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La terapia elettrica dello scompenso cardiaco: utilità della stimolazione multisito del ventricolo sinistro

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Academic year: 2021

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Ad Andrea e a alla mia famiglia, ad ognuno dei miei quattro nonni per un motivo diverso, a Manuela

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INDICE

1. RIASSUNTO ANALITICO ... 3 2. LO SCOMPENSO CARDIACO ... 5 DEFINIZIONE ... 5 CLASSIFICAZIONE ... 5 EZIOLOGIA ... 7 ... 8

PATOGENESI SCOMPENSO CARDIACO A FRAZIONE DI EIEZIONE RIDOTTA ... 8

... 9

IL RIMODELLAMENTO CARDIACO ... 10

STADIAZIONE CLINICA DEI PAZIENTI ... 12

LA TERAPIA MEDICA ... 13

LA TERAPIA ELETTRICA ... 15

3. LA TERAPIA DI RESINCRONIZZAZIONE CARDIACA ... 17

INTRODUZIONE E INDICAZIONI SECONDO LE LINEE GUIDA ... 17

COME E’ FATTO IL DISPOSITIVO 19 ... 19

COMPLICANZE19 ... 23

IL RAZIONALE DELLA CRT ... 23

Il PROBLEMA DELLA NON RISPOSTA ALLA CRT ... 25

4. LA STIMOLAZIONE MULTISITO ... 29

CARATTERISTICHE E RAZIONALE ... 29

STIMOLAZIONE MULTISITO TRAMITE MULTIPLI ELETTROCATETERI ... 29

STIMOLAZIONE MULTISITO TRAMITE ELETTROCATETERE QUADRIPOLARE ... 30

5. LO STUDIO MORE-CRT MPP42 ... 33

(MOre REsponse on Cardiac Resynchronization Therapy) ... 33

OBIETTIVO E CARATTERISTICHE DELLO STUDIO ... 33

SELEZIONE DEI PAZIENTI ... 33

DESCRIZIONE DELLO STUDIO ... 34

RISULTATI ... 35

6. SCOPO DELLA TESI ... 36

7. MATERIALI E METODI ... 37

SELEZIONE DEI PAZIENTI ... 37

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RISULTATI E DISCUSSIONE ... 41

CONCLUSIONI ... 46

8. BIBLIOGRAFIA ... 47

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1. RIASSUNTO ANALITICO

La terapia di resincronizzazione cardiaca (CRT) rappresenta ormai una strategia terapeutica di corrente impiego in selezionate categorie di pazienti con scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta. Nonostante questo una percentuale di pazienti stimata tra il 20% e il 50% non trae alcun beneficio (NON RESPONDER).

L’attivazione della modalità di stimolazione multisito del ventricolo sinistro tramite elettrocatetere quadripolare, è stata proposta come una possibile e interessante strategia per migliorare la risposta dei pazienti NON RESPONDER alla CRT.

Obiettivo del presente studio è stato valutare gli effetti dell’attivazione della modalità multisito in 14 pazienti già sottoposti per sei mesi alla terapia di stimolazione biventricolare standard. Il parametro scelto per valutare gli effetti di tale terapia è stata la riduzione del volume telesistolico ventricolare sinistro, che correla con il rimodellamento inverso.

E’ stato valutato il volume telesistolico ventricolare sinistro di tutti i pazienti al tempo zero ( prima dell’impianto), a sei mesi (quindi dopo sei mesi di CRT standard) e a dodici mesi ( dopo sei mesi di CRT standard e sei mesi di attivazione della stimolazione multisito), sia valutandoli complessivamente che distinguendoli a seconda della loro risposta a sei mesi in RESPONDER e NON RESPONDER . L’obiettivo era quello di valutare se l’attivazione della modalità multisito determinasse ulteriori riduzioni del volume telesistolico ventricolare sinistro valutato tra i sei e i dodici mesi, e di valutare la riduzione del volume telesistolico ventricolare sinistro a dodici mesi rispetto al basale (sei mesi di CRT standard più sei mesi di stimolazione multisito).

Nella nostra popolazione di studio l’attivazione della modalità multisito non sembra apportare benefici in termine di ulteriore riduzione del volume telesistolico ventricolare sinistro valutato tra i sei e i dodici mesi in nessun gruppo di pazienti.

Dai dati acquisiti si evidenzia però che i pazienti già RESPONDER a 6 mesi di CRT standard, se rivalutati a 12 mesi, continuano ad avere significative riduzioni del volume telesistolico rispetto al basale, suggerendo

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4

l’importanza di ulteriori studi e indagini al fine di valutare se possa essere tale categoria di pazienti a trarre ulteriori benefici da questo tipo di terapia.

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5

2. LO SCOMPENSO CARDIACO

DEFINIZIONE

Lo scompenso cardiaco si definisce secondo le linee guida ESC 2016 come una sindrome clinica caratterizzata da specifici sintomi e segni, dovuti ad anomalie cardiache strutturali e/o funzionali, che risultano in una ridotta capacità del cuore di pompare il sangue, e in elevate pressioni di riempimento intracardiaco a riposo o sotto sforzo 1.

Sono in realtà state proposte e utilizzate numerose definizioni, ognuna delle quali tende ad evidenziare aspetti diversi di tale sindrome così complessa ed eterogenea; dal punto di vista fisiopatologico, lo scompenso cardiaco si può definire come una condizione in cui il cuore non è in grado di mantenere una portata cardiaca tale da soddisfare le esigenze metaboliche dei tessuti2.

Infine secondo le linee guida dell’American College of Cardiology/ American Heart Association 3 tale condizione si può definire come una

sindrome in cui , a seguito di alterazioni strutturali o funzionali del cuore, risulta compromessa la capacità del ventricolo di riempirsi o di espellere il sangue.

CLASSIFICAZIONE

La classificazione proposta dalle linee guida ESC utilizza come parametro di riferimento la frazione di eiezione,e sulla base di questo distingue i pazienti affetti da tale sindrome in pazienti con scompenso cardiaco a frazione di eiezione conservata (considerando come cut off una frazione di eiezione maggiore o uguale al 50%) e pazienti con scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta ( includendo in tale categoria quei soggetti in cui tale parametro risulti inferiore del 40%).I pazienti in cui la frazione di eiezione risulta compresa tra il 40% e il 50% rientrano in una sorta di ‘zona grigia’. 1

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6

Figura 1 Criteri ESC1 2016 per la classificazione dello scompenso cardiaco

EPIDEMIOLOGIA

Pur essendo la comunità scientifica concorde nel considerare lo scompenso cardiaco un problema mondiale crescente 4 , secondo alcuni

autori caratterizzare con precisione e accuratezza le dimensioni del problema non è possibile a causa del fatto che i diversi e numerosissimi studi prendono in considerazione differenti modi per definire sia la sindrome clinica che la sua presenza.5

Tra i fattori che hanno contribuito all’incremento della prevalenza dello scompenso cardiaco nella popolazione generale vi sono l’allungamento dell’età media e i progressi terapeutici che hanno consentito ai pazienti cardiopatici di ottenere un miglioramento in termini di aspettativa di vita.5

La prevalenza dello scompenso cardiaco nella popolazione adulta dei paesi sviluppati è stimata intorno al 2%, e arriva fino al 10% nella popolazione di età superiore ai 65 anni, mentre minori informazioni si hanno riguardo le aree meno sviluppate. 4

In termini assoluti si stima comunque che circa 23 milioni di persone in tutto il mondo siano affette da tale patologia, con una maggiore prevalenza nell’etnia afro-americana.5

Per quanto riguarda la situazione italiana si stima che circa un milione di persone ne siano affette, rappresentando la principale causa di ricovero ospedaliero nei pazienti di età superiore ai 65 anni6.

Analogamente alla prevalenza anche l’incidenza aumenta con l’età, raddoppiando per ogni decade e aumentando molto di più nelle donne rispetto agli uomini, con l’avanzare dell’età. Facendo una valutazione complessiva, si osserva che in soggetti di età superiore ai 40 anni la

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possibilità di sviluppare scompenso cardiaco nel corso della vita è di circa il 20%.5

Nonostante i progressi della medicina, lo scompenso continua a rappresentare un importante causa di mortalità e morbilità, risultando in un enorme impiego di risorse mediche ed economiche (in termini sia di costi diretti che indiretti): si stima che il 30-40% dei pazienti muoiano a un anno dalla diagnosi e il 60-70% a 5, con una prognosi decisamente peggiore nelle classi NYHA più elevate. 4

Per quanto riguarda i fattori di rischio la patologia coronarica, il fumo di sigaretta, l’ipertensione, l’obesità, il diabete, le patologie valvolari cardiache, sono stati valutati in differenti studi e possono avere un ruolo importante soprattutto in determinati sottogruppi di pazienti.

E’ poi importante specificare come si possano evidenziare differenze epidemiologiche tra i pazienti affetti da scompenso a frazione di eiezione ridotta e pazienti con scompenso a frazione di eiezione conservata, questi ultimi ad esempio sono più frequentemente soggetti di sesso femminile, di età più avanzata e solitamente con storia di ipertensione e fibrillazione atriale, piuttosto che di cardiopatia ischemica.1

EZIOLOGIA

Essenzialmente qualsiasi condizione in grado di determinare una alterazione strutturale o funzionale cardiaca può rappresentare una causa di scompenso cardiaco 2.

Nel mondo occidentale la cardiopatia ischemica e l’ipertensione arteriosa rappresentano le più importanti cause di scompenso cardiaco (rispettivamente nei soggetti con frazione di eiezione ridotta e con frazione di eiezione preservata ), accanto ad esse patologie valvolari, disturbi del ritmo, cardiomiopatie , miocarditi, pericarditi, esposizioni ad agenti tossici (es doxorubicina o alcool), malattie metaboliche, infiltrative, infettive (malattia di Chagas) o genetiche, possono essere altre eziologie. 4

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8 Figura 2 Cause Scompenso secondo ESC 20161

PATOGENESI SCOMPENSO CARDIACO A FRAZIONE DI EIEZIONE RIDOTTA Alla base della patogenesi dello scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta c’è sempre il verificarsi di un danno che può essere di qualsiasi natura, a carico del tessuto cardiaco, che comporta un’alterazione della funzionalità cardiaca. Questo determina l’attivazione di una serie di meccanismi di compenso che inizialmente riescono a ripristinare la funzione cardiovascolare, ma successivamente diventano inadeguati, contribuendo per altro essi stessi alla progressione verso lo scompenso. In particolar modo abbiamo l’attivazione del sistema nervoso adrenergico e dell’asse renina-angiotensina-aldosterone, vengono inoltre prodotte una serie di molecole ad azione vasodilatatoria,

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9

tra cui i peptidi natriuretici atriale e cerebrale, le prostaglandine, l’ossido nitrico.4

Figura 3 Progressione dello scompenso cardiaco

Per quanto riguarda il primo punto si instaura un’attivazione adrenergica generalizzata associata a una ridotta attività parasimpatica: questo comporta un incremento della contrattilità miocardica, un aumento della frequenza cardiaca, l’attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone, una maggiore ritenzione di sodio e una condizione di vasocostrizione generalizzata.7 A ciò si aggiungono gli effetti diretti che

la noradrenalina ha sulle cellule cardiache e che contribuiscono ai processi di rimodellamento cardiaco.2

Nell’attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone hanno un ruolo importante la stimolazione dei recettori beta adrenergici , nonché la riduzione del flusso vascolare renale che stimola i barocettori presenti nel letto vascolare renale. L’attivazione di tale sistema comporta una ulteriore azione vasocostrittrice periferica mediata dall’angiotensina II che contribuisce inoltre al rilascio di noradrenalina da parte delle terminazioni nervose adrenergiche, e al rilascio da parte della corteccia surrenale di aldosterone, che induce ritenzione idro-salina.

Per controbilanciare gli effetti indotti dal sistema renina-angiotensina-aldosterone e dal sistema adrenergico entrano in gioco i peptidi natriuretici, rilasciati in relazione alla distensione degli atri e dei ventricoli; ne esistono di tre tipi : l’ANP, prodotto principalmente dalle pareti dell’atrio destro, il BNP, prodotto a livello ventricolare, e il CNP,

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prodotto dal sistema nervoso centrale e dai vasi periferici. Tali molecole hanno un’azione vasodilatatoria e natriuretica.2

Altre molecole ad azione vasodilatatoria sono rappresentate dalle prostaglandine e dall’ossido nitrico, il più potente vasodilatatore endogeno.

Infine vi sono tutta una serie di altre molecole la cui concentrazione è aumentata nei pazienti con scompenso cardiaco e che rivestono un ruolo sia per quanto riguarda i meccanismi di adattamento che i processi di rimodellamento cardiaco, come ad esempio le citochine pro-infiammatorie, in particolare TNF-alfa e IL-6, e molecole come l’endotelina.2

IL RIMODELLAMENTO CARDIACO

L’insieme delle alterazioni strutturali che si verificano a carico del cuore in risposta a variazioni del carico emodinamico e all’attivazione dei sistemi di compenso, prendono il nome di rimodellamento cardiaco. In particolare ci si riferisce a cambiamenti di massa, volume e forma del ventricolo sinistro. 4

Solitamente quando si parla di rimodellamento cardiaco si distingue tra un rimodellamento fisiologico, che è quello che solitamente si verifica in risposta a stimoli fisiologici come la gravidanza o l’attività fisica intensa e costante (‘cuore d’atleta’), e quello patologico 8 tipico dello scompenso.

Quest’ultimo a sua volta può presentare tre tipici pattern: un rimodellamento concentrico dovuto a un sovraccarico pressorio, un rimodellamento eccentrico dovuto a un sovraccarico di volume, infine il rimodellamento conseguente a un infarto miocardico in cui la presenza del tessuto cicatriziale induce sul restante tessuto miocardico vitale, un sovraccarico sia di pressione che di volume9.

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Figura 4 Opie,L.H., Commerford, P-J., Gersch, B.J.& Pfeffer, M.A. Controversies in ventricular remodelling. Lancet 367, 356-367 (2006)

Alla base del rimodellamento cardiaco entrano in gioco molteplici e complessi eventi a livello cellulare e molecolare. I cardiomiociti diventano ipertrofici e verificandosi il loro ingrandimento in misura maggiore rispetto alla distribuzione dei capillari, si instaurano delle condizioni di squilibrio tra l’offerta e la richiesta di substrati metabolici con il conseguente instaurarsi di processi necrotici; a ciò si aggiungono i processi apoptotici, in condizioni fisiologiche presenti in un ridottissimo numero di cellule, che aumentano notevolmente in caso di scompenso cardiaco.

Si verifica inoltre iperplasia dei fibroblasti che induce fibrosi interstiziale e contribuisce alla disorganizzazione della architettura del ventricolo, favorito dall’aumento soprattutto del collagene di tipo I, più rigido. Nei cardiomiociti la riespressione di forme di miosina normalmente presenti nella vita fetale contribuisce alla riduzione di contrattilità; si verificano inoltre alterazioni del metabolismo energetico e di quello del calcio. 2

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STADIAZIONE CLINICA DEI PAZIENTI

Da un punto di vista clinico i pazienti con scompenso cardiaco vengono suddivisi usando essenzialmente due sistemi: la classificazione della New York Heart Association che li divide in quattro classi, e quella dell’American Heart Association che prevede quattro stadi.

La prima li divide in base a quanto la capacità di compiere esercizio incida sulla sintomatologia del paziente; importante considerare che l’evoluzione della malattia, così come la terapia, possono determinare variazioni della classe.

CLASSIFICAZIONE FUNZIONALE DELLA NEW YORK HEART ASSOCIATION

CLASSE I

Paziente con malattia cardiaca senza limitazioni nell’attività fisica. L’attività fisica ordinaria non induce astenia, palpitazioni, dispnea o dolore anginoso

CLASSE II

Paziente con malattia cardiaca che risulta in una lieve limitazione dell’attività fisica. Asintomatico a riposo. L’attività fisica ordinaria determina astenia, dispnea, palpitazioni, dolore anginoso

CLASSE III

Paziente con malattia cardiaca che risulta in una marcata limitazione dell’attività fisica. Asintomatico a riposo. L’attività fisica inferiore all’ordinario determina astenia, dispnea, palpitazioni, dolore anginoso

CLASSE IV

Paziente con malattia cardiaca che risulta nell’incapacità di eseguire qualsiasi tipo di attività senza che vi sia sintomatologia. I sintomi dello scompenso o della sindrome anginosa sono presenti anche a riposo e aumentano quando qualsiasi attività viene intrapresa

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13

L’ American Heart Association3 invece suddivide i pazienti in stadi in base

alla presenza dei fattori di rischio per lo sviluppo dello scompenso, delle alterazioni strutturali tipiche e dei sintomi.

Figura 5 Classificazione AHA3 dello scompenso

LA TERAPIA MEDICA

Negli stadi iniziali l’approccio terapeutico allo scompenso cardiaco prevede la gestione e il trattamento di tutte quelle condizioni che rappresentano fattori predisponenti allo sviluppo di tale sindrome clinica, nonchè la modifica di determinate abitudini comportamentali: risultano quindi fondamentali il trattamento dell’ipertensione, della cardiopatia ischemica, di eventuali valvulopatie, del diabete, della

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dislipidemia; inoltre sarebbe opportuno invitare il paziente alla cessazione del fumo e all’assunzione di sostanze cardiotossiche laddove possibile , alla riduzione nel consumo di alcool e alla perdita di peso, nel caso in cui vi sia un eccesso ponderale.10

Gli obiettivi del trattamento farmacologico dello scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta sono rappresentati dal miglioramento della sintomatologia, dalla riduzione in termini di morbilità e mortalità, dal rallentamento nel deterioramento della funzione miocardica.11

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I farmaci cardine su cui si basa il trattamento sono gli ace-inibitori ( i sartani in caso di non tolleranza o controindicazioni agli ACE-inibitori), i beta- bloccanti, gli antagonisti del recettore dell’aldosterone, a cui si possono aggiungere i diuretici per alleviare la sintomatologia dovuta al sovraccarico di liquidi e alla congestione. Accanto a questi si hanno a disposizione una nuova molecola che combina il valsartan e il sucubutril e l’ivabradina1.

LA TERAPIA ELETTRICA

Per quando riguarda la gestione e il trattamento dello scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta, accanto alla terapia farmacologica, si sta sempre più diffondendo l’impiego di dispositivi quali pacemaker e defibrillatori automatici impiantabili.

Per quanto riguarda la stimolazione cardiaca da parte dei dispositivi mono o bicamerali, fu inizialmente proposta per poter attuare una terapia più aggressiva coi beta bloccanti, potenzialmente limitata dalla eccessiva bradicardia presente in questi pazienti, ottenendo anche una eventuale riduzione del rigurgito mitrale se presente.12 Per valutare

l’ipotesi che la stimolazione bicamerale apportasse dei benefici fu disegnato lo studio DAVID da cui emerse però inaspettatamente l’effetto dannoso di tale strategia terapeutica in termini di ospedalizzazioni e morte per scompenso cardiaco13. Successivamente anche altri studi

hanno confermato come l’impiego di tali dispositivi non sia indicato nel trattamento dello scompenso cardiaco. 12 Questo perché la stimolazione

del ventricolo destro aumenta il grado di dissincronia sia interventricolare che intraventricolare14.

Nel momento in cui un paziente richiede l’impianto di un dispositivo per la stimolazione cardiaca è quindi sempre importante valutare la sua funzione ventricolare sinistra e prendere eventualmente in considerazione i dispositivi di stimolazione biventricolari15: il BLOCK trials

ha dimostrato come in pazienti con blocco atrioventricolare e disfunzione sistolica, la stimolazione biventricolare infatti non solo riduceva la mortalità e la morbilità, ma determinava migliori risultati rispetto alla stimolazione del ventricolo destro.16

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Accanto ai dispositivi per la stimolazione biventricolare, anche i defibrillatori automatici impiantabili trovano indicazioni in determinate categorie di pazienti con scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta.

Figura 7 Indicazioni impianto ICD secondo ESC 20161

La finalità più importante dei defibrillatori automatici impiantabili è quella della prevenzione primaria e secondaria della morte cardiaca improvvisa.12 Questo perché tali dispositivi sono in grado di interrompere

aritmie che potrebbero risultare fatali per il pazienti intervenendo a seconda delle necessità con una stimolazione antitachicardica, con una stimolazione antibradicardica, con una cardioversione o con una defibrillazione.

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3. LA TERAPIA DI RESINCRONIZZAZIONE CARDIACA

INTRODUZIONE E INDICAZIONI SECONDO LE LINEE GUIDA

Nell’ambito della terapia elettrica dello scompenso cardiaco l’impianto di dispositivi per la terapia di resincronizzazione cardiaca (CRT) rappresenta una strategia terapeutica in grado di migliorare la funzionalità di pompa cardiaca e arrestare o invertire il processo di rimodellamento cardiaco, in classi selezionate di pazienti affetti da scompenso cardiaco 17.

Secondo le linee guida del 2016 dell’ European Society of Cardiology (ESC) 1 hanno indicazioni di classe I ( e livello di evidenza A) alla terapia

di resincronizzazione cardiaca, i pazienti che nonostante la terapia medica ottimale, continuino ad essere sintomatici, presentino una frazione di eiezione inferiore al 35%, siano in ritmo sinusale, abbiano una durata del QRS di almeno 150 ms e una morfologia a blocco di branca sinistro. La finalità in questi pazienti è di ridurre la mortalità e la morbilità. Nel caso in cui i pazienti siano sintomatici e in trattamento con terapia medica ottimale, abbiano una frazione di eiezione inferiore al 35 %, siano in ritmo sinusale, presentino un QRS con morfologia a blocco di branca sinistro, ma la cui durata sia compresa tra i 130 e i 149 ms, l’indicazione alla terapia risulta essere di classe I, ma con livello di evidenza B.

I pazienti invece che, indipendentemente dalla classe NYHA, siano affetti da scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta, abbiano necessità di un dispositivo in grado di stimolare adeguatamente i ventricoli, e abbiano un blocco atrioventricolare di alto grado rientrano nella classe di raccomandazione I e livello di evidenza A; l’obiettivo è qua rappresentato dalla riduzione in termini di morbilità.

Le linee guida suggeriscono invece di prendere in considerazione la CRT nel caso in cui i pazienti siano sempre sintomatici nonostante la terapia medica ottimale, abbiano una frazione di eiezione inferiore al 35%, una durata del QRS maggiore o uguale a 150 millisecondi, senza però che sia presente la morfologia a blocco di branca sinistra (IIa B).

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Infine una durata del QRS compresa tra 130 e 149 ms, ma non associata a una morfologia di blocco di branca sinistro, in pazienti sintomatici nonostante la terapia medica ottimale e con una frazione di eiezione inferiore al 35% rappresenta una indicazione di classe IIb e livello di evidenza B.

Figura 8 Indicazioni alla CRT secondo linee guida ESC 2016

Nei pazienti selezionati i benefici apportati dalla terapia di resincronizzazione cardiaca si manifestano con un miglioramento della classe funzionale valutata secondo la classificazione della NYHA, con un miglioramento in termini di qualità di vita, con una riduzione delle ospedalizzazioni 18 e una riduzione complessiva della mortalità17.

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COME E’ FATTO IL DISPOSITIVO 19

I dispositivi per la terapia di resincronizzazione cardiaca sono di due tipi: pacemaker biventricolari (CRT-P) e defibrillatori biventricolari (CRT-D). Il dispositivo è costituito da un generatore e da tre elettrocateteri che conducono gli impulsi al cuore: uno per l’atrio destro, uno per il ventricolo destro, uno per il ventricolo sinistro.

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Il generatore genera l’impulso elettrico che sarà poi trasmesso al miocardio 12 ed è programmabile.

L’elettrocatetere per la stimolazione dell’atrio destro è necessario nei pazienti in ritmo sinusale e non viene tipicamente impiantato nei pazienti con fibrillazione o flutter atriale permanente.

L’elettrocatetere per la stimolazione del ventricolo destro è un componente estremamente importante nei dispositivi di stimolazione biventricolare e viene tipicamente posizionato in posizione apicale, a livello del setto apicale o medio oppure nel tratto di efflusso secondo il sistema di fissazione passiva o attiva.

Infine c’è l’elettrocatetere per il ventricolo sinistro che risulta fondamentale per il ripristino di una adeguata sincronia elettrica e meccanica.

Gli elettrocateteri si distinguono tipicamente in unipolari, bipolari e quadripolari: quelli unipolari erogano l’impulso di stimolazione facendo circolare una corrente elettrica tra la punta dell’elettrodo e la cassa del dispositivo stessa, ma il loro utilizzo sta progressivamente scomparendo; i bipolari hanno un dipolo sulla punta e la corrente di stimolazione circola tra la punta e un anello conduttore.20

Gli elettocateteri per l’atrio destro e per il ventricolo destro sono tipicamente bipolari, per quanto riguarda quelli del ventricolo sinistro possono essere bipolari o quadripolari; quelli bipolari del ventricolo sinistro quando usati in combinazione con quelli del ventricolo destro, consentono di avere a disposizione sei configurazioni per la stimolazione biventricolare.

Tra gli elettrodi quadripolari quello che è stato utilizzato nei pazienti che costituiscono la popolazione di studio di questo lavoro di tesi che verrà successivamente presentato, è il Quartet™ LV lead Model 1458Q, prodotto dalla azienda Saint Jude Medical. E’ costituito da un elettrodo distale e tre elettrodi ad anello e se usato con il dispositivo Saint Jude Medical Unify™ Quadra CRT consente di avere a disposizione dieci, invece che sei vettori di stimolazione.

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Figura 10 SJM Quartet ™ LV Lead Model 1458Q

IMPIANTO E POSIZIONAMENTO ELETTROCATERI19

I dispositivi per la terapia di resincronizzazione cardiaca possono essere impiantati ‘de novo’ oppure rappresentare un upgrade di un dispositivo di stimolazione/defibrillazione già impiantato nel paziente. Solitamente vengono impiantati mediante tecnica transvenosa, considerando il posizionamento di un elettrocatetere per via chirurgica epicardica epicardica solo come seconda scelta in pazienti in cui l’approccio transvenoso non sia andato a buon fine, oppure che presentino una malattia venosa occlusiva o in coloro che abbiano già programmato un intervento di cardiochirurgia.

Viene effettuata una piccola incisura 2-3 cm sotto la clavicola e, monitorando tutta la procedura grazie ad immagini fluoroscopiche, si sfruttano la vena cefalica, ascellare o succlavia per portare gli elettrocateteri nelle sezioni destre del cuore, dove verranno ancorati e collegati al generatore che viene poi inserito in una tasca sottocutanea della zona del muscolo grande pettorale.

Per quanto riguarda l’elettrocatetere sinistro è necessario incannulare il seno coronarico a partire dall’atrio destro e percorrerlo a ritroso fino a

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raggiungere una vena percorribile nella zona laterale o posterolaterale del ventricolo sinistro; tale sito anatomico nei pazienti con scompenso cardiaco rappresenta di solito quello ad attivazione più ritardata.

Vari studi hanno dimostrato come individuare il sito di maggiore ritardo elettrico al momento dell’impianto, sia predittivo di migliore risposta in termini di beneficio emodinamico, incremento della frazione di eiezione, riduzione del volume telesistolico e riduzione del rigurgito mitralico. 19

Inoltre altri autori hanno suggerito che l’efficacia maggiore in termini di resincronizzazione potesse essere proporzionale alla distanza tra l’elettrocatetere del ventricolo destro e quello del ventricolo sinistro21.

La valutazione e l’individuazione tramite varie metodiche di imaging, del punto di maggiore ritardo meccanico, seppure sia stata studiata e sia da alcuni ritenuta un fattore aggiuntivo da valutare, non trova ancora un accordo né indicazioni al suo impiego nella pratica clinica.

Un altro elemento condizionante la risposta alla CRT è rappresentato dal fatto che il tessuto miocardico da stimolare sia vitale e non siano presenti cicatrici.

Lo scopo principale della terapia di resincronizzazione cardiaca è ottenere una sincrona contrazione tra il ventricolo destro e il sinistro e affinchè questo sia possibile, è necessario che la percentuale di stimolazione effettiva dei ventricoli da parte del dispositivo impiantato sia il più possibile vicina al 100%. Al fine di raggiungere tale obiettivo riveste un ruolo importante la programmazione dell’intervallo AV, che rappresenta l’intervallo di tempo che intercorre tra l’attività atriale, sia essa spontanea o stimolata, e la stimolazione dei due ventricoli. Solitamente tale intervallo si programma compreso tra i 90 ms e i 120 ms in modo da evitare che si verifichi la fisiologica conduzione atrioventricolare, massimizzando così la stimolazione biventricolare. Per quanto riguarda invece la programmazione dell’intervallo VV, cioè l’intervallo tra la stimolazione del ventricolo destro e del ventricolo sinistro, l’intervallo ottimale non è stato definito in maniera assoluta. Solitamente si tende a determinare tale intervallo sulla base della durata e della morfologia del complesso QRS che si ottiene con i vari vettori di stimolazione testando intervalli variabili da 0 a 30 ms, evitando di scegliere quelli che si associano a un QRS largo o a una morfologia a

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blocco di branca sinistra, tenendo però presente il concetto che non necessariamente lo scegliere una configurazione di stimolazione che garantisca un QRS stretto si traduce automaticamente in una ottimale sincronizzazione meccanica.

La variazione post-procedura (ottimizzazione) dell’intervallo AV e VV si prende solitamente in considerazione nei pazienti che non traggono benefici dalla terapia, tuttavia il suo ruolo è ancora oggetto di studio, avendo alcuni suggerito la necessità di valutarlo soprattutto nei pazienti ischemici con pregressa cicatrice miocardica22.

COMPLICANZE19

L’incidenza di complicanze è variabile tra gli studi, risultando maggiore negli interventi di upgrade di un precedente dispositivo rispetto all’impianto ‘de novo’ (anche se mancano ampi studi comparativi al riguardo).

Per quanto riguarda le complicanze più precoci abbiamo la dissezione del seno coronarico, l’insorgenza di uno pneumotorace, la perforazione cardiaca o il verificarsi di ematomi nella sede di impianto del dispositivo; infine in casi di interventi complessi e prolungati si possono verificare complicanze conseguenti alla lunga esposizione alle radiazioni.

Complicanze tardive sono la dislocazione degli elettrocateteri, le infezioni e i malfunzionamenti.

IL RAZIONALE DELLA CRT

I pazienti candidati alla terapia di resincronizzazione cardiaca sono pazienti in cui oltre a persistere una frazione di eiezione sotto il 35% nonostante la terapia medica ottimale, è presente uno slargamento del complesso QRS con una morfologia a blocco branca sinistra1, espressione

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24 Figura 11 Fisiologica conduzione elettrica del cuore15

Tale reperto, relativamente frequente nel contesto di cardiopatie di varia eziologia, è secondario al rimodellamento cardiaco presente nei pazienti affetti da scompenso cardiaco, e alla fibrosi del sistema di conduzione23

con conseguente disomogenea e anomala attivazione del tessuto cardiaco. Il blocco di branca sinistro e la conseguente dissincronia ventricolare determinano due effetti principali: da un lato peggiorano la funzionalità sistolica del ventricolo, dall’altro compromettono la contrattilità, innescando un circolo vizioso e contribuendo al peggioramento dello scompenso cardiaco.23 Il persistere di un’anomalia

dell’attivazione induce inoltre fenomeni di rimodellamento anche a livello cellulare e molecolare, determinando alterazioni in termini di perfusione, consumo di glucosio e captazione del calcio23.

La tesi che la presenza di un blocco completo di branca sinistra o altri ritardi di conduzione peggiorino la funzionalità di pompa in pazienti con scompenso cardiaco, è stata supportata da vari studi in cui si mettevano a confronto pazienti affetti da scompenso cardiaco ed è stato evidenziato che quelli che presentavano un blocco di branca sinistro completo o un ritardo intraventricolare erano solitamente pazienti appartenenti a una classe NYHA più elevata, che complessivamente avevano una prognosi globale peggiore14 .

In particolare si parla di dissincronia interventricolare per indicare la situazione in cui i due ventricoli non si contraggono in maniera sincrona,

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25

e di dissincronia intraventricolare per indicare che il setto si contrae prima della parete laterale del ventricolo sinistro. 14

Sono proprio questi due aspetti che spiegano perché la stimolazione del ventricolo destro con i tradizionali dispositivi bicamerali non sia raccomandata nei pazienti con scompenso cardiaco; essendo emerso da analisi retrospettive e studi randomizzati che tale approccio sia in grado di peggiorare lo scompenso cardiaco12.

Il ripristino di un’adeguata ed omogenea attivazione, sincronizzando l’attività contrattile atrio-ventricolare, interventricolare e intraventricolare è il fondamento della terapia di resincronizzazione cardiaca 24 e il meccanismo con cui si realizza un positivo ‘rimodellamento

inverso’ del ventricolo sinistro.

Gli studi CARE-HF 25e MIRACLE26 hanno dimostrato che la terapia di

resincronizzazione cardiaca determina un miglioramento della funzionalità contrattile, valutata in termini di frazione di eiezione, che in termini di rimodellamento inverso, valutato in termini di volumi telesistolici e telediastolici ventricolari sinistri e di area di rigurgito mitralico, avendo importanti ripercussioni positive sulla mortalità e sulla morbilità.

Inoltre ulteriori vantaggi della CRT sono rappresentati dal fatto che all’aumento della contrattilità non si associa un aumento del consumo di ossigeno né un’aumentata richiesta metabolica da parte del miocardio

14, si ha un aumento dell’indice cardiaco e una riduzione delle pressioni

di riempimento polmonare, i pazienti tollerano e rispondono meglio alle terapie, risulta altresì migliorata la funzionalità diastolica .

Il PROBLEMA DELLA NON RISPOSTA ALLA CRT

Nonostante la comprovata efficacia della terapia di resincronizzazione cardiaca nel trattamento di selezionate categorie di pazienti affetti da scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta, la letteratura scientifica riporta un tasso di non risposta a tale strategia terapeutica pari al 20-30% , che secondo alcuni studi è stimato arrivare fino al 40-50%27.

(27)

26

Nell’analizzare la risposta a tale strategia terapeutica la prima controversia emerge nella scelta dei parametri da individuare per definire la risposta o meno: negli studi MIRACLE e MIRACLE-ICD per esempio la differenza tra i RESPONDER e i NON RESPONDER si valutava in base alla progressione clinica di malattia: il miglioramento di una classe NYHA era considerato indice di risposta, mentre l’assenza di cambiamento in termini di classe NYHA o la morte del paziente definivano la non risposta. 28 Tra i parametri più frequentemente

utilizzati negli studi che si ponevano come obiettivo quello di valutare la risposta e l’efficacia della terapia di resincronizzazione troviamo comunque parametri ecocardiografici, in particolare la frazione di eiezione e il volume telesistolico ventricolare sinistro. Quello che solitamente è emerso è che i tassi di non risposta erano maggiori negli studi che prendevano in considerazione parametri ecocardiografici, probabilmente perché in questi non entra in gioco l’effetto placebo.27

Le ragioni del perché i pazienti rispondano in maniera eterogenea alla terapia di resincronizzazione cardiaca sono molteplici : l’estensione e il tipo della dissincronia meccanica, la causa dell’insufficienza cardiaca e il sito di stimolazione da parte dell’elettrocatetere 27 per il ventricolo

sinistro.

Per quanto riguarda il primo fattore bisogna considerare che tra i pazienti che presentano un blocco di branca sinistra, esistono differenti tipi di dissincronia : un primo tipo (tipo I) in cui l’attivazione è più omogenea e si propaga lentamente dal setto interventricolare alla parete laterale del ventricolo sinistro 29, e un secondo tipo (tipo II) detto U- shaped pattern,

che è quello che si associa a risposte migliori alla terapia di resincronizzazione cardiaca23 , e che è il risultato di un blocco della

conduzione a livello della parete anteriore del ventricolo sinistro29 .A

questo proposito uno studio ha dimostrato come la percentuale di rimodellamento inverso si verificasse nel 100% dei pazienti col pattern di attivazione di tipo II e solo nel 33% dei pazienti con pattern di attivazione di tipo I23. Inoltre sono stati descritti pazienti che pur presentando un

blocco di branca sinistro non avevano una dissincronia meccanica.30

Per quanto riguarda invece la causa dello scompenso cardiaco, numerosi studi hanno evidenziato come le risposte migliori si ottenessero in quei pazienti che avevano come causa una cardiopatia non ischemica.27

(28)

27

Il primo studio a riportare che pazienti con cardiopatia ad eziologia non ischemica avevano un miglioramento in termini di incremento della frazione di eiezione e decremento della classe NYHA, superiore rispetto a quelli con eziologia ischemica, è stato quello di Gasparini e coll. , in seguito l’evidenza che nei soggetti con cardiopatia non ischemica si verificasse in percentuale significativamente maggiore il rimodellamento inverso, è stata confermata da numerosi studi tra cui il MIRACLE, il CARE-HF, il REVERSE, il MADIT-CRT31.

Nei pazienti ischemici un ruolo determinate è giocato dalla presenza di tessuto cicatriziale: quest’ultimo se localizzato in sede posterolaterale si associa a un diminuito tasso di risposta alla terapia di resincronizzazione cardiaca, valutata in termini di miglioramento della classe NYHA e del six-minutes walking test; inoltre la stimolazione del tessuto cicatriziale rispetto al tessuto vitale si associa anche a una aumento della mortalità e della morbilità.32 Ritorna quindi ancora una volta l’importanza della

sede di stimolazione tra i fattori responsabili della variabiltà inter-individuale alla risposta , in particolare il sito di stimolazione dovrebbe corrispondere alla sede di maggior ritardo elettrico27 e non dovrebbe

comprendere una regione di tessuto cicatriziale32. Altri studi hanno poi

dimostrato che oltre alla presenza in sé e per sé di tessuto cicatriziale, alla sua localizzazione, alla sua transmuralità, 33, anche la sua estensione

può essere un fattore rilevante, evidenziando come la risposta alla CRT sia direttamente correlata con l’estensione del tessuto miocardico vitale e inversamente correlata all’estensione di quello cicatriziale . 22 In

particolar modo l’estensione del miocardio vitale era correlata in maniera lineare con l’incremento della frazione d’eiezione e il decremento dei volumi telesistolici e telediastolici, valutati a sei mesi, mentre l’estensione del tessuto cicatriziale aveva una relazione inversa con gli stessi parametri22.

Altre cause responsabili di una non risposta alla terapia possono essere l’impiego di criteri troppo restrittivi per definire il concetto di risposta, un’ inadeguata selezione dei pazienti, una percentuale di stimolazione subottimale28, la dislocazione degli elettrocateteri, nonché le numerose

(29)

28

Figura 12 Mullems et al.JACC VOL.53, NO 9, 2009 March 3, 2009 : 765-73

Proprio per la grande variabilità che entra in gioco nel definire la risposta alla terapia di resincronizzazione cardiaca, un’importante sfida è individuare le metodiche che possano aiutare a identificare nel migliore dei modi i pazienti che possono ottenere i migliori risultati da tale approccio terapeutico. Tale obiettivo secondo alcuni potrebbe ottenersi grazie alle nuove metodiche di imaging, in particolar modo la TC e la risonanza magnetica, che rispetto all’ecocardiografia offrono maggiore risoluzione spaziale e informazioni più precise.30

(30)

29

4. LA STIMOLAZIONE MULTISITO

CARATTERISTICHE E RAZIONALE

Visti i tassi di non risposta alla terapia standard che a seconda degli studi vanno da una percentuale del 20-30% fino al 40-50%27, la stimolazione

ventricolare multisito, pur non essendo ancora considerata un metodo evidence-based, può rappresentare una possibile e interessante strategia terapeutica in alcuni pazienti sottoposti a terapia di resincronizzazione cardiaca29. Il cercare quindi delle strategie atte a

migliorare la percentuale di risposta nei pazienti sottoposti a terapia di resincronizzazione cardiaca è una delle sfide che hanno portato allo sviluppo di nuove tecniche e tecnologie, tra cui la modalità di stimolazione multisito, che sembra apportare benefici soprattutto nei pazienti affetti da cardiopatia ischemica e con pregressa cicatrice29.

La stimolazione multisito, che prevede che il tessuto cardiaco venga stimolato da più di un punto, si può ottenere in due modi: tramite l’impianto di un un elettrocatetere quadripolare in ventricolo sinistro, compatibile con l’attivazione di tale modalità, oppure tramite il posizionamento di multipli elettrocateteri, che possono essere due nel ventricolo sinistro e uno nel ventricolo destro, oppure due nel ventricolo destro e uno nel ventricolo sinistro. 29

Il principio di tale modalità si basa sul fatto che stimolando da più di un punto si ottiene il reclutamento una maggiore quantità di tessuto cardiaco, ottenendo inoltre un’attivazione elettrica più rapida29 e

omogenea34 del tessuto miocardico che oltre a risultare più simile a

quella che avviene in condizioni fisiologiche, si traduce in una migliore resincronizzazione29.

STIMOLAZIONE MULTISITO TRAMITE MULTIPLI ELETTROCATETERI

Per quanto riguarda la stimolazione multisito tramite multipli elettrocateteri i risultati sono discordanti: da un lato alcuni studi hanno dimostrato come l’impianto di un elettrocatetere nel ventricolo destro e due nel ventricolo sinistro (attraverso multipli rami del seno coronarico),

(31)

30

sia una procedura sicura che correla con un maggiore rimodellamento inverso rispetto alla tradizionale stimolazione biventricolare35, altri

hanno invece evidenziato come i benefici si evidenzino solo in casi selezionati (pazienti con cicatrici in sede posterolaterale) e come si possano avere delle ripercussioni negative in termini di durata della batteria29 del dispositivo, nonché rischi correlati alla maggiore durata

della procedura di impianto, a una maggiore possibilità di dislocazione degli elettrocateteri e un più alto tasso di infezioni34.

Il problema e la limitazione degli studi portati a termine finora, è stato il coinvolgimento di un esiguo numero di pazienti; si spera quindi che risultati più attendibili sia in termini di effetti che di sicurezza possano essere ottenuti dallo studio STRIVE-HF36, attualmente in corso 29.

STIMOLAZIONE MULTISITO TRAMITE ELETTROCATETERE QUADRIPOLARE

E’ tuttavia l’impiego di elettrocateteri multipolari che rappresenta la modalità attualmente più diffusa per ottenere la stimolazione multisito.29

La prima ditta a produrre questo tipo di elettrocateteri è stata St. Jude Medical, che ha prodotto Quartet™, l’elettrocatetere quadripolare per stimolazione ventricolare sinistro, che consente tramite un device dedicato, l’attivazione sequenziale di due dei dieci vettori a disposizione con l’elettrodo quadripolare, creando una particolare modalità di stimolazione che prende il nome di MultiPoint™.

Tale elettrocatetere è stato impiantato in tutti i pazienti oggetto di studio del presente lavoro di tesi.

(32)

31

Figura 13 Immagine tratta da Antoniadis, A.P. et al. Updates in Cardiac Resynchronization Therapy for Chronic Heart Failure: Revie,w of Multisite Pacing Curr. Heart Fail. Rep. 14, 1-8 (2017)

Tale strategia non ha presentato complicanze correlate agli elettrocateteri rispetto alla terapia biventricolare standard, mostrando anzi dei vantaggi per esempio per quanto riguarda l’inappropriata stimolazione del nervo frenico.34

I primi studi si sono concentrati nel dimostrare l’efficacia della stimolazione MultiPoint™ rispetto alla stimolazione biventricolare standard valutandola a breve termine in riferimento al miglioramento dell’emodinamica acuta34, della contrattilità37 e del grado di dissincronia

meccanica38, riportando in parte dei risultati incoraggianti che non sono

stati però sempre confermati (lo studio iSPOT 39, per esempio, non ha

evidenziato miglioramenti significativi).

Per quanto riguarda i risultati più a lungo termine Pappone e coll. , prendendo in esame la riduzione del volume telesistolico e l’incremento della frazione di eiezione, hanno dimostrato come il miglioramento ottenuto con la stimolazione multisito si prolungasse anche a distanza di 12 mesi, a differenza di quanto ottenuto con la stimolazione biventricolare standard in cui il miglioramento era limitato all’immediato (3 mesi) senza migliorare ulteriormente a distanza di 12 mesi.40

(33)

32

Infine , pur essendo la stimolazione multisito nata come strategia per migliorare i tassi di risposta nei pazienti che non traggono benefici dalla terapia biventricolare standard, un piccolo studio ha suggerito il suo possibile ruolo nell’ottenere migliori risultati anche nei pazienti che già avevano risposto positivamente.41

Quello che tuttavia sembra emergere da un recentissimo articolo di Antoniadis e coll. pubblicato ad agosto 2017 è che, nonostante la stimolazione multisito sia interessante e potenzialmente utile , siano ancora necessari studi ampi e randomizzati (un esempio è rappresentato dallo studio MORE-CRT MPP 42, ancora in corso) che forniscano

informazioni maggiori riguardo l’efficacia e la sicurezza di tale tecnica, e che consentano quindi di considerarla come una routinaria strategia terapeutica.29

(34)

33

5. LO STUDIO MORE-CRT MPP

42

(MOre REsponse on Cardiac Resynchronization Therapy)

OBIETTIVO E CARATTERISTICHE DELLO STUDIO

Lo studio MORE-CRT MPP è uno studio prospettico, randomizzato, multicentrico a cui anche l’U.O. Cardiologia 2 dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana ha partecipato, che si pone l’obiettivo di valutare gli effetti dell’attivazione della modalità MultiPoint™ in pazienti che, dopo sei mesi di terapia biventricolare risultavano NON RESPONDER (considerando come criterio di non risposta la mancata riduzione del volume telesistolico ventricolare sinistro).

E’ costituito da due fasi: la prima in cui la programmazione della MPP™ è libera e la seconda che prevede una programmazione obbligatoria. Tale fase è stata aggiunta a seguito dei risultati dello studio MPP IDE43 che ha

dimostrato come programmando la modalità MPP con determinati parametri, si ottenga una migliore risposta rispetto ad altre programmazioni. Nello specifico la programmazione da attuare prevede che la distanza tra i due catodi sinistri sia di almeno 30 mm e che il ritardo LV1-LV2 e LV2-RV sia di 5 ms.

Il numero di pazienti da arruolare è di 1898 per entrambe le fasi.

La durata complessiva dello studio è di 66 mesi di cui 48 mesi per le inclusioni (gli arruolamenti dovrebbero concludersi a metà del 2018) e 12 mesi per il follow up, oltre al tempo che sarà necessario per l’elaborazione di dati.

SELEZIONE DEI PAZIENTI

Per quanto riguarda i criteri di inclusione, risultavano eleggibili i pazienti che, oltre a soddisfare le indicazioni all’impianto di CRT in classe I o IIa

(35)

34

secondo le linee guida ESC o ACCF/AHA/HRS (inclusi upgrading da ICD mono o bicamerale ) fossero stati adeguatamente informati e resi consapevoli e partecipi del progetto e che avessero firmato un consenso scritto.

Venivano esclusi invece i pazienti che avessero già precedentemente subito un impianto con un altro dispositivo CRT, avessero avuto un infarto o un episodio di angina instabile nei 40 giorni precedenti l’arruolamento, fossero stati sottoposti a una procedura di rivascolarizzazione cardiaca ( PTCA, stent o CABG) nelle 4 settimane precedenti o la avessero in programma nei tre mesi successivi, avessero avuto un ictus o un TIA nei tre mesi precedenti, avessero una valvulopatia primaria, fossero affetti da fibrillazione atriale persistente, fossero in valutazione per un trapianto cardiaco nei 12 mesi successivi o ne avessero già subito uno, avessero un’aspettativa di vita inferiore ai 12 mesi, avessero meno di 18 anni, fossero in stato di gravidanza o programmassero una gravidanza nel periodo di follow up dello studio, infine pazienti che non fossero nella piena capacità di comprendere la partecipazione allo studio e conseguentemente esprimere il loro parere favorevole.

Una volta appurato che i soggetti rispettino i criteri di inclusione e di esclusione, affinchè i partecipanti possano essere definiti come ‘soggetti qualificati’ è necessario che l’impianto vada a buon fine e che si verifichi in tutti la possibilità dell’attivazione della modalità MPP™.

DESCRIZIONE DELLO STUDIO

Tutti i soggetti qualificati vengono valutati al momento della visita basale e successivamente a sei mesi, momento in cui vengono divisi in RESPONDER e NON RESPONDER in base alla percentuale di riduzione del volume telesistolico ventricolare sinistro, considerando come cut-off una riduzione del 15%.

A questo punto i soggetti RESPONDER escono dallo studio, mentre i soggetti NON RESPONDER vengono randomizzati in rapporto 1:1 a

(36)

35

seconda che la modalità MPP ™ venga attivata o meno (MPP™ ON vs MPP™ OFF).

Entrambi i gruppi di pazienti verranno poi rivalutati a 12 mesi con l’obiettivo di valutare la percentuale di soggetti NON RESPONDER che in seguito all’attivazione della modalità MPP™ diventano RESPONDER, utilizzando sempre come parametro la riduzione del 15% del volume telesistolico ventricolare sinistro rispetto al valore basale.

Accanto a questo che rappresenta l’endpoint primario, gli endpoint secondari prevedono la valutazione della riduzione del volume telesistolico ventricolare sinistro nella visita a sei mesi (dopo sei mesi di terapia di resincronizzazione cardiaca standard), la valutazione dello score di Packer, uno score multiparametrico, a dodici mesi sia rispetto al basale che rispetto ai sei mesi, la valutazione del volume telediastolico e della frazione di eiezione, le modifiche nella classe NYHA e nel six-minutes walking test, la valutazione del questionario sulla qualità di vita.

RISULTATI

Lo studio è ancora in corso, per cui sarà necessario attendere i risultati definitivi.

(37)

36

6. SCOPO DELLA TESI

Obiettivo del presente lavoro di tesi è stato quello di valutare gli effetti dell’attivazione della modalità di stimolazione MultiPoint™ in una coorte di 17 pazienti sottoposti per un periodo di sei mesi a terapia biventricolare standard.

(38)

37

7. MATERIALI E METODI

POPOLAZIONEDELLO STUDIO

Sono stati studiati i pazienti sottoposti a impianto del dispositivo Unify™ Quadra CRT sviluppato dalla Saint Jude Medical , tra settembre 2014 e ottobre 2016 nell’ U.O. di Cardiologia 2 dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana.

La popolazione è composta da 17 pazienti, di cui 14 di sesso maschile e 3 di sesso femminile e l’età media al momento dell’impianto era 74±6.91 (range 63-84 anni) ; in 7 di loro la causa dello scompenso cardiaco era rappresentata dalla cardiopatia ischemica ( 5 con pregresso infarto del miocardio), nei restanti 10 pazienti la problematica era su base non ischemica: in tutti i pazienti l’ indicazione all’impianto del dispositivo rispettava i criteri di classe I o IIA delle linee guida dell’ ESC.1

CAUSA DELLO SCOMPESNO NUMERO PERCENTUALE POPOLAZIONE

Cardiopatia ischemica 7 41.18%

Cardiopatia non ischemica 10 58.82%

Tabella numero 1

Cause di scompenso nella popolazione di studio

SELEZIONE DEI PAZIENTI

Nella fase iniziale dello studio tutti i pazienti rispettavano i criteri di inclusione e di esclusione adottati dallo studio MORE42 precedentemente

(39)

38

ACQUISIZIONE DEI DATI

Tutti i pazienti prima dell’impianto (tempo zero) sono stati sottoposti ad un esame ecocardiografico mono-bidimensionale e color doppler scegliendo come unico parametro ecocardiografico da valutare, il volume telesistolico ventricolare sinistro, uno dei parametri che meglio esprime il processo di rimodellamento inverso 14 e che meglio correla con la

sopravvivenza a lungo termine dei pazienti.44

A sei mesi è stato rivalutato il volume telesistolico ventricolare sinistro di tutti i pazienti e sono stati divisi in due gruppi: un gruppo A di pazienti che avevano risposto già positivamente a sei mesi di terapia di resincronizzazione cardiaca ‘classica’ , che rappresentavano il 53% (9/17) della popolazione iniziale di studio, e un gruppo B nei quali invece il trattamento non aveva di fatto apportato benefici, che rappresentavano il restante 47% (8/17).

Il cut off scelto per classificare i pazienti come appartenenti ai due gruppi è stato la riduzione del 15% del volume telesistolico ventricolare sinistro rispetto al valore basale: i pazienti che mostravano una riduzione maggiore o uguale al 15% sono stati considerati RESPONDER, quelli che invece si attestavano su un valore minore sono stati classificati come NON RESPONDER.

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39 GRUPPO A: PAZIENTI RESPONDER (9)

SESSO EZIOLOGIA VARIAZIONE %

LVESV PAZIENTE 1 M Cardiopatia ischemica + IM Riduzione 16.75% PAZIENTE 2 M Cardiopatia non ischemica Riduzione 30.43% PAZIENTE 3 F Cardiopatia non ischemica Riduzione 20% PAZIENTE 4 M Cardiopatia non ischemica Riduzione 40.30% PAZIENTE 5 M Cardiopatia non ischemica Riduzione 26.98% PAZIENTE 6 M Cardiopatia non ischemica Riduzione 21.54% PAZIENTE 7 M Cardiopatia non ischemico Riduzione 47.20% PAZIENTE 8 F Cardiopatia non ischemica Riduzione 47% PAZIENTE 9 M Cardiopatia ischemica Riduzione 23.08% Tabella numero 2

LVESV: volume telesistolico ventricolare sinistro IM: infarto miocardio

(41)

40

GRUPPO B: PAZIENTI NON RESPONDER (8)

SESSO EZIOLOGIA VARIAZIONE %

LVESV PAZIENTE 10 M Cardiopatia ischemico +IM Aumento 1.39% PAZIENTE 11 F Cardiopatia non ischemica Riduzione 11.92% PAZIENTE 12 M Cardiopatia non ischemica Riduzione 11.11% PAZIENTE 13 M Cardiopatia non ischemico Riduzione 2.24% PAZIENTE 14 M Cardiopatia ischemica + IM Aumento 5.93% PAZIENTE 15 M Cardiopatia ischemico +IM Riduzione 3.85 % PAZIENTE 16 M Cardiopatia ischemica Riduzione 1.36 % PAZIENTE 17 M Cardiopatia Ischemico +IM Riduzione 1.24 % Tabella numero 3

LVESV: volume telesistolico ventricolare sinistro IM: infarto miocardio

Dopo sei mesi è stata quindi attivata la modalità MultiPoint™ in entrambi i gruppi di pazienti per valutarne successivamente gli effetti nei due gruppi e complessivamente.

Il gruppo A dei pazienti RESPONDER oggetto di studio si è però ridotto da 9 soggetti a 7 in quanto in due pazienti ( paziente numero 7 e paziente numero 8) i risultati ottimali ( riduzione in entrambi del volume telesistolico ventricolare sinistro del 47% rispetto al basale)già raggiunti al controllo a sei mesi hanno suggerito di lasciare inalterata la terapia, mentre nel gruppo B dei NON RESPONDER in un paziente (numero 16) la

(42)

41

stimolazione del nervo frenico non ha reso possibile l’attivazione della modalità MultiPoint™.

A 12 mesi è stato valutato nuovamente il volume telesistolico del ventricolo sinistro rispetto a quello misurato a sei mesi e rispetto al tempo zero (quindi dopo 6 mesi di terapia di resincronizzazione cardiaca classica e sei mesi di terapia di resincronizzazione cardiaca con modalità di stimolazione MultiPoint™ attivata).

RISULTATI E DISCUSSIONE

E’ emerso che nel gruppo dei pazienti RESPONDER l’attivazione della modalità MultiPoint™ ha determinato una ulteriori riduzione del volume telesistolico del ventricolo sinistro nel 43% dei pazienti (3/7), nel 57% dei pazienti invece si è verificato un aumento rispetto al volume misurato a sei mesi ,cioè dopo stimolazione standard (vedi tabella 4).

Confrontando la media dei volumi telesistolici a sei e a dodici mesi, rispettivamente pari a 104±37.86 e 105.29±28.53, col test di student e considerando come statisticamente significativo un valore di p< 0.05 otteniamo che l’attivazione della modalità MPP™ determina un lieve aumento complessivo del volume telesistolico, che però non risulta statisticamente significativo.

Per quanto riguarda invece la valutazione della riduzione del volume telesistolico tra il tempo zero e i 12 mesi nello stesso gruppo di pazienti ( RESPONDER) si evidenzia come nell’86 % (6/7) dei soggetti continuavano ad esserci significative riduzioni ( cut off del 15%).

In questo caso il confronto della media dei volumi telesistolici nei due momenti (al tempo zero e a dodici mesi), pari rispettivamente a 140±49.23 e 105.29±28.53, sempre considerando come statisticamente significativo un valore di p< 0.05, ha consentito di evidenziare una riduzione statisticamente significativa.

(43)

42 GRUPPO A : PAZIENTI RESPONDER (7)

VOLUME TELESISTOLICO TRA 6 E 12 MESI VOLUME TELESISTOLICO TRA ZERO E 12 MESI

PAZIENTE 1 Riduzione 12.64% Riduzione 27.27%

PAZIENTE 2 Aumento 18.75% Riduzione 17.39%

PAZIENTE 3 Aumento 3.26 % Riduzione 17.39%

PAZIENTE 4 Riduzione 1.64% Riduzione 41.29%

PAZIENTE 5 Aumento 20% Riduzione 11.90%

PAZIENTE 6 Riduzione 4.90% Riduzione 25%

PAZIENTE 9 Aumento 7% Riduzione 17.69%

Tabella numero 4

Grafico numero 1

Nel gruppo B dei NON RESPONDER invece l’attivazione della modalità MultiPoint™ portava a una ulteriore riduzione del volume telesistolico del 4.11% ( paziente 10) nel 14% dei casi (1/7) ; nel 29% (2/7) il volume

(44)

43

restava invariato (paziente 15 e paziente 17), infine nel 57% ( 4/7) si registrava un aumento( vedi tabella 4).

Andando a confrontare la media dei volumi telesistolici a sei e a dodici mesi, pari rispettivamente a 140.71±52.42 e 148.29±58.15, col test t di student e considerando sempre come statisticamente significativo un valore di p< 0.05, è emerso un lieve aumento complessivo del volume, non statisticamente significativo, che non ci ha consentito quindi di dimostrare un miglioramento a seguito dell’attivazione della modalità MPP; non potendo però neanche dimostrare la sua non utilità, vista l’assenza, probabilmente determinata dal ristretto campione, della significatività statistica.

Nel suddetto gruppo per quanto riguarda la valutazione complessiva a 12 mesi sempre considerando come cut off quello della riduzione del 15% nessuno di questi pazienti aveva significative riduzioni rispetto ai valori basali.

Anche in questo caso il confronto della media dei volumi telesistolici tra il tempo zero e i 12 mesi, pari rispettivamente a 144.43±46.29 e 148.29±58.15, valutati col test t di student non ci ha consentito di dimostrare un miglioramento a seguito dell’attivazione del MPP, evidenziando un lieve peggioramento non statisticamente significativo.

GRUPPO B: PAZIENTI NO N RESPONDER (7)

VOLUME TELESISTOLICO TRA 6 E 12 MESI VOLUME TELESISTOLICO TRA ZERO E 12 MESI

PAZIENTE 10 Riduzione 4.11% Riduzione 2.78%

PAZIENTE 11 Aumento 3% Riduzione 9.27%

PAZIENTE 12 Aumento 21.67% Aumento 8.15%

PAZIENTE 13 Aumento 6.87% Aumento 4.48%

PAZIENTE 14 Aumento 8% Aumento 14%

PAZIENTE 15 Invariato Riduzione 3.85%

PAZIENTE 17 Invariato Riduzione 1.24%

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44

Grafico numero 2

Un dato importante da segnalare è però che nei pazienti NON RESPONDER a 6 mesi la percentuale di stimolazione biventricolare era minore del 99% nell’86% ( 6/7) di loro , e a 12 mesi nel 57% ( 4/7).

Nei pazienti RESPONDER invece la percentuale di stimolazione biventricolare valutata a 6 mesi era inferiore al 99% nel 43% (3/7), e lo stesso risultato si otteneva a 12 mesi.

La stimolazione ottimale in termini di programmazione di MPP™ era analoga nei gruppi di RESPONDER e NON RESPONDER e si aveva solo nel 28% (2/7) dei soggetti : questo alla luce dei risultati del recentissimo studio MPP IDE43 che ha evidenziato come una migliore risposta si possa

ottenere programmando l’MPP™ coi due catodi distanziati di almeno 30 mm e scegliendo ritardi di programmazione corti (5ms) e che è stato applicato solo nei pazienti programmati recentemente.

Complessivamente quindi a seguito dell’attivazione della modalità MultiPoint™ nel 29 % (4/14) dei pazienti si è osservata un’ ulteriore riduzione del volume telesistolico del ventricolo sinistro, valutato dopo sei mesi dall’attivazione di quest’ultima, nel 57% (8/14) un aumento, nel 14% (2/7) non vi è stata nessuna variazione.

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45

Confrontando la media dei volumi telesistolici tra i sei e i dodici mesi dei 14 pazienti considerati, pari rispettivamente a 122.36±47,88 e 126.79±49.34 ,col test di student, quello che emerge è un lieve peggioramento non statisticamente significativo, che quindi ancora una volta non consente di dimostrare un miglioramento a seguito dell’attivazione della MPP; tuttavia , vista la ristrettezza del campione e la non significatività statistica, non ci consente di sostenere neanche la non utilità del MPP.

Infine la valutazione del volume telesistolico a dodici mesi rispetto alla valutazione basale (quindi dopo sei mesi di stimolazione biventricolare tradizionale e sei mesi di stimolazione MultiPoint™) ha evidenziato come il 43% (6/14) continua ad avere significative riduzioni (cut off del 15%) del volume telesistolico, il 36% (5/15) presenta riduzioni del volume non significative (quindi inferiori rispetto al cut off del 15% stabilito), il 21% (3/14) presenta un aumento.

Il confronto della media dei volumi telesistolici di tutti i 14 pazienti valutati tra il tempo zero e i 12 mesi , pari rispettivamente a 142.21±45.97 e 126.79±49.34 , col test t di student ha evidenziato un trend di miglioramento complessivo che però, a causa dell’esiguità del campione non raggiunge la significatività statistica ( p = 0.066).

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46

CONCLUSIONI

In questo studio abbiamo voluto valutare l’utilità della successiva attivazione della modalità MultiPoint™ in pazienti già sottoposti a stimolazione biventricolare tradizionale per un periodo di sei mesi. L’obiettivo era valutare se in questo modo emergessero degli ulteriori miglioramenti in termini di riduzione del volume telesistolico, sia nei pazienti che avevano precedentemente risposto alla terapia standard di stimolazione biventricolare, sia in quelli che non avevano risposto.

I dati che abbiamo ottenuto non sono in linea con quelli della maggior parte dei lavori che dimostrano l’efficacia della stimolazione MultiPoint™ come strategia per migliorare la mancata risposta alla CRT standard e data l’esiguità del campione e la valutazione di un limitato numero di parametri, risultano inconclusivi.

Possiamo infatti concludere che l’attivazione della modalità MultiPoint™ non sembra apparentemente apportare ulteriori miglioramenti in termini di riduzione del volume telesistolico valutato tra i 6 e i 12 mesi in nessuna categoria di pazienti.

Un miglioramento statisticamente significativo sembrerebbe emergere però in pazienti già RESPONDER a 6 mesi con stimolazione CRT standard che, rivalutati a 12 mesi (dopo 6 mesi di CRT standard e CRT con modalità MultiPoint™) continuano ad avere riduzioni significative del volume rispetto al basale, suggerendo l’importanza di ulteriori studi e indagini al fine di valutare se tale categoria di pazienti possa trarre ulteriori benefici da questo tipo di terapia.

Dai dati acquisiti sembra infatti che siano i pazienti già RESPONDER alla terapia tradizionale che potrebbero trarre maggiore giovamento dalla modalità MultiPoint™.

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