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Il medico italiano è impreparato di fronte alla crescente richiesta di risarcimenti per presunta responsabilità professionale

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Academic year: 2022

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Il medico italiano è impreparato di fronte alla crescente richiesta di risarcimenti per presunta responsabilità professionale

Dr. Giovanni Cannavò*

Gli ultimi anni vedono una vera e propria esplosione del fenomeno “responsabilità professionale medica” con costante e progressivo aumento dei procedimenti penali e delle richieste di risarcimento.

Paradossalmente i progressi della scienza medica e l’affinamento delle tecniche operatorie non hanno portato come sarebbe stato logico ad una diminuzione del contenzioso, verosimilmente, anche per l’incidenza di fattori estranei alla medicina.

L’Italia sconta in questi anni gli effetti di una irresponsabile campagna dei massmedia sulla

“malasanità” che anziché incentrare le proprie denunce sulla cattiva gestione delle risorse umane, economiche e delle strutture, vera causa delle pesanti, negative conseguenze sulla qualità dell’assistenza nonostante l’impegno della classe medica, ha spesso privilegiato nell’informazione i singoli casi di negligenza esponendo i responsabili alla pubblica riprovazione e con ciò creando nella popolazione il convincimento che in ogni caso la responsabilità vada ricercata, comunque, nell’atto medico.

Tali convinzioni sono rafforzate anche da quella pseudocultura medica, promossa con estrema superficialità da giornali e riviste a diffusione popolare che hanno creato il mito dell’uomo e della donna sempre sani, belli, in forma, immuni da quelle miserie quotidiane fatte di malattie incurabili, dolore, sofferenza così frequenti nei comuni mortali e quindi di una scienza medica miracolistica in grado di risolvere ogni problema e di superare ogni ostacolo. Sfortunati quei medici che non corrispondono allo stereotipo del professionista vincente, diventati anche protagonisti di popolari ingannevoli serial televisivi di successo ad ulteriore rafforzativo di questa pseudocultura.

Come se non bastasse a vigilare sull’operato del medico vi è ormai una pletora di associazioni locali e nazionali che, con il lodevole intento di proteggere l’ammalato e non ultimi i propri interessi, si fanno spesso promotori di procedimenti penali e di richieste di risarcimento anche in casi in cui la responsabilità è più che dubbia.

Fa riflettere anche il nome della più prestigiosa di queste associazioni, il “Tribunale dei diritti dell’ammalato”, che certamente nella sua pluriennale attività iniziata in tempi non sospetti ha svolto un’opera meritevole di tutela dell’ammalato.

Ma denominare un’associazione “Tribunale” vuol dire che sì vi sono interessi lesi, ma vi sono anche colpevoli da perseguire e condannare, e questo prima ancora di un qualsiasi giudizio e valutazione di merito. Si è coltivato e si coltiva così nell’immaginario collettivo l’accostamento medico - imputato, medico - colpevole i cui effetti li stiamo vivendo.

Quel che è peggio è che gli orientamenti della magistratura hanno subito nell’ultimo decennio un sostanziale mutamento in sfavore del medico.

Sempre più labile diventa il confine tra responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale, sempre più l’obbligazione di mezzi, con l’onere probatorio della negligenza

* Medico Legale, Segretario Associazione Medico Giuridica “M. Gioia”, Pisa

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adempitiva gravante sul creditore della prestazione, diventa obbligo di risultato con il peso di tale prova al debitore impegnato nella prestazione dell’opera.

La prestazione sanitaria è sempre stata considerata obbligazione di mezzi con il conseguente onere probatorio a carico del presunto danneggiato e con il comportamento del medico da raffrontare concretamente con il modello di comportamento diligente. Secondo la giurisprudenza tradizionale spettava al paziente dimostrare il danno subito. Era compito del medico dimostrare l’eventuale speciale difficoltà di cui all’art. 2236 del Codice Civile.

Ma ormai nelle motivazioni delle sentenze si finisce sempre più spesso con il facilitare gli oneri processuali del paziente favorendo il risarcimento; così ogni danno lamentato finisce per trovare il supporto probatorio nella presunzione di colpa del professionista.

Negli ultimi anni, la giurisprudenza si è di fatto orientata verso una più forte tutela del paziente arrivando al concetto per cui il cliente, una volta dimostrata la facilità esecutiva della prestazione, dovrà evidenziare i risultati peggiorativi conseguiti dall’attività medica.

Con tali scelte l’Italia è andata avvicinandosi agli altri paesi ed in linea con la proposta di direttiva europea sulla “Responsabilità del prestatore di servizi” in cui al primo paragrafo del primo art. viene detto: “il prestatore di servizi è responsabile del danno cagionato per sua colpa nell’ambito della prestazione di servizio, alla salute ed all’integrità fisica delle persone o all’integrità dei beni mobili ed immobili, compresi quelli in oggetto della prestazione”.

Si è sviluppata così una cultura giuridica mirante all’inversione dell’ordine della prova della colpa a favore della vittima, nella convinzione che è molto più difficile per il paziente dimostrare di aver subito un danno dall’opera del prestatore di servizi, che non per quest’ultimo che dispone delle conoscenze tecniche necessarie e si trova in una posizione di vantaggio per fornire la prova contraria.

E’ possibile invertire questo trend o dobbiamo ancora una volta acquisire passivamente, come accade in quasi tutti i settori, la versione peggiorativa del sistema americano, dove un medico su tre è alle prese con problemi giuridici penali o civili e dove i costi delle polizze assicurative sono elevatissimi?

Più in dettaglio, da uno studio, non recente ma significativo, dell’AMA Center for Health Policy Research da cui sono stati tratte queste brevi note sulle caratteristiche socioeconomiche della pratica medica del 1989, emerge che le denunce nel biennio precedente erano state il 6,4% nel 1987 contro il 6,7% nel 1988. L’unica eccezione a questa sostanziale stabilità riguardava gli specialisti in ostetrica e ginecologia per i quali vi era stato in un anno un incremento dell’88,8%, passando dall’8% di denunce nel 1987 al 15,1% nel 1988.

Risulta da questo studio che il 37,2% dei medici, durante la sua carriera, ha subito almeno una denuncia. Se si scompone questo dato per specialità ne viene fuori che ben il 59,8% degli ostetrici ginecologi ha avuto una denuncia nella propria vita, il 49,3% era composto da chirurghi, il 39,2% da anestesisti, il 38,5% da radiologici, contro solo il 17,4% di psichiatri.

Di riflesso il costo dei premi delle polizze aveva avuto per i liberi professionisti un aumento del 18,3% passando da una media di $ 5.800 ( £. 9.9760.000) nel 1982 a $15.900 ( £. 27.348.000) nel 1988, con una notevole differenza tra le varie specialità. Nel 1988 gli psichiatri avevano pagato $ 4.400 ( £. 7.568.000) dollari l’anno contro i $ 35.000 ( £. 60.200.000) degli ostetrici. Tra gli estremi si localizzavano le altre specialità con $ 9.300 per i pediatri, $ 9.400 per gli internisti, $ 12.400 per i radiologi, $ 23.600 per gli anestesisti, $ 26.500 per i chirurghi.

Per lo specialista americano i costi di assicurazione sono la terza voce nel proprio bilancio subito dopo il costo del personale ausiliario e le spese di gestione dello studio.

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La Physician Insurers Asscociation of America che raccoglie più di 50 assicurazioni specializzate nel settore ha censito oltre 150.000 casi di malpractice tra il 1985 ed il 1995 ed in una pubblicazione di quest’anno riporta dei dati estremamente interessanti:

• Nel 1985 il costo di una pratica stragiudiziale per malpractice era di $6.638 (£ 11.417.000), mentre in costo del 1995 è diventato di $ 19.436 (£ 33.429.000), praticamente più che raddoppiato. Complessivamente in tutti gli Stati Uniti sono stati spesi nel 1995 circa 737 milioni di dollari (oltre 1.247 miliardi) per spese delle sole denunce che non hanno avuto un seguito giudiziario.

• In sede giudiziaria va tenuto presente che oltre il 70% delle denunce finiscono con il rigetto della richiesta dell’attore, ma i costi di difesa processuale che terminano con la vittoria del ricorrente sono passati da una media di $ 49.088 del 1986 (£ 84.431.000) a $ 94.807 ( £.

163.068.000) con un incremento del 93%.

• Di media nel 1995 sono stati spesi $ 212.500 (365 milioni di lire) per indennizzare le parti lese ma di questi soldi solo la metà va al danneggiato.

Gli avvocati prendono per onorari il 33-40% del totale dell’indennizzo mentre il rimanente 10- 15% sono spese accessorie. Su questa metà del risarcimento per il 76% incidono i costi dell’avvocato, il 12,3 % quelli dei consulenti, ed un 11,7% per spese documentali ed altre voci. Nel 1985 il costo della parcella di un perito si aggirava sui $ 1.040 ( £. 1.788.000) contro i $ 3.064 (£

5.270.000) del 1995.

In un caso di amputazione della mano sono stati liquidati circa $ 40.000.000 ( £ 68 miliardi ed 800 milioni). Quindi circa 34 miliardi sono andati in onorari.

Certamente è carente un sistema dove al danneggiato va solo il 50% del risarcimento ed inoltre i tempi medi vanno allungandosi e si è passati dai 48 mesi necessari a risolvere una pratica nel 1985 ai 54 mesi del 1995.

In Germania, ci sono circa il 7% dei medici accusati di malpractice, le principali compagnie si sono rese conto che un buon management di rischio non è sufficiente a fronteggiare il fenomeno se non si coinvolgono direttamente i medici e si comincia a ragionare nell’ottica della prevenzione.

In Francia esistono due compagnie specializzate in questo mercato la Medi Assurances e la Sou Medicale che lavorano in coassicurazione con le Groupe des Assurances Mutuelles Medicales e coprono il 70% del mercato nazionale. Le loro polizze assicurano tutti i danni fisici, materiali e morali derivanti dall’attività professionale, si estendono anche al personale che collabora nello studio, ad eventuali danni provocati ad oggetti e beni materiali, si fanno carico delle eventuali spese processuali civili e penali. La sottoscrizione della polizza avviene sulla base di un questionario molto personalizzato che permette di individuare gli eventuali fattori di rischio. Una polizza particolare è stata studiata per gli studenti ed i praticanti che con una cifra irrisoria di 80 franchi ( £. 24.000) godono di un massimale illimitato per i danni a persone e fino a 3 milioni di franchi ( £. 900.000.000) per i danni materiali. Ovviamente l’assicurato deve informare la compagnia di ogni mutamento della sua attività e dell’eventuale aumento dei fattori di rischio.

Quali sono i rimedi, quali le soluzioni possibili da adattare alla nostra storia ed alla nostra cultura?

Il medico italiano ha goduto per decenni di una situazione di privilegio, di una sorta di impunità ed oggi si trova quasi disarmato intellettualmente e materialmente di fronte a questa massiccia e generalizzata aggressione.

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Ed allora è forse giunto il momento che la classe medica si doti di protocolli comportamentali, acquisisca una diversa cultura del proprio rapporto con il paziente, una diversa coscienza sui rischi a cui è esposto.

Poiché non esiste la perfezione e l’errore è possibile in tutte le attività umane, anche in quelle ad alto contenuto tecnologico, si devono porre dei paletti distintivi tra l’errore e la negligenza.

Per fare questo forse è necessario che la classe medica, per ogni specialità si dia delle “linee guida” di riferimento o dei veri e propri protocolli che permettano di individuare quei comportamenti che debordano dalla prassi usuale e codificata.

Occorre comunque elevare il tasso medio della preparazione e la formazione continua deve essere un obbligo e non il frutto della buona volontà dei singoli; l’aggiornamento deve essere agganciato alle “linee guida” in modo da garantire un livello professionale standard medio - alto.

Tale impostazione può sembrare riduttiva e costrittiva in una scienza dove ancora assume grandissima importanza nel rapporto medico-paziente il fattore individuale, la capacità di comunicativa e l’empatia che sono insite nella nostra professione. Ma probabilmente è preferibile adattarsi ad un letto di procuste come possono essere le “linee guida”, che eccedere in fantasia in una professione che lascia sempre meno margine all’iniziativa individuale.

Pensiamo che ormai sia chiaro a tutti i medici, anche se non sempre adeguatamente attuato, l’obbligo all’informazione ed al consenso. Ricordo la recente sentenza, la 364 del 15/1/97 di cui è stato relatore il dr. Nicastro, che ribadisce un trend giurisprudenziale rigoroso in questa materia ed estende la tutela del paziente non solo all’atto operatorio ma anche in campi connessi e dotati di propria autonomia gestionale come l’anestesia.

A questo proposito vorrei segnalare dei dati tedeschi di fonte assicurativa relativi all’ostetricia dove viene messo in evidenza che non esiste “l’errore tipico”, mentre nei casi di malpractice il dato costante che viene contestato è la carente informazione e l’insufficienza delle consulenze che precedono il parto. Inoltre viene sottolineato che documentazioni mediche lacunose, cartelle cliniche incomplete, in sede di giudizio diventano elementi a sfavore del medico. Oggi i medici tedeschi hanno imparato la lezione e tendono a preparare documentazioni impeccabili.

I medici italiani ancora sottovalutano il rischio e faticano ad acquisire nel proprio bagaglio culturale la necessità di un diverso rapporto con il mondo assicurativo.

Dichiarava in una recente intervista ad un giornale medico il presidente degli ostetrici e ginecologi italiani: “ ... non siamo in America, qui si assicurano solo i medici che sono veramente a rischio (non più di un settimo del totale) e quasi sempre in maniera insufficiente. La maggior parte delle polizze ha un massimale tra i 50 ed i 500 milioni ed oggi abbiamo addirittura vedove di medici chiamate a rispondere per mariti morti da dieci anni. Assistiamo a cose incredibili con nostri colleghi a cui hanno sequestrato la casa o vedove che hanno rinunciato all’eredità”.

Il quadro descritto è forse eccessivamente catastrofico ma tocca dei problemi concreti.

E’ vero che la maggior parte dei medici o non è assicurata o lo è al di sotto degli standard minimi necessari. Vi sono intere categorie che si sentono, impropriamente, al di fuori del rischio professionale.

I medici di famiglia sono spesso sotto assicurati, pur correndo anch’essi i loro rischi, seppure in misura minore dei colleghi specialisti. Non ho cifre sulla malpractice di questa categoria in Italia, mentre dati statistici francesi del 1995 forniti dal GAMM (Groupe des Assurances Mutuelles Medicales) indica su 48.069 medici di famiglia 274 dichiarazioni di sinistri con un’incidenza del 0,57%. Le dichiarazioni facevano riferimento ad errori terapeutici e complicazioni iatrogene nel 50%

dei casi; nel 30% si trattava di errori di diagnosi; nel 15% di certificazioni non conformi, di

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assistenza ritardata od insufficiente ed i rimanenti casi erano dovuti a prescrizioni abusive, violazione del segreto professionale ed altri reati compresi gli attentati al pudore.

Vogliamo accennare alla “responsabilità professionale del medico legale” proprio per sottolineare il paradosso che anche la categoria apparentemente meno a rischio e chiamata a giudicare i colleghi in materia non è in realtà esente da questi problemi. Abbiamo pubblicato su un numero di “Tagete” la notizia di un medico legale che nel corso di un’autopsia aveva ravvisato le cause della morte di una minore in un soffocamento per tentativo di violenza carnale.

Ciò aveva portato all’arresto di due familiari della vittima. A distanza di due anni è emersa una diversa verità, ovvero che la piccola era morta sì per soffocamento, ma a causa di un attacco di asma;

i due familiari ingiustamente accusati, hanno immediatamente citato per danni il medico legale, individuando in lui il vero responsabile delle loro spiacevoli traversie giudiziarie.

Molti medici ospedalieri non sono assicurati nella convinzione di essere tutelati dalla polizza sottoscritta dall’ente ospedaliero. Ignorano che di fronte ad un problema rilevante l’avvocato della compagnia dell’ospedale che deve tutelare gli interessi del proprio patrocinato, e quindi della struttura sanitaria, potrebbe avere interesse a dimostrare la “colpa grave” del medico consentendo così all’amministrazione di rivalersi su di lui.

Dobbiamo invero rilevare che da parte del mondo assicurativo italiano non è stato fatto molto per sensibilizzare i medici su questi problemi ed attivare una maggior sensibilità in materia.

Si comincia a lamentare che la gestione del settore è sempre più onerosa, se non addirittura in perdita ed a prospettare l’ipotesi di premi assicurativi agganciati in maniera percentuale agli introiti del sanitario.

Le compagnie possono decidere se imboccare questa scorciatoia che permetterà loro di risolvere le questioni finanziare, ma non daranno alcun contributo concreto se non a risolvere, quanto meno ad attenuare il problema alla radice e non vorrei che per analogia rivivessimo in chiave diversa nella forma, ma analoga nel contenuto, il fenomeno del “ colpo di frusta” con una degenerazione dei risarcimenti e gli infiniti costi di presunti danneggiati, mediatori ed affaristi vari scaricati sull’assicurato, come abbiamo visto accadere sul sistema americano.

Quali le vie da percorrere?

Forse si può sperare, come vagheggia qualche ottimista, in un intervento legislativo che preveda l’obbligatorietà dell’assicurazione per ripartire sull’intera categoria e sulle strutture sanitarie il rischio patrimoniale. Qualche altro prospetta la possibilità che venga istituito un “fondo sociale” o un

"Fondo per il rischio terapeutico” come esiste in Svezia dove il sistema si fa carico di tutelare, comunque, quei casi di macro menomazione dove il rapporto causale tra condotta medica e lesioni sia dai contorni indefiniti e mal accertabile, con ciò riducendo a monte il rischio di esasperata conflittualità ed indennizzando congruamente e rapidamente il portatore di handicap.

Non credo che in Italia si possano prospettare a breve soluzioni da parte del sistema pubblico ed è invece opportuno, senza perdere tempo, che gli interessati trovino delle soluzioni comuni.

La prima cosa da fare è sicuramente quella di mettere intorno allo stesso tavolo i soggetti di questa vicenda : clinici, medici legali ed assicuratori per affrontare insieme il problema alla radice.

Un’ipotesi potrebbe essere quella di creare una sorta di “osservatorio” in grado di monitorare il fenomeno raccogliendo i casi più emblematici, seguendo l’evoluzione della giurisprudenza in materia, sviluppando una maggiore attenzione e sensibilità verso il problema per le categorie più a rischio, organizzando corsi di risk management, ricercando prodotti assicurativi adattati al caso concreto.

In conclusione la classe medica non deve vivere passivamente questo situazione che la vede pesantemente coinvolta ma deve diventare soggetto attivo in grado di dare risposte adeguate ad un fenomeno che tende a degenerare sotto la spinta di interessi meramente economici mettendo

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strumentalmente in discussione una professione che per secoli è stata connotata per l’altruismo, la generosità ed il sacrificio.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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Fédération francaise des associations de méedecin conseils experts en éevaluation du dommage coroprel - 1995

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• RC médical, Enquete produit - Gerard Defranchi - L ‘Argus, juillet 1997

• Socioeconomic Characteristics of Medical Practice - Martin L. Gonzales, David W. Emmons, 1989

• Insuring the Practice of Quality Medicine -The Phisician Insurers Association of America, 1997

• Obligaciones del medico en su actividad profesional y conductas que han dado lugar a responsabilidad - Alfonso Atela Bilbao, abril 1997

• Die Haufigkeit von Behandlungsfehlervorwurfen in de Medizin - Hans Georg Krumpaszky, Rolf Sethe, Hans Konrad Selbmann, Versicherungs recht, April 1997

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