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DIRITTO PRIVATO B prof. MARIO CAPECCHI

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DIRITTO PRIVATO B prof. MARIO CAPECCHI

____________________________________________________________________________________________________

[Cap. 1]

Le SITUAZIONI GIURIDICHE SOGGETTIVE del DIRITTO

Quando tra due o più soggetti esiste una relazione, si stabilisce in taluni casi, un rapporto giuridico, creandosi una situazione giuridica soggettiva a capo di un soggetto. Essa rappresenta una posizione di vantaggio o di svantaggio che una

determinata norma giuridica attribuisce ad un soggetto nell’ambito di un determinato rapporto giuridico.

Situazioni giuridiche attive: esprimono la prevalenza dell’interesse del titolare, sull’interesse di altri soggetti;

rappresentato principalmente nel diritto personale di godimento di una cosa;

Situazioni giuridiche passive: esprimono la subordinazione dell’interesse del titolare rispetto all’interesse di altri soggetti; rappresentato principalmente nel dovere di rispettare la proprietà altrui.

POSIZIONI GURIDICHE SOGGETTIVE

Il DIRITTO REALE è un diritto ASSOLUTO, che può essere fatto valere nei confronti di chiunque, a fronte del quale,

dall’altra parte c’è un dovere, da parte di tutti, di astenersi da quel diritto. Il DOVERE si dice aver contenuto negativo, poiché permette all’altra persona di godere a pieno di quel diritto. ESEMPIO: io acquisto il diritto di un parcheggio, nessuno può parcheggiare li, quindi dall’altro lato c’è un dovere, che deve essere osservato da chiunque, di non posteggiarci.

Il DOVERE è una situazione giuridica passiva, che vieta di tenere comportamenti capaci di ledere il diritto soggettivo (assoluto) altrui; ha contenuto negativo perché impone di non fare qualcosa.

Il DIRITTO RELATIVO (o crediti) è un diritto che può essere fatto valere solo nei confronti di qualche soggetto determinato, il titolare del tale diritto possiede la pretesa, nei confronti dell’altro soggetto, che esso venga rispettato. Il soggetto assume un obbligo avente contenuto positivo, poiché soddisfa il titolare di un diritto. ESEMPIO: nel caso dei crediti.

L’OBBLIGO è la situazione passiva che consiste in un vincolo imposto all’azione del titolare, nell’interesse di chi ha un diritto soggettivo (relativo) rivolto esclusivamente verso di lui. Ha carattere individuale, cioè che grava su un soggetto determinato e ha un contenuto diverso, cioè che può essere sia di carattere negativo sia positivo.

All’interno del diritto privato, i soggetti assumono una pluralità di posizioni giuridiche: In base alla posizione dei soggetti

In base alla relazione dei soggetti

La FACOLTÀ è una posizione giuridica la quale permette al titolare, la possibilità di tenere un determinato comportamento, quindi di fare qualcosa, rispettando il contenuto del diritto, senza esaurirlo. Dall’altra parte del rapporto giuridico, qualcuno aspetta la mia decisione. Il contenuto di tale diritto soggettivo, è rappresentato come la somma delle varie facoltà che appartengono al suo titolare.

L’ONERE è una situazione dove il soggetto attivo, se vuole ottenere un certo tipo di risultato, deve tenere un certo tipo di comportamento. Consiste in un vincolo posto all’azione del soggetto passivo (ad es. il compratore), se il soggetto però non osserva l’onere non commette un illecito, semplicemente rinuncia ad un vantaggio, perché non si mette in condizioni di utilizzare la propria posizione attiva. Ad esempio nel caso del reso, ne puoi vantare se restituisci la merce entro un determinato periodo, trascorso il quale non è più possibile richiedere il rimborso/cambio dell’ordine.

INTERESSE LEGITTIMO è una posizione che si manifesta nell’arco del diritto pubblico, non c’è parità di diritto (supremazia assoluta) quindi il cittadino non può avere un diritto verso lente pubblico, unica cosa che può pretendere è un

comportamento conforme al diritto.

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QUALI SONO LE SITUAZIONI CHE INCIDONO SUI RAPPORTI GIURIDICI? – FATTI E ATTI GIURIDICI

I cambiamenti che si producono nelle situazioni giuridiche dei soggetti sono definiti EFFETTI GIURIDICI: creazione, modificazione o estinzione. Essi si producono solo quando c’è una causa che li determina, ossia una fattispecie giuridica.

La fattispecie causa l’effetto giuridico solo perché le norme stabiliscono che a quella certa fattispecie consegua quel certo effetto giuridico. Inoltre le fattispecie si differenziano in base alla volontà e alla consapevolezza umana, vengono così distinti: fatti e atti giuridici.

Distinguiamo i fatti naturali e umani e negli umani distinguiamo in: fatti leciti e illeciti.

I FATTI sono gli avvenimenti che accadono e producono i loro effetti giuridici indipendentemente dall’intenzione e dalla consapevolezza umana; quindi senza che le persone coinvolte, in un determinato rapporto giuridico, abbiano inteso di ottenere determinati effetti giuridici. I fatti dell’essere umano possono essere:

FATTI LECITI: sono i comportamenti, che una persona tiene, senza interessi giuridici;

FATTI ILLECITI danno luogo a una responsabilità di tipo civile.

Gli ATTI sono comportamenti caratterizzati da un determinato grado di consapevolezza e intenzionalità, la cui rilevanza giuridica dipende dalla presenza del fattore umano, sono azioni volontarie. Per ottenere determinati interessi, sono divisi in base alla formazione:

ATTO UNILATERALE: è una manifestazione volontaria di una sola parte;

ATTO BILATERALE: purché esista tale atto è necessario l’atto di volontà di almeno due parti;

ATTO COLLEGIALE: la decisione viene presa secondo meccanismi collegiali (maggioranza) da più persone manifestando una volontà unica;

ATTI PLURILATERALI: è quell’atto in cui, è necessario il consenso da parte di tutti coloro che vogliono fare una determinata cosa, purché esso sia valido.

A seguito di un atto o fatto può scaturisce o no, un rapporto giuridico patrimoniale; si distinguono quelli patrimoniali in situazioni di tipo economico e a sua volta possono essere: onerosi, quando tutte le parti coinvolte nell’atto sostengono un sacrificio economico e ricevono rispettivamente un vantaggio economico; gratuiti sono quelli in cui solo una delle parti coinvolte sostiene un sacrificio economico, mentre l’altra ottiene un vantaggio senza affrontare corrispondente sacrificio.

Mentre si distinguono quelli non patrimoniali per situazioni giuridiche di tipo non economico, come ad esempio il matrimonio, ad esclusione di alcuni contenuti.

Inoltre, in base al criterio del quale si vuole la produzione degli effetti degli atti abbiamo:

Atti a causa di morte, che producono i loro effetti solo a seguito del decesso del titolare dell’atto, compiuto in vista di questo evento;

Atti fra vivi: sono quelli che, non presuppongono la morte del loro autore, di regola producono i loro effetti dal momento in cui sono formati.

1.2 Le VICENDE dei DIRITTI e la CIRCOLAZIONE GIURIDICA

I cambiamenti e i movimenti dei diritti vengono chiamati vicende, esse sono effetti giuridici determinati da una fattispecie. Le vicende principali sono: la nascita (acquisto), il trasferimento, l’estinzione (perdita) del diritto.

L’ACQUISTO è la vicenda per cui la persona (avente causa) diventa titolare di un diritto che prima non aveva. “L’acquisto del diritto si realizza, solo se, il titolo è regolare” cioè che l’atto giuridico di acquisto è valido ed efficace; inoltre “nessuno può trasferire un diritto che non ha” sostanzialmente nessuno può diventare titolare di un diritto, acquistandolo da chi non ce l’ha. ---

Può avvenire:

o A TITOLO ORIGINARIO, quando il nuovo titolare acquista il diritto senza entrare in rapporto con il precedente titolare, in questo caso “uno acquista un diritto, senza che nessun altro lo perda.”;

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o A TITOLO DERIVATIVO, quando l’acquirente riceve dal precedente titolare, sulla base di un rapporto giuridico, il diritto di acquistare il bene. Si definisce anche successione del diritto che, in base all’oggetto dell’acquisto, si distingue:

Successione particolare, quando l’avente causa acquista uno o più diritti determinati dal dante causa;

Successione universale, quando il successore subentra nell’intero patrimonio del dante causa o in una quota di esso. Un esempio è quello della società che ne incorpora un’altra, subentrando nel

patrimonio di quest’ultima.

L’ALIENAZIONE è la vicenda per cui, a seguito di un acquisto, un soggetto (dante causa) fa diventare di qualcun altro il suo diritto, perdendone la titolarità.

L’ESTINZIONE dei DIRITTI – art. 2934: è quella vicenda in cui “un soggetto perde un suo diritto senza che nessun altro lo acquisti” le cause possono essere: scadenza del termine, rinuncia (derelizione, ossia l’abbandono volontario) o distruzione della cosa. Può avvenire per PRESCRIZIONE e DECADENZA, essi sono istituti simili ma differenti che, basandosi sul decorrere del tempo, definiscono che si estingue una situazione giuridica.

art. 2964 c.c. – DECADENZA: è la situazione in cui, a seguito di un rapporto giuridico, la controparte ha la facoltà di godere di un diritto, solo se viene esercitato in un determinato periodo di tempo. Se il titolare del diritto lascia scadere il termine senza esercitarlo, egli perde il diritto, così il rapporto si stabilizza definitivamente. L’unico modo per evitare la decadenza è “esercitare il diritto secondo il suo contenuto tipico”. Quindi, sostanzialmente, la decadenza fa perdere una certa posizione giuridica all’interno di una situazione o un rapporto giuridico. Esempio: presa una multa hai tot giorni per fare ricorso, trascorso quel periodo di tempo, tale diritto decade.

A seconda del tipo di diritto implicato, la DISCIPLINA della DECADENZA può variare:

Se riguarda diritti indisponibili: è inderogabile, quindi le parti non possono ne modificarla ne rinunciarvi;

Se riguarda diritti disponibili: l’interesse è individuale quindi la disciplina:

o Può essere non riconosciuta dal diritto per cui la parte passiva deve farsi valere;

o Può essere modificata di contenuto;

o Non può essere rilevata d’ufficio.

art. 2935 c.c. – PRESCRIZIONE: in ambito civile, quando qualcuno che ha un diritto e lo vuole esercitare, è

necessario che lo faccia entro un determinato periodo. La domanda è “ti interessa tale situazione giuridica? perché sennò te la levo. Sostanzialmente prevede la perdita di una situazione giuridica poiché il soggetto non la esercita, quindi il titolare che sta per un lungo tempo senza esercitare il suo diritto, lo perde. L’inizio della prescrizione “inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere” mentre il termine è “il periodo di tempo, trascorso il quale il diritto si estingue, salvi i casi in cui la legge dispone diversamente, i diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di 10 anni”. La DISCIPLINA LEGALE è IDEROGABILE, quindi:

Non è ammessa la modifica dei termini di durata della prescrizione, anche se concordata dalle parti;

Non è ammessa la rinuncia preventiva, cioè quella fatta dalla parte passiva quando la prescrizione non è ancora maturata.

SI DIFFERENZIANO DUE TIPI DI PRESCRZIONE:

Prescrizione estintiva: per cui decorso il periodo di tempo, il diritto si estingue;

Prescrizione presuntiva: per cui decorso un certo periodo di tempo, si presume la perdita del diritto, sostanzialmente si pensa che, passato un determinato periodo di tempo, non si ha più interesse.

La DIFFERENZA tra decadenza e prescrizione è rappresentata sia dalle differenti ragioni giustificative, sia dalle differenti modalità della disciplina, ma soprattutto nella FINALITÀ. Inoltre SOSPENSIONE e INTERRUZIONE si verificano SOLO per la PRESCRIZIONE.

La SOSPENSIONE avviene quando non vi sono più presenti le condizioni per poter esercitare il diritto, il decorre della prescrizione si arresta e riprende quando la causa di sospensione viene meno. Le cause di sospensione sono tassative, l’interprete non può ricavarne altre per analogia, esse avvengono per:

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Particolari rapporti esistenti fra le parti: quando esse, per varie ragioni, possono scoraggiare l’esercizio di azione o iniziativa legale del titolare verso la controparte; è il caso fra coniugi oppure fra imprenditore e lavoratore;

Particolari situazioni soggettive del titolare del diritto: sono situazioni tali da creare gravi difficoltà all’esercizio del diritto stesso; è il caso dei minori non emancipati o interdetti, per cui è sospesa la prescrizione dei loro diritti finché non hanno la possibilità di essere rappresentati legalmente.

L’INTERRUZIONE avviene attraverso la manifestazione volontaria di un atto, con il quale si mostra l’interesse di esercitare tale diritto, interrompendo definitivamente il decorrere della prescrizione.

Gli ATTI INTERRUTTIVI della prescrizione, validi solo mediante atti scritti, sono:

1. Atti provenienti dal titolare del diritto: rappresentati dall’esercizio del diritto stesso, possono consistere:

a. In una domanda giudiziale, con cui il titolare esercita un’azione di giudizio contro la parte passiva;

b. In qualsiasi atto di costituzione in mora della parte passiva.

2. Atti provenienti dalla controparte (titolare della situazione passiva): consistenti nel riconoscimento, anche implicito, del diritto altrui.

[CAP. 2]

I SOGGETTI del DIRITTO

I SOGGETTI

sono coloro ai quali possono riferirsi le situazioni patrimoniali giuridiche, non sono solo persone fisiche. Essi possono acquisire:

La CAPACITÀ GIURIDICA: rappresenta la capacità di essere titolari di doveri, viene acquisita al momento della nascita; questo significa essere quindi un soggetto sotto tutti gli aspetti e dunque avere dei diritti e doveri.

- DIRITTI FONDAMENTALI e INALIENABILI, come: il diritto all’integrità fisica e alla vita, il diritto alla salute art 32 costituzione; il diritto al nome, art 6 CC “ciascuno di noi alla nascita ha un nome e abbiamo la possibilità di contestare qualcuno che faccia uso improprio del mio nome”;

- DIRITTO all’IMMAGINE, come: IDENTITÀ PERSONALE, che è il diritto che ciascuno di noi ha di presentarsi al popolo, gli altri non possono attribuirsi idee diverse da quelle che sostengo, in sostanza è la mia

l’immagine pubblica; ALL’IDENTITÀ SESSUALE;

- DIRITTI della PERSONALITÀ, riconosciuti dalla costituzione: i diritti all’Onore, diritti della

riservatezza/PRIVACY (inizialmente il concetto di privacy era un concetto calato sulle persone famose, in realtà a seguito dell’avvento all’informatica si estese a tutti poiché può essere violato con strumenti di qualunque tipo.

CAPACITÀ DI AGIRE: viene acquisita con il compimento dei 18 anni e consiste nella capacità di gestire le proprie posizioni giuridiche, e quindi nella capacità di esercitare un diritto. I minori sono privi di capacità di stipulare atti, anche quelli commerciali, quindi sono visti come incapaci di agire.

Dunque secondo la legge, un soggetto non è in grado di intendere e di volere fino a 18 anni, ma oltre tale età è possibile che comunque questo diritto venga limitato, a seguito di condizione psicofisiche non idonee a stipulare e gestire i suoi diritti. Quindi il diritto prevede una serie di LIMITAZIONI GIUDIZIALI, imposte dal giudice, il quale con una sentenza valuta le condizioni e decide di quanto limitare la sua azione:

INTERDIZIONE (detta anche morte civile) – art. 414 c.c.: persone che perdono totalmente la capacità di agire, possiedono ancora quella giuridica, ma da soli non possono fare nulla infatti, vengono assistiti da un tutore legale assegnato dal giudice, il quale decideva per la persona inabilitata. Esistono diversi tipi di interdizione:

INTERDETTO LEGALE: stabilito dalla legge, come ad esempio nel caso di minori emancipati;

INTERDETTO GIUDIZIALE: resi incapaci da una sentenza giudiziale;

INTERDETTO NATURALE: quando una persona si trova ad essere incapace di intendere e/o volere per una causa transitoria. Ad esempio nel caso di stato di ubriachezza, si perde la capacità temporanea di intendere e volere. In questo caso si impone una disciplina che regola l’interesse dei terzi, dove il contratto rimane valido

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solo se si accerta che sia stato un atto in buona fede. Se si parla di atti in cui non vi è nulla in cambio si può annullare ogni volta che sussista un pregiudizio.

INABILITAZIONE – art. 415 c.c.): perdita parziale del diritto di agire, il soggetto inabilitato può compiere solo gli atti di ordinaria amministrazione, per i casi più lievi. Dunque viene affiancato da un curatore, il quale ha il dovere di affiancare il disabile per gli atti di straordinaria amministrazione.

I MINORI EMANCIPATI, sono un eccezione in cui il giudice concede a un minore di sposarsi a 16 anni e concede, però solo la capacità di gestire gli atti di ordinaria amministrazione.

Una modifica recente nell’ambito del trattamento di persone con infermità, ovvero coloro che hanno una menomazione fisica o psichica, che si trovano nell’impossibilità, anche parziale o temporale, di provvedere ai propri interessi, possono essere assistiti dall’AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO. Essa infatti aiuta, ad esempio, quelle persone con disabilità fisiche, quindi impossibilitate a svolgere solo determinate attività, ma comunque in piena capacità di intendere e volere, proponendosi quindi come sostegno mirato in quelle attività. È nominata dal giudice tutelare, del luogo in cui questi soggetti hanno la residenza o il domicilio, che sarà in grado di capire che tipo di debolezza ha e il modo per sopperire ad esse. Un esempio sono gli anziani: non in grado di gestire le loro economie, quindi attribuito un commercialista.

Riassumendo quindi l’INCAPACITÀ PARZIALE corrisponde agli inabilitati e all’amministrazione di sostegno; mentre coloro che sono COMPLETAMENTE INCAPACI corrispondono ai minorenni e agli interdetti.

Ai soggetti sono attribuiti determinati luoghi della persona dove essi vivono piuttosto che lavorano e sono:

La RESIDENZA, è il luogo dove dichiariamo di abitare abitualmente;

Il DOMICILIO, è la principale sede dei nostri affari e interessi;

La DIMORA, è il luogo dove viviamo per un periodo determinato di tempo, ad esempio una settimana in albergo.

Un altro luogo è il DOMICILIO INFORMATICO, ossia la casella di posta elettronica certificata (PEC), diventata obbligatoria per i professionisti e per le imprese, ogni volta che un messaggio arriva vuol dire che è stato letto e da quel momento hanno effetto giuridico I termini di scadenza dell’avviso, lo stesso vale per la residenza.

Vi sono altri soggetti del diritto, con una regolamentazione differente dalle persone fisiche:

2.2

GLI ENTI COLLETTIVI

, differiscono dalle persone fisiche, non si parla di essere umani, ma di aggregazione di enti, possono essere titolari di diritti e doveri, e quindi hanno una personalità giuridica, ma sono distinti dalle persone giuridiche.

Questo concetto è stato disciplinato dal legislatore nel 1942, stato poi smentito successivamente dai fatti. Il legislatore, infatti, voleva sostenere la promozione degli enti riconosciuti dandoli il beneficio della responsabilità limitata dell’autonomia patrimoniale perfetta, pensando che questo premio avesse indotto le persone a chiedere il riconoscimento degli enti. Ma in realtà poi non è andata così, nella storia repubblicana, infatti, i partiti politici sono stati i principali soggetti no profit che riguardano argomenti molto diffusi nella nostra società e non hanno mai richiesto il riconoscimento, come anche i sindacati, ragione per cui il legislatore sta incontrando grosse difficoltà ad intervenire in questa struttura.

Negli Anni 40’ in pieno fascismo il pericolo maggiore era la possibilità che le persone si riunissero in gruppi per contrastare l’ordine sovrano, ed è proprio in questo periodo che viene emanato il codice civile, per tutelare le associazioni non pericolose.

Il legislatore che guardava con diffidenza gli enti no profit voleva controllarli emanando anche leggi per controllare le attività della chiesa.

“Se vi riunite per finalità non lucrative, non potete assegnare un patrimonio, e dei debiti ne rispondono i soci. Lo Stato può riconoscere l’ente e farlo diventare una persona giuridica, attribuendoli un patrimonio, purché sia accertato dallo stesso, che non sia pericoloso.” Questo concetto fallì con l’introduzione della costituzione.

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La DISCIPLINA VIGENTE, infatti, regola che nel panorama legislativo attutale, quindi nel codice civile, vi siano due famiglie di enti collettivi: da una prima parte, vi sono quelli disciplinati dal primo libro del codice civile che sono gli enti senza scopro di lucro; poi vi sono le società che sono disciplinate nel libro quinto del codice civile del libro del lavoro. Il legislatore ha previsto, quindi, due collocazioni diverse in funzione del tipo di attività che si aspettava che questi enti dovessero svolgere.

Nel LIBRO V del codice civile vengono disciplinate le attività professionali del lavoro con finalità lucrativa;

Nel LIBRO I del codice civile, si parla delle persone, ma in questa categoria rientrano anche quegli enti che hanno una funzione di sviluppo, sostegno e completamento della persona, quindi idealmente attività non lucrative. Questa definizione però non è propriamente corretta!

Inizialmente si poteva pensare che questi enti si potessero distinguere in funzione dell’attività esercitata, ma a seguito della crisi del Welfare state, gli enti hanno iniziato a sopperito il venir meno dell’intervento pubblico, quindi tali enti non si sono più limitati a svolgere funzioni e le attività ideali, ma hanno incominciato anche ad occuparsi di questioni concrete.

A seguito di ciò avvenne un problema anche di tipo economico, poiché comunque, questi enti dovevano garantire in qualche modo la loro sopravvivenza economica e per farlo hanno incominciato a svolgere anche attività commerciali. Inizialmente, quindi, gli enti con finalità ideali svolgevano attività di tipo erogativo, ovvero destinate al soddisfacimento dei bisogni umani, dove i soldi distribuiti erano maggiori degli incassati, presupponendo entrate derivanti da donazioni, ecc…

Successivamente però, a partire dagli anni 80, gli enti puntavano a un economia di bilancio, per procurarsi delle entrate in misura almeno pari alle uscite, pena per mancanza di risorse, hanno iniziato a svolgere attività economiche. Da qui ebbe inizio la crescita, degli enti no profit, nell’ambito sociale, legata al fatto che essi sono andati a svolgere quelle attività che lo stato non svolgeva più a seguito della crisi del Welfare state.

Ma la differenza tra i soggetto del libro I e del libro V, non sta nell’attività esercitata ma è la finalità per la quale tale attività viene esercitata e quindi se l’ente è no profit, vuol dire che l’attività viene svolta in una modalità tale da impedire non il profitto, ma la distribuzione del profitto tra i soci dell’ente, mentre la società eserciterà l’attività, anche medesima della no profit, ma potrà distribuire gli utili tra i soci.

La DIFFERENZA, non sta nel tipo di attività svolta ma nella finalità, quindi gli enti:

CON SCOPO DI LUCRO, possono distribuire gli utili tra i loro soci;

SENZA SCOPO DI LUCRO, la ricchezza prodotta dovrà essere devoluta in beneficenza, secondo le finalità dell’ente.

Nella DISCIPLINA degli ENTI del LIBRO I del codice civile si distinguono due grandi categorie:

ENTI CON PERSONALITÀ GIURIDICA, sono le associazioni riconosciute e le fondazioni, esse hanno il riconoscimento dallo stato all’ente, della personalità giuridica, il quale ottiene l’autonomia patrimoniale perfetta, cioè una completa separazione dei patrimoni, ossia il patrimonio dell’ente e quello dei soci. Le sue conseguenze sono che i debiti dell’ente non ricadono sul patrimonio dei soci, quindi se l’ente ha dei debiti non sono i soci a risponderne personalmente (beneficio dell’autonomia patrimoniale perfetta), simmetricamente il patrimonio dell’ente non risponde dei debiti personali dei soci.

ENTI SENZA PERSONALITÀ GIURIDCA, sono le associazioni non riconosciute e i comitati, le associazioni non riconosciute rappresentano la maggioranza degli enti collettivi, circa 80%, poi ci sono i comitati che sono in numero minore.

Gli ENTI COLLETTIVI NON PATROMONIALI sono: associazioni non riconosciute, comitati, fondazioni e associazioni riconosciute. Da un punto di vista strutturale distinguiamo:

o ASSOCIAZIONI, sia riconosciute che non, si caratterizzano per gruppo di persone, dove prevale l’elemento sociale su quello patrimoniale, che potrebbe anche non esistere.

o FONDAZIONI e COMITATI sono enti dove ha più importanza l’elemento patrimoniale di quello personale che in taluni casi quasi non esiste.

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IL FUNZIONAMENTO DI UN’ASSOCIAZIONE: è fondata principalmente su due organi ASSEMBLEA, luogo dove si

riuniscono gli associati per prendere le decisioni, e ORGANO AMMINISTRATIVO, che è un consiglio di amministrazione.

o Le associazioni RICONOSCIUTE godono di autonomia patrimoniale perfetta e perciò, essendoci il riconoscimento da parte dello stato, richiede obbligatoriamente un patrimonio sufficiente per il perseguimento di scopo

dell’associazione, con il quale si risponde in solido delle obbligazioni della società.

o Nelle associazioni NON RICONOSCIUTE, non sussiste l’obbligo di un determinato patrimonio, poiché non avviene il riconoscimento da parte dello stato dell’autonomia patrimoniale, infatti dei debiti dell’associazione ne

risponde (art 38 cc) in primis il fondo comune, se questo risulta non sufficiente, ne rispondono, solidamente e illimitatamente, le persone che hanno agito in nome e per conto per l’associazione, quindi i componenti del consiglio di amministrazione.

Nelle ASSOCIAZIONI, quindi not for profit, il voto è detto per teste quindi non c’è una quota variabile in funzione del rapporto patrimoniale delle persone, come invece è nella comunione, dove chi mette più soldi ha più potere.

IL FUNZIONAMENTO dei COMITATI: essi si caratterizzano per il fatto di tendere alla raccolta di un patrimonio che intendono destinare per un certo scopo, non ha personalità giuridica. A seguito di ciò sussiste il problema di chi risponde delle obbligazioni (art.40). Nel comitato si distinguono due figure: coloro che organizzano la raccolta delle finanze e coloro che si limitano a finanziare il comitato.

Gli organizzatori e coloro che assumono la gestione dei fondi raccolti, sono responsabili personalmente e solidalmente della conservazione dei fondi e della loro destinazione allo scopo enunciato.

Una volta raccolti i fondi, può avvenire che: i fondi vengano destinati allo scopo previsto e quindi il comitato esaurisce la sua funzione nel breve termine, oppure che siano comitati per la ricerca, le cui finalità non si esauriscono in breve termine. In questo caso il comitato potrebbe trasformarsi in fondazione poiché esso è riuscito a recuperare la componente patrimoniale, facendo diminuire la componente personale, diventano autonoma patrimonialmente e diventando effettivamente una fondazione. Esempio: i commercianti che raccolgono una somma di denaro, con il fine di fare i fuochi d’artificio di fine estate.

IL FUNZIONAMENTO delle FONDAZIONI: si caratterizza con la componente di avere un patrimonio destinato ad uno scopo, quindi gli elementi costitutivi sono: il patrimonio, uno statuto – dove il testatore fissa le regole per la gestione del patrimonio e lo scopo che deve essere perseguito – e un regolamento contenente le modalità di operazione della fondazione. Non è necessario un particolare intervento degli organi.

[CAP. 3]

I DIRITTI REALI sulle COSE

I soggetti sono centro di imputazioni delle situazioni giuridiche, tra le situazioni giuridiche troviamo i diritti che si distinguono in:

DIRITTI ASSOLUTI: sono presenti i diritti reali, ossia i diritti sui beni.

DIRITTI RELATIVI

I DIRITTI REALI, dal latino reale vuol dire diritto sulla res (cosa), quindi dire diritti sulla cosa o sui beni ha lo stesso significato, e fanno parte dei diritti assoluti, cioè diritti che ho nei confronti di chiunque e che normalmente hanno un contenuto di tipo negativo, cioè che se sussiste un diritto vi sarà anche un dovere dall’altra parte, ad interferire con il mio diritto. Esempio: porta di casa

Che cos’è un BENE? Art. 810 C.C.

Sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti, non tutte le cose costituiscono bene, ma rappresenta un insieme più ristretto perché ci sono cose che non possono costituire oggetto di diritti. Essi a loro volta si dividono in diverse categorie, con diverse modalità di circolazione:

BENI MOBILI BENI IMMOBILI

BENI MOBILI REGISTRATI

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8 Inoltre, all’interno di uno scambio, possono essere distinti:

BENI FUNGIBILI, sono quelli che possono essere sostituiti con altri beni. Esempio: banconota BENI INFUNGIBILI, sono quelli che non possono essere sostituiti. Esempio: computer

3.1 Come si fanno a SCAMBIARE i beni? REGIME DI CIRCOLAZIONE

UNIVERSALITÀ DEI BENI (art. 816 c.c.) rappresenta il raggruppamento di più beni mobili e immobili, quindi una pluralità di cose, che appartengono ad uno stesso proprietario e con una destinazione unitaria, in maniera tale da considerarli come un entità unica, in questo modo posso vendere la collezione. Esempio: collezione di fumetti, eredità, azienda, ecc....

PERTINENZE (art. 817 c.c.) “sono pertinenze le cose destinate in modo durevole al servizio o all’ornamento di un’altra cosa” esempio: autoradio. Il regime di circolazione prevede, all’articolo 818 del c.c., che “gli atti e i rapporti che hanno per oggetto la cosa principale, comprendono anche le pertinenze, se non è diversamente disposto”, ossia se io non puntualizzo già prima dell’atto la separazione della cosa accessoria alla principale, essa si presume compresa. Tuttavia se, invece è diversamente disposto, si ci può accordare che l’accessorio ha un valore aggiuntivo alla cosa principale, quindi disporre di un accordo specifico, altrimenti si intende che circoli insieme alla proprietà del bene principale.

FRUTTI (art. 820 c.c.) sono distinti in: FRUTTI NATURALI, ossia quelli che provengono direttamente dalla cosa con ancora o non l’opera dell’uomo, come i prodotti agricoli, la legna, le parti degli animali, i prodotti delle miniere, cavi e torbiere, diversi sono i FRUTTI CIVILI, ossia quelli che si ricavano dalla cosa come corrispettivo del godimento che altri ne abbia.

Esempio “faccio fruttare le mie proprietà”, ossia darli in godimento a qualcuno, tipicamente con una locazione, in cambio di un corrispettivo.

3.2 DIRITTI REALI di GODIMENTO Caratteristiche dei diritti reali di godimento:

ASSOLUTEZZA: diritto che vede dal lato attivo il titolare e dal lato passivo tutti gli altri soggetti, si contrappone ai diritti relativi dove sussiste un soggetto passivo e uno attivo (creditore e debitore). È un diritto che faccio valere nei confronti di chiunque;

IMMEDIATEZZA: un diritto si definisce immediato quando il suo titolare si soddisfa direttamente tramite la cosa, senza il bisogno di intervento da parte di altri soggetti, al contrario si contrappone la mediatezza, un diritto è MEDIATO quando il titolare della posizione attiva, si soddisfa solo attraverso il comportamento che deve essere tenuto dal soggetto passivo. Quindi immediati sono i diritti assoluti, mediati sono i diritti di credito.

TIPICITÀ: nel linguaggio giuridico, tipico ha un significato diverso dal linguaggio quotidiano, infatti in termini giuridici tipico significa che è previsto, disciplinato dal legislatore e non può essere diverso, quindi ha una riserva di legge*

cioè che solo la legge può crearlo e quindi che non possono esistere diritti reali diversi da quelli creati dal legislatore.

*I cittadini non possono inventarsi diritti reali, poiché essi sono solo previsti dalla legge. Nell’economia medievale, uno dei problemi era quello dell’eccessiva frammentazione dei diritti reali, cioè i diritti reali erano quelli sui campi, quindi a più soggetti era destinata la rendita di uno stesso terreno, e nessuno sostanzialmente poteva godere e disporre pienamente del diritto di proprietà su di esso. Questo significava che quando, per varie motivazioni, si doveva modificare la destinazione economica di un terreno erano necessari troppi permessi per i quali non si riuscivano quasi mai ad ottenere e di conseguenza nulla veniva poi modificato.

TIPICITÀ nei MODI di ACQUISTO, cioè come si fa a diventare titolare di un diritto reale, previsti dalla legge:

A TITOLO ORIGINARIO, significa che io acquisto la proprietà di un bene dando origine, cioè sena che la mia proprietà derivi da quella di un altro; sostanzialmente è nuova, quindi non deriva da quella di nessuno. Ne fanno parte (da studiare a memoria):

1. OCCUPAZIONE (art. 923 c.c.), “le cose mobili che non sono di proprietà di alcuno, si acquistano con

l’occupazione”; In linguaggio giuridico si applica SOLO ai beni mobili, quindi il requisito fondamentale è che non sia di proprietà di nessuno, ne fa parte anche la cosa abbandonata. Ad esempio: vado sul molo a pescare un pesce, che sarà mio, senza trasferirmi la proprietà;

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2. INVENZIONE (art.927, 928,929) dal latino “invenio”, che significa ritrovare, avviene tutte le volte in cui io trovo qualcosa, che è di proprietà di qualcun altro, la proprietà di quell’oggetto io l’acquisto in un modo particolare, cioè “chi trova una cosa mobile deve restituirla al proprietario, o al sindaco del luogo in cui l’ho trovata indicando le circostanze del ritrovamento” al giorno d’oggi si intende l’ufficio degli oggetti smarriti.

Successivamente viene pubblicato un articolo dove viene indicato l’elenco delle cose ritrovate, ma dopo un anno se nessuno l’ha reclamato l’oggetto ne acquisto la proprietà. La cosa ritrovata può diventare mia solo se si segue questo procedimento.

3. ACCESSIONE (art. 934 c.c.) fa riferimento a tutto ciò che viene costruito sopra o sotto un terreno, si intende che, fatte salve le eccezioni di legge, ove sorge un opera, questa sarà proprietà di colui che detiene il suolo, indipendentemente da chi è il costruttore della cosa.

4. ACCESSIONE INVERTITA (art. 938 c.c.) disciplina determinate condizioni in cui nella “costruzione di un edificio si occupa, in buona fede, una porzione del fondo attiguo” (sostanzialmente sconfino e quindi mi trovo in una parte di fondo non di mia proprietà), e se “il proprietario del terreno attiguo, non faccia opposizione entro 3 mesi dal giorno in cui ebbe inizio la costruzione” quindi se costruendo, sconfino ed entro 3 mesi il mio vicino non mi dice niente, allora il giudice può darmi la proprietà del terreno, ma dovrò pagare la proprietà del terreno su cui sono andato a costruire.

5. SPECIFICAZIONE (art. 940 c.c.), consiste nell’ unione del materiale e della manodopera, è un modo di acquisto della proprietà, in forza del quale si acquista il materiale che è stato usato per realizzare un bene nuovo. Esempio: l’ebanista che utilizza un pezzo di legno non suo per costruire una statua, egli diventerà proprietario del legno e della statua costruita. Tale regola vale se l’opera costruita ha un valore maggiore del materiale impiegato a inizio processo, qual ora così non fosse allora il meccanismo della specificazione non funziona.

6. UNIONE E COMMISTIONE (art. 939 c.c.) unione di più materiali/cose per formarne una sola; ad esempio:

io utilizzo una vernice, non di mia proprietà, per verniciare la mia macchina, chiaramente io divento in automatico proprietario anche della vernice utilizzata, pagandone il valore.

7. USUCAPIONE (art. 1158 c.c.) modo di acquisto della proprietà in forza della quale la persona avrà il

possesso della cosa, prolungato nel tempo ne acquista la proprietà, quindi si diventa proprietari di un bene non nostro continuando ad utilizzarlo per un lungo periodo (20 anni).

A TITOLO DERIVATIVO, significa che deriva dalla proprietà di qualcun altro, come ad esempio quando acquisto il giornale in edicola, inizialmente il giornale era di proprietà dell’edicolante, una volta acquistato diventa di proprietà dell’acquirente. Di questi ne fanno parte:

1. Il CONTRATTO, che è “un accordo con un’altra persona in forza del quale mi viene traferita la proprietà di qualcosa”;

2. La SUCCESSIONE a causa di morte, tramite testamento ad esempio.

TIPICITÀ del CONTENUTO dei DIRITTI –

LA PROPRIETÀ’

Nella storia il latifondista era la persona più ricca poiché possedeva la terra, che era il bene di maggior valore poiché dipendeva dall’agricoltura. La proprietà costituiva quindi il diritto di cui il patrimonio delle persone era principalmente composto, più terreni avevi più eri ricco, per questo motivo la proprietà nelle codificazioni dei secoli passati e nell’attuale aveva un ruolo principale e fondamentale. Oggi la proprietà inizia ad essere meno importante di quanto non lo fosse un tempo, nel senso che la ricchezza inizia a manifestarsi con diritti diversi dalla proprietà, come ad esempio: diritti di credito, forme di investimento finanziario (borsa/banca).

Nel corso del ‘900 c’è stato un dibattito sul contenuto del diritto di proprietà: fino alla fine della seconda guerra mondiale/inizio epoca repubblicana (1945/1948) avevamo un concetto di proprietà estremamente tradizionale, proveniente dal diritto romano, ma il codice civile emanato nel 1942 prima della repubblica, in un epoca con un imposizione ancora estremamente conservatrice, quindi accolta in una concezione del legislatore tradizionale.

ARTICOLO 832 del c.c. “Il proprietario ha il diritto di godere e disporre della cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico.”

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10

Io, proprietario della cosa, ho la facoltà di godere e disporre in modo pieno ed esclusivo, cioè posso fare quello tutto che voglio delle cose di cui ne ho la proprietà; in modo esclusivo, cioè che lo posso fare valere nei confronti di chiunque, sostanzialmente di quel diritto ne posso godere solo io e ho il diritto di escludere chiunque altro dal godimento di quel bene, ma comunque entro i limiti previsti dall’ordinamento giuridico: codice civile e costituzione.

Nella concezione tradizionale della proprietà questi limiti vengono riassunti nella frase “il tuo diritto finisce, dove comincia quello di un altro” quando ragioniamo in termini di diritti così ampi, essi devono essere limitati da diritti altrettanto estesi. Dove finisce il tuo diritto? Sostanzialmente dove inizia il mio, quindi al confine.

LIMITI AL DIRITTO DI PROPRIETÀ’ - DISCIPLINA CIVILISTCA

1. DIVIETO degli ATTI EMULATIVI (art. 833 c.c.) “il proprietario non può fare atti i quali non abbiano altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri.” Puoi fare quello che vuoi nella tua proprietà, ma non fino al punto da comportarti in modo tale da nuocere il diritto di qualcun altro. Esempio: la costruzione di un muro/edificio, a me inutile, ma solo per impedirti di godere della tua vista mare.

2. DIVIEITO di IMMISIONI (art. 844 c.c.) “Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alle condizioni dei luoghi. Nell’applicare questa norma l’autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso.” Io in casa mia posso fare ciò che voglio, ma comunque tenendo conto:

a. Della normale tollerabilità: il vicino non può subito lamentarsi, quindi deve essere un minimo tollerabile;

b. Delle condizioni dei luoghi: quello che è tollerabile in un luogo, non lo è in un altro, quindi se ci troviamo in una zona residenziale silenziosa o meno, la tollerabilità varia in funzione dei luoghi;

c. Delle esigenze della produzione: i rumori derivanti da attività produttive devono essere tollerati di più rispetto agli altri rumori derivanti da altri motivi;

d. Delle priorità di un determinato uso: se io decido di costruire una villa vicino a una fabbrica rumorosa, quando ho terminato la costruzione non posso lamentarmi del rumore proveniente da esso.

e. Delle lesioni al diritto alla salute (integrazione giurisdizionale, fa capo la costituzione): se l’immissione comporta la lesione del diritto alla salute, essa non sarà MAI tollerabile.

3. DISTANZE TRA EDIFICI (art. 869 c.c. e seguenti) non è di particolare importanza all’interno di un dipartimento di economia, tali articoli regolano ogni tipo di conflitto derivante dai conflitti con il rapporto di vicinato.

LIMITI AL DIRITTO DI PROPRIETA’ – DISCIPLINA COSTITUZIONALE

Nel corso della storia vi erano differenti idee, la costituzione fu scritta dai padri costituenti (nel 1948) che hanno cercato di mantenere un equilibrio tra le opposte fazioni politiche: filo-fasciste con istanze conservatrici e filo-comuniste con istanze

progressiste. Quindi sostanzialmente vi erano 6 anni di differenza tra le due discipline, codice civile e costituzione, di conseguenza un concetto di fondo differente della proprietà. Ad esempio in unione sovietica la proprietà privata non esisteva e all’epoca della costituzione era forte il desiderio di avvicinamento all’unione sovietica, quindi avevamo un concetto estremamente diverso di proprietà dove essa è passata ad essere esclusivamente pubblica poiché in grado di saper distribuire la ricchezza in modo più efficiente. La costituzione si è trovata nella condizione a dover mediare a queste due opposte istanze:

ARTICOLO 42 della COSTITUZIONE

“La proprietà è pubblica o privata” quindi la proprietà è pubblica ma manteniamo anche quella privata;

“La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge...” la costituzione ci garantisce che può esistere la proprietà privata, 10 anni prima non era scontato che ci dovesse essere proprietà privata, infatti nel codice civile non ne fa riferimento.

“...che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.” La proprietà privata la manteniamo purché abbia una funzione sociale e purché sia accessibile a tutti, qui si nota l’equilibrio che i padri costituenti hanno voluto mantenere.

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