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2.1 La nascita dei villaggi e dei quartieri operai

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Academic year: 2021

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C A P I T O L O 2 – V I L L A G G I E Q U A R T I E R I O P E R A I E U R O P E I

2.1 La nascita dei villaggi e dei quartieri operai

Nelle epoche dominate dalle scoperte scientifiche e dalle innovazioni tecnologiche, è più facile riscontrare la nascita di utopie e ideologie urbane, perché le speranze di progresso economico e sociale e le insofferenze contro gli inevitabili effetti negativi che i cambiamenti in atto comportano per l’uomo e per l’ambiente legittimano la ricerca di nuove soluzioni insediative.

Se con i termini utopie urbane e ideologie urbane si intendono, rispettivamente, modelli spaziali e assetti sociali alternativi a quelli esistenti e teorie che introducono miglioramenti prettamente formali e non turbano gli equilibri strutturali dell’ordine urbano, si nota come nella prima fase della rivoluzione industriale, le utopie e le ideologie urbane che si diffondono sono legate alle difficili condizioni di vita che si sono manifestate nelle città con lo sviluppo di fabbriche, in modo particolare nei quartieri dove vivono gli operai, afflitti da problemi di sovraffollamento, sicurezza, igiene, salute e povertà. Le soluzioni abitative che quindi si cercano in questo periodo sono volte sia a un miglioramento economico e sociale, sia al contenimento degli effetti negativi sull’uomo e sull’ambiente dovuti alle nuove industrie.

Accanto ad atteggiamenti di anti-urbanesimo e anti-macchinismo, personaggi come Fourier, Owen e Godin

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, cioè esponenti della cosiddetta

“preurbanistica progressista”

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, suggeriscono proposte “utopistiche” di organizzazione della città sul territorio, mentre imprenditori illuminati attuano operazioni ideologiche, che consistono nella realizzazione di aree residenziali per i loro dipendenti, formalmente per migliorarne le condizioni di vita, in realtà per controllarne i comportamenti e la produttività. Engels non crede che dietro la realizzazione dei villaggi industriali ci possano essere motivazioni umanitarie o

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Si veda il paragrafo 1.3.

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La definizione di “preurbanistica progressista” si deve a Françoise Choay, studiosa di urbanistica e critico d’arte dagli interessi filosofici e sociologici, ed è presente nel volume La città. Utopie e realtà , edito da Einaudi e pubblicato nel 2000. Riguardo al pensiero utopista, la Choay propone due modelli che identificano la città: da un lato c’è il modello progressista, proiettato verso il futuro e che privilegia i valori dell’igiene, dell’ambiente, della tecnica, dall’altro quello culturista, che sostiene i valori culturali tradizionali e quindi presenta un’organizzazione della città orientata verso il passato.

Del primo gruppo fanno parte, tra gli altri, Owen, Fourier e Godin, del secondo Howard. Garnier

appartiene invece al gruppo degli “urbanisti progressisti”.

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filantropiche e condanna fermamente queste iniziative portate avanti da imprenditori, perché ritiene che in realtà siano per loro una fonte di guadagno, in quanto l’alloggio è dato in affitto all’operaio o, al più, è a riscatto

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, ma in entrambi i casi si prevede una trattenuta fissa sullo stipendio del dipendente da parte del datore di lavoro. Engels non salva nemmeno le attrezzature collettive dei villaggi, perché sostiene, ad esempio, che le scuole servano per educare i bambini alla sottomissione e all’obbedienza.

Alla base degli interventi abitativi attuati dagli industriali c’è sempre un calcolo economico, spesso associato alle influenze esercitate dal filantropismo etico e religioso e dalle insistenti richieste di rinnovamento sociale diffuse dai movimenti progressisti. Generalmente queste iniziative cominciano con la costruzione di un primo nucleo di alloggi attorno alla fabbrica destinati agli operai, poi ampliato con altre case, con attrezzature e servizi, fino a costituire un polo territoriale organico in cui sono concentrate e integrate funzioni produttive e abitative. Per quanto riguarda l’ubicazione, questi centri si trovano in aree extra- urbane vicine a corsi d’acqua e sono servite da importanti arterie di comunicazione stradali e ferroviarie, oppure sono inseriti nel tessuto cittadino ma si distinguono da questo per la loro specifica fisionomia e individualità

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. Gli alloggi possono essere grandi edifici “a caserma” (caserne) o case separate (cottage

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), monofamiliari o plurifamiliari, e possono essere concessi in affitto, a riscatto o in vendita.

Nella maggioranza dei casi, i villaggi si trovano in campagna perché l’industriale ne trae diversi vantaggi: i terreni hanno prezzi contenuti, la manodopera costa meno ed è abbondante, non ci sono associazioni operaie che contestano il padrone e si ha la possibilità di superare la dicotomia città-campagna.

I nuovi insediamenti, infatti, costituiscono un tipo residenziale ben definito, risultato di precise strategie politiche ed economiche e di un’accorta opera di pianificazione, dirette a condizionare i comportamenti individuali e di gruppo, le relazioni tra gli abitanti, i loro modelli sociali, le idee e i valori collettivi per incoraggiare forme sempre più estese di collaborazione al processo produttivo tra i dipendenti. Le direttive urbanistiche sono imposte dal proprietario ai progettisti, perché devono rispondere alle esigenze connesse al sistema di fabbrica, centrale e prevalente rispetto a tutto il resto.

L’ambiente sociale è molto ancorato a modelli culturali di tipo tradizionale che riguardano il lavoro, la famiglia, la morale e la religione, imposti da un sistema normativo che protegge il carattere sacro e inviolabile della proprietà e gli equilibri di potere esistenti e vigono misure di controllo sul comportamento morale e politico dei locatari e delle loro famiglie attuato attraverso istituzioni educative, sanitarie, culturali e ricreative.

Alla guida del villaggio industriale c’è l’imprenditore, dotato di cospicue risorse finanziare e di uno straordinario carisma, che gli permettono di condizionare modi e forme di gestione del villaggio. Egli detiene un assoluto potere

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Engels è il primo a fare una critica al sistema abitativo; prima di lui, il movimento operaio era prevalentemente interessato alle questioni delle condizioni di lavoro.

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Nel primo caso, siamo di fronte ai cosiddetti villaggi operai, nel secondo, ai quartieri operai.

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Mariani, Abitazione e città, 166-180.

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economico e politico, prende le decisioni che riguardano l’azienda e l’insediamento e si assicura l’obbedienza degli abitanti-dipendenti facendo leva anche sul loro tornaconto individuale. Inoltre, egli riesce a esercitare una severa sorveglianza sull’organizzazione spaziale, sulla manutenzione degli alloggi e degli orti-giardino concessi agli operai e, sostenuto nelle sue funzioni da un apparato istituzionale che ha il compito di assicurare il rispetto dell’ordinamento esistente, ha poteri di compenso e sanzione connessi con l’attività lavorativa e l’alloggio. In questo contesto, i dipendenti si trovano in una situazione di subalternità e consenso obbligato nei confronti del datore di lavoro. Generalmente questi industriali hanno personalità complesse e contraddittorie, afflitte da un inguaribile paternalismo, convinte che occorra intervenire con nuove e appropriate soluzioni sociali per guidare sia gli operai, non in grado di difendere i propri interessi, sia la classe imprenditoriale, troppo legata ad un immediato profitto economico, sulla strada del miglioramento e del benessere. Detto questo, non va però sottovalutato l’impegno sociale di queste persone, testimoniato anche dalle rilevanti somme erogate per la costruzione dei villaggi e dalla frequente introduzione nelle fabbriche di provvedimenti assistenziali e migliorativi a favore dei lavoratori.

Con il passare dei decenni, il sistema di potere descritto perde la sua rigidità, a causa dell’acquisita consapevolezza da parte dei lavoratori dei propri diritti e delle proprie libertà, grazie all’azione svolta dai movimenti sindacali e, quindi, gli operai rifiutano il paternalismo industriale perché negazione dei propri diritti. Inoltre, lo Stato inizia a emanare provvedimenti che riguardano l’edilizia sociale

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, sostituendosi quindi all’imprenditore-benefattore nella costruzione degli alloggi.

Poiché non ci sono indagini esaustive e le interviste pervenute sono spesso viziate dalla parzialità e dai pregiudizi ideologici dell’autore, non sappiamo se le misure adottate dai promotori abbiano avuto conseguenze specifiche sulla vita degli abitanti, se abbiano effettivamente elevato i livelli di rendimento dei lavoratori, se abbiano sviluppato il potenziale della collettività in ordine ad un sistema unitario di valori e di fini, accettato e condiviso, se abbiano determinato orientamenti e prospettive comuni, consolidando i legami d’identità con l’area di abitazione e il senso di appartenenza ad essa.

La letteratura sui villaggi dell’Ottocento è divisa tra critiche impietose di chi ritiene che questi siano stati luoghi di sfruttamento e di ricatto in mano ad imprenditori spregiudicati e apologie che esaltano la vita al suo interno, la

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Ad esempio, in Italia, nel 1903 l’Onorevole Luigi Luzzati si fa promotore di una legge organica sulle case popolari, la n.254; successivamente, nel 1908, si approva il Testo Unico con Regio Decreto 27 Febbraio 1908, che delega la costruzione di alloggi popolari a società di costruzioni, Comuni, Enti Autonomi. Alla legge Luzzati seguono la legge dell’8 luglio 1904 n. 329 per la città di Roma, la legge 14 luglio 1904 n. 553 per la costruzione di case economiche per i ferrovieri con il relativo Regolamento 10 maggio 1908 n. 233 ed infine le due leggi 14 luglio 1907 n. 555 e 2 gennaio 1908 n.

5: quasi tutte queste leggi vengono riunite nel primo Testo Unico del 1908, R.D. del 27 febbraio n.

89, che delega la costruzione di alloggi popolari a società di costruzioni, Comuni, Enti Autonomi e

all’art. 8 estende l’esenzione dalla imposta erariale e dalle sovrimposte provinciali e comunali per

le case popolari a 10 anni, comprendendo, all’art. 15 (ripreso dalla legge Luzzati) le case popolari

costruite da industriali, da proprietari o conduttori di terre e vendute in ammortamento semplice o

assicurativo ovvero date in affitto ai propri dipendenti, impiegati, operai, coltivatori.

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funzionalità degli alloggi e delle attrezzature, l’assenza di conflittualità sociale tra gli abitanti e quindi la condizione di equilibrio, armonia e cooperazione tra classi.

Nei primi anni del XX secolo, l’esperienza dei villaggi fondati da imprenditori illuminati si può dire conclusa. L’industria tende a inserirsi nelle periferie delle grandi città e lo Stato inizia a promulgare leggi che hanno l’obiettivo di fornire case alle classi meno abbienti. I villaggi sorti nel XIX secolo sopravvivono come centri unitari con alterne vicende e con storie diverse, basate sulla durata del ciclo economico che li aveva fatti nascere.

2.2 Gran Bretagna

Le utopie e le ideologie urbane che si diffondono con la rivoluzione industriale trovano un terreno particolarmente fertile in Gran Bretagna, dove i villaggi industriali costituiscono un fenomeno di sicuro rilievo

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. Qui, infatti, si formulano proposte di grande suggestione, come i villaggi di Robert Owen, che ispireranno una serie di successive iniziative basate su nuove forme di organizzazione spaziale e sociale, dirette a promuovere un radicale rinnovamento della società.

Purtroppo gli insediamenti realizzati non riescono a risolvere la penuria di alloggi per gli operai e a fornire un apporto apprezzabile alle drammatiche condizioni della città industriale, ma rappresentano tentativi apprezzabili di creare, attraverso nuove strategie aziendali e territoriali, esperimenti insediativi alternativi.

Tra gli esempi più rilevanti, ci sono New Lanark, Saltaire, Port Sunlight e Bourneville, che costituiscono un punto di riferimento per altre analoghe iniziative realizzate su suolo britannico e all’estero.

Questi villaggi sono stati costruiti da imprenditori filantropi, legati al potere politico locale e nazionale, che volevano sì migliorare le condizioni sociali dei lavoratori seguendo precise ideologie, ma, allo stesso tempo, si prodigavano per ricavare un cospicuo profitto economico dalle loro iniziative.

Sia Salt, sia Lever, sia Cadbury, fondatori rispettivamente di Saltaire, Port Sunlight e Bourneville, sono, infatti, convinti che un ordinato assetto socio-spaziale dei luoghi in cui i lavoratori vivono possa influenzare positivamente il loro comportamento e il loro rendimento in fabbrica e per questo attribuiscono grande importanza alla pianificazione dei loro villaggi, quindi alla localizzazione delle attività, delle residenze, delle strutture collettive e delle vie di comunicazione.

Salt, in modo particolare, organizza il suo insediamento secondo criteri di razionalità ed efficienza: egli dispone che le aree residenziali siano separate da quelle industriali e ricreative, seguendo una pratica che oggi definiremmo di zonizzazione. Unico neo di questo pregevole esempio di villaggio industriale è la densità abitativa elevata e la realizzazione di alloggi che, nella partica, sono risultati sovraffollati.

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Tra i primi villaggi operai inglesi si ricordano quello presso Hanley del 1769, fondato da Wedgwood

presso la sua manifattura di ceramiche, quello presso Cromford del 1771, costruito da Richard

Arkwright e quello presso Millford negli anni ‘80 del ‘700 promosso dalla famiglia Strutt.

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Port Sunlight e Bournville si differenziano da Saltaire perché presentano un assetto spaziale in cui abitazioni di varia tipologia e pregevoli edifici pubblici si mescolano ad ampie aree verdi, creando interessanti paesaggi urbani. Questa scelta è frutto della volontà di abolire la dicotomia città-campagna attraverso una nuova organizzazione territoriale, pur non avendo Lever e Cadbury la stessa visione della città industriale. Il primo, infatti, disprezza sì la città industriale ma non la città in senso generale e quindi concepisce il suo villaggio come un insediamento urbano inserito nella campagna; Cadbury, invece, ha una visione più negativa della città e quindi realizza Bournville ideandolo come un insediamento con un forte carattere rurale. Proprio per la fusione armonica tra costruito e aree verdi, i due esempi citati costituiscono un precedente rilevante alla città-giardino di Howard.

È doveroso un cenno anche ai villaggi industriali di Copley (1849) e Akroydon (1859), realizzati da Edmund Akroyd, imprenditore tessile che ritiene che un ordinato assetto abitativo eserciti un’influenza positiva sulla salute fisica e sul comportamento degli abitanti e rafforzi i rapporti familiari e l’interazione sociale. I due insediamenti sono dotati di abitazioni e strutture collettive, come parchi, scuole e chiese. I primi cottages realizzati hanno un soggiorno di 18 m

2

, un retrocucina, due camere, una da 15 m

2

e una da 6 m

2

, e un cortiletto sul retro; più tardi, invece, si costruiscono abitazioni più grandi, dotate di salotto e con una camera da letto in più. Nei confronti degli abitanti-operai, Akroyd esercita un potere assoluto, rivelando un’ideologia più padronale che paternalistica.

Questi modelli di villaggio industriale, come già detto, saranno abbandonati nei primi decenni del Novecento, con l’evoluzione dei processi industriali, il mutamento del quadro politico e sociale e lo sviluppo della legislazione urbanistica e edilizia.

2.2.1 New Lanark

New Lanark è stata fondata nel 1785

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da David Dale

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e Richard Arkwright

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sulle sponde del fiume Clyde, in Scozia, per poterne sfruttare la forza motrice e alimentare i macchinari della fabbrica di cotone costruita in prossimità del corso d’acqua. L’alleanza tra i fondatori viene meno circa un anno dopo la costruzione della cittadina, che conta, in quel momento, 4 fabbriche e alloggi per circa 200 famiglie.

Nel 1796, New Lanark ha 1.519 abitanti e circa 1.000 di loro lavorano come operai nelle fabbriche di cotone per 13 ore al giorno; la maggior parte sono bambini e bambine provenienti dagli orfanotrofi di Glasgow ed Edimburgo, assunti senza salario e compensati con vitto, alloggio e vestiario. La situazione dei lavoratori è quindi difficile e i dipendenti sono sottoposti a pesanti sfruttamenti ma Dale garantisce loro abitazioni, attrezzature, una scuola e un locale destinato alle

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La collaborazione tra i fondatori inizia nel 1783.

9

David Dale (1739-1806), scozzese, è stato un imprenditore, filantropo, educatore e religioso.

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Richard Arkwright (1732-1792), inglese, è stato un inventore e un imprenditore. Negli anni 60 del

Settecento inventò il filatoio, che consentiva di lavorare con 128 fili contemporaneamente e nel

decennio successivo apporto delle modifiche significative alla carda, consentendo la conversione di

batuffoli di cotone grezzo in un continuo di fibre di cotone, che avrebbero poi potuto essere filate.

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cerimonie religiose, confermando così la sua figura di imprenditore attento al profitto della sua azienda e alle condizioni sociali dei suoi dipendenti.

Nel 1799 Robert Owen

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sposa Caroline, figlia di Dale, e pochi anni più tardi, insieme ad altri imprenditori, acquista dal suocero New Lanark. Quando Owen entra in possesso del villaggio, l’insediamento è costituito da 4 corpi di fabbrica, alcuni negozi e alcune case. Gli operai sono circa 2.000 e di questi circa 500 sono bambini. Sin da subito introduce nuovi metodi di lavoro, che incontrano un’iniziale ostilità da parte dei lavoratori: si rinnovano i macchinari, le ore di lavoro sono ridotte a 10 e mezzo, si vieta l’assunzione di bambini al di sotto dei 10 anni di età, si costituisce un fondo per la malattia attraverso prelievi sul salario, che, però, nello stesso tempo viene aumentato, e si promuove il risparmio. Accanto a questi provvedimenti a favore dei lavoratori, Owen esercita un controllo totale sul loro comportamento morale, arrivando a misurarne il rendimento in fabbrica con uno strumento da lui inventato e adottando severe disposizioni contro la disonestà e l’ubriachezza. Sotto la sua guida, New Lanark cresce e passa da 1.793 abitanti nel 1806, ai 2.206 del 1811 (1.562 lavoratori in fabbrica), ai 2.500 del 1818 (1.486 dipendenti) e dal punto di vista finanziario ottiene un successo consistente. Tutto questo conferma la tesi di Owen secondo cui le iniziative e le riforme sociali che favoriscono gli operai, avvantaggiano anche gli imprenditori, aumentandone guadagni e benefici personali.

Figura 2.2.1. New Lanark in un disegno del 1818

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Robert Owen (1771-1858), di umili origini, inizia a lavorare a 9 anni e nel corso del tempo riesce a

fare una carriera che lo porta ad essere imprenditore e precursore del Socialismo inglese, del

movimento cooperativo e di quello sindacale. Per ulteriori dettagli si veda il paragrafo 1.3.1.

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Durante la sua reggenza, Owen potenzia il villaggio, costituito da casamenti in pietra arenaria, disposti a schiera dietro il fronte lineare della fabbrica, e da attrezzature collettive, inserendo case operaie su più piani con cucine in comune, così da favorire il superamento della famiglia “individuale”, considerata il principale baluardo della proprietà privata, perché chiusa in se stessa, nei suoi affetti, nei suoi interessi, soggiogata al capofamiglia e quindi forte elemento di divisione.

Owen punta a un assetto comunitario, lontano dagli egoismi familiari e individuali e per questo predispone un sistema abitativo e un apparato scolastico che lo aiutino a raggiungere questo obiettivo. Egli crede molto nella scuola come istituzione per realizzare un razionale equilibrio sociale e quindi costruisce una scuola materna, una scuola elementare e una scuola per adulti; adotta metodi pedagogici all’avanguardia che richiamano quelli di Fröbel e di Pestolazzi, fondato sull’insegnamento di materie basilari, sulla discussione, sul gioco, sulla danza, sulla musica e sugli esercizi militari. Gli insegnanti dialogano con gli allievi per facilitare l’approfondimento di specifiche conoscenze, senza usare premi né punizioni. Owen, inoltre, predispone spazi per educare i giovani alla professione e fonda l’Istituto per la Formazione del Carattere, con scopi educativi, ricreativi, culturali e religiosi, che diventa il centro di animazione dell’intero villaggio.

Nel 1813, poi, apre un magazzino per la vendita di merci ai dipendenti, che possono effettuare acquisti con appositi buoni, addebitati direttamente sul salario.

Questo genere di iniziativa è molto criticato da chi ritiene che consenta agli imprenditori di recuperare un parte del salario erogato ai dipendenti, mentre è ben visto da chi ritiene che questo sistema sia un precursore del sistema cooperativo, perché i guadagli realizzati dalla vendita delle merci vengono reinvestiti nel villaggio.

Figura 2.2.2. La casa di Robert Owen

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Il cotonificio, che, a cavallo del 1900, con gli edifici annessi, costituisce uno dei più grandi impianti al mondo, rimane operativo fino al 1968. Dopo un periodo di declino, nel 1974 viene fondato il New Lanark Conservation Trust per impedire la distruzione del villaggio e nel 2001 viene dichiarato Patrimonio dell’Umanità UNESCO. Oggi, la maggior parte degli edifici è stata restaurata e il villaggio è divenuto un’importante attrazione turistica

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.

.

Figura 2.2.3. Vista aerea attuale di New Lanark

12

A questo proposito si veda il sito internet: http://www.newlanark.org/, dove sono proposti

soggiorni, itinerari e iniziative di vario genere per turisti.

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2.2.2 Saltaire

Saltaire

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è stata fondata da Titus Salt

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nel 1851 sul fiume Aire, vicino a Bradford, nel West Yorkshire.

Salt è stato un personaggio molto complesso e per certi versi contraddittorio:

da una parte imprenditore, dall’altra filantropo, conservatore e progressista al tempo stesso, è una figura emblematica del suo tempo. Figlio del titolare di un’importante manifattura tessile, ne assume la direzione nel 1834 e al suo comando, l’impresa di famiglia ottiene un notevole sviluppo, grazie anche all’introduzione della lana di alpaca sul mercato britannico e internazionale.

Contemporaneamente all’attività imprenditoriale, Salt inizia a impegnarsi politicamente e riveste la carica di sindaco di Bradford dal 1848 al 1849, quella di membro liberale del Parlamento dal 1859 al 1861 e, infine, nel 1869 è nominato Baronetto. La sua attività politica, per il carattere schivo, rimane comunque sempre nell’ombra rispetto al suo impegno imprenditoriale. Egli è, infatti, tra i primi a intuire che per conquistare il consenso e la collaborazione dei dipendenti è opportuno introdurre provvedimenti di riforma all’interno dell’azienda ed è fondamentale la creazione di un “villaggio modello” da destinare agli operai, per migliorare le loro condizioni di vita e di lavoro.

La decisione di Salt di fondare un villaggio operaio nasce dalla constatazione che la situazione a Bradford, con la rapida industrializzazione verificatasi negli anni Quaranta, è ormai insostenibile: ci sono slums sovraffollate, case operaie fatiscenti, strade sporche, le epidemie di vaiolo e tubercolosi dilagano, come evidenzia il rapporto redatto nel 1845 dalla “Health of Town Commision”

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, che sottolinea anche il precario stato di salute degli operai, che spesso abusano di alcool e sostanze stupefacenti. Consapevole, quindi, che una città come Bradford non può garantire un corretto sviluppo alla sua azienda, perché oltre ai problemi elencati è carente di approvvigionamento idrico e di collegamenti, Salt decide di spostare la sua fabbrica e di affiancarla con residenze destinate ai suoi dipendenti.

Dopo aver acquistato un terreno a basso costo nei pressi di Bradford, vicino al fiume Aire, al canale Leeds and Liverpool, alla ferrovia e a importanti vie di comunicazione, così da garantirsi elementi fondamentali e indispensabili per avviare un’iniziativa di successo, Salt, coadiuvato dagli architetti Henry Lockwood, William e Richard Mawson, stabilisce che la realizzazione del villaggio avvenga in 3 fasi: la prima prevede la costruzione della fabbrica (1851-1853), la seconda quella del villaggio (1853-1863), la terza quella delle attrezzature collettive (1863-1871). La pianificazione del villaggio è, formalmente, opera dei due professionisti, ma segue in maniera precisa le indicazioni urbanistiche e architettoniche di Salt, che considera il villaggio come un piccolo regno: il nome delle vie principali, infatti, si rifà ai nomi dei reali britannici e ai componenti della sua famiglia.

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Il nome è un acronimo tra Salt, nome del fondatore del villaggio, e Aire, nome del fiume in prossimità dell’insediamento.

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Titus Salt (1803-1876), inglese, è stato imprenditore, politico e filantropo.

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La “Health of Town Commision” è stata costituita nel 1843 per volontà di Sir Edwin Chadwick e ha

prodotto una serie di relazioni su condizioni precarie e malsane in città britanniche.

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L’area d’intervento, inizialmente di 2 ettari, si estende ben presto fino a 20: 4 sono occupati dalla fabbrica, 10 sono riservati ai cottages e il rimanente è destinato a parco. La fabbrica presenta un edificio centrale di 6 piani, è ben aerata e ventilata, è dotata di strutture antincendio e antifumo ed è in grado di ospitare fino a 3.000 operai. Salt, oltre a fornire un ambiente di lavoro soddisfacente ai suoi dipendenti, garantisce loro la continuità di impiego, un’assicurazione contro le malattie e un servizio mensa.

Figura 2.2.4. Saltaire in un’immagine del 1877

Figura 2.2.5. La fabbrica e sullo sfondo la ciminiera a pianta quadrata

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Figura 2.2.6. I cottages

Figura 2.2.7. Pianta di Saltaire

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Dal punto di vista urbanistico e architettonico, Saltaire funziona molto bene ed è caratterizzata da una certa originalità; gran parte delle abitazioni si ispirano allo stile rinascimentale italiano, a volte anche con qualche caduta di gusto, come nel caso di una ciminiera, riproduzione del campanile della chiesa di Santa Maria Gloriosa a Venezia. Il villaggio è ubicato a sud del parco, del fiume, del canale e della ferrovia ed è organizzato su una pianta rettangolare che definisce un sistema viario a griglia, caratterizzato da 3 arterie ovest-est (Albert Terrace, Caroline Street, Titus Street) e da 3 arterie nord-sud (Albert Road, George Street, Victoria Road).

Complessivamente, il piano del villaggio fissa una densità abitativa pari a 99 case per ettaro e adotta uno schema semplice di zonizzazione che prevede la separazione tra residenze, attività lavorative, religiose e ricreative.

Popolazione e abitazioni aumentano rapidamente: nel 1861 ci sono 2.510 abitanti e 447 case; dieci anni più tardi, nel 1871, gli abitanti sono 4.389, le case 755, gli alloggi per gli ex dipendenti e le loro famiglie sono 45 e ci sono 40 negozi.

Le case, disposte in file parallele lunghe da 61 a 91 metri, sono servite da sistemi di fognatura e da un rete di acqua e gas; si sviluppano generalmente su 2 piani e hanno un salotto, una cucina, una dispensa, due, tre o quattro camere da letto, un piccolo cortile, un WC esterno e un deposito per il carbone. Le abitazioni più piccole, destinate agli operai, sono 550, poi ce ne sono 114 con 4 camere, destinate ai funzionari, e 21 residenze per i dirigenti. Questa differenziazione tra le residenze dei dipendenti che svolgono mansioni diverse all’interno della fabbrica, contrasta con l’obiettivo ideologico di assicurare un’equilibrata integrazione tra capitale e lavoro.

Nel 1876 si inaugura il parco pubblico Roberts Park, di circa 6 ettari, che si trova a nord dell’area residenziale, al di là del fiume Aire e che costituisce il polmone verde della cittadina. Confrontando, però, Saltaire con altri insediamenti coevi, si nota la mancanza un grande spazio centrale d’incontro, di socializzazione e discussione per gli abitanti, il cosiddetto village green.

L’ambizione di Salt è realizzare un insediamento in cui la popolazione sia socialmente integrata e questo avviene non solo attraverso la comunanza di interessi e attività ma anche grazie alla presenza di strutture scolastiche, sociali e culturali, che nel tempo vengono implementate. Salt predispone, infatti, la costruzione di una serie di attrezzature collettive (mensa, chiese, scuole, bagni pubblici e lavatoi, infermeria, campi sportivi, negozi di fabbrica, parco) che gli consentono di perseguire il suo fine e allo stesso tempo guadagnare il consenso della popolazione. Con lo stesso scopo, fonda un Istituto dotato di biblioteca, sala lettura, laboratorio scientifico, palestra, stanza da biliardo e sala per concerti con finalità educative e sociali, perché è convinto che questo luogo di ritrovo possa essere una valida alternativa ai pub, considerati luoghi pericolosi ed eversivi per la comunità.

Malgrado l’impegno di Salt, si verificano comunque alcuni episodi di malcontento da parte della popolazione di Saltaire, che sfociano in due scioperi, molto contenuti, uno nel 1868 e l’altro nel 1871.

Con la morte di Salt nel 1876, le misure da lui imposte sia in campo

aziendale sia in campo urbanistico vengono abbandonate e l’organizzazione della

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cittadina entra in crisi: gli eredi non sono più in grado di imporre le loro direttive, il villaggio inizia a perdere le sue caratteristiche originarie e la popolazione comincia a rifiutare ogni forma di paternalismo.

Nel 1893 fabbrica e villaggio sono venduti a un consorzio di uomini d’affari di Bradford e all’inizio del 1900 Saltaire cessa di essere un insediamento autonomo.

Negli anni successivi la proprietà cambia più volte, fin quando nel 1933 passa al Bradford Prosperity Trust, che imprime un nuovo sviluppo internazionale all’azienda e modernizza le abitazioni. Quando il Trust smette di operare, le abitazioni sono vendute sul mercato privato, mentre le opere pubbliche sono acquistate da varie istituzioni.

Oggi, il villaggio, mutato completamente nella sua struttura sociale, mantiene la sua configurazione fisica originale ma è inglobato nell’agglomerato urbano di Bradford e nel 2001 è stato inserito tra i patrimoni dell’Umanità UNESCO ed è una tappa chiave dell’European Route of Industrial Heritage.

2.2.3 Port Sunlight

È il 1887 quando William Hesketh Lever

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decide di spostare la sua fabbrica di saponi da Warrington, perché ritiene che la cittadina non sia in grado di sopportare i ritmi di espansione da lui previsti per la sua azienda.

Figlio di un commerciante all’ingrosso di generi alimentari, Lever entra nella ditta paterna a 16 anni e in poco tempo ne diventa socio. Nel 1884 si specializza nel commercio di sapone e l’anno successivo fonda, insieme al fratello James Darcy, la ditta Lever Brothers. L’impresa, con la produzione del sapone Sunlight, riceve subito un notevole successo commerciale e Lever decide di ingrandire la sua azienda.

Coadiuvato dall’architetto William Owen (1846-1910), Lever si mette alla ricerca di un’area adatta alla sua impresa e lo trova a sud di Birkenhead, vicino a Liverpool, tra la line ferroviaria Birkenhead-Londra e un tortuoso tratto del fiume Mersey. Il terreno trovato piace molto a Lever, perché gli consente un’espansione organizzata in tempi successivi e gli garantisce collegamenti adeguati per la sua attività; l’unico neo in tutto questo è costituito dal fatto che l’area è acquitrinosa ma Lever decide di acquistarlo ugualmente, ad un prezzo peraltro molto vantaggioso, perché sicuro di poterlo opportunamente risanare.

Nel 1888 iniziano i lavori per l’edificazione del villaggio, ribattezzato Port Sunlight in onore al prodotto di maggior successo, cioè il sapone Sunlight. Nel 1889 sono già completate 28 case e alle fine del secolo se ne contano più di 400.

Come Salt, anche Lever non ignora l’importanza della connessione tra potere economico e politico e per questo si impegna politicamente, ricoprendo la carica di deputato al Parlamento tra il 1906 e il 1909; nel 1911 è nominato baronetto e nel 1917, barone.

Lever è molto attratto dalla pianificazione urbana e non esita a elargire finanziamenti per la Town Planning Review e per sovvenzionare la cattedra di Disegni Civico all’Università di Liverpool. Circa l’assetto del villaggio, impone

16

William Hesketh Lever (1851-1925), inglese, è stato imprenditore, filantropo e politico.

(14)

precise direttive per quanto riguarda la struttura delle abitazioni e delle attrezzature, la difesa dell’ambiente e la valorizzazione del paesaggio, al punto che il figlio lo definisce un architetto mancato, anche se le sue idee di villaggio non sono del tutto nuove e si rifanno ad esempi di altri insediamenti realizzati i Gran Bretagna.

Come anche nei casi visti in precedenza, i programmi e le strategie di imprenditore e riformatore sociale sono subordinati al controllo della popolazione insediata nel villaggio: l’impegno sociale è secondario rispetto all’attività imprenditoriale, quindi alle strategie aziendali e ai risultati economici.

Nella programmazione dell’attuazione dell’insediamento, Lever decide di costruire per prima la fabbrica, collocandola nella parte sul sud dell’area. Le residenze sono realizzate subito dopo, a rimarcare che tutto ruota intorno all’apparato produttivo. Lever, però, non sottovaluta l’importanza del “fattore umano”, che considera elemento centrale di ogni attività di piano e quindi si impegna a garantire ai suoi lavoratori un certo benessere e una migliore qualità di vita. Questo suo atteggiamento è confermato dalle misure di igiene e sicurezza di cui dota la fabbrica, dall’ampiezza degli spazi verdi, dall’accuratezza delle abitazioni, dalla funzionalità delle attrezzature collettive e dal numero di edifici pubblici, in parte finanziati personalmente da Lever, come ad esempio la chiesa, l’istituto tecnico e la galleria.

Figura 2.2.8. Pianta di Port Sunlight del 1914

L’impianto iniziale si sviluppa su 23 ettari, di cui 10 destinati alla fabbrica e

13 al villaggio; successivamente l’area si amplia fino a raggiungere 89 ettari, 53 dei

quali occupati dal villaggio, costituito per metà da abitazioni e per la restante metà

da edifici pubblici, strade, orti, attività ricreative, sportive e sociali. Tra i primi lavori

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effettuati, c’è il prosciugamento di un canale, da cui si ricava una delle parti più belle del villaggio, denominata The Dell, destinata a parco.

Figura 2.2.9. Il ponte nel parco Dell

Nel 1899, l’insediamento è segnato a ovest dalla ferrovia, a est e a nord da due importanti strade e a sud dagli edifici della fabbrica: si viene così a delineare un quadrilatero, i cui angoli sono occupati dai blocchi di case e al cui centro si trova la scuola, per sottolineare l’importanza che Lever attribuisce all’istruzione.

Anche il verde ha un ruolo molto importante per Lever, che guarda con orrore agli squallidi e degradati slums della città. Il contatto con la natura, sempre secondo Lever, induce le persone a fare esercizio fisico e a coltivare la terra per produrre e ricavare cibo; la presenza di parchi, campi sportivi e strutture all’aperto consente l’integrazione e la conoscenza tra le persone del villaggio, evitando l’assidua frequentazione dei pub, considerati luoghi di perdizione.

Lever stabilisce che la densità abitativa non debba superare le 25-30 case per ettaro

17

, che le abitazioni siano distanti almeno 4,5m dalla strada e circondate dal verde.

Col piano del 1905 si inseriscono nuove strade, campi sportivi, aree verdi, edifici pubblici e blocchi di case, provviste di orto e giardino, dislocate lungo le strade perimetrali; negli anni successivi si prosegue con la costruzione di cottages (nel 1909 sono 720) e di opere di urbanizzazione, creando così un luogo di vita gradevole, non congestionato, immerso nel verde, in cui le persone vivono in armonia, hanno un comportamento moralmente irreprensibile e uno stile di vita

17

La cifra è molto bassa se si considera che il Building Act consente 111 cottages per ettaro e che Salt

aveva previsto per il suo villaggio 99 case per ettaro.

(16)

sano, che porta la cittadina ad avere, rispetto alla media nazionale, un tasso di mortalità infantile inferiore ed uno di natalità superiore.

L’insediamento è autonomo e autosufficiente e sono sporadiche le contestazioni nei confronti del suo conduttore.

La popolazione aumenta da 2.007 abitanti nel 1900 a 3.600 nel 1907 e Lever, nel 1910, decide di affidare la redazione di un nuovo piano regolatore a Ernest Prestwich, che prevede l’inserimento di nuove abitazioni intorno a giardini di forma irregolare. Nel 1904, l’attenzione si sposta sulle aree destinate a verde, sulle attrezzature sportive e ricreative.

Figure 2.2.10, 2.2.11, 2.2.12, 2.2.13, 2.2.14. Da sinistra in alto, in senso orario: primi cottages realizzati da Owen; fila di cottages realizzati da James Lomax- Simpson (1882-1977); bifamiliare in Brook

Street realizzata da Grayson e Ould (1906), case lungo Lower Road, di Grayson e Ould (1901)

(17)

I cottages, che soddisfano le esigenze abitative di una famiglia, prevedono la separazione tra gli ambienti destinati agli uomini e quelli destinati alle donne;

sono disposti in blocchi che contengono generalmente da 3 a 10 alloggi (minimo 2 massimo 8), hanno pianta irregolare e sono circondati da vegetazione. Dal punto di vista stilistico, presentano una pluralità di riferimenti, perché Lever, come Ruskin

18

, è convinto assertore della varietà in architettura e quindi, coerentemente con questo orientamento, dispone che nemmeno 2 blocchi di cottages siano identici, ma anzi impone stili, materiali da costruzione, disegni, colori e rifiniture differenti.

Questa disposizione è facilmente realizzabile, perché sono molti gli architetti impegnati nella progettazione del villaggio, in quanto ogni blocco è assegnato a un progettista diverso. La varietà ha però un costo molto elevato e Lever, a un certo punto, deve dare un freno alla sua iniziativa.

Nonostante le diversità, i cottages sono formalmente riconducibili a 2 tipi: i Parlour, che hanno 4 camere al primo piano e una cucina-soggiorno, un acquaio un bagno al piano terra, un wc esterno e uno stanzino per il carbone, e i Kitchen, che presentano 3 stanze al primo piano, una cucina-soggiorno, una dispensa e un piccolo bagno al piano terra. In entrami i casi, le stanze hanno dimensioni 4,2 m per 3,6 m, sono sufficientemente illuminate e areate, dotate di acqua e gas, provvisti di giardinetto sul davanti e orto sul retro.

Le abitazioni più grandi, come già visto in altri precedenti casi, sono date in affitto agli impiegati e ai dirigenti dell’azienda, seguendo la gerarchia occupazionale della fabbrica.

Lever è convinto che l’arte eserciti sul comportamento delle persone un’influenza positiva e per questo motivo cerca di erigere edifici pubblici particolarmente pregevoli: la Chirst Church, l’istituto tecnico e la Lady Lever Art Gallery, inizialmente utilizzata come biblioteca, che raccoglie pitture, sculture, porcellane e oggetti appartenuti a Lever. Tra il 1910 e 1920 fa realizzare, oltre alla già citata galleria, anche altri monumenti, come la Lady Lever Memorial, in ricordo della moglie, e il War Memorial, che ha come tema la difesa della patria-casa. A questi si aggiunge, nel 1930, il Leverhulme Memorial, un obelisco di granito caratterizzato in basso da un gruppo di figure che rappresentano l’Industria, l’Arte, l’Educazione e la Carità.

Oltre a queste opere, realizzate prevalentemente nell’area sud-ovest del villaggio, sono molte le strutture collettive costruite: tra queste si ricordano una mensa, un pensionato per ragazze, una palestra, una piscina all’aperto, un auditorium per 3.000 persone (demolito nel 1937) e un ospedale con 12 posti letto (funzionante fino al 1948).

Con la morte di Lever, la sua politica edilizia continua a essere seguita e tra il 1933 e il 1934 vengono costruiti un giardino a terrazze e un arco monumentale, mentre nel 1938 viene completata la galleria d’arte e si demoliscono e ricostruiscono delle case nella zona nord-ovest.

18

John Ruskin (1819-1900), critico d’arte e scrittore britannico, è con William Morris (1834-1896)

uno dei fondatori del movimento Arts and Crafts.

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Figura 2.2.15. La scuola primaria

Figura 2.2.16. La chiesa

(19)

Figura 2.2.17. La Lady Lever Art Gallery

Oggi il villaggio si presenta molto simile a quello che era ai tempi di Lever, con circa 850 case e 70 appartamenti. Negli anni ’30 del ‘900, sono state ammodernate le cucine e dopo la seconda guerra mondiale sono stati inseriti bagni, potenziati gli impianti elettrici e costruiti garage nelle parti retrostanti, oltre ad aver provveduto alla ricostruzione degli alloggi danneggiati dalle bombe.

Il piano del villaggio, designato come “area di conservazione”, è tutelato e sottoposto a vincoli urbanistici e architettonici che ne preservano l’originaria struttura.

2.2.4 Bournville

La fondazione del villaggio industriale di Bournville si deve a due fratelli, George e Richard Cadbury. Dei due, il vero protagonista dell’operazione è George, mentre Richard ha un ruolo secondario, anche se molte delle idee legate all’edilizia per gli anziani sono sue.

Figli di un industriale del cioccolato e del cacao

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, nel 1861 ereditano l’impresa di famiglia, situata a Birmingham. La cittadina inglese è afflitta da un grave degrado che rende drammatiche le condizioni abitative delle persone meno abbienti, come testimoniato da Engels in un articolo del 1843.

George Cadbury conosce bene la squallida situazione degli slums di Birmingham e, ben presto, in lui cresce la convinzione che sia necessario progettare

19

Il marchio Cadbury esiste tutt’oggi ed è al secondo posto nella produzione di dolciumi dopo Mars;

nel 2010 è stato acquistato da Kraft Foods.

(20)

e realizzare nuove soluzioni residenziali per la popolazione che vive in queste aree fortemente compromesse. Si rende conto che è fondamentale fornire alle persone un luogo dove vivere al di fuori della città, in campagna, nel verde, cosicché si possa avere a disposizione un giardino e degli orti attraverso i quali ristabilire il giusto contatto con la natura. Cadbury è convinto che per eliminare o ridurre gli squilibri prodotti con la città industriale si debba sia risanare i vecchi tuguri, sia esaltare gli spazi rurali all’interno dell’ambiente urbano.

Quando si presenta la necessità di spostare la vecchia e inadeguata fabbrica che si trova a Birmingham, i fratelli Cadbury decidono di portare la loro attività in campagna, dove possono sviluppare ed espandere l’azienda con facilità. Nel 1879 acquistano un terreno di 6 ettari a sud-ovest di Birmingham, nell’area rurale di Bournbrook, ben servita da ferrovia e strade e vicina ad un corso d’acqua. Qui costruiscono prima gli edifici della fabbrica e poi 24 case per i dipendenti, per soddisfare il bisogno di alloggi degli operai. Le prime residenze realizzate sono quelle che si affacciano su Bournville Lane e arrivano fino al canale Worchester e Birmingham e sono costituite da blocchi di 2 case con giardino.

Con l’acquisto, nel 1894, di ulteriori 49 ettari di terreno e la costruzione di altre abitazioni, si rende necessaria una pianificazione urbanistica dell’area, per assicurare ai cittadini una convivenza equilibrata sul territorio e fornire loro gli adeguati servizi; così nel 1895 Cadbury chiama ad aiutarlo l’architetto W. Alexander Harvey

20

.

Bournville ha una forma quadrangolare e al suo centro si trova un triangolo di verde pubblico, il “The green”, da cui si snodano le strade principali che avvolgono isolati, spazi verdi e aree per la ricreazione; è delimitata a nord da due piccole strade, ad ovest e sud da grandi vie di scorrimento e ad est dalla ferrovia e dal canale. Le abitazioni hanno il fronte sulla strada e grandi giardini e sono disposte a blocchi di 2, 3 o 4 unità. I cottages hanno cucina e salotto al piano terra e 2 o 3 camere al primo piano; wc e deposito del carbone si trovano all’esterno.

Per rendere più accogliente il villaggio, Cadbury dispone che le residenze siano varie e informali, per meglio rispondere alle esigenze degli operai. La densità abitativa è di 17-19 case per ettaro, disposte in blocchi da 2 a 4 unità e distribuite in modo irregolare; gli edifici, che presentano altezze diverse, si differenziano per stile, decorazioni e dimensioni e sono dotate di stanze ben illuminate e aerate; sul davanti è presente un giardino, mentre sul retro c’è un orto.

Obiettivo principale di Cadbury è creare un luogo alternativo a quello della città industriale, dove stabilire forme equilibrate di vita collettiva ed eliminare gli effetti negativi dell’industrializzazione, come ad esempio la congestione, e in questo senso dispone che le fabbriche possano occupare al massimo un terzo dell’area su cui sono costruite e che un decimo della superficie totale del villaggio sia destinato a parchi, spazi ricreativi e aree libere.

A differenza di altri insediamenti realizzati negli stessi anni, come Port Sunlight o Saltaire, Cadbury vuole crearne uno che non dipenda esclusivamente dalla fabbrica e apre il villaggio anche a lavoratori che non sono impiegati nei suoi

20

W. Alexander Harvey (1874-1951) è un architetto inglese e quando viene chiamato da Cadbury per

la pianificazione di Bournville ha appena 20 anni.

(21)

stabilimenti. Questo non significa, però, che egli non abbia la stessa visione economica degli altri industriali paternalisti, per cui, seppur attento alla condizione operaia, non trascura certo il risultato finanziario delle sue iniziative: il miglioramento delle condizioni della classe operaia significa, infatti, un aumento della produttività e quindi un ritorno economico per l’imprenditore.

Figura 2.2.18. Pianta di Bourneville al 1898

(22)

Figure 2.2.19, 2.2.20, 2.2.21, 2.2.22. Immagini di alcune abitazioni a Bourneville

Figura 2.2.23. La chiesa di San Francesco, progettata da Harvey e costruita nel 1925

Data la sua larghezza di vedute, nel 1900 Candbury si fa promotore di

un’iniziativa di grande rilevanza sociale e cede la proprietà dei terreni e degli edifici

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a un ente autonomo, il Bournville Village Trust (B.V.T.)

21

, il cui scopo è migliorare le condizioni della classe lavoratrice in tutta la Gran Bretagna e quindi deve essere disponibile, secondo quanto disposto da Cadbury, a cedere terreni per l’edilizia sociale, sanitaria, scolastica, per le attività sportive, ricreative, igienico-sanitarie che migliorino la vita degli operai e delle loro famiglie.

Per realizzare le varie opere, il B.V.T. impiega sia le risorse messe a disposizione da Cadbury, sia i profitti, le rendite e gli affitti resi disponibili dal fondatore del villaggio.

Nel 1905 le attrezzature comuni sono potenziate con l’inserimento di scuole, sale per incontri e negozi e le nuove case, con un giardino di 500 m

2

, sono dislocate lungo viali alberati.

Nel 1909 si assiste a un’implementazione delle strutture sociali, con la costruzione di due blocchi di case per anziani e successivamente di alloggi opportunamente attrezzati atti ad ospitare persone portatrici di handicap.

Negli anni a seguire, Bournville si sviluppa ulteriormente seguendo le direttive che impongono la tutela del paesaggio e dell’ambiente e nel 1935 viene inserita una cintura di verde intorno al villaggio, per favorire un ulteriore contatto tra gli abitanti e la vita e il lavoro nei campi.

Nel 1971 alcune aree della città vengono sottoposte a vincolo per il loro pregio architettonico e ambientale: si tratta del cosiddetto Bournville Village, cioè della parte che comprende le prime abitazioni edificate da Cadbury, e del Bournville Tenants, costruito del 1906.

Oggi, si può dire che l’esperimento attuato da Cadbury prosegue con successo, poiché le abitazioni e le attrezzature collettive soddisfano le esigenze della popolazione. L’unica vera difficoltà riscontrata è quella dovuta all’eterogeneità sociale degli abitanti, tra i quali sorgono conflitti di interesse legati al fatto che gli abitanti che sono impiegati nell’industria locale sono ritenuti avvantaggiati da una serie di servizi offerti loro dal B.V.T.

2.3 Belgio

Nella prima metà del XIX secolo, l’industria belga ha avuto uno sviluppo industriale paragonabile a quello dell’Inghilterra, dovuto alla presenza, nel suo territorio, di miniere di carbone. Spesso, l’attività di estrazione non è però l’unica fonte di sostentamento degli operai, che, nei periodi di raccolto, abbandonano le miniere per tornare alla campagna. In alcuni casi, invece, il lavoro di miniera è integrato con la lavorazione del ferro e la costruzione di macchinari. È questo il caso di Gran Hornu

22

, dove Henri De Gorge fa costruire, tra il 1810 e il 1830, su progetto dell’architetto Bruno Renard (1781-1861), un insediamento minerario, in stile neoclassico, dove abitazione, lavoro e servizi si integrano perfettamente.

21

Inizialmente, di questo ente fanno parte 9 membri della famiglia Cadbury; successivamente la loro presenza diminuirà ma riuscirà comunque a garantire la prosecuzione della politica del fondatore del villaggio.

22

Nel 2012, Gran Hornu è stata dichiarata Patrimonio Mondiale UNESCO, con Bois-du-Luc, le Bois

du Cazier e Blegny-Mine.

(24)

Il complesso è costituito 450 case operaie disposte lungo i lati di un trapezio all’interno del quale, centralmente, si trovava la fabbrica di forma ellittica (140 m x 180 m), che ricorda, col suo impianto, le Saline di Chaud ad Arc et Senans, progettate dall’architetto Claude-Nicolas Ledoux

23

; le officine al centro sottolineano la centralità dell’industria rispetto al villaggio e al territorio carbonifero.

Figura 2.3.1. Vista aerea di Grand Hornu

Figura 2.3.2. Dettaglio dell’ellisse con le nuove funzioni introdotte dopo il recupero degli spazi: 1.

Ingresso principale; 2. Accoglienza; 3. Ristorante; 4. Auditorium; 5. Negozi; 6. Auditorium 7. Casa degli Ingegneri; 14. Officina; 20. Statua di Gorge

23

Si veda il paragrafo 2.4.1.

(25)

Le prime costruzioni, realizzate tra il 1821 e il 1824, sono i tracciati delle strade, la Casa degli Ingegneri e le alcune abitazioni, progettate dall’architetto francese François Obin, provviste di acqua calda.

Nell’ellisse, di fronte alla Casa degli Ingegneri, si trova l’Officina di costruzione macchinari, mentre nei corpi curvi sono allocate altre officine e i magazzini. Intorno a questo insieme monumentale si trovano le abitazioni, distribuite su sei strade bordate di alberi disposti in file ordinate e abbellite da due piazze. Oltre alle case, sono stati costruiti una scuola, bagni pubblici, una biblioteca e sale di riunione e ricreazione. La piazza Verde, grande, lunga e ricca di alberi, costituisce il parco del quartiere, destinato al tempo libero, mentre la piazza Saint- Henri forma, lungo la strada di Mons, l’entrata al complesso, a tre archi, con frontone, che conduce a un cortile molto semplice su cui si affacciano lo zuccherificio, chiuso nel 1874, e le scuderie.

A sud dell’insieme, da una parte e dall’altra di uno spazio alberato che attraversa la via De Gorge, la Casa dell’Amministratore e la Casa degli Ingegneri si fronteggiano sull’asse nord-sud. Grazie al portico della Casa degli Ingegneri che permette di collegarli visivamente, gli edifici maggiori del complesso sono in asse con la figura di Henri De Gorge, la cui statua è posizionata al centro geometrico del quartiere.

Figura 2.3.3. Ingresso

La fabbrica di Grand Hornu, chiusa nel 1954, è lasciata in stato di abbandono

e destinata alla demolizione da un decreto reale nel 1969. Nel 1971, però,

(26)

l’architetto Henri Guchez riscatta gli edifici in rovina e inizia i primi restauri per impiantarvi il suo studio di architettura.

All’inizio degli anni ‘80, Claude Durieux, Deputato permanente della Provincia di Hainaut, mette insieme un gruppo di studio per la valorizzazione e lo sviluppo del sito e nel 1984 nasce l’ASBL Grand-Hornu Images che propone per il complesso, in perfetto accordo con le sue caratteristiche e la storia del luogo, uno sviluppo culturale, turistico e tecnologico. Questo progetto ha inizio nel 1989, quando la Provincia di Hainaut riacquista il sito. Nel 1991 la Comunità francese del Belgio sceglie di inserire a Grand Hornu il Museo delle Arti Contemporanee e dopo aver recuperato gli edifici abbandonati, nel 2002, l’operazione viene completata e oggi il sito è meta di molti turisti.

Figura 2.3.4. Le abitazioni

Figura 2.3.5. Bois-du-Luc

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Ancora in Belgio, tra il 1838 e il 1853 viene costruita la città operaia di Bois- du-Luc, un insediamento minerario composto da 222 case a due piani disposte sui lati di 4 quadrati; nel 1880 si ampliano le abitazione aggiungendo 2 locali per ogni residenza, in modo da avere due stanze a piano terra e due camere da letto al primo piano. La casa del direttore è al di fuori di questo nucleo, ma è strettamente legata alla miniera di carbone e alla fabbrica, centro del complesso. Insieme alle residenze, si realizzano anche servizi comuni, come bagni pubblici, una scuola, una biblioteca, una sala per le feste e un ristorante.

Sia Bois-du-Luc, sia Grand Hornu, sono caratterizzati dal fatto che costituiscono un complesso chiuso fisicamente rispetto all’esterno, per rafforzare l’idea che all’interno sia presente tutto ciò che serve alla vita degli operai.

Dal 2012, entrambi gli insediamenti, insieme anche a Bois du Cazier e Blegny-Mine, sono stati inseriti nell’elenco dei Patrimoni dell’Umanità redatto dall’UNESCO.

2.4 Francia

Nel primo capitolo, in particolare al paragrafo 1.5 riguardante le Esposizioni Universali, si è già visto l’importante ruolo rivestito dalla Francia riguardo al tema della residenza operaia. Dall’inchiesta del 1867 si ricavano dati riguardati la localizzazione, il numero di abitanti e la realizzazione degli insediamenti industriali e da questi elementi si evincono informazioni interessanti: sono soprattutto le industrie di media dimensione che si preoccupano della questione degli alloggi per operai e generalmente i villaggi realizzati sono ubicati lontano dalle grandi città. La tipologia abitativa più usata è quella della casetta singola con giardino e si evita la costruzione di caserne, cioè di edifici collettivi per famiglie, mentre si consigliano per scapoli e zitelle, se dotati di mensa comune, come valida alternativa ai dormitori .

2.4.1 Le Saline Reali di Arc et Senanc

24

Il problema dell’alloggio degli operai ha un precedente illustre in Francia: si tratta delle Salire Reali commissionate da Luigi XVI all’architetto Claude-Nicolas Ledoux

25

nel 1773 e costruite tra il 1775 e il 1779, quando entrano in funzione.

Insieme a San Leucio

26

, vicino Caserta, rappresenta un’anticipazione dei villaggi operai ottocenteschi, da cui si differenziano perché realizzati per volontà di monarchi reggenti e non di industriali.

Le Saline sono state progettate per la lavorazione del sale, che, all’epoca, richiedeva una complessa divisione del lavoro e un meticoloso meccanismo di direzione e supervisione, data la preziosità del prodotto trattato. Queste restrizioni

24

Le saline di Arc-et-Senanc sono state dichiarate “monumento storico di Francia” con due decreti succesivi, uno del 1926 e il successivo del 1940; nel 1982 sono poi state inserite nell’elenco dei Patrimoni dell’Umanità redatto dall’UNESCO.

25

Claude-Nicolas Ledoux (1736-1806), architetto, è uno dei principali esponenti della tendenza del Neoclassicismo.

26

Si veda il paragrafo 3.3.

(28)

portano alla realizzazione di un complesso chiuso, in cui strutture lavorative e abitative si integrano, nel rispetto della divisione gerarchica del lavoro che vige all’interno della comunità.

L’impianto dell’insediamento, che comprende 11 edifici, è a forma semicircolare ed è organizzato secondo due assialità principali, quella fra l’ingresso e la casa del direttore e quella segnata dai complessi di lavorazione del sale. Gli edifici di produzione hanno il tetto alto, come gli edifici agricoli, e sono rivestiti con pietra levigata trattata a bugnato mentre la direzione, affiancata dai padiglioni di lavorazione del sale, ha un tetto basso, è completamente bugnata ed è caratterizzata, in facciata, da colonne costituite da rocchi ed elementi a forma di parallelepipedo, che reggono in timpano classicheggiante. L’ingresso è individuato da un grande colonnato dorico, completo di trabeazione e affiancato da volumi semplici. L’entrata è scavata in una muratura bugnata e inquadrata in una grande nicchia rivestita di pietra che richiama l’archetipo primordiale della caverna, mentre una serie di decorazioni che richiamano il sale denunciano immediatamente la lavorazione che avviene all’interno del complesso. Qua e là i muri dei capannoni e delle abitazioni operaie sono movimentati da grotteschi getti d’acqua pietrificata, che simboleggiano la soluzione salina su cui si basa l’impresa e suggeriscono il dinamismo su cui si basa il sistema produttivo e la forza lavoro.

Figura 2.4.1. Vista generale delle Saline

Figure 2.4.2; 2.4.3. A destra, la direzione, a sinistra l’ingresso del complesso

(29)

2.4.2 Le Creusot

L’avventura inizia nel 1836, quando i fratelli Adolphe ed Eugène Schneider decidono di acquistare le ferriere di Le Creusot, all’epoca in fallimento, situate vicino a Chalon-sur-Saône. Ben presto la loro industria si afferma sul mercato nazionale e internazionale con la produzione di strutture metalliche, strade ferrate, cannoni, locomotive, battelli a vapore e altri analoghi prodotti e il numero di persone impiegate nei loro stabilimenti cresce continuamente nel corso degli anni:

nel 1838 i dipendenti sono 1.869, nel 1868 sono 8.473, nel 1898 sono 9.275 e nel 1928 sono 12.086.

Figure 2.4.4. Pianta della città, 1873

Per mantenere un certo equilibrio all’interno di questo impero, gli Schneider si fanno carico di massicci interventi edilizi realizzati a favore degli operai.

La fabbrica domina il territorio e anche fisicamente assume una posizione

centrale nell’insediamento. Nel 1860 si realizzano nuovi fabbricati produttivi,

secondo la nuova tendenza che prevede, per le architetture industriali, strutture

metalliche realizzate con pali in ghisa e tralicci di ferro profilato, copertura con

tegole e mattoni solo per la parte di riempimento. Facilmente adattabile,

espandibile o comprimibile, questa architettura è impiegata nella realizzazione

della maggior parte dei laboratori e diventa un modello per le stazioni prodotte da

Schneider.

(30)

Le officine, le acciaierie, gli altiforni, le fonderie e gli altri servizi sono disposti in grandi aree da nord verso sud-est e attorno a questi si dispongono le zone residenziali.

Figure 2.4.5. Vista d’insieme delle acciaierie, degli altiforni e delle officine

Gli Schneider esercitano un controllo assoluto sull’insediamento, non solo sugli edifici e sullo sviluppo della città, fissando le regole dell’urbanizzazione, promuovendo le lottizzazioni, costruendo strade ed edifici pubblici, ma anche sulla popolazione attraverso le istituzioni assistenziali e gli insegnamenti impartiti nelle varie scuole, dalle elementari alle scuole professionali.

I primi alloggi realizzati sono della tipologia a caserne, quindi si tratta di edifici molto estesi in lunghezza, con 2/4 piani e alloggi costituiti da una sola stanza, raggiungibili da lunghi corridoi e da una scala comune. Ben presto ci si rende conto che questo tipo di residenza non è sicura, perché la promiscuità degli ambienti può compromettere l’equilibrio morale degli abitanti e nel 1847 se ne cessa la costruzione.

Figure 2.4.6. Caserne dei meccanici, 1845 (4 piani, 130 appartamenti)

(31)

Nei decenni seguenti, quindi, si edificano veri e propri quartieri con case unifamiliari, scuole, asili, chiese, ospedali, cimiteri e parchi. Nel 1860 nasce la cité des Pompiers, costituta da 12 case ad un piano con 2 alloggi per ognuna, dotate di giardino; nel 1865 si costruisce la cité de Villedieu, costituita da 80 case individuali con due stanze, cucina e giardino e ampliata nel 1872 con l’aggiunta di ulteriori 25 unità; poi, nel 1875 si realizzano la Croix Menée e la cité Saint-Eugène, nel 1905 si costruisce la cité Saint-Sauveur e tra il 1919 e il 1920 si realizza la cité de Mouillelongue, ispirata alle città-giardino, con 42 case su due livelli, ognuna con 4 alloggi, allineate dietro i viali alberati.

Figure 2.4.7. La cité des Pompiers

Figure 2.4.8. La cité de Villedieu

(32)

Figura 2.4.9. Disegni illustrativi di abitazioni

(33)

Le residenze sono concesse gratuitamente a impiegati e guardiani e in affitto agli operai; in tempi successivi, però, si applica un sistema di credito che tende a facilitare l’accesso alla proprietà dell’abitazione.

La politica della famiglia Schneider, fortemente avversa al socialismo e alla regolamentazione della vita economica da parte dello Stato, è principalmente volta al mantenimento dell’ordine sociale.

Oggi, si sente ancora l’impronta data dagli Schneider al villaggio e rimangono sia edifici pubblici sia quartieri residenziali da loro realizzati.

2.4.3 Noisiel

L’industria di cioccolato Menier

27

nasce dalle sperimentazioni di Jean- Antoine-Brutus Menier, che, proprietario di un mulino, polverizza sostanze per realizzare prodotti farmaceutici. Per rendere più gustose le pasticche che produce, decide di ricoprirle col cacao e da questa sperimentazione nasce la tavoletta di cioccolato. Suo figlio, Émile-Justin Menier, negli anni ‘60 dell’800, trasforma la piccola fabbrica in una vera e propria industria

28

. Grazie a lui, per la prima volta in Francia, l’organizzazione dello spazio della fabbrica è totalmente ripensato e gli edifici industriali sono ordinati ed integrati per seguire il processo di produzione.

Nel 1871, Menier si impegna a completare la riqualificazione dell’edificio principale della sua fabbrica, cioè il Mulino, dove si trovano le macine che polverizzano il cacao e lo mescolano allo zucchero. L’architetto Jules Saulnier (1817- 1881) propone di utilizzare il ferro per la costruzione, nonostante il costo elevato, e così si erige uno dei primi edifici con telaio metallico, mentre i mattoni colorati non servono che come riempimento.

Figura 2.4.10. Il Mulino

27

La Mernier è stata assorbita dalla Nestlé France SAS.

28

La produzione passa da 400 t nel 1853 a 2635 t nel 1867.

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Come altri imprenditori, anche Menier si dedica alla politica e nel 1874 decide di costruire abitazioni e strutture collettive per i suoi operai. La cittadina è edificata su un terreno di circa 30 ettari, le strade sono larghe 10 m e lungo di esse si trovano case separate tra loro da un giardino di 22 m. Le abitazioni sono disposte in modo tale che ad ogni casa corrisponda il giardino di un’altra dall’altra parte della strada e viceversa. Questo sistema presenta diversi vantaggi: fornisce una bella vista agli abitanti, evita disturbi tra vicini e permette una buona circolazione dell’aria.

Ciascun alloggio ha una superficie pari a 51 m

2

, dipendenze comprese, mentre la superficie dei locali abitabili è di 64 m

2

; ogni abitazione ha accesso indipendente dal giardino, dove i bambini possono giocare senza uscire sulla strada, è dotata di cucina con forno e di un WC, chiuso e ben aerato.

Ci sono una rete fognaria, una rete idrica e una di distribuzione del gas, lavatoi e bagni pubblici dotati di acqua corrente e acqua calda per lavare i panni e per consentire una corretta igiene.

La piazza, dove si trova il monumento a Menier fatto erigere nel 1898, è attraversata dalle 4 strade principali della città ed è circondata da edifici importanti: ci sono scuole per 300 fanciulli, negozi per gli operai, due alberghi per operai celibi, uno studio medico e refettori per i lavoratori che abitano nei paesi vicini, comprensivi di una sala per gli uomini, una per le donne e una per le famiglie.

Lo sviluppo del villaggio avviene in più riprese, durante le quali si costruiscono diverse tipologie di case (isolate, doppie, con alloggi variabili da 1 a 6) e varie strutture pubbliche (scuole, studio medico, refettori, ecc.).

Figura 2.4.11. Pianta della città, 1889

Le case isolate con due alloggi indipendenti, ottenuti con una divisione

longitudinale dall’alto al basso del fabbricato, hanno un giardino di 300 o 400 m

2

e

a piano terra un soggiorno di 14 m

2

, una grande cucina, una tettoia chiusa per il

deposito della legna e una cantina; i WC sono collocati dopo la tettoia, sono chiusi,

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aerati e collegati alla rete fognaria. Al primo piano si trovano due camere da letto, dotate di camino per il riscaldamento e pavimentate in legno. L’ingresso dà sul soggiorno e la scala di accesso al piano superiore si trova vicino alla cucina.

Le abitazioni sono concesse, in un primo momento, in affitto senza possibilità di riscatto, ma in tempi successivi, Menier incoraggia gli operai ad acquistare del terreno e a costruirsi una casa secondo i propri gusti fornendo loro prestiti .

Figura 2.4.12. Casa isolata con 2 alloggi

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