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Capitolo I Le premesse alla nascita del GPA, Forno

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Academic year: 2021

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Capitolo I

Le premesse alla nascita del GPA, Forno

Attraverso i documenti presenti nell'archivio A.N.P.I. di Massa possiamo ricostruire in modo dettagliato la storia della formazione partigiana Gruppo Patrioti Apuani dalla sua nascita sino alla Liberazione. I documenti, in gran parte inediti, permettono di seguire la formazione giorno dopo giorno mostrandoci la sua progressiva evoluzione sia organizzativa che militare: dall'iniziale occupazione di una piccola porzione delle Apuane, alla dislocazione sempre più capillare delle varie compagnie sul territorio di Massa e Montignoso; da i rapporti inizialmente difficili con le altre formazioni partigiane apuane, all'adesione alla Divisione Lunense prima e alla Divisione Apuana dopo; dai primi tentativi di contatto con gli Alleati alla collaborazione al di qua e al di là della linea del fronte con i comandi americani. Di particolare interesse per chiarire la nascita della formazione sono i diari storici1 che coprono il periodo dal 13 giugno 1944 sino al 7 Luglio, quindi, immediatamente successivi alla battaglia e alla strage di Forno.

L'occupazione di Forno2, paese della montagna massese, a pochi chilometri dal centro di Massa avvenne nel primo pomeriggio del 9 giugno da parte dei partigiani della Brigata Garibaldi "Luigi Mulargia". La formazione, intitolata al patriota sardo appartenente ai "Cacciatori

1 Archivio ANPI Massa, 3° Brigata Garibaldi banda di patrioti comandata da Vico - Diario storico dal 12 al 20 giugno 1944; busta 62 fascicolo 17; 3° Brigata Garibaldi - Diario storico dal 21 al 24 giugno 1944, busta 17 fascicolo 19; 1° Compagnia Lupi Apuani – Diario storico dal 25 al 30 giugno1944, busta 62 fascicolo 18; 1° compagnia lupi apuani – Diario storico dal 1 al 7 luglio 1944, busta 62 fascicolo 19.

2 Per una ricostruzione dettagliata della strage di Forno vedi R. Fruzzetti, A. Grossi, M. Michelucci,

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delle Apuane" e caduto il 18 aprile 1944 in uno scontro a fuoco sul Monte Gabberi in Versilia, si era costituita originariamente alla casa bianca sul monte Prana nelle montagne versiliesi nell'aprile 1944. A seguito di continui rastrellamenti tedeschi gli uomini comandati da Marcello Garosi "Tito" e Giancarlo Taddei "Beppe"3, su ordine del CLN di Viareggio, decisero lo spostamento della formazione nell'alta Lunigiana per prendere contatto con la missione "Rutland"4 guidata dal radiotelegrafista Domenico Azzari.

Il 6 maggio iniziò la marcia di spostamento verso la Lunigiana degli uomini della "Mulargia"; durante il trasferimento ai circa venti uomini di "Tito" si aggiunsero altri partigiani provenienti dalla località Fania presso Stazzema. Il gruppo operò alcuni attacchi ai magazzini TODT presso Isola Santa e Vagli di Sotto. Il 10 maggio si portarono nei pressi di Gorfigliano, dove ebbero uno scontro a fuoco con militi della GNR, perdendo un uomo, Silvio Ceragioli, al quale in seguito vennero intitolate due distinte formazioni partigiane, una nel versante massese delle Apuane nel paese di Casette, e una in Versilia.

A causa di un vasto rastrellamento nazista nella zona di Mommio, l'incontro fra "Tito" e Azzari non ebbe luogo. Il Comandante della Mulargia, consigliato da rappresentanti del CLN di Minucciano, tornò indietro e il giorno 13 si incontrò con il nucleo di partigiani guidati da

3 Marcello Garosi nasce a Firenze il 27 marzo 1919 e muore a Forno di Massa il 13 giugno 1944. Sottotenente dei bersaglieri dopo l'otto settembre 1943 sfollò con la famiglia a Corsanico, frazione del comune di Massarosa, dove conobbe il Taddei. Nell'aprile del 1944 chiese e ottenne dal CLN di Viareggio che gli venisse affidato il sevizio di collegamento con la formazione"Cacciatori delle Apuane" di Gino Lombardi. Giancarlo Taddei nasce a Pisa nel 1923 e muore il 28 agosto 1944 a Gualdo vicino a Massarosa. Studente di medicina, comunista si rifugiò in Versilia dopo essere fuggito dal carcere di Pisa.

4 La notte del 23 ottobre 1943 venne paracadutato nei pressi del Passo dei Carpinelli, fra Lunigiana e Garfagnana, il sergente radiotelegrafista della marina italiana Domenico Azzari, nativo di Casola, unico componente della missione inglese "Rutland". Dotato di radiotrasmittente riuscì ad ottenere molti lanci per i patrioti toscani. La missione restò operativa sino al giugno 1944.

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Lorenzo Bandelloni5 e Guido Vannucci con i quali si accordò per dar vita ad un'unica formazione. La formazione che poteva contare su un centinaio di uomini era comandata da Garosi. Il ruolo di vice comandante fu affidato a Vannucci, quello di commissario politico a Taddei e Bandelloni fu nominato addetto agli approvvigionamenti.

Il giorno 14 avvenne al "Campaccio", presso il monte Carchio, l'incontro fra "Tito" e alcuni rappresentanti del CLN di Massa: Si realizzò così il progetto pensato da tempo, soprattutto da Pietro Del Giudice6 e Alberto Bondielli7, di portare i partigiani massesi sotto la guida di un valido comandante militare, creando una forte formazione di montagna, capace di tenere militarmente un territorio all'interno delle linee tedesche e in grado di coadiuvare l'avanzata alleata. La Mulargia si spostò sul versante massese delle Apuane. Partigiani locali, sotto il comando di Alfredo Gianardi "Vico"8, andarono ad ingrossare le file della formazione9.

Il 16 maggio gli uomini della "Mulargia" attaccarono ad Altagnana un

5 Lorenzo Bandelloni soldato della Divisione Sassari ebbe una breve esperienza con i partigiani jugoslavi di Tito. Tornato in Versilia a fine gennaio del 1944 si unì alla formazione Cacciatori delle Apuane comandata da Gino Lombardi. Dopo la morte di quest'ultimo, avvenuta a Sarzana il 21 aprile 1944, raccolse parte degli uomini della formazione riorganizzandoli sul monte Cavallo. A questi si aggiunse un nucleo di combattenti provenienti da Viareggio guidati da Guido Vannucci.

6 Pietro del Giudice nasce a Montignoso il 19 luglio 1914 e muore il 30 giugno 2000. Frate domenicano del convento di San Marco a Firenze si laureò in teologia e filosofia. Inviato a Roma presso l'ateneo pontificio "Angelicum" ottenne l'abilitazione all'insegnamento del diritto canonico. Tornato a Montignoso nel luglio 1943, nel novembre dello stesso anno entrò in contatto col gruppo antifascista massese. Comandante partigiano dal luglio 1944, sarà il primo Prefetto di Apuania dopo la Liberazione. Per notizie più dettagliate sulla vita di Pietro Del Giudice; Maria Del Giudice, Un uomo

di pace in tempo di guerra, Sea, Carrara, 2011.

7 Alberto Bondielli nasce a Massa nel 1900 e muore nel 1994. Sin da ragazzo fa parte dell'organizzazione Azione Cattolica. Diventa Presidente del CPLN di Apuania col nome di battaglia di "Enzo"sino alla fine del febbraio 1945. Dopo la Liberazione fu il primo Presidente della Provincia di Massa - Carrara.

8 Alfredo Gianardi fu da prima comandante della 1° compagnia del GPA, poi venne nominato vicecomandante del gruppo nel gennaio 1945 e infine comandante dopo la Liberazione di Massa. 9 Sugli spostamenti della Mulargia si vedano oltre a F. Bergamini, G. Bimbi, Antifascismo e

Resistenza in Versilia, ANPI, Viareggio, 1983; G. Giannelli, Versilia la trappola del '44, Versilia oggi,

Querceta 1992; R. Torre, La resistenza nel comune di Apuania, ISRA, Pontremoli 2009; P. Pezzino,

Scene di guerra e di Resistenza nella città di Massa, la strage di Forno e il suo contesto storico, Sea,

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distaccamento repubblicano: nello scontro si contarono un morto fra i fascisti e feriti fra i partigiani tra i quali forse lo stesso Comandante "Tito". Ecco come viene raccontato l'episodio da Guido Vannucci:

"[...]Forti di circa 80 uomini partimmo a sera e arrivammo sul posto verso la mezzanotte. Attaccammo le abitazioni dei fratelli Cerboncini, squadristi e spie dei tedeschi, uno dei quali segretario del fascio repubblicano del paese. Un'altra pattuglia si portò nelle immediate vicinanze dell'accampamento fascista. Mentre l'operazione Cerboncini fu rapida, quella contro l'accampamento fascista fu assai dura. [...] Il tentativo di quattro compagni di prendere alle spalle il nemico fu respinto da una violenta sparatoria che ferì gravemente uno dei partigiani. [...] Dovemmo ritirarci. [...] Io e due compagni tentammo di riprendere il nostro ferito ma scariche di mitraglia e di fucileria ci respinsero. Per quanto anch'io venissi colpito, rispondemmo prontamente al fuoco.10".

Ermenegildo Della Bianchina11 presente allo scontro di Altagnana ricorda:

“In città il Comitato di Liberazione avvisò Pietro (Del

Giudice) che girava la voce che in Campiglia si era formata 10 F. Bergamini – G. Bimbi, Antifascismo e Resistenza in Versilia, cit. pag 100.

11 Ermenegildo Della Bianchina nasce a Massa il 24 agosto 1916 e muore a Massa il 16 aprile 2013. Alpino della Divisione Cuneense fu sul fronte di guerra greco e russo. Dopo l'otto settembre partecipò alla Resistenza ed entrò a far parte prima della Brigata Garibaldi "Mulargia" e poi del Gruppo Patrioti Apuani. Fu Presidente dell'ANPI di Massa a partire dal 2000.

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una banda di ribelli e che il segretario del fascio di Altagnana aveva chiamato in paese due milizie della compagnia di Santa Chiara, accampate sotto la sua casa, per circondare i ribelli. Ma Tito fu avvisato in tempo da Pietro e prima che iniziasse l'accerchiamento, mi sembra la notte del 16, si mosse con una squadra per la via dei Carri. [...] Tito fece due pattuglie, una per la strada dei carri, e una per la stradina che da sopra Altagnana viene a finire sopra il cimitero. E lì ci fu quella battaglia, dove morì il figlio di Cerboncini. Rimase ferito anche il nostro Luciano Ceccotti di Pisa, che poi fu portato all'ospedale. [...] Ad Altagnana io ricordo perfettamente che Tito era rimasto ferito di striscio ad una gamba12."

Un'altra testimonianza utile a chiarire la dinamica dello scontro a fuoco è quella di Luciano Ceccotti, uno dei feriti nella sparatoria:

"[...]Fu fatto il progetto di andar a prendere questo Cerboncini ad Altagnana, ma si sbagliò casa. [...] Si andò dal fratello che era Maresciallo dei Carabinieri e si portò via in mutande. I Repubblichini sparavano all'impazzata e noi li si rispondeva e ci furono due morti, tra i quali morì anche il figliolo del Cerboncini. [...] Io fui portato all'ospedale. Mi trattavano male. Uno mi voleva infilare il dito nella ferita, mi voleva far fuori. Una mattina venne tutto il comando delle Brigate Nere, il Prefetto ed altri e mi domandavano come mi 12 M. Michelucci, N. Ianni, Partigiani apuani e linea gotica, Amministrazione provinciale, Massa,

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chiamavo, io mi chiamo Luciano non ci ho cognome son bastardo. [...]Mi hanno torturato [...]mi dissero domani mattina ti impiccano in Piazza Aranci. Vennero a liberarmi a mezzanotte13"

Tra le file partigiane i feriti furono sicuramente il vice comandante della "Mulargia", Vannucci e Luciano Ceccotti, che, catturato dai fascisti, venne portato all'ospedale di Massa dove i partigiani riuscirono in seguito a farlo evadere. Sulla liberazione di Ceccotti dall'ospedale possiamo aggiungere alcuni particolari ricavati da documenti inediti presenti presso l'archivio ANPI di Massa. Il primo di questi documenti è un certificato medico dell'ospedale di Massa datato 1947 che testimonia il ricovero del Ceccotti presso l'ospedale sino al 5 luglio del 1944, "[...]

ricoverato con gravi ferite al cranio"14.

Abbiamo poi una testimonianza rilasciata a Emidio Mosti da uno dei sopravvissuti alla strage di Forno del 13 giugno, Aldo Sgadò che, fucilato assieme ad altri sessanta giovani, venne ferito alle gambe e si finse morto:

"[...] arrangiandomi alla meglio ho attraversato il fiume e son rimasto oltre la sponda fino al mattino, presso una casa diroccata [...] più tardi capitò un'infermiera che con l'aiuto di un autoambulanza mi condusse presso l'ospedale di Massa. Fui salvato in questa maniera [...] una notte venne un certo Dell'Amico con una pattuglia di partigiani per liberare il 13 Ivi, pp. 62, 63.

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"Balilla" e il "Pisano" Luciano Ceccotti. I partigiani per me erano Dell'Amico Ruggero "Buston", Vignali Riccardo, Angelotti Luigi, Della Pina Albano, Vignali Giovanni e Tonarelli Orlando"15.

Infine come ultimo tassello per ricostruire la vicenda personale del Ceccotti riportiamo un' autorizzazione a passare le linee datata 11 ottobre 1944 firmata da Pietro Del Giudice, comandante del Gruppo Patrioti Apuani.

"[...] Il patriota Luciano Ceccotti è in formazione dal maggio scorso. E' stato ferito gravemente in un fatto d'arme ed ora ha chiesto di passare le linee per raggiungere la famiglia che si trova a Pisa"16.

Appare assai più incerto il ferimento del Comandante "Tito" nello scontro a fuoco di Altagnana. Se infatti il libro di Bergamini e Bimbi, e la testimonianza di Della Bianchina sembrerebbero confermarlo, la relazione del Comandante Pietro Del Giudice sull'organizzazione e sulla attività dei "Gruppi" datata giugno - luglio 1946 attesta una versione differente:

"Due feriti uno grave, Luciano ed un altro leggero, Guido vice 15 AAM busta 56, fascicolo 21; In G. Rubini, La resistenza al 44° parallelo, Tipografia grafica

Apuana, Massa, 1978. Nel testo vengono confermati i nomi dei partigiani autori dell'azione e si chiarisce l'identità del terzo prigioniero liberato “[...]Gino Sistori di anni 19 detto il Balilla senza

una gamba perduta in uno scontro in Val Mazzola e ricoverato da Pontremoli”. La data dell'azione

riportata nel libro del Rubini è la notte fra il 23 e 24 luglio. pp. 205, 206. 16 AAM busta 10, fascicolo 27

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comandante della formazione "Mulargia" (Luciano quasi morente viene trasportato all'ospedale di Massa, guardato a vista; un gruppo di nostri uomini - squadra Capaccola – lo prelevano dall'ospedale e lo portano in formazione)17".

Un'altra testimonianza inedita, rilasciata alla commissione regionale toscana per il riconoscimento della qualifica partigiana da Guerrini Giovanni "Nanni" e conservata nell'archivio ANPI di Massa riporta:

"[...]oltre che comandante di squadra il compito del sottoscritto nella Brigata era anche quello di curare i feriti in quanto studente in medicina, lo stesso comandante Tito è stato curato dal sottoscritto di una ferita trasfossa da proiettile tedesco al carpo della mano destra e alla coscia destra"18.

Quest'ultima dichiarazione sembra avvallare la ricostruzione del ferimento di Tito rilasciata dal partigiano Tongiani Angelo che sposterebbe l'episodio ad un momento successivo intorno al 5 o 6 di giugno, a causa di un colpo partito accidentalmente dalla maschinenpistole tedesca di un partigiano russo, che “Tito” stava esaminando19.

Il giorno seguente il combattimento la formazione si trasferì nella zona di Campiglia e poi agli Alberghi, sopra il paese di Forno. Lo

17 M. Del Giudice a cura di, Patrioti Apuani, Sea, Carrara, 2014 pag.25; 18 Archivio ANPI Massa busta 6, fascicolo 10

19 R. Fruzzetti, A. Grossi, M. Michelucci, Forno 13 Giugno 1944, cit. pag. 88. La presenza di partigiani russi nella “Mulargia” è chiarita nella relazione già citata di Pietro Del Giudice, dalla quale si apprende che una ventina di russi, prelevati dal comando tedesco dagli uomini di Montignoso, vennero inviati a Tito prima del combattimento di Altagnana.

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spostamento fu reso necessario a causa del rastrellamento che i fascisti e i nazisti stavano per effettuare nella zona, come risposta all'azione di Altagnana. Intanto continuavano ad aggregarsi alla Mulargia altri nuclei di partigiani massesi tra i quali gli uomini di Arnaldo Pegollo20 e la formazione "Ceragioli" delle Casette comandata da Enrico Antonioli "Righetto". L'accordo fra i due gruppi avvenne probabilmente il 4 giugno.21 La collaborazione fra la “Ceragioli” e la “Mulargia” si realizzò a pieno con l'attacco alla sede del fascio di Colonnata compiuto da circa trenta uomini delle Casette al comando di "Righetto" e da una squadra comandata da "Vico". Nel diario storico della formazione Ceragioli l'azione è così raccontata:

"Il 7 giugno una squadra di Tito agli ordini di Vico e 30 uomini delle Casette comandati da Righetto, si recano a Colonnata ove prendono d'assalto la sede del fascio. Catturato che fu, il segretario viene portato in piazza; il popolo tutto chiede che venga rilasciato, essendosi egli comportato in ottimo modo nei riguardi della popolazione stessa"22.

L'azione che nella relazione viene datata 7 giugno, in diverse pubblicazioni che ricostruiscono la strage di Forno viene, invece, anticipata di qualche giorno, 5 giugno23. Il 7 giugno la “Mulargia”

20 Arnaldo Pegollo “Naldo” comandante della 3° compagnia del GPA nato a Massa l'8 aprile 1919 caduto a Massa il 10 aprile 1945. Decorato con la Medaglia d'Oro al Valor Militare.

21 F. Bergamini, G. Bimbi, Antifascismo e Resistenza in Versilia, cit. pag. 103; R. Torre, La resistenza

nel comune di Apuania, cit. pag. 98.

22 AAM busta 33, fascicolo 26.

23 F. Bergamini, G. Bimbi, Antifascismo e Resistenza in Versilia, cit.; R. Torre, La resistenza nel

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attaccò i magazzini della Todt a Vinca; la spedizione venne guidata dal vice comandante Vannucci in quanto Tito era ancora impossibilitato a muoversi a causa della ferita alla gamba. L'azione riuscì perfettamente. Circa un centinaio di uomini attaccarono le forze nemiche uccidendo due sottufficiali italiani ed un soldato tedesco e tornarono all'accampamento degli Alberghi con armi, munizioni e viveri in quantità rilevante.24

Come già ricordato, il 9 giugno gli uomini della “Mulargia” occuparono il paese di Forno nell'erronea convinzione di un imminente sbarco alleato. I partigiani installarono il loro comando nella caserma dei Carabinieri all'inizio del paese e occuparono sia la casa del fascio (ex casa socialista) sia i locali della Filanda (cotonificio ligure). Non vi furono scontri né con i fascisti locali né con i Carabinieri il cui comandante, il Maresciallo Ciro Siciliano25 era cognato di Arnaldo Pegollo partigiano di Forno. Nei giorni dell'occupazione Tito convocò a Forno noti personaggi del fascismo massese chiedendo e ottenendo contributi finanziari per la Resistenza26. Anche il direttore del carcere di Massa, dottor Gaetano Colantuoni si recò a Forno dove gli venne

24 Notizie sull'azione di Vinca in F. Bergamini. G. Bimbi, Antifascismo e Resistenza in Versilia , cit. pag.104, rapporto della GNR di Apuania; in R. Torre, La resistenza nel comune di Apuania cit. pag. 99, nel testo viene riportata una lettera del 15 giugno 1944 dell'Ispettore Generale di PS dott. Coco al Capo della Polizia; in R. Fruzzetti, A. Grossi, M. Michelucci Forno 13 Giugno 1944, cit. Intervista a Fruzzettii Guido; M. Del Giudice, a cura di Patrioti Apuani cit., nella relazione di PDG l'azione viene anticipata al 5 giugno.

25 Ciro Siciliano nasce a Portici nel 1908, Maresciallo dei Carabinieri, comandava la stazione di Forno. Aveva sposato Anna Pegollo sorella del partigiano "Naldo". Il 13 giugno, quando i tedeschi e i fascisti fecero irruzione a Forno, il Maresciallo non si trovava in paese, avrebbe, quindi, potuto salvarsi, ma decise di tornare indietro per intercedere presso i tedeschi a favore della popolazione civile rastrellata. Accusato di non essersi opposto all'occupazione partigiana, fu tra le vittime della fucilazione. Nel 2005 è stato insignito della medaglia d'oro al merito civile.

26 R. Fruzzetti, A. Grossi, M. Michelucci Forno 13 Giugno 1944, cit. "[...] arrivo o convocazione a

Forno di un noto esponente fascista cittadino al quale fu chiesto ed ottenuto un obolo in denaro forse proprio in cambio dell'immunità per i fascisti locali" pag. 22; ibidem, testimonianza di Gino

Briglia "Sergio" che riferendosi alla giornata del 12 giugno e al suo arrivo a Forno racconta"[...]

scendevano in bicicletta due persone molto note in città: Pietro Pelù e Giuseppe Santi, erano figure molto note del fascismo di Massa." pp. 80, 81; articolo di Carlo De Filippis, sempre in margine al decennale della Resistenza, quotidiano Il Tirreno, cronaca di Massa del 10 giugno

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intimato di liberare alcuni detenuti politici. L'11 venne arrestato il figlio di Pantaleone Proietti capo delle guardie carcerarie,27 la cui liberazione fu accordata in cambio del rilascio di dodici prigionieri politici: tra i detenuti liberati il Maresciallo dei Carabinieri Ottorino Alonzo condannato dal Tribunale Speciale a dieci anni di carcere nel marzo 1944 e, come vedremo in seguito, figura importante del Gruppo Patrioti Apuani col nome di battaglia di "Giusto".

Sulla figura del Maresciallo “Giusto” e sulla sua condanna ricaviamo ulteriori indicazioni dalla dichiarazione inedita firmata Pietro Del Giudice indirizzata alla commissione regionale toscana per il riconoscimento della qualifica di partigiano datata 15 febbraio 1947:

"[...] Fin dai primi giorni della Resistenza, settembre 1943, con azioni individuali operò contro i nazifascisti bersagliando e perseguitando squadristi e spie dei tedeschi che stavano prendendo possesso della zona Apuana [...] fu denunciato e imprigionato come antifascista e patriota. Nel processo che ne seguì di fronte al Tribunale Speciale il Pubblico Ministero chiese la sua fucilazione [...] fu condannato a 10 anni.[...] fu liberato dal carcere il 12 giugno 1944" 28.

Ulteriori notizie inedite sulla liberazione dei detenuti e sul capo delle

27 Notizie sulla liberazione dei detenuti in R. Torre, La resistenza nel comune di Apuania, cit. Nel testo è riportata la relazione dell'Ispettore Coco nella quale vengono indicati undici detenuti liberati; in R. Fruzzetti, A. Grossi, M. Michelucci, Forno 13 Giugno 1944, cit. dove si fa riferimento a tredici prigionieri liberati; in F. Bergamini, G. Bimbi, Antifascismo e Resistenza in

Versilia, cit. pag. 107; E. Mosti, La Resistenza Apuana, Longanesi, Milano, 1973.

28 AAM, busta 11, fascicolo 16; notizie anche in R. Torre La resistenza nel comune di Apuania, cit.; M. Del Giudice, a cura di, Patrioti Apuani , cit.; R. Fruzzetti, A. Grossi, M. Michelucci, Forno 13

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guardie carcerarie si ricavano da due documenti conservati nell'archivio A.N.P.I di Massa: Il primo è una dichiarazione datata 17 maggio 1945, firmata Tongiani Angelo ufficiale del GPA che riferisce:

"[…] La notte del 12 giugno il comandante delle carceri d Massa Pantaleo Proietti liberò dal carcere 12 detenuti politici e li accompagnava a Forno dove il paese era presidiato dai patrioti della banda Tito"29.

Veniamo poi a sapere dalla stessa dichiarazione che il Proietti si tolse la vita "[...] Il 13 giugno il Proietti ricercato attivamente dai tedeschi

anziché presentarsi ai barbari nazifascisti preferiva darsi morto".

Conferma del suicidio si trova nella dichiarazione datata 5 giugno 1945 firmata dal partigiano Zampolini Fernando, nella quale il dichiarante afferma: "[...] Di aver visto alle ore 18,30 del 13 giugno 44 il Proietti

che si sparava presso il paese di Guadine"30.

Nei giorni dell'occupazione di Forno i partigiani della “Mulargia” effettuarono diverse azioni nei paesi a valle, spingendosi sino alla periferia di Massa. In tale circostanza, come è ricordato nella già citata relazione a firma Giovanni Guerrini, venne fermato e sequestrato un camion della X° MAS:

"[...] Alla sera dello stesso giorno (si riferisce al giorno

dell'occupazione di Forno) al posto di blocco,(Guerrini)

catturava un camion della X flottiglia MAS e scendeva verso 29 AAM, busta 34, fascicolo 11.

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Massa, comprando, nei paesi vicini, viveri per i suoi uomini"31

L'11 giugno ci fu uno scontro a fuoco con i militi della caserma della GNR di Santa Lucia32, località molto vicina al centro della città. Il susseguirsi delle azioni portò il panico nelle autorità fasciste; l'episodio più eclatante, che ben fotografa il clima generato dall'occupazione partigiana di Forno, fu la diserzione di cinquanta soldati della caserma della Martana, che con mezzi e armi raggiunsero Forno. Altri militari scapparono dal distretto militare di Massa andando ad ingrossare la formazione comandata da “Tito”. Esistono diverse testimonianze che riguardano questi ultimi episodi; tra queste la più dettagliata è quella di Giovanni Rubini già ufficiale dell'esercito italiano sino all'armistizio e poi ufficiale del GPA:

"[...] Avevo dato disposizioni di abbandonare la caserma della Martana, essendo amico del sergente Poletti Ivo. Sapevo che a Forno era arrivato Tito e quindi dissi a Poletti che quella sera avrebbero dovuto fare in modo che di picchetto ci fosse il sottotenente Elio Zanasi, che era dei nostri [...] Portarono via otto mitragliatrici pesanti, cinquantamila colpi e tutto il materiale da cucina"33

Sulla diserzione dei soldati del distretto militare, Franco Spini racconta:

31 AAM busta 6, fascicolo 10; E. Mosti La Resistenza Apuana,, cit. Nel testo è riportato come luogo dell'azione Canevara.

32 Notizie sulle azioni compiute dalla Mulargia nei giorni dell'occupazione di Forno si trovano in: R. Torre La resistenza nel comune di Apuania, cit.; R. Fruzzetti, A. Grossi, M. Michelucci, Forno 13

Giugno 1944 cit.; E. Mosti, La Resistenza Apuana, cit.; F. Bergamini, G. Bimbi, Antifascismo e Resistenza in Versilia, cit.; P. Pezzino, Scene di guerra e di Resistenza nella città di Massa, la strage di Forno e il suo contesto storico, cit.

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"Prestavo servizio militare, nel giugno 1944, al distretto militare. Il 12 giugno 1944 di mattina presto, con la scusa di scendere al fiume per lavarci – la caserma non aveva acqua – disertammo. Sapevamo che la sera prima quelli dell'autocentro della Martana lo avevano già fatto"34.

L'occupazione di Forno destò grande preoccupazione fra i membri del CLN di Massa che la considerarono intempestiva e prematura. Vennero inviati nel paese emissari del CLN per ordinare a “Tito” di tornare sui monti. Lo stesso Pietro Del Giudice35 si recò a conferire col comandante della “Mulargia” assieme a Evaristo Piccinini “Silvio”:

“Incontro Garosi presso la vecchia caserma dei Carabinieri e ribadisco che è un errore l'occupazione del paese e chiedo che rientrino agli Alberghi”36

Il 12 giugno un'analoga visita venne compiuta da Gino Briglia37. In quello stesso giorno a Forno si tenne un'importante riunione per confermare Marcello Garosi comandante unico38, alla presenza del rappresentante militare del CLN toscano il comunista Oliviero Tilgher e

34 Ibidem, pag. 119.

35 Sulla data della visita di Pietro Del Giudice a Forno esistono diverse discordanze: nella relazione stilata nel 1946 dallo stesso, egli dice, che in compagnia del Piccinini, arrivò in paese il giorno 11; mentre nell'intervista contenuta nel libro di Fruzzetti, Grossi e Michelucci lo stesso annovera come data il giorno 10.

36 Ivi pag. 75.

37 Gino Briglia “Sergio” Comandante della 5° compagnia del GPA. Attraversò la linea del fronte il 10 ottobre 1944 per cercare un primo contatto con le truppe alleate. Divenne vicecomandante del gruppo F 3 e comandante di una delle tre compagnie che lo componevano, la “Falco”.

38 Sulla riunione tenutasi a Forno vedi testimonianza di Gino Briglia in R. Fruzzetti, A. Grossi, M. Michelucci Forno 13 Giugno 1944, cit. pag. 80 dove ricorda che non fu fatto entrare nella casa socialista (allora casa del fascio) dove si stava tenendo l'incontro e che Tito conferì con lui uscendo dalla riunione.

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di tutti i comandanti e ufficiali delle formazioni partigiane operanti sul territorio. Il ritiro della formazione venne infine accolto da Tito e concordato per la sera del 12. Probabilmente una parte degli uomini tornò agli Alberghi quella notte stessa; altri, invece, rimasero a dormire nel paese. Nella stessa riunione venne deciso che Bandelloni sarebbe dovuto partire immediatamente per il monte Cavallo in attesa di un lancio alleato39. L'attacco al paese avvenne all'alba del 13 giugno e vide coinvolte forze tedesche, provenienti da La Spezia40, e un reparto della X Mas, composto da circa cinquanta - cento uomini, comandato dal tenente Umberto Bertozzi. I partigiani vennero colti di sorpresa e dopo alcuni scontri a fuoco il paese fu in mano alle truppe nazi-fasciste41. Il comandante “Tito” rimase ucciso in località "Pizzo Acuto" di fronte al cotonificio ligure. Probabilmente, come è ricordato nella motivazione della medaglia d'oro al valor militare assegnatagli, si tolse la vita per non cadere prigioniero. Una volta cessati i combattimenti gli uomini del paese furono rastrellati dai tedeschi e, mediante una selezione, sessanta furono fucilati presso la chiesetta di S. Anna e cinquantuno deportati in Germania. Le vittime complessive della giornata furono sessantotto. Dalla fucilazione si salvarono quattro persone.

39 F. Bergamini, G. Bimbi, Antifascismo e Resistenza in Versilia, cit.; R. Fruzzetti, A. Grossi, M. Michelucci, Forno 13 Giugno 1944, cit. A conferma della partenza del Bandelloni da Forno il 12 giugno si faccia riferimento all'intervista ad Angelo Tongiani che racconta anche come quel pomeriggio Tito gli diede l'ordine di far rientrare alla base degli alberghi la squadra di Guido che presidiava il passo del Vergheto. pag. 90.

40 Il numero delle forze tedesche impegnate nell'operazione a Forno ammontavano ad un battaglione di circa 300 – 500 unità. L'azione forse venne pianificata dallo stesso Colonnello Almers, comandante della 135 Brigata da Fortezza che già aveva diretto il rastrellamento a Mommio. 41 Una violenta sparatoria si ebbe all'ingresso del paese, i partigiani, infatti, piazzarono una

mitragliatrice in una delle prime case. A far fuoco furono due partigiani: Francesco Tongiani e Marcello Battistini, quest'ultimo fu ucciso. Altri scontri a fuoco si ebbero al bivio del ponte di Forno e presso la chiesetta di S.Anna. Vedi testimonianze di Angelo Tongiani e Mario Conti in R. Fruzzetti, A. Grossi, M. Michelucci, Forno 13 Giugno 1944, cit. pag. 91 e pag. 116.

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Capitolo II

Da Brigata Garibaldi a Brigata Lupi Apuani.

I partigiani sopravvissuti al combattimento di Forno raggiunsero la zona degli Alberghi dove erano rimasti in attesa il comandante “Vico” e “Beppe”. Raggiunse gli Alberghi anche Pietro Del Giudice partito da Massa appena saputo dell'attacco tedesco a Forno, che così racconta:

“Alle cinque del mattino del 13 giugno c'era una riunione del CLN presso il duomo di Massa, nell'alloggio del professor Ermanno Bonelli. Doveva venire anche Tito. Ezio Palla ci informò che camion di tedeschi erano transitati, alle prime luci dell'alba, in via bassa tambura, diretti probabilmente a Forno. Interrompemmo subito la riunione e mi precipitai a Forno, con me era una ragazza: Milla. Arrivati a Ponte di Forno fummo bloccati da elementi della X Mas. Allora raggiungemmo Resceto e da lì, attraverso le montagne, arrivammo a tarda sera agli Alberghi”42.

Una parte degli uomini seguirono “Beppe” verso la Garfagnana, mentre altri partigiani, soprattutto quelli originari di Massa e Montignoso, si aggregarono a “Vico” dirigendo verso il paese di Resceto. Attraverso la lettura dei diari storici conservati nell'archivio A.N.P.I. possiamo ricostruire con precisione le settimane immediatamente successive alla

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strage di Forno con il riorganizzarsi di una parte dei partigiani sopravvissuti sotto la guida del comandante “Vico”.

Il primo dei diari storici copre il periodo 12 – 20 giugno 194443 ed è redatto e firmato, così come i successivi, dal Maresciallo Maggiore dei Carabinieri Ottorino Alonzo; l'intestazione riporta:“3ª Brigata Garibaldi

Banda di patrioti Comandata da Vico”.44

E' evidente come, quindi, il gruppo comandato da Vico si ritenesse ancora parte integrante della Brigata Garibaldi. Le prime pagine del diario riportano la consistenza numerica e l'organizzazione della banda che si componeva, oltre che del comandante, di tre ufficiali comandanti di plotone, di un ufficiale a disposizione, di due marescialli (uno addetto al vettovagliamento e l'altro, proveniente dall'arma dei Carabinieri, Ottorino Alonzo, con compiti di polizia, di pubblico accusatore e di comandante di squadra) e di ottantacinque uomini. Si descrivono le note caratteriali del comandante e dei quattro ufficiali: Sottotenente “Fofo” (Alfonso Ciberti), Sottotenente “Felice” (Marcello Tavarelli), Sottotenente “Sergio” (Gino Briglia) e Sottotenente Tongiani (Angelo Tongiani).

Nelle note biografiche vengono elogiate le doti del comandante:

“[...] Va al suo carattere ed alla sua fertile iniziativa l'aver effettuato la ritirata da Forno, dopo i noti avvenimenti, senza che la sua banda si sia disgregata. Anzi si è accresciuta di elementi sbandati di altre formazioni.”45

43 AAM busta 62, fascicolo 17 44 Ivi.

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Di seguito si delineano, non risparmiando anche qualche critica, le caratteristiche degli altri ufficiali della banda. Nelle descrizioni degli ufficiali si sottolineano i “sentimenti” democratici e liberali di “Sergio” mentre si criticano i “sentimenti” di estremismo comunista del Sottotenente Tongiani, ufficiale a disposizione con funzioni di aiutante del comandante:

“[...] Esterna sentimenti di estremismo comunista così spinti che spesso lo mettono in contraddizione con se stesso perché al fine dell'affermazione delle sue idee cade nel paradosso di esternare teorie identificabili più nel nazifascismo che nel comunismo specie per quanto riguarda l'indirizzo da dare all'azione della formazione delle coscienze. Però dati gli elementi della formazione a tendenza moderata la sua presenza[...] non disdice alla formazione stessa, ne da preoccupazioni malgrado i suoi modi irruenti ed impulsivi [...]”46

La critica che emerge in modo evidente dalle note caratteriali del Tongiani è quella sulla diversa impostazione nel formare le coscienze dei partigiani, e cioè sulla necessità o meno della presenza all'interno della formazione della figura del commissario politico. Questo argomento si riproporrà con forza nelle settimane successive causando defezioni tra le file della formazione e dure polemiche con gli altri distaccamenti partigiani, o meglio garibaldini, che dal mese di luglio, si andavano costituendo nel territorio massese.

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Si intuisce già in questi primi documenti il percorso che la banda sta iniziando a compiere, il suo passaggio da Brigata Garibaldina, come ancora riportato nell'intestazione delle prime relazioni del dopo Forno, a formazione autonoma e indipendente, con un'organizzazione interna di stampo prettamente militare. Nel determinare il mutamento del carattere della formazione un ruolo decisivo fu quello svolto da Pietro del Giudice e dal CLN di Massa.

Proseguendo nella lettura del primo dei diari storici della 3° Brigata Garibaldi veniamo a conoscenza degli spostamenti e delle azioni compiute dagli uomini di “Vico” dopo lo sganciamento da Forno. L'itinerario seguito fu quello Alberghi, Resceto, Macchia dell'Henraux, Gobbie, Arni, Campaccio. Durante la marcia di avvicinamento al Campaccio venne effettuato un colpo di mano al cantiere della Todt presso le Gobbie prelevando viveri. Al Campaccio, infine, avvenne il ricongiungimento delle forze partigiane tra gli uomini comandati da Vico e quelli comandati da Sergio che avevano avuto il compito di proteggere, sul fianco destro, la ritirata da Forno del grosso della formazione. Questi ultimi effettuarono piccole azioni di rifornimento nei paesi di Pariana ed Altagnana. Il 16 giugno dopo alcuni giorni di sosta al Campaccio la formazione si spostò verso le Cervaiole e da lì, il giorno seguente, al Puntato dove venne effettuato un altro colpo di mano al cantiere Manfredi per procacciarsi coperte e cibo, parte del quale verrà donato alla popolazione. Il 18 il comandante “Vico” con diciotto uomini si recò a Vergemoli con l'intenzione di prendere contatto con informatori e bande partigiane presenti in quella zona. Nelle pagine del diario è annotato:

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“[...] Sono state incontrate le bande del Colonnello Smitter e di un altro Maggiore. Effettuato colpo di mano in località Vergemoli in casa del Maggiore Barzacchi ex federale […] La popolazione di Vergemoli e quelle sull'itinerario hanno accolto entusiasticamente la formazione. E' stato prelevato a pagamento tutto il pane delle botteghe e siccome venivano a trovarsi senza pane i bambini è stato provveduto alla donazione gratuita alle famiglie aventi bambini.” 47

Nel pomeriggio si ebbe il primo esempio di amministrazione della giustizia verso dei civili non appartenenti alla banda: venne, infatti, convocato il tribunale partigiano presieduto dal Sottotenente Felice con giudici il Sottotenente “Fofo” e il Brigadiere dei Carabinieri Amedeo (Assenza) e come difensore il Sottotenente “Sergio”, per giudicare tre imputati

“[...] responsabili di calunnia contro le formazioni di patrioti per occultare il reato di furto di otto coperte in danno della Todt, presso la quale lavoravano, da essi stessi commesso per trarre in loro profitto l'utile di 1500 Lire ricavato dalla vendita ai civili del luogo delle dette coperte”.48

Il ruolo di pubblico accusatore venne svolto dal Maresciallo Alonzo che sottolineò e valutò come attenuanti per i tre reo confessi l'influenza nefasta dell'ideologia fascista:

47 Ibidem pag. 6. 48 Ibidem pag. 7.

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“[...] La colpa maggiore alle cattive abitudini e disonestà che la deleteria idea fascista ha, nel suo triste ventennio, inculcato in ogni ramo sociale”.49

Alla fine del processo due degli imputati vennero rimessi in libertà e uno trattenuto come ostaggio fino alla partenza della formazione dalla zona. Il 19 vi fu un altro attacco guidato da “Fofo” al palazzo della Todt, alla società marmifera in località tre fiumi, e a Isola Santa. Sempre lo stesso giorno cinque disertori dell'esercito repubblicano entrarono a far parte della formazione. Il 20 il gruppo è impegnato nella marcia di ritorno dal Puntato al Campaccio con prelievo di medicinali e viveri ad Arni dove vengono “redarguiti” due noti fratelli fascisti.

“[...] Fascisti dal 22 che durante il ventennio hanno fatto pesare sui compaesani la loro tronfia alterigia caratteristica nota di coloro che si sentivano superiori a tutti per l'anzianità della data di iscrizione al nefasto partito che rendeva invulnerabili anche le più emerite canaglie. E' stato chiesto alla popolazione se vi erano addebiti specifici da fare ai predetti ma nulla di specifico è emerso a loro carico all'infuori che hanno spadroneggiato nel paese”.50

Sempre il 20 si assiste ad un'altra azione di prelievo viveri e materiale vario presso il cantiere della società marmifera alle Gobbie. Infine a conclusione del primo diario storico veniamo a conoscenza che

49 Ivi.

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l'applicazione ferma della giustizia non risparmiava neppure i membri della formazione come dimostra la punizione inflitta ad un partigiano:

“[...] E' stato punito con lo stare un'ora legato al palo il gregario della formazione Del Sarto perché per un futile motivo percuoteva un compagno”51.

Il 21 giugno mentre il grosso della formazione è accampata ancora presso il Campaccio, trenta uomini al comando del tenente “Sergio” si spostano in missione agli Alberghi recuperando parte di un lancio alleato:

“[...] Ha recuperato poca parte di un lancio di cui l'altra parte s'ignora da chi sia stata presa. Oggetti recuperati cinque Bren, trenta Sten, munizioni per dette armi in numero insufficiente, materiale di sabotaggio, dinamite, tritolo, miccia, Sipe mancanti del congegno d'esplosione”52.

Oltre alle armi e alle munizioni la squadra entra in possesso di una buona quantità di vestiario. Il materiale in parte recuperato dagli uomini di “Vico” faceva parte del lancio preannunciato dagli Alleati col messaggio in codice “funerali di lusso”53, uno dei due messaggi che diedero il via all'occupazione di Forno. La parte mancante del materiale probabilmente venne raccolta da Bandelloni che lasciò Forno nel pomeriggio del 12

51 Ibidem pag. 10.

52 AAM, Busta 17, Fascicolo 19

53 L'altro messaggio in codice che avrebbe segnalato ai partigiani apuani lo sbarco alleato era, secondo la testimonianza di Piero Del Giudice, "Avanti Savoia", messaggio che non arrivò mai.

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giugno proprio per recarsi nella zona degli Alberghi in attesa del lancio54. Il 22 giugno viene costituita alle dipendenze del comando compagnia

“[…]una stazione di C.C.R.R. (Carabinieri Reali) con compiti di polizia militare e di pubblica sicurezza, nonché di collegamento con il Comitato per la parte informazioni e per l'assistenza alle famiglie dei patrioti.”55

L'intestazione del secondo diario storico datato 24 giugno, che copre il periodo dal 21 al 24 giugno, riporta, infatti, oltre a 3° Brigata Garibaldi, già vista nella relazione precedente, anche 1° compagnia e Stazione RR.CC. Come riferito nel diario storico uno dei compiti della stazione Carabinieri, costituitasi all'interno della Brigata, fu quello di far arrivare notizie alle famiglie dei patrioti attraverso richieste inviate al CLN. Nei documenti presenti in archivio abbiamo tutta una una serie di queste informative datate 22 - 24 giugno56, tutte recanti la firma del Maresciallo Maggiore comandante la stazione, Alonzo Ottorino.

Nella giornata del 23 mentre il grosso della formazione sostava al Campaccio, vi furono azioni di prelievo viveri nei paesi vicini di Pariana ed Altagnana57. Il Tenente “Pippo”58, il sottotenente “Felice” e il medico

54 Il lancio avvenne probabilmente il 18 giugno come riportano Bergamini e Bimbi, Antifascismo e

Resistenza in Versilia, cit. pag. 112. Gli autori precisano che la zona era compresa tra il monte

Cavallo e il monte Castellaccio. Oltre alle armi vennero paracadutati anche quattro agenti dell'OSS; Pietro Del Giudice nella relazione citata indica, invece, come data del lancio il 25 giugno e come luogo gli Alberghi. Il lancio, sempre secondo PDG, venne raccolto dagli uomini di Naldo Pegollo pag. 31; Testimonianze sulla partenza da Forno del Bandelloni si trovano in A. Grossi, R. Fruzzetti, M. Michelucci, Forno 13 Giugno 1944, cit.

55 Ibidem pag. 2.

56 AAM busta 17, fascicolo 17

57 AAM busta 34, fascicolo 13. Buoni di prelevamento rilasciati dai partigiani della brigata come futuro risarcimento per i proprietari si trovano nell'archivio ANPI di Massa. Recano l'intestazione 3° Brigata Garibaldi, la firma del Capitano Vico e del sottotenente “Fofo”.

58 Franco Guidi già sottotenente degli Alpini venne arrestato dai fascisti a Massa il 15 dicembre 1943 e rilasciato nel marzo 1944. Fu uno dei primi partigiani massesi a portarsi sui monti.

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“Ciacco”59 con trentacinque uomini partirono in missione verso Vagli

“[...] con intesa che doveva rientrare in serata. Non è rientrato. È giunta soltanto una sua pattuglia di quattro uomini con la lettera che si allega”.60

Nella lettera allegata firmata da “Pippo” per “Vico” e scritta a Vagli di Sopra alle ore 16.30 si viene a conoscenza che:

“[...] Mi sono collegato con la formazione comandata dal Maggiore inglese Smith, che sta presidiando Vagli di Sotto e tutte le cime della zona dopo aver fatto saltare tutti i ponti delle strade che mettono in comunicazione con Seravezza da una parte, con Castelnuovo e con Gorfigliano. Ho deciso di andare a Gorfigliano dove mi risulta ci siano sigarette e del mangiare, pernotterò agli Alberghi, da dove domattina alle cinque partirò per raggiungere la formazione [...]”.61

Il 24 si dà notizia che:

“[...] Il comandante del distaccamento degli Alberghi eccede nei colpi di mano infatti si lamenta svariati furti che vengono attribuiti a quei patrioti[...] Disposto l'invio immediato agli 59 Tristano Zekanowski nasce a Milano nel 1923 e muore nei dintorni di Azzano il 23 ottobre 1944.

Si spostò con la famiglia a Viareggio nel 1936. Studente liceale entrò in contatto con il gruppo comunista che operava in clandestinità a Viareggio. Iscrittosi alla facoltà di Medicina dell'Università di Pisa, fu tra i primi organizzatori della Resistenza in Versilia. Si aggregò nel giugno 1944 alla formazione di Vico per poi lasciarla a metà luglio per entrare, come commissario politico, nel distaccamento garibaldino "A. Cartolari" che operava sui monti fra Massa e Carrara. Divenne poi, per un breve periodo, vicecommissario politico della Brigata Garibaldi "U. Muccini". 60 Ibidem pag. 3

61 AAM busta 17, fascicolo 20. Il maggiore inglese citato nella lettera potrebbe essere lo stesso incontrato da Vico nella zona di Vergemoli alcuni giorni prima.

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Alberghi del sottotenente Tongiani con l'ordine di assumere il comando di quel distaccamento astenendosi da eccessi finché non giunga colà il comandante di compagnia per l'inchiesta”.62

Nella stessa giornata dopo un regolare processo il tribunale della formazione condannò a morte un partigiano reo di “[...]diserzione

armata, rapina, truffa e minaccia di agire con le armi contro la formazione dei patrioti. La sentenza è stata subito eseguita”.63

Il diario si conclude segnalando un probabile e possibile attacco della San Marco nelle ore seguenti e vengono segnalate al CLN tutte le misure adottate per la protezione del campo e per un eventuale ritirata.

Il diario storico datato 30 giugno64 reca come intestazione prima compagnia Lupi Apuani, scompare ogni riferimento alla Brigata Garibaldi e la firma in calce alla relazione adesso è quella del capitano comandante la compagnia, “Vico”. Il 25 giugno rientrò al Campaccio la squadra comandata da “Pippo” e nel pomeriggio il comandante “Vico”, “Sergio” e il maresciallo “Giusto” si recarono a conferire col CLN per

“[...] accordi ed intese. Nominato Vico comandante la formazione, nominato Sergio vicecomandante, disposta la formazione di una compagnia comando alle dipendenze di Vico e quella di un distaccamento reclute al comando del tenente Sergio”.65

62 AAM busta 17, fascicolo 19 pag. 3 63 Ibidem pag. 4.

64 AAM busta 62, fascicolo 18 65 Ibidem pag. 1.

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La convocazione di alcuni degli ufficiali della formazione da parte del CLN avvenne il giorno dopo una riunione tenutasi nei pressi della località Cà di Cecco fra membri del CLN massese e inviati del partito comunista fra i quali Giuseppe Antonini “Andrea”66, Giuliano Bordigoni e Giulio Rustighi “il carraio” per il partito comunista di Massa e Umberto Bertoloni rappresentante del P.C. nel CLN. Nella riunione Pietro Del Giudice aveva insistito per trasformare i resti della “Mulargia” in una formazione autonoma e apolitica.67 Questa posizione portò ad uno scontro fra i comunisti e Pietro, appoggiato da Bondielli, causando la rottura fra le due parti. E' evidente come la formazione nominalmente guidata da “Vico” dipendesse sia dal punto di vista politico che organizzativo - militare dal CLN di Massa e in particolar modo da Alberto Bondielli e Pietro Del Giudice.

Il 26 “Vico” assieme a “Ciacco”, “Fofo” e trentaquattro uomini si portarono a Strettoia per un prelievo di viveri. Nello stesso giorno la relazione riporta:

“Avuta notizia che i sicari del sedicente governo fascista si dovevano recare a Pariana ed Altagnana per fare sequestri di persona dei giovani atti alle armi è stata inviato il tenente 66 Giuseppe Antonini nasce a San Giuliano, Pisa, nel 1920 e muore a Viareggio l'8 ottobre 2009.

Militare in Jugoslavia, all'inizio del 1943 rientra in Italia, a Pordenone, e viene arrestato per attività comunista. Torna a Viareggio dopo il 25 luglio 1943 e ricopre nel partito comunista incarichi di responsabilità. Viene inviato nella zona di Apuania dalla Delegazione Interprovinciale della Brigata d' Assalto Garibaldi col compito di organizzare e inquadrare formazioni partigiane. Entra inizialmente in contatto con gli ex uomini di Tito comandati da Vico e poi con i partigiani della “S. Ceragioli” di Casette, ma non riesce nel suo intento. Organizza, quindi, sul versante massese del monte Brugiana il distaccamento garibaldino "A. Cartolari" del quale è Commissario Politico. Grazie alla sua capacità organizzativa nasce la Brigata Garibaldi "U. Muccini" nella quale ricopre il ruolo di Commissario Politico. Lascia il territorio apuano nell'ottobre 1944.

67 G. Rustighi, Partigiani dei monti di marmo, la Brigata d' Assalto Garibaldi Gino Menconi nella

Resistenza a Carrara, Massa, Ceccotti, 2005. Le notizie sulla data e gli argomenti della riunione

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Pippo con 31 uomini sulla stradale fra Po e Pariana per attaccare i detti sicari. Mancato lo scopo non essendo venuti i famigerati militi per il vile commercio della tratta dei bianchi ordinata dalla Germania al governo fantoccio fascista”.68

Il 29 avviene, infine, il cambiamento del nome della formazione seguendo lo schema concordato alcuni giorni prima con il CLN di Massa:

“[...] Suddivisa la formazione in 1° compagnia “Lupi Apuani” ed in distaccamento per addestramento reclute quest'ultimo comandato dal tenente Sergio è composto da 60 uomini di recente giunti alla formazione e dei quali si sconosce la capacità e la prestanza fisica e morale ai disagi ed al pericolo cui va soggetta la vita dei patrioti.”69

Il reparto comandato da “Sergio” si spostò verso il monte Altissimo per raggiungere la zona del Puntato. In località Campagrina, mentre gli uomini si stavano riposando e rifocillando presso casa Novani, si imbatterono in un reparto tedesco impegnato da alcuni giorni in azione di rastrellamento diretta contro formazioni partigiane della Versilia.70Lo scopo del rastrellamento era quello di liberare dalla presenza partigiana

68 Ibidem pag. 2. 69 Ivi.

70 Sullo scontro di Campagrina vedi G. Rubini, La resistenza al 44° parallelo, cit. pp. 198 - 202 Il Tenente Rubini partecipò allo scontro a fuoco e ne dà una descrizione dettagliata; M. Michelucci, N. Ianni, Partigiani apuani e linea gotica, cit. Intervista a Gino Briglia "Sergio" pag. 47 – 54. Nell'intervista Briglia parla di 64 uomini divisi in due plotoni, uno affidato a “Foffo” e l'altro a Giovanni Rubini; G. Cipollini, Montignoso nella Resistenza 1943-45, Edigrafica, Sarzana, 2002; V. Nicodemi, G. Lenzetti, Guerra sulle Apuane, la IV compagnia dei Patrioti Apuani, Edizioni ANPI, Massa, 2006.

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le zone a ridosso delle fortificazioni della Linea Gotica.

Le perdite fra i partigiani furono di sei uomini catturati71 e, probabilmente uccisi dai tedeschi. Il resto del reparto riuscì a sganciarsi ed a rientrare al Campaccio. Sull'episodio le versioni rilasciate a molti anni di distanza dalla fine della guerra, dai due ufficiali della formazione presenti allo scontro, “Sergio” e Rubini, in parte divergono, ma concordano sull'ottimo comportamento tenuto dal giovane studente universitario in medicina Vinci Nicodemi, futuro comandante di compagnia del Gruppo Patrioti Apuani e allora appena entrato in formazione il giorno 2472. Lo scontro a fuoco impedì ai tedeschi di attuare l'accerchiamento progettato contro i partigiani versiliesi, posizionati alla Tacca Bianca sul monte Altissimo. Nel diario storico lo scontro del 29 giugno è così raccontato:

“Verso il mezzogiorno giunta una staffetta dicendo che il distaccamento aveva ingaggiato combattimento con una formazione di tedeschi nei pressi di Campagrina. Inviata colà una squadra al comando del tenente Pippo per il collegamento e manforte. Verso sera son principiati ad affluire a Campaccio gli uomini del distaccamento dicendo che detta formazione non avendo potuto resistere a lungo all'azione tedesca aveva ripiegato mentre molti elementi si sbandavano e quattro o cinque per la loro inazione cadevano prigionieri del nemico al quale il comandante Sergio riusciva 71 I nomi dei sei partigiani sono: Gino Bellotti di anni 18; Silvio Borzoni di anni 19; Salvatore

Brancaccio di anni 18; Gino Brizzi di anni 18; Antonio Del Mancino d anni 21; Fernando Vignali di anni 20.

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ad uccidere un tedesco e ferirne due. Si è risaputo che un componente dava di sua iniziativa l'ordine di abbandonare il materiale che sarebbesi ripetuta la catastrofe del Forno. È in corso accertamenti per la scoperta di tale responsabile”73.

Come si intuisce tra le righe della relazione appare una critica al comportamento di alcuni degli uomini presenti allo scontro a dimostrazione che i diari o i documenti, scritti a ridosso degli avvenimenti raccontati, sono sempre molto meno indulgenti e più vicini alla realtà dei fatti rispetto alle relazioni ufficiali compilate nel dopoguerra che tendono invece ad ingigantire il numero delle perdite inflitte al nemico e, in generale, a mostrare una perfetta efficienza militare dei comandanti e degli uomini74. Il battesimo del fuoco della formazione era comunque stato soddisfacente, soprattutto aveva dimostrato la capacità di comando degli ufficiali del gruppo che, seppur presi alla sprovvista dall'incontro con i tedeschi, riuscirono a sganciarsi sotto il fuoco delle armi pesanti nemiche. Il 30 continuarono a rientrare al Campaccio, in ordine sparso i reduci dalla battaglia di Campagrina e alcuni degli uomini chiesero di poter lasciare la formazione per paura di nuovi scontri. Venne riorganizzata la compagnia ora formata da tre plotoni comandati dagli ufficiali Sergio, Fofo e Felice e da una squadra comando. Vennero promossi ufficiali due figure importanti della resistenza apuana:

“Proposta la promozione a Sottotenente medico “Uberti” 73 AAM busta 62, fascicolo 18. pag. 3.

74 Esempio in tal senso sono presenti nella relazione di PDG del giugno-luglio 1946 quando parla dei tedeschi uccisi durante la battaglia di Forno, cit. pag. 28

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(Vinci Nicodemi) e ad aspirante ufficiale dello studente in medicina Ciacco, il primo per merito dimostrato nel combattimento di Campagrina, il secondo per l'attaccamento al dovere e la sua fattiva opera: sempre primo nelle missioni più delicate”75.

Sull'ultima delle relazioni che precedono la nascita del Gruppo Patrioti Apuani, datata 7 luglio, è riporta ancora l'intestazione 1° compagnia “Lupi Apuani”76. Il giorno 2 luglio viene descritta l'azione compiuta dagli uomini al comando di “Vico” a Montignoso77:

“Comandante Vico, tenente Felice, sottotenente Tongiani e Uberti con 60 uomini recatisi a Montignoso per effettuare colpo di mano per rifornimento viveri. Ottenuta la resa dei militari dell'arma dei Carabinieri locali. Uno dei detti militari si è volontariamente arruolato nella nostra compagnia. Il sottotenente Uberti si scontrava lungo il fiume con alcuni tedeschi che metteva in fuga, mentre il tenente Felice parlamentando col comandante del locale presidio tedesco cercava indurlo alla resa ed a seguire la formazione dandogli la garanzia di salvargli la vita e di protezione per lui e i suoi uomini contro la rappresaglia dei commilitoni loro. Ma la proposta veniva respinta e continuavano le ostilità con fatto d'armi in paese senza conseguenza da ambo le parti. Il 75 AAM busta 62, fascicolo 18 pag. 4.

76 AAM busta 62, fascicolo 19

77 Sull'episodio che si svolse a Montignoso vedi M. Del Giudice a cura di, Patrioti Apuani, cit. pag. 33. Nel testo viene descritto lo scontro a fuoco con i tedeschi; G. Cipollini, Montignoso nella

Resistenza, cit. Nell'opera si parla dell'attacco citando la relazione di Pietro Del Giudice e si indica

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comandante Vico, rimanendo a retroguardia per proteggere la ritirata, al fine di non esporre la popolazione a barbare rappresaglie dei nazi fascisti verso la popolazione inerme, dava precise disposizioni per la cessazione delle ostilità da parte nostra e per lo sganciamento dal nemico”78.

Lo scontro a fuoco con i tedeschi, sembra un reparto di SS, acquartieratosi nelle vicinanze di villa Schiff si concluse con un ordinato sganciamento. L'azione fruttò un buon numero di viveri e la cattura del tenente della Guardia Repubblicana, Giorgini che venne processato dal tribunale della formazione, condannato ad una pena pecuniaria e trattenuto in formazione come ostaggio. Nella relazione il processo viene descritto nel dettaglio:

“[...] Nel pomeriggio il Giorgini di Montignoso compariva innanzi al Tribunale della formazione composto dal Presidente tenente Pippo, Giudici il tenente Sergio e aspirante ufficiale Ciacco per rispondere dell'accusa di aver appartenuto al famigerato partito fascista fin dal 1922 ottenendo il grado di tenente della Milizia e poscia essersi iscritto al sedicente partito repubblicano collaborando così al tradimento fatto dal fascismo alla patria.”79.

Dopo aver sentito l'imputato che dichiarò il proprio pentimento e ravvedimento, parlò il pubblico accusatore, maresciallo “Giusto” che

78 AAM busta 62, fascicolo 19 pag. 1. 79 Ibidem pag. 2.

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considerò le attenuanti a carico dell'imputato e propose quale condanna una pena pecuniaria da devolvere alla formazione. Come difensore d'ufficio dell'imputato si espresse il patriota Conti “[…] che mise in

rilievo come il Giorgini doveva considerarsi un succube del partito fascista [...] e le altre sue buone qualità come l'aiuto dato al fratello di un patriota testimoniato nel dibattimento”80.

La sentenza tenne conto delle attenuanti “di aver servito nel partito

passivamente” e lo condannò al pagamento di una somma da devolvere

alla formazione. In questi primi processi tenuti dal tribunale partigiano emerge con chiarezza la volontà di rendere il giudizio sui singoli imputati, fascisti e non, come un atto d'accusa verso i vent'anni di regime, con una condanna oltre che politica anche morale del fascismo come creatore di un tipo di italiano prono, succube. In quest'ottica il processo partigiano che si teneva alla presenza, come visto, dell'intera formazione e spesso davanti alla popolazione, aveva una funzione educativa e formativa sia sull'imputato, ma soprattutto verso gli appartenenti al gruppo e verso la popolazione. Una sorta di lezione per lo spirito degli uomini. Non appare quindi strano che l'unica condanna esemplare, la pena capitale, in questi primi processi venga applicata a un membro della formazione, cioè ad uno di quegli uomini che dovevano essere l'esatto contrario di tutto ciò che il fascismo rappresentava e aveva rappresentato. Il patriota si configura come incarnazione di una nuova morale, pronto a pagare con la vita se mancava a questo suo dovere. Più duro con se stesso che con i gregari del regime.

Il 3 luglio verso le ore venti fece la sua apparizione al Campaccio Pietro Del Giudice

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“[…] dando disposizioni per l'abbandono della località essendo stato avvistato un nucleo di tedeschi con mortai e cannoncini diretti verso di noi per attaccarci. Esaminato il progetto di tender loro un imboscata per sterminarli, ma tale progetto è stato bocciato per l'unica ragione di non esporre la popolazione inerme alle vili, barbare e inumane rappresaglie sul genere di quelle fatte a Forno”81.

Gli uomini, prima di lasciare il Campaccio, nascosero i viveri e iniziarono una marcia sotto un forte temporale. Il grosso al comando di Vico si portò al passo degli Uncini, un plotone guidato da “Sergio” diresse verso le Tecchie, venti uomini con alla testa Uberti e Tongiani presero la via per Campiglia per proteggere il fianco della formazione e riunirsi con Sergio. Il 4 “Vico” si mosse per raggiungere le Gobbie dove ebbe assicurazione, da parte degli uomini della banda Bandelloni, che i tedeschi non erano in quella zona. “Ciacco”, “Pippo” e “Felice” con trenta uomini si portano a Campagrina per procacciarsi viveri nel paese, ma vennero bersagliati dal fuoco tedesco e furono costretti a ripiegare. La formazione si spostò a Taneta e la mattina del 5 tutte le forze partigiane si radunarono in una località sopra Campiglia. La sera del 5 Vico con una parte degli uomini si portò al Campaccio in attesa di un lancio alleato, ma dovette rientrare alla base perché pattuglie tedesche rischiavano di accerchiarlo. All'alba del 6 luglio vi fu una riunione di tutta la formazione al Campaccio dove Vico e gli ufficiali presero la decisione, vista l'impossibilita di procurarsi viveri e considerate le

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direttive del CLN di non ingaggiare battaglia con i tedeschi, di sciogliere per alcuni giorni la formazione. Le armi vennero nascoste e gli uomini a piccoli gruppi fecero rientro alle proprie abitazioni.

“[…] Gli uomini si portassero alle loro abitazioni come pacifici cittadini astenendosi da ogni azione singola ma tenendosi in contatto fra loro per le eventuali intese ed ordini di azione fino alla data stabilita per l'adunata e ripresa dell'attività collettiva.[...] I forestieri venivano appoggiati a persone del luogo per l'assistenza ed il sostentamento.”82

Per ultimi lasciarono la zona il comandante Vico e il Maresciallo Giusto, la strada era presidiata da truppe tedesche dal paese di Altagnana sino al Campaccio. Una volta raggiunta Altagnana i partigiani scesero verso Massa, rimasero ai monti “Ciacco”, “Giusto”, “Fofo” e “Brigadiere”. Da una relazione presente in archivio ANPI Massa83, senza data ma sicuramente scritta poco dopo il settembre 1944, si ricava la notizia del temporaneo scioglimento della formazione Lupi Apuani:

“Durante la permanenza degli ultimi giorni a Campaccio la compagnia subì due rastrellamenti tedeschi armati di mortai da 81, a distanza di due giorni l'uno dall'altro, e per questo motivo fu costretta a spostarsi in località Taneta. Per ragioni militari ed alimentari fu deciso per comune accordo del comandante e degli ufficiali di sciogliere il reparto per quattro 82 Ibidem pag. 7.

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o cinque giorni per dare ancora una volta ai tedeschi l'impressione di una completa assenza di forze partigiane in quella zona. Il reparto avrebbe dovuto inquadrarsi nuovamente dopo cinque giorni in località Belvedere”.84

Prima di passare ad esaminare l'evoluzione della formazione con la sua rinascita sotto una nuova denominazione è necessario soffermarsi su un aspetto dei diari storici appena osservati. Nella cronaca giornaliera della formazione, così puntuale e dettagliata nel descrivere avvenimenti e uomini, la figura di Pietro Del Giudice è citata solo una volta il 3 luglio quando appare al campo per disporre l'abbandono della zona. In realtà sappiamo da altre fonti, interne alla stessa formazione o da relazioni del dopoguerra, che Del Giudice raggiunse i sopravvissuti di Forno agli Alberghi la notte del 13 giugno85, che era presente in formazione al Campaccio il 20 giugno86 e il 29 dello stesso mese87, giorno nel quale la formazione assunse il nome di “Lupi Apuani”. Le due relazioni oltre a testimoniare la presenza di Pietro in seno alla formazione indicano anche chiaramente il peso che egli aveva nel determinare le scelte sia politiche che militari del gruppo. Esamineremo più avanti e in dettaglio le due relazioni citate, entrambe di esponenti comunisti, che testimoniano lo scontro interno alla formazione riguardo la figura del commissario politico, ma è evidente che i diari storici esaminati, oltre a minimizzare il

84 Ivi.

85 M. Del Giudice, a cura di, Patrioti Apuani cit. Nelle note viene indicata la data del 13 giugno come il momento nel quale PDG viene nominato comandante della formazione. Abbiamo invece visto che i diari storici di quel primo periodo indicano chiaramente Vico come comandante. I primi documenti che riportano come comandante del GPA, PDG sono datati dopo l'11 luglio 1944. 86 AAM busta 34, fascicolo 23 relazione di Ciacco del 17 luglio 1944, nella quale racconta di aver

visto per la prima volta Pietro.

87 AAM busta 52, fascicolo 15 relazione datata 3 luglio 1944 non firmata, ma probabilmente redatta da "Carmelo" Olinto Zaghet.

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ruolo di Pietro, già allora preponderante, non relazionano sulle divergenze interne, né informano della presenza temporanea in seno al gruppo di inviati del P.C. (“Carmelo” e “Andrea”) arrivati per svolgere un ruolo politico nella formazione che almeno nominalmente era ancora una Brigata Garibaldi.

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