Capitolo 4
Prevenzione
Come abbiamo visto, le caratteristiche di vita degli anziani sono condizionate da molteplici fattori, principalmente individuali, familiari e socioeconomici, di cui si deve tener conto per favorire la comprensione e il governo sia delle diversità delle situazioni di abbandono e maltrattamento, sia della loro evoluzione specifica nel tempo, premessa indispensabile per affrontarli in modo adeguato secondo diversificate linee di azione.
La stessa definizione di anziano “fragile”, nuova categoria di anziani delineatasi con il prolungamento del processo di invecchiamento, indica non una malattia o una disabilità specifica, bensì una condizione multidimensionale che comporta il rischio di un rapido deterioramento della salute e/o dello stato funzionale con la conseguente perdita di autosufficienza, dovuta principalmente ad una maggiore esposizione alle malattie che si manifestano nel corso dell’invecchiamento.
Nella realtà dei singoli percorsi di invecchiamento, le problematiche si presentano sotto forma di molteplici processi, di cui l’effetto cumulo può portare al deterioramento della qualità della vita a vari livelli.
Si conferma, quindi, sempre più il carattere eterogeneo del mondo degli anziani: l’opinione sempre più diffusa che la variazione di alcuni aspetti sociologicamente rilevanti possa avere ricadute sulla qualità della vita delle persone anziane richiede di trovare ambiti di analisi e di valutazione attenta, al fine di predisporre modalità assistenziali e di cura adeguate e flessibili, in relazione alla multiformità delle esperienze di vita della persona che invecchia.
La specificità del percorso individuale, infatti, assume un’importanza fondamentale, anche in presenza di medesime condizioni oggettive e anagrafiche. Molti sono, infatti, i fattori di distinzione degli anziani rispetto alle loro esigenze di cura e di sostegno assistenziale: fondamentali sono fattori quali la capacità di resistenza e di reazione, il contesto ambientale, le esperienze di vita passata.
Rispetto a ciò, alcuni studiosi29 sostengono che occorre rinforzare modelli di
comportamento favorevoli all’anziano basati sul controllo delle dinamiche socio-economiche, sulla partecipazione sociale e sulla capacità di governo della vita.
Gli orientamenti scientifici più recenti ritengono che la persona anziana possa essere un “attore forte” della propria vita, dando sempre più rilevanza ad una vecchiaia caratterizzata da specificità, che contrasta con la visione di una vecchiaia indistinta e omogenea, connotata dall’idea di limite e di perdita.
Ai fini preventivi è molto utile far riferimento alla lettura dell’abuso proposta all’interno del progetto “Elder Abuse in Europe” (giugno 2010):
1. abuso come effetto di fattori individuali dell’abusato e/o dell’abusante 2. abuso come effetto del sistema familiare vigente
3. abuso come effetto dell’uso della violenza come modello di rapporto intergenerazionale
4. abuso come effetto delle dinamiche di potere e di genere 5. abuso come effetto di mancato riconoscimento di dignità
6. abuso come effetto di frustrazione individuale e di circostanze strutturali stressanti
7. abuso come effetto di stereotipie negative legate alla vecchiaia
8. abuso come effetto del maggiore o minore sviluppo della società
Partendo dalla lettura fornita da quest’analisi si possono ipotizzare le seguenti buone pratiche che, interessando trasversalmente i livelli individuale, sociale ed istituzionale, se messe in atto, possono ridurre sensibilmente il rischio di abuso.
4.1 Ridefinire il ruolo dell’anziano nella società
Spesso alimentati a livello statale attraverso la diffusione di ritratti allarmistici che parlano di aumento dei costi legati all’invecchiamento della popolazione, oggigiorno le persone anziane sono vittime di stereotipi. Considerate come non più produttive, in caso di peggioramento delle condizioni di salute sono ritenute un peso finanziario, dovuto ai costi di cura che necessitano. Esistono anche discriminazioni contro le persone anziane nel contesto del mercato del lavoro. Sebbene vi sia una prevalenza di uno stereotipo piuttosto che di un altro nei vari paesi europei, tutti offrono terreno fertile per alcuni tipi di abuso.
Gli stereotipi negativi hanno, inoltre, effetti sulla percezione del sè contribuendo ad abbassare l’autostima di chi ne è vittima: la considerazione generale che le persone anziane siano un peso comporta per l’individuo la sensazione di essere un peso per chiunque. Quando questa considerazione viene interiorizzata, è possibile che si sentano nella condizione di dovere dimostrare lealtà verso coloro da cui si sentono dipendenti e questo potrebbe renderli deboli nei rapporti con essi.
Cambiare l’immaginario collettivo costituisce una sfida, ma farlo può essere il primo passo per prevenire l’abuso agli anziani. Una immagine positiva degli anziani
può aiutare a neutralizzare la percezione negativa che se ne ha. Essi, infatti, possono anche essere visti come:
depositari di saggezza e della nostra memoria collettiva;
una risorsa per allevare i bambini della famiglia, consentendo ai genitori di lavorare fuori casa;
volontari per organizzazioni di volontariato e beneficienza;
consumatori: le persone anziane in salute e in buone condizioni economiche possono godere dei vantaggi della terza età;
lavoratori: gli anziani stanno sempre più scegliendo di non lasciare il proprio posto di lavoro;
datori di lavoro di addetti all’assistenza e alla cura, creando così occupazione. Questa immagine positiva può tanto più accrescersi quanto più aumenta la partecipazione degli anziani e si migliora la loro condizione.
L’invecchiamento è sì motivo di preoccupazione e di difficoltà sul piano socio-sanitario, economico, organizzativo, però è necessario trovare nuove modalità di lettura attraverso le molteplici espressioni dell’invecchiamento delle persone. Il che consiste nel riconoscere agli anziani la capacità di produrre spazi di vita ricchi di significati, dal punto di vista delle dinamiche affettive e della concretezza dei problemi.
L’attuale contesto socio-culturale propone agli anziani deboli possibilità di comprendere il significato della loro presenza nella storia collettiva, ma il tempo della vecchiaia deve assumere un importante valore nell’esistenza dell’individuo, legato alle scelte che l’anziano può compiere non solo seguendo la razionalità, ma soprattutto
secondo logiche che si affidano all’affettività e alla specificità delle sue esperienze di vita.
E’ importante riuscire a decifrare, nei percorsi di ogni anziano, la traccia di quanto si possa recuperare al tempo e portarlo alla vita. C’è la necessità di ricostruire legami e di ridare senso al tempo breve o lungo della vita e di combattere la privatizzazione del futuro che porta ad un confinamento del proprio spazio temporale. Ma l’anziano da solo non può costruire e sostenere il proprio futuro, viste le condizioni che lo sospingono sempre più frequentemente verso l’isolamento. E’ necessario che la società si faccia carico di ricreare condizioni abitative, residenziali, ambientali, economiche, relazionali che possano coniugare la speranza con la realtà.
Si tratta di una prospettiva etica che interpreta la vecchiaia di una persona come la sua vittoria sulle numerose insidie che trova lungo l’arco della vita e che cercano di impedirgli di raggiungere il limite naturale della sua esistenza30.
4.2 Sgravare le famiglie dalla solitudine della cura
La percezione dell’avvicinarsi del termine dell’esistenza porta di per sè a un processo selettivo, non sempre consapevole, che induce a mantenere i legami e i contatti con un ridotto numero di persone che si ritengono le più importanti. Questo porta alla condizione per cui quasi tutti gli scambi materiali, affettivi e informativi si realizzano nell’ambito della relazione genitori e figli e si mantengono solo pochi altri contatti che rispondono solitamente a precise e limitate esigenze di aiuto.
Il progressivo sedimentarsi dei bisogni in un’unica relazione, solitamente quella familiare, porta facilmente a situazioni di criticità. I familiari si trovano spesso a dover
far fronte e a supplire alle carenze del sistema socio-assistenziale e a dover farsi carico delle incombenze necessarie a sostenere la quotidianità degli anziani. Queste situazioni prolungate nel tempo diventano fonte di stress per la rete familiare e facilmente divengono causa di conflitti da cui possono discendere episodi di trascuratezza e, talvolta, anche di maltrattamento nei confronti dell’anziano.
L’instaurarsi di un tale processo psicologico è molto rischioso soprattutto nei luoghi come i paesi mediterranei in cui la dimensione della cura nei confronti degli anziani vede le reti familiari assumere un ruolo preponderante31.
Il ruolo della famiglia nella cura e nella assistenza delle persone anziane varia sensibilmente da paese a paese. In generale, si possono identificare modelli nei quali la cura è in larga parte a carico delle famiglie -nei Paesi del sud e dell’est Europa- ed altri dove la cura è in larga parte fornita professionalmente dai servizi sociali. Nonostante le enormi differenze da un paese all’altro dell’Unione Europea per quanto riguarda l’assistenza agli anziani, oggi, in molti paesi, la maggior parte degli anziani non autosufficienti sono ancora seguiti da caregiver informali -parenti, amici, vicini, “badanti”-. La mancanza di supporto pubblico e l’eccessivo affidamento sulle famiglie per provvedere al lavoro di cura può contribuire a creare terreno fertile per l’abuso agli anziani.
I caregiver informali, di fatti, spesso vanno incontro ad un rischio elevato di esaurimento e di esclusione sociale a causa del carico fisico e psicologico che grava su di essi.
Le azioni atte a contrastare l’abuso sugli anziani devono, quindi, affrontare le esigenze dei caregiver e le difficoltà affrontate da tutti coloro - caregiver formali e
informali - che dedicano una parte significativa delle loro vite agli anziani non autosufficienti, poiché le loro esigenze e le sfide che affrontano costituiscono importanti fattori di rischio.
4.3 Garantire la dignità e l’appropriatezza della cura
Poiché i fattori protettivi più rilevanti per le vittime sono rappresentati dalla presenza di una rete sociale e da una assistenza appropriata è necessario che le misure volte a proteggere tutte le persone che diventano dipendenti dagli altri per le loro esigenze quotidiane ed a permettere loro di vivere una vita dignitosa fino al termine della loro esistenza, coesistano con altre volte a garantire sia i caregiver formali che quelli informali, offrendo loro condizioni lavorative e di vita dignitose, e riconoscendo e apprezzando l’enorme contributo che rendono alla comunità.
Sia i caregiver formali che informali devono imparare ad essere consapevoli che è loro dovere proteggere il benessere della persona che assistono, permettendole di sentirsi sicura e fiduciosa e devono sviluppare una sensibilità e una educazione che gli consenta di riconoscere i segnali di abuso ed una competenza ad intervenire
efficacemente su di esso. Per questo motivo devono cercare nel loro operato: di rispettare le esigenze e i desideri della persona di cui si prendono cura: la
- persona che riceve assistenza deve essere data la possibilità di esprimere la propria opinione per quanto riguarda la qualità della vita, e se ha difficoltà di comunicazione, deve essere aiutata ad esprimersi.
- di favorirne il mantenimento della mobilità, limitando al massimo le restrizioni alla sua autonomia: chi si prende cura di una pensiona anziana deve essere
cosciente che mantenere l’indipendenza e l’autonomia della persona bisognosa di cure è una priorità. Ciò può coinvolgere la realizzazione di un programma orario personale, che comprende l’orario della sveglia, dei pasti e del sonno che si adatti quanto più possibile ai desideri della persona anziana.
- di evitare le intrusioni nella sfera privata della persona e rispettarne il senso del pudore. La privacy è molto importante perché gioca un ruolo chiave nel mantenimento dell’autostima e del benessere della persona anziana. Le persone che necessitano di assistenza a lungo termine hanno un maggiore rischio di perdere la privacy e l’intimità a causa delle loro esigenze di assistenza personale. Ciò è particolarmente vero per coloro che vivono in una struttura assistenziale e che devono condividere la camera da letto con un’altra persona. Inoltre, il bisogno di intimità non diminuisce con l’età, e non c’è un età in cui l’intimità non sia importante. Anche la riservatezza è un elemento fondamentale per il mantenimento della fiducia tra la persona anziana e i loro caregiver
- di chiedere un supporto esterno ai servizi sanitari e sociali locali in caso di eccessivo carico di lavoro o di incapacità di far fronte alle necessità dell’anziano bisognoso di assistenza.
- di coinvolgere le persone anziane nel percorso di cura. I caregiver e i fornitori di servizi devono, ogni volta che è possibile, cercare di coinvolgere le persone anziane nella propria cura. Nessuno dovrebbe obbligare la persona sulle scelte riguardanti l’assistenza o il trattamento medico. Devono essere in grado di informare i clienti e le loro famiglie su come fare un reclamo formale, e quali organismi contattare per avere informazioni, consigli e guida. La persona che
riceve assistenza o il suo rappresentante deve avere il tempo per prendere in considerazione tutte le opzioni disponibili, incluse quelle che si basano sugli aspetti medici; deve inoltre essere concessa la possibilità di chiedere una seconda opinione per poter prendere meglio una decisione e ricevere assistenza così da ottenere informazioni rilevanti, compresi i dati di contatto con altre persone o organizzazioni che possono offrire una seconda opinione. Infine, le persone assistite hanno il diritto di rifiutare l’assistenza, ma i professionisti devono garantire che ad esse siano fornite tutte le informazioni sulle loro condizioni mediche e i rischi e le conseguenze della mancata assistenza. Nel caso in cui una persona soffra di demenza, deve essere consultata una persona fidata, un terzo o il rappresentante legale.
Agire in tal modo permette il rispetto di linee guida antidiscriminazione e a difesa della dignità. Questi obiettivi potrebbero sembrare secondari nella prevenzione all’abuso ma non va dimenticato che, a differenza degli abusi finanziari e sessuali che sono sempre intenzionali, l’abuso non intenzionale spesso deriva da una mancanza di comprensione delle esigenze e dei sentimenti dell’anziano e dalla difficoltà, da parte di chi assiste l’anziano, di conciliare le esigenze e i desideri di quest’ultimo con le proprie esigenze personali e professionali.
Bisogna riaffermare un diritto di cittadinanza e di valore che rende gli anziani titolari di un diritto all’essere presi in cura32. E’ necessario costruire fondamenti di
operatività che siano in grado di coniugare competenza tecnica e abilità relazionali, premessa necessaria ad ogni terapia efficace.
4.4 Riconoscere la sofferenza
Al di là di ogni interpretazione soggettiva dell’operatore la sofferenza somatica e psichica dell’anziano si colloca al centro di ogni progetto di cura, ed è orientata all’indagine delle cause che possono provocare disagio ed all’ attivazione di interventi adeguati ed efficaci: il rapporto terapeutico non è afinalistico, ma è indirizzato ad un obiettivo sempre di cura e di aiuto, anche in presenza di condizioni cliniche apparentemente non modificabili.
Proprio in queste condizioni di grande sofferenza vanno attivate relazioni forti tra l’anziano e il suo caregiver che diventano l’unica motivazione che rende vivibile l’esistenza. Il conforto del dolore diventa un accompagnamento nella prospettiva di un miglioramento: infatti la cura consiste nel sostenere e nell’aiutare a superare le paure, la solitudine e l’abbandono di fronte all’incertezza della malattia. Alcune ricerche evidenziano che la mancanza di legami incrementa negli anziani la probabilità di perdere il senso della vita, se non si attivano spazi intermediari in grado di far emergere nel contesto di vita del soggetto, legami sia pur occasionali e deboli, ma in grado di produrre qualche forma di radicamento33.
Nel complesso si può affermare che non più del 30-40% degli anziani che soffrono viene curato adeguatamente, in particolare nelle case di riposo. La presenza del dolore, come pure un trattamento non adeguato, hanno delle ricadute sia sulla salute, sia sulla qualità della vita34.
33 G. Micheli “”Vis resistiva” come indurre a ridefinire lo spazio-azione dell’anziano” in E. Mingione (a
cura di) ”Le sfide dell’esclusione: metodi, luoghi, soggetti” Il Mulino, Bologna, 1999
Da non trascurare, infatti, è il ”dolore della mente” che spesso accompagna l’anziano35, una sofferenza così pervasiva che arriva a condizionare la durata stessa della
vita e ad accelerare la perdita di funzioni. Conseguenze che sono molto più rapide quando alla depressione si associa la solitudine o l’abbandono.
Ne deriva una responsabilità grande, non solo per il caregiver, nel saper cogliere i segni, i linguaggi anche non verbali, come indicatori di percezione del dolore.
Se la sofferenza in età avanzata è più difficile da riconoscere, appare certo che la vicinanza e la comprensione costituiscano un elemento indispensabile per curare il dolore. Le condizioni di fragilità in cui l’anziano si trova per ragioni cliniche e psicosociali, lo pongono in una situazione di debolezza che spesso lo rendono vittima di trattamenti inadeguati, se non di veri e propri maltrattamenti.
La sensibilità collettiva non è mai stata molto attenta alla sofferenza dell’anziano, in quanto ancora domina l’idea che una qualche forma di sofferenza sia naturalmente legata al passare degli anni, faccia cioè parte del trascorrere della vita.
Probabilmente, anche per questo si è alimentato nella società attuale un diffuso rifiuto dell’idea di vecchiaia dal momento che portava con sé, indissolubilmente legata, l’idea di sofferenza.
4.5 Legiferare in materia di anziani
L’abuso deve essere considerato una violazione dei diritti civili e umani e perciò materia di competenza pubblica. Nonostante ciò nessuno dei paesi europei ha una specifica legislazione sull’abuso agli anziani. Esso è trattato in legislazioni aventi ad
35 R. Rozzini, T. Sabatini, M. Trabucchi “Depressione e malattia somatica nell’anziano” Giornale di
oggetto più ampie questioni -violenze domestiche, ad esempio. Nella pratica, quindi, possono essere applicate diverse leggi, sebbene il contesto normativo sia frammentario e disciplini solo alcuni specifici aspetti. In alcuni casi, non è nemmeno così ovvio che l’abuso sugli anziani sia contemplato da una qualche norma. Ciò é dovuto alla mancanza di un approccio coerente e razionale rispetto alla questione abuso che porta all’ ignoranza della legge in generale e all’assenza di consapevolezza da parte delle figure chiave poste a tutela dei soggetti più deboli.
E’ quindi necessaria una legislazione speciale, che possa essere attuata e specificata a diversi livelli e in diversi contesti: l’assenza di leggi implica, in buona misura, assenza di diritti e doveri e di una scala di elementi cui ancorare la gravità delle azioni commesse o omesse e, conseguentemente, di graduare una adeguata sanzione.
Implica anche la mancanza di standard e di valori da prendere a riferimento per definire cosa sia il minimo che ci si possa attendere da chi presta cure.
In altri termini l’impossibilità di definire cosa sia lecito attendersi mediamente da una persona della medesima professione ed esperienza del soggetto della cui condotta si sta verificando l’abuso o no, cosicché, se risultasse avere fatto -o aver omesso di fare- meno di quello che fosse lecito attendersi mediamente da una persona come lui, la sua condotta possa essere considerata abusiva.
A causa dell’attuale congiuntura in molti paesi c’è la necessità di tagliare la spesa pubblica rendendo imprescindibile l’intervento dei privati nel settore della cura. Il numero crescente di privati, tuttavia, può essere un fattore di rischio aggiuntivo.
Di fatto, oggigiorno, i volontari e gli assistenti familiari -in larga parte donne- stanno sostituendo gli operatori professionali pubblici: questo può comportare
concretamente una riduzione della qualità prestata dalle strutture di assistenza e anche dell’accessibilità delle cure.
Le persone anziane -sia che vivano a casa propria che in una struttura- hanno diritto a un appropriato servizio di assistenza di una adeguata qualità. A questo proposito sono indispensabili protocolli o standard minimi di qualità circa le competenze da avere, la misurazione dell’efficacia delle prestazioni e le misure di controllo indipendente a cui devono essere sottoposti tutti gli operatori professionali -operatori sociali, infermieri, assistenti familiari, fisioterapisti, psicoterapeuti, assistenti sociali.
Un quadro legislativo adeguato renderebbe possibile intervenire in tutti i luoghi e contesti, compresi quelli domestici.