I
INTRODUZIONE
L’epilessia è il più comune disturbo neurologico nel cane, con una prevalenza stimata da 0,5% al 7,5% (Chandler, 2006; Monteiro, 2012; Penderis, 2015) ed è refrattaria alla terapia in più del 30% dei pazienti canini, che non raggiungono un soddisfacente controllo delle crisi con la terapia convenzionale (Muñana, 2013).
Pur non avendo l'impatto sociale che la malattia ha nel genere umano (Preston, 2013) è, comunque, per il cane e la famiglia che lo ospita un grave problema poiché segna pesantemente la vita di relazione del cane con il gruppo familiare (Wessmann, 2014).
Le prime descrizioni di fenomeno riconducibile all’epilessia risalgono ad un periodo antecedente il 1500 a.C. in testi Babilonesi e testi Ayurvedici. In origine, è stata attribuita ad una forza sovrannaturale e proprio per questo vi è stato dato il nome di “malattia sacra”.
Tuttavia nel 400 a.C. Ippocrate fu il primo a sostenere che questa non fosse più sacra di qualsiasi altra malattia e per primo ipotizzò che la causa potesse risiedere all’interno del cervello.
Successivamente e fino al 14° secolo è stato utilizzato il termine inglese
“falling disease”, a poco a poco sostituito nei testi di medicina dal termine greco “epilambanein” che letteralmente significa “essere posseduto”. Questo fu poi convertito nel termine latino “epilepsia”, più tardi nel francese antico
“epilepsie” ed infine tradotto nel termine italiano “epilessia”, oggi largamente usato (Penderis, 2014).
II
Nel dare una definizione di epilessia è importante fare innanzitutto una distinzione dalla crisi epilettica.
La crisi epilettica è una singola manifestazione clinica risultante da un’anomala ed eccessiva scarica di un gruppo di neuroni nel cervello mentre è definita epilessia una condizione cronica caratterizzata da 2 o più crisi epilettiche ricorrenti in un periodo di tempo superiore alle 24 ore (Berendt et al, 2015). Entrambe sono segni clinici di malattie neurologiche e come tali non rappresentano una diagnosi ma possono avere un elevato numero di possibili cause sottostanti (Penderis, 2014).
Da ciò deriva una grande difficoltà nella pratica clinica, laddove vi sia una sintomatologia epilettica, nella formulazione di una diagnosi esatta in modo tale da poter approntare un piano terapeutico adeguato alla patologia specifica.
A tal proposito è fondamentale la semiologia, la scienza che osserva e studia i segni di eventi patologici, che, attraverso un percorso diagnostico completo, aiuta il clinico ad analizzare punto per punto le varie manifestazioni patologiche per arrivare all’identificazione di una causa sottostante che giustifichi un’appropriata terapia e un’ auspicabile risoluzione del quadro sintomatologico.
Partendo da questo concetto abbiamo voluto passare in rassegna, cominciando dal generico sintomo di crisi epilettica, le varie fasi dell’intero iter diagnostico per capire quali siano i punti salienti nell’individuazione di una specifica patologia. Inoltre, in questo lavoro, si vuole ricreare una sorta di “raccolta”
delle principali patologie riscontrabili durante il nostro percorso allo scopo di
III
mostrare una piccola parte dell’enorme varietà di patologie che possano provocare un sintomo così generico quale la crisi epilettica.
Una volta formulata una diagnosi, che sia per conferma o per esclusione, si passa ad una piccola rassegna delle principali terapie farmacologiche e non, partendo dai farmaci antiepilettici (dai più vecchi e consolidati, a quelli di nuova generazione), passando dalla terapia chirurgica, fino ad arrivare alle terapie alternative ancora in fase di ricerca.
Abbiamo, inoltre, ritenuto interessante osservare un piccolo numero di casi clinici e, partendo da un’anamnesi riportante crisi epilettiche, effettuare una stima delle varie diagnosi effettuate, con particolare attenzione verso l’epilessia idiopatica ed osservare le varie manifestazioni cliniche e le terapie somministrate.