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Is Darwin on the cross?

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Academic year: 2021

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SISSA – International School for Advanced Studies Journal of Science Communication

ISSN 1824 – 2049 http://jcom.sissa.it/

JCOM 3 (4), December 2004 2004 SISSA

Editorial

Darwin crocefisso?

Il problema lo ha posto The New York Times il 4 novembre scorso quando ha dato un titolo, “The day the Enlightenment went out”, il giorno in cui morì l’Illuminismo, all’editoriale con cui lo storico della politica e della cultura Garry Wills commentava la rielezione di George W. Bush alla Presidenza degli Stati Uniti d’America.

La tesi di Wills, fatta propria evidentemente dalla direzione del quotidiano americano, è che Bush è stato rieletto perché “many more Americans believe in the Virgin Birth than in Darwin's theory of evolution”, sono molti più gli americani che credono nei misteri della religione che non nella teoria dell’evoluzione di Darwin.

In realtà Garry Wills e molti altri analisti della vicenda politica americana sostengono molto di più. E che, cioè, l’antidarwinismo con le sue battaglie per espungere la teoria dell’evoluzione dalla scuole degli Stati Uniti è stato il collante culturale che ha consentito al variegato blocco sociale che ha sostenuto Bush di diventare maggioranza. Un collante culturale fondato non solo su un’avversione per l’evoluzionismo, ma su una profonda e più generale diffidenza verso la laicità del pensiero scientifico. È questo che, secondo Wills, avrebbe sancito all’inizio del mese di novembre dell’anno 2004 la fine dell’Illuminismo negli Stati Uniti d’America.

Non è certo l’analisi politica, quella che ci interessa in questa sede. Ma le sue conseguenze. Se Wills ha ragione, se davvero nel paese leader esiste un blocco sociale maggioritario che ha nell’avversione alla teoria dell’evoluzione biologica e nella diffidenza per il pensiero scientifico il suo collante culturale, allora si pongono problemi nuovi anche per chi studia e/o pratica la comunicazione della scienza non solo negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo.

In primo luogo, infatti, si tratta di capire qual è l’ingrediente che ha reso così seducente, almeno nella Mid-America, la comunicazione di quelli che sono stati definiti “gli scienziati di Dio”, ovvero i membri di quel movimento che pretende di poter spiegare con una teoria scientifica creazionista alternativa a quella evoluzionista l’origine delle specie. È vero, infatti, che questo movimento religioso vanta alcuni decenni di vita, spesi spesso nei tribunali di svariati stati della Confederazione americana nel tentativo di impedire l’insegnamento nelle scuole della teoria darwiniana. Ma mai, come ora, questo movimento ha goduto di un consenso di massa così vasto da divenire, addirittura, egemone. Perché la comunicazione dei creazionisti ha ottenuto questo improvviso e clamoroso successo? E perché, al contrario, la comunicazione degli “illuministi” a favore della teoria scientifica accreditata da, praticamente, tutti gli uomini di scienza ha fallito nel tentativo di far diventare l’evoluzionismo “senso comune”, parte irriducibile della cultura di massa?

L’altro problema posto dal creazionismo assurto a collante di un blocco sociale maggioritario riguarda la strategia che dovranno adottare gli illuministi per ribaltare l’inedita situazione culturale. Quale sarà, e quale dovrà essere, la strategia di comunicazione degli illuministi per evitare che la cogente sconfitta del novembre 2004 diventi cronica? Come costruire una strategia di comunicazione seducente per deporre Darwin dalla croce cui sembra essere stato inchiodato dai risultati delle ultime presidenziali americane?

E, poiché ciò che succede negli Usa ha un immediato riverbero in tutto il mondo, quali risposte anche fuori dagli Stati Uniti dovranno essere proposte a queste domande?

Pietro Greco

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