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2.1. L'agricoltura, settore economico fondamentale per i PECO

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Parere del Comitato economico e sociale in merito alle «Implicazioni per la PAC dell'adesione dei PECO» (97/C 75/02)

Il 22 febbraio 1995, conformemente al terzo comma dell'articolo 23 del proprio Regolamento interno, il Comitato economico e sociale ha deciso di elaborare un parere in merito alle «Implicazioni per la PAC dell'adesione dei PECO».

Il Comitato «Agricoltura e pesca», incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo del relatore Bastian, in data 5 novembre 1996.

Il Comitato economico e sociale ha adottato il 18 dicembre 1996, nel corso della 341a sessione plenaria, con 87 voti favorevoli, 9 contrari e 23 astensioni, il seguente parere.

1. Introduzione

1.0.1. L'Unione europea ha concluso una serie di accordi, detti «Accordi europei», con i paesi associati dell'Europa centrale ed orientale (PECO). Nel 1993 il Consiglio europeo ha convenuto che i paesi associati che lo desiderino potranno aderire all'UE non appena saranno in grado di assumere gli obblighi connessi all'adesione.

1.0.2. Come ha già osservato in un precedente parere (1), il Comitato ritiene che l'allargamento dell'UE ai PECO che desiderino aderire sia un'«occasione storica» da cogliere per riunire all'interno di una vera «casa comune» tutti i popoli europei, consolidare durevolmente la stabilità e la prosperità del continente europeo e rafforzare l'influenza politica, economica, sociale e culturale dell'Europa (in senso lato) nel mondo.

1.0.3. Nell'interesse dell'UE e degli stessi PECO, è necessario che l'UE, prima di lanciarsi nei negoziati di adesione, rinnovi le sue procedure istituzionali, non più adatte ad un numero di Stati in continuo aumento. A questo proposito, il Comitato ricorda l'importanza della Conferenza intergovernativa in corso. Nella prospettiva dell'allargamento ai PECO, il Comitato sottolinea inoltre la necessità che il passaggio alla moneta unica avvenga nel rispetto delle condizioni e del calendario previsti dal Trattato di Maastricht.

2. Sdrammatizzare l'impatto dell'adesione dei PECO sulla PAC

2.0.1. Particolare attenzione va prestata all'integrazione del settore agricolo dei PECO, specie per l'elevata percentuale di popolazione agricola attiva di questi paesi. Il Comitato richiama l'attenzione anche sugli altri settori economici (industrie, servizi, ecc.) che dovranno colmare un divario notevole rispetto all'UE.

2.1. L'agricoltura, settore economico fondamentale per i PECO

2.1.1. L'agricoltura è un settore essenziale nell'economia dei PECO. In molti casi domina ancora la loro economia, proprio come dominava quella degli Stati membri dell'UE alla fine della seconda guerra mondiale. In media (1993), nei PECO oltre il 25 % della popolazione attiva, ovvero 9,5 milioni di addetti, lavora nel settore agricolo, contro il 6 % dell'UE (pari a 8 milioni di persone), con un peso medio dell'agricoltura nel PIL pari all'8 % circa.

2.2. Un'agricoltura da ricostruire

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2.2.1. Dal dopoguerra fino alla metà degli anni '80, il tasso di aumento della produzione vegetale e animale nei PECO è stato generalmente comparabile a quello dell'UE, anche se ad un livello appena inferiore. Successivamente, la produzione ha cominciato a stagnare, probabilmente a causa della flessione degli investimenti registrata in questi paesi, e si è creato un divario sempre maggiore rispetto all'UE.

2.2.2. Dopo il 1989 la produzione dei PECO ha subito un brusco crollo e la loro bilancia commerciale agricola si è deteriorata.

2.2.3. Tra il 1989 e il 1994, in media la quota dell'agricoltura nel PIL dei PECO si è dimezzata. Le ragioni di tale declino (crollo della domanda interna, perdita dei mercati esteri, alti tassi di inflazione e instabilità monetaria, compressione dei prezzi, difficoltà nella privatizzazione delle terre, investimenti insufficienti, condizioni atmosferiche avverse, problemi strutturali, eccesso di manodopera, carenze a valle) sono illustrate in dettaglio nell'Allegato C. Qui basti sottolineare che questi fattori rappresentano per i PECO gravi handicap che devono superare per ricostruire la propria agricoltura.

2.2.4. Dal 1994 si rileva una ripresa della produzione, ma l'agricoltura dei PECO sembra registrare ancora un ritardo considerevole rispetto a quella dell'UE.

2.2.5. Durante il collettivismo l'agricoltura faceva parte dell'economia pianificata. La totale assenza di orientamento dei prezzi in funzione del mercato, insieme alla collettivizzazione delle terre, ha ritardato l'evoluzione tecnica e la creazione di strutture agricole moderne. Analogamente, l'offerta agroalimentare dei PECO oggi non risponde alle nuove esigenze di consumo della popolazione.

2.2.6. Considerata nel suo insieme (2), l'agricoltura dei PECO sembra articolarsi intorno a due poli:

- da una parte, aziende inefficienti e di dimensioni eccessive, retaggio dell'epoca della collettivizzazione delle terre (che sono ancora la maggioranza in Bulgaria, nella Repubblica ceca e in Slovacchia), che hanno spesso un impatto negativo sull'ambiente (erosione del suolo, inquinamento delle acque da fertilizzanti chimici e da liquame, ecc.);

- dall'altra, piccole aziende orientate verso un'agricoltura di semisussistenza (soprattutto in Polonia e in Romania).

2.2.7. Perché l'agricoltura dei PECO raggiunga un livello di produttività analogo a quello dell'UE e consente alle persone occupate in agricoltura di ottenere redditi di livello più o meno comparabile a quello degli agricoltori dell'UE, sarà necessario:

- investire tempo e capitali (necessari non solo per la privatizzazione delle terre e per l'ammodernamento delle aziende e delle strutture a valle, ma anche per il miglioramento delle rese);

- incoraggiare la formazione di aziende agricole sane e vitali, se fa testo l'esperienza dell'UE. Il miglioramento della produttività reale della manodopera non è semplicemente una questione di resa, ma dipende anche da una scelta sociostrutturale che riguarda il riassetto delle aziende e l'evoluzione della popolazione attiva agricola. Il Comitato insiste quindi sull'importanza del piano sociale che, dopo l'adesione, dovrà accompagnare la ristrutturazione delle aziende agricole nei PECO, paesi che già adesso registrano elevati tassi di disoccupazione.

2.3. Il commercio agroalimentare tra i PECO e l'UE evidenzia uno squilibrio

2.3.1. Dopo il crollo del Comecon, in cui si concentrava il 60 % dei loro scambi agroalimentari, i PECO hanno cercato di sviluppare gli scambi con l'UE.

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2.3.2. Nell'intento di aiutare i PECO nella transizione verso l'economia di mercato, a partire dal 1990/1991 l'UE ha proceduto ad una prudente liberalizzazione degli scambi con tali paesi, caratterizzata dalla progressiva apertura delle quote d'importazione dei prodotti agricoli da una parte, e dall'altra, da un'apertura asimmetrica a beneficio dei PECO, conformemente agli accordi europei.

2.3.3. Tali accordi, inizialmente concepiti per favorire i PECO, si sono rivelati ben presto (1992) vantaggiosi per l'UE, a causa del crollo della produzione nei PECO e dell'inadeguatezza dei loro prodotti alle norme e alla domanda dell'Europa occidentale.

2.3.4. Dal 1992 la bilancia agroalimentare dei PECO con l'UE è in deficit. Il saldo positivo dell'UE è stato di 119 MECU nel 1992, 830 MECU nel 1993 e 825 MECU nel 1994, ed in base alle ultime stime disponibili (Eurostat) ammonterebbe a oltre 1 000 MECU nel 1995.

2.3.5. I PECO occupano ancora una posizione di secondo piano negli scambi agroalimentari dell'UE (8 % delle esportazioni e 5 % delle importazioni), che è comunque il loro principale partner commerciale. Dal 1994 i PECO hanno iniziato a sfruttare meglio i contingenti tariffari previsti dagli Accordi europei, anche se tuttora non si avvalgono di tutte le possibilità offerte da questi.

2.3.6. Attualmente gli scambi con i PECO hanno un impatto commerciale significativo per i produttori agricoli dell'UE solo in alcuni comparti specifici: funghi, ciliegie e altri frutti di bosco, frutti a guscio.

2.4. Relativizzare l'impatto dell'adesione dei PECO sulla PAC 2.4.1. Il potenziale agricolo dei PECO va relativizzato

2.4.1.1. Il Comitato invita a diffidare di ogni descrizione esagerata e semplicistica dell'agricoltura dei PECO.

2.4.1.2. È tuttavia incontestabile che certe regioni dell'Ungheria e della Romania sono favorite dal punto di vista agronomico, soprattutto per la produzione di semi oleosi, prodotti proteici ed ortaggi, ed è altrettanto incontestabile che il bacino del Danubio e le pianure dei Carpazi in passato sono state grandi zone di produzione cerealicola.

2.4.1.3. Tali dati non sono però sufficienti per pronosticare che i PECO saranno grandi potenze agricole in futuro. Occorre infatti la compresenza di numerosi fattori (capitali, formazione della manodopera, contesto economico, giuridico e fiscale favorevoli, politica agricola adeguata, soprattutto in materia di prezzi, spirito imprenditoriale, creazione di un apparato produttivo agroalimentare efficace, ecc.) perché un «potenziale» diventi «realtà».

2.4.1.4. Nel caso in esame, anche se indubbiamente il potenziale esiste, i PECO sono ben lontani dal soddisfare tutte le condizioni sopraelencate, perciò è difficile prevedere l'evoluzione a medio termine della loro agricoltura, tanto più che le statistiche a disposizione non sempre sono attendibili.

2.4.1.5. La Commissione stessa lo riconosce nel documento sulla strategia agricola (3) adottato il 29 novembre 1995. Il Comitato accoglie con favore il lavoro svolto dalla Commissione, in quanto il Libro bianco rappresenta a tutt'oggi l'unico studio prospettico completo realizzato sui dieci PECO.

Il Comitato raccomanda di fare riferimento al Libro bianco per valutare il possibile impatto dell'allargamento e approfitta del presente parere per riportare le principali proiezioni elaborate

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dalla Commissione.

2.4.2. Proiezioni relative alle produzioni animali

2.4.2.1. Secondo la Commissione, i PECO dovrebbero:

- presentare un deficit nella produzione suina nel 2000 e raggiungere appena l'autosufficienza nel 2010;

- registrare un notevole sviluppo nella produzione bovina dopo il 2000 e produrre eccedenze strutturali che li porterebbero ad accumulare stock ben presto insostenibili per l'UE allargata;

- tornare ad essere esportatori netti di prodotti lattiero-caseari nel 2000, producendo a questa data un'eccedenza di 1,7 milioni di tonnellate equivalenti di latte. Tale eccedenza si stabilizzerebbe intorno ai 2 milioni di tonnellate nel 2005 se i PECO iniziassero ad applicare un

sistema di quote nel 2000;

- presentare una lieve eccedenza nella produzione di pollame tra il 2005 e il 2010.

2.4.3. Proiezioni relative alle produzioni vegetali 2.4.3.1. Secondo la Commissione, i PECO dovrebbero:

- presentare un'eccedenza di 11 milioni di tonnellate di cereali entro il 2010, se applicassero la messa a riposo a partire dal 2000 (di 18 milioni di tonnellate in caso contrario), ossia il doppio dell'eccedenza esportabile di 6 milioni di tonnellate di cui già dispongono in base al raccolto 1995;

- produrre 5 milioni di tonnellate di semi oleosi nel 2000, dato che questa produzione è l'unica che a quella data supererà il livello del 1989. (L'UE è infatti deficitaria in questa produzione);

- permanere deficitari nel settore dello zucchero se nel 2000 entrassero a far parte di un sistema di quote ad un livello appena superiore alla produzione pronosticata per quell'anno.

2.4.4. Commenti sulle proiezioni della Commissione

2.4.4.1. In linea generale il Comitato ritiene che, come mostrano le proiezioni della Commissione, questi paesi avranno meno difficoltà a sviluppare nuovamente le produzione vegetali che a rilanciare l'allevamento, dopo il brusco choc recessivo che la soppressione del collettivismo ha inflitto alla loro agricoltura dal 1989 in poi.

2.4.4.2. I cereali infatti sono più facili da produrre e le aziende cerealicole possono essere ammodernate velocemente, come dimostra l'esempio dell'ex RDT, che oggi presenta rese di cereali altrettanto elevate che nel resto dell'UE. Il rilancio delle produzioni animali nei PECO sarà un processo più complesso, che richiederà tempo, capitali ed una reale volontà imprenditoriale da parte degli agricoltori di tali paesi. Anche qui, la forte riduzione della produzione animale nel territorio dell'ex RDT può essere citata come esempio significativo.

2.4.4.3. Il Comitato sottolinea il fatto che la Commissione, per elaborare le proiezioni, parte da un'ipotesi d'ampliamento accelerato: adesione simultanea dei dieci PECO nel 2000 (cosa che pare tecnicamente impossibile), status quo della PAC fino al 2010 (mentre dagli anni '80 la PAC viene adattata più o meno ogni 4 anni); periodo per l'allineamento dei prezzi troppo breve (solo 5 anni, mentre sarebbero senz'altro necessari 10 anni per evitare una crisi inflazionistica e una dilatazione sproporzionata delle produzioni rispetto all'evoluzione dei mercati) e uguale per tutti i settori (malgrado situazioni molto eterogenee).

2.4.4.4. Tenuto conto degli elementi di cui al punto 2.5 e considerate proprio le conclusioni cui giunge la Commissione, il Comitato puntualizza che l'ipotesi di lavoro è poco realistica e che perciò

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rimarrà allo stadio di ipotesi. Il Libro bianco ha tuttavia il merito di mostrare la diversità dei possibili impatti dell'adesione dei PECO sulle organizzazioni comuni di mercato dell'UE.

2.4.4.5. Nell'insieme, il Comitato è dell'idea che l'UE non debba temere uno scenario catastrofico, ossia l'esplosione della produzione agricola nei PECO. Per quanto riguarda il 2000, sulla scorta delle conclusioni del Libro bianco della Commissione, il Comitato è quindi dell'idea che la pressione dell'eventuale adesione di alcuni PECO a quella data non renderà necessaria una riforma radicale della PAC, pur senza escludere che nel frattempo possano intervenire adattamenti settoriali.

2.4.4.6. Ciononostante, è chiaro che a termine il potenziale produttivo dei PECO in alcuni settori di base (cereali, carni bovine, latte, pollame) potrebbe generare squilibri nei mercati comunitari dopo l'allargamento. Il Comitato ritiene che ciò meriti un'attenzione particolare in sede di negoziati di adesione e che l'UE debba tener conto di questo fattore nel portare avanti la riforma della PAC avviata nel 1992 (cfr. 2.5).

2.4.5. Anche il rapporto competitività-prezzo dei prodotti agricoli dei PECO va relativizzato 2.4.5.1. Sebbene qualsiasi confronto sia difficile, è evidente che oggi, nella grande maggioranza dei casi, i prezzi alla produzione dei PECO sono inferiori a quelli dell'UE (anche del 50 %). Sembra tuttavia che i prezzi di alcuni prodotti comincino ad avvicinarsi, e talvolta a superare, i cosiddetti prezzi «mondiali».

2.4.5.2. È difficile farsi un'idea precisa dei costi di produzione nei PECO. È tuttavia probabile, tenendo conto dell'abbondanza di manodopera a basso costo e della minore pressione esistente sul patrimonio fondiario, che nel prossimo futuro i costi di produzione nei PECO restino inferiori a quelli dell'UE.

2.4.5.3. I costi legati alla trasformazione e alla commercializzazione dei prodotti sono invece estremamente elevati, per via del carattere obsoleto dell'apparato produttivo agroalimentare dei PECO e dell'inadeguatezza dei loro metodi di commercializzazione. La notevole entità dei costi «a valle», per una qualità che è inferiore a quella dei prodotti dell'UE, accresce notevolmente il prezzo dei prodotti alimentari dei PECO rendendoli molto meno competitivi sotto il profilo del consumo e dell'esportazione.

2.4.6. È inoltre opportuno relativizzare il costo dell'allargamento per la PAC

2.4.6.1. Le incidenze finanziarie dell'allargamento hanno formato oggetto di stime molto disparate.

Alcuni esperti non hanno esitato a prevedere la necessità di un raddoppio del bilancio della PAC dopo l'ampliamento.

2.4.6.2. Stando all'ipotesi della Commissione, il costo annuale dell'estensione della PAC nella sua forma attuale ai PECO sarebbe di 12 miliardi di ECU (sarebbe cioè necessario incrementare di oltre un terzo il bilancio comunitario del settore agricolo, secondo una proiezione a 15) a partire dal 2010.

2.4.6.3. Tale costo potrebbe essere dimezzato se si modificassero alcuni dei parametri su cui poggia l'ipotesi della Commissione, come il calendario d'adesione dei PECO e l'applicazione ai PECO dei pagamenti compensativi (che non paiono giustificati per tali paesi, in cui i prezzi agricoli dovrebbero aumentare - e non diminuire - in caso d'estensione della PAC).

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2.4.6.4. In realtà il costo effettivo dell'estensione della PAC ai PECO dipenderà da una molteplicità di fattori: l'evoluzione dei prezzi mondiali e delle fluttuazioni monetarie internazionali, l'evoluzione interna dell'UE (cfr. 2.5), la situazione macroeconomica dei PECO al momento dell'adesione (disoccupazione, tenore di vita, andamento del consumo interno, ecc.), la ripresa degli scambi dei PECO con la CSI, lo sfruttamento del proprio potenziale agricolo da parte dei PECO, i livelli di prezzi che saranno loro garantiti, l'erogazione o meno di pagamenti compensativi, le modalità degli aiuti diretti di cui beneficeranno.

2.4.6.5. Il Comitato ritiene quindi che i costi finanziari dell'allargamento per il FEAOG - garanzia, seppur preoccupanti, non vadano considerati un ostacolo all'adesione. A prescindere dalle condizioni dell'allargamento, i PECO resteranno per molti anni beneficiari netti del bilancio europeo. Occorrerà perciò tenerne conto nel predisporre le nuove prospettive di bilancio dell'UE dopo il 1999. Per quanto riguarda il settore agricolo, il Comitato ricorda inoltre che una delle principali sfide legate all'allargamento dell'UE consiste nell'aiutare i PECO a ristrutturarsi, ad armonizzare le normative e a migliorare la qualità dei loro prodotti. Per far ciò l'UE deve applicare ai PECO una politica agricola e strutturale adatta alle loro esigenze. Anche se la politica strutturale dell'UE non rientra nel campo di studio del presente parere, il Comitato invita a riflettere accuratamente sull'estensione dei fondi strutturali ai PECO. A suo giudizio, si è focalizzata eccessivamente l'attenzione sul costo dell'allargamento per il FEAOG - garanzia, tralasciando questa grande sfida legata all'allargamento.

2.4.7. Gli impegni assunti dall'UE nel quadro dell'Uruguay Round destano maggiore preoccupazione 2.4.7.1. Il nodo principale risiede nell'impegno a limitare le esportazioni sovvenzionate, assunto nel quadro dell'Uruguay Round sia dall'UE, sia dai PECO.

2.4.7.2. I prodotti agricoli dei PECO vedrebbero infatti aumentare il proprio valore se beneficiassero degli attuali prezzi garantiti dell'UE. Con l'aumento indotto della produzione e le eccedenze previste dalla Commissione (cfr. 2.4.2 e 2.4.3), l'UE allargata non sarebbe in grado di rispettare gli impegni assunti in ambito GATT, visto che numericamente essi corrisponderebbero alla somma di quelli dei 15 Stati membri attuali e di quelli dei PECO. È allora prevedibile un superamento dei contingenti per le esportazioni sovvenzionate (molto modesti nel caso dei PECO) anche se la produzione dei PECO restasse al di sotto del suo potenziale.

2.4.7.3. Un'ulteriore difficoltà deriva dall'impegno a limitare la propria Misura globale di sostegno (MGS) interna assunto dai firmatari dell'Accordo di Marrakesh.

2.4.7.4. Se l'UE permettesse ai PECO di beneficiare di tutti i pagamenti compensativi decisi nel 1992, rischierebbe di non essere più coperta dalla «clausola di pace» contenuta nell'Accordo di Marrakech (articolo 13) e valida fino al 2003. Conformemente a questa clausola infatti, gli aiuti diretti della PAC non possono essere impugnati dinanzi all'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) finché i programmi comunitari non forniranno a determinati prodotti un sostegno di livello superiore a quello deciso nella campagna di commercializzazione 1992.

2.4.7.5. Se l'allargamento ai PECO fosse effettuato in blocco e applicando livelli di prezzi istituzionali e di aiuti diretti pari a quelli dell'UE sorgerebbero senz'altro due grossi ostacoli tecnici.

2.4.7.6. Il Comitato, tuttavia, ritiene che i due ostacoli vadano analizzati alla luce degli elementi che seguono:

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- il calendario previsto per il nuovo allargamento dovrebbe coincidere con la fine del periodo d'applicazione dell'accordo agricolo dell'Uruguay Round e con l'avvio dei nuovi negoziati commerciali internazionali. L'UE dovrà pertanto tener conto del peso dell'agricoltura dei PECO nel negoziare i suoi impegni futuri in materia di MGS e di esportazioni sovvenzionate. Per i paesi che avessero aderito all'UE entro quella data, l'Unione dovrà, segnatamente, chiedere l'indicizzazione rispetto all'ECU dei riferimenti espressi dai PECO in valore ed in moneta nazionale nell'accordo di Marrakech (1994), in modo da tener conto dell'inflazione e della svalutazione subite da quel momento in poi dalle divise di tali paesi. Il vincolo del GATT sarà dunque rivisto alla luce di tali nuovi negoziati;

- il vincolo del GATT sarà tanto più sopportabile se l'UE negozierà con i PECO forme di sostegno comprese nella cosiddetta «green box»;

- tenuto conto delle modalità d'adesione raccomandate dal Comitato (cfr. 3.3), non è sicuro che le produzioni dei PECO creino eccedenze (surplus esportabili) di proporzioni pari a quelle indicate nel Libro bianco della Commissione;

- la Commissione riconosce, inoltre, che tali eccedenze saranno comunque relativamente modeste rispetto a quelle che prevede a termine (2000-2010) per la sola UE a quindici. Date le circostanze, a parere del Comitato, la prospettiva dell'integrazione dei PECO influirà solo in misura marginale sulle future ristrutturazioni della PAC, che saranno essenzialmente frutto dell'evoluzione attualmente in corso nell'UE;

- la situazione dell'UE riguardo ai futuri negoziati varierà anche in funzione dell'andamento dei prezzi al suo interno da qui al 1999.

2.4.7.7. Non si tratterà, insomma, tanto della compatibilità dell'estensione della PAC ai PECO con gli accordi del GATT, quanto della compatibilità della PAC con una maggiore liberalizzazione delle politiche agrarie e degli scambi agricoli a livello internazionale.

2.5. L'adesione dei PECO è uno dei tanti fattori che influenzano l'evoluzione della PAC

2.5.1. L'allargamento verso est causerà indiscutibilmente un'evoluzione della PAC, ma non per questo può essere isolato da altri fattori «interni» altrettanto importanti per il futuro della politica agricola comune:

- la riforma della PAC del 1992 deve essere ancora completata nei settori del vino e del riso;

- il Comitato prevede che l'attuale crisi dell'encefalopatia spongiforme bovina indurrà in tempi brevi una riforma strutturale dell'OCM «carni bovine» nel senso di un controllo più rigoroso e più duraturo della produzione; la Commissione ha anche dichiarato di voler formulare proposte per il settore lattiero-caseario nel 1997;

- per il 2010, il partenariato euromediterraneo creato e confermato dal Consiglio europeo di Cannes (giugno 1995) prevede l'instaurazione di una zona di libero scambio tra i paesi firmatari che ovviamente comprenderebbe anche i prodotti agricoli;

- per ragioni connesse soprattutto all'andamento del mercato mondiale e alla fissazione del tasso di messa a riposo delle terre nell'UE, nel settore cerealicolo non si è verificato il previsto calo dei prezzi su cui si fondava la riforma del 1992; l'UE ha già avviato riflessioni sul futuro della politica agricola nel settore e sulla sua strategia nei confronti dei mercati internazionali dei cereali;

- le prospettive finanziarie dell'UE giungono a scadenza nel 1999 e dovranno essere riviste tenendo conto delle priorità che l'UE avrà fissato e in un contesto di austerità di bilancio;

- la prospettiva dei negoziati commerciali in seno all'OMC, che riprenderanno nel 1999, costringe a riflettere sulle diverse strategie possibili per conformarsi agli obblighi imposti dal GATT, in particolare per quanto riguarda la capacità dell'UE di esportare senza l'ausilio di sovvenzioni, per

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esempio nei settori dei cereali, dei prodotti lattiero-caseari, del pollame e, seppure in misura inferiore, delle carni bovine.

2.5.2. Per quanto riguarda il punto precedente, il Comitato nota tuttavia che gli obblighi GATT che gravano sull'UE sono stati alleviati dal sottoutilizzo della dotazione annua di sovvenzioni all'esportazione (in termini di volume) autorizzata dall'Accordo agricolo dell'Uruguay Round. Il fenomeno è rilevabile non solo nel settore cerealicolo, ma anche delle carni bovine e suine e dei formaggi: oggi quindi l'UE dispone di un «credito» che può essere riportato sino al 2000.

2.5.3. La situazione è comunque transitoria. Il Comitato ricorda che la Commissione si è dichiarata favorevole al proseguimento della riduzione dei prezzi avviata nel 1992, al fine di migliorare la competitività dei prodotti agricoli di base dell'UE. Secondo il Comitato, il problema si pone in modo meno acuto per i prodotti agricoli trasformati, per i quali il dinamismo dei circuiti di commercializzazione e la qualità sono decisivi ai fini dell'esportazione.

2.5.4. Il dibattito sull'evoluzione della PAC è dunque aperto, che i PECO aderiscano o meno.

3. Inviare ai PECO un segnale di realismo politico

3.1. Rimandare a lungo termine la loro adesione non è una buona strategia per l'UE

3.1.1. In ogni caso, detta strategia non aiuterà certo l'UE a far progredire la PAC per quanto riguarda i fattori precedentemente elencati (cfr. 2.5).

3.1.2. Il Comitato ritiene che la tentazione della fuga in avanti potrebbe addirittura rivelarsi contraria ai suoi interessi e a quelli dei PECO.

3.2. L'UE e i PECO devono concepire la PAC nello stesso modo

3.2.1. Oltre alla gestione equilibrata dei mercati agricoli, la PAC persegue altri obiettivi: sicurezza alimentare, mantenimento dei posti di lavoro in agricoltura, rispetto e gestione sostenibile dell'ambiente,

equilibrio delle zone rurali, ecc.

3.2.2. L'approccio dei PECO alla PAC non deve passare solo per il mercato. L'UE deve associarli alla visione multifunzionale che ha della propria agricoltura: grazie a tutte le sue funzioni (economica, sociale, di occupazione del territorio, ambientale) l'agricoltura si presta magnificamente a valorizzare gli spazi agricoli e rurali. Affinché anche i PECO condividano tale visione, il Comitato raccomanda all'UE di associarli più strettamente possibile al funzionamento della PAC già prima dell'adesione (tramite scambi tra funzionari, parti sociali e rappresentanti di categorie, meccanismi di «dialogo strutturato», ecc.).

3.3. La base di qualsiasi negoziato di adesione rimane l'adozione dell'acquis (patrimonio normativo) comunitario

3.3.1. I PECO devono accettare i principi ispiratori della PAC

3.3.1.1. Il processo di allargamento potrebbe entrare in fase di stallo se i PECO chiedessero all'UE, come premessa ai negoziati d'adesione, di prendere decisioni categoriche sull'orientamento della

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PAC. D'altronde non lo fanno appunto perché è chiaro anche per loro che la PAC dovrà comunque cambiare.

3.3.1.2. Il realismo politico porta dunque a inserire l'adesione dei PECO nel quadro della PAC in vigore al momento dell'adesione seguendo il principio dell'adozione dell'«acquis» (patrimonio normativo) comunitario, un postulato di partenza su cui l'UE e i PECO dovranno raggiungere un accordo.

3.3.2. Saranno necessari periodi di transizione

3.3.2.1. L'agricoltura dei PECO è separata da quella dell'UE da un grosso divario. Sarà impossibile per i PECO assumere simultaneamente tutti gli obblighi derivanti dalla PAC in materia di norme di qualità, norme ambientali e controllo delle produzioni. Per di più, per le imprese di tali paesi sarà assai difficile reggere la concorrenza delle industrie agroalimentari dell'Europa occidentale (ciò vale anche per altri settori).

3.3.2.2. Sarà quindi necessario prevedere dei periodi di transizione prima che i PECO possano far propri tutti i meccanismi della PAC, garantire il rispetto dei diritti e dei doveri che ne derivano e accedere liberamente al mercato unico. Ciò vale anche per altri settori economici, nei quali sia l'UE che i PECO chiederanno certamente l'applicazione di periodi di transizione. Alla realizzazione immediata del mercato unico con i PECO si frappongono diversi ostacoli (normativa sociale, salvaguardia dei posti di lavoro, lotta contro la criminalità, ecc.).

3.3.2.3. Questi periodi di transizione, di durata variabile (potranno essere abbreviati in funzione dei progressi compiuti), vanno fissati in funzione del paese e del settore in esame. Grazie a loro i PECO disporranno del tempo necessario ad adattare le proprie strutture agricole e di tappe ben definite per la convergenza delle rispettive politiche agricole con la PAC (abbassamento programmato dei dazi doganali, progressiva sostituzione degli aiuti statali con aiuti comunitari, ecc.). Nel frattempo la PAC continuerà ad evolversi.

3.3.2.4. La transizione sarà caratterizzata in particolare, come già nel caso della Grecia, della Spagna e del Portogallo, dall'istituzione di Importi Compensativi «Adesione» (ICA) e dal ricorso a Meccanismi Complementari agli Scambi (MCS), in modo da annullare progressivamente le differenze tra i prezzi dell'UE a 15 (4) e quelli dei nuovi Stati membri (abbassando i prezzi occidentali, aumentando quelli dei PECO, oppure entrambe le soluzioni). La procedura relativa all'agricoltura potrà essere adattata anche ad altri settori. Essa dovrà tenere conto delle fluttuazioni monetarie, specie nei PECO, onde evitare i possibili effetti perturbatori sui mercati agricoli.

3.3.3. Un sostegno appropriato

3.3.3.1. Secondo questo scenario, durante il periodo di transizione i PECO beneficerebbero di prezzi istituzionali di livello corrispondente alla loro situazione. È inopportuno prospettare ai PECO una risalita dei loro prezzi agricoli fino ai livelli vigenti attualmente nell'UE a 15. Nel settore cerealicolo, per esempio, la tutela dei consumatori esclude qualsiasi impennata nel prezzo del pane. Nei PECO, quindi, va innanzi tutto introdotto un meccanismo di stabilizzazione dei prezzi, più necessario agli agricoltori di tali paesi che non un aumento dei prezzi. La stabilizzazione all'inizio potrebbe effettuarsi intorno ai livelli dei prezzi mondiali che in molti casi sono ancora superiori a quelli dei PECO. Uno scenario siffatto può essere compatibile con gli strumenti della PAC attuale. Durante il periodo di transizione i PECO manterrebbero tutte le possibilità di esportare nei paesi terzi senza

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ricorrere a restituzioni. Al termine di tale periodo, l'obiettivo sarà ovviamente l'allineamento dei prezzi dei PECO che avranno aderito a quelli istituzionali dell'UE a 15 (cfr. 3.3.2.4).

3.3.3.2. Senza dover sopportare l'onere supplementare degli impegni presi in ambito GATT (cfr.

2.4.7), i quindici si vedrebbero quindi concedere il tempo necessario per trovare un accordo sui modi per conservare la competitività sui mercati mondiali.

3.3.3.3. Per il futuro emergono due tendenze: la liberalizzazione dei prezzi agricoli europei, con un maggiore sganciamento del sostegno dalla produzione, e la conferma del controllo della produzione come strumento duraturo di gestione dei mercati per l'UE.

3.3.3.4. Secondo il Comitato, se al momento della loro adesione il controllo della produzione sarà ancora strumento di gestione dei mercati, i PECO dovranno accettare di farsi carico della loro parte di detto controllo.

3.3.3.5. Nello sforzo che in tale eventualità verrebbe loro richiesto, l'UE dovrebbe tener conto del crollo registrato da alcune produzioni dopo il 1989 e della legittima volontà di tali paesi di vederne la ripresa. Nel caso in cui si rivelasse tecnicamente impossibile applicare ai PECO il dispositivo vigente per i quindici, sarebbe opportuno prevedere aiuti strutturati, o persino semplificati, ad esempio un premio forfetario facilmente applicabile alla superficie coltivata totale, al fine di incoraggiare i PECO a procedere a tale controllo.

3.3.3.6. Il Comitato insiste sull'importanza di orientare gli aiuti che tali paesi riceveranno nell'ambito della PAC e dei fondi strutturali verso la ristrutturazione delle loro imprese agricole ed agroalimentari. Gli agricoltori dei PECO dovranno essere incentivati ad orientarsi verso modi di produzione più competitivi, più rispondenti alle attese dei consumatori in materia di qualità e di sicurezza degli alimenti e più rispettosi dell'ambiente. Gli aiuti alle ristrutturazioni e i meccanismi di controllo della produzione applicabili ai PECO dovranno essere mirati in tal senso.

3.3.3.7. In realtà, quella che l'UE proporrebbe ai PECO (almeno inizialmente, cioè durante i periodi di transizione) è una PAC «adattata», ma da applicare immediatamente.

3.3.3.8. Gli adattamenti della PAC costituirebbero altrettanti indizi di una sua possibile evoluzione globale in futuro. Naturalmente, durante i periodi di transizione la PAC applicata nei 15 continuerà ad evolversi.

3.4. Quale sarà il calendario dell'allargamento?

3.4.1. Il calendario per l'adesione dei PECO all'UE non è ancora stato fissato ufficialmente.

3.4.2. Tuttavia, dopo il Consiglio europeo di Madrid, si possono fare previsioni un po' più precise.

I capi di Stato e di governo dell'UE hanno infatti dichiarato di «aspirare» a far coincidere la fase iniziale dei negoziati di adesione con l'avvio dei primi contatti per l'adesione di Cipro e Malta (previsto sei mesi dopo la conclusione della CIG). Prima di tale data (nel 1997), è previsto che la Commissione si pronunci sull'idoneità di ciascun paese a diventare membro dell'UE.

3.4.3. Il Comitato è favorevole ad un calendario differenziato per l'integrazione, in quanto i PECO si trovano in situazioni politiche, economiche e sociali molto diverse.

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3.4.4. Per il settore agricolo ciò significa che l'UE potrà tener maggior conto della realtà agricola di ciascun paese, della sua capacità - a termine - di essere importatore o esportatore netto relativamente ad una determinata produzione, del grado d'organizzazione del suo mercato agricolo e dei progressi compiuti nella gestione dei grandi equilibri economici.

3.5. Che fare in attesa dell'eventuale estensione della PAC ai PECO?

3.5.1. Agevolare maggiormente la transizione dei PECO verso l'economia di mercato

3.5.1.1. Il settore agricolo pur occupando un posto rilevante nell'economia dei PECO, non potrebbe sopportare da solo il peso della ricostruzione. Dopo l'adesione di questi paesi, tutte le politiche comuni dovranno dare il loro contributo. Il Comitato sottolinea la necessità che l'UE contribuisca ad uno sviluppo equilibrato dell'intera economia dei PECO e del tenore di vita delle rispettive popolazioni, poiché ciò agevolerebbe notevolmente la loro integrazione nell'UE, il futuro aumento della produzione e dei prezzi agricoli nonché la ristrutturazione dell'agricoltura e dell'industria agroalimentare.

3.5.1.2. Il programma Phare, con una dotazione di 7,7 miliardi di ECU per il periodo 1995-1999, dovrà sostenere la transizione dei PECO verso l'economia di mercato ed aiutarli a ridurre lo scarto che li separa dall'UE sul piano economico, sociale e strutturale.

3.5.1.3. Il Comitato puntualizza che, ai fini dell'allargamento, è necessario sviluppare la cooperazione economica e si è già pronunciato () in merito al ruolo preminente che spetta in questo ambito alle organizzazioni socioeconomiche, comprese le associazioni di consumatori. Il Comitato insiste sull'importanza della «partecipazione delle organizzazioni socioeconomiche alla democratizzazione della società e dell'economia [dei PECO] e la promozione di un sistema progredito di relazioni industriali, complemento indispensabile dell'economia sociale di mercato» (6).

3.5.2. Prendere in considerazione la componente umana nell'integrazione dell'agricoltura dei PECO 3.5.2.1. Gli agricoltori e tutti coloro che lavorano nel settore agricolo di tali paesi sono stati fortemente segnati dal concetto di «proprietà collettiva». L'UE e le sue organizzazioni socioeconomiche devono quindi assumersi una particolare responsabilità nei loro riguardi: devono trasmettere loro la propria esperienza nella costruzione di un'agricoltura a misura d'uomo, moderna, redditizia, ed il concetto di proprietà individuale o cooperativa (nel senso assunto dal termine nell'Europa occidentale), nonché lo spirito d'iniziativa ed il senso di responsabilità individuale che sono il nerbo dell'agricoltura comunitaria.

3.5.2.2. Ciò presuppone che l'UE aiuti gli agricoltori dei PECO a creare o sviluppare organizzazioni socioeconomiche indipendenti (associazioni, sindacati, cooperative, raggruppamenti di produttori) per la promozione e la difesa dei propri interessi individuali e collettivi (formazione, ecc.). Il Comitato ha a cuore il dialogo e la cooperazione tra gli ambienti economici e sociali dell'UE e dei PECO e raccomanda la conclusione di partenariati tra le rispettive organizzazioni socioeconomiche.

3.5.2.3. Nel lungo periodo la ristrutturazione dell'agricoltura comporterà, inoltre, una riduzione degli occupati in agricoltura nella maggioranza dei PECO. Il comitato insiste perché venga attuata gradualmente un'apposita politica sociale per accompagnare tale processo, che non può essere troppo violento visto che i PECO registrano spesso tassi di disoccupazione elevati.

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3.5.3. Creare un fondo di pre-adesione per favorire la convergenza tra le politiche agricole dei PECO e la PAC

3.5.3.1. Tenuto conto dell'importanza dell'agricoltura per i negoziati di adesione e di talune critiche mosse al programma Phare (7), il Comitato propone che gli stanziamenti destinati dal programma all'agricoltura siano trasferiti, all'apertura dei primi negoziati di adesione, in un Fondo agricolo di Pre-Adesione (FAPA). Così facendo si unisce alla proposta formulata dalla Commissione nel suo documento strategico. L'UE trasmetterebbe in tal modo ai PECO un segnale positivo sulla sua volontà di condurre a buon fine i negoziati riguardanti il settore agricolo.

3.5.3.2. L'obiettivo del FAPA sarebbe quello di favorire la convergenza con la PAC delle politiche agricole dei PECO. I suoi orientamenti settoriali e regionali sarebbero oggetto di una decisione politica.

3.5.3.3. In attesa della creazione di tale fondo, il Comitato raccomanda di riorientare il programma Phare a favore di alcuni obiettivi prioritari per l'agricoltura dei PECO:

- la precisazione del diritto di proprietà e la creazione di un istituto bancario e di credito agricolo che favorisca la creazione di un vero mercato fondiario nei PECO e l'accesso al credito necessario per gli investimenti;

- l'ammodernamento dell'industria agroalimentare;

- una ristrutturazione che ricorra alla privatizzazione se si rivela indispensabile;

- la creazione di un ordinamento normativo per l'organizzazione delle produzioni e dei mercati agricoli che a lungo termine sia compatibile con la PAC;

- lo sviluppo di cooperative (nel senso occidentale) e di organizzazioni professionali indipendenti dallo Stato;

- l'inasprimento delle norme di qualità e ambientali;

- l'inasprimento delle norme in campo veterinario (specie per quanto riguarda la febbre aftosa ed altre malattie del bestiame), fitosanitario e alimentare.

3.5.3.4. A proposito degli ultimi due trattini, il Comitato accoglie con favore il «Libro bianco sulla preparazione dei PECO all'integrazione nel mercato interno dell'Unione». Come riconosce la Commissione, è indispensabile che i PECO dispongano di un'amministrazione organizzata e competente, in grado di applicare correttamente la normativa dell'UE.

3.5.3.5. La situazione nel campo dell'igiene veterinaria è di importanza cruciale. Se intendono aderire all'UE, o ampliare il volume degli scambi, i PECO dovranno adottare quanto prima la normativa dell'UE in materia (alcuni paesi, come la Polonia e l'Ungheria, se ne stanno già occupando attivamente). L'obiettivo dovrebbe essere quello di creare uno statuto europeo in materia di igiene veterinaria. Nel frattempo il Comitato raccomanda alla Commissione di compilare un elenco dettagliato delle patologie animali riscontrabili nei PECO. I PECO dovranno inoltre adottare in tempi brevi le norme dell'UE in materia di identificazione animale.

3.5.3.6. Al momento dell'adesione i PECO dovranno anche soddisfare determinate norme ambientali, ad esempio il livello massimo autorizzato di nitrati.

3.5.3.7. Il programma Phare, e in seguito il FAPA che il Comitato raccomanda di creare, devono aiutare i PECO a realizzare tutti gli obiettivi di cui sopra e incitarli così a ristrutturare il proprio apparato produttivo e la propria industria agroalimentare, facendo convergere al tempo stesso le proprie politiche agricole verso la PAC.

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3.5.4. Aiutare i PECO ad organizzarsi come zona regionale integrata e tener conto della specificità russa

3.5.4.1. Alcuni PECO hanno cominciato ad organizzare un mercato comune per normalizzare e dare nuovo slancio agli scambi al loro interno. Hanno così creato il CEFTA (Central european Free Trade Agreement), di cui fanno parte per ora la Polonia, l'Ungheria, la Repubblica ceca e quella

slovacca e la Slovenia (8).

3.5.4.1.1. Secondo il Comitato tali sforzi di cooperazione economica tra i PECO vanno appoggiati dall'UE. Nel settore agricolo l'UE dovrebbe in particolare incoraggiare i PECO a ricercare la complementarità delle loro produzioni.

3.5.4.1.2. Inoltre, visto che l'integrazione dei PECO dovrà avvenire secondo un processo di adesione differenziato, l'UE potrebbe concludere accordi d'associazione collettivi con i PECO non ancora ammessi se questi ultimi fossero, a loro volta, organizzati in una zona regionale

integrata.

3.5.4.2. Nello studio dell'adesione dei PECO all'UE, va anche tenuto conto del peso geopolitico di quell'importante paese che è la Russia, del suo potenziale umano, delle dimensioni del suo mercato interno. Ciò vale particolarmente nel caso dei paesi baltici, data la loro vicinanza geografica e i legami che tuttora li uniscono alla Russia.

3.5.4.3. Il Comitato auspica quindi che l'UE possa continuare a intensificare le relazioni politiche ed economiche che già intrattiene con la Russia e con la CSI.

3.5.4.4. In tale contesto l'UE ha tutto l'interesse ad aiutare i PECO a ripristinare i propri flussi di scambi agricoli e agroalimentari con la CSI, poiché questi continuano a godere di una posizione geografica e politica privilegiata per l'approvvigionamento di tale mercato. Dal 1993 si rileva del resto una ripresa delle esportazioni agroalimentari nette dei PECO verso i paesi dell'ex URSS. Si prevede che nel 1996 tali esportazioni rappresenteranno il 35 % circa del totale delle esportazioni agroalimentari dei PECO e che in alcuni paesi (tra cui la Polonia) raggiungeranno la stessa quota delle esportazioni verso l'UE. Per l'espansione del commercio agroalimentare dei PECO si tratta di una via promettente, che l'UE deve incoraggiare fin da ora.

3.5.4.5. Ciò offre all'UE, in caso di adesione dei PECO, una possibilità da non trascurare per i suoi scambi extracomunitari. D'altro canto favorire gli scambi con la CSI servirebbe ad attenuare in misura corrispondente la pressione che i PECO potrebbero esercitare sui mercati comunitari.

3.5.5. Convincere i partner dell'UE a fare un gesto di solidarietà verso i PECO

3.5.5.1. Accettando di accogliere i PECO, l'UE si dichiara disposta ad assumersi gran parte del costo legato al rafforzamento delle strutture socioeconomiche di questi paesi. Lo fa allo scopo di consolidare il continente europeo come spazio di democrazia, stabilità e ricchezza.

3.5.5.2. I suoi principali partner internazionali, più precisamente quelli del mondo industrializzato, possono aiutarla nei seguenti modi:

- non chiedendo l'estensione «erga omnes» di eventuali nuove concessioni che l'UE dovesse fare ai PECO prima della loro adesione nel quadro degli Accordi europei [come suggerisce la Commissione (9)]; il Comitato è del parere che, nel momento in cui gli accordi diventano una tappa verso

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l'allargamento dell'UE e la creazione di una zona di stabilità in Europa, non possano più essere considerati dall'OMC semplici accordi di libero scambio;

- accettando di rivedere gli impegni presi dall'UE e dai PECO all'atto dell'adesione di ogni paese candidato, per far sì che gli impegni contratti in precedenza non siano di ostacolo all'adesione;

- non chiedendo compensazioni nel settore agricolo ogni volta che uno dei candidati aderisce all'UE.

3.5.5.3. Tutti i maggiori partner dell'UE, e in particolare gli Stati Uniti, potrebbero così contribuire alla creazione di una vasta zona di stabilità politica, economica e sociale in Europa ed alla pace in questa parte del mondo.

Bruxelles, 18 dicembre 1996.

Il Presidente del Comitato economico e sociale Tom JENKINS

(1) GU n. C 19 del 25. 1. 1993 e GU n. C 129 del 10. 5. 1993 in merito a «Le relazioni della CE con i paesi dell'Europa centrale ed orientale» (Bulgaria, Romania, paesi baltici).

(2) Il parere presenta una descrizione deliberatamente succinta e generica dell'agricoltura nei PECO.

Occorre però tener presente che, piuttosto che dell'«agricoltura», è il caso di parlare delle

«agricolture» dei PECO, tanto le varie situazioni sono eterogenee. A tale proposito cfr. le monografie realizzate dalla Commissione su ogni paese.

(3) CSE(95) 607 - «Studio sulle strategie alternative per lo sviluppo di relazioni in campo agricolo tra l'UE e i paesi associati in vista di una futura adesione».

(4) I 15 Stati membri attuali dell'UE.

(5) A cominciare dal supplemento di parere del 26 settembre 1991 riguardante «Le relazioni della Comunità europea con i paesi dell'Europa centrale ed orientale» (GU n. C 339 del 31. 12. 1991).

(6) Parere CES 1340/92 del 25 novembre 1992 (GU n. C 19 del 25. 1. 1993).

(7) Scarsa leggibilità, orientamento sbagliato, complessità e scarsa chiarezza delle procedure, inadeguatezza degli investimenti finanziati, limitatezza delle ripercussioni nei paesi beneficiari, proliferazione di «consulenti» piuttosto che di progetti concreti.

(8) Il 1° gennaio 1996 il CEFTA ha imposto una sensibile riduzione dei dazi doganali negli scambi agroalimentari tra questi paesi, mentre la loro completa liberalizzazione dovrebbe intervenire il 1°

gennaio 1998.

(9) Su questo punto il Comitato raccomanda che eventuali nuove concessioni, in particolare l'aumento delle quote d'importazione, siano vagliate alla luce dei progressi compiuti dai PECO nell'applicazione della normativa dell'UE in campo veterinario, fitosanitario e

alimentare.

ALLEGATO al parere del Comitato economico e sociale

Gli emendamenti che seguono sono stati respinti nel corso del dibattito. Sostituire l'intero testo del parere con quanto segue:

(15)

1. Introduzione

1.1. In diversi pareri il Comitato si è espresso a favore dell'allargamento dell'Unione europea tramite l'adesione dei paesi dell'Europa centrale ed orientale (PECO) che siano preparati e rispondano ai requisiti. I PECO vorrebbero aderire quanto prima e nell'Unione si registra un ampio consenso sulla loro futura adesione.

1.2. Come nel caso di alcune tornate di allargamento precedenti, l'agricoltura è uno dei settori le cui politiche dovranno essere adattate per tener conto della diversità della situazione. In ogni caso la politica agricola comune dell'UE sarà oggetto di ulteriori modifiche, in quanto la riforma del 1992 attende ancora di essere completata ed è stato promesso un ulteriore adattamento dopo l'annata 1988/1989. Ciò che più conta è che i vari meccanismi per il controllo della produzione dovranno allora essere sottoposti a un riesame.

2. L'importanza dell'agricoltura dei PECO

2.1. Dal confronto con quello dell'UE emerge che il settore agricolo dei PECO è di entità non trascurabile. L'importanza dell'agricoltura rispetto agli altri settori è notevolmente maggiore che all'UE. Nei PECO gli addetti all'agricoltura rappresentano il 27 % della popolazione attiva, contro il 6 % nell'UE. La produzione agricola corrisponde all'8 % del PIL, contro il 2,5 % nell'UE.

2.2. La ripresa economica e la stabilità sociale nei PECO dipendono pertanto in modo determinante dai progressi del settore agricolo.

2.3. I PECO sono grandi produttori agricoli e hanno un forte potenziale di aumento della produzione. Nel 1994 la produzione di tali paesi corrispondeva al 30 % della produzione aggregata UE-PECO per i cereali e al 20 % circa per i semi oleosi, lo zucchero e le colture proteiche. Anche per il latte e la carne suina la percentuale era pari al 20 %. Una parte dell'immensa superficie coltivata a patate (2,4 milioni di ha contro 1,4 milioni nell'UE) potrebbe essere destinata ad altre colture maggiormente redditizie.

3. Il potenziale dell'agricoltura dei PECO

3.1. È probabile che prima della seconda guerra mondiale il livello di produttività dei PECO si aggirasse intorno a quello dell'Europa occidentale. Dal dopoguerra alla metà degli anni '80 l'andamento delle rese vegetali e animali è stato grossomodo analogo a quello registrato in Europa occidentale, anche se ad un livello leggermente più basso.

3.2. Dopo il crollo della pianificazione centrale e il passaggio all'economia di mercato la produzione agricola dei PECO ha subito un brusco declino per l'aggravarsi della compressione dei prezzi legato all'inflazione e alla svalutazione. La soppressione dei prezzi di sostegno ha lasciato i redditi in balia della perturbazione dei mercati e dell'inefficienza dei settori della distribuzione, della trasformazione e dei servizi. Ora però si registra una ripresa. L'esperienza mostra infatti che, in presenza di un contesto economico adeguato, le rese possono tornare velocemente ai livelli precedenti. Nell'ex Germania orientale le rese dei cereali sono tornate ai livelli della parte occidentale, mentre altrove si registra uno spiccato miglioramento delle rese delle produzioni vegetali e del latte.

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3.3. La questione del potenziale agricolo dei PECO è fondamentale per valutare il loro impatto sulla PAC. I PECO potranno aderire solo quando soddisferanno i criteri di Copenaghen e saranno quindi in grado di far fronte alle pressioni concorrenziali e alle forze di mercato dell'Unione. Una volta che i PECO avranno acquisito tale capacità, la loro produzione di tutta la gamma dei prodotti agricoli crescerà fino ad oltrepassare di nuovo e largamente il fabbisogno interno.

3.4. Nella misura in cui aumenterà la ricchezza nei PECO, crescerà anche la domanda interna di generi alimentari. Ciò tuttavia sarà rispecchiato da miglioramenti più qualitativi che quantitativi.

4. Le esportazioni agricole dei PECO e gli accordi sul commercio internazionale

4.1. Pur essendoci pochi dubbi sul fatto che i PECO torneranno ad essere importanti esportatori netti di prodotti alimentari, non è possibile stimare con qualche precisione il tasso di aumento della produzione sul lungo periodo, né il suo volume finale. Gli sviluppi futuri dipenderanno comunque in modo determinante dall'andamento delle entrate degli agricoltori.

4.2. I mercati dei quindici Stati membri sono già saturi. Nella misura in cui i PECO produrranno eccedenze agricole esportabili, sarà indispensabile per loro riuscire a venderle sui mercati dei paesi terzi, in particolare in alcuni paesi dell'ex Unione sovietica.

4.3. Tuttavia, dopo l'adesione all'UE gli impegni agricoli assunti dall'Unione nell'ambito dell'OMC costituirebbero un problema immediato e ineludibile per le esportazioni dei PECO. Per gli impegni già assunti in materia di commercio internazionale infatti non sono possibili periodi di transizione:

tali impegni devono essere assunti in blocco all'atto dell'adesione.

4.4. Il principale di tali impegni prevede la limitazione delle esportazioni sovvenzionate per ogni singolo prodotto del 21 % su cinque anni a partire dal 1995 in termini di volume e del 36 % rispetto al livello del periodo 1986-1990 in termini di spesa.

4.5. Le cifre di riferimento delle esportazioni sovvenzionate consentite ai PECO (per volume e per spesa) sono molto basse. Nel periodo di riferimento il ricorso alle sovvenzioni all'esportazione è stato scarso e nella maggior parte dei paesi il loro ammontare era espresso in moneta nazionale, il cui valore da allora è stato eroso dall'inflazione. Allo stato attuale delle cose, l'UE disporrà di un margine di manovra ridotto rispetto all'impegno assunto. Ipotizzando che gli impegni presi dall'UE allargata corrispondano alla somma di quelli presi dai quindici Stati membri più quelli dei PECO che aderiranno, ogni nuova adesione di tali paesi, con le possibili eccezioni della Repubblica ceca, della Slovacchia, della Slovenia e forse dei paesi baltici, farebbe superare notevolmente il tetto massimo imposto alle esportazioni sovvenzionate. Ciò si verificherebbe comunque, anche se la produzione dei PECO rimanesse ben al di sotto del suo potenziale.

4.6. È tuttavia probabile che le limitazioni imposte dal GATT vengano ulteriormente inasprite nella prosecuzione dei negoziati sull'agricoltura il cui inizio è previsto per il 1999. Uno degli obiettivi dichiarati di tali negoziati è quello di seguitare il processo in corso di progressiva riduzione del sostegno e della protezione per il settore agricolo.

5. Il controllo della produzione

5.1. Una soluzione proposta prevede che all'atto dell'adesione i PECO vengano assoggettati a meccanismi di controllo della produzione analoghi a quelli vigenti attualmente nell'UE. Il Comitato

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la ritiene un'opzione poco realistica e in contrasto con l'opinione secondo la quale l'UE dovrebbe sostenere la ripresa economica nei PECO. Non soltanto un maggiore sfruttamento del proprio potenziale agricolo da parte dei PECO è fondamentale per la ripresa, ma, con oltre un quarto della popolazione attiva occupata nel settore agricolo, una politica di produzione restrittiva sarebbe socialmente irresponsabile in quanto aggraverebbe ulteriormente il già grave problema della disoccupazione rurale.

5.2. Gli esportatori tradizionali nei PECO insisteranno affinché le eventuali quote imposte tengano conto del loro potenziale produttivo e permettano loro di esportare. Probabilmente perciò un accordo sulle quote sarà possibile solo al prezzo di tagli significativi alle quote vigenti nell'UE. È inoltre improbabile che i PECO acconsentano a ridurre immediatamente la produzione quando, come si ritiene da più parti, i loro prezzi agricoli raggiungerebbero i livelli dell'UE solo gradualmente, nel corso di un periodo di transizione di dieci anni.

5.3. Per quanto riguarda la gestione del regime di quote, l'eredità di quarant'anni di comunismo tra le altre cose rende improbabile che le amministrazioni dei PECO riescano a gestire complessi meccanismi di controllo della produzione in modo efficiente ed imparziale.

5.4. Il sistema della messa a riposo è stato abbandonato dagli Stati Uniti, che si sono lamentati a lungo di essere l'unico paese a dover sopportare l'onere finanziario di tale politica. Sarebbe un controsenso se ora la Comunità allargata decidesse di assoggettarsi a tale vincolo e impedisse ad aziende agricole efficienti di contribuire a rispondere all'aumento della domanda mondiale effettiva di prodotti alimentari.

6. Le prospettive

6.1. L'adesione accentuerà la necessità di un'ulteriore riforma della PAC. Sarebbe ora opportuno inviare un chiaro segnale ai PECO per scoraggiarli dall'adottare prima dell'adesione all'UE politiche agricole fondate sulla premessa che tale adesione comporterà automaticamente un aumento dei loro prezzi. Né l'UE né i PECO si possono permettere aumenti della produzione non legati al fabbisogno del mercato e frutto di aspettative esagerate in materia di prezzi.

6.2. Il Comitato raccomanda al Consiglio di annunciare quanto prima che l'adesione dovrà essere seguita da un periodo di transizione di dieci anni nel corso del quale i PECO dovranno conformarsi all'acquis (patrimonio) comunitario.

6.3. A differenza dell'ultima tornata di allargamento, non sarà possibile estendere il mercato unico ai PECO all'atto della loro adesione.

6.4. Durante tale periodo tuttavia il livello dei prezzi di sostegno nei PECO non verrebbe aumentato se tale mossa dovesse compromettere la loro capacità di esportare verso i paesi terzi.

6.5. L'Unione dovrebbe inoltre dichiarare che non intende introdurre controlli fisici della produzione.

Una decisione del genere servirebbe a prevenire eventuali aumenti della produzione prima dell'adesione al solo scopo di generare una base di riferimento più elevata per le quote dei PECO.

6.6. Tali decisioni dovrebbero essere accompagnate dall'annuncio che uno degli obiettivi della riforma della PAC è fare in modo che nel momento in cui un PECO diventerà membro a pieno titolo tutte le aziende agricole dell'UE possano vendere prodotti alimentari sui mercati mondiali in quantità illimitate.

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6.7. Secondo il Comitato l'ulteriore liberalizzazione che l'UE si è già impegnata ad accettare nella prossima tornata negoziale sul commercio internazionale e l'adesione di alcuni o di tutti i PECO comporteranno inevitabilmente un'ulteriore riduzione dei prezzi di sostegno della PAC. Ciò renderà necessario erogare importi compensativi più elevati agli agricoltori dei quindici, anche se è possibile che questo aspetto richieda un esame più attento.

6.8. Non ci sarebbe bisogno di erogare importi compensativi agli agricoltori dei PECO che non subirebbero cali dei prezzi legati alla PAC. Il trasferimento diretto di tali importi non sarebbe il modo più razionale di usare le limitate risorse dell'UE, poiché in genere l'agricoltura dei PECO è competitiva sul luogo di produzione, ma non sul punto vendita. I loro agricoltori trarrebbero quindi maggior beneficio da una politica rurale integrata e da aiuti strutturali ai settori della

distribuzione e della trasformazione. A lungo termine ovviamente l'intero territorio dell'Unione dovrebbe essere soggetto alle stesse disposizioni.»

Motivazione

Il parere minimizza le difficoltà che l'adesione dei PECO solleverà verosimilmente nel settore agricolo. Le raccomandazioni formulate nel presente controparere sono di un'utilità a lungo termine molto superiore per la popolazione agricola e non agricola dell'UE e dei PECO rispetto a quelle contenute nel parere.

Esito della votazione

Voti favorevoli: 41, voti contrari: 75, astensioni: 14.

Punto 2.4.4.3

Alla fine del punto, modificare come segue: «... rispetto all'evoluzione dei mercati); accettazione immediata di quote da parte dei PECO; periodo di durata uguale per tutti i settori (malgrado situazioni molto eterogenee)».

Motivazione

Come il Comitato osserva al punto 3.3.3.5, nei PECO si rileva il legittimo desiderio di sviluppare nuovamente la produzione agricola dopo il crollo subito, non di contenerla mediante quote di produzione.

Esito della votazione

Voti favorevoli: 30, voti contrari: 67, astensioni: 22.

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