LETTERA
D’UN prete montagmuolo SOPRA
LA Q_U E
ST
10 N E
DEL BATTESIMO
degli aborti.
SECONDA EDIZIONE.
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CIO
IOC C
LXX.CO.V LICENZA DE' SUPERIORI.
» l N
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r>
A CHI LEGGE
<
X Ù ben fai , Lettore
cariifi-
mo
,che
ìModerni Giornalifti
hanno
ilprurito di cenfurare
1’opere altrui fenza leggerle, o leg- gendole in ifcorcio e con òcchio paffaggiéro. Gli Apoftoli Zeni,
i
Marchefi Maffei
, iFontanini fono morti
3e veggiamò al pre- fente giùdici delle noftre fatiche uomini o bifognófi, ó bizzarri
,che pieni di Francefe galanteria
fi
fanno Dittatori delle Lettere, e con infelice màgifterò decido-
a
»no
no fui merito dei Letterati
.Quin- di n’avviene
,che
iloro Gior- nali pieni fono di vane ciarle, e fparfi
ilpiù delle volte di mor- daci ingiuriofe parole
-,onde niun frutto ne può ritrarre la Lette- raria Repubblica
.Una cenfura ben fatta
,fenza palfione
,con ot- timo giudizio
,e con prudente efame
,giova moltiffimo
-,ma dall’
altra parte una declamazione inu- tile, un eftratto fpoglio e digiu- no ci move naufea e compaflio- ne
.Io fono coflretto a dirti
,che
lo ftelfo P. F.
,benché fornito di qualche perfpicacia d’ingegno
,e- faminare volendo
laquiltione del battefimo degli abortivi, che qui in Verona
fiaccefe
,cadde nel
comune difetto dei Giornalifti, Egli non ha punto efaminata la controverfia Teologica
-, fiè con poche parole sbrigato della Fi-
lofo-
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lofofica (opra la generazione
;
e
fenza darci un’idea dell’ opere, ufcite in
taloccafione alla luce
,ne ha malmenati acerbamente gli
Autori
*Piacquegli
*per tratte- nere allegra la brigata, di feti- vere col carattere àWrete Monta- gnuolo una Lettera in Stanze Ber- nefche
;e volle con nuova biz- zarria farle {lampare alla manie- ra della profa
*Quefla Lettera è inferita in un articolo della fua Europa Letteraria
,nella patte pri-
ma del Tomo fecondo
i*Novem-
bre 1769* alla pag. 31. Noi pe- rò
1'abbiamo veduto e letto fui finire dello feorfo Genna;o$ non avendo potuto
ilP. F* a motivo di altre fue brighe difpenfarlo prima
-Alcuni fuoi partigiani
,
e del fuo merito conofcitori bra-
mavano
,che
1*accennata Lette- ra foffe riftampataj e molti ama-
-.
A3 tori
lori della verità deaeravano
,che
glifotte data buona rifpotta
•lo ho voluto foddisfare agli uni, ed agli altri
.Ho fatto riftam- pare le Stanze con quell’ordine medefimo, che tenne l’Autore, ed ho infieme avuto dalle mani
di amica perfona un graziofo Poe- metto
,che in poche ore nottur- ne fu lavorato, a fine di rifpon- dere al critico Giornali
tta.A te per tanto lo prefento
5e
fetrove- rai alcuna cofa
,che fpiacente forfè
tifembratte ed amara
,la devi concedere alla fola veri- tà
,ed
alpiacevole genio di
sìfatta Poefia, Vivi felice,
LET'
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1
i
VII*
lettera
D*
UN PRETE MONTAGNUOLO
AGLI AUTORI DELL' EUROPA LETTERARIA
Sopra la Questione DEL BATTESIMO DEGLI ABORTI.
SIGNORI.
I*
Arrivalaquafsìi la fama delvoflroGiornale nel 'cmpodellavilleggiatura. M’ìflatodetto, chevoinon Sdegnated’empiereifoglidel voflrovolumettomen fua le conqualche novella piacevolequando lavivenga(pedi- la. lopenfodifarviun regalo,erifparmiarviunafati- ca,cuiforfèavreftedovutafare. V'à un fafeiodilibri ufeitiinVeronae fuori fopra laQuiflionedelBattefimo degliAborti.S’iparlatomoltodi quefla faccenda inmia caiane’ dì pattati,doves’erano raccoltifetteinotto Par- rochidellevicineMontagne.Siccomenon eravamotutti egualmentealfattodiqueflafaccenda, noipregammo un Colleganoftrotuttid’accordo perchìvedetteraccontarcela infuccinto. Eglifevenutofra’greppidifrefeodall* Cit- tà; forfè nons’accorderàinteramentecollavoflralafua Fifica; maegliàvedutoimoderni,ene addottalefen- tenae perquantopub-IlnuovoParrocofeceun pbdire- fiflenza,dicendo che quefle cofel’eranopitiÈliche,che altro, echedeanotraviarefabnliafabrì,fentenza,che unodinoifpiegb:Pariladichierche, epivialiiPreti;
Dirofarj,ccordonparlinoiFrati;
Aflronomi nonfaccianfiiPoeti,
Ne
inFificacinguettinoiCurati.Ad onta perbdellaripugnanza Tua, trattandolidicofa mifla,egì'incomincib così.
A
4 Del^
ViliWDel mille fettecentofefTint’uno, anno famofoperpa- recchie cole,partegiànoteecognite aciafcu-io, par- te mezzo fegretce altrui nafeofe, fra tutti icali me- morandi,alcunocosìainarcarleciglianondifpofe,co- mequel cheinVeronafu cagioned’una battagliafenza rìifcrczione.Periftituziondifaggienienti s’ufainquella Cittàdimefeinmefe,aimoltiPreti inficmdottiepru- denti,chevivonoallefpalle delpatii, proporcafidiffi- cilioccorrentipurtroppofpello,ondeaognunfiapalefe, merciilconfigliolor,ciòche deefareilbuonCriffiano chevipuò inciampare. Unde’ cafidicea:„v’ebbeuna
,,fpofa,che quindicidìdopoaverparlatocol(uomarito
„d’unacertacofa,dique’difcorfiil fruttoal mondoà
„dato.S’eifede vivoo no benché duhbiofa,gettarfen-
„zabattefmo hallolafciato: ficerca,fepeccato grive- ,,menteclL’abbiainquello cafo,oppurniente „«.Tocca- vaildarneladecifionealDottor PietroPaolo Scudellini
,
uomche da certa razzadiperfonenonfarebbe(limato ot- toquattrini,clicpiendizelo,edireligione,dilivor fee- vro,edifecondifini,dalladottrina,eh’eipolTedefeor- to,conchiufe, eh’ellaaveva avutoiltorto.
E
perchéiMoraliffi ànnobifogno ben piò d’autorità, chediragio- ni> egliprovòchenonparlavainfogno, divarjAutor citando opinioni:ma(cofaondeperelfo iomi vergogno), fecafodellenuoveofTervazioni,invecediprovarcolfacro Tefto, chenondiceparolaintorno a quello.
E
incambio dicercarcolTelefcopionella rimotaetà dellaScrittura, comepaleogirandola,oElitropio,gliarcanidellaumana genitura,fiperdi dietroachicolmicrofcopioandòfacen- doicontiallaNatura,eperlaforzadell’analogia feoprì inqualpuntoall’uomvitafidia.Eglicredi piòall’of- fervar moderno che all’aizigogolarc delleScole,epreferì piòd’un eh’ arde inInferno, alledottrineArabiche, e allefole,difpoffoanche acontar,febendifcerno, d'Hal- lerofu1’Ereticheparole, Temprefofpctte, comeciafcun vede, ancheinmateria chenonfudifede.E
quindira- gionandofopraifatti(cofa ch’i certodicattivoefempio) diffècolVallifnieri edaltrimatti, alBonneraccollandoli eh’ iun empio, (benchidiDio sì beidifeorfiàfatti,
che pochiPretifantantonelTempio)dille,chenoveme-
lianzilefalcel’uomo daun ovo,ofiadaun germenafee;
cioè,che’lgermeo l’ovoinerteifcollotuttoaduntrat- to dalvirilliquore, quell’uovoogerme,chenontocco
o
mollo
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* IX !
rrofToda grantempogiaceanelciecoorrore,probabilmen- tefluido,efenz’offopria chefentifleilfecondanteumore
,
ond’eglià nuovavita,equella forza,cheletenuifibril- leallarga,esforza» Eper quella ragionfiampò,e deci- ft, chefidovefiebattezzarI*aborto,cui qualchemalor previo non uccife, ocuifuifattononfifappiamorto. Quellafentenzailcleroinduedivife,o feceognund’an- ticarogna accorto; a chidoveapiacerpiacque ilparere;
alzòlavoce un chedoveatacere.
E
cosìfattamenteegli l'alzò, che da lungelollrepitos’udì; la caritàcridiana afpafToandò,efuorilacalunniainfiocchi ulcì;l’oncfla gente fi fcandalezzò, quandoinfuliar DonPietroPaolo udì, comefcodcliainfettad’Erelia,alvero, aDionemi- ca,edaMaria. DonPietroPaolofitrovò forprefod’ef- (ercome un Eretico trattato,tanto piòquantoalfuo parere apprefo s’erapiòd’undottiamoPrelato;equindi un giornoilcalamajo prefo privatdfimamenteebbe invi- tatoilfuolacerator quel che diceaa mettereinifcritto
,
feporea. EbbeDon PietroPaoloun gran partitofinché Poloinilìampaandògirando:mapoichéilfuoawerfario inviperitoincampouftlcome unnovelloOrlando,dopo
feianni,enfpofeall*invitocon quella penna ch’éfimile aun brando,ecaccibfuoriunlibrofmifurato,ilpartito refìòtrafccolato.
E
cotti’èdiragion, che chi piuvoce mandafirillandofuorpcllatrachea,efquarta,cammazza comequel feroce,che fiotto IliobasìPentefilea,fiada molti (limato,a’quali nuocelatemaefavenirladiar- rea; cosi’lnuovolibraccio pien dicofeunofiorinodi chiercheinarmepofe.Eioche parlo,io(onqualiunde’
Tuoi,perchémipiaceunuomche dicaaffai;parlanopo- co,o danno mutiibuoi, magliuominidifpirito non mai.DonPietroPaolofetrefogli,epoinon prefepiù la penna,efuggeiguai;lafciando alcuni pochiallacon- te fa,ch’eivaitar/inon può d’avere accefa.
Ma
*1Dotto- re,Curatodicampagna,fetide, eriferiife,e (laTemen- doancora,edovunqueha fofpettodimagagnacollecat- tivetelatrovafuora; einongiàcheto, comefal’ara- gna,tirando ad arteiTuoifililavora,chedìfarliftimar vafoMiglior* penfamenandotempefia, eromore. Eda penfarcosìpenfa da faggio;Icggonfivoionticrleingiurie altrui,néfideedariltortoa chiàcoraggiodidirea tuttocolloipenficrfui. Iononvo’a lungo tenervi in viaggio;etralafcundodiparlardilui,chel’Operanon piago
i X
piaftampire à f-tto,adirdiquellam’apparecchioaun tratto.DellibroJamateriaeglià apprettata, darifpct- rabilruggine cavata,ealleplajlicheforze indiattidata,
ondeperettefottelavorata;a’Averroclafentenzaàfuor cavata, feguendolafcoiatticabrigata«chealbuonGreco fedircofe lontane dal comune penfar di menti uma/tie.
Ma
il comune penfarnondee dar legge a chi à flirtiti non comunidoni dallaMadre Natura, caltruicorregge feveramente de’penlìernonbuoni;feguaivettigi altrui lo fcioccogreggede’freddimanfueti, emaccheroni;echidel fuocoàincorpourti, sbaragli,eda ogni parteall*im- pazzatatagli. Del mille fettecenfettantafettc,ilCurato Migliore utìziofodiPietroPaolo riftampòcorretteleciarlo vane,e['errorvergognofo;econ cuoreevigord’ammaz- zafetre, alla tetta ù’unlibrofanguinofo pofeilfuono- mecome fotteRulla.... ma un Curaro allafin non èfanciullaf Le noteinpièdipagina bruttaredimolta carta,eppurquinonrettòla(accenda, el’ingiurieoltre n’andaro, e d’etteungranquadernofiformò; ilCurata Migliornonnefuavaro, efinoalVallifnierne caricò;adirlagiudas'egliera peggiorenonpoteafarliinquella
•termaggiore. Egliprovò conquellodiipungerne, an- ziconquellodiimicidiale, che’1piatticofittemacoerente trovaliapiòu’untettoScritturale;cosialtrevoltelato- gata gente, checomandalefettealQuirinale, dccifeil Galileodimenteinferma,eprovòchelaTerradavafér-
ma. IlFifico Migliortrovain effettocontrariealbuon collumeedallafedeleconfeguenze delprovar diretto, e egliovi
,enc’germierettevede.Chepolladarliunani- matopettodifpottoafvilupparfieglinoncrede,e chia- mamortoilgerme amezzo vivo.... maatantafotti- gliezzaiononarrivo. Gelofo,ecaldopelmafehileono- re, epellagenerante facolrade porta in trionfoilfeminal liquore in cala,pellepiazze, epellettrade; eivuol che l’uomofiageneratore,quandonevengaPopponunitadc, fecondoladottrinaamicaaitarli;madellolvilupparnon legliparli.Poichénonèperancheov’eidimoragiunta la nuova di quant’ àvedutoprimad’ognunloSpallan- zani,eancoradopoluipiòd’uaFificofaputo;né cre- derà che primad’ ufeirfuorafia’1picciolo girin belloe compiutonelventredellarana, a cui ranocchiononabbia ancor parlato, ofattod’occhio.
E
fors’eglinonsache ilgermechiulo neli'ovodellevergini gallinedivenir gran-DigitizedbyGoogle
J*
'
i xi
ydicelloàcollanteufo
, primacheilgallo ancorvis’av*
vicine: ch’eglicrclccperò mentr’tracchiulo,benchénon
fidilìenda oltreilconfine, eviveinqualchemodoanzi cheilgallofilila groppaallamoglie facciaunballo.
£
che,dapoi eh’egli l’à fatto,appare quali filatamente un nuovo motodelcuore, chefivenneadirritare, da ch’ebbepiendilicornuovoilvuoto;quella fperienzafa- cileda fare,farlanonvolleilbuonMiglior,cheimmotolafè vuol mantener, chegiurai’àalletenebredell’an- tichità(a). Lungoforaaridirdacapoafondoquanto contienediTeologia,cdifìlofofartuttoprofondoilgrof- folibroinognidiceria.
£
v’è mefehiatoilSalvator del mondo,cperfinolaVergine Maria;perchèavedenemi- cianchesuinCielo,del su'ayverfarioScudellmlozelo.LoScudellipi modello, eprudentenemmenouna parola glirilpofe, comefeappartenefieaJuinientediquantoè icnttoinquellagodicole;mailVallifnierimortotrovò gente chelottol’armiinPadova(b)fipofe,evolleper- chè avealo ingiuriato, panperfocaccia renderealCurato.
Ancheda’ torchidiFerraraufcìnonso ched’un Teologo Morale,chediquella dottrinafi(lupi,eperloScudellin fel’ebbeamale:mal’uno,e l’altrodopopochidìain- fultarvenne unoScrittorbefliale(c),chetrillaprofa,e verfi pocobuoni impallicciòdiripetizioni. DaEretico, trattò,da petulante,da Jognator,dapazzo, daciarlonelo Scodellini, cui rifpettan quante v’ànnoinVerona mai faggie perfone; mailproprionomeafeofe,edicotante ch’eglifendiearrofsìcofcnon buone;fi)vede cheàvergo- gnailpoveretto,enonpeccadicuormad’ intelletto(et). Per (*)E’ notabilecofachein quellaquifttonenè l'uno,nè l’altro partito mollrid’aver letto leOllervazionidel cel.Hal- Jer(opra gl’incrementidelPollo, nèleOperedelCh.Bonnet.
1b) Ùlcidel 176I.inPadovaun Librettointitolato:Difefa del ctl.Sig.Anttnio Yalhfnitridagl'jnlultt dell’AnteredelleLettere d‘un CuratediCampagna. EinFerraradellodelloannoné ulciunaltro col titolo: RiflejfioniadunamicodiVerona Jopra lel ettereet.
(«I Veramente il Rapfodilìaeh’ àfcrittolaLettera del Sig.A.L.S.V.nonpoteatar cofapiùtrilla.L' monellomodo incui ètrattato loScudelliniapprettoognunoconolciutoper dono,cpioEcclefiadico,e(penalmente quegliEpigramminon Latini, inoltranocattiva la caufa dichiliàferitu
.
(d)Deabortivis bapti\anditDifferì atto&c. Nane accedi:
dlppeadi*tandemDifferì adontitivindieantabtbiechi, Veroni Typia Moroaianis17*^.|,
n
i
XII **Per cafligar idueScrittoriauntratto, cui tuttofipo- trebbe perdonare, fuorchél’ingiuriareiniltilmatto,’ve fidee con creanzadeputare, unvalent’uomo,dettoErbi- Hi,hafattoladiffertazionenltampare ultimamente, per cuis’eraaccefocotantofuoco,etormidabilrefi». Adue lebucciebenben rivedendo,trovò cheaveanoftofpiopiti d’untefto;ea PietroPaololenote facendo, riconfermol*
Ioaognundotto
, ed onefio. Egli éunuomoquell*Er- billitremendo,delqualeilprimolibrononé quello; più volteegiiinifiampa é ufeiro fuore,en’à mai Tempre riportatoonore.Ardetutt’ora,eminaccia rovinediquel Miglioriilnonmiglior partito, efuordelTeologicocon- line forfèalcunodinuovo incampoéufeito (/). Non
fapreidirviquandoaveràfinel’afpra contefa, ch’ionon òilprurito
m
quello giorno di profetizzare; eanzi fono fiancodiparlare.Prcgovifol,giacchéfletèadunati a be- nefiziodell’umanagente,dipregarDio,cheinFificaiCuratid’orainpoinon s’impaccinoniente; o che,fea difputarfonoimpegnati, Iofaccialicondecoro, ecivil- mente, non infunandoleonelleperfone,maconfiemm»
fponendo la ragione. Cosìfaràpiù rifpettatoilClero, cosìlaChiela v’averàvantaggio;néavverràmaiche d'un Cenlorfevcroe’incontrinolasferzaper viaggio. Nonin- giuriaverun chi cercailvero;chidiceingiuriefjdapo- co faggio; edàuncattivoefcmpioai propriogreggechi dall’alilofeflelfononcorregge.
La lungacicalatadelnofiroConfratellonondifpiacque allaCompagnia; v’ebbe chiprofittòdellalentezza, coti cuiegliparlava,quaficantando, perifcnverlatuttada capoafondo,avendoqualche fofprtto chelafolteinver- fi.Ion’ò avaro unacopia, eòcredutobene difpedir- velacome unacuriolitàdelienolìrcmontagne.
Viprego dalciclobuonafortuna,efono
Vollroec.
A. F«
[c)I.oScrittore dell % Letteratifati»inquell’anno percom- pendiareledottrine, e leingiurie dette dalMigliorialloSco- dellini,prometteunTrattatodellaCcner.ttb»!dell’Uomo, e lociannunziarnmevicinoaufeire. Noi condilpiareretemia- modivedere ravvoltoinquellariffa, elevitared’unfilicina rancido,unoScrittolegiotanc,epienoditalenti.
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I
L
^tUJ.
>GIORNALISTA
TOEMETTO
\D
IBATTO NEMUTILLIO.
CIO 1DCCLXX.
CON LICENZA DE
’SUPERIORI
.DigitizedbyGoogle
r
CANTO PRIMO.
i.
Acri. moltoa
me
caroe reverendo Benignamentevi pregoicufate,Se afcriveredi voi l’ardirmi prendo, Benché giammai vedutonon m’abbiate.
Leglorievoftre,c quel valor ftupendo,
Che
vimove
ad imprefe altee lodate,
Tuttogiorno mi dettano nelcore
Un
fincero defiodi farvionore•IL
Iofo che ilnome
voftroapricifiìoneQua
eU
per mille(lampefpande l’ale*E
che col criticarele perfone Fatto vilieteun meritoimmortale.So
che voidecidete ogni quiftione Fuordelbreviario edel confeflionalejE
cheda bravoGiornalifta accorto Ragion voletequandoaveteiltorto•In
i Ari $
ili.Intal
modo
cldiè notizie vere Della voftradegniflima perfonaLa Fama
,che col pubblicocorriere L’altro giorno pafsò qui per Verona.Ma
quella fioria degnada lapcre La fantafia poetica mi IpronaA
porla negli annali del Sigonio,O
purin queidelCardinalBaronio.IV.
Anzi a fcriverla inverfi miconfiglia, F.d inverfi volgarinaturali‘ Poiché a più d'unloftomaco feompiglia Quel parlarin latindi coletali:
E
tutti con piacercon maraviglia Leggonoa’giorninoftri ilCaporali, Il Talloni,ed ilBerniche in cucinaA
Febo preparòla gelatina(l).V.
O
buona gente,che mi fiatea udire(z),
Siatemi adunque gentile ecortefcjEd
iocantando vi faròfentireUna
nuova dafcrjvere al paefe.Nacque ilgran fatto che vifon per dir»
Ai ventidue delgià cadentemefe:
Epoca memorabilee famoia Per Stanze trentafeivcftitc in profa
.
Era
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^
XVIIvi.
Era dinotte enon ci G vedea,
Nè
piùraggiava JofplendorFebeo;Quando
la dottafolita atfcmbleaAl
Caffèfi adunòdiSer Matteo(3 ), Chifullepanchein gravità fedea;
Chi aggirandofi a guiladi paleo Narrava diunagiovin graziola,
Che
fenzaPretela fi fecel'pofa,VII.
Un
le imprefe dicevae gliarmamenti,
Che
il LunaticoTurcoè dietroa fare Perpunir certe mofcheimpertinenti,Che
fartidio gli dannointerra ein mare.AltridelPapa avean ragionamenti,
Che
pieno diprudenza lingolareDopo
ormai novemeli dipapatoNon
aprebocca,e trovafiimbrogliato.V
1 1L
Erano in
fomma
idilcorfiinfiniti;Imperciocché, come dicea1’Ariorto, Degliuomini fon varjgliappetiti
(4)
;Chi vuol mangiaril leflTo,echil’arrofto.
Un
Avvocatoparla ognordi liti;Un
Gentiluomocerca il primoporto;E
ilMedico
preferivela ricettaDa
fpedirl’ammalato infretta in fretta.B Mcn*
4 xvm >
IX.'
Mentre
però ciafcun parla, e procuraChe
la parolaiua non tornivana;E
diquelloedi quell’oprecenfuraCon
la moderna caritàenflianaj Fccoticomparire una figura.Un’ ombra, unofantafma in forma
umana
,Che
alportamento,algello,alvolto,aipanniDonna
parca prudente,edimolt’anni.X.
Dal fianco lependeva un corno muto,
Che
fu ab anticod’un Trombetta Greco,Ilqualeavendo a Troja
combututo, Omero
dice chedivenne cieco.La bella donnacon gentilfaluto Ci riguardò*poidille: or iovi arreco, Valorosa brigata, buone nuovej Il cicl liè lerenato,e più non piove.
XI.
Voi forfèforfè non mi conofcete,
Perchèhocangiato ilmanto, e la berretta,
E
purquafiogni giornomi vedete,E
le non vengo mi cercatein fretta.Io fonla
Fama,
fc non lofapete.Che
ferve alPadre Fortis di flaffetta•E
vogirando in luoghi affai lontaniDi
Cattolici,Ingleli,e Luterani.Tan*
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«
4 xix >
XII.
TantoIio corfo perlui4chd <^ià fuitergo
Ho
tarpalele penile,e più non volo*10famofo portai per
o’m
albergo 11nome
fuo daqucrto all’altropolo:Fd
ora,cheper l’acre piùnon m’ergo*Cortretta fonoa viaggiar pel fuolo*
Ond’egli mi mantienea bella porta
Due
cavai da vettura,edue da porta.XIII.
Acciocchédopo iloiro menfuale(<$)
A
dilpenlar iovada il iuo Libretto Pieno di tantearguziee tanto Tale, Incui fiinortra Critico perfetto.Or
egli hafatto unnuovo dottrinale*E
fpcra che darà qualche dilettoA
così dotto numerofortuolo La Lettera d’uri Prete moiuagnuolo(6).
X
IV.Fin daVenezia ve l’ha qui mandata
Con
cerca intenzionnon troppo buona, Perchèquando tra voi fiaotvulgata Pongain lcompiglio più d’una perfona.Fi le buccie rivedealla brigata Del Vclcovil Collegiodi Verona*
Q_'lindi Ceniura,e Icoprcogni magagna Delpovero Curato dicampagna.
B
2 Duri-JVC
4 xx >
XV.
Dunque
oSignori il TuoGiornal prendete,E
perfuggire lamalinconia Quella Letterafubito leggete,Ch’è
un mifcugtio diprola e poefia, S’ ellavipiace, ringraziar potrete L’Autorche v'hatenuti in allegria,E
confella battetegli lemani;Intanto avoim’inchino, e Hatefani.
XVI.
Cosi labuona vecchiaandò con
Dio, E
quello fu dell’ambasciata il fine:Toito filenzioad intimars’udio;
E
filenziotonavaogni confine.Chicol s. faceva ilmormorio,
Che
fi tuoi fartalvolta alle galline;Chi col
duo
lui nafo più omeno
San GiovannipareaNepomqccno.
xvir.
Si fcelle uno tra gli altri il piùcompito.
Che
a leggere il Libretto incominciò:Fu
appena in prola il fuon de’verfi udito,
Che
cialchedun attonitorellò.Chiefaltava lo Itile faporito;
Chi la vivaceinvenzion lodò;
E
chi fclamò,quand’altrodir non feppe,
Pape Satan papeSatan aleppe (7),
Giunto
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/Pt
*{
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gtx v
11r.Giuriro chefu ilLettor Auri certopalio Dt-l!aprofa poetica e leggiadra
,
Un
noni polito didatura baffo Dille, che quella ufanza non gliquadra.’E
i verlì nulurandocol compalfoIrovo chemoltiamlavan fuor difquidra;
Ond’cralafua mente ancordubbiola Sela Letterafolle inverft0 in prol'a.
XIX.
ÀÌcuni begli fpiritifacccnti,
Che
fembrar voglion valorofie prodi, Sudianolliracchiar milleargomenti, F. fpefforeplicarle detteIodi.Con
quelli edaltri limiliaccidenti Si turbò la legg-odain mille modi*Ma
pien di flemma ilnodro buon Collèga Dall’ alla prolegul finoall*omega.XX*
QuanJo
il Librofu lettotuttoqudntòA
leggerfi tornò da capoa fondo;E
ildilcttevol replicatocanto Piugraziofo parve e piugiocondo.Diedeciafcuno alGiorn.tln’la il vantò Di Poeta,e di Filico profondò
E
unProfèttbrdi millecolebelle; In talguila loalzò finoallefiel!eaE
*tot
+>
XXII
\tXXI.
Che
brio,clie gentilezza ron fifeerie In quelle lue maraviglioleOttave?Ditelovoi,quanto piacer non porge La lua Lettera lepidae fcave?
Chi gufla Poelia predos’accorge,
Che
del macflroBcrnia egli ha la chiave*A
dirla fchiecta illolo PadreAlberto Nel comporverli in piola ha tuttoilmeno
.
XXII, Nò
maraviglia prendavio Signori,Se un
uomo
, in cui tanto valorsfav.lla, Finga divivernei felvaggi orrori Prete lemphce e poverodi villa.Fi, cheturbata mira c dentroe fuori La lerenadel chioPro aura tranquilla, Nelfuo Giornale,comevoivedete, D’efierFrate lì pente,c fi fa Prete,
X X
1 1 1.E' dunque un impoP.or,un
uomo
vile* Soggiunie tollo un valorofo Abate,.Che
adagio parla in ferieràdi Pile,Nc
temedeiCenforl’arme spuntate.Se tal egliè, nonsfoghi la lua bile CentraonePe perfone ed onorate;
Giacché per fpaventarci in vanogracchia
A
guila d’una garrulacornacchia.Quindi
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too
4 XXIII
>
XXIV.
Quindicon Dante ingrave luonripiglia:
Or
tuchi le’che vuoi leder a lcranna Pergiudicar da lungi mille migliaCon
la veduta cortad’una fpanna?Si ipezzail fil fetroppo liaflottiglia•
A
retrova chi piu di girs’aflannaE
pazzoè quel, che in centurarfifca Ida, .Trattando l’ombrecome
cola laida(8).XXV.
Amico
mio non fiate tanto ferio,Dilleun Dottor,che Giultmian fe^uiva•
' t O )
Non
temprepiaceilluon d’arpa o laltcno,E
talorci dilettaanchela piva.Gettate viala togae il magifterio,
E
fatevi perfona piùgiuliva;Ch’iopure pernonedere molelìo Laidodaparteil Codice, eil Digefto.
xx
vr.Il PadreFortiscol fuoftil Bernefco Mirabilmente ci trattieneallegrij
E
voi condurocanticoDantefco Qualici fatedormigliofiedegri.
Se quivi folte preparato undefeo Coperto a fonerai dipanni negri
,
Potrefteallorcantarla requie aimorti
Ma
noi fiam tuttivivi,e fani, e forti.ji
B
4E
vivi4$
XXIV xxyii.
E
vivi effondoragionarvogliamoDi
cofe vivepienedi vivezza•Nè
al fuon ditetre cantileneabbiamo.Nè
a’piagniflei l’orecchianoflra avezza.Noifenza brigheplacidiviviamo,
E fumo
lieti nell’altruitriflezza:CertoloScudellin fentirànoja
Di
ciòche porgea noi cagiondigioja«XXVIII.
Anche al Curato,che credea d’avere
Con
le (juindeci Lectcre(lampate Acconcic ben le uova nelpaniere,Avendo
appunto l’uovafracaflate:Affécheci hanno meffounbuon crifferc
Non
perman
delChirurgoma
di unFrate;
E
gli han cacciato un porro drieto via,Che
piacevole troppo a luinon ha.XXIX.
Ciò non importa; un altroallorrifpofe,
Che
va deiLetterati in prima lilla;Secriticati fonoc verfi eprofe ,
L’uomo
faggioperònon fi rattrifta.Che?
dovràforfè rendervergoenofeLe
perfone un mordaceGiornalilla,•Che per vivercontentoall’altrui fpefe
Mezzo
Criftian fimeffra c mezzoInglefe?Dei
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$ XXV b XXX.
Dei Giornalai noifappiantol’arce,
Che
fenzalambiccartanto ilcervello Sugli altrui libri, efulle dotte carte Voglionodardinafoa quello eaquello, Se alcuno prendonin fimflra parte Crucciogli danno eorribile martelloj
E
fon coflorosìvalenti e forti.Che
nonlai'ciano fiarnòmeno
imorti.XXXI.
Se poi pregati fonoa nonpiatire,
E
ricevonregali,o pcnfionc, .Allora ti farannocomparire
J.’alinocon lapelleda lione.
;Utroinfornatanon fanno che garrire Senzaprudenzae fenzadifcrczione;
Ma
finalmente, or cheniunli (lima, Viperefonchemordono
la lima.XXXI
I.Quello parlar acerbo e poco
umano
Parve adun certonobile Marcitele,Che
per difgrazia nato era Taliano,Ma
in corpo avea lofpirito Francele.Egli con vilorabbuffato cfìrano Fece del PadreFortis ledifefej
E
perlòpir lecominciate riffe Sitilchiaròla voce, ecosìdilfe.Troppo
»
)0Ì
i XXVI
j»X X X
11f.Troppo
a tortolo Signor,confuta avete Fra lemalignevclenolc (quadre Delle perfone criticheindierete,
E
de’trilli pedanti ilnoflro Padre.E
ben voi HelloconfeffardoveteChe
di colefavella alteeleggiadre;Mentreleggono i Tuoiferirtigalanti
Donne
gentili, egiovanettiamanti*XXXIV.
Che
fevi par cheacerbamente orabbia Puniti alcuni poveri Scrittori,Che
ancora infetti dell’antica fcabbiaVanno
fpargendo vergognofierrori;Scufarli dee: poiché
movono
rabbia Lefole degli Arabici maggiori;E
perchepiùnon fgridino,conviene Caligarquelli pazzi dacatene,
XXXV.
Non
è piùil tempo incui Berta filava,E
grazie aDio la genteèilluminata;Nè
agliuominieruditi ilcapo aggravaUna
mole di librifmifurata.Or
che Arillotil tace,e piùnon bravaLa
fua Peripatetica brgaia,Anche
ilibraccidelle vecchiefcuolc Son condannatiai tarli,e alletignuole.Sban-
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!0b
^ txvu t XXXVI,
Sbandite fon le rancide dottrine.
Che
da mole’ anniaveancelatoilvero (<7);E
quelle chiofcintralciate emclchine.Che
faceanodel nulla ungran misero.G
à con belle fentenzec pellegrineNova
luce lì reca almondo
intero;Ond’è
fciocco colui,che ancor fiIlaNella barbaraanticaofeurità.
xxxvii.
O
Francia,o geniotutelareamico Delle Icienze,dell’arti, cdei coftumi,
Io mille volte al dìti benedico, Perchè porgertia noi tanti bei lumi.
E
chifi moftra all’onor tuoremicoHa
nemicicoftui gliuomini,e i numi:Ed
è feguaced’unareacanagliaDa
porre nelmufeo per anticaglia.XXXVIII.
Tacque ciòdetto,e più ferenoin volto
Dopo
lo sfogo ilCavalicr comparve;Così,poiché l’orrido
nembo
è lciolco, Dtlgombra il Sol le nubilole larve.Stava ciafcun tacendoinferaccolto;
Ma
tempodi tacerquello non parveA
un Medico cheride,e chepjlpiglia Tra grave fìloioficafamiglia.In
tot
i xx vìn ^ x x x
ix.In frettainfretta ripigliò l’affare,
E
diffe: gentiluomo,io lon coflrettoLa
voftragentilezza a ringraziareOr
chesìbelle cofe avetedetto.Voi moffraffe che l’uom deegenerare Nel
modo
più moderno cpiù perfettojE
non come ilMiglior fogna e pretende,Che
digenerazionnonfc ne intenderXL.
Nella rancida forza egli occupato'
Un
rancidoliltcma hafuorcavato,Che
dai rancidi Padri era infegnato Nella rancida eià del Peripàto.E
in un rancido Libròhalloftampato,Che
in rancidefcanfiefiadifpregiatoj Mentre ilFortisci d:è fìcuro lume Per diffrangerl’antico rancidume.XLI.
A
talparlar fremea d’ira e di fdegnoUn
giovinettodigentil fembianza*E
già le n’era accortaa piùd’unfegno Tutta quella mofripliceadunanza.Egliavea buona mente,c buon ingegno,
E
leleggi fapeadella creanza:Però compolc il volto, egli occhiardenti*
Indi fciollc lavoceinquefti accenti
.
E
co.DigitizedbyGoogle
/on
XXIX X LI
I.E
cominciò: fon giàpoch’anni fcorftDa
che i’arcavol mio buona memoria Al foco mi faceade’ bei dilcorfi,
E
mi narrava qualche anticaifloria.Or
d’UlifTe cicca, cheidolci forfiNon
guflò dellaMaga
,e n’ebbe gloria;Ora
di Achilleibellicofi eventi;Or
d’Ercole laculla edilcrpenti.x l
11 r.Poiconcertemorali favolette,
Che
pienedi poetico artifizio In Elopoed in Fedroegli avea letteM’
infognava a fuggirqualunque vizio, Eim’avvisòche con pedone fchietteDi
vero amico debba farl’uffizio;E
che miguardi bendall’uom
loquace, Dall’impoftor,edal fuperboaudace,X L
IV.A
fine talmi replicòfoventeDi Ludovico Ariofto la novella
(io).
Cui mipiace ridir,quantunque a mente Voi lafapreteeffendo tanto bella.
Dna
zucca fuperba ed infoiente Alzando il capofar voleva ombrellaAd
un pero, chea lei forgea vicino,Ed
era la deliziadelgiardino.Tanto
ì>
XXX XLV.
Tantocortei feouiva ad innalzarli,
Che
giàidegnando le baflezze prime,Con
l’ampiefoglie e coni ramii'parfi Suìl’albero gentilmontò
fuòlime.Jl pero,che fentiacaricofarfi Dellefruttanon lue,lcclTele cime,
E
dille a lei: come qua fudal bado Salirofalliaccelerando il palio ?X L VI.
Qual pianta tu fc’mai,e doveail’gna La tua radice,iltralciotuo gentile?
Sarerti forleall’edera maligna Nellerpeggiar fui troncoaltrui fimile?
No;
foggiunfe lazucca: ame
matrigna Si molliò laNatura; eabbietta e vile Zucca lon io,chenafcein picciol folco, Scherzodelpalleggierò e del bifolco.X LVII.
Rifpofeallora ilpero:o temefchinaj
Sea un volgerd’occhiotinnalzartialcielo, In breve anche vedrai latua ruina,
E
abballar tidovrai fuicortoftelo.loper molte ftagionie vento e brina Paziente hofoftcrto alcaldoeal gelo, Priachèpoterti alzar,come tu brami.
Ricchidifruttai verdeggiantirami.
Si-
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td
*;
xxxi ^
X L V
1 1 1.Signori,ora potiam l’allegoria Facilmente fpiegarnelcafo noftro:
Gliantichi luperar l’invidiaria „
Spargendoi libridi purgatoinchioffro.
EUiciapriròalla virtù la via;
E
feemar lorotenta unuom
di chioOro In pochidìcon pochiverfiin profa L’onoratamemoria gloriola?X L
1X.Troppo
la zucca s’innalzò fuperba;Ma
nel primierolitioin fe ridretta Piangerdovrà la l’uàcaduta acerba Tornando al balTo vergognofaeabbietta.E
il villanello inpoco falciod’erba La potràcalpeftar feccae negletta:Così avviene a colui,che troppofolle Per fovraAaragli altri ilcapo effolle«
L.
Affai mi fpiace,cheun Cenforfevero
Con
parole ridicole mordaci Degli antichi fprezzando il magiAero Tutti offenda,ecenfuri i lorleguaci.E
ben zelante perl’onordelvero Sciogliervogl’io le lue lagionfallaci,E
lerifpoftecavillofe e Arane;Onde
vi prego a ritornardomane.Ciaf-
//i
\
^ XXXII >
. LI.
Ciafcun promifc che fariatornato
A
udirlodifputar contro unacherca;Quindili fu decifoefentenziato
Che
l’uomfuperbo difonorfi merca.E
che colui,che arditoefconfigliato De’chiariingegni il biafimoricerca,A
una zuccaè firmidi vento piena;PoilafciandoilCaffè
Cam
gitiacena.CAN.
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^ XXX
III!•“>
CANTO SECONDO.
I.
CfcJTlacchèlungeda’miferimortali Pietofial tìn gliDei m’ hanno concetto
,
Che
conla mulaanch’io del Caporali (t)Farpoffain Pindoil miofolenne ingreflo•
Mufa
cavami un pocoglinivali,*
E
mentrebevoall’onde diPermettoDammi
di Petrarchilmi pien Ioftajo,E
tiemmi per le manichedelfajo (2),IL
Altrimenti potrei giu a rompicollo.
Senzatoccar lagloriofa meta,
Caderconfufoarificodelcollo Permefehinodefiod’efferPoeta.
Tu
prega anome
mioMetterApollo,Che
nondi lauro,ma
di feccabìctaM
incoronila fronte,ealmenper cuoco In cucinamiaffegni unqualche loco.C E
voi^ XXXIV
it-ili.
E
voide’ vcrfimici nobil fubbietto, PadreAlberto foavirtìmoc cortefe,Che
variando il moliformeafpettoE
colcapuccio> edin pretefeoarnefc, Pienodi Poefia lalingua e il petto L’Europa armate a letterarie impreic(3)' Sel’altro cantonon vifumoleilo Piacevolmenteoraicoltatc ilredo.
IV.
Giàla cornuta rinafeenteluna
Spandea dalrancio voltoi raggid’oroj
E
al Caffèci traeal’ora opportuna, Ognicuralafciandoogni lavoro. Si vedeanovenirad unaad una Leperlone delnobil conciftoro;E
venendo faceanvario bisbiglio, Finché lìradunò tuttoilConiglio.V.
Tenne
inordin ciafcuno ipodi fuoi;
E
moltilotto voce incominciaro Divotamentea beffemmiardi voi, Melcendo un podidolce, e un po d’amaro.L’afpettatoGarzon venne dipoi*
Ed
appuntoera quel,Padre miocaro,Che
leguendo l’antica opinioneTre
Libri ha lcrittodi generazione.Egli
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KS
4 A A aV
<4-VI.
Eglifopra d’unfoglioavea diftefo Lunga rifpoftain formaepillolare;
Ma, come
dilua bocca abbiamointefojA
voi perònon la volea mandare*E
laragion addotta era di pelo, Dicendo*che le prendea lluzzicare Il velpjjo,potrete con fuo danno Darglila malapafqua, ed il malanno.•VII.
E
chequandoil fuoLibro fiaRampato, Perdifpetto,per rabbia, e per vendetta Senza pietàfarebbecriticato, Giacchéfi fa,che chi la fal’afpetta
.
PremefToquell’elordiofeparato S’aggiuflòlo(Laccale e la brachetta;
Montò
in bigoncia,a a ruttinoi rivolto Feriverenza, c ficompoleil volto.Vili.
Poi leggendo la Letteranemica Piena di pizzicoree di livore,
E
molto p ùpungente dell’ortica, Molìrò r.el criticarqualche valore.Io l’ebbi trale manicon fatica;
E
foflenervolendo ilvefiro onore Sincera velamando
talequale Copiarla iccidall’originale.C
2V
Au-ni
+[ xx.'cri**
IX.
L’Autore non vi fece foprafciitta,
Ne meno
difigillo lamunì;Aldi dentronon eraiottolcritta ,
K
l’anno vi mancava, il mete,ei! dì,Con
lo rtilc parcadi Tullio feruta,E
inmodo
farmliardicea così:Padremio Reverendo Agolbniano;
£e voi fieteinialute,anch’iofon fano,
X.
Io IcTi con piacere,e con diletto QuelleStanze leggiadre e Ipirirofc,
Che
ci arrecòlaFama
in un Libretto, Tuttotparfo cripicn di bellecote.Sol midifpiaceeh’abbianoildifetto D’effer troppo mordaci e fanguinofe;
Onde
a voiti potriaripeter tpetlo:Medico mio prendiaf^nar te ftefio.
' XI.
Voi dite nel principiodi quelcanto,
Che
dobbiam nelmeflure in cuiliam nati Eftrcitarl’ingegno tuttoquanto;Nò
in Fifica aparlar hannoi Curati.Ma
quel cordon equel rofario tanto,Che
piendi zelo inliisuateai Frati,Quantunque fiateFrateedArcifrate,
AffòdiDio chenon loadoperate.
In
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nf-
i XXX
VII|*XII.
*
In oltre perfembrar caritativo Lodatealiai la carirà fraterna*
E
pur di lei vitroverebbe privo Diogeneiileffo con la iua lanterna.Voi lcorticuteun pover
uomo
vivo*E
glicantateil requiemeterna,Facendolomorir ion poca gloria Dei fecoiifuturi aliamemoria.
XIII.
La
caritàdovrebbeeffer con vuiIncoro,in dormitorio, apranzo,cacena*
Ma
vi piace Coliamoella in altrui, Perchèv’aggravaun po troppo lalchiena:E
fate appuntocomefccolui,
Che
il digiun predicavaa pancia piena*Che
perciòdallelue turbe affamate Simeritò le rifae le filchiate./
X
IV.Effertroppo zelanti non bifegnà
,
Altrimenti liguaffa lafaccenda;
E
fe d’unuom
li feoprela vergogna*
Eglis’arrabbia, nèmai pilis’emenda.
Lal'ciace pur grattardov’è larogna;
E
ognun dalcanto luo cura fiprenda:Perciocché vi diranfu.ogli alocchi,
Che
ognun puòfardella luapallagnocchi.
C
3An«
i XXZ'ui
fXV.
//*
Anzi Ciirto c’infegna nel Vangelo
A
compatir eiei Prollimoi] difetto;E
che la viadi guadagnarli il ciclo E'il lopportarl'ingiuriaed il difpctto.Egli non vuol chelì rivedail pelo Al frateichedi te lìa
mtn
perfetto;Nè
che vendetta daper noi fi faccia Col renderea piùdun pan perfocaccia.XVI.
ocalcun ti favenir laguancia rolla,
E
tirraua con ldegnoe con aiprezza,Tu
lo dei ringraziardellaptrccfTa,E
riceverlacome
una finezza;E
l’alra guanciaoffrirgli,acciocchépeffa Ricambiarti la prima gentilezza:Cosìl’Evangelifta San Matteo, Secondola verliondel tefloEbreo,
x v
i r.Or
quanto ella non èpiù firania cofa Meditar lenzaoffela levendette,E
mover guerra acerba e langumofaAd
un che controvoi non lcriife un ette?Aver madonna
chierca per ilpcla,E
andar nel ruolo degliammazzafettc,
La
è cattiva inprela a parer mio Nel co.'peito delmondo,
e in quel diDio.
Non
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4
XXXIX ì XVIII.
Non
convengon le riffe a unuom
dichiottro,Che
tuttodì pei poveriCnftiani 11pax donuntcantae ilpaternoflro,Ed
il petto fi picchiaconle oriatii.Sidicon purequeidell’
ordm
voilro Calcolici, Apoftolici,Romani;
Dunque
anchevoi lafciateogni contelaf Se lieteingrembo dellalamaChiela.XIX.
Forfècredette voiche ufeendo fuore,
E
allacciandovi indottolagiornea, Tuttici avrefte colmidi timore,E
fattaci venirla diarrea.Ma
Padremio voi fitte in grandeerrore;Poiché qual tritta femminacciarea
Ha
sbandita Verona la paura,E
in bordel lacacciò fuordallemura
.
XX.
11 Dottor PietroPaoloScodellini,
Semai gli (altail moicherinoal nafo, Si faràvalutardiecequattrini,
E
lafcodellacangeratti in vafo.Finor pregògliamici ed i vicini
A
(ottener ladecifion delcafoMa
ftuzzicato alfin può diril;retto,E
farlaglofa dove manca ilte/lo.C 4 Nè
JZO
XXI.
Ni
già crediate chepentitoa voi La perdoniil Migliori, efugga iguai• Eglifa tutti dire itatti Tuoi, All’invito niponde,c parla affai.Parlano poco,odanno mutii buoi,
Ma
gli uominidi fpiritonon mai (4):Per
me
vi dol’avvil'oanticipato, Tremated’un Eroedel Peripàto.XXII.
Giacche l’aveteprovocato a fdegno, Puòdarviun Ariflotilfulla teda
Di
(lampa anticacopertodilegno,E
ad un tratto finircosì lafella.O
almenoalmeno con tremendo ingegnoLa
Letterafaràdecimafeda;E
infegneravvi a meglioborbottare 11 meamaxima culpatuli’altare(5).XX
III.L’altro, detto da voi ùcflialScrittore
,
In ottimaialute ancora vive*
Se noifapete,è un
uom
di bell’umore,E
un non loche contradi voi già fcrivej In cui vuolfarvedervi unmentitore, Mentrelegnandoa lettere corlive Certe par.Je chenon hamaifcritto,Lo
fatereod'irg’udoempiodelitto.Per
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tu
i
XLl ì XXIV.
Per difenderlefuecompofizioni
Con
lui fecepur lega adanno voftro li Poetadaiverfi pocohuoni, Benché(ecreto a Dioviva nelchioftro.Eglid’Orazioleggerài fermoni;
E
tingendo lapenna inaltroinchioftro Al fuon guerrieroa di Latinicarmi Visfiderà novellamenteall’armi.XXV.
Anch’iopotreicol mio fcarfo talento
La
bella fecondar leggiadra imprefa,E
cacciarvi nelcorpounargomento,Che
termineponeffe alla contcla.Nondimen
diftar chetoi’ micontento,E
laiciar gli altri (olialla difefa:Penfipure ciafcuno ai cafiTuoij Privatamenteoraparliamdi noi.
xx
vr.Scritte per
me
trovaipoche parole In cercanota che ftampata giace•E, come
dite in quella,affai vi duoleChe
d’un ftllema antico ioiìa fcguace.Ma
pertoglier dalmondo,
e dalleicuole Quellaforza che a voi tantodifpiace, Vimancano
le provej e al più alpiù La chiamate una rancida virtù.C
s Ci/XX
. *
i xui >
X X VI
f.Ci vuolaltro che untermine brutale,
Che
in fin delconto non vuoldirniente, Per rovesciar 1‘anticodottrinale,E
l’opinion di tanta buona gente.Vi vuol ragione fifìca morale,
E
lodoraziocinioconvincente,Procedendoorcoldubito,orcolcredo, Coldtfunguo,col nego, ecolconcedo,
XXVIII, Ma
voi,come
perfona affaidifereta,Che
di tai ciarle nonci penlaun fico ,Cercate in guifa lepida e faceta L’ultimoeccidiodel lìflema antico:
E
infilzandocarotedaPoeta, Per torvideliramente d’ogni intrico.Dove
vi parche il puntoadruloliaCon
gran bravura lolaltate via.XXIX.
Voiconfondete a maraviglia i fatti,
E
ponendo in canzonale fperienzeD’Antonio
Valhfnieri,edaltrimatti, Date la burlaa tuttele lentenze.Io fuppongoperò, chebelli efatti Chitilipomate nelle lor Temenze D’ognifpczie iviventi a gruppoa gruppo, Giacchéparlated uovatedi/viluppo<
Anzi
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