si ha riguardo alla circostanza che la riconciliazione, secondo quanto previsto dall’art. 157 c.c., può avvenire anche tacitamente, ovvero per facta concludentia, rendendo ancora più difficile la documentazione di tali rapporti.

Parte della dottrina197 e della giurisprudenza198 hanno ritenuto, pertanto,

che la ricostituzione automatica della comunione legale a seguito della riconciliazione dei coniugi non è opponibile ai terzi, ma è necessaria la stipula di un’apposita convenzione matrimoniale da annotare a margine dell’atto di matrimonio, ai sensi dell’art. 162, IV comma, c.c.

Tale tesi si fonda su una serie di motivazioni199, relative all’opponibilità ai terzi di un nuovo regime patrimoniale diverso da quello risultante dai registri dello stato civile. Si è rilevato, infatti, che la soluzione migliore per soddisfare queste esigenze di certezza nei rapporti interni tra i coniugi e in quelli con i

197)

V. DE PAOLA, op. cit., p. 224; G. CIAN e A. VILLANI, op. cit., p. 389; A. e M. FINOCCHIARO, op. cit., pp. 1134-1135.

198)

Trib. Palermo, 29 marzo 1997, cit., p. 985, secondo cui “ritenuto che l’avvenuta conciliazione dei

coniugi ritualmente separati spiega effetti soltanto interni alla coppia e non può operare esternamente al fine di travolgere atti dispositivi compiuti da uno dei coniugi in favore di terzi di buona fede, l’asserita riconciliazione dei coniugi in regime di separazione omologato non può essere opposta agli acquirenti di un bene immobile dalle mani del coniuge che si è dichiarato legittimato a disporne, dopo che l’avvenuta separazione aveva sciolto il precedente regime di comunione legale”.

199)

G. VILLANACCI, La separazione consensuale, in La famiglia, V, Separazione dei coniugi, collana Il diritto privato nella giurisprudenza, a cura di Cendon, Utet, Torino, 2000, p. 196.

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terzi è quella di considerare che una volta cessato il regime di comunione legale ai sensi dell’art. 191 c.c., il regime di comunione si possa attuare ex

nunc, nei confronti dei terzi e dei coniugi, solo grazie ad una convenzione

matrimoniale stipulata per atto pubblico ed annotata a margine dell’atto di matrimonio. Per cui, è chiaro come tale soluzione faccia assumere carattere preminente alla certezza dei traffici giuridici, volendo tutelare l’affidamento dei terzi che li instaurino con un soggetto che pur se coniugato, si sia separato e successivamente riconciliato con l’altro coniuge200

.

Per altri autori201 e per una parte della giurisprudenza202, invece, la

stipulazione di una convenzione ad hoc si renderebbe necessaria, solo laddove la riconciliazione avvenga per facta concludentia, essendo in tal caso difficile individuare l’esatto momento in cui tale evento si sia prodotto.

Sempre secondo gli stessi autori, il regime di comunione legale si ricostituirebbe automaticamente e quindi il procedimento ex art. 162 c.c. servirebbe solo per tutelare diritti dei terzi o per individuare con esattezza il momento in cui è avvenuta la riconciliazione.

200)

Trib. Palermo, 28 marzo 1997, cit., p.989, secondo cui “la soluzione meglio rispondente

all’esigenza di dare certezza, nei rapporti interni fra i coniugi e di questi con i terzi, alle sorti dei rapporti giuridici patrimoniali insorti tra i coniugi successivamente alla riappacificazione, sia quella di considerare che, una volta cessato il regime di comunione dei beni verificatosi per effetto di una delle vicende disciplinate dall’art. 191 c.c., il regime di comunione dei beni possa, eventualmente prodursi ex nunc, nei confronti dei terzi e dei coniugi, solo per effetto di una convenzione matrimoniale stipulata per atto pubblico ed annotata a margine dell’atto di matrimonio”. In dottrina vedi V. DE PAOLA, op. loc. ult. cit.; P. ZATTI e M. MANTOVANI, op. cit., p. 194; G. CIAN e A. VILLANI, Comunione dei beni tra coniugi (legale e convenzionale), in Dig. It., App., II, Giappichelli, Torino, 1981, p. 180; P.

SCHLESINGER, Separazione dei coniugi ed effetti della riconciliazione sulla comunione legale, in Corr.

giur., 1999, p. 194

201)

A. MACRÌ, op. cit., p. 68; A. VENDITTI, op. cit., p. 246.

202)

Trib. Catania, 31 luglio 1990, in Dir. Fam. e pers., 1991, p. 640; Trib . Napoli, 21 dicembre 1998,

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Il problema della mancanza di una forma di pubblicità per la riconciliazione è stato risolto dall’art. 69 del d.p.r. 3 novembre 2000, n. 396203

, che prevede la pubblicità delle dichiarazioni con le quali i coniugi separati manifestano la loro riconciliazione.

Tale norma non fa, però, alcun riferimento alla riconciliazione per facta

concludentia, con la conseguenza che da un’interpretazione letterale di essa

sembrerebbe non emergere una possibilità di pubblicità per tale forma di riconciliazione.

È stata proposta anche un’ulteriore soluzione204

secondo la quale si potrebbe eseguire l’annotazione dell’avvenuta riconciliazione, in virtù dell’art. 102 del d.p.r. 396/2000, ottenendo così un atto distinto di accertamento della riconciliazione avvenuto e non una convenzione matrimoniale. È logico che anche un atto di tale tipo abbia bisogno dell’intervento di un pubblico certificatore per dare all’ufficiale di stato civile la necessaria garanzia della provenienza di tale atto.

Comunque sia, si è riconosciuto che tale soluzione sarebbe incompatibile con la natura stessa della riconciliazione di fatto, in quanto si basa su comportamenti spontanei e fattuali con cui si concretizzano gli intenti dei coniugi che rifuggono atti formali ed espressi.

203)

Vedi supra nota 158.

204)

F. MANCINI, La riconciliazione tra coniugi separati e la tutela dell’affidamento del terzo, in

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§ 3.2. (Segue): Riconciliazione e le considerazioni da svolgere alla luce della l. 55/2015.

Con la riforma del 2015, il legislatore non ha voluto affrontare i problemi legati alla riconciliazione, ma è inevitabile il sorgere di alcuni dubbi a seguito della modifica dell’art. 191 c.c.

Infatti, non si può più ritenere la fattispecie dell’art. 154 c.c. un fenomeno ininfluente sul regime di comunione legale, in quanto la nuova legge prevede che questa si sciolga al momento che il Presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, facendo quindi riconsiderare anche il tipo di riconciliazione prevista all’art. 154 c.c., comportando l’abbandono della domanda di separazione già proposta.

Dal momento che non c’è stato uno specifico intervento legislativo in materia, non rimane altro che riproporre un’estensione analogica delle conclusioni alle quali si era pervenuti a riguardo della riconciliazione successiva alla emanazione della sentenza di separazione contenziosa o del decreto di omologazione della separazione consensuale205.

Non sembra rilevante, invece, l’introduzione di una specifica forma di annotazione dell’ordinanza con la quale i coniugi sono autorizzati a vivere separati, posto che neppure la previsione, con la riforma dell’ordinamento dello stato civile del 2000, di una pubblicità della riconciliazione è servita a risolvere tutta quella serie di dubbi che dalla introduzione della riforma del 1975 hanno caratterizzato vari dibattiti della dottrina e della giurisprudenza.

205)

G. OBERTO, «Divorzio breve», separazione legale e comunione legale tra coniugi, in www.giacomooberto.com, 2015.

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Per cui, ferma restando la ricostituzione del regime legale per effetto della riconciliazione, sembrerebbe opportuno risolvere i rapporti con i terzi, ricorrendo a quella funzione integrativa della pubblicità mediante annotazione rispetto alla trascrizione sui pubblici registri immobiliari, e dando la possibilità ai terzi, interessati a superare la c.d. apparenza pubblicitaria, di fornire la prova dei presupposti di fatto idonei a determinare una situazione del bene difforme da quella risultante dal sistema pubblicitario.

Traducendo il tutto in termini concreti, facendo riferimento alla particolare situazione presa in esame, fermo restando il ripristino del regime legale per effetto della riconciliazione ai sensi dell’art. 154 c.c., il carattere comune dei beni dopo tale evento acquistati sarà opponibile ai terzi solo in presenza di una domanda giudiziale anteriormente trascritta e diretta all’accertamento dell’appartenenza del bene alla comunione. In alternativa, potrà riconoscersi all’annotazione della riconciliazione espressa un analogo effetto, in base alla funzione integrativa della pubblicità sull’atto di matrimonio per effetto del sistema, fondato sulla trascrizione sui registri immobiliari, ma integrato dall’annotazione sugli atti di matrimonio.

Per quanto attiene, invece, alla riconciliazione per facta concludentia206, anche

qui dovrà ammettersi la rilevanza della trascrizione della domanda giudiziale di cui appena detto.

In mancanza di tale trascrizione, la situazione di “apparenza pubblicitaria” in favore del carattere personale del bene non potrà mai essere

206)

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superata dai coniugi contro quei terzi, che abbiano interesse a far valere l’affidamento da essi riposto sulla personalità del bene.

Per contro, potranno ammettersi i terzi interessati a fornire la prova contraria al carattere personale del bene, risultante falsamente dalla precedente annotazione o trascrizione dello scioglimento del regime legale conseguente all’emanazione dei provvedimenti presidenziali, non seguita da trascrizioni di segno opposto. All’occorrenza i predetti terzi interessati saranno ammessi alla prova dell’eventuale riconciliazione, sia espressa che tacita, tra i coniugi.

Pertanto, concludendo questa riflessione, si può dire che per quanto riguarda la fattispecie prevista dall’art. 154 c.c. aleggiano ancora diversi dubbi su come interfacciarsi con lo scioglimento del regime legale e nell’attesa di avere maggiori chiarimenti da parte della dottrina e della giurisprudenza, pare corretta un’ estensione analogica di quanto detto per l’art. 157 c.c.

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