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I MEZZI DI PROVA ED IN PARTICOLARE LA CTU E LA SCATOLA NERA NELL'ACCERTAMENTO DEL
DANNO ALLA PERSONA
Valeria Patermo 1
ABSTRACT
I brevi cenni che seguono intendono dar conto di alcune frequenti questioni, in cui quotidianamente gli operatori del diritto si imbattono nell'espletamento della loro attività, mi riferisco in particolar modo alla scelta del consulente tecnico da parte del Giudice, alla preparazione dei consulenti d'ufficio, alla vigilanza ed al controllo sulla distribuzione degli incarichi, al rispetto - da parte dei consulenti d'ufficio -, delle norme di diritto processuale civile nell'espletamento dell'incarico conferito, ed infine alla responsabilità del consulente d'ufficio.
IL CTU: LIVELLO DI PREPARAZIONE SUFFICIENTE ?
Ritengo che il livello di preparazione medio dei consulenti con i quali trovo a relazionarmi sia in linea di massima abbastanza buono, anche se, come per tutte le cose, migliorabile.
Perchè una consulenza di ufficio possa essere valida e utilizzabile è necessario in primo luogo che CTU conosca le norme del codice che regolano qusta figura, particolarmente l'art. 195 c.p.c. che prevede testualmente
“ Processo verbale e relazione.
[I]. Delle indagini del consulente si forma processo verbale, quando sono compiute con l'intervento del giudice istruttore, ma questi può anche disporre che il consulente rediga relazione scritta.
[II]. Se le indagini sono compiute senza l'intervento del giudice, il consulente deve farne relazione, nella quale inserisce anche le osservazioni e le istanze delle parti.
[III]. La relazione deve essere trasmessa dal consulente alle parti costituite nel termine stabilito dal giudice con ordinanza resa all’udienza di cui all’articolo 193. Con la medesima ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale le parti devono trasmettere al consulente le proprie osservazioni sulla relazione e il termine, anteriore
1 Valeria Patermo - Avvocato, Studio Associato Spagnolo - Foro di Catania
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alla successiva udienza, entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione sulle stesse.
L'art. 183 c.p.c., VI comma, II termine, che rappresenta il limite temporale oltre il quale nessuna documentazione può essere acquisita e valutata dal CTU.
Sebbene il mancato rispetto delle superiori procedure non sia particolarmente frequente è anche vero che non mancano i casi di mancata comunicazione di inizio delle operazioni peritali, ovvero di prosecuzione delle operazioni peritali quando il termine per il successivo incontro non sia stato concordato nel corso della seduta precedente.
Tale mancata comunicazione viola il principio del contraddittorio e può rendere nulla la CTU qualora tempestivamente eccepita, come vedremo più avanti.
Il rispetto dei termini entro cui il CTU deve trasmettere alle parti o ai loro CTP la bozza di relazione ed il deposito della relazione definitiva, assolve a più funzioni;
infatti oltre che il rispetto in sé dei termini assegnati dal giudice (tranne ovviamente quando il ritardo nel deposito sia motivato dalla complessità dell'accertamento) per un verso non costringe il giudice a modificare il proprio ruolo per il reinserimento del giudizio nella cause del giorno, per altro verso consente alle parti di valutare l'opportunità di transigere la causa quando ormai sono stati acquisiti tutti gli elementi di prova.
LA SCELTA DEL CTU
Non sempre la scelta del CTU è adeguata rispetto alla controversia in oggetto, ciò ovviamente ricade sul giudice che tale scelta opera, ad esempio capita di vedere nominati medici psichiatri per accertare le lesioni riportate da un soggetto in un incidente stradale, ovvero medici specialisti nominati per accertare lesioni non rientranti esattamente nel campo di propria specifica competenza, ovvero ancora di consulenti non adeguatamente esperienti rispetto alle questioni sottoposte alla loro attenzione.
A mio avviso, quando si tratta di accertare il danno alla salute sarebbe il caso di nominare sempre dei medici-legali, consentendo loro di avvalersi dell'aiuto di specialisti ovvero nominando anche degli specialisti nelle varie discipline (ovviamente va tenuto d'occhio il valore della causa, onde evitare che l'eccesso di nomine si risolva a danno del danneggiato che di norma in prima battuta corrisponde l'acconto ed al debitore che in ultima analisi pagherà “il conto”.
Sempre più spesso di recente, si assiste alla nomina di interi collegi, quando gli accertamenti siano particolarmente complessi e delicati.
Il CTU medico-legale al fine di bene adempiere al mandato conferito dovrebbe sempre indicare la letteratura scientifica di riferimento coeva all'evento per cui e' causa perchè come è stato egregiamente osservato “ciò che si deve pretendere a un medico è che si attenga alla prassi e ai protocolli generalmente riconosciuti come validi al tempo in cui opera non potendosi invece fargli colpa della mancata intuizione di scoperte e acquisizioni scientifiche future.”
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Mentre spesso accade che nessuna menzione ad essa venga fatta rendendo così arduo il compito del Giudice di valutazione della validità, logicità, adeguatezza della argomentazione della relazione peritale ai fini della condivisione delle di lui conclusioni, e altrettanto vale per i consulenti di parte avversari al fine di una adeguata contestazione
IL MANDATO
Indagini esplorative, consulenza tecnica d'ufficio, giudice, quesiti autonomi
Cassazione civile , sez. III, sentenza 05.02.2013 n° 2663
La consulenza tecnica d'ufficio, anche se non costituisce, in linea di massima, mezzo di prova, ma strumento per la valutazione della prova acquisita, tuttavia rappresenta una fonte oggettiva di prova quando si risolve nell'accertamento di fatti rilevabili unicamente con l'ausilio di specifiche cognizioni o strumentazioni tecniche.
Inoltre la formulazione dei quesiti rientra nei poteri discrezionali del giudice del merito, sicché non costituisce violazione dei diritti della difesa formulare quesiti diversi da quelli ritenuti necessari da una delle parti, sempre che i difensori siano stati posti in condizione di presenziare alle operazioni e di porre istanze e osservazioni ritenute necessarie e pertinenti.
La formulazione dei quesiti assume una funzione particolarmente rilevante, in primo luogo poiché il giudice nel porre i quesiti deve tenere conto delle e allegazioni delle parti e poi in quanto limita il potere di accertamento conferito al CTU.
Il CTU dovrà poi ,quanto più possibile, essere fedele al mandato ricevuto.
Capita invero assai di frequente che i consulenti travalichino il limite del mandato ricevuto, accertando, sua sponte, ad esempio l'esistenza di un diritto (esempio tipico il c.d. Danno esistenziale o alla vita di relazione), così incorrendo nel vizio della nullità della consulenza e della sentenza stessa laddove ad essa il G.I. sia sia ad essa pedissequamente uniformato senza alcuna indicazione dei motivi che ne determinano l'adesione
Accade pure, assai di rado in verità ,che l' ausiliario del Giudice dopo aver quantificato il danno biologico da IP e da ITA, accerti pure la sussistenza del danno
“morale” in misura pari ad una frazione del danno biologico, e, infine, per “aiutare” il giudice infine applichi le tabelle in uso e liquidi il danno (massima efficienza!)
I MODULI PRESTAMPATI DI CONFERIMENTO INCARICO - LIMITI E RISCHI Succede spesso che il mandato venga conferito sulla base di appositi moduli prestampati, ciò comporta il rischio che il CTU, onde rispondere ai quesiti del mandato, accerti anche la sussistenza di danni dei quali parte attrice non ha mai dedotto, né allegato l'esistenza.
Caso tipico e quello di accertamento dell'incidenza dei postumi permanenti sulla capacità lavorativa specifica del danneggiato che il risarcimento di tale voce di
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danno non abbia mai chiesto, ovvero l'accertamento della congruità delle spese mediche documentate quando le spese non sono state documentate,
Il che significa che è necessario prestare particolare attenzione onde evitare che il CTU compia delle attività inutili ai fini della decisione della causa.
A volte, come già detto, al CTU viene chiesto di accertare quale incidenza abbiano i postumi non solo sull'attività psicofisica della persona, ma anche del suo relazionarsi con il mondo del suo stato di benessere in relazione alle consuete attività anche soltanto potenziali dimenticando che l'accertamento di tale voce di danno c.d.
di relazione da includere nella liquidazione del danno non patrimoniale di cui costituisce un aspetto va provato seppure in via presuntiva e costituisce un preciso onere dell'attore che lo deve allegare ed eventualmente al giudice di liquidare seppure equitativamente.
A volte ancora il mandato è assai generico, caso tipico e recente, in ipotesi di sinistri stradali, il mandato che conferisce al CTU di accertare la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 32 della L 27/2012, il quale tautologicamente risponde al quesito “sussistono i presupposti di cui all'art. 31 della L 27/2012.”
O ancora del tipo “tenuto conto delle documentazione prodotta, delle deduzioni e contestazioni delle parti e dei loro consulenti accerti le lesioni riportate da parte attrice indicandone i postumi ed il nesso di causalità tra le lamentate lesioni e la condotta del medico,” in questo caso il rischio è quello di estendere eccessivamente il campo di accertamento del consulente.
Altre volte il mandato è assai specifico con la conseguenza che, il CTU pur rispondendo ai quesiti posti non è in grado di accertare la sussistenza di responsabilità,
Es. ricovero in ospedale alla quale segue un'infezione, l'allegazione attorea attiene alla mancata somministrazione di un antibiotico, se il mandato si limitasse a chiedere sal Ctu di accertare se sia stata prescritta ed eseguita terapia antibiotica semplicemente, potrebbero non ravvisarsi responsabilità qualora il CTU accertasse la somministrazione di un antibiotico v'è stata, salvo poi ad verificare che l'antibiotico non era idoneo, o che le dosi non erano adeguate o ancora che la durata della terapia non era congrua.
Sempre al fine di rendere quanto più esaustiva una CTU in tema di responsabilità medica, sarebbe inoltre buona regola, nell'ipotesi in cui le lesioni subite dal danneggiato siano imputabili alla condotta di uno o più sanitari ovvero a più strutture sanitarie, chiedere che il CTU accerti, ove possibile la responsabilità ascrivibile a ciascuno di essi.
Ciò assume particolare importanza ai fini della transazione consentendo la partecipazione ad essa delle strutture sanitarie e dei sanitari stessi la cui condotta di stata caratterizzata da profili di responsabilità, nonché di loro assicuratori per la responsabilità civile.
Analogamente nelle ipotesi in cui le polizze assicurative prevedono l'esercizio della rivalsa nei confronti dei sanitari nel caso in cui la loro condotta sia stata caratterizzata da dolo o colpa grave.
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In buona sostanza ad avviso dello scrivente un buon mandato dovrebbe essere ben modulato, ma con un riferimento ben preciso alle allegazioni e deduzioni attoree e alle contestazioni ed eccezioni dei convenuti.
LE CAUSE DI NULLITA' DELLA CTU
La nullità più frequente è quella relativa all'acquisizione di documenti non prodotti dalle parti nei termini di rito.
E' vero che il mandato solitamente prevede in maniera puntuale che il CTU accerti i fatti sulla base della documentazione ritualmente acquisita agli atti del giudizio capita, tuttavia, che le parti producano documentazione al momento dell'espletamento della perizia, trattasi di nullità secondo alcuni autori insanabile, perchè si traduce nell'elusione dei termini perentori previsti dal c.p.c.; tuttavia la giurisprudenza maggioritaria, anche di legittimità, ritiene che, in assenza di mancata opposizione all'udienza successiva al deposito della relazione, tale nullità venga sanata.
Siamo quindi in presenza di nullità relativa. Si veda fra tante Cassazione civile , sez. lavoro, sentenza 21.06.2007 n° 14478 “La consulenza tecnica di ufficio, che consideri documenti non ritualmente prodotti in causa dalle parti e senza il loro consenso e che ponga a fondamento delle sue conclusioni le risultanze così acquisite, è affetta da nullità relativa, la quale deve ritenersi sanata se non è fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione peritale”.
Ancora più di recente la Cassazione ha ritenuto che “l'irritualità dell'espletamento della consulenza tecnica ne determinano la nullità solo ove incidano sulle garanzie del contraddittorio, come quelle consistenti nell'omissione delle comunicazioni di cui agli art. 90 e 91 disp. Att. c.p.c. Trattasi peraltro di nullità soggette al regime di cui all'art. 157 c.p.c. , avendo carattere relativo, con la conseguenza che restano sanate, se non opposte alla prima istanza, o nella udienza successiva al deposito della relazione peritale, per tale intendendosi anche l'udienza di mero rinvio o anche l'udienza successiva al deposito, nella quale il giudice abbia rinviato la causa per consentire l'esame della relazione, poiché la denuncia di detto inadempimento formale non richiede la conoscenza del contenuto della relazione” (cfr. Cass. Sez. III, sent. n.
17887 del 18/10/2012).
Ed ancora: “La nullità della consulenza tecnica, derivante dalla mancata comunicazione, alle parti, della data di inizio o di proseguimento delle operazioni peritali, ha carattere relativo e pertanto, deve essere eccepita, a pena di decadenza, nella prima udienza, istanza o difesa successiva al deposito della relazione del quale sia stata data comunicazione nelle forme di legge al difensore della parte interessate.E se non può escludersi che possa realizzarsi acquiescenza nei confronti della suddetta nullità anche in forza di dichiarazioni e comportamenti anteriori al deposito della consulenza, occorre comunque che sia le une che gli altri si rendano riferibili al procuratore a lite, il quale ha
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la disponibilità dei mezzi di difesa nel processo ed assumano il significato non equivoco di preventiva rinuncia a far valere la nullità.
La S. C. ha altresì chiarito che dalla complessa disamina della disciplina delle nullità processuali può desumersi il principio generale secondo cui la mancanza di una pronuncia “costitutiva” di nullità da parte del giudice procedente, consente all'atto processuale viziato (in via assoluta o relativa) di produrre comunque i suoi effetti con la conseguenza che al fine di addivenire alla detta pronuncia il giudicante deve rilevare la nullità, se assoluta (al più tardi) prima di pronunziarsi nel merito della res dubia e se relativa per effetto della tempestiva denuncia fattane dalla parte che non via abbia dato causa nei termini di cui all'art. 157 c.p.c.
Pertanto, la mancanza di tale attività di rilevazione da parte del giudice di primo grado comporta la formazione, in seno alla resa pronuncia di merito, di una sottostante ed implicita statuizione di regolarità formale del processo, rimediabile soltanto attraverso il tempestivo esperimento dei rituali mezzi di impugnazione , il cui utile esercizio postula una specifica espressa deduzione dell'errore che si assume viziare la pronuncia impugnata, pena la formazione di un giudicato (c.d. Interno), ostativo, per il giudice del gravame di ogni ulteriore verifica ex officio della regolarità del primo grado del giudizio” (cfr. Cass. 23/11/2011 n. 24725)
L'ACQUISIZIONE DI DOCUMENTI
Ai sensi dell'art. 13 c.p.c. e 96 disp. att. c.p.c. il Giudice può acquisire informazioni scritte dalla PA , analogo potere può essere esercitato dal CTU quale mandatario del Giudice; infatti l'art. 213 c.p.c. è stato interpretato nel senso che il potere di acquisizione del giudice è esercitabile dal giudice in ogni momento a contraddittorio tra le parti rimandato ad un momento successivo all'acquisizione(cfr.
Cass. 1304/1990).
Secondo questo orientamento tale attività può essere delegata al CTU, sempre che tale acquisizione di documentazione sia funzionale all'espletamento dell'incarico affidato al consulente, ciò comunque deve avvenire nel rispetto dei termini processuali, salvo che si tratti di CTU percipiente e cioè di consulenza che costituisce essa stessa mezzo di prova e nei limiti cui poc'anzi accennato.
Può però il CTU acquisire da terzi informazioni nel corso delle indagini peritali? Ciò è possibile solo previa autorizzazione del giudice ex art. 194 c.p.c. ? Secondo la giurisprudenza maggioritaria più recente non è necessaria la preventiva
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autorizzazione sempre che però le informazioni da terzi riguardino fatti accessori e non fatti su cui si fondano le domande o le eccezioni delle parti. Il CTU deve però sempre indicare le fonti di prova di dette informazioni in modo che le parti siano messe in grado di contestarle con l'onore di farlo nella prima difesa utile successiva al deposito della relazione peritale. Se non contestate queste informazioni possono essere utilizzate per la sentenza.
LA VIGILANZA Art. 23. (1)
(Vigilanza sulla distribuzione degli incarichi)
Il presidente del tribunale vigila affinché, senza danno per l’amministrazione della giustizia, gli incarichi siano equamente distribuiti tra gli iscritti nell’albo in modo tale che a nessuno dei consulenti iscritti possano essere conferiti incarichi in misura superiore al 10 per cento di quelli affidati dall’ufficio, e garantisce che sia assicurata l’adeguata trasparenza del conferimento degli incarichi anche a mezzo di strumenti informatici.
Per l’attuazione di tale vigilanza il presidente fa tenere dal cancelliere un registro in cui debbono essere annotati tutti gli incarichi che i consulenti iscritti ricevono e i compensi liquidati da ciascun giudice.
Questi deve dare notizia degli incarichi dati e dei compensi liquidati al presidente del tribunale presso il quale il consulente è iscritto.
Il primo presidente della corte di appello esercita la vigilanza prevista nel primo comma per gli incarichi che vengono affidati dalla corte.
(1) Articolo aggiornato con le modifiche introdotte dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.
Di norma gli incarichi vengono affidati a rotazione ai consulenti iscritti agli albi del Tribunale, ma anche a consulenti fuori distretto, ciò avviene con particolare riferimento ad incarichi aventi ad oggetto materie assai particolari (es. esami tossicologici, esami per accertare difetti di dispositivi tecnico-medicali ecc.)
V'è tuttavia da segnalare che non in tutti i Tribunali la turnazione nelle nomine è effettiva e spesso e volentieri la rosa dei CTU nominati - magari perchè
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stimati e preparati - è abbastanza ristretta, sicchè la norma non è adeguatamente applicata.
Con l'ausilio degli strumenti informativi sarà tuttavia possibile dare adeguata attuazione alla norma.
LE SANZIONI
Vi è innanzi tutto una responsabilità disciplinare del CTU prevista e disciplinata dagli art. 19, 20, 21 disp. Att.c.p.c..
La vigilanza sui CTU è esercitata dal Presidente del Tribunali e le sanzioni disciplinari che variano dall'avvertimento, la sospensione sino ad un anno, sino alla cancellazione dell'Albo sono irrogate dal Comitati disciplinare composto dal presidente del Tribunale dal Procuratore della repubblica e da un componente dell'ordine professionale di appartenenza del CTU.
Ciò ovviamente riguarda i casi più gravi.
Nella prassi e per le ipotesi più numerose, riguardanti di solito il mancato rispetto dei termini di deposito senza che sia stata richiesta una proroga per giustificati motivi, la conseguenza più adottata consiste nel nominare più il CTU, il ritardo comporta infatti l'onere per il Giudice di riorganizzare il proprio ruolo, onde far posto alla causa la cui relazione di perizia sia stata depositata in ritardo; altra sanzione è per così dire di carattere pecuniario; infatti quando il ritardo non è giustificato di solito il G.I. riduce in percentuale
gli onorari del CTU, nell'ipotesi di liquidazione a tariffa, ovvero, nell'ipotesi di liquidazione a vacazioni non liquida le vacazioni successive alla data entro la quale il CTU avrebbe dovuto depositare la propria relazione.
Nelle ipotesi più gravi di ritardo nella espletamento della consulenza si procede alla revoca dell'incarico, o alla trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica.
Ricordiamo che accanto ad una responsabilità penale prevista dall'art. 64 c.p.c., dall'art. 373 c.p., v'è anche una responsabilità civile anche per colpa lieve prevista non solo ai sensi dell'art. 2043 c.c. ma anche dall'art. 64 c.p.c. che al secondo comma stabilisce “il consulente tecnico è in ogni caso tenuto a risarcire i danni causati
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alle parti dall'esecuzione dell'incarico ricevuto” che nell'ipotesi di consulenza nulla può addirittura comportare l'azione di indebito ex art. 2033 per il recupero del compenso corrisposto al CTU (cass. Civ. Sez. I n. 11474 del 21 ottobre 1992).
Nella prassi è assai raro vedere causa di responsabilità professionale a carico dei consulenti di ufficio.
LA RESPONSABILITA DEL CTU
Il codice di procedura civile, all’art. 64, prevede espressamente l’obbligo risarcitorio per i danni provocati dal CTU alle parti del processo. In applicazione dei principi generali in materia di responsabilità civile, il consulente tecnico sarà tenuto a risarcire solo i danni che costituiscono conseguenza immediata e diretta della sua condotta commissiva o omissiva.”
La peculiarità dell’attività richiesta al CTU sta nel fatto che essa ha natura e contenuto prettamente professionale, per lo più sostanziandosi in una prestazione d’opera intellettuale, svolta però nell’interesse non di una parte privata o di un soggetto giuridico individuato e individuabile quale sua controparte contrattuale, ma piuttosto nell’interesse della giustizia rappresentata in concreto dall’ufficio del giudice.
Proprio dalla considerazione che precede prende le mosse il contrasto degli interpreti sulla possibilità di ammettere la responsabilità del CTU per i danni da lui provocati agendo con colpa lieve. Secondo il prevalente orientamento dottrinale e giurisprudenziale, infatti, il fatto dannoso può essere imputato a responsabilità del consulente solo quando egli incorra in colpa grave, ossia riferibile a sue gravi e inescusabili negligenza o imperizia, nell’esecuzione degli atti che gli sono richiesti (in tal senso si vedano Cass. civ., Sez. I, n. 11474 del 21 ottobre 1992; Sez. III, n. 22587 del 1° dicembre 2004; Trib. Bologna, Sez. III, 15 marzo 2010).
A tale conclusione si perviene valorizzando la previsione del comma 2 dell’art. 64 cod. proc. civ secondo il quale “in ogni caso il consulente tecnico che incorre in colpa grave nell’esecuzione degli atti che gli sono richiesti è punito con l’arresto fino a un anno o con l’ammenda fino a euro 10.329. In ogni caso è dovuto il risarcimento dei danni causati alle parti”: l’obbligo risarcitorio sarebbe condizionato alla sussistenza della responsabilità penale contemplata dalla norma.
Ricorrerebbe tale responsabilità ove la condotta del CTU fosse consapevolmente contraria alle regole generali di correttezza e buona fede e tale da
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risolversi in un uso strumentale e illecito dell’incarico di consulente tecnico,(così App.
Roma, Sez. III, 28 dicembre 2010).
Secondo altra opinione la responsabilità civile (e quindi risarcitoria) del CTU può discendere da qualsiasi condotta illecita sia essa imputabile a dolo o a colpa grave o anche a colpa lieve. Insomma, secondo la tesi in esame, l’inciso “in ogni caso”
contenuto nell’art. 64, comma 2, cod. proc. civ. andrebbe inteso nel senso di introdurre una figura di danno risarcibile secondo i principi generali in materia di illecito civile extracontrattuale, affatto svincolata dalla sussistenza dell’elemento della colpa grave che integra la fattispecie penale considerata dalla predetta norma: quindi se provoca un danno alle parti del processo, il CTU risponde comunque del danno loro arrecato con la sua condotta colposa, anche se ha agito con colpa lieve.
Tra gli interpreti vi è, invero, maggiore accordo sulla natura extracontrattuale della responsabilità del consulente tecnico d’ufficio, “poiché l’attività del consulente tecnico che è svolta nell’esercizio di una pubblica funzione nell’ambito di un processo non è in alcun modo inquadrabile negli schemi di un rapporto di lavoro, sia esso subordinato o anche autonomo, quasi che il consulente fosse vincolato alle parti da un rapporto di prestazione d’opera” ne discende la necessità di qualificare la relativa responsabilità in termini di “responsabilità aquiliana per fatto illecito” (così Cass. civ, Sez. I, n. 11474 del 21 ottobre 1992). Dalla natura extracontrattuale della responsabilità in esame discende, fra l’altro, l’applicazione delle regole che le sono proprie, prima fra tutte quella del termine breve di prescrizione quinquennale (art.
2947 cod. civ.).
Naturalmente la responsabilità del consulente tecnico potrà venire concretamente in rilievo solo quando egli abbia provocato dei danni e solo se di essi sia data prova dalla parte interessata (sulla quale grava il relativo onere probatorio, giusta l’art. 2697 cod. civ.): in applicazione dei principi generali in materia risarcitoria, il CTU potrà rispondere solo dei danni che siano stati causati (ossia che siano conseguenza immediata e diretta, giusta il combinato disposto degli artt. 1223 e 2056 cod. civ.) dalla condotta commissiva od omissiva da lui posta in essere nell’espletamento dell’incarico ricevuto dal giudice.
Nessun dubbio potrebbe sussistere sulla risarcibilità dei danni direttamente arrecati dal CTU ai beni e alle persone oggetto dell’indagine affidatagli: si pensi al caso dell’oggetto prezioso consegnato per la stima al consulente e da questi smarrito o danneggiato, o al danno arrecato alla persona della parte sottoposta a consulenza
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medico legale, o ancora alla lesione del fabbricato conseguente a saggi ed esperimenti tecnici impropriamente eseguiti dal consulente tecnico.
Potrà, inoltre, prospettarsi una responsabilità del consulente tecnico d’ufficio per il suo ritardo nel deposito della relazione richiestagli dal giudice, sempre che sia rinvenibile un nesso di causalità tra l’inosservanza del termine assegnato dal giudice e il pregiudizio lamentato dalla parte del processo (Cass. civ., Sez. III, n. 22587 del 1° dicembre 2004).
Ove poi nel corso del processo la consulenza tecnica sia dichiarata nulla, a carico del CTU potrà prospettarsi l’obbligo di restituire il compenso liquidato dal giudice e corrispostogli dalle parti: la nullità della consulenza priverebbe di funzione giustificativa (i.e. di causa) il pagamento in favore del CTU che sarebbe perciò tenuto a restituire l’indebito pagamento, giusta la generale previsione dell’art. 2033 cod. civ.
(Cass. civ., Sez. I, n. 11474 del 21 ottobre 1992).
SUGGERIMENTI
In ultima analisi ad avviso dello scrivente onde migliorare il livello medio della CTU, con particolare riferimento all'accertamento medico-legale bisognerebbe
a) nominare medici-legali autorizzandoli ad avvalersi, se del caso, del parere di specialisti, salvo che il G.I. Provveda direttamente alla nomina in affiancamento di medici specialisti;
b) prevedere un sistema di aggiornamento dei consulenti medici-legal, anche attraverso gli ordini professionali;
c) rendere effettiva la vigilanza sull'albo dei consulenti, garantendo la turnazione;
d) articolare adeguatamente il mandato tenuto conto delle allegazioni e deduzioni delle parti processuali;
e) pretendere dal CTU il rispetto della norme di legge che regolamentano la figura del consulente d'ufficio prevedendo anche delle sanzioni di carattere pecuniario nel caso di comportamenti negligenti e non giustificati.