Aesthetica Preprint
Dire l’esperienza estetica
a cura di Rita Messori
Centro Internazionale Studi di Estetica
Il Centro Internazionale Studi di Estetica
è un Istituto di Alta Cultura costituito nel 1980 da un gruppo di studiosi di Estetica. Con
d.p.r. del 7-1-1990 è stato riconosciuto Ente Morale. Attivo nei campi della ricerca scien- tifica e della promozione culturale, organizza Convegni, Seminari, Giornate di Studio, Incontri, Tavole rotonde, Conferenze; cura la collana editoriale Aesthetica© e pubblica il periodico Aesthetica Preprint© con i suoi Supplementa. Ha sede presso l'Univer- sità degli Studi di Palermo ed è presieduto fin dalla sua fondazione da Luigi Russo.
Aesthetica Preprint©
è il periodico del Centro Internazionale Studi di Estetica. Affianca la collana Aesthetica© (edita da Aesthetica Edizioni, commercializzata in libreria) e presenta pre-pubblicazioni, inediti in lingua italiana, saggi, bibliografie e, più in generale, documenti di lavoro.
Viene inviato agli studiosi impegnati nelle problematiche estetiche, ai repertori biblio- grafici, alle maggiori biblioteche e istituzioni di cultura umanistica italiane e straniere.
80 Agosto 2007
Centro Internazionale Studi di Estetica
Aesthetica Preprint
Il presente volume viene pubblicato col contributo del Dipartimento di Filosofia
dell’Università degli Studi di Parma.
Dire l’esperienza estetica
a cura di Rita Messori
Indice
Presentazione
di Rita Messori 7 Il rapporto fra poetica e retorica
di Emilio Mattioli 11 Dire l’esperienza: alle origini della letteratura
di Giovanni Lombardo 17 Rappresentazione pittorica e rappresentazione poetica
in Tommaso d’Aquino
di Fabrizio Amerini 27 De la poésie comme réponse à la nuit
L’union du dire et du voir
di Baldine Saint Girons 39
«Ricostruire l’esperienza stessa della genialità»
Il problema del genio in Joseph Louis Segond
di Fabio Rossi 51 Descrivere l’arte, descrivere il mondo: Diderot promeneur
di Rita Messori 63 Stile e stili
di Elio Franzini 75
“Ästhetische Arbeit”: l’estetica atmosferica di Gernot Böhme e l’attualità della retorica
di Salvatore Tedesco 83
Presentazione
di Rita Messori
Da più di un decennio a questa parte, si è assistito a una vera e propria svolta in ambito estetico: la messa in discussione della identi- ficazione estetica-filosofia dell’arte e la riproposizione dell’esperienza estetica quale questione centrale della disciplina. La ricerca, sia teorica sia storiografica, si è dunque maggiormente concentrata sul significato e sul ruolo che la sensibilità e l’affettività, nelle loro varie e mutevoli declinazioni, assumono in un’ottica generale di ricerca e formazione del senso.
Questa svolta, in concomitanza con alcuni fattori che hanno avuto in ambito estetico una significativa ripercussione – perdita di spinta propulsiva dell’ermeneutica, ma anche della cosiddetta rivalutazione della retorica, “argomentativa” o “figurale” – ha visto un affievolirsi dell’interesse nei confronti di questioni legate al linguaggio, che, come è noto, ha costituito uno dei nodi problematici su cui la filosofia del Novecento si è dibattuta.
A tal punto pare necessario un ripensamento del significato del lin- guaggio in ambito estetico a partire dal rapporto che si viene a instaura- re tra linguaggio ed esperienza estetica: come dire l’esperienza estetica?
In che modo rendere testimonianza del reale esperito? In definitiva:
quale relazione tra sentimento del mondo e articolazione del senso?
È nel tentativo di dare una risposta a tali interrogativi che si è svolto a Parma nel novembre del 2006 il convegno Dire l’esperienza. Nuove prospettive tra estetica e retorica di cui il presente volumetto raccoglie gli atti. Mi auguro che il vivace confronto iniziato durante lo svolgimento dei lavori possa proficuamente proseguire.
A unire i vari contributi è la consapevolezza che sia da un punto di vista teorico, sia da un punto di vista storiografico, determinante appare l’apporto della tradizione retorico-poetica, e non soltanto per- ché costituisce un percorso genetico della nascita dell’estetica: per se- coli ha presentato modalità di espressione la cui pregnanza richiede una adeguata riflessione in grado di esplicitarne il significato filosofico.
Come ribadisce Emilio Matttioli, ripensare l’unità di sentire e parlare
è possibile solo a partire da una ritrovata coappartenenza di poetica e
retorica. Studi recenti sulla retorica dell’antica Grecia mostrano il ruo- lo fondamentale giocato dal genere epidittico derivato dalla tradizione poetica; se la poesia diviene un atto pubblico attento al sentire comune, il discorso retorico esprime i sentimenti e le passioni del soggetto par- lante. Nella stessa direzione si muove quella teoria del linguaggio che, rifacendosi alla poetica di Meschonnic, vede nel duplice ripiegamento autistico di retorica e poetica un segnale evidente della separazione tra linguaggio e vita.
Inserendosi in un dibattito storiografico attualissimo, l’intervento di Giovanni Lombardo mostra come nell’epos arcaico le tecniche lingui- stiche della narrazione, ovvero le forme verbali che il logos assume per
“dire l’esperienza”, esprimano fondamentalmente due modalità diverse di rapportarsi al reale. O, mediante l’uso dell’imperfetto, noi ci muo- viamo verso i fatti, consapevoli del continuum temporale a cui essi ap- partengono, o, mediante l’uso dell’aoristo, i fatti si avvicinano a noi in una indefinita momentaneità. Si tratta di due modi della visualizzazione del linguaggio poetico che vanno a costituire due schemi interpretativi dell’esperienza dell’arte, sia a livello produttivo sia a livello fruitivo.
Se vi è una storia del “dire l’esperienza” certamente il Medioevo ne rappresenta un momento ancora poco preso in esame dagli estetologi.
Mentre ad esempio alcuni tratti dell’estetica tommasiana concernenti la poetica e la retorica sono stati studiati, altri rimangono in ombra.
Secondo Fabrizio Amerini molto lavoro rimane da fare sulle teorie della rappresentazione applicate al campo pittorico e poetico, e sulle teorie dei colori rispetto alla percettibilità sensoriale e alla conseguente relazione del colore col sentimento del bello. Ciò potrebbe gettare una nuova luce sul rapporto tra poesia e pittura.
Ed è sulla poesia come risposta all’esperienza della vita nella sua fuggevolezza che si concentra il saggio di Baldine Saint-Girons. Resi- stendo al rischio di sacralizzare la lettera e di far dimenticare il reale, la poesia moderna afferma il qui e ora del miracolo evanescente della presenza. Ancora una volta la tradizione retorica, con Longino, ci offre un paradigma interpretativo: le immagini evocate divengono apparizio- ni. Le phantasiai poetiche rappresentano le cose nel momento del loro nascere, del loro emergere dal buio della notte che diviene qui figura dell’altro. La poesia è continua sperimentazione, modo di pensare in atto, le cui tecniche precise rendono conto del continuo movimento tra ciò che si rivela e ciò che si nasconde; quanto a noi si nega rimane sempre al di là di ogni nostra esperienza e di ogni nostro dire, pur costituendone la condizione di possibilità.
La produzione artistica, nel suo essere creazione spirituale e inventio
di nuove modalità espressive, è frutto di una personalità geniale. Sulla
teoria del genio di Joseph Louis Segond, pensatore della prima metà
del Novecento, quasi sconosciuto in Italia e forse presto dimenticato
in Francia, si concentra il contributo di Fabio Rossi. Poiché fondamen-
talmente naturale e corporea, quella del genio è “potenza di sentire” al di là di ogni riduzione intelletualistica o mistico-sentimentale. Potenza che, attualizzandosi, si concreta in una tecnica, e nell’operare si rende immanente.
E di genio della critica si deve senza alcun dubbio parlare a proposi- to di Diderot salonnier che nella Promenade Vernet conduce il rapporto tra parola e immagine sino all’apice della sperimentazione. Facendo riferimento ai visual studies, in cui il tema dell’ekphrasis gioca un ruo- lo di primo piano, nel mio intervento ho tentato di mostrare come il racconto-descrizione dell’attraversamento fittizio dei paesaggi di Vernet conduca a una messa in questione dell’equivalenza evidentia-enargeia.
Dire l’esperienza del manifestarsi delle cose “come se” qui e ora venis- sero alla presenza significa coglierle nel passaggio dalla potenza all’atto.
La subiectio sub oculis è dunque a un tempo visualizzazione (enargeia) e attualizzazione (energeia).
Utilizzando un termine goetheano, Husserl chiama “stile” la capa- cità di cogliere quel flusso “oscillante” dell’apparire che è il mondo della vita; capacità che si traduce in rappresentazioni dotate di senso e tendenti all’unità. Come dimostra Elio Franzini, in quanto fenomeno originario lo stile diviene la matrice di un senso espressivo, il nucleo di possibilità che dà luogo alla varietà degli stili. In tal modo la pluralità delle forme non è mera frammentazione ma morfogenesi che, come voleva Goethe, ha nel simbolo, cioè nel “legame” tra le parti, nella ricerca della trama del mondo che tiene provvisoriamente insieme le cose che via via ci si presentano, il proprio fondamento di unità.
Il “sentore della presenza” diviene l’evento percettivo fondamentale su cui si costruisce la nuova estetica (Aisthetic), in quanto teoria genera- le della percezione, di Gernot Böhme. Come mette in evidenza il saggio di Salvatore Tedesco, esplicito è il richiamo all’operazione baumgarte- niana e non soltanto riguardo ai contenuti. Se l’interesse conoscitivo si orienta sulla manifestatività occorre concentrarsi su fenomeni intermedi, come l’atmosfera, che si situano al di qua della separazione di polo sog- gettivo e polo oggettivo. È soltanto a partire dai “problemi estetici” che diviene possibile una terminologia adeguata e un impianto concettuale.
In tal senso la retorica può fornire un modello di argomentazione della
teoria estetica nella misura in cui avviene l’articolazione del nesso delle
percezioni sensibili.
11
Il rapporto fra poetica e retorica
di Emilio Mattioli
Il rapporto fra poetica e retorica ha subito negli ultimi tempi un riassetto e una modificazione. Impossibile tracciarne il quadro com- pleto, mi limiterò ad alcuni momenti problematici e, particolarmente, a due periodi: l’antichità e la contemporaneità. In realtà il problema storiografico si intreccia a quello teorico. In primo luogo va notato che la separazione fra poetica e retorica ha effetti rovinosi, è proprio nel rapporto fra le due discipline che se ne scoprono le radici profonde e le ragioni. È noto come la rinascita novecentesca della retorica, che pure è un fenomeno estremamente importante, sia avvenuta in maniera autonoma ed anzi il rapporto fra le due discipline sia stato considerato un’indebita confusione. Nella cultura italiana si è sentito presto il bi- sogno di ripensare il rapporto e di ricostituirlo, probabilmente anche perché la scuola neofenomenologica italiana aveva creato con il suo lavoro sulle poetiche il terreno adatto anche ad un approccio vitale alla retorica. Aveva scritto Luciano Anceschi, il maggior studioso di poetica del secolo scorso, nel 1957: «Quanto alla Retorica, poi, sem- bra davvero che non giovi indugiare nella nozione che ne ebbero e contro la quale polemicamente si posero, condannandola, i romantici e i realisti del secolo xix ; fu questa una interpretazione ovviamente unilaterale per motivi strumentali; invece, c’è da pensare che la Retori- ca sia una disposizione storicamente variabile che, volta a volta, vuole rilevare e significare in leggi, in norme, in avvertimenti le ragioni del rinnovamento letterario e artistico dei diversi tempi, movimenti»
1. E non è evidentemente un caso che Renato Barilli, scolaro di Anceschi, abbia pubblicato un libro davvero originale come Poetica e Retorica
2, in cui l’unità fra poetica e retorica era vista come unità fra sentire e pensare, come antidoto alla divisione delle due culture. Ma direi che su questa strada si sono fatti degli ulteriori passi avanti. Per questi recenti svolgimenti prenderò come testo di riferimento Jeffrey Walker, Rhetoric and Poetics in Antiquity
3.
Walker smantella l’opinione vastamente diffusa, cui già accenna-
vamo, secondo la quale poetica e retorica sono due discipline incom-
patibili e sostanzialmente differenti che l’antichità ha indebitamente
confuse e cerca di dimostrare che è sbagliata l’idea secondo la quale
12
la retorica è sorta come un’arte di pratica oratoria civile nelle corti di giustizia e nelle assemblee dell’antica Grecia, mentre la retorica epidit- tica, poetica o letteraria, sarebbe un’arte, puramente formale di secon- daria importanza. Altrettanto sbagliata, secondo Walker, l’idea secondo la quale il passaggio dall’oratoria civile a quella epidittica segna una decadenza. La separazione fra la retorica intesa come dottrina delle figure e la retorica dell’argomentazione e della persuasione si ritrova, con conseguenze negative, nella teoria letteraria moderna. La revisio- ne che Walker fa della storia della retorica nell’antichità comporta un’idea della retorica intesa come un’arte di argomentazione/persua- sione epidittica che deriva originariamente dalla tradizione poetica e che si estende ai discorsi pratici della vita pubblica e privata. Walker riconnette questa impostazione alla riabilitazione dei sofisti compiuta negli anni novanta (in Italia il grande lavoro di Untersteiner sui sofisti è cominciato molto prima) e alla revisione della nozione convenziona- le del discorso epidittico inteso come mero ornamento e limitato alla elencazione rituale delle credenze e dei valori tradizionali.
Inoltre questo discorso si fonda su di un esame dell’antica poesia, principalmente la lirica greca arcaica, intesa e praticata come un’argo- mentazione epidittica che si rivolge ad un uditorio. Walker costruisce quella che può essere chiamata una storia sofistica della retorica che include poesia e poetica come parti centrali del dominio retorico. Se- condo lo studioso la poetica grammaticalizzata della tarda antichità e del medioevo ha reso più difficile cogliere l’idea di retorica poetica che la lirica arcaica incorpora.
È lecito chiedersi quale fondamento filologico abbia questa impo- stazione così profondamente innovativa del rapporto fra poetica e re- torica e della storia della retorica stessa: l’argomentazione è ricchissima e non riassumibile, evidentemente, ma il presupposto primo e fondante sta nell’abbandono dell’idea anacronistica che la poesia antica e la lirica in particolare sia espressione di sentimenti soggettivi ed escluda la dimensione argomentativa. Particolarmente significativa in questo senso l’elaborazione del concetto di entimema lirico, inteso come l’ar- gomentare specifico della poesia. Da sottolineare ancora che il legame fra poesia e quindi poetica e retorica esiste già prima che la retorica assuma la sua denominazione tecnica
4, a partire da Esiodo che nella Teogonia (vv. 81-104), ne dà, secondo Walker, la prima indicazione, parlando dell’eloquenza del re e di quella dell’aedo
5. Il termine rhe- torikê, per altro non risulta univoco, «come denominazione equivoca o sineddoche per l’arte del logos in senso ampio o generale comprende implicitamente nel suo dominio tutte le forme del logos, incluso il logos poetico e il pensiero interno come anche tutte le varietà di “prosa”.
Così l’eloquenza persuasiva della “poesia” è contemporaneamente un
sottoinsieme dell’arte generale della “retorica” e il suo antenato. Inol-
tre in quanto quella epidittica è la forma “primaria” e centrale della
13
poesia, e in quanto la poesia è a sua volta la forma originaria e finale della forma epidittica (o come tale viene intesa), la poesia è anche la forma originaria e finale della retorica»
6.
Walker sottolinea come le implicazioni di questa situazione si espli- citino nella tarda antichità e si capisce anche così come Elio Aristide possa affermare che la miglior poesia sia quella che si avvicina di più alla retorica
7.
Walker non cita il poderoso lavoro di Laurent Pernot, La rhétori- que de l’éloge dans le monde gréco-romain
8, ma è necessario tenerne conto, perché dà due apporti fondamentali che per altro si legano alle posizioni di Walker, non le contraddicono: interpreta in modo radical- mente innovativo il genere epidittico, mostra il legame profondo fra poesia e oratoria e quindi fra poetica e retorica. Farò due citazioni da questo testo che non si può in alcun modo ignorare, se si vuol parlare del genere epidittico con consapevolezza:
«L’analyse traditionelle de l’éloquence épidictique ne doit donc pas être totalement rejetée, puisqu’elle fait apparaître deux aspects im- portants, la dimension esthétique et la dimension rituelle. Mais cette analyse reste insuffisante, parce qu’elle ne tient pas compte du con- tenu des discours. Il est évident que l’art de l’enkômion ne peut être appréhendé indépendamment de tout message, et qu’un discours ne se réduit pas à l’accomplissement d’un cérémonial. Contrairement à la musique, le discours épidictique fait appel au sens. Contrairement au rite, il n’est pas entièrement codifié et déterminé à l’avance. Con- trairement à l’énoncé performatif, il ne se réduit pas à une formule stéréotypée; l’orateur ne se contente pas de dire “Je te loue”, mais il ajoute “parce que…”, et dans les considérants de l’éloge, s’engouffrent la signification et la persuasion. Il faut donc rompre avec la tradition du dédain. Pour comprendre l’éloquence épidictique antique, il faut refuser l’explication paresseuse de l’art pour l’art et identifier les buts et le effets des discours, plus clairement que les anciens n’ont su le faire»
9. L’analisi dei valori veicolati dal discorso epidittico ne mostra la ricchezza di contenuti e Pernot può ben a ragione affermare che
«la fonction épidictique est un phénomène anthropologique qui se re- trouve – avec d’importantes variations, naturellement – dans beaucoup de sociétés humaines»
10.
L’altra citazione essenziale per il mio discorso è questa: «Il est im- «Il est im-
possible d’étudier la rhétorique épidictique sans relever, à chaque éta-
pe, des rapprochements avec la tradition poétique, en particulier avec
la tradition de la poésie encomiastique. L’histoire du genre montre que
les orateurs ont progressivement pris en charge des formes héritées
des poètes. La tekhne trahit l’importance des précédents poétiques
dans le domaine de la typologie, avec la célébration plurielle et l’ex-
pression des sentiments et des passions, et dans le domaine du style,
avec l’esthétique de la douceur, l’asianisme, les tropes et les figures, les
14
rythmes. Ce n’est pas tout, la tradition poétique faisant encore sentir son poids dans la terminologie de l’éloge, dans certains topoi, dans les procédés de composition, parfois dans les conditions de prononciation et dans les titres. En ce qui concerne l’exigence morale, Pindare déjà revendique la vérité de ses éloges. La mission de porte-parole a été assumée par des poètes; enfin, on vient de relever le thème, poétique par excellence de l’inspiration religieuse. Le bilan de ces rapproche- ment [...] s’avère donc extrêmement riche. Il établit, au-delà de toute contestation, l’existence d’une continuité entre la tradition poétique et l’éloquence épidictique»
11.
Si può a questo punto ritornare a Walker e precisamente alla inter- pretazione che egli dà della I Olimpica di Pindaro. Bloom, che ritiene che la I Olimpica celebri il poeta e Pegaso e non Ierone e Ferenico, decontestualizza l’ode e ignora che cosa sia la poesia epidittica, dan- done una lettura romantica falsificante. L’epinicio non prescinde da vincitore e pubblico, poggia sui valori della società cui appartiene;
solo in questa prospettiva la poesia diventa comprensibile. Ecco un esempio fra molti altri: è nel rapporto fra poetica e retorica che si possono cogliere i valori della letteratura antica.
Ma sembra che ormai questa svolta sia in atto; Eugenio Amato lo testiomonia efficacemente in un resoconto
12di un volume di Enrico Rebuffat dedicato alle Tecniche di composizione poetica negli Halieutica di Oppiano
13; il punto di partenza di Eugenio Amato è proprio il supe- ramento della separazione che compie Walker fra retorica e poesia.
Se, dunque, per l’antichità la revisione storiografica è ormai operan- te e i due frutti più vistosi sono il riallineamento di poetica e retorica e la valorizzazione del genere epidittico, resta da esaminare come si ponga il rapporto fra poetica e retorica nel dibattito attuale.
Farò riferimento, per questo aspetto, ad Arnaud Bernadet, La rhéto-
rique en procès. Un point de vue critique: la poétique de Henri Meschon-
nic. Approches et perspectives
14; scrive l’autore: «La poetica è una delle
maggiori proeccupazioni della retorica oggi»
15. Occorre chiedersi come
mai. La rinascita della retorica che è un fenomeno vistoso del secolo
appena trascorso, è avvenuta, per lo più, senza rapportarsi alla poetica e
questo ha comportato delle conseguenze gravi, la più vistosa delle quali
è stata l’esasperazione formalistica evidente nell’idea che la retorica fosse
soltanto la dottrina delle figure da riprendere dalla tradizione o da riscri-
vere in termini semiotici come, per esempio, ha fatto il gruppo μ nella
Retorica generale. Le figure della comunicazione
16. Certamente c’è stato
anche un ricupero diverso che ha privilegiato l’argomentazione, quello
di Perelman, che ha dato luogo ad una nuova retorica fondata, come è
noto, su basi logiche. Ma, mentre da una parte la crisi del formalismo
ha inevitabilmente travolto la retorica delle figure, dall’altra la nuova
retorica, la retorica dell’argomentazione, non poteva prestarsi ad un rap-
porto esauriente con la poetica. Vale la pena allora osservare, seguendo
15
Bernadet, come uno studioso della poetica del rango di Meschonnic sia giunto a porsi il problema della retorica. Meschonnic, per cui la poetica è lo studio del valore di un’opera, ritrova la retorica, liberando la poetica dall’ascendenza strutturalista. Secondo Bernadet il rinnovamento della retorica non deve aver luogo senza tener conto delle obiezioni critiche che la poetica le muove. Un primo punto è il rifiuto della teoria dello scarto, la separazione fra lingua poetica e lingua quotidiana è un non senso che comporta la separazione del linguaggio dalla vita. Ma non è per questa via che si afferma la specificità di un testo.
«Il taglio fra retorica e poetica non può che favorire un duplice ripiegamento autistico che ha per conseguenza il più spesso una for- malizzazione tecnica e descrittiva dell’oggetto letterario senza teoria del soggetto, della società, senza etica. [...] È l’annessione della poetica da parte della linguistica che ne fa una retorica neo-classica delle figure.
Ricollegando la retorica alla poetica, questa identificazione non è più possibile al contrario, e permette di delimitare il campo specifico di applicazione delle due discipline»
17. «Poiché la retorica è “una delle strategie del segno, uno degli effetti del paradigma linguistico”
18, un pensiero del discontinuo, c’è la possibilità effettivamente di includere la retorica nella poetica, di includere il discontinuo nel continuo, senza annullare la specificità di questa disciplina. Se questa trasformazione del retorico in poetico si manifesta principalmente nella scrittura let- teraria, essa è ugualmente presente nel discorso scientifico»
19.
Questo si spiega non dimenticando «che una dimostrazione è anche la scrittura di una dimostrazione; che la scienza è anche una retorica, perché essa non mira solo a dimostrare e a provare, ma a persuadere della prova e della dimostrazione»
20. E così «la specificità poetica e re- torica del discorso vero è la leva attraverso la quale è possibile e anche legittimo mettere in discussione la validità delle verità prodotte dalle scienze»
21. «È diventando poetici che la figura, l’analogia, il ragiona- mento diventano pensiero. Si manifesta così una forte correlazione tra il valore di un pensiero e il valore del discorso di questo pensiero, cioè un discorso e un pensiero portati al valore»
22.
Di straordinaria importanza è il discorso relativo al rapporto fra poesia e figure. «La modernità della figura è la scomparsa della figura.
Integrata al sistema della poesia, essa non appartiene più allo stile ma
diventa un linguaggio soggettivo in quanto esso è “la storicità delle
trasformazioni del vedere, del pensare, del sentire, del comprende-
re”
23, tutte categorie di coscienza trasformate in categorie etiche. La
defigurazione della forma retorica non è un’antiretorica ma consacra
il transfert dal retorico al poetico di cui l’antiretorica non costituisce
che un caso particolare. La figura di una poesia è poetica soltanto
se mette in risalto l’attività soggettiva di questa poesia. [...] Il valore
sistematico di una figura dipende dal suo carattere unico, essa non ha
valore – questo valore qui – che in questa poesia qui»
24.
16
In conclusione a me preme sottolineare che soltanto in una rinno- vata prospettiva del rapporto fra poetica e retorica, sia a livello sto- riografico che teorico, questi studi possono ritrovare un senso e uno slancio.
1
L. Anceschi, Barocco e Novecento, Milano, Rusconi, 1960, p. 231; già in “Aut Aut”, n. 30 (1957).
2
R. Barilli, Poetica e Retorica, Milano, Mursia; 1969, n, ed. 1984.
3
J. Walker, Rhetoric and Poetics in Antiquity, New Jork,Oxford University Press, 2000.
4
La rhétorique avant la rhétorique per usare l’espressione di Laurent Pernot sul quale ci soffermeremo fra poco.
5
Già prima di Walker, Friedrich Solmsen aveva segnalato che Esiodo considera la retorica come sorella della poesia e che questa concezione non era rimasta senza eco, ma Walker non cita il contributo di Solmsen The ‘Gift’ of Speech in Homer and Hesiod, in Kleine Schriften, Hildesheim, 1968, pp. 1-15, ben presente invece a Giovanni Lombardo in Il genio del cantore Poetica e Retorica nella supplica di Femio (Hom.,Od., XXII 344- 353), “Helikon”,
xxxv-
xxxviii, 1995-98, pp. 3-54, in cui l’autore dimostra che Femio dà un bell’esempio dell’arcaica sorellanza fra poetica e retorica: Femio il professionista della poetica si rivolge a Odisseo, il professionista della retorica.
6
J. Walker,cit., p. 41, trad. nostra.
7
Contra Platonem, 427-428.
8
L. Pernot, t.
i, Histoire et technique, t.
iiLes valeurs, Paris, Institut d’études augustiniennes, 1993.
9
L. Pernot, cit., pp. 660-61.
10
Ivi, p. 796.
11
Ivi, pp. 635-36.
12
http//www.plekos.uni-muenchen.de./2003/rrebuffat.html.
13
E. Rebuffat, Tecniche di composizione poetica negli Halieutica di Oppiano, Firenze, Olschki, 2001.
14
www.hatt. nom. fr/rhetorique/art 12c.htm.
15
A. Bernadet, cit., p. 42.
16
Gruppo μ, Retorica generale. Le figure della comunicazione, Milano, Bompiani, 1976.
17
A. Bernadet, cit. p. 22.
18
H. Meschonnic, Politique du rythme Politique du sujet, Lagrasse, Verdier, 1995, p. 384.
19
A. Bernadet, cit., p. 27.
20
Ibid., rimaneggiato.
21
Ivi, p. 29. Ivi, p. 29. , p. 29.
22
Ivi, p. 30. Ivi, p. 30. , p. 30.
23
H. Meschonnic, cit., p. 551.
24