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CONSERVAZIONE, SOSTENIBILITA’ E RESILIENZA DEI CENTRI STORICI: IL COMUNE DI ARSITA (TE) E LA CHIESA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE A PETTINO (AQ)

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Università degli Studi di Ferrara

DOTTORATO DI RICERCA IN

"SCIENZE DELL’INGEGNERIA"

CICLO XXVII

COORDINATORE Prof. Trillo Stefano

CONSERVAZIONE, SOSTENIBILITA’ E RESILIENZA DEI CENTRI STORICI: IL COMUNE DI ARSITA (TE) E

LA CHIESA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE A PETTINO (AQ)

Settore Scientifico Disciplinare ICAR/08

Dottorando Dott. Gambatesa Teresa

_______________________________ (firma)

Tutore

Prof. Tralli Antonio Michele _______________________________ (firma) Cotutore esterno Dr. Indirli Maurizio _______________________________ (firma) Anni 2012/2014

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3 Ringraziamenti

Rivolgo sentiti ringraziamenti ai tutori, il Prof. Antonio Michele Tralli e il Dr. Maurizio Indirli, che mi hanno consentito di approfondire i temi della Conservazione, della Sostenibilità e della Resilienza dei Centri Storici, affrontati nella presente tesi. Sono particolarmente grata al Dr. Maurizio Indirli per l‟incoraggiamento che mi ha dato nel corso di questi anni, per l‟interesse con il quale ha seguito l‟elaborazione della tesi e per l‟attenzione che ha rivolto ai contenuti che saranno di seguito presentati.

Ringrazio il network accademico ANDROID (Academic Network for Disaster Resilience to Optimise Educational Development), che ha guidato la Scuola di Dottorato 2013 sul tema della Resilienza, in particolare il Working Group WP3: Prof. Srinath Perera (Northumbria University, UK), Dr.ssa Irina Shklovski (University of Copenhagen, Denmark), Dott. Hans Jorgen Henriksen (Geological Survey of Denmark and Greenland, Denmark), Dott.ssa Alexandra Lima Revez (National University of Ireland, Ireland), con il supporto Lifelong learning programme dell‟Unione Europea. L‟esperienza condotta è stata un‟occasione unica e significativa per condividere approcci metodologici diversi e acquisire nuovi strumenti d‟indagine.

Ringrazio il Comune di Arsita (TE) per l‟accoglienza degli abitanti e per la collaborazione del Sindaco, Enzo Lucci, durante l‟elaborazione del Piano di Ricostruzione dopo il sisma del 6 aprile 2009, coordinato dal Dr. Maurizio Indirli (ENEA C. R. Bologna) con la

partecipazione dell‟Università di Napoli “Federico II”, dell‟Università di Chieti - Pescara “Gabriele D‟Annunzio” e dell‟Università degli Studi di Ferrara. Grazie all‟ospitalità del Comune è stato possibile condurre un‟approfondita analisi sulla vulnerabilità del costruito e sulle potenzialità di sviluppo del territorio e dell‟insediamento urbano, descritte nel primo caso di studio.

Ringrazio il Dr. Giuseppe Marghella, che ha reso disponibile il materiale conoscitivo sulla Chiesa di Santa Maria delle Grazie a Pettino (AQ), della società “Il Cenacolo S.r.l.”. La chiesa, selezionata in accordo con la Dr.ssa Anna Marzo, è oggetto di approfondimento del secondo caso di studio.

Infine, rivolgo ancora un ringraziamento al Dr. Marco Munari, che ha illustrato le procedure automatiche “Vulnus” e “c-Sisma”, sviluppate dall‟Università degli Studi di Padova, applicate ai casi di studio, rendendosi disponibile per ogni chiarimento.

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INDICE

INTRODUZIONE ... 11

Parte Prima

1. STORIA URBANA E APPROCCI INNOVATIVI 1.1. L‟EVOLUZIONE DELLE CITTA‟ ITALIANE ... 24

1.1.1. La Città nel Medioevo ... 26

1.1.2. La Concezione Rinascimentale ... 29

1.1.3. La Visione Urbana nel Barocco ... 33

1.1.4. La Città Illuminata ... 36

1.1.5. La Città Industriale ... 38

1.1.6. La Città Moderna e le Aree Metropolitane ... 40

1.2. LE CITTA‟ SOSTENIBILI ... 44

1.2.1. Gli Approcci Ecosistemici ... 46

1.2.2. Sicurezza e Vivibilità dell‟Ambiente Urbano ... 48

1.2.3. La Partecipazione Sociale ... 49 1.2.4. La Governance ... 51 1.2.5. La Smart City ... 52 1.3. LA RESILIENZA URBANA ... 54 1.4. L‟ANALISI URBANA ... 58 1.4.1. Ambiti Applicativi ... 58 1.4.2. Metodi d‟Analisi ... 60 1.4.3. Metodi Rappresentativi... 63

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2. IL RESTAURO ARCHITETTONICO E URBANO

2.1. CENNI SULLE TEORIE DEL RESTAURO ARCHITETTONICO ... 67

2.1.1. Il Restauro Archeologico ... 72

2.1.2. Eugène Emmanuel Viollet-Le-Duc ... 74

2.1.3. John Ruskin ... 76 2.1.4. Camillo Boito ... 78 2.1.5. Alois Riegl ... 81 2.1.6. Gustavo Giovannoni ... 84 2.1.7. Cesare Brandi ... 88 2.1.8. Renato Bonelli ... 92

2.2. CENNI SUL RESTAURO URBANO ... 94

2.2.1. Il Tema della Ricostruzione ... 96

2.2.2. Il Rapporto Edificio - Spazio Urbano ... 101

2.3. LE CARTE DEL RESTAURO ... 106

2.3.1. Il D. M. 21 Luglio 1882 e La Circolare 21 Luglio 1882 N. 683 Bis ... 106

2.3.2. La Carta di Atene del 1931 ... 106

2.3.3. La Carta del Restauro del 1932 ... 107

2.3.4. La Carta di Venezia del 1964 ... 108

2.3.5. Le Carta del Restauro del 1972 ... 109

2.3.6. La Carta di Amsterdam e la Dichiarazione di Amsterdam del 1975 ... 111

2.3.7. La Carta di Machu Picchu del 1978 ... 114

2.3.8. La Carta di Firenze del 1981 ... 116

2.3.9. La Carta di Noto del 1986 ... 116

2.3.10. La Dichiarazione di Washington del 1987 ... 117

2.3.11. La Carta C.N.R. del 1987 ... 118

2.3.12. La Carta di Cracovia del 2000 ... 120

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7

Parte Seconda

3. IL RISCHIO SISMICO

3.1. ASPETTI METODOLOGICI ... 128

3.2. LA PERICOLOSITA‟ SISMICA (SEISMIC HAZARD), di Maurizio Indirli ... 130

3.3. LA VULNERABILITA‟ SISMICA ... 134

3.3.1. Le Metodologie Schedografiche ... 141

3.3.1.1 La Scheda Urbanistico - Architettonica ... 142

3.3.1.2 La Scheda AeDES ... 148

3.3.1.3 Le Schede Chiese e Palazzi ... 151

3.3.1.4 La Scheda GNDT II Livello per Edifici in Muratura ... 155

3.3.1.5 La Metodologia Formisano ... 161

3.3.1.6 La Metodologia MEDEA ... 161

3.3.1.7 La Metodologia FaMIVE ... 166

3.3.1.8 La Scheda di 1° Livello per il Rilievo della Tipologia e della Qualità della Muratura ... 168

3.3.2. Cenni sui Metodi Empirici e sui Metodi Analitici ... 177

3.4. L‟ESPOSIZIONE ... 189

3.5. Il RUOLO DEL RILIEVO ... 191

3.6. DALLA VALUTAZIONE DEL RISCHIO A QUELLA DELLA RESILIENZA ... 195

4. LE COSTRUZIONI IN MURATURA 4.1. LE MURATURE ... 199

4.1.1. Tipologie Murarie ... 209

4.1.2. Sistemi Costruttivi Storici ... 211

4.1.3. Cenni sul Comportamento delle Murature ... 215

(8)

8

4.1.5. Tecniche di Indagine Diagnostica ... 235

4.1.5.1. Le Termografie ... 236 4.1.5.2. La Magnetometria o Pacometria ... 236 4.1.5.3. Le Indagini Soniche ... 237 4.1.5.4. Gli Ultrasuoni ... 239 4.1.5.5. Le Prove Sclerometriche ... 239 4.1.5.6. I Carotaggi ... 240 4.1.5.7. Le Endoscopie ... 241 4.1.5.8. I Martinetti Piatti ... 241

4.2. LO STUDIO DEI CINEMATISMI MURARI ... 243

4.2.1. I Meccanismi del Primo Modo ... 249

4.2.2. I Meccanismi del Secondo Modo ... 252

4.2.3. L‟Analisi Locale: c-Sisma ... 254

4.2.4. L‟Analisi degli Aggregati: Vulnus ... 258

4.2.4.1. La Scheda di Rilievo ... 259

4.2.4.2. Meccanismi di Rottura e Forze di Contenimento ... 263

4.2.4.3. La Determinazione degli Indici I1, I2, I3 ... 266

4.2.4.4. Le Valutazioni di Vulnerabilità ... 268

4.3. OBIETTIVI DEGLI INTERVENTI NEGLI EDIFICI IN MURATURA ... 270

Parte Terza

5 IL COMUNE DI ARSITA (TE) 5.1 CENNI SUL TERREMOTO IN ABRUZZO DEL 2009 ... 275

5.1.1 Il Caso di Arsita (TE) ... 278

5.2 IL PIANO DI RICOSTRUZIONE DI ARSITA (TE) ... 280

5.2.1 Inquadramento Territoriale ... 281

5.2.2 Cenni Storici ... 283

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5.2.4 Analisi Urbanistico - Architettonica ... 288

5.2.5 Vulnerabilità del Costruito ... 295

5.2.6 Qualità Muraria ... 301

5.2.7 Le Azioni del Piano ... 304

5.2.7.1 Tipologie d‟Intervento ... 306

5.2.7.2 Riqualificazione dell‟Abitato ... 311

5.2.7.3 Rilancio Socio - Economico ... 312

5.2.7.4 Sum: Considerazioni sull‟Insediamento di Arsita (TE) ... 312

5.3 L‟APPLICAZIONE DELLA METODOLOGIA VULNUS AD ARSITA (TE) ... 316

5.3.1 Il Caso di Studio ... 317

5.3.2 I Parametri Sismici Considerati ... 321

5.3.3 L‟Analisi Statistica ... 325

5.3.4 Gli Esiti di Vulnerabilità ... 327

5.3.5 Le Frequenze Attese di Danno ... 331

5.3.6 Le Curve di Vulnerabilità Ricavate da Vulnus e dalla Scala EMS98 ... 332

5.3.7 Conclusioni ... 334

5.3.7.1 Considerazioni sui Risultati delle Metodologie Applicate ... 335

5.3.7.2 Proposte d‟Intervento del Piano di Ricostruzione ... 340

6 LA CHIESA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE A PETTINO (AQ) 6.1 IL QUADRO FESSURATIVO ... 342 6.2 IL MANUFATTO ARCHITETTONICO ... 344 6.2.1 Cenni Storici ... 345 6.2.2 Il Rilievo Geometrico ... 346 6.2.3 L‟Indagine Diagnostica ... 350 6.3 L‟APPLICAZIONE DI c-SISMA ... 354 6.3.1 I Parametri Considerati ... 354 6.3.2 Le Analisi Svolte ... 357 6.3.3 Conclusioni ... 362

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11 INTRODUZIONE

Gli eventi naturali e quelli causati dalle attività antropiche, che colpiscono il territorio, hanno spesso portato alla distruzione di ampie aree urbanizzate e le conseguenze sono state drammatiche per la perdita di vite, prima di tutto, ma anche per i danni subiti dal patrimonio culturale: si pensi, a riguardo, all‟inestimabile valore di statue, decori, dipinti o affreschi persi per crolli di coperture e pareti oppure gravemente danneggiati, come nel caso della Basilica Superiore di San Francesco ad Assisi1.

A seguito del terremoto del 26 settembre 1997, infatti, furono frantumati alcuni affreschi realizzati sulle volte collegate alla facciata e in corrispondenza dell‟incrocio con il transetto della Basilica, opere del Cimabue e probabilmente di un giovane Giotto. Soltanto dopo la classificazione dei frammenti e grazie all‟indispensabile ausilio della documentazione fotografica, è stato possibile ricollocare gli affreschi nella posizione originale, benché non sia stato possibile recuperare integralmente tutte le opere artistiche. La basilica subì anche un danno strutturale generalizzato e fu necessario un restauro molto profondo, ricorrendo anche a tecnologie antisismiche innovative2. Un lavoro immane, che si è protratto per anni, coinvolgendo esperti di ambiti diversi e impegnando importanti risorse economiche, che hanno restituito, almeno parzialmente, all‟umanità dei capolavori ineguagliabili.

(a) (b)

Fig. 1 La Basilica Superiore di San Francesco ad Assisi: (a) facciata e (b) interno (Autore: Starlight, <http://it.wikipedia.org/wiki/File:Assisis_Basilica_superiore.jpg>, 30/06/2014)

Oltre all‟importanza dei contenuti artistici, occorre anche considerare il valore dei contenitori che ospitano tali opere: si tratta di chiese, palazzi signorili, ville, castelli, musei o biblioteche antiche, che connotano l‟identità delle città e che raccontano, attraverso la loro presenza, il fluire della storia. A causa degli eventi naturali o antropici, questi monumenti sono talvolta isolati dal contesto urbano, per la perdita delle infrastrutture territoriali, oppure sono abbandonati per anni, prima che risorse e interventi siano disponibili per la loro salvaguardia: la città de L‟Aquila, devastata dal terremoto del 2009, è un caso emblematico del problema3.

1

Approfondimenti in:

G. Rocchi, La basilica di San Francesco ad Assisi: interpretazione e rilievo, Sansoni, Firenze, 1982; G. Rocchi, La basilica di San Francesco ad Assisi: prima, durante e dopo il 1997, Alinea, Firenze, 2002.

2

M. Indirli, M. G. Castellano, Shape Memory Alloy devices for the structural improvement of masonry heritage structures, in «International Journal of Architectural Heritage», Vol. 2, N. 2, 2008, pp. 93-119.

3

M. Indirli, l. A. Kouris, A. Formisano, R. P. Borg, F. M. Mazzolani, Seismic damage assessment of unreinforced masonry

structures after the Abruzzi 2009 earthquake: the case study of the historical centres of L‟Aquila and Castelvecchio Subequo, in «International Journal of Architectural Heritage», Vol. 7, N. 5, 2013, pp. 536-578.

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Anche le attività produttive sono duramente colpite dalle calamità. Queste sono, infatti, responsabili della distruzione di edifici industriali e magazzini, che sostengono in maniera significativa l‟economia degli insediamenti: valga come esempio il recente caso dell‟Emilia Romagna, che, dopo le sequenze sismiche del 2012, ha subito considerevoli danni agli edifici destinati proprio a ospitare le attività produttive4.

Conseguenze non meno importanti riguardano anche la sfera sociale. Sono numerose le popolazioni che subiscono i disagi derivanti dalla perdita di servizi collettivi come ospedali, scuole, centri amministrativi e direzionali, fondamentali per gestire la vita delle aree urbane, senza considerare i disagi derivanti dalla perdita del lavoro e delle abitazioni5. Fra le calamità ancora oggi più temute, sicuramente i terremoti continuano ad alimentare preoccupazioni e a muovere gli studi verso le possibili metodologie di prevenzione sismica. Alcune località sono tristemente note proprio per le distruzioni dovute ai terremoti, come San Francisco, devastata nel 1906 (USA, Magnitudo Momento Mw 7.9), oppure Tokyo e Yokohama, distrutte nel 1923 (Grande Kanto, Giappone, Mw 7.9); ma il più intenso sisma mai ricordato finora è il terremoto avvenuto nel 1960, nella zona meridionale del Cile (Valdivia, Mw 9.5), seguito nel 1964 da un evento quasi della stessa entità ad Anchorage in Alaska (Mw 9.2). Ricordiamo, inoltre, le città cinesi di Tientsin e Tangshan, segnate dai catastrofici sismi del 1976 (rispettivamente Mw 7.9 e 7.8), e Città del Messico, devastata nel 1985 (Mw 8.3). Dieci anni dopo, un intenso terremoto sfigura anche le città di Kobe, Osaka e Kyoto (Hanshin-Awaji, Giappone, Mw 7.3). In un‟altra parte del mondo, nel dicembre del 2003 la cosiddetta cittadella di Bam (raro e monumentale insediamento in terra cruda), in Iran, è rasa al suolo da un evento sismico di magnitudo medio-alta (Mw 6.6). Nel 2004 un tragico terremoto, seguito da uno tsunami, (con onde alte fino a 15 metri), lascia uno scenario di morte e desolazione in una vasta area del sud-est asiatico, provocando più di 200000 morti in Indonesia, Tailandia, Sri Lanka e India (Mw 9.3)6. Nell‟elenco dei terremoti e dei maremoti più recenti, vogliamo ricordare anche quello di Fukushima (Sendai e Tōhoku, Mw 9.0), in Giappone7, che nel 2011 provoca quattro incidenti distinti all‟omonima centrale nucleare.

Fig. 2 L’antica città di Bam, Iran (Autore: Ales.kocourek, <http://it.wikipedia.org/wiki/File:Ancient_Bam,_2002.png>, 21/06/2014)

Abbiamo menzionato soltanto alcune città e alcune aree territoriali, benché l‟elenco sia piuttosto lungo, per evidenziare l‟importanza di un fenomeno che non ha confini geografici e che non possiamo prevedere a breve termine. L‟unica arma di cui disponiamo è dunque la cultura della prevenzione, che dovrebbe guidare le scelte di coloro che sono chiamati a intervenire sul costruito, nell‟ottica di accrescere la resilienza urbana e implementare le capacità degli edifici di rispondere all‟azione sismica.

Un messaggio chiave risiede nel progetto dell‟Imperial Hotel di Tokyo, realizzato fra il 1916 e il 1922, in cui Frank Lloyd Wright ha espresso sapientemente il concetto della prevenzione sismica, attraverso il progetto delle fondazioni dell‟edificio, ritenute, ancora

4 A. Marzo, G. Marghella, M. Indirli, The Emilia-Romagna earthquake: damages to precast/prestressed reinforced concrete factories, in «Ingegneria sismica», Anno XXIX, N. 2-3, 2012, pp. 132-147.

5G. Caporale, L'Aquila non è Kabul. Cronaca di una tragedia annunciata, Castelvecchi Editore, Roma, 2009. 6I maggiori terremoti nel mondo a partire dal 1000 d. C., in <http://www.markrage.it/nuova_pagina_5.htm>; Il terremoto del 2003, in <http://it.wikipedia.org/wiki/Bam_(Iran)>.

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oggi, determinanti nel limitare i danneggiamenti subiti dopo il terremoto di Tokyo del 19238. L‟Imperial Hotel, abbattuto comunque nel 1968, disponeva di pali di cemento rastremati del diametro di circa 23 cm e dalla lunghezza di circa 2,5 m, collocati lungo le pareti dell‟edificio a intervalli di circa 60 cm, a coppie o gruppi di tre. L‟albergo sorgeva su uno strato di terreno soffice, profondo quanto la lunghezza dei pali, al di sotto del quale si trovava uno strato di depositi alluvionali di circa 23 m; all‟interno di questo correvano acque sotterranee a circa 60 cm dalla superficie. L‟idea di creare una massa monolitica poggiante su un cuscino soffice di fango ha determinato una discontinuità fra il terreno e l‟edificio, così da consentire alla costruzione lo slittamento dovuto all‟azione del sisma9. In sostanza, il progetto anticipava le ricerche sull‟isolamento sismico degli edifici di circa sessant‟anni successive. L‟Imperial Hotel aveva anche altri punti forza come il sistema di sicurezza “waiter‟s tray”, costituito da supporti centrati al di sotto dei solai in grado di bilanciare i carichi, mentre la sua configurazione in elevazione prevedeva mura più spesse e pesanti alla base, più esili e leggere in cima. Anche le aperture seguivano un esemplare concept antisismico: infatti, erano piccole al piano terra e più ampie ai livelli superiori.

Fig. 3 Foto d’epoca dell’Imperial Hotel, Tokyo, 1916-1922 (Autore: en:user:Fg2, <http://en.wikipedia.org/wiki/File:ImperialHotelFacade.jpg>, 30/06/2014)

Wright scriveva10: «“we solved the problem of the menace of the quake by concluding that rigidity couldn‟t be the answer, and that flexibility and resiliency must be the answer… Why fight the quake? Why not sympathize with it and out wit it?”». Wright, per questo, si era avvalso di utili accorgimenti come dividere l‟edificio in parti, ossia delle scatole in grado di galleggiare, egli aveva, inoltre, utilizzato giunti di separazione e proposto una copertura leggera. I suoi insegnamenti hanno portato l‟attenzione su questioni riguardanti l‟interazione fra il terreno e la struttura, sulle scelte morfologiche degli edifici e dei materiali da costruzione, sulla giusta applicazione delle leggi fisiche al design progettuale. Le soluzioni adottate nell‟Imperial Hotel hanno finalmente aperto un dialogo fra il mondo

8 R. King Reitherman, Frank Lloyd Wright‟s Imperial Hotel: a seismic re-evaluation, Proceedings 7WCEE (7 World

Conference on Earthquake Engineering), 1980, Istanbul, Turkey, vol. 4, pp. 145-152, in <http://www.iitk.ac.in/nicee/wcee/article/7_vol4_145.pdf>;

B. B. Pfeiffer, Frank Lloyd Wright, Taschen, Köln, 2007, pp. 92-94.

9 A. Parducci, Nuove concezioni per il progetto sismico. Una sfida per l‟architettura e l‟ingegneria, in «La sfida

dell‟isolamento sismico», EdA, speciale giugno 2007.

10“abbiamo risolto il problema della minaccia del terremoto dalla conclusione che la rigidità non può essere la risposta, e

che flessibilità e resilienza devono essere la risposta … Perché combattere il terremoto? Perché non simpatizzare con esso e superarlo in astuzia?”

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dell‟architettura e quello dell‟ingegneria. Oltre ad essere un apprezzato rappresentante del Movimento Moderno, Wright è diventato forse il promotore di una nuova cultura, basata sull‟integrazione dei saperi, che purtroppo continua a soffrire per l‟ostilità verso una rinnovata concezione dell‟approccio progettuale; il suo esempio è un invito a ripensare l‟ideazione degli edifici, soprattutto in zona sismica.

Dopo il progetto dell‟Imperial Hotel saranno realizzate a San Francisco alcune architetture di interesse per l‟adozione di accorgimenti antisismici, come l‟Alcoa Building, progettato da Skidmore, Owings e Merrill nel 1964 oppure la Transamerica Pyramid di William Pereira, ultimato nel 197211. Nel primo di questi, oltre all‟impiego di elementi diagonali incrociati di facciata, è stato posto particolare attenzione al piano terra, dove le diagonali di acciaio interagiscono con i pilastri di base, a loro volta rinforzati, e dove lo stesso solaio del primo livello collabora con i nuclei centrali di cemento armato. La Transamerica Pyramid, invece, si caratterizza per la sua forma assottigliata, una scelta compositiva elegante e funzionale nel rendere l‟edificio deformabile sotto l‟azione del sisma. Interessante è, ancora una volta, il progetto dei primi tre livelli che, grazie all‟allargamento della struttura, rende più stabile l‟edificio e gli regala ampi spazi aperti. Alcune realizzazioni molto audaci riguardano anche l‟inserimento dell‟isolamento sismico (retrofit) in edifici monumentali esistenti in muratura12, in Figura 4, 5 e 6.

Fig. 4 (a) Salt Lake City & County Building (USA, 1894), (b) San Francisco City Hall (USA, 1912), (in Indirli, Martelli, 2009)

Fig. 5 (a) The Asian Art Museum at San Francisco (USA), (b) Dettaglio fondazioni: inserimento isolatori, (in Indirli, Martelli, 2009)

Fig. 6 (a) The Wellington Parliament (New Zealand, 1921), (b) The Maritime Museum at Auckland (New Zealand), (in Indirli, Martelli, 2009)

11A. Martelli, U. Sonnino, A. Parducci, F. Braga, Moderni sistemi e tecnologie antisismici. Una guida per il progettista, 21mo Secolo, Milano, 2008, pp. 141-144.

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M. Indirli, A. Martelli, Innovative protection of cultural heritage and urban habitats against earthquakes and other natural

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Nell‟epoca delle soluzioni smart, sono sempre più numerosi i comuni italiani che hanno adottato sistemi “intelligenti” e moderne tecnologiche per salvaguardare gli edifici pubblici e strategici dall‟elevata esposizione al rischio sismico. Vogliamo ricordare ad esempio la ricostruzione della scuola elementare “Francesco Jovine” di San Giuliano di Puglia (CB), crollata con il terremoto del 2002, che si avvale ora di moderni isolatori sismici, o il Centro della Protezione Civile di Foligno (PG)13, isolato con tecniche analoghe, di rilievo anche per la soluzione architettonica, studiata in armonia con le esigenze di tipo ingegneristico.

Fig. 7 L’edificio principale del Centro Operativo Emergenza e Formazione del Centro della Protezione Civile di Foligno (PG), (in Martelli, Forni, 2009)

In altri casi sono stati invece adottati sistemi di dissipazione energetica (controventi a X o V rovesciata e dispositivi di varia tipologia nei punti con massima deformazione), i quali possono essere inseriti come rinforzo nella maglia strutturale di edifici a telaio in cemento armato. I cosiddetti Sistemi Dissipativi sono stati impiegati per adeguare soprattutto edifici scolastici esistenti, come la scuola “Gentile-Fermi” di Fabriano oppure il complesso scolastico “G. Viola” di Potenza14. I casi citati non vogliono indurre ad affermare che solo edifici con tecniche e materiali moderni, o quelli che possiedono già determinati requisiti formali, possano essere adeguatamente protetti. Studiare soluzioni a misura di centro storico è probabilmente uno degli obiettivi più complessi, tuttavia molto sentito dai ricercatori e dai tecnici del settore per migliorare le prestazioni sismiche di porzioni di città in cui è spesso difficile intervenire per elevare la sicurezza.

Fig. 8 Facciata del Duomo di Siena e dettaglio della parte posteriore del timpano

13A. Martelli, M. Forni, La protezione degli edifici dal terremoto mediante isolamento sismico e dissipazione d‟energia, in

«Energia, Ambiente e Innovazione», 3/2009, pp. 89-106.

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Nel gruppo dei sistemi di dissipazione energetica si collocano anche i dissipatori viscosi ricentranti, ad esempio, applicati nel caso del Duomo di Siena15, in Figura 8. Per prevenire l‟eventuale ribaltamento del timpano della facciata, in caso di sisma, è stata realizzata una struttura metallica addossata al lato posteriore del timpano e collegata a questo tramite i dissipatori.

Nei nuclei storici incontriamo tipologie strutturali completamente diverse da quelle odierne, in cemento armato o in acciaio, che possiamo ricondurre all‟esteso gruppo delle costruzioni in muratura. Queste hanno rappresentato per secoli l‟unica forma edilizia del passato, producendo opere di impareggiabile valore culturale, uniche e quindi ancor più preziose. L‟impegno condiviso della comunità scientifica riguarda proprio l‟individuazione delle soluzioni più adatte a innalzare il livello di sicurezza degli edifici in muratura e garantire, nel tempo, la loro conservazione e la tutela dei caratteri distintivi del periodo e del gusto architettonico che li ha prodotti. Le difficoltà operative che si incontrano nei siti di antica edificazione e nelle aree archeologiche sono di varia natura: ideologica, scientifica, tecnica prima di tutto, ma anche economica, burocratica, normativa. In sintesi, si tratta di risolvere positivamente, spesso caso per caso, il conflitto tra il raggiungimento di indispensabili livelli di prestazione antisismica e il rispetto dei principi di conservazione dovuti al patrimonio storico-artistico (integrità, compatibilità, reversibilità e durabilità). Gli aspetti ideologici sono legati a considerazioni maturate nella storia da autorevoli teorici: posizioni a volte contrastanti, elaborate dopo interventi, non sempre apprezzati o ritenuti idonei, eseguiti su edifici di interesse storico. Le teorie sul restauro dei monumenti e dei centri urbani si sono sviluppate soprattutto nei Paesi che hanno una lunga storia architettonica come la Francia, la Gran Bretagna, la Germania e l‟Italia, che ha sicuramente partecipato all‟elaborazione dei concetti dominanti della materia del restauro, attraverso le interpretazioni fornite da C. Boito, G. Giovannoni, C. Brandi e R. Bonelli, solo per citare alcuni dei maestri italiani più rappresentativi. Nell‟elenco degli studiosi che hanno lasciato un decisivo contribuito, con le loro ricerche, considerando anche quelle di natura prettamente scientifica, segnaliamo il lavoro di Antonino Giuffrè, che oltre ad aver approfondito gli studi nel campo delle costruzioni in muratura, ha mostrato un grande interesse e un‟attenta partecipazione all‟analisi dei caratteri edilizi dei centri storici16. Dopo la seconda guerra mondiale, molti edifici monumentali sono stati distrutti o parzialmente lesionati dai bombardamenti. Il problema che si era subito posto, di natura ideologica, riguardava il tema della ricostruzione, oggi molto sentito dopo le vicende del centro storico de L‟Aquila, devastato dal terremoto del 2009, oppure quelle dei comuni dell‟Emilia Romagna colpiti più recentemente dalle sequenze sismiche del 2012.

Roberto Pane sosteneva che «salvare i resti di forme preziose il cui abbandono sarebbe inconciliabile con una società colta e civile»17 è una necessità che motiva i compromessi poco coerenti con le teorie del restauro moderno ma, prendendo come riferimento le chiese parzialmente demolite, aggiunse:

L‟estrema varietà e necessità dei casi da risolvere sta a dimostrare come non sia possibile contenere il restauro entro limiti rigidamente prestabiliti poiché si tratta di passare dal puro e

15M. G. Castellano, S. Infanti, Sistemi di protezione per la sicurezza delle costruzioni, in Atti del Convegno Internazionale

«Bioarchitettura e ingegneria ambientale - Progetti di sviluppo e mobilità sostenibile per il territorio», Pistoia, 3-5 ottobre 2007, in <http://www.fipindustriale.it/public/area_stampa/pub-it/NT1702.pdf>;

M. Indirli, A. Martelli, Innovative protection of cultural heritage and urban habitats against earthquakes and other natural

disasters, Proc. EACH 2009, Cultural Heritage Congress, Science and Technology, Cairo, Egitto, 2-4 dicembre, 2009. 16

A. Giuffré, Monumenti e terremoti, Multigrafica Editrice, Roma, 1988;

A. Giuffré, Studi e interventi sull‟edilizia storica, in C. Gavarini, A. Giuffré, G. Longhi, Ingegneria antisismica, Milano, ESA, 1991, Vol. 2, pp. 203-385;

M. Indirli, R. Cami, B. Carpani, C. Algeri, P. Panzeri, G. Rossi, L. Piova, The antiseismic rehabilitation of Marchesale Castle

at San Giuliano di Puglia, Proc. V International Seminar on Structural Analysis of Historical Constructions, Possibilities of

Numerical and Experimental Techniques (SAHC), New Delhi, India, 6-8 Novembre 2006.

17

R. Pane, Il restauro dei monumenti, in «Aretusa», 1/1944, pp. 7-20 e R. Pane, Restauro dei Monumenti, in «La ricostruzione del patrimonio artistico italiano», Libreria dello Stato, Roma, 1950, p. 10 cit. in M. P. Sette, Il restauro in

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17

semplice consolidamento alla ricostruzione ex novo di imponenti masse di una fabbrica, e cioè a percorrere tutta la distanza che si pone fra il restauro vero e proprio e la moderna costruzione architettonica18.

In casi estremi, come è avvenuto per il terremoto del Belice del 1968, cha pare abbia danneggiato più del 90% del patrimonio edilizio19, il problema da affrontare non riguarda la ricostruzione di singoli beni, ma interessa intere aree urbanizzate e si estende all‟ipotesi di delocalizzare, in altri siti, abitazioni e edifici specialistici. Detta operazione, che in pratica coincide con la fondazione di un nuovo insediamento urbano, che sia esso un quartiere o un‟intera città, sulla base di canoni estetici “moderni” e probabilmente con una diversa organizzazione funzionale, deve essere sempre valutata con estrema cautela, valutando attentamente costi e benefici. Nel caso del Belice il problema ha interessato diverse città, distrutte o fortemente danneggiate: Gibellina, Menfi, Montevago, Partanna, Poggioreale, Salaparuta, Salemi, Sambuca, Santa Margherita Belice e Santa Ninfa20. La ricostruzione di intere aree edificate non è una scelta certamente semplice, ma possiamo pensare che sia dettata prima di tutto dalla necessità di ricreare un ambiente urbano sicuro per i suoi abitanti. Questo fine è attualmente perseguito dalle normative tecniche vigenti nella maggior parte delle regioni del mondo. Quando, infatti, non possiamo più salvare la sostanza storica, racchiusa nelle città, non resta che riprogettare nella prospettiva del futuro un nuovo contesto urbano, applicando i principi e le regole che possono accrescere le performance strutturali del patrimonio edilizio. Uno straordinario esempio è dato dalla delocalizzazione e ricostruzione più a valle dei paesi distrutti dal

devastante terremoto che investì la Val di Noto in Sicilia nel 169321, oggi nella lista

dell‟UNESCO come patrimonio dell‟umanità.

Alla luce anche di tali osservazioni, sembra che il restauro filologico, nell‟interpretazione del Pane, abbia dei limiti che altri teorici avevano già considerato, tanto da indurre, ad esempio, Gustavo Giovannoni a sostenere la causa del restauro stilistico. Quest‟ultimo soddisfa, infatti, l‟esigenza ampiamente diffusa di restituire alle città ferite i monumenti che le hanno rappresentate, nonostante non siano più autentici22.

Uno degli interventi più rappresentativi, che sarà richiamato nel successivo Capitolo 2, riguarda la ricostruzione del ponte Santa Trinita di Firenze, progettato originariamente da Bartolomeo Ammannati. L‟antico ponte in pietra è stato ricostruito con i suoi decori e persino con le stesse irregolarità antecedenti alle distruzioni belliche, animando un serrato dibattito fra i sostenitori di un progetto moderno, innovativo e quelli che invece volevano la ricostruzione integrale23. I primi protagonisti delle due opposte posizioni sono stati Renuccio Bianchi Bandinelli e Bernard Berenson24. Quest‟ultimo nell‟articolo Come

ricostruire la Firenze demolita, pubblicato nel primo numero della rivista “Il Ponte”, ha

assunto un atteggiamento «nostalgico» e più incline alla riproposizione delle antiche forme, mentre Bianchi Bandinelli nell‟articolo Come non ricostruire la Firenze demolita, pubblicato nel successivo numero della stessa rivista, era del tutto contrario alle «contraffazioni» e accoglieva favorevolmente le proposte dell‟architettura contemporanea. Dopo di loro e nei tre anni successivi si susseguirono ancora altri scontri ideologici, ma era prevalsa sin dall‟inizio la volontà di ricostruire il ponte nelle fattezze originarie. Delle rovine rimaste, era stato recuperato soltanto il 13% del materiale lapideo. Si era

18

R. Pane, Restauro dei Monumenti, in «La ricostruzione del patrimonio artistico italiano», Libreria dello Stato, Roma, 1950, p. 10 cit. in M. P. Sette, Il restauro in Architettura: quadro storico, UTET, Torino, 2001, p. 165.

19 Terremoto del Belice 1968, in

<http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/terremoto_belice.wp.%3Bjsessionid=F80114040B0940BA200466BCC2A60CF4>.

20

Approfondimenti storici e artistici sulle città danneggiate in:

G. Antista, D. Sutera (a cura di), Belice 1968-2008: Barocco perduto, Barocco dimenticato, Caracol, Palermo, 2008.

21

L. Trigilia (a cura di), 1693 Iliade funesta. La ricostruzione delle città del Val di Noto, Arnaldo Lombardi, Palermo, 1994.

22M. P. Sette, Il restauro in Architettura: quadro storico, UTET, Torino, 2001, p. 165-166. 23Ibid., p. 170.

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dimostrata interessante anche l‟osservazione del critico Gillo Dorfles che considerava le ferite inflitte nel corpo delle città e la perdita dei monumenti come un‟occasione per manifestare la creatività delle nuove generazioni. Della stessa opinione era anche l‟architetto Giovanni Michelucci, che farà delle proposte per borgo San Jacopo. Questo punto di vista sembra cogliere l‟ampiezza di un problema che non investe un solo monumento: a Firenze il bombardamento del 1944 aveva danneggiato anche l‟edilizia residenziale della zona vicina a Ponte Vecchio.

Fig. 9 Vista del Ponte Santa Trinita, Firenze

Il caso del ponte fiorentino non è un episodio isolato: anche le volte della basilica di San Francesco, già citata, sono state ricostruite, secondo tecniche e materiali il più possibile aderenti a quelli originali. Tuttavia il clamore del primo esempio è forse dovuto al fatto di dover ricostruire l‟intero ponte e non di intervenire, come ad Assisi, su un edificio che, nonostante i danneggiamenti, continuava a essere riconoscibile, presenza ancora viva nella città. Non pretendiamo di dare un‟interpretazione inconfutabile, ma possiamo immaginare che nel caso di Firenze sia stata eseguita una vera e propria clonazione, mentre ad Assisi siano stati impiantati nuovi arti, senza produrre alcun fabbricato nuovo nelle sembianze di un corpo antico: due approcci molto diversi che portano l‟attenzione sul tema della riconoscibilità del valore monumentale e della sua identificazione all‟interno di un determinato contesto. Possiamo, ad esempio, affermare che la Basilica di San Francesco sta ad Assisi come le falangi stanno alle mani? In caso positivo, è sufficiente tale relazione a motivare qualunque intervento, anche quelli che comportano la riproduzione completa del monumento distrutto? Possono essere formulati diversi interrogativi analoghi e possono essere date diverse risposte, ma la complessità del problema probabilmente non può essere ricondotta alla risoluzione di un‟equazione. Ogni caso è dunque unico e diventa anche difficile credere che esista una risposta univoca valida per tutte le circostanze.

Il Pane concludeva le sue osservazioni affermando:

Occorre (…) in altre parole riconoscere che l‟opera del restauratore non può compiersi con il solo ausilio dell‟esperienza critica e storica, e che la creazione di una nuova unità estetica esige l‟intervento del gusto e della fantasia25.

Anche l‟illustre storico e architetto ha lasciato sottintendere l‟unicità dell‟intervento di restauro e la necessità di progettare soluzioni diverse secondo i casi. Domandarsi ancora se oggi sia lecito ricostruire l‟antico e inserire la società contemporanea nelle forme del passato e nel linguaggio storico è un quesito che non ha una soluzione certa; sono, infatti, numerose le osservazioni che storici, sociologi e antropologi potrebbero addurre, oltre alle opinioni personali che tutti possiamo formulare. Probabilmente le parole del Pane

25

R. Pane, Restauro dei Monumenti, in «La ricostruzione del patrimonio artistico italiano», Libreria dello Stato, Roma, 1950, p. 12 cit. in M. P. Sette, Il restauro in Architettura: quadro storico, UTET, Torino, 2001, p. 174.

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19

invitano, però, a riflettere su altre questioni, come il concetto di opera d‟arte o di valore storico, che nelle teorie sul restauro sono particolarmente sentite.

Anche se le distruzioni causate dai terremoti rinnovano sempre i dubbi sul modus

operandi e sull‟impiego di nuove tecniche e materiali, alcuni interventi realizzati negli ultimi

anni sono diventati un esempio per indirizzare i progetti di restauro dei monumenti storici verso la cultura della prevenzione sismica. Una delle prime applicazioni delle cosiddette Tecniche Innovative Antisismiche (TIA), distinte da quelle Tradizionali (TTA), è stata sviluppata dopo il sisma del 15 ottobre 1996 e applicata al campanile della chiesa di San Giorgio in Trignano (S. Martino in Rio, Reggio Emilia)26 gravemente lesionato dalle scosse e oggetto di un restauro che non solo ha restituito al campanile l‟integrità strutturale persa ma ha anche migliorato le sue prestazioni antisismiche.

Gli interventi di tipo tradizionale sul campanile di Trignano avevano riconferito uniformità al tessuto murario lesionato, prevedendo anche la ricostruzione di solai leggeri in legno, mentre, grazie all‟intervento innovativo, sono stati impiegati quattro tiranti metallici verticali post-tensionati negli angoli interni del campanile, senza la perforazione della muratura esistente. In serie ai tiranti verticali, sono stati poi inseriti quattro dispositivi SMAD in Lega a Memoria di Forma (Shape Memory Alloy Devices), dal comportamento superelastico e in modo da conferire alla muratura una calcolata (e moderata) precompressione. Le opere realizzate si sono dimostrate efficaci già dopo il successivo sisma del 2000: il campanile, infatti, non presentava alcuna lesione.

Fig. 10 (a) Proposta d’intervento con dispositivi SMADs, (b) Dettaglio dell’ancoraggio, (c) La torre dopo l’intervento (in Indirli, Castellano, 2008)

Il consolidamento eseguito è il risultato di una sperimentazione pilota, non invasiva e reversibile (nell‟ambito del Progetto Europeo ISTECH, "Development of Innovative Techniques for the Improvement of Stability of Cultural Heritage, in Particular Seismic Protection", 1996 -1999, Environment and Climate Programme, Fourth Framework Programme), condotta su una struttura muraria storica in risposta alle difficoltà scientifiche proprie di questa tipologia costruttiva. Il progetto di consolidamento si è avvalso dell‟analisi numerica per verificare il corretto funzionamento di tiranti e SMAD. Anche gli aspetti tecnologici sono stati affrontati e risolti con grande attenzione, come l‟ideazione degli ancoraggi alle fondazioni e alle estremità del campanile, attraverso soluzioni specifiche.

26M. Forni, M. Indirli, A. Martelli, G. Venturi, F. Armani, M. G. Castellano, R. Medeot, G. Borellini, D. Rinaldis, Rehabilitation of Cultural Heritage Damaged by the 15th October 1996 Earthquake at San Martino in Rio, Reggio Emilia, Italy, in Seismic

Isolation, Passive Energy Dissipation and Active Control of Seismic Vibrations of Structures - Proceedings of the International Post-SMiRT Conference Seminar, Taormina, Italia, 25-27 agosto 1997; GLIS, Bologna,1998, pp. 767-781; M. Indirli, B. Carpani, M. G. Castellano, P. Clemente, M. Forni, A. Martelli, L‟Applicazione Pilota dei Dispositivi con Lega a

Memoria di Forma: il Campanile della Chiesa di S. Giorgio in Trignano, Proc. 28° Convegno Nazionale AIM “Il Convegno del

2000”, 8-10 novembre 2000, Milano, Italia.

M. Indirli, M. G. Castellano, Shape memory alloy devices for the structural improvement of masonry heritage structures, in «International Journal of Architectural Heritage», 2/2008, pp. 93-119.

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20

Le stesse tecnologie (tiranti metallici orizzontali in serie con dispositivi a Memoria di Forma, al fine di prevenire i meccanismi di ribaltamento, ancora in ambito ISTECH) sono state anche utilizzate ad Assisi27, dove sono stati impiegati 47 SMAD per collegare il tetto ai due timpani del transetto (danneggiati dal sisma e restaurati tramite rigenerazione muraria con tecniche tradizionali). Altri interventi si sono avvalsi di questi sistemi: la cattedrale di San Feliciano a Foligno e la Chiesa di San Serafino a Montegranaro, entrambe danneggiate a causa del terremoto umbro-marchigiano del 1997, lo stesso che ha colpito la Basilica di Assisi28.

Le applicazioni degli SMAD, come dimostrano i casi citati, migliorano le connessioni fra le pareti, aiutano a controllare gli spostamenti fuori dal piano, limitano la trasmissione delle azioni dinamiche, permettono un quasi completo ricentraggio. Tali tecniche, che sono annoverate fra le metodologie innovative, possono essere intese come una naturale evoluzione tecnologica dei sistemi tradizionali (TTA): è, infatti “naturale” che la ricerca scientifica contribuisca con le nuove acquisizioni alla materia del restauro dei monumenti e per questo le TIA possono essere considerate una spontanea evoluzione delle tecniche costruttive.

Infine, è stato valutato anche l‟utilizzo di SMAD in serie con strisce di FRP (Fibre Reinforced Polymers) per interventi di messa in sicurezza a basso costo ed elevata efficacia, in modo da evitare il ribaltamento di pareti in muratura, già svincolate dall‟eccitazione sismica, in caso di rilevanti aftershock29.

Fig. 11 Utilizzo degli SMADs: (a) Basilica di San Francesco, (b) Cattedrale di San Feliciano, (c) Chiesa di San Serafino (in Indirli, Castellano, 2008)

In sostanza, i progressi raggiunti in ambito scientifico e tecnologico hanno apportato alla materia del restauro importanti contributi utili a migliorare gli interventi finora attuati con le sole tecniche tradizionali e in linea con le raccomandazioni espresse già dalla Carta del Restauro del 1987. Sembra, infatti, condivisa l‟esigenza di integrare le conoscenze, affinché il progetto di restauro possa avvalersene per risolvere, in alcuni casi, le perplessità ideologiche sul modo di intervenire: le tecnologie richiamate agiscono senza compromettere l‟autenticità del manufatto. Nelle «Considerazioni preliminari» della Carta del 1987 era stato delineato un concetto di restauro “moderno” e ancora attuale:

Il compito del restauro architettonico è di interpretare un manufatto storico, individuando le aggiunte e le manomissioni subite, dandogli un adeguato e controllabile miglioramento statico con mezzi compatibili e reversibili (reintegrazioni murarie, speroni, tiranti non occultati ecc.). Sinora l‟esigenza di dissimulare i mezzi di rinforzo per non alterare l‟aspetto e il carattere degli edifici ha giustificato il ricorso a tecnologie innovative che permettono di realizzare rinforzi invisibili, ma generalmente irreversibili, adulteranti, incompatibili e poco durabili, conservando di fatto l‟aspetto e non la struttura della fabbrica30.

27M. Indirli, M. G. Castellano, op. cit., pp. 103-109.

28M. Indirli, P. Clemente, B. Carpani, A. Martelli, B. Spadoni, M. G. Castellano, Research, Development and Application of Advanced Anti-Seismic Techniques for Cultural Heritage in Italy, Proc. 8th World Seminar on Seismic Isolation, Energy Dissipation and Active Vibration Control of Structures, Ottobre 2003, Yerevan, Armenia.

29M. Indirli, P. Corvaglia, R. Angiuli, L. Lanza, M. Merlin, R. Rizzoni, A. Chiozzi, A. Tralli, S. Briccoli Bati, M. Fagone, Fibre Reinforced Polymers (FRP) strips in series with Shape Memory Alloy (SMA) wires: theory, application and experimental results of a prototypal anti-seismic device in the framework of the MAMAS project, 15th WCEE, 15th World Conference of Earthquake Engineering, 24-28 Settembre 2012, Lisbona, Portogallo.

30

Carta della conservazione e del restauro degli oggetti d‟arte e di cultura, 1987, Quinta parte, Allegato B - Istruzioni per la conservazione, manutenzione e restauro delle opere di interesse architettonico - Considerazioni preliminari, in <http://www.webalice.it/inforestauro/carta_b.htm>.

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Le tecnologie innovative cui si riferisce la Carta non sono certamente quelle adottate per il campanile della Chiesa di San Giorgio, all‟epoca non ancora sviluppate, quanto piuttosto quelle legate ai materiali da costruzione contemporanei che molte volte hanno completamente rimodellato gli edifici antichi, pensiamo alla sostituzione delle coperture in legno con quelle più pesanti in latero-cemento.

Per quanto riguarda le difficoltà di natura economica legate al tema degli investimenti nel settore della ricerca e legate alla mancanza di fondi da destinare agli interventi di miglioramento sismico, non possiamo fare molte considerazioni, essendo le questioni citate a loro volta condizionate dalle scelte e dalle disponibilità finanziarie di ogni Paese, analogamente per quanto attiene alla sfera burocratica.

Un altro aspetto che senza dubbio influisce nelle scelte progettuali del restauro è legato alla disponibilità di un‟aggiornata normativa tecnica e alla classificazione sismica del territorio. La normativa antisismica31 ha lo scopo di individuare i criteri che possono ridurre il danneggiamento degli edifici a causa di un evento sismico, mentre la classificazione sismica è effettuata sulla base di considerazioni tecnico-scientifiche basate su varie metodologie (affrontate nel seguito). Entrambe sono adottate attraverso i Decreti del Ministero dei Lavori Pubblici.

In Italia la prima legislazione antisismica è rappresentata dalla legge del 02/02/1974 n. 64 (Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche) che ha anche sostituito le precedenti leggi del 1962 e del 1971 sulle opere in cemento armato e sulle strutture metalliche. I successivi decreti approvati fra il 1981 e il 1984 hanno classificato il 45% del territorio nazionale che risultava pertanto obbligato a rispettare le relative norme per le costruzioni, contenute nel nuovo D. M. 02/07/1981 (Normativa per la riparazione e il rafforzamento degli edifici danneggiati dal sisma nelle regioni Basilicata, Campania, e Puglia). Questo faceva riferimento ai soli interventi di adeguamento e di riparazione. Il concetto di miglioramento sismico sarà introdotto più tardi con il D. M. 24/01/1986 (Norme tecniche relative alle costruzioni sismiche), cui è seguito il D. M. 20/11/1987 (Norme tecniche per la progettazione, esecuzione e collaudo degli edifici in muratura e per il loro consolidamento) che è il primo testo normativo, a carattere tecnico, sulla tipologia muraria. Con il D. M. 16/01/1996 è introdotta una norma più completa, che fornisce indicazioni su tutte le tipologie costruttive.

All‟indomani del terremoto del 31 ottobre 2002 che ha colpito il Molise, è stata effettuata la riclassificazione sismica dell‟intero territorio nazionale in quattro zone a pericolosità crescente, come risulta dall‟OPCM n. 3274 - Primi elementi in materia di criteri generali

per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica. Il successivo aggiornamento risale al 2006 con l‟OPCM n.

3519 – Criteri generali per l‟individuazione delle zone sismiche e per la formazione e

l‟aggiornamento delle medesime zone. Dopo l‟elaborazione delle nuove mappe di

pericolosità sismica sono state formulate le Nuove Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC 2008), approvate con il D. M. 14/01/2008, ma in regime di proroga fin al 2009 e quindi successivamente aggiornate nel 2013.

Il breve resoconto sull‟evoluzione normativa italiana dimostra che l‟attenzione ai fenomeni sismici e la prevenzione delle loro conseguenze sono diventate questioni d‟interesse solo dopo gravi disastri e soprattutto nell‟ultimo decennio: se l‟evoluzione delle norme in Italia fosse stata più rapida, al passo con l‟elaborazione degli Eurocodici, molte vite umane sarebbero potute essere salvate e i danni da terremoto grandemente ridotti.

Le argomentazioni proposte riassumono i punti essenziali del presente lavoro. Non abbiamo la pretesa di rispondere in maniere esauriente e conclusiva agli studi pluridisciplinari che interessano i centri storici, ma ci proponiamo di comprendere lo stato dell‟arte della materia, di approfondire le possibili soluzioni sul restauro dei centri storici e

31

Normativa antisismica, in <http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/leg_rischio_sismico.wp> e La normativa antisismica prima del 2003, in <http://www.camera.it/cartellecomuni/legl4/RapportoAttivitaCommissioni/testi/08/08_capl5_sch01.htm>.

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dei manufatti di interesse storico, suggerendo proposte riguardanti le modalità operative applicabili. I concetti di conservazione, sostenibilità e resilienza, che saranno spiegati nel prosieguo, costituiscono i presupposti che motivano l‟interesse verso la materia e che guidano le scelte progettuali presentate nei casi di studio: il Piano di Ricostruzione del Comune di Arsita (TE) e la Chiesa di Santa Maria delle Grazie a Pettino (AQ).

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1. STORIA URBANA E APPROCCI INNOVATIVI

1.1 L‟EVOLUZIONE DELLE CITTA‟ ITALIANE

La città fabbrica, la città del capitale, la città per parti, la città collage, la città di latta, la città di quarzo, la città dei bite, la città fortezza, la città postmoderna, la città evento, oppure la città vivente, istantanea, analoga, frontale, fisica, invisibile, visibile, intermedia, dialettica, diffusa, bella, generica, generale, atopica, globale, narcotica, disfatta, digitale, banale, variabile, aperta, perduta, interrotta, sana, concreta, aleatoria, necessaria, elementare, complessa, possibile, dispersa, emergente; la città sembra non avere più consistenza, se non attraverso una serie di aggettivi che la specificano e le conferiscono un‟essenza tendenziosa, sottraendola a un processo di costante e inarrestabile perdita di identità. In effetti essa sta subendo da tempo una vera e propria emorragia di significati, di prospettive interpretative e di risorse trasformative in un processo entropico che rende quanto mai difficile pensare ad essa e ai progetti chiamati a modificarla in rapporto a un corpo di teorie e di pratiche dotato di una vera solidità. A fronte di realtà insediative che hanno superato la stessa soglia della megalopoli, come Città del Messico, San Paolo, Rio De Janeiro, Los Angeles, New York, Buenos Aires, Shanghai, Tokyo, Bombay, Calcutta, Lagos, tanto per citarne alcune, la forma città, un‟entità concettuale che ha sostenuto la crescita urbana negli ultimi duecentocinquanta anni, sembra definitivamente incapace di individuare narrazioni adeguate e interpretazioni progettuali conformi alla natura dei problemi da risolvere32.

Franco Purini, attraverso le aggettivazioni adottate negli anni per descrivere i nuovi prototipi di città, evidenzia proprio come l‟evoluzione storica dei centri urbani e la crescita continua di megalopoli abbiano lasciato irrisolti temi di natura progettuale che, possiamo aggiungere, sono connessi anche alla sicurezza e alla conservazione dei centri storici oppure alla governance e alle strategie di intervento applicabili nelle nostre città per favorire la tutela del costruito e delle aree verdi, la memoria storica delle origini urbane nonché l‟espansione controllata delle città, lo sviluppo sostenibile e una maggiore attenzione ai problemi energetici e ambientali in genere. Si tratta di temi ancor più importanti se relazionati a fenomeni naturali quali terremoti, tsunami, dissesti idrogeologici ed ogni altra calamità improvvisa che abbia messo in pericolo vite umane ed insediamenti. In particolare gli eventi sismici, che costituiscono una minaccia costante e che non siamo in grado di prevedere se non tramite scenari a medio termine spazio-temporale33, come si vedrà in dettaglio nel Capitolo 3, dedicato al rischio sismico, rendono ancor più necessarie riflessioni sulle modalità di intervento e sulla gestione del restauro urbano e ci inducono a sostenere il ricorso ad analisi oggettive del patrimonio edilizio, finalizzate alla riduzione della vulnerabilità urbana, senza tralasciare aspetti di natura ideologica riguardanti la conduzione del progetto o l‟impiego di tecnologie d‟avanguardia. Convinti che la conoscenza storica e la consapevolezza urbana siano il primo strumento utile a comprendere l‟identità dei luoghi e la conseguente necessità di prevenzione, tutela e valorizzazione delle città, si individuano con una breve sintesi storiografica, limitata al territorio italiano, le principali tappe dell‟evoluzione urbana fino a delineare un moderno modello di riferimento, quello della città resiliente, che ha recentemente debuttato anche nelle teorie urbanistiche. Questo concetto ha portato l‟attenzione sui nuovi obiettivi della pianificazione.

32

F. Purini, R. Albiero, V. Tronchin, Città e luoghi: materiali per la “Città rimossa”, Gangemi, Roma, 2004, pp. 9-10.

33

G. F. Panza (a cura di), A. Peresan (con il contributo di), Previsione dei terremoti e scenari deterministici del moto del

suolo, in M. Dolce, A. Martelli, G. Panza, Proteggersi dal terremoto:le moderne tecnologie e metodologie e la nuova normativa sismica, 21mo SECOLO, Milano, 2005, pp. 71-112.

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Non indagheremo, dunque, sui quesiti riguardanti la definizione di città e sulle motivazioni socio-politiche che hanno determinato specifici assetti territoriali, ma intendiamo capire quali sono i caratteri che contraddistinguono, nelle varie epoche, i centri urbani e quali sono i tratti distintivi che segnano il passaggio verso nuovi periodi storico-culturali e le relative trasformazioni seguite. Il disegno del tessuto urbano e gli aspetti costruttivi tipici di determinate epoche sono, infatti, un corposo insieme di informazioni che possono guidare l‟individuazione delle migliori scelte d‟intervento, non solo quelle riguardanti la manutenzione e la conservazione delle città così come le abbiamo ereditate dal passato, ma possono anche guidare le scelte sull‟interpretazione della città storica: un‟opera d‟arte da lasciare intatta o un organismo vivente che nasce, evolve con i cambiamenti della società e muore? Cosa sarebbe oggi Venezia senza il campanile di San Marco34? E‟ lecito ricostruire all‟insegna del motto «dov‟era e com‟era», perseguito anche nel caso del duomo di Venzone in Friuli, dopo il terremoto35?

Fig. 1.1 L’attuale Campanile di San Marco, Venezia

Occorre chiedersi come affrontare il tema della ricostruzione, soprattutto dopo eventi naturali o antropici, come i bombardamenti delle guerre mondiali, che hanno compromesso l‟immagine delle città storiche, cancellando le tracce evolutive dei luoghi e delle popolazioni locali. Probabilmente non esiste un‟univoca risposta e nella storia del restauro si sono susseguite posizioni diverse, che inducono a riflettere sulla complessità del tema. Sicuramente ogni città è unica, ha una sua storia, matrice del patrimonio urbano che abbiamo ereditato e merita attente considerazioni di varia natura: dobbiamo capire cos‟è l‟opera d‟arte, cosa significa per l‟umanità conservare le nostre città, come è giusto intervenire e qual è il costo delle nostre scelte. Queste possono e devono essere di volta in volta diverse in relazione ai luoghi che analizziamo, guidate dalla logica e dalle conoscenze sullo stato dell‟arte della materia.

34

Il 14 luglio 1902 il campanile della Basilica di San Marco a Venezia crollò e il sindaco Filippo Grimani il 25 aprile 1903, giorno della posa della prima pietra della ricostruzione, pronunciò la famosa frase: «dov‟era e com‟era».

AA.VV., Il campanile di San Marco - Il crollo e la ricostruzione, Milano, Silvana editoriale, 1992.

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1.1.1 La Città nel Medioevo

Lo studio della città medioevale prenderà in esame il periodo storico compreso fra il VI e il XII secolo, dalla fine delle grandi invasioni barbariche, che hanno portato alla scomparsa dell‟impero d‟Occidente, fino alla formazione, nell‟Italia centrosettentrionale e in alcuni centri commerciali europei, dei Comuni, destinati a diventare signorie cittadine, nelle quali si ambienterà il Rinascimento. Saranno utilizzati, quali indicatori dei cambiamenti registrati in questo periodo, la viabilità, il ruolo delle piazze e degli edifici pubblici, di culto e non, la struttura urbana degli insediamenti all‟interno delle mura e il rapporto del costruito con gli spazi verdi, la mutata concezione della campagna.

Nell‟alto Medioevo si osserva un sostanziale rapporto di continuità con la città antica che implica una inevitabile conservazione dei sistemi difensivi preesistenti, dei ponti e dei porti. Dall‟assetto romano si eredita la viabilità principale, costituita da strade rettilinee che dalle porte urbane conducono al centro cittadino; tuttavia, pur mantenendosi inalterata la funzione dell‟arteria principale, cambia l‟uso del filo stradale che perde l‟impostazione rettilinea a causa del mancato controllo dell‟autorità pubblica e a causa dei mutamenti delle proprietà private costruite sui fili stradali. Si assiste, come sostiene il Guidoni36, al crollo della «qualità urbana». Le strade importanti sembrano restringersi, diventano irregolari per l‟inosservanza dell‟antico ordine geometrico e la sede stradale è invasa dalle abitazioni e dalle botteghe, sono soprattutto i porticati ad accrescere l‟occupazione viaria. Tra il VII e VIII secolo, nel periodo longobardo, sia le strade esistenti sia quelle di nuovo impianto di tipo radiale non sono luoghi di sosta, destinati ad attività collettive, bensì sono puri collegamenti fra i nodi principali della città: la piazza, le porte, le mura e le chiese. Analogamente alla rete viaria, anche i principali edifici dell‟antichità continuano a essere importanti riferimenti urbani ma cambia la loro destinazione d‟uso: teatri e anfiteatri, per la forma convessa, erano ritenuti dai barbari luoghi ideali per la difesa; altri monumenti saranno considerati solo depositi per l‟approvvigionamento di materiali da costruzione, ma garantiranno il riuso urbano dei luoghi e l‟edificazione di nuove abitazioni nelle prossimità dei monumenti esistenti. La continuità urbanistica con la città antica rappresenta una società in crisi, dal punto di vista economico, demografico, organizzativo che si serve del passato per avviare un‟epoca di trasformazioni necessarie alle mutate esigenze sociali. Le trasformazioni più evidenti riguardano la viabilità territoriale; le strade del commercio e quelle del pellegrinaggio diventano una vera rete di collegamenti per le città europee, mentre la viabilità interna dei singoli nuclei urbani, costituita dalla maglia storica preesistente, è affiancata fra l‟VIII e il IX secolo da un sistema di nuove arterie, in coincidenza con un certo incremento demografico. Si tratta di strade dall‟andamento curvilineo, frutto della spontaneità e non di una logica programmatica che definisce standard di forma e ampiezza, a indicare l‟appartenenza a una determinata cultura, offuscata dall‟impero romano ma destinata a riemergere in gran parte del territorio europeo. Le tradizioni dei popoli germanici, legate al culto degli elementi naturali, soprattutto fiumi e alberi, saranno fonte d‟ispirazione nel disegnare l‟andamento delle nuove strade. Anche le tecniche costruttive dell‟epoca, basate sull‟uso prevalente di materiali leggeri come il legno, hanno contribuito alla diffusione di linee meno rigide, in particolare nella realizzazione dei recinti composti di terrapieno e palizzata. In questo modo è stata favorita la formazione di strade dall‟andamento tortuoso, una scelta formale dei costruttori, appartenenti per lo più alla classe contadina. Le strade medioevali sono state realizzate nell‟epoca «dell‟autocostruzione della città»37: senza gli strumenti dell‟agrimensore e solo con l‟abilità dell‟occhio e la manualità personale. Per dimensionarle si usavano criteri popolari, ad esempio la larghezza era pari almeno a quella di un carro, ma per il tracciato non si seguivano regole di visuale, gli allineamenti stradali o ragioni funzionali alle nuove lottizzazioni. Le strade, inoltre, avevano degli

36E. Guidoni, Il Medioevo: secoli VI-XII, Laterza, Roma - Bari, 1991, p. 6. 37Ibid., p. 40.

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appellativi che ne delineavano la natura, così la «strata viarum»38 era la via pavimentata e coincideva con un tracciato principale; non si intendeva distinguere solo le strade principali da quelle secondarie, ma si gerarchizzavano le stesse in base alla funzione che avevano. La gerarchia era imposta dalla loro larghezza: dalla via regia ampia ben 64 piedi, a quella principale di 32 piedi, alla via comune di 16 piedi, dalla via carrareccia larga 8 piedi a quella minore di soli 4 piedi.

Altro elemento distintivo del periodo medioevale è l‟attenzione per i sistemi di difesa delle città, come la costruzione di alte mura o la realizzazione di fossi e terrapieni, per i centri sorti in posizione privilegiata, come Orvieto. La necessità del controllo centralizzato e la conseguente formazione di città radiali consentiva una facile suddivisione delle mura ai suoi abitanti che ne curavano la costruzione e la manutenzione, in concorso con la popolazione delle campagne. Per quanto riguarda la realizzazione dei forti, questi servivano non solo come strumento di avvistamento ma anche per alloggiare i disertori nemici e trattenere i fuggitivi, assumendo il ruolo dei moderni istituti penitenziari divisi per categorie; infine, i forti erano punti di raccolta per le truppe. La loro costruzione avveniva secondo strategie militari per tenere sotto controllo il potenziale nemico e allontanarlo. Oggi sono poche le città che conservano intatte o quasi le fortificazioni di epoca medioevale: ricordiamo a proposito le città di Lucca, Ferrara e Bergamo.

Fig. 1.2 Città di Lucca: (a) Porta San Pietro, (b) Mura della città, (c) Porta San Gervasio

Il terzo aspetto identificativo dell‟epoca è la nascita e la diffusione delle abbazie. Costruzioni rurali destinate alla preghiera, alla riflessione e allo studio, questi luoghi sono simboli del potere religioso e strumenti di controllo delle campagne, dove si sposta il peso economico delle città. Nel periodo carolingio, le architetture monumentali assumeranno significati simbolici come quello della civitas e le stesse abbazie saranno intese come piccole città, un recinto rettangolare chiuso, il cui centro è rappresentato dal chiostro, che dal XII secolo, soprattutto nelle abbazie cistercensi, diventerà il modello della piazza centrale.

Tra il X e l‟XI secolo, l‟incremento demografico è propulsore delle nuove urbanizzazioni e dell‟individuazione di nuove aree da destinare all‟agricoltura intensiva. Le città medioevali non crescevano a dismisura: si avvalevano di criteri di proporzionalità e adottavano principi di decentramento funzionale; questo motiva la dislocazione delle chiese nelle varie parti della città. Gli ampliamenti urbani venivano effettuati con l‟abbattimento delle

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vecchie mura e la costruzione di nuove, come nel caso di Firenze39, dove nel 1172 viene progettata una nuova cinta, ormai scomparsa, sostituita circa un secolo più tardi da una nuova cerchia muraria. Le limitazioni alla crescita urbana erano dettate dagli scarsi approvvigionamenti di viveri e di acqua, e da decreti municipali emanati per contrastare i fenomeni di immigrazione. Si preferiva, dunque, fondare nuove città, spesso non molto distanti da quelle esistenti; in Francia la distribuzione nel territorio delle nuove città avveniva secondo un preciso schema, per cui la distanza dall‟una all‟altra era pari a un giorno di cammino per andare e venire. I nascenti centri sono progettati secondo diverse ideologie culturali: il modello anglosassone guiderà tutta la corrente nord-occidentale verso il sistema della croce di strade, quello tedesco sostiene la croce di chiese e l‟assialità architettonica, la corrente bizantina predilige strade parallele, infine l‟influsso islamico si orienta sulla concezione radiale. Lo schema delle città islamiche si può riassumere in tre elementi: lo «shari»40 che prevede una strada di attraversamento e di collegamento delle varie porte principali, il «darb»41, una sorta di via secondaria che distribuisce la densità urbana nei vari quartieri e l‟«azukac»42 cioè il vicolo cieco a servizio delle residenze. Le terminologie musulmane sono abbastanza varie nelle diverse aree della cultura islamica, tuttavia il modello urbano si riconosce facilmente e avrà influssi sull‟area europea, in particolare in Spagna e in Italia. La città di Palermo accoglie e fa propri i vicoli e alcune caratteristiche delle abitazioni islamiche. Fra i vari influssi culturali appena citati, quello di matrice bizantino - monastica sarà probabilmente il più diffuso nel periodo tardo medioevale, essendo facile da adattare a ogni situazione altimetrica. Esempi di questo impianto si trovano sia nell‟Italia del Sud, come a Taranto, ma anche nell‟area centro-settentrionale e in particolare nell‟area piemontese e in quella veneto-adriatica.

Nel periodo ottoniano, nella regione tedesca, acquista importanza il luogo del mercato e la città di Magdeburgo diventa il simbolo della libertà di commercio. I primi mercati erano collocati in pianura, in un punto favorevole ai traffici, spesso ai piedi di un‟altura fortificata e implicavano la formazione di una piazza quadrangolare posta all‟incrocio di arterie principali. Anche in Italia, intorno alla metà dell‟XI secolo, l‟autonomia cittadina inizia a condizionare le scelte urbanistiche; infatti, all‟interno dello stato-città di giurisdizione vescovile, si forma un‟area mercantile e laica dove, nel Duecento, nasceranno vere e proprie piazze mercantili. Queste assumeranno nella città un ruolo sempre più centrale; verranno, infatti, ospitate ai piedi della cattedrale oppure, come avviene a Parma, sarà realizzato uno stretto passaggio che collega la piazza mercantile a quella del duomo. Costituiscono casi emblematici i centri marinari di Genova, Pisa e Venezia, che nel XII secolo diventano noti centri commerciali, determinando la formazione di due organizzazioni: la «funda»43 e la «cathena»44. La prima rappresenta il vero e proprio luogo per lo scambio dei prodotti, funzione che ritroviamo anche nelle città dell‟entroterra; la cathena, invece, è l‟area vicina al porto, dove avvengono le operazioni di carico e scarico delle merci e le relative imposizioni daziarie: prende il nome dalle catene di ferro che chiudono l‟accesso ai bacini portuali in situazioni di attacco nemico. Intanto, in Francia e nelle Fiandre si diffondono persino delle associazioni di mercanti o gilde per il controllo dei luoghi e delle vie di comunicazione.

Tra XI e XII secolo, nei comuni italiani viene del tutto soppiantata l‟autorità vescovile; sono coinvolte anche le antiche famiglie feudali, responsabili delle scelte riguardanti le nuove modalità costruttive e le nuove tipologie edilizie. Si diffonde la tecnica delle costruzioni in muratura in sostituzione dei materiali vegetali e le famiglie nobiliari iniziano a costruirsi proprie residenze fortificate, spesso caratterizzate da piccole torri. Accanto alle residenze dei benestanti nascono le prime case a schiera: il piano terra era utilizzato come bottega

39Ibid., p. 238.

Maggiori dettagli in: R. Davidsohn, Storia di Firenze. Le origini, Edizioni di storia e letteratura, Roma, 2009.

40 E. Guidoni, op. cit., p. 102. 41 Ibid., p. 102.

42 Ibid., p. 102. 43Ibid., p. 303. 44Ibid., p. 303.

Figura

Fig. 7 L’edificio principale del Centro Operativo Emergenza e Formazione del Centro della Protezione  Civile di Foligno (PG), (in Martelli, Forni, 2009)
Fig. 9 Vista del Ponte Santa Trinita, Firenze
Fig. 1.3 Incrocio fra Corso Ercole I d’Este e Corso Biagio Rossetti con vista di Palazzo dei Diamanti, Ferrara
Fig. 1.5 Viste da Via dei Servi, Firenze: (a) Piazza e Chiesa della Santissima Annunziata,                                 (b) Cupola di Santa Maria del Fiore
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