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NUTRIRE LA SALUTE CON LA DIETA MEDITERRANEA

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Academic year: 2022

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NUTRIRE LA SALUTE CON LA DIETA MEDITERRANEA

«La cultura del cibo porta alla consapevolezza,

la consapevolezza del cibo deve guidare le nostre scelte. Il libro ci aiuta a comprendere come i modelli alimentari che hanno un basso impatto ambientale e contribuiscono alla sicurezza alimentare e ad uno stile di vita ottimale siano frutto della consapevolezza»

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Dieta Mediterranea: secolari abitudini dietetiche caratterizzate da prodotti tipici del bacino del mediterraneo facendo riferimento all’alimentazione delle antiche popolazioni della Grecia, della Spagna e dell’Italia in Europa e delle sponde mediterranee del Magreb.

Il 16 novembre 2010 il Comitato Intergovernativo dell’UNESCO ha ufficialmente iscritto la Dieta Mediterranea nel patrimonio culturale immateriale dell’Unesco :

«La Dieta Mediterranea è un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola […] È caratterizzata da un modello nutrizionale che

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Il “padre” della dieta mediterranea fu il medico nutrizionista italiano Lorenzo Piroddi che negli anni ‘40 intuì la connessione tra alimentazione e malattie cardiovascolari, diabete e obesità.

Ancel Benjamin Keys approfondì l’influenza positiva dell’alimentazione sulla prevenzione delle patologie cardiovascolari.

The Seven Countries Study (1969): mostrò che la mortalità per cardiopatia ischemica (infarto) era molto più bassa presso le popolazioni mediterranee rispetto a paesi (come la Finlandia) dove la dieta è ricca di grassi saturi.

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• La frutta cresce in serre e matura nei frigoriferi degli autotrasporti per avere tutto l’anno qualsiasi primizia (stagionalità?)

• Si favorisce la produzione di massa, prediligendo cibi low cost e ready-to-eat (tradizioni?)

• Diffusione delle coltivazioni intensive (biodiversità?)

• Odori e sapori cambiati dall’uso di additivi, conservanti ed esaltatori del gusto (autenticità?)

È ancora possibile oggi parlare di dieta mediterranea?

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Passiamo in rassegna i vari capisaldi della dieta mediterranea per capire quali problemi derivino dal consumo non attento e/o inconsapevole della maggior parte dei cibi presenti ad oggi in commercio

Il grano, o frumento, produce infiorescenze in spighe composte, i frutti sono cariossidi o chicchi e, se macinati, producono farina.

Si divide in base alla difficoltà di macinazione:

• grano tenero, da cui si ricava la farina

• grano duro, da cui si ricava la semola.

GRANO

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GRANI ANTICHI

Non necessariamente hanno origini millenarie, sono semplicemente più antichi delle moderne elaborazioni dell’ingegneria genetica

Senatore Cappelli - Verna - Frassineto - Gentilrosso - Farro - San Pastore – Monococco – Saragolla – Tumminia

• non geneticamente modificati (hanno una resa molto minore)

• non vengono lavorati a livello intensivo

• in genere subiscono il processo di macinazione a pietra (maggiori proprietà nutrizionali del chicco)

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GRANI MODERNI

Derivano dall'ibridazione tra più grani la cui mutazione è spesso indotta dal trattamento con raggi gamma (irraggiamento).

Ad esempio il CRESO è costituito da una varietà messicana Cymmit e quella italiana mutante della S.

Cappelli; non è OGM ma irradiato per prevenire la formazione di aflatossine e muffe.

• sono OGM (Monsanto, Syngenta) e garantiscono una resa enorme;

• macinati a rullo con produzione maggiore (perdita degli elementi per le elevate temperature e per il grado di molitura);

• ricchissimi in glutine, poveri in vitamine e sali minerali;

• produzione globalizzata (Cina e India) e costo inferiore

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Cereali integrali: più vitamine, minerali, antiossidanti e grassi essenziali; possiedono carboidrati complessi, ricchi di vitamine del gruppo B, mentre hanno bassi contenuti di grassi.

Cereali raffinati: vengono spogliati del germe e della crusca e sono quindi carenti di fibre e vitamine; sono più facilmente convertibili per il corpo in glucosio.

Dalla macinazione del grano si ottiene una resa in farina compresa tra il 70 e l'82%;

il rimanente 18-30% è costituito da crusca, cruschello, germe, farinaccio.

La Farina integrale è quella con la più alta percentuale di cruschello e crusca; la Farina 00 è quella più raffinata.

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Si estrae dai frutti di numerose varietà di piante del genere Olea, in particolare della

specie Olea Europea (famiglia Oleacee), pianta coltivata nel bacino del Mediterraneo fin dai tempi delle più antiche civiltà.

La composizione chimica dell’oliva è influenzata da numerosi fattori tra cui

• la varietà dell’olivo,

• il grado di maturazione della drupa,

• il clima,

• il periodo e il metodo di raccolta,

• le caratteristiche della terra.

Costituenti fondamentali dell’olio di oliva sono i trigliceridi, pari al 98-99%.

I 3 maggiori acidi grassi dell’olio extravergine d’oliva sono: palmitico, oleico, linoleico.

OLIO

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Oli lampanti: non rientrano nelle classi extravergine o vergine o perché hanno un'acidità superiore a 2 % o perché presentano dei difetti organolettici rilevanti; il loro utilizzo per l'alimentazione può avvenire solo dopo un processo industriale che ne corregga i difetti, detto raffinazione o rettifica.

Olio vergine: solo per spremitura o centrifugazione delle olive e, per la bassa acidità naturale (massimo il 2%, mentre per gli oli extravergine il limite è fissato allo 0,8%) e gli eccellenti caratteri organolettici, non necessitano di rettifica

Olio di oliva: mescolanza di vergine e rettificato

Olio di sansa di oliva: mescolanza di olio di sansa di oliva raffinato con olio di oliva vergine

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Benefici dell’olio extra-vergine

• Riduce il colesterolo «cattivo» grazie ai fitosteroli

• Diminuisce la pressione arteriosa mediante l’azione antiossidante dei polifenoli e la vitamina E

• Riduce il rischio di Diabete, in quanto gli acidi grassi monoinsaturi proteggono l’organismo da picchi glicemici e resistenza insulinemica.

• Riduce il rischio di sviluppare Alzheimer grazie alla presenza dell’oleocantale, la sostanza responsabile del gusto amarognolo

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Come fa l’olio di oliva di oggi a costare così poco?

«L’industria dell’olio non spreme più, ma importa a bordo di tir e navi cisterna e trasforma:

un chilo di olive tunisine costa ¼ di quelle pugliesi, ma se viene imbottigliato in Italia in etichetta possono riportare olio d’oliva italiano, da olive comunitarie (magari trascurando di dire che è stato manipolato, deodorato e profumato per correggere delle imperfezioni).

Tutto ciò danneggia olivicoltori, frantoiani e piccoli produttori che non possono competere con la slealtà di grandi aziende.»

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La dieta proclamata da Ancel Keys aveva una distribuzione settimanale di carne pari a 1 volta a settimana. Ad oggi, ogni europeo ne mangia circa 74 Kg l’anno!

Un consumo eccessivo di proteine animali, soprattutto carni rosse e lavorate, è correlato con un maggior rischio di sviluppare patologie quali ictus, malattie cerebrovascolari, malattie cardiovascolari, malattie respiratorie, diabete mellito, infezioni, malattie renali, malattie epatiche croniche e cancro, soprattutto quelli del colon-retto e del seno, aumentando la mortalità del 25%

(Red meat consumption is linked to higher risk of death from most major causes. BMJ 2017; 357 doi:

https://doi.org/10.1136/bmj.j2241 ).

CARNE

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• le carni rosse lavorate (wurstel, pancetta, prosciutto, salsicce, carne in scatola, …)

“certamente cancerogene” ad elevata pericolosità come il fumo di sigaretta e il benzene (classe 1 della classificazione dello IARC);

• le carni rosse “semplici” come

“probabilmente cancerogene”, insieme agli steroidi e alla cottura tramite frittura (classe

Nel 2015 l'International Agency for Research on Cancer (IARC), un'agenzia dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, ha definito:

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Com’è cambiata la carne oggi?

Qualitativamente l’alimentazione destinata agli animali è peggiorata.

Negli allevamenti intensivi vengono nutriti con:

• farine di carne e di pesce;

• grassi di origine animale;

• proteine animali derivate dalle interiora, dalle teste, dalle zampe e dalle piume;

• proteine animali di scarto e a basso costo (farine di sangue e di pesce).

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Tutti i pesci, a prescindere dalla percentuale di grassi e dalle calorie, sono ottime fonti di proteine ad alto valore biologico nonché di alcune vitamine del gruppo B, ma anche di Fosforo, Iodio e Sodio .

I pesci di maggior interesse nella prevenzione delle malattie cardiovascolari sono quelli ricchi di acidi grassi polinsaturi della serie Omega 3, precursori delle prostaglandine della serie 3 (PGI3), che hanno un’azione antitrombotica e

PESCE

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Oggi la richiesta di prodotti ittici non può essere soddisfatta solo con il pescato perché la fauna ittica sarebbe drasticamente impoverita (ogni anno perdiamo diverse specie che vanno in estinzione). A questo rischio fa fronte l'acquacoltura.

• A seconda del sistema di allevamento, i pesci presentano caratteristiche nutrizionali molto differenti: più si va verso allevamenti iper-intensivi peggiori sono le qualità in cui i pesci sono obbligati a vivere e peggiore sarà ciò che metteremo in tavola!

• La tipologia di alimentazione va dal pesce più piccolo alle farine animali (in realtà nei mangimi sono presenti entrambi, generalmente con una distribuzione al 50%), portando ad un’alterazione del rapporto (ottimale in quello marino) omega-3/omega- 6, rendendolo un cibo praticamente pro infiammatorio!

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• Negli allevamenti in vasche chiuse c’è il problema dell’affollamento: centinaia di pesci nuotano in un spazio ridottissimo, ritrovandosi a nuotare nei loro stessi liquami tra avanzi di cibo e pesci morti che diventano a loro volta nuovo cibo e veicolo d’infezione; la costituzione miocitaria pesci risulta povera, meno nutriente e meno resistente alle cotture

• Il pesce da acquacoltura estensiva rappresenta solo il 10% di tutto il pesce

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LEGUMI

I legumi sono poveri di grassi e ricchi di fibre, utili per l’intestino. Sono dotati di Fosforo, Calcio e Ferro. Freschi, sono ricchi di vitamina C. Sono considerati cibi antinfiammatori perché aiutano a controllare la risposta insulinica nel corpo; la resistenza insulinica, infatti, è stata connessa con l’aumento dell’infiammazione generale dell’organismo

Ai cereali mancano gli amminoacidi metionina e cisteina (aminoacidi limitanti).

Pasta e legumi rappresentano un esempio di abbinamento tipico della dieta mediterranea poiché gli aminoacidi di cui è carente la pasta vengono forniti dai fagioli (o altri) e viceversa

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Il problema attuale verso i legumi è che ne mangiamo pochi, anche se negli ultimi anni il trend è in crescita.

I più consumati sono i legumi in scatola, lessati e pronti per essere mangiati: rappresentano oltre il 60% (soprattutto fagioli e ceci), seguiti dai surgelati 37% (piselli) e da quelli secchi 12% (soprattutto lenticchie, poi fagioli e ceci).

Consumare quelli in scatola aumenta il rischio di venire a contatto con interferenti endocrini: BPA, Ftalati, PCB, HAP, Diossine

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FORMAGGI

• importanti fonti di Calcio (alleato delle ossa);

• tante proteine (dall’8% della ricotta fino ad oltre il 30% del parmigiano e del grana);

• importanti fonti di Fosforo (che completa l’azione del Calcio a favore dell’apparato scheletrico);

• importanti fonti di Potassio (determinante per la resa muscolare);

• importanti fonti di Zinco (indispensabile per il funzionamento di oltre 70 enzimi);

• vitamina A e B

Il contenuto in lipidi è variabile, a seconda del latte di partenza (scremato o intero), 8-20% nei formaggi magri, 20-42% in quelli semigrassi, oltre il 42% in quelli grassi.

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Il latte di mucca da allevamenti intensivi contiene:

• farmaci addizionati al mangime che si accumulano nelle loro carni e nel loro latte;

• erbicidi e pesticidi, usati per coltivare i mangimi per gli animali: anche questi si accumulano nel corpo degli animali;

Dato che sono cresciute sia le richieste della carne sia quelle di latte e formaggio, gli allevamenti intensivi non generano solo tanta carne, ma anche tanto oro bianco!

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FRUTTA E VERDURA

Ogni frutto e ortaggio possiede, se coltivato e raccolto nel giusto periodo, una certa composizione caratteristica e per questo motivo si consiglia di mangiarne quante più varietà possibili.

Il consumo di frutta (anche secca) e ortaggi garantisce l’apporto di sostanze nutrienti come vitamine e minerali, e allo stesso tempo riduce l’apporto calorico della dieta, poiché frutta e ortaggi contengono molta acqua, poche calorie e la fibra ha un effetto saziante.

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I prodotti ottenuti in serra vengono spesso velocizzati nella crescita attraverso ingenti quantità di fertilizzanti a base di nitrati che, una volta nel nostro organismo, possono trasformarsi in nitriti, dannosi a vari livelli per la salute.

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Attraverso le neuroscienze (analizzando risonanza magnetica funzionale e l’elettroencefalografia) sono state studiate le aree cerebrali del consumatore a cui sono associati comportamenti e scelte inconsapevoli.

La pubblicità, le ricerche di mercato, l’ ingegneria, chimica , il posizionamento sugli scaffali sono frutto del «Corporate Storytelling»: si punta ad emozionare il consumatore attraverso musica, immagini e messaggi che vogliono creare un legame emotivo col prodotto.

Benjamin Franklin fu il primo grande pubblicitario…già nel 1700!

NEUROMARKETING

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• L’industria del gusto ha costruito in laboratorio specifici alimenti per incontrare il favore del pubblico.

• Gusto, olfatto, vista, tatto sono tutti stimolati, ingannando le sensazioni di fame e sazietà

• Dipendenza da zucchero! (Le bevande a zero calorie sono l’esempio più lampante)

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In Europa si stima che ogni anno siano scartati 89 milioni di tonnellate di alimenti.

Il cibo viene sprecato a qualsiasi stadio della catena alimentare.

A livello mondiale, tra gli alimenti che vengono gettati freschi o non cotti:

• frutta (51,2%);

• verdura (41,2%);

• formaggi (30,3%);

• pane fresco (27,8%);

• latte (25,2%);

• yogurt (24,4%);

• salumi (24,4%).

SPRECO ALIMENTARE

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Il cibo non deve solo tutelare la salute del singolo, ma deve essere anche rispettoso dell’ambiente.

Gli allevamenti intensivi sono responsabili del 14,5% delle emissioni globali di gas serra. L’attuale produzione di cibo è responsabile del 21% delle emissioni totali di gas serra con conseguente cambio climatico.

La cultura del cibo porta alla consapevolezza, la consapevolezza del cibo deve guidare le nostre scelte. Ma siamo noi che scegliamo cosa compriamo o siamo “guidati”?

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“il primo passo verso il cambiamento è la consapevolezza, il secondo passo è l'accettazione, il terzo passo è l'azione”.

Dobbiamo riappropriarci del cibo che nutre attraverso le scelte consapevoli. Il tempo impiegato per leggere le etichette e scegliere dove fare la spesa non è perso, ma investito in salute per noi e per il pianeta.

LA DIETA INIZIA QUANDO FACCIAMO LA SPESA!

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• Mangiare meno: se riducessimo del 20% le calorie che in media assumiamo aumenteremmo l’aspettativa di vita media del 30%;

• Fare una lista preventiva della spesa: questo permette di non far mancare nulla nella settimana, riduce i tempi della spesa e diminuisce la quantità di cibo che buttiamo!

• La frutta e la verdura biologica a km0 sono

COSA FARE?

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• Quando possibile, scegliere quei prodotti tutelati dai seguenti marchi comunitari: DOP, IGP, STG

• Cereali: attenzione ai falsi cibi integrali; preferire prodotti che hanno subito essicazione a lenta e bassa temperatura perché non altera la struttura del glutine e il colore della semola e risparmia la perdita di lisina, amminoacido essenziale.

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• Olio: preferire quello dei piccoli produttori che lo lavorano a freddo (in fase di lavorazione non deve superare la temperatura di 27 gradi); attenzione alla qualità delle olive (leggiamo in etichetta la campagna di raccolta)

• Carni: optare per le biologiche, in quanto gli animali hanno più libertà di pascolare, sono meno esposti all’uso di antibiotici ed hanno di conseguenza una migliore qualità di

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• Pesce: prediligere il pescato (quello allevato ha caratteristiche nutrizionali differenti dall’ «originale») rispettandone la stagionalità e scegliendolo di piccola taglia

• Legumi: aumentare le varietà consumate (di fagioli ce ne esistono circa 18)

• Formaggi: consumarli come alternativa di secondo, non come aggiunta al pasto

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Frutta e verdura:

• Rispettare la stagionalità

• Preferire prodotti a km 0 e comunque italiani

• Prediligere prodotti biologici o da agricoltura integrata

• Non cercare la perfezione estetica in frutta e verdura

• Preferire frutta e verdura fresca a prodotti di quarta gamma

• Consumare la frutta a colazione e negli spuntini, la verdura negli spuntini e ai

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Quando parliamo di dieta mediterranea non ci riferiamo solo al cibo.

Le testimonianze delle popolazioni centenarie dimostrano come una vita attiva ed un’attività fisica ben programmata siano una delle chiavi per invecchiare bene e a lungo

Numerose evidenze scientifiche dimostrano che l’inattività fisica è causa rilevante dello sviluppo di malattie cardiocircolatorie, obesità, diabete, depressione, diversi tipi di tumori e della mancata autosufficienza dell’anziano.

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NUTRIRE LA SALUTE CON LA DIETA MEDITERRANEA

Mangiare bene è solo metà della mela…l’altra è rappresentata dal movimento!

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