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L’illecito concorrenziale C online

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Academic year: 2021

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C

APITOLO

PRIMO

L’illecito concorrenziale online

SOMMARIO: 1. Il World wide web come “nuova realtà” della società dell’informazione. — 2. Gli illeciti informatici e la fattispecie della concorrenza sleale. — 3. I web mercati. — 3.1. Il commercio elettronico — 3.2. I Big Data e lo spazio web. — 3.3. I software e lo spazio web. — 3.4. La visibilità online. — 4. La concorrenza sleale nei web mercati. — 5. I limiti territoriali e merceologici della disciplina della concorrenza. — 6. La vulnerabilità decisionale dell’utente della rete. — 7. Lo sviamento di utenza come danno concorrenziale. — 8. Il presupposto soggettivo dell’illecito concorrenziale.

1. - Il World wide web come “nuova realtà” della

società dell’informazione.

Com’è noto, l’interconnessione delle reti ha avuto un impatto del tutto rivoluzionario sulla nostra società e sul nostro stile di vita, determinando un nuovo e globalizzato assetto dei rapporti socio-economici. Un impatto che, fin dagli albori della new economy del secolo scorso, ha avuto propaggini praticamente in qualsiasi settore del business: a ben vedere, l’avvento delle reti telematiche ha gettato le basi per tutta una serie di rivoluzioni in cui siamo stati e siamo tutt’ora coinvolti, più o meno consapevolmente, in veste di consumatori, lavoratori e cittadini. Di queste rivoluzioni, alcune hanno raggiunto un proprio parziale compimento, altre sono tutt’ora in corso, mentre altre rivoluzioni ancora si profilano all’orizzonte,

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lasciando intravedere i loro inevitabili risvolti economici . Il fenomeno 1

ha interessato, permeandole di sé, un numero talmente elevato di realtà e di sfere di interesse, che la tradizionale concezione di Internet quale “nuovo” mezzo di comunicazione risulta alquanto riduttiva, per non dire anacronistica. Una definizione i cui limiti emergono chiaramente allorché confrontata con un singolo ed emblematico aspetto, a cui si deve gran parte del successo e dell’estensione raggiunta dall’interconnessione delle reti o, più specificamente, del suo “figlio prediletto”, il world wide web: si tratta della capacità di trasmettere, in maniera rapida e con costi contenuti, un numero elevatissimo di dati ed informazioni. Capacità che si traduce nella possibilità di offrire ai singoli utenti un’esperienza di utilizzo fortemente interattiva e del tutto personalizzata. Nel corso degli anni, l’efficenza delle reti telematiche e lo sviluppo tecnologico hanno infatti garantito modalità di interazione e di dialogo fra gli host che si sono andate moltiplicando 2

in modo esponenziale, pur mantenendo, ed anzi, rafforzando le condizioni per un utilizzo domestico e user-friendly, in grado di coinvolgere anche soggetti che dotati di scarse competenze tecniche.

Questo elevato livello di interattività sviluppato dal world wide web, unitamente alla diffusione globale ed al generale condizionamento che questo servizio di internet esercita, in positivo 3

o in negativo, sia sulla vita pubblica che su quella privata, fa sì che

Una di queste, riguarda sicuramente il fenomeno delle criptovalute e dei sistemi di

1

pagamento alternativi alla moneta avente corso legale.

Tecnicamente si dice “host” ogni terminale collegato ad Internet, il quale funge

2

perciò da nodo della ragnatela. La caratteristica non dipende dalla natura strutturale del terminale, che può essere quella di un computer, un cellulare, un orologio, una

smart TV, etc., bensì dalla capacità di ospitare programmi in grado di connetterlo

alla rete, non importa se in funzione di server o di client.

Per servizi di internet si fa comunemente riferimento ad una serie di strumenti

3

offerti dalla rete, tra cui world wide web, la posta elettronica, i motori di ricerca, le

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per cogliere davvero l’essenza del fenomeno, anziché constatare l’avvento di un nuovo “mezzo” nel panorama degli strumenti mediatici, si debba forse prendere atto, piuttosto, della nascita di un nuovo “linguaggio”. A ben vedere, il web rappresenta essenzialmente una modalità di comunicazione a sé stante, fatta di espressioni e interazioni del tutto inedite ed atipiche, pronte ad evolversi e rinnovarsi continuamente nel tempo. Per citare solo un esempio, si pensi all’ascesa del cosiddetto Internet delle cose , con 4

cui si fa riferimento a quella fase di evoluzione tecnologica che stanno attraversando la maggior parte dei dispositivi elettrici presenti in qualunque abitazione od ufficio, con cui siamo ormai abituati a convivere. Da semplici elettrodomestici, sveglie, bilance, televisori ed orologi, tutti questi oggetti si stanno velocemente trasformando in sistemi interconnessi, in grado di accedere al network domestico, aziendale e, ovviamente, a quello globale: in questo modo, essi sono in grado di rilevare e trasmettere dati attraverso la rete di internet . Detto altrimenti, sempre più spesso questi strumenti sono 5

in grado di fungere da host, creando così nuove possibilità di interazione, dialogo e condivisione delle informazioni, sia con altri utenti che con la cosiddetta “nuvola informatica” . 6

Questo nuovo linguaggio poi, non si esaurisce nelle svariate azioni possibili in qualità di visitatori dei luoghi del web, e, segnatamente, in quelle che consentono di spostarsi al loro interno

RIFKIN, La società a costo marginale zero. L’Internet delle cose, l’ascesa del

4

Commons Collaborativo e l’eclissi del capitalismo, 2014, Milano.

Peraltro i dati prodotti da questi device in modo automatico, ovvero per iniziativa

5

più o meno consapevole dell’utente, costituiscono un flusso giornaliero elevatissimo. L’internet delle cose ha dunque un certo impatto sui web mercati delle informazioni, per i quali si veda infra.

Dal termine anglofono di “cloud computing”, il quale indica l’offerta di una serie di

6

risorse, spazi di archiviazione, programmi e applicazioni che sono fruibili direttamente online, sostanzialmente attraverso un server che memorizza e salva dei dati al posto delle memorie fisiche normalmente impiegate dall’utente: così quest’ultimo dovrà preoccuparsi soltanto di accedere alla “nuvola”, tramite un’iscrizione gratuita o un “affitto” del relativo servizio di clouding.

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o di partecipare alla formazione del contenuto di un sito . Esso 7

include tutte le infinite interazioni da effettuare con l’ausilio di programmi e di software — i cui sviluppatori sembrano ormai avere intrapreso la strada della fruibilità direttamente online, senza necessità di procedere ad installazione e memorizzazione sul terminali dell’utente — così come quelle consentite dalle moderne applicazioni, dalle piattaforme dedicate all’intrattenimento, al social networking, al blogging o all’aggregazione di offerte di prodotti e servizi di vario tipo.

Il linguaggio della rete insomma non consiste soltanto nella comunicazione e nello scambio dati: esso rende possibile compiere tutta una serie di azioni che sostituiscono od integrano quelle compiute nello spazio fisico attraverso altri mezzi . L’acquisto di un 8

bene od un servizio, il pagamento di una bolletta, l’effettuazione di una ricerca o l’interlocuzione con la pubblica amministrazione: non sono che alcuni esempi di azioni esperibili nella vita reale ed aventi un proprio omologo nella dimensione virtuale. Peraltro, tutto ciò avviene con la non trascurabile differenza che internet, costituendo un non-luogo caratterizzato dall’immaterialità, dall’a-temporalità e dalla globalità, è in grado di oltrepassare i confini nazionali , 9

infrangendo le barriere geografiche e, talvolta, annullando quelle linguistiche .10

Come avviene per i siti che contengono dei forum, i quali non sono altro che dei

7

“gruppi di discussione” in cui, in modo asincrono, gli utenti dibattono attorno ad un tema predefinito.

Cfr. PAPA, Espressione e diffusione del pensiero in internet. Tutela dei diritti e

8

progresso tecnologico, 2009, Torino, 29-30.

La rete è stata definita un non-luogo in cui “cliccando si oltrepassa infinite volte la

9

frontiera degli Stati senza accorgersene”, BALLARINO, in Sirotti Gaudenzi (a cura di),

Trattato breve di diritto della rete. Le regole di Internet, 2001, Rimini, 13.

Cfr. il considerando n. 1 della dir. n. 2000/31/CE, anche detta Direttiva sul

10

commercio elettronico, in cui si afferma che “lo sviluppo dei servizi della società dell'informazione nello spazio senza frontiere interne è uno strumento essenziale per eliminare le barriere che dividono i popoli europei”.

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Solo qualche decennio fa le possibilità oggi offerte dal web erano inimmaginabili, tant’è che anche per i classici media — telefono, radio, televisione e quant’altro si fondi su una rete di massa — erano, e restano tutt’ora, quasi del tutto precluse.

Dunque, anche volendo studiare il web da una singola prospettiva, come quella della comunicazione, tentare un parallelo con le altre conquiste del progresso tecnologico che, fin dal secolo scorso, hanno interessato questo campo, equivarrebbe a disconoscere la sua portata innovativa in termini di interattività . 11

Non a caso, il confronto che è stato proposto da alcuni studiosi, chiama in causa avvenimenti ben più eccellenti: la rivoluzione realizzata con l’interconnessione delle reti sarebbe infatti seconda soltanto a quella verificatasi con l’avvento della stampa a caratteri mobili .12

Se dunque non è di “mezzo” che si può parlare, in quali termini si può davvero riassumere il prodotto della rivoluzionaria interconnessione delle reti? Fra le tante categorizzazioni solitamente proposte per descrivere il fenomeno, nel tentativo di coglierne i numerosi e multiformi aspetti, ve n’è una che, da un lato ha il pregio di cogliere l’oramai costante presenza di internet nella quotidianità, dall’altro riflette bene le enormi potenzialità interattive di cui si è appena detto: stando a questa concezione, internet avrebbe

Mentre gli altri mass media presentano una forma di comunicazione

11

unidirezionale, internet ha carattere multimediale, consentendo l’utilizzo di diverse forme di interazione comunicativa in cui ciascuno ha la possibilità di essere autore e spettare. A ben vedere, anche da questo lato, la rete può collocarsi su un piano “altro” rispetto a quello dei media tradizionali: essi costituiscono infatti degli strumenti in grado, piuttosto, di “rappresentare” ciò che accade nello spazio fisico. Cfr. PAPA, op. cit., 81-82.

LACCHINI-BENNATI, E-business. Profili normativi, 2002, Padova, 127.

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generato una vera e propria nuova realtà virtuale, che in parte integra ed in parte sostituisce, quella materiale . 13

Sotto questo profilo, occorre costatare che, se davvero si ha a che fare con una nuova dimensione, come tale, essa abbraccia qualsiasi ambito delle umane relazioni. Alla luce di queste considerazioni, non sembra affatto scorretto affermare che con internet si è stabilito un nuovo assetto globalizzato ed informatizzato dei rapporti socio-economici: il che coincide almeno in parte, con quanto evocato dall’espressione di «società dell’informazione» . 14

Se è vero che “le grandi mutazioni del diritto a carattere rivoluzionario, si accompagnano alle grandi rivoluzioni delle strutture economiche” e “Ogni piccola è a sua volta il riflesso di una parziale modificazione della base economica di quella data società” , 15

l’avvento della nuova realtà telematica solleva necessariamente esigenze di regolamentazione che sono numerose e senza precedenti, dovendo fare i conti con l’assenza dei classici riferimenti spazio-temporali con cui da secoli è abituato ad operare il diritto. Si tratta di un problema che si pone per la generalità delle regole giuridiche, tant’è che allo sviluppo e all’estensione degli spazi virtuali fanno normalmente seguito dei processi di autoregolamentazione

Cfr. PAPA, op. cit., 14, 33 e ss., spec. 37; BIANCHI, Internet, in Cendon (a cura di),

13

La prova e il quantum nel risarcimento del danno, 2014, Torino, vol. III, 2619; TOSI,

La tutela degli audiovisivi e dei contenuti digitali nelle reti di comunicazione elettronica tra diritto d’autore online e responsabilità civile degli internet service

provider, in Finocchiaro-Delfini (a cura di), Diritto dell’Informatica, 2014, Milano, 968.

Espressione coniata nel 1973 da Daniel Bell, ordinario di sociologia ad Harvard. Il

14

termine origina da quello di “societa post-industriale”, con cui ci si riferisce alla società moderna: essa, giunta al culmine del processo di industrializzazione, se vuole continuare a crescere e svilupparsi dovrebbe orientare i propri sforzi non più nella produzione di beni materiali, ma in quella di servizi immateriali, BELL, The

coming of Post-Industrial society: A venture in social Forecasting, 1973, New York. Il

termine “post-industriale”, usato in questa accezione, si deve invece a TOURAINE, La

société post-industrielle. Neissance d’une société, 1969, Paris, traduzione italiana a

cura di Bussi, La società post-industriale, 1969, Bologna. SACCO, Introduzione al diritto comparato, 1997, Torino, 140

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con cui si tenta di ovviare al problema dell’immaterialità e dell’assenza di frontiere. Problemi di questo tipo si percepiscono particolarmente per quelle regole giuridiche di carattere contrattuale e, segnatamente, quelle stabilite dal nostro codice civile: quale luogo, ad esempio, si può assumere come quello di conclusione di un contratto telematico? O ancora, quale criterio di collegamento giurisdizionale potrà essere assunto per eleggere il foro territorialmente competente in materia di controversie concernenti condotte online?

2. - Gli Illeciti informatici e la fattispecie della

concorrenza sleale.

Secondo una classificazione espositiva piuttosto risalente, ma ancor oggi degna di considerazione da parte di autorevoli esponenti della dottrina , nell’universo degli illeciti civili correlati alla realtà 16

telematica, è possibile individuare tre distinte categorie di fattispecie: gli illeciti “di internet”, di cui possono rendersi responsabili tutti quei soggetti che, a vari livelli e con vario titolo, si occupano della gestione della rete e ne regolano l’accesso ; gli illeciti “contro 17

internet”, con cui si fa riferimento, prevalentemente, alle violazioni poste in essere finanche dai semplici utilizzatori della rete, le cui modalità operative, talvolta, risultano idonee ad arrecare un danno alla generalità degli utenti e degli operatori telematici, ad esempio attraverso la creazione e la diffusione di virus informatici o la

MAGNI-SPOLIDORO, La Responsabilità degli Operatori in Internet: profili interni e

16

internazionali, in Dir. inform., 1997, 62 e ss.; PONZANELLI, Verso un diritto uniforme

per la responsabilità degli internet service providers?, in Danno resp., 2002, 5. Tosi,

voce «Responsabilità civile per fatto illecito degli internet service provider», in

Digesto delle discipline privatistiche, Sez. Civile, X Aggiornamento, 2016.

Come le Autorità preposte all’attribuzione dei nomi a dominio, per le quali si veda

17

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violazione dei sistemi di sicurezza che proteggono dati ed informazioni riservate; infine, una terza ed ultima categoria è dedicata a tutti quegli atti illeciti per i quali la rete funge da semplice strumento di attuazione, in modo non dissimile da quanto accade per altri mezzi di comunicazione. Quest’ultima classe di fattispecie, a cui si è soliti far riferimento con la rubrica di “illeciti compiuti per mezzo di internet”, comprende una vasta gamma di comportamenti, tra cui quelli generalmente riconducibili alla veicolazione di messaggi o alla diffusione di contenuti digitali che sono fonte di pregiudizi per un singolo soggetto o per un gruppo di individui. Si tratta, quindi, di attività che sono riconducibili ad uno schema piuttosto ricorrente nella dimensione virtuale di internet, la cui pericolosità si accresce vertiginosamente con lo sviluppo, l’estensione e la maggiore rapidità dell’interconnessione delle reti: invero, tali aspetti rendono sempre più ampia ed indeterminabile la cerchia di soggetti a cui si rendono concretamente fruibili i messaggi, i contenuti e, più in generale, le informazioni a cui si è appena fatto cenno.

Salvo quanto appena detto, per quest’ultima classe di fattispecie, internet, a ben vedere, riveste un ruolo meramente strumentale, del tutto equiparabile a quello di altri mezzi di comunicazione; ciò fa sì che le figure di illecito aderenti a questo schema costituiscano un elenco di fattispecie spesso destinate a trovare un proprio omologo nella realtà materiale dei rapporti: si può quindi facilmente intuire come, nel loro insieme, questi comportamenti costituiscano un complesso fortemente eterogeneo, di cui fanno parte condotte che coinvolgono soggetti in possesso di requisiti diversi, e che che spesso impongono la ricerca di diverse e, talvolta, nuove declinazioni del criterio di colpevolezza. L’eterogeneità di questa categoria di comportamenti propri della realtà telematica si deve, in particolare, a due fattori: da un lato, sono fortemente diversificate le situazioni giuridiche suscettibili di

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aggressione attraverso i mezzi telematici; dall’altro, soprattutto grazie all’incremento ed alla continua evoluzione dei servizi internet , sono numerose le modalità operative con cui tali 18

violazioni possono aver luogo.

Si comprende facilmente come l’insieme degli illeciti compiuti per mezzo di internet sia quello destinato a suscitare il maggior interesse da parte dell’interprete che si accosti allo studio delle violazioni e delle conseguenti responsabilità civili correlate alle attività svolte sulla rete: nella attuale e perdurante inesistenza di un “diritto di internet”, che non consente di individuare, ad esempio, una disciplina speciale degli atti di concorrenza sleale attuati tramite questo mezzo , risulta ancora pienamente valida quell’emblematica 19

affermazione contenuta in una vecchia Comunicazione emessa dalla nostra Commissione Europea, in cui si precisava che “Ciò che è illegale fuori dalla rete è illegale anche sulla rete” . 20

Questi profili sono sufficienti ad evidenziare come all’interno di questa categoria di fattispecie possano annoverarsi anche quei comportamenti giuridicamente rilevanti sul piano della leale concorrenza fra imprenditori. Si tratta di condotte che possono configurarsi sia come autonome ipotesi di violazione dei principi della correttezza professionale, richiamati dall’art. 2598 c.c., sia come fattispecie la cui illiceità, pur discendendo, in via principale, dalla violazione di altre norme, si determina anche nella prospettiva dei rapporti tra imprenditori, nei casi in cui detti comportamenti vengano in considerazione come atti di concorrenza. Invero, il

Si veda la nota numero 3 del presente capitolo.

18

PETTI, L’effetto confusorio sulla rete: la potenzialità diffusiva delle immagini

19

imitative, in Riv. dir. ind., 2016, II, 603. Cfr. anche RICCIO, Concorrenza sleale e

tutela dei consumatori nelle reti telematiche, in Dir. inform., 2006, 307.

Comunicazione della Commissione Europea, 16-10-1996 COM(96) 487, intitolata

20

“Informazioni di contenuto illegale e nocivo su Internet”. La Comunicazione è stata trasmessa al Parlamento Europeo il 23 ottobre dello stesso anno ed reperibile sul sito www.privacy.it.

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nostro ordinamento esige un’osservanza generalizzata del canone di correttezza professionale, all’interno di qualunque tipologia di competizione imprenditoriale: così, gli effetti distorsivi prodotti da un comportamento sleale devono poter essere prevenuti e repressi efficacemente anche nei nuovi settori del mercato a cui lo sviluppo tecnologico apre di volta in volta le porte, tra qui quello informatico-digitale che è oggetto di quest’analisi.

Caratteristica centrale dei comportamenti in questione, sulla quale occorrerà soffermarsi nel prosieguo, è rappresentata dal fatto che gli effetti distorsivi da essi generati non si manifestano soltanto nell’ambito dello specifico settore di mercato a cui si rivolge l’attività economica del rispettivo autore, ma bensì anche sul piano della lotta imprenditoriale che si sviluppa fra i vari operatori commerciali attivi in rete, specialmente ove quest’ultimi possano considerarsi come gestori di un canale telematico. Peraltro, ciò si verifica sia per quegli comportamenti che sono tipicamente rivolti contro un singolo e determinato imprenditore, sia per quelle fattispecie di concorrenza sleale che determinano, invece, un’alterazione della generale situazione di mercato .21

In questo senso, l’osservanza della cosiddetta netiquette ed il 22

conformarsi alle svariate regole di soft law elaborate per

Si riprende qui una ben nota distinzione degli atti di concorrenza sleale operata,

21

seppure a fini descrittivi, anche da dottrina autorevole. Cfr. VANZETTI-DI CATALDO, in

Manuale di Diritto Industriale, Milano, 2012, 102.

La parola deriva dalla fusione dei termini inglesi “net”, ovvero rete, e “etiquette”,

22

ovvero galateo: essa indica un insieme di norme comportamentali, o “di buona educazione”, formatesi allo scopo di evitare situazioni sgradevoli e di limitare l’uso inutile delle risorse della rete. Queste regole, in costante evoluzione, vanno a costituire una sorta di codice volontario e spontaneo, al cui rispetto sono chiamati sia le aziende che gli utenti dei vari servizi internet. Peraltro le norme comportamentali della netiquette sono spesso richiamate nei contratti di fornitura di servizi di accesso predisposti dai vari provider. Cfr. LOMBARDI, Dall’ad alla zeta, in

AA.VV., La pubblicità su Internet, Cos’è, come si fa, quanto serve e chi la fa, 2001, Milano, 64; CASSANO, Diritto dell’internet. Il sistema di tutele della persona, 2005, Milano, 168, in nota 20.

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l’utilizzazione tecnica del world wide web, della posta elettronica e degli altri servizi offerti da internet , non può certo sollevare le 23

attività dei soggetti che si avvalgono economicamente di questi strumenti telematici da un attento vaglio di conformità ai principi della correttezza professionale, i cui canoni devono poter trovare una propria declinazione specifica anche nei diversi contesti digitali qui richiamati . Invero, l’attuale livello di diffusione e 24

condizionamento che internet ha raggiunto nella moderna società, fa sì che qualsiasi attività anticoncorrenziale realizzata attraverso i sistemi informatici riverberi i suoi effetti, con ogni probabilità, anche nella dimensione materiale dei consumi e dei rapporti tra le imprese, vanificando, almeno in parte, l’opzione politico-economica che sta alla base di qualunque forma di regolamentazione del mercato introdotta dal legislatore.

Ciò detto, preme rilevare che, talvolta, la fattispecie legale dell’illecito concorrenziale, che nel nostro ordinamento forma oggetto di disciplina in base agli articoli 2598 e successivi del Codice Civile, risulta aderire anche ad un’altra delle categorie di illecito informatico sin qui sommariamente descritte: quella degli illeciti “di internet”. Merita ricorrere ad un esempio concreto per spiegare meglio questo punto.

Come si avrà modo di analizzare diffusamente nei capitoli successivi, vi sono comportamenti la cui contrarietà alla correttezza professionale dipende dall’utilizzo improprio di alcuni identificativi che sono tipici del web, tra cui, soprattutto, i nomi a dominio. In

Per servizi di internet si fa comunemente riferimento ad una serie di strumenti

23

offerti dalla rete, tra cui world wide web, la posta elettronica, i motori di ricerca, le chat, i social network, il web hosting, ecc..

Com’è stato sottolineato in dottrina, non esistendo un diritto di internet, non è

24

neanche possibile rinvenire una disciplina speciale per la concorrenza sleale perpetrata in rete: si tratta dunque, come avviene in altri settori del diritto, di verificare l’applicabilità delle disposizioni codicistiche agli illeciti compiuti in rete. PETTI, L’effetto confusorio sulla rete: la potenzialità diffusiva delle immagini imitative, in Riv. Dir. Ind., 2016, II, 603.

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questa sede è sufficiente far cenno ad una delle pratiche abusive più ricorrenti in materia, ossia quella consistente nella reiterata registrazione di un elevato numero indirizzi web, spesso riproducenti denominazioni sulle quali i terzi possono vantare esclusive, privative industriali o situazioni giuridiche di altra natura, come i diritti della personalità.

Come un qualsiasi messaggio veicolato all’interno del web, anche l’adozione e la concreta utilizzazione di un certo nome per il proprio indirizzo telematico comporta, a ben vedere, la diffusione di un’informazione o di un messaggio che sono potenzialmente lesivi dell’altrui sfera giuridica: tra le situazioni giuridiche suscettibili di ricevere pregiudizio attraverso tale comportamento, si possono menzionare sia quelle di natura squisitamente personale-esistenziale, come il diritto al nome, alla riservatezza, all’immagine e all’identità personale, che sono riconoscibili e tutelabili in capo a qualsiasi individuo; sia quelle di carattere economico-patrimoniale, e segnatamente, quelle riferibili all’esercizio di un’impresa o di una attività economica.

Da quest’ultimo punto di vista, risulta chiaro che, inserita nel contesto dei rapporti tra operatori economici, l’azione di registrazione ed utilizzo di un determinato nome a dominio, si rivolge potenzialmente alla generalità degli utenti della rete, i quali, in qualsiasi momento e da qualunque parte del globo, sono in grado di connettersi a quell’indirizzo web e di consultare i contenuti riportati nel relativo sito: così, almeno in parte, tale comportamento si rivolge anche a coloro che, oltre ad essere utenti, agiscono in veste di consumatori, spinti dalla necessità soddisfare il bisogno di beni o di servizi. Ne consegue che il comportamento in questione presenta inevitabilmente una ricaduta sul piano della competizione imprenditoriale: perciò ricorrono, almeno in astratto, tutti i presupposti affinché tale condotta possa considerarsi come un’atto di concorrenza nei confronti dei competitor.

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In questo caso, l’offesa arrecata si determina prevalentemente nella prospettiva di una leale differenziazione agli occhi dei consumatori, a cui ha diritto ciascun concorrente. Si tratta di una situazione che può risultare compromessa in ragione di attività dal carattere decettivo e, precisamente, a causa di operazioni capaci di veicolare informazioni che rischiano di indurre in errore quei soggetti che vi entrano in contatto. Tenendo presente quanto si è detto in precedenza, dovrebbe essere chiaro che questi tratti sono propri degli illecito che compiuti per mezzo di internet: quest’ultima categoria risulta dunque comprendere anche la registrazione e l’utilizzo di un nome a dominio recante una denominazione od un marchio altrui, che dottrina ed giurisprudenza qualificano solitamente come un atto confusorio.

Tuttavia, occorre rilevare che l’attuazione di tali operazioni coinvolge una pluralità di soggetti, la cui inerzia, a tacer d’altro, renderebbe del tutto impossibile l’attribuzione di un indirizzo web ad un soggetto, così come la sua rintracciabilità attraverso le ricerche telematiche degli utenti. Si può discutere del contributo apportato da tali soggetti alla commissione dell’illecito, specialmente dal lato omissivo, e della responsabilità ad essi imputabile, ora a titolo di internet service providers, ora a titolo concorso improprio nell’illecito concorrenziale : risulta chiaro, invece, che il comportamento qui 25

esaminato, al pari di altri atti di concorrenza sleale perpetrati in rete, può altresì ricondursi a quelle fattispecie correlate alla gestione e l’accesso alla rete da parte dei vari enti ed organizzazioni a ciò preposti: fattispecie a cui è dedicata la categoria degli illeciti “di internet”.

Cfr. D’ARCANGELI, Il dibattito sul Domain Name e la prima sentenza di merito, in

25

Riv. dir. civ., 2004, IV, 528; BIASIOLO, La registrazione dei nomi a dominio, in Cassano (a cura di) Diritto delle nuove tecnologie informatiche e dell’Internet, 2002, 918. FUSI, Tutela del nome di dominio e responsabilità del “provider”, in Dir. ind.,

2001, 398. In giurisprudenza, si veda Trib. Roma 1 marzo 1999, in Gius, 1999, 2718 e ss.

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3. - I web mercati .

26

3.1. - Il commercio elettronico.

L’affermazione della nuova dimensione immateriale non significa soltanto nuove forme di comunicazione e condivisione tra gli utenti: l’evoluzione in senso commerciale attraversata dalla rete ha portato, nella sua fase più matura, all’elaborazione di nuove modalità di fruizione dei beni immateriali e di compravendita e scambio di quelli materiali. Il consolidarsi di questa evoluzione non tocca quindi soltanto quegli aspetti privatistici, tra cui l’autonomia negoziale e la libertà di iniziativa economica, o pubblicistici, come la tutela del consumatore, che interessano ed informano, individualmente, l’esercizio di ciascuna attività di impresa che sfrutti i vari mezzi telematici. Le conseguenze sono di raggio ben più ampio, suscettibili di incidere nella dinamica dei rapporti concorrenziali, chiamando quindi in causa la relativa disciplina. D’altronde, considerando lo stretto legame che intercorre, non solo in ambito informatico, tra innovazione e concorrenza, non potrebbe essere altrimenti : la dinamica concorrenziale è stata autorevolmente 27

definita come una “distruzione creatrice”, a significare che i processi di innovazione si risolvono spesso nella creazione di posizioni di potere all’interno del mercato. Ciò accade in quanto qualunque nuovo prodotto, che riesca ad affermarsi presso il pubblico come

MENESINI, Libertà di concorrenza nel web mercato, in Palazzo-Ruffolo (a cura di),

26

La tutela del navigatore in Internet, 2002, Milano, 262 e ss.

Cfr. GHIDINI, Intellectual Property and Competition Law. The Innovation Nexus,

27

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un’innovazione, non fa altro che conquistare mercati già esistenti ovvero crearne degli altri ex novo .28

Ciò detto, così tante sono le innovazioni economiche apportate dall’universo di internet, che non risulta affatto difficoltoso individuare situazioni in cui si è fronte ad una vera e propria apertura di nuovi segmenti di mercato. All’interno di essi avviene l’incontro tra la domanda e l’offerta di soggetti disposti a scambiare beni che, stante l’assenza di un loro omologo nella fisicità dei tradizionali settori dell’attività di impresa, possiamo definire come del tutto “nuovi”, sulla scorta di un consistente numero di autori che, in dottrina, hanno adottato questo aggettivo . 29

Nella letteratura giuridica, alcuni autori hanno rilevato inoltre come la novità di questi mercati non dipenda soltanto dalla diffusione e dal consumo crescente di prodotti e servizi che, nella loro immaterialità, sono essi stessi un frutto dell’innovazione . 30

L’emersione di questi nuovi luoghi virtuali di scambio fra compratori e venditori si apprezza anche guardando al paradigma con cui, nell’era digitale, avviene il godimento e la disponibilità di alcuni beni — soprattutto opere musicali, film, audiovisivi e software — e, parallelamente, la prestazione di alcuni servizi. Da questo punto di vista, in dottrina si è spesso evidenziato come il diritto di proprietà stia oramai cedendo il passo a forme negoziali più duttili, diverse da quelle tradizionalmente disciplinate dal legislatore : esse si fondano 31

Cfr. SCHUMPETER, Theorie der wirtschaftlichen Entwicklung, 1911, trad. it., Teoria

28

dello sviluppo economico, 2002, Milano.

Cfr. SAMMARCO, Circolazione, contaminazione e armonizzazione nella disciplina

29

delle nuove tecnologie della comunicazione, in Dir. inform., 2008, 711 e ss., spec.

720. Alcuni parlano dei nuovi e rilevanti mercati “di massa” a cui ha dato vita Internet. Cfr. ROSSI, Cyber-Antitrust. Internet e tutela della concorrenza, in Dir.

Inform., 2003, 247.

Cfr. LACCHINI-BENNATI, E-business. Profili normativi, 2002, Padova, 125 e ss.,

30

secondo cui “Con la nascita e lo sviluppo della Rete, si è aperto un nuovo improprio mercato (gratuito) dei beni culturali e delle informazioni”.

MONTELIONE, Loghi, luoghi e non-luoghi, 2003, Milano, 191.

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sull’accesso e la fruizione reiterata e non esclusiva di contenuti digitali . Ed infatti la prassi commerciale in rete si è andata 32

caratterizzando per la presenza di intermediari e fornitori che spesso operano mantenendo la proprietà sui beni immateriali, optando per la cessione temporanea dei relativi diritti di utilizzazione. Ciò avviene dietro il pagamento di una tariffa, la stipulazione di un abbonamento o l’effettuazione di un’iscrizione: tutte tecniche che consentono agli utenti-consumatori una fruizione che è incentrata non più su un titolo di proprietà, bensì sull' “accesso” a determinate aree virtuali ed ai relativi contenuti e servizi . 33

In molti casi, questo nuovo tipo di fruizione è imposto dalla dematerializzazione dell’oggetto del contratto e dalle forme in cui quest’ultimo è stipulato: in quest’ottica, siti web, portali e i cosiddetti aggregatori di contenuti hanno fornito un contribuito determinante 34

per la diffusione e la condivisione — in questo caso online — di opere che, nell’era digitale, sono oramai svincolate dai classici supporti fisici, come cassette, compact disc, dvd, libri, pellicole fotografiche, etc. Si è così dato vita, gioco forza, ad uno o più mercati virtuali, il cui l’elemento di novità è rappresentato appunto anche dalla circolazione di un diverso tipo di diritti: la transazione non ha più ad oggetto un titolo di proprietà sulla res corporalis, ma

TOSI, La tutela degli audiovisivi e dei contenuti digitali nelle reti di comunicazione

32

elettronica tra diritto d’autore online e responsabilità civile degli internet service

provider, in Finocchiaro-Delfini (a cura di), Diritto dell’Informatica, 2014, Milano, 964.

RIFKIN, L’era dell’accesso. La rivoluzione della new economy, 2000, Milano, 6-7.

33

Cfr. anche SAMMARCO, Circolazione, contaminazione e armonizzazione nella

disciplina delle nuove tecnologie della comunicazione, in Dir. inform., 2008, 722:

l’Autore sottolinea come per tali beni non possa esservi un tradito, ma soltanto una forma di appartenenza rappresentata da un diritto d’accesso o di fruizione.

Si tratta di una particolare categoria di internet provider che gestiscono appunto

34

piattaforme su cui i terzi-utenti sono liberi di caricare contenuti, anche detti user

generated content. L’espressione è ripresa da TOSI, Tutela amministrativa dei

contenuti digitali e responsabilità civili nelle reti di comunicazione elettronica alla luce del Reg. AGCom 680/13, in Dir. ind., 2015, 160 e ss..

(17)

una serie di diritti obbligatori e temporanei che riguardano l’accesso al bene immateriale digitalizzato.

Alla smaterializzazione dell’oggetto del contratto segue poi l’elaborazione di nuovi schemi negoziali — la cui proliferazione è indubbiamente favorita dallo sviluppo della rete telematica — che 35

sono incentrati ad esempio su una licenza di utilizzo delle opere fornite. Inoltre, tanto il contenuto della licenza, quanto le forme di conclusione dei contratti telematici, generalmente riconducibili all’accettazione di condizioni generali da parte del consumatore, non sono dettate unicamente dalla natura dei prodotti e servizi offerti: in molti casi esse riflettono un’esigenza di effettiva protezione dei diritti d’autore sulle creazioni intellettuali. Così stipulando, ad esempio, un’iscrizione ad una piattaforma che aggrega contenuti ed opere musicali, l’utente non acquisterà il diritto di scaricare dei file costituenti delle copie digitali, che sarebbero per lui liberamente utilizzabili, bensì il diritto di attingere ad un database esclusivamente attraverso la specifica applicazione predisposta dal fornitore. Si tenta così di impedire eventuali utilizzi e riproduzioni indebite delle opere stesse, ponendo freno al dilagante fenomeno della pirateria digitale.

La novità dei modelli contrattuali dell’era digitale emerge non appena si consideri come questi schemi, talvolta, non abbiano alcuna ragione di esistere se considerati fuori dell’ambiente telematico: se estratti da questo contesto, infatti, essi perdono completamente quella causa in grado di giustificare l’impiego della relativa struttura nell’economia dei rapporti commerciali . E’ il caso 36

dei contratti aventi oggetto la sponsorizzazione di inserzioni sui motori di ricerca, la concessione di domain names, il web housing, il

SAMMARCO, Circolazione, contaminazione e armonizzazione nella disciplina delle

35

nuove tecnologie della comunicazione, in Dir. inform., 2008, 723.

Cfr. SAMMARCO, Circolazione, contaminazione e armonizzazione nella disciplina

36

(18)

web hosting e, più in generale, la «locazione» di spazi web: le forme negoziali a cui si ricorre per regolare i rapporti giuridici di questo tipo, risentono fortemente del ruolo fondamentale svolto dalla rete, vuoi perché quest'ultima giustifica l’esistenza del bene oggetto di contrattazione o prestazione, vuoi perché essa costituisce il mezzo necessario per l’esecuzione del rapporto.

Per quanto riguarda la fruizione di beni digitali, quanto detto sinora non è da riferire esclusivamente alle opere di carattere intellettuale: in generale, un nuovo mercato virtuale fondato sull’accesso è infatti configurabile per tutti quei beni privi del requisito della corporalità, detti appunto immateriali, ivi comprese le creazioni dell’ingegno, i modelli industriali e le invenzioni. Com’è noto infatti, anche questi beni possono circolare disgiuntamente dal loro corpus mechanicum.

3.2. - I Big Data e lo spazio web.

Il settore del commercio elettronico, tuttavia, non è l’unico che offre esempi di beni immateriale in grado di dar vita ad un proprio ed autonomo mercato “dello spazio virtuale” . Vi sono infatti altri che, a 37

causa della loro intima relazione con la realtà telematica, possono considerarsi oggetto di una creazione e di uno scambio del tutto nuovi: il loro diffondersi va infatti di pari passo con l’intensificarsi delle attività online di utenti ed aziende. Tra questi, si possono annoverare quei dati e quelle informazioni di carattere strettamente personale, che una volta memorizzate offrono una traccia delle attitudini, dei comportamenti e, soprattutto, dei percorsi di navigazione, che consentono di delineare un profilo degli utenti-navigatori. Si tratta spesso di informazioni che, logicamente,

Espressione utilizzata da FRANCESCHELLI in Commercio elettronico e servizi della

37

società dell'informazione: le regole giuridiche del mercato interno e comunitario: commento al D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 70.

(19)

preesistono nella sfera dei diretti interessati, i quali, prima che utenti, sono ovviamente individui. Ciononostante, occorre mettere in luce come anche per questi beni-informazioni si possa parlare di novità, intesa come inesistenza prima dell’avvento del web e delle interazioni ed attività consentite dai suoi mezzi: essa risiede precisamente nelle particolari modalità con cui tali informazioni sono immesse nei sistemi e convertite in dati, auspicabilmente con il pieno consenso da parte degli individui a cui si riferiscono. Non si tratta soltanto delle caratteristiche anagrafiche, il cui inserimento avviene normalmente per iniziativa di chi intende accedere a specifiche aree od effettuare acquisti, procedendo alla propria iscrizione. E neppure di quelle caratteristiche che, in modo altrettanto spontaneo, ma non necessariamente consapevole, ciascun soggetto può rivelare sul proprio conto ogniqualvolta esprima delle preferenze, manifesti il proprio pensiero o indichi le sue attitudini o inclinazioni; nella maggior parte dei casi, tutto ciò avviene attraverso l’uso dei social networks. Accanto alle numerose informazioni che sono frutto di questi comportamenti infatti, ve ne sono altre la cui novità, come beni immateriali che originano dalla rete, risulta parimenti indubitabile: basti considerare tutte quelle ipotesi in cui anche il singolo accesso o la minima forma di interazione lasciano una traccia, quasi indelebile, del proprio passaggio sul web. Si tratta anche in questo caso di caratteristiche che riguardano la sfera personale dell’utente-consumatore, le quali possono essere ottenute grazie al monitoraggio delle ricerche o degli spostamenti effettuati, sia negli spazi virtuali del web, che negli spazi fisici, grazie ai moderni sistemi di geolocalizzazione . 38

Il valore economico di queste informazioni, certamente risibile se considerate per singole unità, incrementa in modo esponenziale

Sempre di più sono le applicazioni che, una volta installate su un device, sono in

38

grado di leggere ed elaborare i dati che quest’ultimo rileva attraverso un sistema di geolocalizzazione.

(20)

quando interessa milioni di soggetti . Disporre di questa enorme 39

mole di dati od informazioni comporta, tra l’altro, la possibilità di delineare un quadro statistico dei traffici e delle preferenze di massa: tutto ciò consente, ad esempio, di prevedere i probabili esiti futuri di alcuni fenomeni sociali ed economici. Lo sviluppo tecnologico attualmente raggiunto consente di processare e trasmettere queste informazioni in modo estremamente rapido, facendo sì che una volta raccolti, questi dati si prestino ad essere sfruttati per svariate finalità: un esempio, piuttosto attuale, è costituito dalla pubblicità comportamentale che consiste nella veicolazione di messaggi pubblicitari personalizzati, indirizzati ad un target individuato grazie alle attitudini e gli interessi che l’utente rivela con il proprio comportamento online. Simili tecniche di marketing, già sfruttate prima dell’avvento di internet, oggi acquistano un enorme potenziale se attuate attraverso il web, essendo in grado di garantire con il minimo sforzo ed il massimo risultato, che un messaggio di qualsiasi tipo giunga esattamente ai soggetti influenzabili, con maggiori possibilità di orientarne le scelte.

Non è una caso dunque se questi enormi complessi di informazioni, detti anche “Big Data” e tristemente noti anche alla cronaca recente a causa degli scambi e delle vendite di cui sono

Secondo uno studio pubblicato nel 2017 dal Portale Open Data dell’UE,

39

piattaforma istituita dalla Commissione dell’UE il 12 dicembre 2011 (dec. 2011/833/ UE), si stima che solo all’interno dell’UE l’ “economia dei dati” raggiungerà nel 2020 il valore complessivo di oltre 739 miliardi di euro, mentre già dal 2016 si contano approssimativamente 6,1 milioni di cittadini europei considerabili come “data

workers”, un numero che nel giro di due anni dovrebbe superare i 10 milioni.

Sempre entro il 2020 si attende un aumento di 25 mila posti di lavoro nel settore, che porterebbe cosi a 100 mila le posizioni lavorative connesse all’Open Data. BERENDS-CARRARA-RADU, The Economic Benefits of Open Data, 2017, questo

report è onsultabile anche all’indirizzo del Portale Open Data dell’UE,

(21)

stati oggetto, all’insaputa dei diretti interessati, sono stati definiti da alcuni autori come i “giacimenti petroliferi del Terzo Millennio” . 40

3.3. - I software e lo spazio web.

Prima di occuparci del mercato che in questa sede ci si propone di analizzare più da vicino, merita far breve cenno al rapporto che intercorre tra Internet ed i software, «applicazioni» incluse. Anche sotto questo profilo, infatti, la rete non solo rappresenta un mezzo indispensabile per la diffusione e la fruibilità di questi prodotti informatici o, comunque, uno strumento capace di incrementarne e potenziarne le funzionalità. Un numero sempre maggiore di applicazioni trova infatti nella connessione alla rete la sua stessa ragion d’essere: per fare soltanto un esempio, si pensi a quali funzionalità o utilità potrebbero residuare per una delle tante applicazioni che offrono la possibilità di archiviare dati su un server remoto o di fruire di alcuni contenuti multimediali attraverso lo streaming, in assenza di connessione alla rete. Invero, per poter svolgere simili attività si richiede sempre la disponibilità di un bene che, pur necessitando il supporto di macchine, cablaggi, memorie e tutto quanto rientri nell’universo dell’hardware, si declina in modo del tutto peculiare e nuovo se considerato nella dimensione immateriale di cui stiamo parlando, anche in virtù delle varie responsabilità che nascono dal suo scorretto utilizzo: si tratta dello spazio web, ossia un’atipica forma di bene, che costituisce una risorsa limitata e dotata quindi di un proprio valore. Non sembra dunque scorretto ipotizzare, anche in questo caso, uno specifico mercato in cui questa risorsa è domandata e offerta in modo peculiare, ma pur sempre suscettibile di dar vita a rapporti ed azioni che sono concorrenziali e dunque,

BOGNI-DEFANT, Big Data: diritti IP e problemi della privacy, in Dir. ind., 2015, I,

40

(22)

possibile oggetto di valutazione in base a criterio correttezza professionale.

3.4. - La visibilità online.

Il web mercato poi, non si declina soltanto nello scambio di prodotti e nella prestazione di servizi, digitali o materiali, tra il soggetto che produce o fornisce, ed il consumatore. A ben vedere, accanto agli ormai ingenti volumi d’affari generati da questo complesso di attività, sintetizzabili nel cosiddetto commercio elettronico, sono altri due i fattori principali dell’evoluzione in senso commerciale della rete: i servizi di accesso a internet, inclusi i servizi di connessione a pagamento, e la pubblicità online . L’estensione di 41

questi due settori merceologici è, in un certo senso, trasversale: si tratta infatti di mercati a cui prendono parte, dal lato della domanda o dell’offerta, una pluralità di produttori ed operatori economici, le cui attività principali sono spesso del tutto eterogenee e rivolte a soddisfare il bisogno di beni e di servizi di natura altra rispetto alla vendita di sono infatti presenti operatori economici operano sogg condividono un business che va oltre quei profitti ottenuti dalle vendite e dalle transazioni commerciali concluse, all’interno di altri settori di mercato, con gli utenti ed altre aziende: un business che si può efficacemente riassumere con lo schema della “trasformazione del traffico di rete in ricavi” . 42

In quest’ottica, è chiaro che qualunque individuo disponga di una propria presenza sul web, a prescindere dall’oggetto della sua attività online e dal suo eventuale svolgimento informato a criteri di

MANSANI-STABILE, in Franceschelli-Tosi (a cura di), Commercio elettronico e

41

servizi della società dell'informazione: le regole giuridiche del mercato interno e comunitario: commento al D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 70, 2003, Milano, 86.

CAZZOLA, Creatività e profilazione le armi contro la crisi., in AA.VV., La pubblicità

42

(23)

economicità e professionalità, si immette sempre in un mercato, attuale o potenziale, in cui concorrono tutti coloro che sono economicamente interessati al flusso di utenza generato dai canali telematici: in altre parole, ogni attività online si inserisce, anche solo potenzialmente, all’interno di un mercato pubblicitario globale.

Fin dalla nascita del web, imprese-inserzioniste, agenzie pubblicitarie, società di marketing, internet service providers, concessionarie di pubblicità in rete e, in generale, titolari di siti a carattere informativo , hanno elaborato stratagemmi sempre nuovi 43

e adottano gli accorgimenti più svariati, talvolta anche subdoli, per assicurarsi al miglior prezzo e in quantità maggiori possibili uno di quei peculiari beni immateriali che, al pari di altri, possiamo qui considerare come una creazione dell’interconnessione delle reti: la visibilità online agli occhi degli utenti. Si tratta di un bene che, pur essendo teoricamente inesauribile, è oggetto di precipua e specifica contrattazione ed è dotato di un proprio valore di scambio: è dunque indubitabile che su di esso si siano sviluppati autonomi segmenti di mercato .44

Con riguardo alla sua nascita, a ben vedere, non è sufficiente dire che essa è frutto dell’avvento e dello sviluppo delle reti telematiche: il legame che intercorre tra visibilità online e realtà telematica è infatti quasi viscerale, al punto da poter considerare la prima, come una risorsa connaturata alla stessa ragion d’essere del web: la dimensione telematica, fin dalle sue origini, ha da sempre coinvolto, e tuttora coinvolge, l’interesse di soggetti che se ne

Questi soggetti nella maggior parte dei casi costituiscono figure professionali che,

43

nel quadro normativo del d.lgs. n. 70 del 2003, sono definibili come “prestatori” dei servizi della società dell’informazione. Cfr. MANSANI-STABILE, op. cit., 92.

Il considerando n. 29 della dir. 2000/31/CE, relativa al Commercio elettronico,

44

sembra confermare il valore economico del bene della visibilità dal momento che ritiene essenziali le comunicazioni commerciali ai fini del finanziamento dei cosiddetti servizi della società dell’informazione.

(24)

avvalgono con la precisa intenzione di potersi presentare ad un pubblico più vasto possibile.

Ciò detto, sembra dunque concepibile un rapporto concorrenziale che si instaura in virtù della competizione per questo atipico bene immateriale che qui abbiamo definito come “visibilità sul web”, ma che può assumere varie declinazioni. Una di queste è costituita dal valore economico attribuibile ad una posizione di evidenza all’interno degli spazi grafici o dei percorsi di navigazione degli utenti del web.

Senza alcuna pretesa di enunciare principi o regole in ambito informatico, si può qui approssimare dicendo che la capacità di un informazione di destare l’attenzione da parte dell’utente dipende — oltre che dalla natura stessa dell’informazione e degli interessi del destinatario — tanto dalla sua collocazione grafica all’interno del layout di una pagina web, quanto dal suo posizionamento 45

all’interno dei percorsi ipertestuali di navigazione. Sotto quest’ultimo profilo, la complessità e l’articolazione del percorso da compiere per raggiungerla, il numero di collegamenti all’interno del web che ad essa rinviano e, a propria volta, la loro visibilità, costituiscono i fattori maggiormente in grado di influenzare la visibilità di quella informazione: così, la sua concreta fruizione da parte degli utenti si renderà più improbabile fintanto che l’ubicazione telematica in cui è riportata consti di pochi collegamenti o all’utente siano richiesti diversi spostamenti all’interno web per potervi entrare in contatto. Si tratta di valutazioni che sia per quanto riguarda gli spazi grafici che per i percorsi ipertestuali, possono essere suffragate o smentite da dati tecnici e misurabili, quali il numero di click e di visualizzazioni ricevute, unitamente ai tempi medi di permanenza degli utenti su un certo spazio telematico.

Il layout consiste sia nella disposizione degli elementi all’interno

45

dell’impaginazione propria di un sito o di una singola pagina web, che nell’aspetto grafico con cui quegli elementi sono rappresentati (colore, caratteri testuali etc.).

(25)

La concorrenzialità che emerge a causa di queste posizioni di minore o maggiore capacità diffusiva, non è identificabile a partire da un’affinità merceologica tra i prodotti e servizi offerti dai vari operatori, in quanto idonei a soddisfare bisogni succedanei per un certo pubblico, geograficamente determinato. In ambito informatico, questi aspetti attengono piuttosto alla natura dei contenuti veicolati attraverso un determinato canale: al di là di tale natura, il dato di fatto è quello della contemporanea presenza di più operatori su un medesimo contenitore, rappresentato dalla totalità degli spazi immateriali offerti web. Una compresenza che assume, più o meno decisamente, i contorni di un autonomo fenomeno di concorrenzialità.

Per quanto atipica, questa declinazione del rapporto di concorrenza sembra essere evocata da diversi autori, alcuni dei quali identificano questa peculiare settore di mercato attraverso un ribaltamento del criterio tradizionalmente utilizzato per indicare dei settori merceologici di riferimento: quello dei bisogni dei consumatori. Come è stato efficacemente osservato in dottrina, quest’ultimi, anziché preesistere nella sfera decisionale dell’internauta, subiscono una sorta di tipizzazione all’interno delle varie pagine web : offrendo l’opportunità di accedere a diverse 46

opzioni di percorso, infatti, ciascuna pagina non fa altro che mettere sullo stesso piano, presentandoli, una serie di bisogni non omogenei.

In linea con questa ricostruzione, in dottrina è stato sottolineato come in rete si tenti di orientare la domanda non tanto attraverso una propria distinzione che consenta di attrarre i navigatori interessati ad offerte imprenditoriali concorrenti, in quanto merceologicamente affini: i titolari di siti web tendono piuttosto ad indirizzare l’utente sfruttando la sua attitudine a spostarsi tra gli

MENESINI, Libertà di concorrenza nel web mercato, in Palazzo-Ruffolo (a cura di),

46

(26)

spazi telematici con un approccio di tipo “congetturale” : nella sua 47

navigazione, infatti, egli non è posto in condizione di conoscere preventivamente e con esattezza i contenuti e le informazioni presentate all’interno di una pagina o di un sito che ritiene pertinenti alla sua ricerca. L’unica modalità con cui egli può verificare la rispondenza di tali informazioni ai suoi interessi, è quella di effettuare un accesso ai vari indirizzi web che di volta in volta vengono proposti all’interno delle pagine visualizzate.

Come si intuisce, si tratta di osservazioni che dipendono essenzialmente dalla particolare struttura della rete, che avremo modo di analizzare nei capitoli successivi, dedicati agli illeciti concorrenziali e contraffattori correlati al sistema dei nomi a dominio e dei motori di ricerca: ciò preme evidenziare sin da subito, invece, è che se, potenzialmente, tutti i titolari di un canale web possono sempre considerarsi tra loro in concorrenza nell’attrarre i contatti e le visite degli utenti, ne deriva che è lo stesso web, con la sua struttura, a configurarsi come un mercato globale in cui avviene uno scambio di informazioni. Sotto questo profilo, la concorrenza che emerge tra la pluralità di operatori, prescinde dalla destinazione — commerciale, amministrativa, pubblica o anche meramente informativa-divulgativa — a cui sono effettivamente preordinati i rispettivi canali telematici, essendo legata, piuttosto, alla naturale funzione tecnica assolta da qualsiasi spazio web: funzione che, appunto, è solitamente quella di attrarre e di ricevere il maggior numero di visite da parte degli utenti.

Ora, come si è visto supra, il traffico di utenza rappresenta di per sé un valore aggiunto dal punto di vista economico: dunque, sotto questo profilo, si può dire che è la stessa struttura del web che configura un atipico mercato, inteso come luogo virtuale di incontro tra la domanda di accesso dell’utente e l’offerta di contenuti-informazioni di qualche tipo.

SPADA, Domain Names e Dominio dei nomi, in Riv. dir. civ., 2000, II, 733 e ss.

(27)

In questa prospettiva, se ci si attiene strettamente al classico presupposto dell’idoneità di beni o servizi a soddisfare bisogni identici o simili dei consumatori, elaborato da una giurisprudenza e da una dottrina ampiamente consolidate, si finisce per trascurare l’esistenza di alcuni rapporti di concorrenza a cui ha aperto le porte il processo di commercializzazione della rete. Ed infatti, al vaglio di tipo merceologico condotto alla stregua dei presupposti appena detti, sfugge completamente l’esistenza di uno o più web mercati che ruotano appunto attorno al bene economico della visibilità online: essa non solo assicura maggiori opportunità di profitto per le specifiche attività svolte attraverso gli spazi telematici, le quali, intercettando più utenti, saranno in grado ad esempio di incrementare le proprie vendite; a ben vedere essa costituisce un vero e proprio fine per chiunque dispone di uno spazio telematico, in quanto in grado di aumentare la provvista pubblicitaria.

Come si è detto, una parte della dottrina giunge a conclusioni non dissimili da quelle su esposte partendo da una sorta di ribaltamento del criterio dei bisogni merceologici: per questa via si è ipotizzata l’esistenza di una trans-concorrenzialtià, ponendo in evidenza il fatto che, per le caratteristiche della rete, questo rapporto non intercorre più tra gli operatori, ma tra i bisogni stessi, essendo quest’ultimi presentati insieme all’interno delle varie pagine, in modo del tutto eterogeneo . 48

Trans-concorrenzialità o, potremmo dire, meta-mercato: il luogo virtuale di scambio coinvolge infatti tutti coloro che sfruttano i canali web, cosicché, in aggiunta ai rapporti concorrenziali che dipendono essenzialmente dalle delle attività economiche ivi svolte o pubblicizzate, ve ne sono altri, sovrapponibili, che si instaurano a causa della semplice compresenza di più operatori su questi canali.

Volendo poi interrogarci su quali merci si scambiano in questa forma di web mercato, globale e sovrapponibile ad altri settori della

MENESINI, op. cit., 261 e ss..

(28)

concorrenza, potremmo rispondere che si tratta fondamentalmente di informazioni, tant’è che in dottrina alcuni autori parlano di un marketplace of information, all’interno del quale, un qualunque operatore dovrebbe addirittura soggiacere alle regole generali previste per l’esercizio di un’attività d’impresa . Come emerge 49

anche da una recente analisi condotta dall’A.g.c.o.m. , ad oggi 50

sono diversi e multiformi gli attori della comunicazione che convivono sul web: dalle tradizionali piattaforme di informazione che ora offrono i propri contenuti in rete, come i quotidiani, i periodici, le radio; i nuovi soggetti attivi nella produzione di notizie, come le testate native digitali; le nuove forme di offerta online che aggregano le notizie già presenti in rete, ne rendono possibile la condivisione, come i social media; fino ad arrivare ai semplici portali web di carattere personale, come i blog. A tutti questi soggetti, sono ovviamente da aggiungere coloro che non operano ad un livello editoriale, bensì su un livello superiore e trasversale, fornendo servizi generali: l’analisi dell’A.g.c.o.m. sopra richiamata mette bene in luce come ciascun attore della comunicazione entri in competizione, sia nell’audience, che, soprattutto, sul versante pubblicitario, anche con social network e motori di ricerca.

Se a costituire oggetto di scambio sono delle informazioni, nulla impedisce che si tratti — anche — di informazioni di carattere commerciale o promozionale, ovvero di pubblicità: non a caso alcuni autori affermano che Internet, prima di altre cose, costituisce innanzitutto un mercato pubblicitario . Quest’ultima prospettiva, 51

RICCIO, Concorrenza sleale e tutela dei consumatori nelle reti telematiche, in Dir.

49

inform., 2006, 319.

A.g.c.o.m., Relazione Annuale 2014 sull’attività svolta e sui programmi di lavoro,

50

in part. si vedano le pagine 102 e ss. La relazione è consultabile sul portale ufficiale dell’autorità, sito all’indirizzo www.agcom.it.

MENESINI, op. cit., 262.

(29)

peraltro, risulta essere stata condivisa anche nella stesura di alcuni provvedimenti normativi di matrice comunitaria .52

4. - La concorrenza sleale nei web mercati.

Dovrebbe essere chiaro che, a lato dei vari interessi coinvolti, le esigenze di tutela per i beni sin qui sommariamente descritti ed individuati per categorie generali, sorgono anche nel momento in cui divengono oggetto di contesa da parte di imprenditori e professionisti.

Sia considerando la sfera individuale dei singoli imprenditori che vi partecipano attivamente, che quella collettiva degli utenti-consumatori, le cui istanze sono toccate in modo riflesso, non è certo tollerabile che la competizione fra concorrenti che prende vita in rete, o che su di essa si protrae, si trasformi in una lotta selvaggia e priva di regole, in cui siano legittimati e, di fatto premiati, i colpi bassi assestati ai propri competitor, le iniziative ingannevoli o quelle rivolte a sfruttare parassitariamente gli investimenti e le idee altrui.

Queste derive patologiche del mercato devono dunque poter essere prevenute o arginate anche sul web, con piena efficacia di quegli strumenti di tutela predisposti all’uopo nel nostro ordinamento. Se davvero si vuole ottenere un clima di piena tutela, occorre che a tali strumenti ed istituti giuridici non siano opposti i tradizionali limiti che essi incontrerebbero all’infuori del contesto di cui si sta parlando, ed in specie quelli derivanti dalla lontananza geografica o dalla eterogeneità dei bisogni di mercato dei consumatori. Proprio con riguardo al presupposto merceologico, alla luce di quanto detto in precedenza dovrebbe essere chiaro come ciascuna delle tipologie di beni “nuovi” sopra richiamata, nonostante

Si è già richiamato il considerando 29 della direttiva sul commercio elettronico,

52

secondo cui le comunicazioni commerciali sono essenziali per il finanziamento dei servizi della società dell’informazione.

(30)

sia caratterizzata da immaterialità e da modalità di scambio atipiche e lontane da quelle tradizionali, evoca sicuramente l’esistenza di un rispettivo e specifico mercato, la cui “novità” non può certo giustificare l’assenza di regolamentazione.

Si è di fronte, insomma, ad uno svuotamento di alcuni presupposti tipici della disciplina: una tendenza di cui forse possono risultare poco condivisibili le inopinate e fittizie estensioni del concetto di concorrenzialità, con cui si è indotti ad immaginare che chiunque operi in rete si immetta in un mercato planetario , ma che 53

deve comunque essere registrata e presa in considerazione. Così come deve essere constato l’effetto di segno opposto che le peculiari caratteristiche della rete telematica esercitano sui singoli presupposti del rapporto di concorrenza: presupposti che, talvolta, anziché escludere e limitare il novero dei soggetti tra cui intercorre detto rapporto, acquistano, piuttosto, una valenza “inclusiva”, in grado di estendere il campo di applicazione soggettivo della disciplina normativa.

Abbiamo già avuto modo di sottolineare come un bene immateriale, al di là delle etichette giuridiche che, a ragione o a torto, si possono ad esso attribuire, sia costituito proprio dal nome a dominio. Al riguardo, nell’oramai acquisita esistenza di un web mercato , o di più web mercati come si è appena visto, non può 54

certo sorprendere come quello che ancora oggi è il principale identificativo nella dimensione del web sia a sua volta oggetto di una vivace attività di interscambio da parte degli operatori. A livello globale, il cosiddetto “mercato secondario” dei nomi a dominio,

PETTI, L’effetto confusorio sulla rete: la potenzialità diffusiva delle immagini

53

imitative, in Riv. Dir. Ind., 2016, II, 608; RICCIO, Concorrenza sleale e tutela dei

consumatori nelle reti telematiche, in Dir. Inform., 2006, 312. SAMMARCO, in Rosello-Finocchiaro-Tosi (a cura di), Commercio elettronico documento informatico e firma

digitale. la nuova disciplina, 2003, Torino, 494.

Come lo definisce MENESINI, Libertà di concorrenza nel web mercato, in

Palazzo-54

(31)

ovvero quello che interessa gli indirizzi già assegnati, è in grado di smuovere ogni anno un flusso di affari pari a centinaia di milioni dollari , con transazioni di punta che superano le decine di milioni di 55

dollari . Per quanto riguarda il nostro Paese le somme sborsate 56

sono certamente inferiori, ma non mancano comunque indirizzi a targa “.it” per i quali il corrispettivo versato, specialmente negli anni passati, si aggirava intorno alle centinaia di migliaia di euro 57

S i m i l i i n t e r e s s i e c o n o m i c i i m p o n g o n o d u n q u e u n a considerazione delle pratiche in grado di compromettere la generale osservanza dei canoni di correttezza professionale, suscettibili di declinazione anche nel contesto digitale.

5. - I limiti territoriali e merceologici della

disciplina della concorrenza.

Il primo fondamentale presupposto dell’illecito di cui all’art. 2598 c.c., che interessa ciascuna delle sue singole sub-fattispecie, è quello di natura oggettiva, comprendente tutti gli elementi di fatto in cui si compendia l’esistenza di un rapporto di concorrenzialità tra

A titolo di esempio, si possono considerare i dati diramati da uno dei maggiori

55

Registrar attivi nell’intermediazione dei domini registrati: l’infografica presente su www.sedo.com evidenzia un volume di vendite che, nel solo 2013 ed esclusivamente sul proprio marketplace, ha sorpassato la quota di settanta milioni di dollari.

Ad oggi il record spetta ad “insurance.com”, la cui vendita ha fruttato circa

56

trentacinque milioni di dollari. Il dominio “sex.com”, per il quale il titolare originario aveva sborsato solo trentacinque dollari per le spese di registrazione, qualche tempo dopo è stato rivenduto per settantacinque milioni di dollari, INTROVIGINE, in

Bottero (a cura di), La riforma del codice della proprietà industriale. Commentario

alle modifiche al codice della proprietà industriale apportate dal decreto legislativo 13 agosto 2010, n.131, 2011, Milano, 49.

Nel 2012 ad esempio “giochi.it” è stato venduto per una somma intorno ai

57

trecentomila euro. Per altri dati sul mercato dei domain names con l’estensione “.it” si può consultare il portale www.dnnews.it e MAGRINI, L’affare degli indirizzi internet.

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