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Lezione N. 3 Le stelle

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Academic year: 2021

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Lezione N. 3 Le stelle

Pag. 5 - L è la luminosità della sorgente (energia emessa per unità di tempo, watt), f è ciò che misuriamo (energia emessa per unità di superficie, 𝑤𝑎𝑡𝑡 𝑚

−2

). Se la sorgente emette in tutte le direzioni e non c’e’ assorbimento la relazione fra L e f è quella scritta.

Pag. 6 – Auto esplicativa.

Pag. 7 – Auto esplicativa.

Pag 8 - Definizione di magnitudine apparente.

Pag. 9 -Definizione di magnitudine assoluta.

Pag. 10 - La relazione fra magnitudine apparente, assoluta e distanza (espressa in parsec).

Pag. 11 - Per capire se una stella è più luminosa di un’altra bisogna confrontare le magnitudini assolute (M) perché le magnitudini apparenti (m) dipendono dalla distanza ,

Pag. 12 -Le magnitudini assolute sono legate alle luminosità da una relazione logaritmica (analoga a quella che lega le magnitudini apparenti a f, cfr. pag. 8). Per dimostrare la veridicità di questa relazione è sufficiente applicare la definizione di M (pag. 9) ossia 𝑀

1

− 𝑀

2

= −2.5 𝐿𝑜𝑔

𝑓𝑓1 10 𝑝𝑐

2 10 𝑝𝑐

Dalla differenza in magnitudine assoluta si può trovare il rapporto fra le luminosità di Betelgeuse e Sirio.

Pag. 13 - Come si può ottenere lo spettro di una sorgente luminosa.

Pag.14 - I diversi tipi di spettro. In basso l’immagine, sopra un tracciato ossia un grafico che rappresenta l’intensità luminosa lungo lo spettro. 1) spettro continuo 2) spettro con righe in assorbimento (la luminosità del continuo è “depressa” in alcuni punti per la presenza di righe in assorbimento). 3) spettro di sole righe in emissione (il continuo è assente ci sono solo le righe).

Pag. 15 - Se fra di noi ed una sorgente di radiazione luminosa (es. una stella) si

frappone uno strato sottile di gas di temperatura inferiore a quella della stella

osserveremo uno spettro continuo (quello della stella) caratterizzato dalla presenza di

alcune linee di assorbimento (prodotte dagli elementi presenti nella nube). Se invece la

sorgente di radiazione è una nube di gas caldo osserveremo uno spettro caratterizzato

da righe di emissione.

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Pag. 16 - Uno schema semplice (Modello di Bohr) per l’atomo di idrogeno che illustra la ragione della presenza delle righe. Se la radiazione incidente (il quanto di luce o fotone) possiede esattamente l’energia necessaria a far “saltare” l’elettrone da un livello (energeticamente) più basso ad uno più alto, questa viene assorbita ed abbiamo uno spettro caratterizzato da una linea di assorbimento in corrispondenza di quel determinato valore dell’ energia (e conseguentemente di un determinato valore della frequenza e della lunghezza d’onda, cfr. Lezione 2 pag. 19). Se invece è l’elettone a scendere di livello avremo una riga in emissione alla lunghezza d’onda corrispondente al salto. (La riga Hα, della serie di Balmer, cfr. Lezione 2 pag 42 , corrisponde alla transizione fra il terzo ed il secondo livello dell’atomo di idrogeno).

Pag. 17 - Ancora uno schema per mostrare la ragione della presenza di righe in assorbimento negli spettri stellari : gli strati più esterni dell’atmosfera stellare sono più freddi e assorbono fotoni provenienti dalle regioni più interne e più calde. Questi fotoni poi sono riemessi , perché l’elettrone ricade nello stato di energia più bassa, ma la riemissione avviene in tutte le direzioni (le seconde frecce rosse che rappresentano la riemissione non sono allineate) per cui chi osserva vede comunque delle mancanze (righe di assorbimento) nello spettro (la riemissione si diluisce sulla solita superficie sferica 4 π 𝑟

2

.

Pag. 18 – Un’ immagine d’epoca originale che rappresenta gli spettri delle stelle appartenenti a diverse classi spettrali. La lettera di fianco ad ogni spettro rappresenta la classificazione spettrale O,B,A,F,G,K,M (memorizzabile con la frase Oh Be A Fine Girl Kiss Me) cui è stato aggiunto un numero (da 0 a 9) per rappresentare meglio delle differenze (più sottili) che sono presenti in ogni classe. Le righe delle stelle sono tutte in assorbimento. Dalla figura risultano evidenti le differenze spettrali fra i diversi tipi ed in particolare si nota come il tipo A presenti delle righe in assorbimento molto larghe (sono le righe dell’ idrogeno della serie di Balmer Hα, Hβ, Hγ, Hδ ecc. che cadono tutte entro la banda visibile).

Pag. 19 - Un’ immagine più moderna dei diversi tipi spettrali e a fianco anche un’immagine (simulata, non reale perché le stelle non si riescono a “risolvere” cosi’

come si fa coi pianeti) delle stelle corrispondenti che mostra il cambiamento di colore (dal blu verso il rosso) in funzione del tipo spettrale: spettro e colore sono correlati.

Pag. 20 -Il diagramma HR (di Hertzsptung Russel) contenente un campione di stelle situate vicino al Sole. In ascissa il tipo spettrale e la temperatura (le due quantità sono legate). In ordinata la Luminosità (definita a pag. 5) espressa in unità di luminosità solari (𝐿

𝑂

). Si osservi che temperatura e luminosità sono rappresentate in forma logaritmica.

Il fatto che le stelle non si distribuiscono in modo uniforme sul diagramma, indica la

presenza di una relazione fra le quantità rappresentate,

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Pag. 21 – La relazione fra colore, temperatura e tipo spettrale. La figura rappresenta l’emissione di corpo nero per 3 diverse temperature, Le stelle fredde sono più rosse di quelle calde. Si comprende pertanto la variazione dei colori delle stelle in funzione della temperatura e anche la ragione per cui gli spettri delle stelle sono diversi (è diversa l’energia dei fotoni incidenti e quindi le transizioni possibili per gli elettroni degli atomi dei diversi elementi cambiano).

Pag. 22 - Ancora due figure allo scopo di chiarire meglio la relazione fra immagine di uno spettro ed il suo tracciato. In alto un immagine a colori che rappresenta un continuo con righe in assorbimento con il tracciato. In basso un’immagine in bianco e nero rappresentante un altro spettro continuo con assorbimenti ed il tracciato.

Pag. 23 - I tracciati degli spettri delle stelle di diversi tipi. Le stelle O e B mostrano una salita verso la parte blu, le K e le M verso il rosso. Le grandi righe in assorbimento delle M (che danno l’impressione di essere delle emissioni) sono righe di assorbimento molecolari. Le atmosfere di queste stelle sono abbastanza fredde da consentire la permanenza di alcune molecole. La “depressione” che si osserva dalle stelle B5 alle F è il risultato dell’addensamento delle righe di Balmer (i livelli energetici si avvicinano all’aumentare del loro numero di livello). Per verificare si può utilizzare la formula λ= B(

𝑚𝑚2−22 2

) con B= 3645.6 Angstrom che fornisce la lunghezza d’onda delle righe della serie di Balmer. Per m=3 si ottiene 6562.08 A (corrispondente alla λ di Hα) , per m=4 si ottiene 4860.8 A (Hβ) 3797.5, al crescere di m le lunghezze d’onda si avvicinano fino a divenire indistinguibili generando nello spettro una

“depressione” praticamente continua.

Pag. 24 - Indovinare il tipo spettrale dallo spettro.

Pag. 25 - Un diagramma HR colorato e contenente molti dettagli .

Pag. 25 - Il fatto che esista, nel diagramma HR, una regione (la sequenza principale)

molto più popolata delle altre non può essere un caso ed infatti ora sappiamo che le

stelle passano la maggior parte della loro vita sulla sequenza principale, ove restano

fino a quando possono bruciare idrogeno all’interno del loro nucleo. La disposizione

delle stelle lungo la sequenza principale dipende, inoltre, dalla loro massa. Le stelle

più massicce vanno nella parte alta le meno massicce in quella bassa. Quindi le stelle

massicce sono più calde di quelle meno massicce. Anche il tempo di formazione delle

stelle è molto diverso, contrariamente a quanto si potrebbe pensare la formazione di

una stella massiccia è molto più veloce di quella di una stella meno massiccia. La

formazione di una stella avviene quando una nube di gas e polvere inizia a contrarsi

per effetto della gravità. La contrazione provoca un riscaldamento, che è tanto

maggiore quanto più è massiccia la stella (questo è il motivo per cui le tracce

presequenza prinicipale delle stelle massicce sono più orizzontali delle altre). Quando

nelle regioni centrali delle stelle le temperature raggiungono valori sono così elevati da

innescare le reazioni nucleari la stella ha già raggiunto la sequenza principale.

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Pag. 27 - Le temperature degli interni stellari si aggirano intorno ai milioni di gradi.

A queste temperature gli atomi non esistono più e la materia si trova in uno stato particolare che viene definito “plasma”. Nel plasma gli atomi sono stati separati nei loro componenti più elementari: protoni, neutroni ed elettroni. Alle temperature e densità caratteristiche degli interni stellari possono avvenire le reazioni di fusione nucleare, reazioni in cui nuclei più leggeri si fondono per dare origine a nuclei più pesanti, liberando una quantità di energia che è pari al difetto di massa (ossia la massa in eccesso che deriva dalla differenza fra la massa del prodotto iniziale e quella del prodotto finale) moltiplicato per 𝑐

2

.

Lo schema illustra la reazione p-p (protone protone) attraverso la quale 4 nuclei di idrogeno (4 protoni) si fondono e costituiscono 1 nucleo di He (2 p e 2 n). La prima reazione è quella che consente la trasformazione di 1 p in un neutrone (le due particelle hanno massa molto simile) attraverso la liberazione di un positrone (1 elettrone dalla carica positiva, ovvero 1 elettrone di “antimateria”, un anti-elettrone) . Il nucleo costituito da 1 p e 1 n è il deuterio che è un isotopo dell’ idrogeno. Il deuterio può catturare 1 protone formando il trizio (3 He) che è un isotopo dell’ He e da due nuclei di trizio si ottiene un nucleo di He e 2 protoni. Il bilancio finale della reazione è la conversione di 4 p in un nucleo di He . La reazione p-p è caratteristica delle stelle di piccola massa (0.4-1.2 masse solari).

Pag. 28 - Un esercizio che permette di stimare la vita media del Sole. Si prende la massa del sole, si assume che il 10% della massa sia costituito da nuclei di idrogeno che saranno convertiti in He con la reazione p-p, si trova il numero di nuclei (𝑁

𝐻

) si trova l’energia totale prodotta (moltiplicando 𝑁

𝐻

per l’energia di ogni singola reazione) si divide l’ energia totale per la luminosità (energia emessa al secondo) e si trova cosi’

il tempo durante il quale il sole potrà “bruciare” idrogeno. Il numero è in ottimo accordo con il valore ottenuto con calcoli più accurati (cfr tabella di pag. 30).

Pag. 29 - Se le stelle sono un po’ più massicce del Sole la reazione più frequente di fusione dell’idrogeno è quella schematizzata in figura (detta ciclo del CNO).

Attraverso questa reazione si producono infatti anche azoto ed ossigeno. Per innescare il ciclo del CNO è necessaria una temperatura (15 milioni di gradi) superiore a quella ( 10 milioni di gradi) che caratterizza gli interni delle stelle più piccole.

Pag. 30 - Più la stella è massiccia, più velocemente brucia il proprio combustibile nucleare e quindi più velocemente lascia la sequenza principale che è il luogo ove si trovano le stelle che fondono idrogeno nel loro nucleo.

Pag. 31 - Successivamente alla fusione dell’ idrogeno la stella fonde l’He.

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Pag. 32 - Esaurito l’idrogeno al centro, la stella lo brucia in regioni più esterne (shell) . La figura a destra mostra l’evoluzione di una stella di massa simile a quella del Sole.

Quando saranno passati 10 milardi di anni la stella lascerà la sequenza principale muovendosi verso l’alto (traccia blu) bruciando l’idrogeno in gusci sempre più esterni fino a quando il nucleo avrà raggiunto la temperatura necessaria alla fusione dell’ He (100-200 ml gradi). Esaurito tutto l’He al centro la stella lo brucerà negli strati sempre più esterni e poi si spegnerà pian piano come nana bianca dopo aver eiettato negli spazi interstellari gran parte dei suoi strati più esterni (fase di nebulosa planetaria).

La figura a sinistra mette a confronto le tracce evolutive post-sequenza principale di stelle aventi massa diversa: la stelle di 4 e 15 masse solari lasciano la sequenza principale e si muovono orizzontalmente, la prima inizia a bruciare l’ He in una zona abbastanza prossima a quella in cui la stella di 1 M solare, la seconda brucia l’ He quando è ancora abbastanza prossima alla sequenza principiale e comincia a bruciare anche gli elementi successivi. Entrambe le stelle riescono a raggiungere temperature interne che consentano di bruciare elementi più pesanti dell’ He.

Pag. 33 - Il destino di ogni stella dipende dalla sua massa. Le stelle di massa minore alle 8 masse solari diventano delle nane bianche. Il nucleo (core) di queste stelle è inferiore alle 1.4 𝑀

𝑂

è molto piccolo e molto compatto. Le nane bianche hanno dimensioni tipiche simili a quelle della terra e sono caratterizzate da una densità spaventosa (1 𝑐𝑚

3

di materia ha una massa di 1 tonnellata!). In queste condizioni la materia si trova in uno stato particolare detto “degenere” per gli elettroni. Gli elettroni sono talmente addensati che occupano tutti gli stati permessi dal principio di esclusione di Pauli e in questo modo riescono a sostenere il nucleo della stella contro la gravitazione. Il nucleo non può contrarsi ulteriormente e per questo motivo non riesce a raggiungere le temperature necessarie per fondere gli elementi di cui è costituito (C e O).

Pag.34 - Sirio ha una stella compagna (Sirio B) invisibile ad occhio nudo che è una nana bianca.

Pag. 35 - Le nane bianche sono molto frequenti perché le stelle di piccola massa sono più frequenti di quelle di grande massa, il problema è che bisogna avere la strumentazione adeguata per osservarle. L’immagine mostra un ammasso globulare (una concentrazione di alcune migliaia di stelle) osservato con un telescopio da terra ed una piccola porzione dell’ammasso (il quadratino) osservata con il telescopio spaziale Hubble (HST) che permette una “risoluzione” molto migliore. Le nane bianche sono tutte quelle cerchiate.

Pagg. 36-38 Prima di spegnersi lentamente come nana bianca le stelle lasciano nello

spazio una buona parte dei loro strati più esterni formando delle strutture che sono

chiamate nebulose planetarie. Qui se ne vedono tre begli esempi. Sulla prima è

riportato anche lo Spirograph, un gioco didattico degli anni ’60-’70 che permetteva di

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disegnare delle figure geometriche “artistiche”. La nebulosa ha preso quel nome per la somiglianza della sua struttura interna ai disegni che si ottenevano con quel gioco.

Nelle didascalie delle immagini d è la distanza , D il diametro, t il tempo trascorso dall’ espulsione degli strati stellari più esterni.

Pag, 39 - Se la stella ha una massa fra le 8 e le 20 𝑀

𝑂

, la sua evoluzione nel diagramma HR è molto complicata perché la stella riesce a fondere un enorme quantità di elementi: al centro quelli che richiedono una temperatura maggiore e negli strati esterni quelli che richiedono una temperatura minore (come nello schema in basso a destra). Con la formazione del ferro nel nucleo accade qualcosa di drammatico perché non esiste una reazione di fusione che coinvolga il ferro e che produca energia, al contrario tutte le reazioni possibili assorbono energia. Il nucleo pertanto perde energia e la gravità tende a recuperare questa energia facendolo contrarre. Poiché il nucleo ha una massa superiore a 1.4 𝑀

𝑂

gli elettroni “degeneri” non riescono a sorreggere il nucleo contro il collasso e quindi questo continua a comprimersi, gli e ed i protoni si combinano e diventano neutroni, la compressione procede fino a quando i neutroni sono così densi da diventare “degeneri” e riescono a sostenere il collasso. A questo punto il nucleo degenere (stella di neutroni) ha un diametro di qualche km e una densità 100 milioni di volte superiore a quella di una nana bianca. L’arresto del collasso gravitazionale produce una reazione violenta (shock) negli strati più eterni e la stella esplode come supernova.

Pag. 40 - Nel 1987 è esplosa una supernova nella grande Nube di Magellano. Le immagini mostrano la stella prima (a destra) e durante l’esplosione. L’immagine che compare sovraimposta mostra il corpo centrale della Nube di Magellano (in azzurro) ed alcune regioni (rosa) di intensa formazione stellare appartenenti alla Nube. La supernova 1987 A si trova nella regione rosa più cospicua nota come la nebulosa della Tarantola. Noi abbiamo osservato l’evento supernova nel 1987, ma questo è avvenuto in un tempo passato corrispondente alla distanza fra noi e la Nube.

Pag. 41 - Un osservazione del 1999 ottenuta con lo Space Telescope che mostra al centro e a sinistra (ingrandita) la supernova 1987 A ed il materiale che è stato disperso nello spazio dall’esplosione.

Pag. 42 Un’altra supernova , è stata osservata nel 1994, ma l’evento risale a 55 milioni di anni fa. Le supernovae che esplodono sono tantissime e vengono indicate con l’anno seguito da una lettera che indica l’ordine dell’avvenimento.

Pag. 43 Poiché le supernovae sono davvero tante, le lettere dopo l’anno possono diventare anche 2 come nel caso di 2008ha. Questa supernova è abbastanza vicina, le altre supernovae (riquadri a destra) appartengono a galassie molto più lontane e vengono identificate attraverso osservazioni ripetute (nel tempo) delle stesse galassie.

Le immagini vengono analizzate da un programma capace di identificare l’evento

supernova. Le supernove sono visibili fino a grandi distanze ed hanno una luminosità

caratteristica ben determinata, sono pertanto delle “candele” campione ideali per

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determinare le distanze (misuriamo la m, conosciamo la M, determiniamo la d , relazione pag 10).

Pag. 44 - L’ultima esplosione di supernova registrata nella nostra galassia è avvenuta nel 1604 (la media stimata dagli astronomi è di 1 supernova ogni 100 anni… per cui siamo un po’ sotto la media!). Diversi eventi di supernova sono stati registrati nel corso dei secoli. E’ singolare come questo evento, avvenuto nel 1054, e che ci ha lasciato uno splendido resto (noto come la nebulosa del Granchio) non sia stato annotato da nessuno in Europa ma solo dagli astronomi cinesi. (Forse nel 1054 in Europa c ’ erano molti problemi sulla terra e poco tempo per accorgersi del cielo?) Pag. 45 - Quando la massa della stella supera le 20 𝑀

𝑂

e il core (nucleo) le 3 𝑀

𝑂

allora nemmeno i neutroni “degeneri” possono arrestare il collasso. Non c’e’ nessuno stato, noto, della materia che possa sopravvivere in tali condizioni quindi non sappiamo cosa si nasconda all’interno di un buco nero (o meglio in una singolarità dello spazio tempo). Dobbiamo immaginarlo come una specie di imbuto invisibile capace di attirare al suo interno tutto ciò che si venga a trovare entro una distanza critica. Esiste addirittura una distanza da cui non esce nemmeno la luce, questo è il raggio di Schwarzschild ( 𝑅

𝑆

).

Pag. 46 - Il raggio di Schwarzschild si calcola uguagliando a zero la somma di energia potenziale e cinetica in modo del tutto analogo a come si fa per calcolare la velocità di fuga. Un sistema che abbia energia totale (somma di cinetica e potenziale) minore di zero è un sistema legato, se l’ energia è maggiore di zero il sistema è slegato (la cinetica prevale sulla potenziale), se è uguale a zero è appena legato: un oggetto raggiungerà distanza infinita con velocità uguale a zero.

L’’ultima relazione di questa diapositiva è sia uguale alla prima (definizione di 𝑅

𝑆

) quando si ponga la velocità di fuga uguale a c .

Pag. 47 - Un esercizio per ricavare la velocità di fuga dalla Terra.

Pag, 48 Se il Sole diventasse un buco nero (non è possibile perché la massa non è sufficiente cfr pag 45 ) quanto sarebbe il 𝑅

𝑆

? Il risultato che si ottiene permette di ricavare il raggio di Schwarzschild di qualsiasi buco nero che risulterà pari a quello ricavato per il sole moltiplicato per la massa del buco nero .

Pag, 49 - Ritornando al diagramma HR, ora sappiamo che le stelle vi si spostano al trascorrere del tempo. Entrano in sequenza principale con tempi diversi (prima le più massicce dopo le meno massicce) escono dalla sequenza principale con tempi diversi.

Se vivessimo molto a lungo (svariati miliardi di anni) potremmo osservare come in un film l’evoluzione delle stelle nel diagramma HR. Questo non è possibile, ciò che possiamo fare è dedurre l’età di un sistema di stelle osservandone il diagramma HR.

Pag. 50 - Se costruiamo (con le osservazioni) i diagrammi HR degli ammassi di stelle

ci accorgiamo che effettivamente ognuno è caratterizzato da un diagramma diverso

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che ne rappresenta l’età. NGC 3623 è l’ammasso più giovane (le stelle sono ancora quasi tutte nella sequenza principale), M67 (rappresentato anche nell’immagine a destra) è il più vecchio (molte stelle hanno già abbandonato la sequenza principale), in mezzo si trovano ammassi di età intermedia. Le stelle che appartengono ad uno stesso ammasso si sono formate quasi contemporaneamente e per questo motivo il loro diagramma HR permette di determinarne l’età. Diverso è il caso delle stelle vicine al sole (Diagramma HR classico pag 20) poiché queste non costituiscono una popolazione coeva.

Pag 51 - Più vecchi degli ammassi aperti (pag. 50) sono gli ammassi globulari che sono anche più ricchi di stelle ed appartengono alla popolazione di alone della nostra galassia (gli ammassi aperti invece sono distribuiti lungo il disco). Essendo più vecchi presentano un diagramma HR che mostra evoluzione dalla sequenza principale anche da parte di stelle di massa più piccola, che hanno tempi di evoluzione più lunghi.

Essendo anche molto più ricchi di stelle degli ammassi aperti, permettono di identificare meglio le varie fasi del diagramma e offrono una miglior definizione del punto di distacco dalla sequenza principale (detto Turn Off) questo punto particolare che è legato alla massa delle stelle che stanno lasciando la sequenza principale e la cui posizione dipende dal tempo, permette di stabilire con maggior accuratezza l’età degli ammassi,

Pag 52 - Per finire un monito : in assenza di determinazione della distanza gli oggetti che vediamo in cielo possono apparire erroneamente associati come nel caso rappresentato in figura in cui si vedono 2 ammassi di stelle uno aperto (M 47) costituito da una manciata (50) di stelle alcune delle quali molto brillanti e un ammasso globulare (M 46) in alto a sinistra. All’interno dell’ammasso si intravvede una nebulosa planetaria (NGC 2438) di cui è data anche un’ immagine molto più dettagliata. La legenda della figura dimostra che questi 3 oggetti non hanno nulla a che vedere fra loro.

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