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L’evoluzione dell’economia e la velocità con cui si sta realizzando rappresentano di per se una sfida per tutte le società evolute

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Academic year: 2021

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PROFESSIONAL DAY 1 MARZO 2012

In questi ultimi anni abbiamo assistito ad un vero e proprio stravolgimento del sistema economico, all’affermarsi di nuove economie emergenti a livello mondiale, alla nascita di nuovi mercati, di nuovi prodotti e di nuove professioni. Potrebbe essere allora naturale pensare che un sistema ordinistico, oramai datato e che non è, sino ad ora, stato riformato in modo organico, sia un elemento che rallenti la crescita e lo sviluppo. L’evoluzione dell’economia e la velocità con cui si sta realizzando rappresentano di per se una sfida per tutte le società evolute; la sfida vera però è quella di mantenere una distribuzione equilibrata del reddito, di mantenere un livello di assistenza sociale accettabile, di ammortizzatori sociali per i periodi di crisi, di equilibrio tra le generazioni nel sistema pensionistico, di mantenere e preservare la sostenibilità del sistema nel medio-lungo periodo.

Gli Ordini sono a tal proposito un serbatoio di competenze tecniche che devono andare a braccetto con gli altri comparti della società civile e che possono contribuire in modo significativo a dare risposte alle questioni sopra indicate; molti Ordini nel tempo si sono riformati: pensiamo alla formazione continua obbligatoria, alla polizza assicurativa per rischi professionali (vorrei sapere quanti abusivi l’hanno o quanti abusivi faranno preventivi scritti), alla regolamentazione del praticantato attraverso convenzioni con l’università (anche noi a Bergamo l’abbiamo siglata) per far svolgere parte del tirocinio già durante il percorso universitario anticipando in tal modo l’accesso dei giovani nel mondo professionale.

Guardando al futuro ritengo che sempre di più le libere professioni dovranno garantire una stretta e fattiva collaborazione con la pubblica amministrazione, in spirito di sussidiarietà, collaborazione che per altro è in corso da molto tempo, al fine di snellire procedure burocratiche con conseguente vantaggio sui costi e sulla produttività del sistema economico.

Ritengo che il cambiamento in corso non ci debba spaventare, nemmeno quando riguarda il nostro mondo, il nostro lavoro e le nostre professioni. Ad un giovane, studente o praticante, che oggi mi dovesse chiedere informazioni su come sarà negli anni a venire la nostra professione di commercialista non sarei in grado di dare indicazioni precise, né sarei in grado di dirgli se tra qualche anno ci sarà ancora la figura professionale che mi onoro di rappresentare. L’unica cosa da dire ad un giovane, oggi ancor più che in passato, è di prepararsi seriamente, di studiare, di imparare le lingue straniere, di formarsi in quanto sono certo che comunque

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metterà a frutto le conoscenza acquisite, forse svolgendo la mia professione, forse svolgendo una professione che ne sarà l’evoluzione.

Perché affermo questo?

Perché rilevo come ci sia una mancanza, a livello legislativo, di un processo logico di sviluppo e di evoluzione delle funzioni richieste alla nostra categoria professionale.

Ho maturato oramai da tempo l’impressione che i professionisti, indipendenti dalle logiche del grande capitale, ognuno dei quali pensa con la propria testa, cuce come un sarto le proprie prestazioni professionali sulle esigenze dei clienti, diano fastidio.

Meglio trovare abiti tutti uguali in un supermercato piuttosto che in tante boutiques.

E quanto ho appena affermato trovava conferma nella prima formulazione, che ora sembra verrà adeguatamente ma forse non sufficientemente corretta, delle società tra professionisti, con una previsione che faceva pensare agli studi come a dei supermercati dove conterà il prezzo, le offerte speciali, non certo la qualità e l’indipendenza della prestazione. Seguire la vita dei clienti per decenni, divenendo per molti nel tempo un punto di riferimento anche al di la della mera attività di consulenza: anche questa è la libera professione e un ulteriore valore sociale delle nostre attività.

In questo momento il vento delle liberalizzazioni sta confondendo le idee a molti e qualcuno sta approfittando della situazione. Continuando ad indicare categorie di liberi professionisti con il termine di casta si finirà che molti o forse tutti ci crederanno. Dall’odierna giornata di mobilitazione devono partire, dalle libere professioni, messaggi propositivi che consentano di fornire una informazione corretta e non faziosa (e a questo proposito ringrazio il direttore dell’Eco di Bergamo per un recente articolo di fondo sui commercialisti connotato da grande equilibrio e onestà intellettuale)

La categoria professionale dei commercialisti che rappresento è cresciuta di numero in modo esponenziale negli ultimi anni; non è formata, se non in minima parte, da cosiddetti figli d’arte, bensì da tanti professionisti che provengono da diverse estrazioni sociali, molti dei quali hanno meno di 35/40 anni.

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Quali sono i privilegi della nostra categoria?

Abbiamo studiato, ci siamo formati con la pratica professionale, abbiamo sostenuto un esame di stato posto a tutela dell’interesse della collettività, lavoriamo con ritmi frenetici imposti da scadenze talvolta assurde e affrontando problematiche sempre più complesse. Negli anni siamo stati, sempre più, al fianco della pubblica amministrazione con ampie funzioni di supplenza e sostituzione nei confronti delle carenze della stessa. Vorrei ricordare che svolgere l’attività professionale sta diventando sempre più complesso e meno gratificante, senza che dietro ad una disponibilità di facciata vi sia un reale confronto alla pari tra uffici fiscali e professionisti. Operiamo da sempre in un clima di confusione normativa e regolamentare, rispettando scadenze, facendo da manovalanza ad una macchina fiscale che anche grazie a noi e ai nostri sforzi (ultimo in ordine di tempo lo spesometro che dopo averci fatti impazzire verrà modificato tornando agli elenchi clienti e fornitori di antica memoria) sta raggiungendo risultati significativi nel recupero dell’evasione; non vorrei più sentire qualche giornalista o politico che ci etichetta come amici degli evasori, quando invece siamo al fianco dei contribuenti per aiutarli ad assolvere agli obblighi fiscali. Non guardiamo a qualche caso patologico, ma alla stragrande maggioranza di noi professionisti di ogni categoria che tutti i giorni si aggiorna, lavora e da lavoro, svolge funzioni a favore della collettività, della pubblica amministrazione e di tutela della legalità (tema sul quale tornerò in seguito fornendovi dati aggiornati che riguardano l’economia bergamasca). Vorrei da ultimo ricordare che abbiamo da tempo abolito i limiti tariffari, che abbiamo un obbligo di formazione continua, che siamo la categoria professionale che ha meno riserve di legge.

Allora cosa chiediamo al legislatore ?

Chiediamo di confrontarsi serenamente con noi, sgombrando il campo da slogan e preconcetti, chiediamo che ci metta nelle condizioni di poter svolgere il nostro lavoro con una certezza sulle prospettive future, che non devono essere messe a repentaglio da scelte legislative non comprensibili e che dimostrano maggiore interesse al particolare che non all’interesse generale.

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Vorremmo che questo governo di tecnici mettesse al centro della questione non il problema delle tariffe o del mandato scritto, obbligatorio o di massima che sia, bensì quello di garantire la qualità dei servizi professionali resi.

Mi sembra che le liberalizzazioni si vogliano fare, anche per le libere professioni, pensando solo al prezzo, come se una consulenza fosse una scatoletta di tonno o un detersivo, e quindi con una spinta ad omologare verso il basso le competenze invece di pretendere una qualità sempre più elevata.

Del resto, tornando al concetto di tutela della legalità cui mi sono riferito poco fa, vi è una evoluzione normativa recente che ha inciso in modo importante sulla nostra categoria professionale. Mi riferisco alle norme che hanno profondamente riformato il sistema dei controlli delle società di capitali, facendo venir meno il criterio della collegialità dei controlli in molte di queste. E poco importa se tale modifica abbia la paternità del precedente governo, tale riordino avrebbe potuto essere oggetto di una delega apposita invece che divenire il risultato di un colpo di mano che risponde a interessi non meglio precisati, ma che certamente è contrario agli interessi della collettività. La funzione di controllo di legalità svolta ex ante dal collegio sindacale è un importante presidio a tutela di interessi collettivi, a tutela della corretta concorrenza tra imprese, a tutela dei creditori, dei dipendenti, del sistema creditizio e dello Stato. Se il ridimensionamento e la previsione di organismi monocratici di controllo è finalizzata ad un risparmio, mi chiedo quale sarà il reale risparmio per la collettività che vedrà venir meno un importante strumento di controllo della legalità dell’azione amministrativa e della tutela del patrimonio aziendale, controlli attuati, come già detto, nell’interesse dei terzi.

Una pausa di riflessione avrebbe consentito di prestare una maggiore attenzione alle funzioni svolte, al rapporto tra organo di controllo e dimensioni aziendali, di ripensare ad un miglior coordinamento tra i diversi organi deputati al controllo all’interno delle aziende. Né si può pensare che la tutela dell’interesse collettivo passi da un gioco al ribasso, per vedere chi si offrirà a meno, magari in cambio di controlli sempre più allentati.

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Il beneficio della responsabilità limitata per l’imprenditore deve avere un sistema di contrappesi e personalmente mi piace molto l’idea che almeno una parte del costo dell’organo di controllo possa essere assorbito dalla collettività mediante l’attribuzione di un credito di imposta a favore dell’impresa. Questo nel presupposto, come già detto, che l’organo di controllo svolga una funzione non a favore della impresa stessa bensì del sistema economico. Il vero problema è quindi la qualità dei controlli: e anche in questo noi Commercialisti, a seguito delle modifiche introdotte dalla normativa sulla revisione legale dei conti del 2008 ci siamo debitamente attrezzati con aggiornamento, struttura di studio, strumenti informatici………e a distanza di pochi anni nel 2012 ci dicono che hanno scherzato, che tutto va depotenziato.

A questo proposito voglio portare, come contributo concreto ad un confronto, che deve essere e rimanere propositivo, alcuni dati relativi alle procedure fallimentari dichiarate dal Tribunale di Bergamo negli anni 2010 e 2011.

Nell’ultimo biennio 2010/2011 sono stati dichiarati dal Tribunale di Bergamo 562 fallimenti. Di questi n 63 ditte individuali, n 62 società di persone, n. 437 società di capitali di cui n. 25 con organo di controllo .

Quindi le società di capitali fallite dotate di organo di controllo rappresentano il 5,7% del totale. Considerando invece il totale dei fallimenti dichiarati si scende al 4,5%.

Questi dati sono meglio di mille parole e dovrebbero far riflettere sull’utilità del collegio sindacale non solo per l’azienda ma per il sistema economico nel suo complesso. Si consideri a tal proposito la dispersione di valori e risorse, sia materiali che di capitale umano, conseguenti ad una procedura fallimentare oltre ai tempi che questa ha per pagare, magari solo parzialmente o in minima parte, i propri creditori.

Da un esame delle procedure concorsuali suddette emerge inoltre come la maggior parte delle stesse società fosse sin dall’inizio sottocapitalizzata: allora mi chiedo che senso abbia consentire ai giovani sotto i 35 anni di costituire società di capitali con un capitale ancora inferiore a quello minimo previsto per le Srl. Non si può ingenerare nel pubblico, e nei giovani imprenditori in particolare, la convinzione che iniziare una attività di impresa sia come puntare sul colore alla roulette; se si vince vince l’imprenditore, se si perde paga il conto la collettività. Tale previsione

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finalizzata a consentire una maggiore libertà di intrapresa privata per i giovani non è né etica nè moralmente accettabile. Chi inizia un attività deve sapere che mette a rischio mezzi propri e che coinvolgerà pesantemente anche tutti gli altri stakeholders.

Su questi aspetti, che riguardano il lavoro della nostra categoria professionale e di altre delle professioni economico giuridiche, ma ancor di più l’interesse generale, mi attendo che un Governo di tecnici presti la dovuta attenzione e che ci possa essere un ripensamento in un’ottica di fare riforme che riguardino l’interesse collettivo, sia per il sistema dei controlli societari che per la creazione di società di capitali semplificate.

Da ultimo un accenno al fatto, che ritengo fosse stato un errore, anche se parzialmente modificato, di aver eliminato la previsione di un equo compenso per i praticanti. Previsione che ci vede assolutamente favorevoli in quanto il futuro della professione, e della nostra società in generale, è rappresentato dai giovani che devono essere invogliati, supportati e stimolati e non compressi su lavori di mera dipendenza.

Penso che noi tutti professionisti meritiamo una maggiore attenzione, siamo una grande forza e una grande risorsa per il paese e non certo un vincolo allo sviluppo.

Bergamo, 1 marzo 2012

Dott. Alberto Carrara

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