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Capitolo 5 La campagna di validazione 2014 della PTM, versione 2.0

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Capitolo 5

La campagna di validazione 2014 della PTM,

versione 2.0

Descrizione del programma sperimentale, effettuato tra Luglio e Dicembre 2014, e della successiva analisi statistica dei risultati ottenuti, condotti per verificare le effettive capacità del prototipo PTM 2.0 in confronto alle macchine da laboratorio conformi agli standard previsti dalle normative tecniche attuali.

5.1

Descrizione del programma sperimentale

Il programma sperimentale previsto per la campagna di validazione descritta nel presente capitolo prevede la preparazione di provini di malta e di calcestruzzo. Tutti i provini sono stati confezionati direttamente presso il Laboratorio Ufficiale per le Esperienze sui Materiali da

Costruzione (LUECM) dell’Università di Pisa. In analogia a quanto è stato fatto in occasione

della prima campagna di validazione, i provini sono stati sottoposti a prove di rottura utilizzando sia le macchine di cui è dotato il laboratorio, sia la PTM 2.0. In particolare, il programma sperimentale è stato articolato come descritto di seguito.

- Preparazione di n° 60 provini in calcestruzzo di dimensioni 10 cm x 10 cm x 50 cm, suddivisi in quattro serie da n° 15 provini ciascuna. Ogni serie corrisponde ad una classe di calcestruzzo. Le quattro classi sono: C16/20, C20/25, C25/30, C28/35.

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- Preparazione di n° 60 provini di malta di dimensioni 4 cm x 4 cm x 16 cm, suddivisi in quattro serie da n° 15 provini ciascuna. Ogni serie prevede una diversa proporzione tra i componenti della malta (cioè un diverso rapporto tra le quantità di cemento e di calce idraulica), come sarà descritto nel seguito.

- Esecuzione delle prove di rottura a flessione con le macchine di prova ufficiali del laboratorio e con la PTM 2.0, secondo la tabella riportata in seguito:

Materiale Macchina di prova Numero di provini (minimo) Dimensioni (cm) Cls Instron 24 (6x4) 10 x 10 x 50 PTM 2.0 24 (6x4) Malta Galdabini 24 (6x4) 4 x 4 x 16 PTM 2.0 24 (6x4)

Tabella 5.1 – Prove di flessione

- Esecuzione delle prove di rottura a compressione con la macchina di prova “Galdabini” del laboratorio e con la PTM 2.0, secondo la tabella riportata nel seguito. Tali prove saranno effettuate sui campioni ricavati dai monconi delle prove di flessione. In particolare, per il calcestruzzo saranno preparati dei provini cubici di lato 10 cm da sottoporre a prova sulla Galdabini e dei provini cilindrici con diametro d = 8 cm e altezza pari al diametro provati a compressione con la PTM 2.0. Per quanto riguarda la malta, saranno utilizzati direttamente i monconi senza lavorazioni ulteriori.

Materiale Macchina di prova Numero di provini (minimo) Dimensioni (cm) Cls Galdabini 48 (2x6x4) d = 8,4 h = 8,4 PTM 2.0 48 (2x6x4) d = 8,4 h = 8,4 Malta Galdabini 48 (2x6x4) 4 x 4 x 8 PTM 2.0 48 (2x6x4) 4 x 4 x 8

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5.2

Le prove sui campioni di calcestruzzo

5.2.1 Preparazione dei campioni di calcestruzzo

5.2.1.1 Il Mix Design

Il Mix Design è letteralmente il “progetto della miscela” o più esattamente “il calcolo della

composizione del calcestruzzo a partire dalle prestazioni richieste (durabilità, resistenza meccanica, ecc.) e dalle caratteristiche delle materie prime disponibili (cemento, inerti, additivi) [16]. Esso si basa su alcune correlazioni sperimentali esistenti tra la composizione

del calcestruzzo e le proprietà possedute dall’impasto. I parametri fondamentali riguardano:

- Il quantitativo di acqua per metro cubo di calcestruzzo fresco, a (kg/m³). Influenza la lavorabilità del conglomerato fresco; la quantità d’acqua dipende principalmente dal tipo di inerte (tondeggiante o frantumato) e dall’eventuale presenza di additivi (aeranti, ecc.).

- Il rapporto acqua cemento a/c. Il valore da adottare dipende dalla resistenza meccanica (Rck) che si intende conferire al conglomerato indurito, dal tipo e dalla classe del cemento, dalla durabilità del calcestruzzo indurito in relazione al grado di aggressione ambientale, ovvero la classe di esposizione della struttura.

- Il volume di aria, a’. Si regola il valore di aria per contrastare la formazione di ghiaccio in funzione della classe di esposizione; tale volume si trova in funzione del diametro massimo dell’aggregato.

1) La quantità di cemento. Noto il valore di a e di a/c, è possibile calcolare il valore della quantità di cemento c e quindi per differenza il volume di inerte ൌ ࢂࢉ࢒࢙െࢂെ ࢂࢇᇱെࢂࢉ constatando che per trovare i volumi è necessario conoscere le masse

volumiche dei vari elementi (rispettivamente pari a 1 Kg/l per l’acqua e 3,1 Kg/l per il cemento)

2) Il volume degli inerti. Il volume totale Vi viene ripartito in quello dei singoli inerti in base alla curva granulometrica di questi rispetto alla curva granulometrica prescelta (Fuller, Boolomey, ecc.), come richiede la composizione ottimale dell’inerte. Al

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solito, dai volumi ottenuti si ricavano i rispettivi pesi della sabbia e della ghiaia attraverso le loro masse volumiche ݉௦ed ݉௚.

Figura 5.1 – Schematizzazione del Mix Design

5.2.1.2 La regola di Lyse

La regola di Lyse si riferisce alla quantità di acqua che occorre impiegare per confezionare calcestruzzi di diversa consistenza. Tale classe, identificata con codici (da S1 ad S5), corrisponde ad un intervallo di lavorabilità espresso attraverso la misura dello slump.

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Figura 5.2 – Classi di consistenza

Tale regola può essere riassunta con due enunciati molto semplici e complementari:

- Per un diametro massimo dell’aggregato, maggiore è la classe di consistenza richiesta per il calcestruzzo fresco, maggiore deve essere la quantità di acqua;

- Per una data classe di consistenza del calcestruzzo, maggiore è il diametro massimo dell’aggregato, minore è la richiesta d’acqua per conseguire la consistenza prefissata.

Figura 5.3 – Richiesta d’acqua in funzione del diametro massimo dell’aggregato e della classe di consistenza

Da sottolineare che in presenza di aggregati frantumati o tondeggianti, la richiesta d’acqua rispettivamente aumenta o diminuisce di 10 Kg/m³.

Nella composizione dei nostri impasti, corrispondenti come già descritto precedentemente a quattro classi di resistenza, abbiamo utilizzato come dato di partenza:

- Diametro massimo dell’aggregato ܦ௠௔௫ ൌ ʹͲ݉݉

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arrivando ad ottenere un valore di acqua ܽ ൌ ͳͻͷܭ݃Ȁ݉Ϳ al quale si sono aggiunti 10 Kg/m³ perché sono stati utilizzati inerti frantumati.

5.2.1.3 La resistenza caratteristica in funzione di a/c e della classe del cemento

La correlazione ܴ௖௞െܽ ܿΤ ,ricavata sperimentalmente misurando la resistenza meccanica media dei calcestruzzi con rapporto a/c noto, dipende soprattutto dal tipo e dalla classe del cemento impiegato.

Figura 5.4 – Correlazione Rck – a/c per tre diversi cementi

Per ogni tipo di cemento (la norma UNI EN 197-1 ne prevede centocinquanta tipi), sarebbe possibile tracciare una curva come quelle del grafico appena esposto. Tuttavia, tenendo conto delle effettive prestazioni dei vari cementi, è possibile raggruppare tutti i tipi di cemento in tre grandi gruppi a seconda della classe di resistenza ed indipendentemente dal tipo:

- Gruppo con cementi di classe 32,5 e 32,5 R - Gruppo con cementi di classe 42,5 e 42,5 R - Gruppo con cementi di classe 52,5 e 52,5 R

Da questo tipo di correlazione è stato possibile ricavare il rapporto acqua/cemento definito come ሺܽȀܿሻin base alla resistenza caratteristica, per ognuna delle quattro classi di calcestruzzo confezionate.

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5.2.1.4 La classe di esposizione

Le Norme Tecniche per le Costruzioni NTC 2008 definiscono la vita utile di progetto come il periodo di tempo durante il quale la struttura, purchè soggetta a manutenzione ordinaria, deve poter essere usata per lo scopo al quale essa è destinata.

La vita utile di progetto è strettamente collegata con la durabilità della struttura ed è funzione dell’intensità e del rinnovi di cicli di sollecitazioni chimiche, fisiche e meccaniche alle quali la struttura potrà essere sottoposta in servizio. In particolare si deve limitare il degrado indotto dall’attacco chimico-fisico, dalla corrosione e dai cicli gelo disgelo. A questo scopo il progettista, dopo aver opportunamente valutato le condizioni ambientali del sito, deve fissare le caratteristiche del calcestruzzo, lo spessore del copri ferro e le modalità di stagionatura. Per una valutazione della durabilità del calcestruzzo, si fa riferimento alla UNI EN 206, che prevede sei classi di esposizioni ambientali:

- Classe X0: nessun rischio di corrosione

- Classe XC: corrosione delle armature per carbonatazione

- Classe XD: corrosione delle armature per cloruri non presenti in acque marine - Classe XS: corrosione delle armature per cloruri in acque marine

- Classe XF: degrado del calcestruzzo per cicli gelo disgelo - Classe XA: attacco chimico del calcestruzzo

Si è scelto quindi di fare riferimento ad una classe di esposizione comune, la XC, e per la precisione la XC4, la quale prevede un rapporto acqua cemento massimo ሺܽ ܿΤ ሻଵǡ௠௔௫ ൌ Ͳǡͷ.

5.2.1.5 Rapporto acqua/cemento utilizzato

Come si può notare nei paragrafi precedenti, abbiamo due rapporti acqua/cemento: uno che ne garantisce la resistenza meccanica e l’altro che ne garantisce la durabilità. In questo caso ci possiamo trovare di fronte a tre diverse situazioni:

1) Il rapporto ሺܽ ܿΤ ሻଵ imposto dai vincoli di durabilità coincide con quello ሺܽ ܿΤ ሻଶ

derivante dalla Rck: in questo caso non esistono, ovviamente, problemi sulla scelta; 2) Il valore ሺܽ ܿΤ ሻଵ imposto dai vincoli di durabilità è maggiore di quello ሺܽ ܿΤ ሻଶ

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prosecuzione del mix design, si utilizza il valore ሺܽ ܿΤ ሻ derivante dalla Rck il quale soddisfa anche il vincolo imposto dalla durabilità;

3) Il valore di ሺܽ ܿΤ ሻଵ imposto dalla durabilità è inferiore a quello ሺܽ ܿΤ ሻଶ derivante dalla

Rck: in questo caso, che si verifica per valori di Rck medio bassi, per la prosecuzione del mix design si utilizza il valore ሺܽ ܿΤ ሻ imposto dalla durabilità; ciò comporta che il valore della resistenza caratteristica risulterà più alto rispetto a quello previsto originariamente.

Nel nostro caso, avendo a che fare con quattro classi di resistenza medio basse, siamo rientrati sempre nel caso 3) e quindi il mix desgin dovrebbe essere ottenuto con il rapporto ሺܽ ܿΤ ሻ derivante dai vincoli di durabilità. Tuttavia, si avrebbe un aumento di resistenza caratteristica che non sarebbe più congruente con la capacità del PTM 2.0 e del martinetto scelto per effettuare le prove di compressione.

Concludendo, si è quindi deciso di ignorare i vincoli di durabilità e si è fatto riferimento solamente al rapporto a/c che ci garantisse una precisa resistenza meccanica Rck.

5.2.1.6 Combinazione degli inerti disponibili

Come ultimo passo si calcola il volume di inerte totale Vi per bilancio di volume tra quello del calcestruzzo da una parte e quello dei singoli ingredienti dall’altra:

ࢂ࢏ ൌ ࢂࢉ࢒࢙െࢂࢇെࢂࢇᇱെࢂࢉሺͷǤͳሻ

Dove Vi è il volume totale degli inerti per 1 m³ di calcestruzzo, a’ è la percentuale in volume di aria presente den conglomerato deducibile dal seguente grafico in funzione del diametro massimo dell’aggregato.

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Noto quindi a’, è possibile risalire a Vi e di conseguenza ai volumi di sabbia e di ghiaia attraverso le analisi granulometriche ( determinate per vagliature ) utilizzando la distribuzione granulometrica di riferimento (Fuller, Boolomey, ecc.) scelta.

Una volta calcolati i Vs e Vg espressi in l/m³, è possibile risalire alle masse di sabbia s e ghiaia g attraverso le corrispondenti masse volumiche (corrispondenti a 2,6-2,7 Kg/l).

5.2.1.7 Analisi granulometrica

Per determinare la distribuzione granulometrica dell’aggregato si ricorre alla separazione mediante vagliatura, con setacci di diversa apertura delle maglie, di un campione significativo dell’inerte prelevato. L’inerte è separato in diverse frazioni granulometriche ciascuna delle quali è compresa dimensionalmente tra l’apertura del setaccio attraverso cui il materiale è passato e quella del setaccio dove l’inerte è trattenuto; successivamente si pesano le quantità delle singole frazioni granulometriche che espresse percentualmente rispetto al peso totale consentono di calcolare il materiale trattenuto da ogni setaccio; sommando per ogni setaccio tutti i trattenuti parziali dei setacci con apertura superiore si ottiene il trattenuto cumulativo per la dimensione.

5.2.1.8 Distribuzione granulometrica ideale

Per realizzare un conglomerato con la massima densità possibile la curva granulometrica del sistema granulare nella sua interezza deve seguire l’equazione di Fuller e Thompson:

ܲ ൌ ͳͲͲ כ ሺ݀ ܦൗ ௠௔௫ሻଵȀଶሺͷǤʹሻ

Dove P è la percentuale di passante al setaccio con apertura d e Dmax è la dimensione massima dell’aggregato (nel nostro caso pari a 20 mm). D’altra parte, un calcestruzzo che soddisfa l’equazione (5.2) non coincide con un sistema che, miscelato con acqua, possa essere facilmente messo in opera per la sua ridotta mobilità.

In pratica si ha un calcestruzzo poco lavorabile e pertanto Boolomey ha suggerito di modificare la curva granulometrica introducendo un parametro A che tenga conto anche della lavorabilità richiesta e del tipo di aggregato disponibile:

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ܲ ൌ ܣ ൅ ሺͳͲͲ െ ܣሻ כ ሺ݀ ܦൗ ௠௔௫ሻ

ଵȀଶሺͷǤ͵ሻ

Il parametro A dipende dalla consistenza che vogliamo ottenere (slump) e dal tipo di aggregati:

Figura 5.6 – Valori di A, Boolomey

Fissato quindi il diametro massimo dell’aggregato a 20 mm, scelta la classe di consistenza ed il tipo di aggregato, è possibile disegnare la curva granulometrica secondo l’equazione (5.3) di Boolomey.

Poiche le equazioni (5.2) e (5.3) rappresentano le distribuzioni granulometriche ideali del sistema “aggregato + cemento”, esse possono essere riferite anche al solo aggregato se si conosce la percentuale di cemento C riferita al peso di tutti i solidi:

ܥ ൌ ܿ ൅ ݅ሺͷǤͶሻܿ

Quindi la curva granulometrica di Boolomey riferita al solo aggregato si modificherà in :

ܲ ൌ ܣ ൅ ሺͳͲͲ െ ܣሻሺ ݀ܦ௠௔௫ሻ

ଵȀଶെ ܥ

ͳͲͲ െ ܥ כ ͳͲͲሺͷǤͷሻ

L’impiego della curva di Boolomey rispetto a quella di Fuller comporta un maggiore utilizzo di materiale fino (che migliora la lavorabilità) ed una minore quantità di inerte grosso.

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5.2.1.9 Tabelle riassuntive del Mix Design

Tutta la procedura finora esposta, è stata riportata sinteticamente in tabelle che permettono di trovare le quantità di ogni singolo ingrediente della miscela.

Tabella 5.3 – Scelte progettuali

Tabella 5.4 – Volume dell’aggregato per m³

Percentuale % passante a d (mm) Classe cls D max (mm) A 20 10 5 2,5 1,5 16/20 20 0,125876332 12 100 74,19291 55,94454 43,041 36,01926 20/25 20 0,148270347 12 100 74,18712 55,93466 43,02823 36,00491 25/30 20 0,168222028 12 100 74,18197 55,92586 43,01684 35,99212 28/35 20 0,187105072 12 100 74,17708 55,91752 43,00606 35,98001

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Classe

cls

Volume impasto n° 20 provini 10x10x50 cm (m³)

Peso inerti per intervallo di setacciatura (kg)

10<d<20 5<d<10 2,5<d<5 1,5<d<2,5 d<1,5

16/20 1825,106 0,1 47,10067 33,3052 23,55033 12,81543 65,73895 20/25 1784,257 0,1 46,0568 32,56708 23,0284 12,53141 64,242 25/30 1747,634 0,1 45,12047 31,90499 22,56023 12,27664 62,90104 28/35 1712,771 0,1 44,22875 31,27445 22,11438 12,03402 61,62552

Tabella 5.6 – Suddivisione del peso dell’aggregato secondo la vagliatura per un m³

MIX DESIGN somma betoniera singola (Kg) Classe cls Volume impasto n° 20 provini 10x10x50 cm (m³) acqua (Kg,l) cemento (Kg)

Peso inerti per intervallo di setacciatura (kg)

10<d<20 5<d<10 2,5<d<5 1,5<d<2,5 d<1,5 16/20 0,1 20,5 26,28205 47,10067 33,3052 23,55033 12,81543 65,73895 229,2926 20/25 0,1 20,5 31,06061 46,0568 32,56708 23,0284 12,53141 64,242 229,9863 25/30 0,1 20,5 35,34483 45,12047 31,90499 22,56023 12,27664 62,90104 230,6082 28/35 0,1 20,5 39,42308 44,22875 31,27445 22,11438 12,03402 61,62552 231,2002 TOTALE 0,4 82 132,1106 182,5067 129,0517 91,25335 49,6575 254,5075

Tabella 5.7 – Mix Design

5.2.1.10 Le Casseforme

Per il contenimento del getto e la maturazione dei provini, si è deciso di utilizzare casseforme in polistirolo semplice preparate appositamente. Tali casseforme, pur non essendo riutilizzabili e quindi distrutte durante lo scassettamento, sono risultate molto adatte al lavoro in questione per la facilità di trasporto e disarmo. Sono state realizzate 12 casseforme contenenti 5 provini ciascuna.

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5.2.1.11 Esecuzione dei getti

Una volta costruite le curve granulometriche corrispondenti ad ogni classe e aver stabilito tutte le dosi di ogni materiale, si è passati alla ricerca dei materiali veri e propri.

A questo proposito per quanto riguarda l’inerte sono stati acquistati n° 1600 Kg di inerte così suddiviso:

- 800 Kg di sabbione 0/5 - 400 Kg di graniglia 5/10 - 400 Kg di graniglia 10/20

Le due classi di graniglia, come si può notare dalle tabelle precedenti, corrispondono proprio all’intervallo di setacciatura richiesto dalla curva granulometrica mentre per la terza classe di inerti è stato necessario setacciare tutto il materiale per poter avere la suddivisione necessaria. Sono stati utilizzati i vagli presenti in laboratorio da 2,5 mm e 1,5 mm.

Figura 5.8 - Macchina utilizzata per la setacciatura

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Figura 5.10a – Risultato della setacciatura: inerte con 2,5 mm < d < 5 mm

Figura 5.10b - Risultato della setacciatura: inerte con 1,5 mm < d < 2,5 mm

(15)

Successivamente al completamento della setacciatura, avendo tutti i materiali a disposizione, si è proceduto alla preparazione delle betoniere (secondo la Tabella 5.7 – Mix Design) e quindi dei getti delle classi di cls. Ogni classe è stata suddivisa in 2 betoniere.

Figura 5.11 - Preparazione ultimata di un getto di classe 28/35, vibrato e pronto per la maturazione

Figura 5.12 - Provini in maturazione

Figura 5.13 - Estrazione dei provini dalle casseforme

In seguito si è atteso la completa maturazione dei provini a 28 giorni e dopo si è proceduto con le prove previste nella campagna sperimentale come da Tabella 5.1 e Tabella 5.2.

(16)

5.2.2 Verifica preliminare del funzionamento della PTM 2.0

Una volta che i provini hanno raggiunto la maturazione, e la PTM 2.0 è stata completata in tutti i suoi particolari dall’officina, è stato possibile cominciare la campagna di sperimentazione. Tuttavia, prima di eseguire le prove ufficiali precedentemente descritte nelle tabelle 5.1 e 5.2, sono sorte spontanee alcune domande: come lavora effettivamente il prototipo appena costruito? Come si ripartisce lo sforzo nelle aste durante una qualsiasi prova di compressione? La ripartizione dello sforzo è quella attesa?

Per rispondere a tutte queste domande, la soluzione più semplice è stata quella di eseguire delle prove preliminari di compressione su delle carote di diverso diametro (d = 45 mm e d = 84 mm) ricavate dai provini precedentemente confezionati. Prima di effettuare queste prove, la PTM è stata strumentata utilizzando estensimetri elettrici a resistenza (EER), incollati su ognuna delle aste presenti (quindi in totale n° 8 estensimetri) e collegati ad una centralina UPM 100 in modo tale da poter monitorare le prove ed essere in grado di ottenere il grafico tempo- deformazione (t - με).

5.2.2.1 Cenni sugli estensimetri elettrici a resistenza

L'estensimetro è uno strumento di misura utilizzato per rilevare piccole deformazioni dimensionali di un corpo sottoposto a sollecitazioni meccaniche o termiche. Tali strumenti hanno la capacità di rilevare le variazioni di distanza relativa fra due qualsiasi punti dell'elemento in prova lungo la loro congiungente, misurandone quindi la deformazione, pari al rapporto tra la variazione subita dai due punti considerati a causa del carico applicato e la loro distanza prima dell'applicazione del carico, definita analiticamente come

ߝ ൌ ߂݈݈ ሺͷǤͳሻ

dove l è la distanza fra i due punti prima della deformazione. Dunque conoscendo a priori le caratteristiche meccanico/fisiche del materiale, misurando le deformazioni si possono facilmente ricavare i carichi a cui il materiale è sottoposto.

Inoltre, utilizzando estensimetri di giusta tipologia e applicandoli in modo oculato si possono rilevare la direzione e il verso di queste deformazioni, e di conseguenza dei carichi presenti nel materiale sotto esame.

(17)

Gli estensimetri elettrici si basano sulla proprietà che la resistenza elettrica è direttamente proporzionale alla resistività del materiale in uso e alla lunghezza del conduttore considerato, e inversamente proporzionale all'area della sezione del conduttore stesso:

ܴ ൌ ߩ݈ܣ ሺͷǤʹሻ

con R valore di resistenza elettrica, ρ resistività del materiale, l lunghezza del provino e A area della sezione esaminata. In prima battuta una variazione di l dovuta ad un allungamento del pezzo su cui è incollato l'estensimetro, provoca una variazione di resistenza misurabile con un ponte di Wheatstone e dalla quale è ricavabile l'allungamento.

Differenziando e dividendo la (5.1) per R si ottiene: ߂ܴ ܴ ൌ  ߂ߩ ߩ ൅ ߂݈ ݈ െ ߂ܣ ܣ ሺͷǤ͵ሻ Dove: il termine ௱ఘ

ఘ rappresenta la variazione di resistività relativa, ௱௟

௟ ൌ ߝ௟ è la deformazione

del conduttore in direzione longitudinale e ௱஺

஺ è la variazione relativa di sezione del

conduttore. Nel caso di un conduttore con sezione circolare di diametro d o con sezione quadrata di lato l si ha:

߂ܣ ܣ ൌ

ʹ߂݀

݀ ൌ ʹߝ௧ሺͷǤͶሻ

dove ߝ è la deformazione del conduttore in direzione trasversale. Per un conduttore sollecitato lungo la direzione longitudinale da uno stato di tensione monoassiale la deformazione trasversale ϵt è legata alla deformazione longitudinale dalla relazione:

ߝ௧ൌ െߥߝ௟ሺͷǤͷሻ

in cui ν è il coefficiente di Poisson del materiale. Sostituendo l'eq. (5.5) nell'eq. (5.4) si ottiene:

߂ܣ

ܣ ൌ ʹߝ௧ ൌ െʹߥߝ௟ሺͷǤ͸ሻ Introducendo queste considerazioni nell'eq. (5.3) si ottiene:

߂ܴ ܴ ൌ 

߂ߩ

ߩ ൅ሺͳ ൅ ʹߥሻߝ௟ሺͷǤ͹ሻ

Questa espressione evidenzia come la variazione di resistenza relativa ΔR/R è legata alla deformazione ߝ e alla variazione di resistività relativa Δρ/ρ che a sua volta dipende dalla deformazione ߝ.

(18)

Figura 5.14 – Esempio di EER

In questo modo si lega direttamente la variazione di resistenza ΔR/R alla deformazione longitudinale. Se ora si immaginasse che il nostro provino, su cui è stato opportunamente incollato un tratto di conduttore, che possa subire fedelmente ogni variazione di sezione subita dal pezzo stesso, venga caricato assialmente da una forza N, esso subirà una deformazione assiale dovuta alla forza di trazione applicata. Con esso anche il conduttore incollato subirà una deformazione, che provocherà nello stesso una variazione di sezione resistente, e quindi di resistività. Se si è in grado, ora, di garantire la medesima deformazione per il pezzo ed il conduttore, si dispone allora dì una legge in grado di correlare la deformazione del conduttore (uguale a quella del pezzo) alla sua variazione di resistenza.

In realtà, però, si è scoperto che la sensibilità di un solo tratto di conduttore incollato al pezzo non era sufficiente per avere una sensibilità che soddisfacesse la prova. Si pensò, quindi, di mettere in serie più tratti di conduttore giungendo alla configurazione più comune degli estensimetri. Il filo di materiale conduttore è, così, disposto a serpentina, in modo da migliorare la sensibilità senza obbligare a disporre di una lunghezza iniziale di misura l eccessiva. I valori tipici di resistenza per un estensimetro a resistenza elettrica sono: R = 120Ω oppure 350Ω con tolleranze dell'1%.

Tuttavia l'estensimetro risulterà parzialmente sensibile anche alle deformazioni secondo la direzione trasversale, a causa della presenza dei gomiti della serpentina, che, anche se per un breve tratto investono la direzione perpendicolare a quella di misura. Per ridimensionare il problema e ridurre la sensibilità trasversale, così viene chiamato questo fenomeno, si costruiscono estensimetri con i raccordi a sezione maggiore.

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Il principale parametro che descrive la caratteristica di un estensimetro è il fattore di taratura dell'estensimetro, più noto con il termine anglosassone di gauge factor G ingegneristicamente k dell'estensimetro. Il fattore di taratura indica la sensibilità dell'estensimetro.

ܩ ൌ ݇ ൌ߂ܴ߂ܮൗܴ ܮ

ൗ ሺͷǤͺሻ

ossia il rapporto tra variazione di resistenza e suo valore iniziale, rapportata alla deformazione. Valori tipici della sensibilità degli estensimetri, nel caso di estensimetri metallici, sono: G = 2, con tolleranze del 1%, 2%. I materiali più comuni per la realizzazione della griglia sensibile sono la costantana (lega rame nichel), o diverse leghe nichel-cromo.

5.2.2.1.1 La dipendenza dalla temperatura

Gli estensimetri sono sensibili alla variazione di temperatura. Per questo motivo nell'effettuazione di una misurazione estensimetrica è molto importante considerare i seguenti fattori: il valore della temperatura a cui si effettua la misura; la variazione di temperatura durante la misurazione.

Gli errori di misura introdotti da variazioni di temperatura possono essere limitati dall'utilizzo di estensimetri auto-compensanti e/o dall'uso di opportuni metodi di compensazione esterni. Nel nostro caso, abbiamo utilizzato una compensazione esterna composta da una piastra di acciaio (che risulta scarica durante le prove perché esterna alla PTM 2.0) alla quale sono collegati due estensimetri adibiti solamente alla cattura della deformazione termica.

5.2.2.2 La scelta dell’estensimetro

Per la nostra applicazione sono stati utilizzati n° 8 estensimetri elettrici della HBM con le seguenti caratteristiche:

Figura 5.15 – Estensimetro 3/120LY11, HBM

Estensimetro 3/120LY11:

- Resistenza = 120 Ω േ0,35% - Gauge factor = 2,02 േ 1% - Sensibilità trasversale = 0,2 %

(20)

5.2.2.3 Il posizionamento degli estensimetri

Come già scritto, si è scelto di incollare un estensimetro per ogni asta presente durante la prova di compressione lungo la direzione principale di trazione. Abbiamo utilizzato quindi in totale n° 8 EER per la misurazione della deformazione sotto carico, più n°2 EER per la compensazione termica. Gli estensimetri sono stati incollati alle parti in acciaio mediante colla bi componente e successivamente protetti da eventuali urti mediante apposito gel.

Figura 5.16 – Posizionamento EER

Posizionamento estensimetri parte 2B:

(sono indicati il numero dell’estensimetro,il canale di

acquisizione dei dati e la parte a cui sono incollati):

Est1-CH0:Parte 2B-1a Est2-CH1:Parte 2B-1b Est3-CH2:Parte 2B-2a Est4-CH3:Parte 2B-2b

Posizionamento estensimetri parte 5:

(sono indicati il numero dell’estensimetro,il canale di

acquisizione dei dati e la parte a cui sono incollati): Est5-CH4:Parte 5-1 Est6-CH5:Parte 5-2 Est7-CH7:Parte 5-3 Est8-CH8:Parte 5-4 E1 E2 E3 E4 E5 E6 E7 E8

(21)

Figura 5.17 – Collegamento degli EER alla centralina UPM 100

5.2.2.4 Esecuzione delle prove preliminari

Una volta preparato tutto il sistema, sono state testate n° 8 carote appartenenti a n° 4 diverse classi di calcestruzzo e con diametro variabile (d = 45 mm, d = 84 mm), in presenza o meno anche del doppio sistema di aste a V (parte 2B).

Oltre al diagramma di output tempo – deformazione (t, με) ricavabile dal programma Catman della HBM, è stato possibile ricostruire anche il diagramma carico-deformazione (με – P(KN)), registrando manualmente il valore del carico a intervalli di tempo regolari. Per limitare gli errori introdotti dall’incertezza dell’istante esatto in cui è stato letto il carico, ogni valore della deformazione in un determinato istante è stato sostituito dalla media di n° 5 valori, i due antecedenti più i due successivi più il valore stesso.

(22)

presenza aste a V NO SI SI SI SI NO SI SI classe cls 16/20 16/20 20/25 20/25 25/30 25/30 28/35 28/35 d carota (mm) 45 84 45 84 45 45 45 45 te mp o ( s)

10 9,5 bar 10,9 bar 10,4 bar 14,1 bar 7,4 bar 13,7 bar 3,1 bar 8,9 bar 20 20 bar 21,4 bar 15,2 bar 19,7 bar 15,9 bar 21,5 bar 10,9 bar 14,9 bar

30 28,8 39,1 21,7 33,5 29,1 34,6 17,5 23,7 40 31,7 56,9 29,6 51,3 41 46,3 24,8 38,1 50 36,9 81,8 36,4 73 56,5 50,2 31 50,6 60 40,8 105,5 47,6 99,8 58,8 \ 49,3 62,6 70 \ 143,8 57,7 124,5 68,3 \ 60,7 70,8 80 \ 167,7 63,5 152,4 \ \ 79,2 \ 90 \ 174,7 \ 182,8 \ \ 92 \ 100 \ 177,8 \ 205,2 \ \ \ \ 110 \ \ \ 233,1 \ \ \ \ 120 \ \ \ 249,6 \ \ \ \ 130 \ \ \ 276,3 \ \ \ \ 140 \ \ \ 301,1 \ \ \ \ 150 \ \ \ 306,1 \ \ \ \

Tabella 5.8 – Carote testate nelle prove preliminari, risultati step di carico

Riportiamo nel seguito i grafici tempo-deformazione relativi agli estensimetri presenti durante le prove preliminari ed i grafici deformazione carico ricavati indirettamente

(23)

- Carota 1: classe 16/20, d = 45 mm,Parte 2 B non presente

Figura 5.19a – Diagramma deformazione - tempo

Figura 5.19b – Diagramma deformazione – carico

-30 -10 10 30 50 70 90 0 20 40 60 80 100 μ ε t (s) _CH6_est 5 _CH7_est 6 _CH8_est 7 _CH9_est 8 0 2 4 6 8 10 12 14 0 10 20 30 40 50 60 70 P ( K N ) με i _CH6_est 5 _CH7_est 6 _CH8_est 7 _CH9_est 8

(24)

- Carota 2: classe 16/20, d = 84 mm,Parte 2 B presente

Figura 5.20a – Diagramma deformazione - tempo

Figura 5.20b – Diagramma deformazione – carico

-50 0 50 100 150 200 0 20 40 60 80 100 120 μ ε t (s) _CH2_est 1 _CH3_est 2 _CH4_est 3 _CH5_est 4 _CH6_est 5 _CH7_est 6 _CH8_est 7 _CH9_est 8 0 10 20 30 40 50 60 -50 0 50 100 150 200 P ( K N ) με i _CH2_est 1 _CH3_est 2 _CH4_est 3 _CH5_est 4 _CH6_est 5 _CH7_est 6 _CH8_est 7 _CH9_est 8

(25)

- Carota 3: classe 20/25, d = 45 mm,Parte 2 B presente

Figura 5.21a – Diagramma deformazione - tempo

Figura 5.21b – Diagramma deformazione – carico

-20,00 -10,00 0,00 10,00 20,00 30,00 40,00 50,00 60,00 70,00 80,00 0 20 40 60 80 100 120

μ

ε

t (s

) _CH2_est 1 _CH3_est 2 _CH4_est 3 _CH5_est 4 _CH6_est 5 _CH7_est 6 _CH8_est 7 _CH9_est 8 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 -10 0 10 20 30 40 50 60

P

(

K

N

)

με i

_CH2_est 1 _CH3_est 2 _CH4_est 3 _CH5_est 4 _CH6_est 5 _CH7_est 6 _CH8_est 7 _CH9_est 8

(26)

- Carota 4: classe 20/25, d = 84 mm,Parte 2 B presente

Figura 5.22a – Diagramma deformazione - tempo

Figura 5.22b – Diagramma deformazione – carico

-50 0 50 100 150 200 250 300 0 50 100 150 200 250

μ

ε

t (s

) _CH2_est 1 _CH3_est 2 _CH4_est 3 _CH5_est 4 _CH6_est 5 _CH7_est 6 _CH8_est 7 _CH9_est 8 0 20 40 60 80 100 -50 0 50 100 150 200 250 300 P ( K N ) με i _CH2_est 1 _CH3_est 2 _CH4_est 3 _CH5_est 4 _CH6_est 5 _CH7_est 6 _CH8_est 7 _CH9_est 8

(27)

- Carota 5: classe 25/30, d = 45 mm,Parte 2 B presente

Figura 5.32a – Diagramma deformazione - tempo

Figura 5.23b – Diagramma deformazione – carico

-20 -10 0 10 20 30 40 50 60 70 80 0 20 40 60 80 100

μ

ε

t (s

) _CH2_est 1 _CH3_est 2 _CH4_est 3 _CH5_est 4 _CH6_est 5 _CH7_est 6 _CH8_est 7 _CH9_est 8 0 5 10 15 20 25 -20 0 20 40 60 80 P ( K N ) με i _CH2_est 1 _CH3_est 2 _CH4_est 3 _CH5_est 4 _CH6_est 5 _CH7_est 6 _CH8_est 7 _CH9_est 8

(28)

- Carota 6: classe 25/30, d = 45 mm,Parte 2 B non presente

Figura 5.24a – Diagramma deformazione - tempo

Figura 5.24b – Diagramma deformazione – carico

-10 0 10 20 30 40 50 60 0 20 40 60 80

μ

ε

t (s

) _CH6_est 5 _CH7_est 6 _CH8_est 7 _CH9_est 8 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 0 20 40 60 P ( K N ) με i _CH6_est 5 _CH6_est 5 _CH8_est 7 _CH9_est 8

(29)

- Carota 7: classe 28/35, d = 45 mm,Parte 2 B presente

Figura 5.25a – Diagramma deformazione - tempo

Figura 5.25b – Diagramma deformazione – carico

-30,00 -10,00 10,00 30,00 50,00 70,00 90,00 0 20 40 60 80 100

μ

ε

t (s

) _CH2_est 1 _CH3_est 2 _CH4_est 3 _CH5_est 4 _CH6_est 5 _CH7_est 6 _CH8_est 7 _CH9_est 8 0 5 10 15 20 25 30 -10 40 90 P ( K N ) με i _CH2_est 1 _CH3_est 2 _CH4_est 3 _CH5_est 4 _CH6_est 5 _CH7_est 6 _CH8_est 7 _CH9_est 8

(30)

- Carota 8: classe 28/35, d = 45 mm,Parte 2 B presente

Figura 5.26a – Diagramma deformazione - tempo

Figura 5.25b – Diagramma deformazione – carico

-30,00 -10,00 10,00 30,00 50,00 70,00 90,00 110,00 0 20 40 60 80 100

μ

ε

t (s

) _CH2_est 1 _CH3_est 2 _CH4_est 3 _CH5_est 4 _CH6_est 5 _CH7_est 6 _CH8_est 7 _CH9_est 8 0 5 10 15 20 25 -30 20 70 P ( K N ) με i _CH2_est 1 _CH3_est 2 _CH4_est 3 _CH5_est 4 _CH6_est 5 _CH7_est 6 _CH8_est 7 _CH9_est 8

(31)

5.2.2.5 Conclusioni sulle prove preliminari di compressione

Prima di riportare le conclusioni, è necessario premettere che i provini sottoposti a prova sono nella maggior parte carote da 45 mm, un diametro che non permette di ottenere risultati accurati e ripetibili sui campioni. Inoltre ogni carota, dopo l’attestatura, presenta caratteristiche variabili in termini di altezza e ortogonalità delle superfici di base. Altro fattore che contribuisce a incrementare le incertezze nelle misure è la presenza, inevitabile, di piccoli errori di costruzione e montaggio della PTM 2.0. A questo proposito, il fatto che l’estensimetro n°6 registri deformazioni sistematicamente più grandi rispetto agli altri dello stesso gruppo fa nascere il sospetto che l’asta su cui è installato sia leggermente diversa dalle altre.

Detto ciò, non era onesto aspettarsi che gli estensimetri appartenenti ad uno stesso gruppo di aste si comportassero esattamente nello stesso modo e registrassero le medesime identiche deformazioni. Tuttavia, dai grafici riportati si denota una chiara demarcazione tra i due gruppi di estensimetri (il primo da 1 a 4, il secondo da 5 a 8), coerentemente a quanto riportato nel paragrafo §4.2.4.1. 7

Andiamo adesso a fare un confronto tra gli sforzi ottenuti nella aste durante l’esecuzione di queste prove con quelli teorici ricavati dai modelli di SAP 2000 e SolodWorks.

- Carota 2: Cl 16/20, d = 84 mm, P max = 57,8 kN - Carota 4: Cl 20/25, d = 84 mm, P max = 100,2 kN ߝ௠௔௫ǡଶ஻ ൌ ʹͻǡͷͺߤߝ ܰଶ஻ ൌ ܧܣଶ஻ߝ௠௔௫ǡଶ஻ ൌ ͳǡͷͷ͵݇ܰ ߪଶ஻ ൌ ܧߝ௠௔௫ǡଶ஻ ൌ ͸ǡʹͳܰȀ݉݉; ܰଶ஻ǡௌ஺௉ ൌ ͸ǡͲͻ݇ܰ ߪଶ஻ǡௌௐ ൌ ͸ǡͶܰȀ݉݉; Parte 2B/CH 2 – EST 1: ܣଶ஻ = 250 mm² ߝ௠௔௫ǡହ ൌ ͳ͸ͺǡͻ͸ߤߝ ܰହ ൌ ܧܣହߝ௠௔௫ǡହ ൌ ͳͷǡͻ͸͹݇ܰ ߪହ ൌ ܧߝ௠௔௫ǡହ ൌ ͵ͷǡͶͻܰȀ݉݉; ܰହǡௌ஺௉ ൌ ʹʹǡͻͲ݇ܰ ߪହǡௌௐൌ ͵ͳǡͶܰȀ݉݉; Parte 5/CH 6 – EST 5: ܣହ = 450 mm² ߝ௠௔௫ǡଶ஻ ൌ ͳͶǡ͹ͳߤߝ ܰଶ஻ ൌ ܧܣଶ஻ߝ௠௔௫ǡଶ஻ ൌ Ͳǡ͹͸݇ܰ ߪଶ஻ ൌ ܧߝ௠௔௫ǡଶ஻ ൌ ͵ǡͳͷܰȀ݉݉; ܰଶ஻ǡௌ஺௉ ൌ ͳͲǡͷ݇ܰ ߪଶ஻ǡௌௐ ൌ ͵ǡͳܰȀ݉݉; Parte 2B/CH 2 – EST 1: ܣଶ஻ = 250 mm² ߝ௠௔௫ǡହ ൌ ʹͺͳǡ͵ͺߤߝ ܰହ ൌ ܧܣହߝ௠௔௫ǡହ ൌ ʹ͸ǡͷͻ݇ܰ ߪହ ൌ ܧߝ௠௔௫ǡହ ൌ ͷͻǡͲͻܰȀ݉݉; ܰହǡௌ஺௉ ൌ ͵ͻǡ͹݇ܰ ߪହǡௌௐൌ ͷͻǡͳܰȀ݉݉; Parte 5/CH 6 – EST 5: ܣହ = 450 mm²

(32)

5.2.3 Le prove per la determinazione della resistenza caratteristica del

calcestruzzo

Questa tipologia di prova si è resa necessaria per stabilire quale fossa la vera resistenza del calcestruzzo da noi confezionato. Si è fatto riferimento alla norma UNI EN 12390-3 [6]. la quale impone che siano testati a compressione n° 3 cubi di lato 10 cm in modo tale da poter ricavare la resistenza caratteristica a compressione Rck e successivamente la si è confrontata con i valori teorici da noi imposti.

Si è proceduto quindi prendendo, per ogni classe confezionata, un provino prismatico delle dimensioni 10x10x50 cm e tagliandolo in modo da ottenere n° 3 cubi 10x10x10 cm. Successivamente sono stati portati a rottura per compressione mediante la macchina da laboratorio Galdabini e si è risaliti alla resistenza caratteristica. I risultati della prova sono riportati nel paragrafo 5.4.1.1.

(33)

5.2.4 La prova di flessione con PTM 2.0

La prova di flessione è stata condotta cercando di rispettare il più possibile i dettami della normativa vigente UNI EN 12390-5 “Prove su calcestruzzo indurito – resistenza a flessione

dei provini” [4].

La prova consiste nel sottoporre provini di calcestruzzo di forma prismatica a flessione mediante l’applicazione di un carico attraverso il martinetto idraulico del PTM.

La velocità di carico che è stata utilizzata per effettuare le prove di flessione con il dispositivo portatile è stata di 22 bar/minuto che corrisponde ad una velocità 120 N/s indicata dalla normativa UNI EN 12390-5.

Per effettuare queste prove il dispositivo viene regolato in modo tale che la distanza tra i coltelli superiori sia di 30 cm e si utilizza la testa di carico a due coltelli; il provino viene posizionato in maniera simmetrica rispetto al martinetto. Lo schema riprodotto è quindi quello di trave su due appoggi con due punti di applicazione del carico a 1/3 e 2/3 della distanza dagli appoggi.

Durante la prova è stato misurato il carico di rottura a flessione in bar.

Successivamente all’esecuzione della prova è stata calcolata, come da normativa, la resistenza a flessione ݂௖௙ in Mpa (N/mm²):

݂

௖௙

ൌ 

ி௟ௗ; (5.9) Con:

- F, carico massimo espresso in N; - l, distanza tra i rulli di supporto in mm;

- ݀ଵpari alla base del provino b, espressa in mm;

- ݀ଶ pari all’altezza del provino h, espressa in mm

È’ possibile inoltre ricavare l’errore relativo cumulato ߂݂௖௙ partendo dagli errori relativi sulle singole grandezze in gioco:

߂݂௖௙ ൌ ߂ܲܲ ൅߂݈݈ ൅߂݀݀ ଵ ଵ ൅ ʹ

߂݀ଶ

(34)

Figura 5.27 – Prova di flessione con PTM 2.0, calcestruzzo

Figura 5.28 – Prova di flessione con PTM 2.0, rottura del campione di cls

5.2.5 La prova di flessione con macchina di laboratorio

La seguente prova è stata condotta con riferimento alla normativa vigente UNI EN 12390-5

“Prove su calcestruzzo indurito – resistenza a flessione dei provini” [4]..

La prova consiste nel sottoporre provini prismatici a momento flettente mediante l’applicazione di un carico attraverso rulli superiori ed inferiori. Il carico massimo sopportato viene registrato e si calcola la resistenza a flessione.

(35)

Figura 5.29 - Schema statico prova di flessione

Il carico massimo registrato viene espresso come una percentuale di carico di P = 50 KN. Il carico è stato apportato con una velocità di avanzamento pari a 0,5 mm/min.

Successivamente all’esecuzione della prova è stata calcolata, come da normativa, la resistenza a flessione ݂௖௙ in Mpa (N/mm²):

݂

௖௙

ൌ 

ி௟ௗ; (5.9) Con:

- F, carico massimo espresso in N; - l, distanza tra i rulli di supporto in mm;

- ݀ଵcoincidente con la base del provino b, espressa in mm;

- ݀ଶ coincidente con l’altezza del provino h, espressa in mm.

È’ possibile inoltre ricavare l’errore relativo cumulato ߂݂௖௙ partendo dagli errori relativi sulle singole grandezze in gioco:

߂݂௖௙ ൌ ߂ܲܲ ൅߂݈݈ ൅߂݀݀ ଵ ଵ ൅ ʹ

߂݀ଶ

݀ଶ ሺͷǤͻܽሻ

La macchina utilizzata è una “Instron”, conforme alla normativa vigente EN 12390-4 “prove

(36)

L’apparecchio di carico consiste in due rulli di supporto e due rulli superiori collegati mediante snodo articolato che permette di dividere il carico applicato in due parti uguali. I rulli sono costruiti in acciaio e tre su quattro di essi, compresi i due rulli superiori, devono essere in grado di ruotare liberamente attorno al loro asse e di inclinarsi lungo un piano normale all’asse longitudinale del provino.

Figura 5.30 - Prova di flessione con Instron, calcestruzz0

5.2.6 La preparazione delle carote per le prove di compressione

Una volta concluse le prove di flessione, è stato possibile iniziare la preparazione dei provini per le seguenti prove di compressione. Come già detto, i provini sono stati estratti mediante carotaggio dai monconi dei provini prismatici ottenuti dalle prove di flessione. Sono stati preparati quindi n° 96 carote (n° 24 per ogni classe di calcestruzzo) di diametro d = 84 mm ed altezza h = 100 mm. Successivamente al carotaggio, come imposto dalla normativa, si è proceduto all’attestatura e rettifica delle facce a contatto con le macchine da prova; i campioni quindi sono stati ridotti ad un’altezza di 84 mm per ottenere un rapporto diametro altezza di 1:1. Questa scelta, inizialmente non calcolata, è stata effettuata prendendo spunto dalla normativa UNI EN 12504 – 1 “Carote – prelievo, esame e prova di compressione” [17], dalla quale si evince che è possibile testare provini di dimensione cilindrica con rapporto d/h diverso da 1:2 come invece previsto dalla normativa UNI EN 12390 – 3 [6].. Tale norma,

(37)

infatti, specifica che, qualora si sia in presenza di un rapporto h/d pari ad 1, il valore della tensione di compressione ottenuto è direttamente paragonabile alla resistenza cubica dello stesso calcestruzzo, che noi abbiamo ottenuto mediante le prove di compressione descritte al paragrafo §5.2.3.

Figura 5.31 – Carotaggio dei monconi derivanti dalle prove di flessione

Figura 5.32 – Preparazione ultimata delle n° 96 carote

5.2.7 La prova di compressione con PTM 2.0

La prova è stata condotta con riferimento alla normativa vigente UNI EN 12390-4 “Prove su

calcestruzzo indurito – resistenza a compressione dei provini” [6] ,ponendo la distanza tra i

coltelli superiori pari a 10 cm. Viene utilizzata la testa di carico per la compressione ed una piastra di contrasto di spessore pari a 25 mm. Si sono testati n° 48 provini cilindrici (n° 12 per ogni classe di calcestruzzo) con diametro pari a 8,4 cm ed altezza pari a circa 8,4 cm .ricavati

(38)

dal carotaggio dei monconi ottenuti con la prova di flessione; i provini ricavati sono stati poi rettificati lungo le due facce in contatto con il macchinario di laboratorio. La velocità di applicazione del carico si evince dalla norma sopra citata ed è pari a 375 bar/minuto. Successivamente all’esecuzione delle prove si è calcolato la tensione ݂ǡespressa in N/mm², che provoca la rottura, come il valore del carico totale diviso l’area di applicazione del carico.

݂௖ ൌ ܲሺܰሻܣ

௖௜௟ ሺͷǤͳͲሻ

È’ possibile inoltre ricavare l’errore relativo cumulato ߂݂ partendo dagli errori relativi sulle singole grandezze in gioco:

߂݂௖ ൌ߂ܲܲ ൅ ʹ߂݀݀ ሺͷǤͳͲܽሻ

Da sottolineare che, durante l’esecuzione delle prime prove di compressione, si è notato come la non perfetta attestatura delle carote portasse all’esecuzione di una prova falsata in quanto i provini entravano in contatto con le piastre di contrasto solo in corrispondenza di una piccola parte delle loro basi. Per ovviare a questo problema, si è deciso di optare per la realizzazione di un giunto sferico snodabile che permettesse l’adattamento dei provini alle piastre: tale giunto è stato realizzato mediante un tappo sagomato a semisfera inserito sulla testa del martinetto in modo da creare tale giunto sferico con la piastra di carico per compressione (anch’essa sagomata in negativo rispetto al tappo). Tale modifica ha portato ad un sostanziale miglioramento dell’esecuzione delle prove.

(39)

Figura 5.33b – Prova di compressione con PTM 2.0, calcestruzzo

(40)

Figura 5.33d – Rotture soddisfacenti dei provini cilindrici

5.2.8 La prova di compressione con macchina di laboratorio

La prova è stata condotta con riferimento alla normativa vigente UNI EN 12390-4 “Prove su

calcestruzzo indurito – resistenza a compressione dei provini” [6].

La prova consiste nel portare provini di calcestruzzo a rottura mediante carico di compressione. Il carico massimo sopportato viene registrato e permette di calcolare la resistenza a compressione. La macchina utilizzata è una “Instron 1186”, conforme alla normativa vigente EN 12390-4 “prove su calcestruzzo indurito - Specifiche per macchine di

collaudo”. Si è scelto una velocità di avanzamento del carico pari a 0,5 mm/minuto. Il carico

massimo viene registrato automaticamente come una percentuale di un valore fissato, nel nostro caso pari a 200 kN.

Si sono testati n° 48 provini cilindrici (n° 12 per ogni classe di calcestruzzo) con diametro pari a 8,4 cm ed altezza pari a circa 8,4 cm .ricavati dal carotaggio dei monconi ottenuti con la prova di flessione; i provini ricavati sono stati poi rettificati lungo le due facce in contatto con il macchinario di laboratorio.

Successivamente all’esecuzione delle prove si è calcolato la tensione ݂ǡespressa in N/mm², che provoca la rottura, come il valore del carico totale diviso l’area di applicazione del carico.

݂௖ ൌ ܲሺܰሻܣ

(41)

È’ possibile inoltre ricavare l’errore relativo cumulato ߂݂ partendo dagli errori relativi sulle singole grandezze in gioco:

߂݂௖ ൌ߂ܲܲ ൅ ʹ߂݀݀ ሺͷǤͳͲܽሻ

Figura 5.34 – Prova di compressione con macchina da laboratorio Instron 1186

5.3

Le prove sui campioni di malta

5.3.1 Preparazione dei campioni di malta

Come già descritto precedentemente, si è scelto di utilizzare quattro serie differenti di malta: la differenza sostanziale sta nel tipo di legante utilizzato per crearne l’impasto, ovvero la proporzione tra calce idraulica e cemento che viene utilizzata. Nella campagna sperimentale effettuata per il PTM 1.0 si faceva riferimento ad un solo tipo di malta composta nel seguente modo:

- 225 g di acqua

- 1350 g di sabbia normalizzata - 225 g di cemento 32,5 R - 225 g di calce idraulica.

(42)

L’impasto appena descritto è necessario per la realizzazione di n° 3 provini aventi dimensioni 4x4x16 cm, per cui per la realizzazione di n° 15 provini per ogni serie, sono necessari n° 5 impasti. Nel seguito sono riportate tutti i materiali, con le relative masse utilizzate, per ogni tipo di malta che è stata confezionata per la campagna sperimentale 2014 della PTM 2.0.

Figura 5.35 – Sabbia normalizzata da 1350 gr

- SERIE n°1 : Malta Bastarda (classe M5) n°15 provini, n° 5 impasti ( riproduce l’impasto utilizzato nel 2012, malta al 50%

Materiali Massa (gr)

Sabbia normalizzata 1350

Cemento 32,5 R 225

Calce idraulica 225

Acqua 225

(43)

- SERIE n°2 : Malta Idraulica (classe M2,5) n° 15 provini, n°5 impasti (malta 100% calce idraulica) Materiali Massa (gr) Sabbia normalizzata 1350 Calce idraulica 450 Acqua 225

Figura 5.36b – Provino della serie n°2 di malta

- SERIE n°3 : Malta cementizia (classe M10) n° 15 provini, n° 5 impasti (malta 100% cemento)

Materiali Massa (gr)

Sabbia normalizzata 1350

Cemento 32,5 R 450

Acqua 225

(44)

- SERIE n° 4 : Malta bastarda (classe M2,5) n° 15 provini, n° 5 impasti (malta 67% calce idraulica) Materiali Massa (gr) Sabbia normalizzata 1350 Cemento 32,5 R 150 Calce idraulica 300 Acqua 225

Figura 5.36d – Provino della serie n°4 di malta

Figura 5.36e – Vista completa dei provini di malta preparati

Per quanto riguarda il confezionamento, si è fatto riferimento alla normativa “UNI EN

(45)

Per la preparazione sono state usate due macchine conformate alle normative vigenti e necessarie per garantire la corretta miscelazione dell’impasto e la compattazione dello stesso nelle casseforme.

Figura 5.37a – Macchina per la miscelazione dell’impasto

Figura 5.37b – Macchina per la compattazione dell’impasto

Tale normativa prevede che per ogni impasto necessario alla preparazione di n°3 provini sia preparato rispettando i tempi seguenti e le quantità precedentemente elencate:

(46)

- Versare l’acqua ed aggiungere il cemento;

- Avviare la macchina miscelatrice a bassa velocità e dopo 30 secondi aggiungere la sabbia normalizzata con flusso costante per altri 30 secondi;

- Inserire la velocità superiore e miscelare per altri 30 secondi; - Arrestare la macchina mescolatrice per 1 minuto e 30 secondi;

- Continuare a mescolare a velocità superiore per altri 60 secondi.

Figura 5.37c – Cassaforma in acciaio

(47)

La preparazione dei provini avviene con sovrapposizione di due strati da 300 gr di impasto ciascuno come descritto in seguito:

- Compattare il primo strato con n° 60 scosse; - Aggiungere il secondo strato;

- Compattare i provini con altre n° 60 scosse; - Pulire il perimetro dello stampo;

- Collocare una lastra di vetro sullo stampo.

Sono state utilizzate casseforme in acciaio presenti in laboratorio.

I provini, dopo 24 ore dal confezionamento, sono stati immersi in acqua a temperatura ambiente per 28 giorni per poterne permettere la completa maturazione.

5.3.2 La prova di flessione con PTM 2.0

La prova si effettua registrando il dispositivo in modo da ottenere la distanza tra i coltelli superiori pari a 10 cm ed utilizzando la testa di carico ad un coltello.

La norma a cui si fa riferimento è la UNI EN 1015 – 11 “Metodi di prova per malte per opere

murarie – Determinazione della resistenza a flessione e a compressione” [8]., dalla quale si

evince che la velocità di applicazione del carico deve essere costante e compresa tra 50 N/s e 100 N/s in modo da avere la rottura in un lasso di tempo compreso tra 30 e 90 s.

Una volta terminata la prova, si rileva il valore del carico di rottura in bar sul manometro da 10 bar.

In seguito alla prova, si ricava la resistenza a flessione in N/mm² della malta secondo la formula della normativa sopra citata:

݂௠௙ൌͳǡͷ݈ܾܲͿ ሺͷǤͳͳሻ

Dove:

- P è il carico massimo espresso in N, ricavabile dalla taratura del manometro da 10 bar - ܲሺܭܰሻ ൌ Ͳǡ͵ͳʹ͹ כ ݌ሺܾܽݎሻ െ Ͳǡͻ͸͵ͻሺͶǤ͵ሻ

- l è la distanza tra i rulli superiori, fissa a 100 mm - b è la dimensione della sezione quadrata del provino

(48)

È’ possibile inoltre ricavare l’errore relativo cumulato ߂݂௠௙ partendo dagli errori relativi sulle singole grandezze in gioco:

߂݂௠௙ ൌ߂ܲܲ ൅߂݈݈ ൅ ͵߂ܾܾ ሺͷǤͳͳܽሻ

Come si può notare dalla Figura 4.25, la retta di carico del manometro usato nelle prove in questione non ha origine sullo zero ma sul valore di 3 bar; questo indica che il manometro spende i primi tre bar del suo fondo scala per il sollevamento dello stelo, dalla quota zero alla quota di 2-2,5 cm dei cinque totali della corsa dello stelo stesso. Non essendo mai stati a conoscenza di questa dispersione, ed avendo perso 3/10 bar per la lettura delle pressioni nelle prove di flessione della malta, si è dovuto necessariamente evitare di testare la malta appartenente alla classe 3 (con legante fatto dal 100% di cemento) in quanto essendo la più resistente, avrebbe fornito valori di pressione necessari alla rottura dei provini superiori al fondo scala di 10 bar del manometro in ,questione.

(49)

5.3.3 La prova di flessione con macchina di laboratorio

La prova viene condotta facendo riferimento alla “UNI EN 1015-11:2007 Metodi di prova

per malte per opere murarie – Determinazione della resistenza a flessione e a compressione della malta indurita” [8].. Tale prova viene effettuata posizionando il campione nell’apposita

scocca in modo tale da avere flessione su due appoggi e carico in mezzeria. La prova si arresta alla rottura del provino, con il carico ultimo leggibile sull’asta segmentata.

Una volta terminata la prova, si rileva il valore del carico di rottura in kg sull’asta segmentata. In seguito alla prova, si ricava la resistenza a flessione in N/mm² della malta secondo la formula della normativa sopra citata:

݂௠௙ൌ ͳǡͷ݈ܾܲͿ ሺ͵Ǥ͸ሻ

Dove:

- P è il carico massimo espresso in N, ricavabile dall’asta segmentata della macchina - l è la distanza tra i rulli superiori, fissa a 100 mm

- b è la dimensione della sezione quadrata del provino

È’ possibile inoltre ricavare l’errore relativo cumulato ߂݂௠௙ partendo dagli errori relativi sulle singole grandezze in gioco:

߂݂௠௙ ൌ߂ܲܲ ൅߂݈݈ ൅ ͵߂ܾܾ ሺͷǤͳͳܽሻ

(50)

5.3.4 La prova di compressione con PTM 2.0

La prova si effettua registrando il dispositivo in modo da ottenere la distanza tra i coltelli superiori pari a 10 cm ed utilizzando la testa di carico per compressioni, utilizzando in aggiunta le piastre per l’indentazione con spigolo pari a 4 cm. La norma a cui si fa riferimento è la UNI EN 1015 – 11 “Metodi di prova per malte per opere murarie – Determinazione

della resistenza a flessione e a compressione” [8], dalla quale si evince che la velocità di

carico da applicare con la pompa manuale variabile con la classe della malta da testare. Sono stati testati provini derivanti dai monconi della prova a flessione precedentemente descritta. Si sono testati n° 36 provini cilindrici (n° 12 per ognuna delle tre classi di malta) ricavati dai monconi ottenuti con la prova di flessione.

Figura 5.40 – Prospetto B.1 UNI EN 1015 – 11

In seguito alla prova, si ricava la resistenza a flessione in N/mm² della malta secondo la formula della normativa sopra citata:

݂௖௠ൌܲሺܰሻͳ͸ͲͲሺͷǤͳʹሻ

È’ possibile inoltre ricavare l’errore relativo cumulato ߂݂௖௠ come partendo dagli errori relativi delle singole grandezze in gioco:

(51)

Figura 5.41 - Prova di compressione con PTM 2.0, malta

5.3.5 La prova di compressione con macchina di laboratorio

La seguente prova è stata condotta con riferimento alla normativa vigente UNI EN 1015 – 11

“Metodi di prova per malte per opere murarie – Determinazione della resistenza a flessione e a compressione” [8]. La macchina utilizzata è una “Instron 1186”, conforme alla normativa

vigente EN 12390-4 “prove su calcestruzzo indurito - Specifiche per macchine di collaudo”. Si è scelto una velocità di avanzamento del carico pari a 0,2 mm/minuto. Il carico massimo viene registrato automaticamente come una percentuale di un valore fissato, nel nostro caso pari a 50 kN. Si sono testati n° 36 provini cilindrici (n° 12 per ognuna delle tre classi di malta) ricavati dai monconi ottenuti con la prova di flessione.

Successivamente all’esecuzione delle prove si è calcolato la tensione ݂ǡespressa in N/mm², che provoca la rottura, come il valore del carico totale diviso l’area di applicazione del carico.

݂௖௠ ൌܲሺܰሻͳ͸ͲͲ ሺͷǤͳʹሻ

È’ possibile inoltre ricavare l’errore relativo cumulato ߂݂௖௠ partendo dagli errori relativi sulle singole grandezze in gioco:

(52)

Figura 5.42 - Prova di compressione con macchina da laboratorio, malta

5.4

Discussione sui risultati ottenuti

Terminata la campagna di prove, è stato possibile effettuare un confronto tra i risultati ottenuti con le macchine presenti in laboratorio e quelli forniti dalla PTM 2.0., in modo del tutto analogo a quanto già descritto nel §3.6 per la prima campagna di sperimentazione sulla PTM 1.0. Per ciascuna prova sono stati quindi determinati i parametri statistici dell’insieme formato dalle n misure raccolte, xi, cioè:

- media ݔҧ ൌ ሺσே௜ୀଵݔ௜ሻȀ݊,

- varianza σ² = (σ ሺݔே௜ୀଵ െ ݔҧሻ;ሻȀ݊,

- deviazione standard (radice quadrata della varianza),

- campo di variazione dei risultati (differenza tra il valore massimo e minimo).

Sono inoltre stati costruiti gli intervalli di confidenza delle varie resistenze ed il parametro λ come descritto al paragrafo §3.6.1.

Infine, le prove condotte utilizzando la PTM e quelle corrispondenti eseguite sulle macchine di prova del Laboratorio sono state messe a confronto attraverso l’esame dei grafici delle

(53)

I confronti eseguiti sono elencati nella tabella riportata di seguito.

Grandezza meccanica valutata Prove

Resistenza a compressione del cls Prove di rottura a compressione (Instron) Prove di rottura a compressione (PTM 2.0) Resistenza a flessione del cls Prove di rottura a flessione (Instron)

Prove di rottura a flessione (PTM 2.0) Resistenza a flessione della malta Prove di rottura a flessione (Laboratorio)

Prove di rottura a flessione (PTM 2.0) Resistenza a compressione della malta Prove di rottura a compressione (Instron)

Prove di rottura a compressione (PTM 2.0)

Tabella 5.9 - Prove messe a confronto

5.4.1 Confronto critico tra le prove condotte su test provenienti da uno stesso

materiale

5.4.1.1 Risultati delle prove di compressione sui cubi di lato 10 cm

N b (mm) h (mm) l (mm) P (KN) A (mm²) f c (N/mm²) Rck dichiarata (N/mm²) R ck eff. (N/mm²) classe 16/20 1 103 97 101 137 10403 13,16 20 13,61 2 102 98 101 137 10302 13,29 3 102 97 101 148 10302 14,36 classe 20/25 1 100 97 100 199 10000 19,93 25 18,43 2 100 99 100 209 10000 20,92 3 100 98 100 145 10000 14,53 classe 25/30 1 102 98 100 236 10200 23,13 30 23,63 2 100 97 100 238 10000 23,82 3 101 98 100 242 10100 23,96 classe 28/35 1 101 99 100 249 10100 24,65 35 24,52 2 101 98 101 242 10201 23,72 3 101 97 101 257 10201 25,19

(54)

5.4.1.2 La Prova di flessione sul calcestruzzo

- Classe 16/20

Figura 5.43a – Confronto tra le distribuzioni cumulative di probabilità relative alle prove di flessione condotte, rispettivamente, sulla macchina Instron e sulla PTM.

0 1 2 3 4 5 6 7 1,5 2 2,5 3 flessione cls C 16/20 gauss PTM Gauss Instron f cf (N/mm²) Instron media 2,285 varianza 0,008 dev.standard 0,091 standard error 0,037 MAX 2,384 min 2,128 C.V. 0,257 n 6 C 0,95 α 0,05 t student 2,57058 UL 2,380 LL 2,190 f cf (N/mm²) PTM 2.0 media 1,991 varianza 0,003 dev.standard 0,057 standard error 0,023 MAX 2,091 min 1,928 C.V. 0,162 n 6 C 0,95 α 0,05 t student 2,57058 UL 2,051 LL 1,931

(55)

Il confronto fra i due gruppi di risultati mostra come lo scarto fra le distribuzioni corrispondenti sia buono, sia in termini di valore medio, sia di varianza. In particolare, la differenza percentuale tra i due valori medi (così come quella sullo scarto quadratico medio) è inferiore al 15 %. Va aggiunto che in questa prova, la PTM 2.0 presenta una dispersione dei risultati migliori rispetto alla Instron: ciò deriva molto probabilmente dal piccolo numero di provini provati. Inoltre , in base alla campagna sperimentale condotta sulla PTM 1.0 si può affermare, anche senza i grafici delle frequenze cumulative, che si ha un buona tendenza del campione nel distribuirsi come una funzione normale cumulata. Questo ci permette di affermare che la nostra popolazione è effettivamente distribuita normalmente e quindi l’ipotesi fatte alla base del calcolo degli intervalli di confidenza sono verificate

Andiamo quindi a calcolare il parametro adimensionale λ (3.22): ݀ ൌ Ͳǡͳ͵ͻ ɉ ൌ െͲǡͶʹʹ - Classe 20/25 f cf (N/mm²) Instron media 3,443 varianza 0,041 dev.standard 0,203 standard error 0,083 MAX 3,704 min 3,128 C.V. 0,576 n 6 C 0,95 α 0,05 t student 2,57058 UL 3,656 LL 3,230 f cf (N/mm²) PTM 2.0 media 3,089 varianza 0,107 dev.standard 0,327 standard error 0,134 MAX 3,749 min 2,903 C.V. 0,846 n 6 C 0,95 α 0,05 t student 2,57058 UL 3,433 LL 2,745

(56)

Figura 5.43b – Confronto tra le distribuzioni cumulative di probabilità relative alle prove di flessione condotte, rispettivamente, sulla macchina Instron e sulla PTM.

Il confronto fra i due gruppi di risultati mostra come lo scarto fra le distribuzioni corrispondenti sia buono, sia in termini di valore medio, sia di varianza. In particolare, la differenza percentuale tra i due valori medi (così come quella sullo scarto quadratico medio) è del 10 %. Inoltre , in base alla campagna sperimentale condotta sulla PTM 1.0 si può affermare, anche senza i grafici delle frequenze cumulative, che si ha un buona tendenza del campione nel distribuirsi come una funzione normale cumulata. Questo ci permette di affermare che la nostra popolazione è effettivamente distribuita normalmente e quindi l’ipotesi fatte alla base del calcolo degli intervalli di confidenza sono verificate.

Andiamo quindi a calcolare il parametro adimensionale λ (3.22): Š ൌ ͲǡʹͲ͵ ɉ ൌ Ͳǡʹͻͷ 0 0,5 1 1,5 2 2,5 1 2 3 4 5 flessione cls C 20/25 gauss PTM Gauss Instron

(57)

- Classe 25/30 f cf (N/mm²) Instron media 3,593 varianza 0,081 dev.standard 0,284 standard error 0,116 MAX 4,140 min 3,325 C.V. 0,814 n 6 C 0,95 α 0,05 t student 2,57058 UL 3,892 LL 3,295

Figura 5.43c – Confronto tra le distribuzioni cumulative di probabilità relative alle prove di flessione condotte, rispettivamente, sulla macchina Instron e sulla PTM.

Il confronto fra i due gruppi di risultati mostra come lo scarto fra le distribuzioni corrispondenti sia ottimo. Addirittura, per questa classe ci cls si ha una varianza minore di 4 volte per la PTM2.0 rispetto a quella della Instron. Inoltre, in termini di valore medio, la

0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 2,5 3 3,5 4 4,5 5 flessione cls C 25/30 gauss PTM Gauss Instron f cf (N/mm²) PTM 2.0 media 3,498 varianza 0,021 dev.standard 0,145 standard error 0,059 MAX 3,694 min 3,345 C.V. 0,349 n 6 C 0,95 α 0,05 t student 2,57058 UL 3,649 LL 3,346

Figura

Tabella 5.5 – Percentuale di passante al diametro d secondo Boolomey
Tabella 5.6 – Suddivisione del peso dell’aggregato secondo la vagliatura per un m³
Figura 5.10b  - Risultato della setacciatura: inerte con 1,5 mm &lt; d &lt; 2,5 mm
Figura 5.17 – Collegamento degli EER alla centralina UPM 100  5.2.2.4  Esecuzione delle prove preliminari
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