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ATTI
DELLA
SOCI ETÀ L I GUR E
li
S T O R I A P A T R I A
v o l u m e i v. — f a s c i c o l o i.
G E N O V A
T I P O G R A F I A D E L n . I. DE* S O R D O - M U T I
MDCCCLXVI
ATTI
DELLA SOCIETÀ LIGURE
DI
STORIA PATRIA
'
, '
.
ATTI
D E L L A
SOCIETÀ LIGURE
DI
STORIA PATRIA
VOLUM E IV .
G E N O Y A
T IP . D E L R. I. D E ’ SORDO-MUTI
A L L A MEMORI A
*• • , «
DI S. A. R.
IL PRINCIPE ODONE DI SAVOIA
*
DUCA DI MONFERRATO
O M A G G I O
DELLA
♦ »#* %
SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA
I l giorno
i vfebbraio del
m d c c c l x v ila Società Ligure di Storia Patria veniva straordinariamente convocala in assemblea generale, onde porgere, un giusto tributo di riconoscenza e d’affetto alla sempre cara e venerata memoria di
S . A . R . i l P r i n c i p e O D O N E D u c a d i M o n f e r r a t o, già Socio Onorario e tanto benemerito dell’ Instituto.
L’ adunanza ebbe luogo ad un ’ ora pomeridiana
nella consueta sala delle tornale, posta nel locale
della Biblioteca Civico-Beriana ; e vi convennero, oltre
ai membri della Società stessa, gli onorevoli Componenti
la Casa del Defunto Principe, e buon numero d ’ altri
egregii personaggi.
( V . )
Poiché il Segretario Generale forni contezza di quanto V Ufficio di Presidenza aveva di già operato in nome dell ’ Istitu to , onde testimoniare i sensi di quella gratitudine devota e sincera con che ricorderà sempre il troppo breve pellegrinaggio in terra del Giovane
D u c a d i M o n f e r r a t o ,
il Presidente barone e consigliere
D. Pasquale Tola, prese a leggerne con visibile
commozione, cui dividevano lutti gli astanti, l’Elogio,
che fu allora concordemente applaudito, ed è oggi per
volo unanime licenziato alla stampa.
RELAZIONE
DEL
S E G R E T A R I O G E N E R A L E
CAVALIERE
LUIGI TOMMASO BELGRADO
LETTA NELL' ADUNANZA niM UDUU
D E L I V F E B B R A I O M D C C G L X V l
.
■
.
■
*
Si g n o r i !
I l Vostro Ufficio di Presidenza appena ebbe appresa la dolorosa notizia della immatura morte di
S .A. R.
i l P r i n c i p e
ODONE
d i S a v o i a D u c a d i M o n f e r r a t o ,ha creduto rendersi giusto interprete dei sentimenti del Vostro dolore, sospendendo in segno di lutto per dodici giorni il corso delle consuete nostre sedute. Ila inoltre deliberato che Ja presente straordinaria adunanza del- 1’ assemblea generale fosse interamente consecrata alla commemorazione dell’
I l l u s t r e E s t i n t o ,che lasciò fra noi tanto desiderio di S
è, e fu nel breve corso di Sua mortale carriera così splendido fautore e protettore munifico del nostro Instituto.
La Società quindi ha preso parte al cortèo, che nel mattino del giorno xxiv gennaio ora scorso accompa
gnava in mezzo al generale compianto le Spoglie del- 1’
A u g u s t o P r i n c i p edal Reale Palazzo alla Cattedrale di
2
San Lorenzo; e fu eletta a rappresentarla una Depu
tazione composta del Presidente, del Segretario Generale, e de Soeii march. Antonio Carrega, march, avv. David Invrea, avv. Pietro Canepa, sae. Giacomo Da Fieno e dott. Giovanni Ramorino. Ila poi concorso unitamente alla Società Promotrice di Belle Arti alla soscrizionc lodevolmente iniziata dall’ Accademia Ligustica, per
1'
innalzamento di un busto al munificentissimo
P r i n c i p e .Il quale sorgerà nel locale dell’ Accademia stessa; e farà fede della gratitudine onde sarà proseguita in eterno la memoria di C
iiiprotesse mai sempre ogni bell’ arte ed ogni studio gentile. Una lapide murata sotto quelle care Sembianze dirà appunto ai venturi come, con imitabile esempio di concordia e d’ affetti, partecipassero all’erezione del picciolo monumento tre Istituti, i quali per diverse vie mirano all’unico e santo scopo d’ illustrare nobilmente la Patria.
Infine ha trasmesso a
S .E. il Signor Ministro della Pubblica Istruzione il seguente Indirizzo, per essere presentato a
S u a M a e s t a ’ l ’ A u g u s t o N o s t r o S o v r a n o .« SIR E !
» La sventura onde
èstata colpita la
M a e s t a ’ V o s t r ae la
R e a l e F a m i g l i a ,ha Immerso nel lutto l’ intera Nazione; perocché questa sia usa da lunga mano a far sue le Vostre gioie, suoi i Vostri dolori.
( X )
» Questo Instituto, cui il degno c rimpianto Vostro Figliuolo aveva onorato dell’ Augusto Suo Nome, e del quale infino al chiudersi del Viver Suo (ahi quanto breve !) a^ea pur voluto essere munificentissimo Pro
tettore, serberà imperitura la memoria di S. A. II.
i lP r i n c i p e
ODONE, e d1 ogni Sua religiosa e civile virtù.
» La Società Ligure di Storia Patria ben comprende, o SIRE, le amarezze e i dolori dell’ Animo Vostro generoso e magnanimo. Essa con Voi divide le dure pene, le cocenti afflizioni, e per l’ irreparabile perdita a Voi tributa i sentimenti del suo profondo cordoglio.
Possano questi, o SIRE, alleviare le ambascie del Vostro Cuore Paterno; ed attestarvi insieme la devozione sin
cera che alla
R e a l e M a e s t a ’ V o s t r aprofessa questo patrio Instituto.
Genova,
x x v mGennaio
m d c c c l x v i .I L P R E S I D E N T E
P. TOLA
I L S E G R E T A R I O G E N E R A L E
L. T. BELGRANO ».
Con questi alti, o Signori, crede l’ Ufficio Vostro di essersi reso il fedele espositore dei Vostri pensieri,, e di avere insieme tributalo quell’ omaggio che meglio
( X . )
per noi si poteva alla memoria benedetta di un ottimo
P r i n c i p e ,
del quale Genova tutta or piange l’ amara dipartita, e mai non fia clic dimentichi gli innumerevoli
benefìzii. (1) *
( «i )
M Alla trasmissione dell’ Indirizzo testò riferito, così rispondeva poi 1’ Onorevole Signor Ministro della Pubblica Istruzione :
Firenze, addì 5 Febbraio 1800.
La Maesta’ del Re accogliendo l’ officio, col quale cotesla illustre Società significava il profondo dolore da cui fu presa per la morie di S. A. R. il Principe ODONE, mi commetteva di esprimere alla S. V. e agli altri suoi degni Colleglli, coin Egli abbia sentito col più vivo del Cuore questa testimonianza di affetto.
Nell’ adempiere tale incarico, ripeto a V. S. Chiarissima i sensi della mia singolare osservanza.
IL MINISTRO
BER T I.
.4/ Presidente
delta Società Ligure di Storia Patria Genova.
E L O G I O
DI S. A. R.
IL PRINCIPE ODONE DI SAVOIA
DUCA DI MONFERRATO L E T T O
DAL BARONE D. PASQUALE TOLA
PRESIDENTE DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA N E L L ’ A D U N A N Z A G E N E R A L E
D E L IV F E B B R A IO M D C C C L X V I
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O n o r e v o l i Co l l e g h i e Si g n o r i !
S e nel correre dell’ età, che veloce trapassa, ogni vita
che manca è cagione d’ individuali dolori a chi ebbe con
essa nell’ umano pellegrinaggio comunanza di origine, o
di affetti, allo spegnersi però di vite preziose ed illustri,
che sì rare quaggiù a noi si mostrano e sì presto da
noi si dipartono, generale e concorde è dei superstiti il
compianto, perchè a tutti fu comune per esse 1’ amore
e la riverenza, comune a tutti è l’acerbità del danno e
la patita sventura. Di questo vero è insegnatrice la Storia,
maestra severa e inesorabile delle umane cose ; ne
avemmo noi stessi amara esperienza nel triste caso che
deploriamo; lo prova la mesta solennità dell’ odierna
adunanza, cui convenimmo unanimi in un solo pensiero,
e con profondo cordoglio, per tributare a
Co l u iche
fu già della nostra Società primario ornamento la
espressione del dolore ineffabile da cui fummo colpiti
per la Sua morte immatura. Voi ben comprendete,
O n o re v o li Colleghi, di q u a le intendo favellarvi; e già vedo c o rre r v i pronto e desiderato sul la b b ro , p rim a che io lo p r o n u n c i , il n o m e v e n e r a to di S. A R. i l P r i n c i p e O D O N E d i S a v o ia D u c a d i M o n f e r r a t o , rapito testé da le n to e çrudel m o rb o all’ a m o re dell’ A ugusto S u o Geni
t o r e , della Reale F am ig lia, della Nazione intiera O . Uni
v e r s a l e fu il lutto di q u e sta nobile Città all’ an n u n zio del c a s o fu n e sto ; e l’ accalcarsi incessante del popolo atto rn o al di
Lui
feretro (2), le benedizioni del p o v e ro , il com pianto di o g n i ordine di c ittad in i, e il concorde la m e n to della g r a v e j a t t u r a to ccata alle a r t i belle, ai gravi studi e ai loro e g re g i c u lto ri, fecero certa e c o m m o v en te testim o n ian za, c h e co ll’ A u g u s t o T r a p a s s a t o m ancò u n a splendida eC1) S. A. R . il Principe Od o n e Eu g e n io Ma r ia Duca di Monferrato, figlio delle L L . MM. Vi t t o r i o Em a n u e l e li Re d’ Italia, e di Ma r ia Ad e l a i d e Fr a n c e s c a
di Lorena Arciduchessa d’ Austria, mori in Genova nella notte del 21 gennaio I8G6, alle ore 12 e minuti 25. Fu di costituzione inferma sin dalla Sua fanciullezza, e la Sua vita brevissima di quattro lustri non ancora compiuti, poiché era nato IMI luglio 1846, fu un lungo e lento martirio di fisici dolori, alleniti soltanto dalla virtù dell’ Animo Suo, e dalla religione, che fu sempre il primo de’ suoi pensieri e il più caldo de’ suoi affetti.
( 2) Ciò accadde nei due giorni seguenti alla morte di S. A. Tt. il Principe Od o n e. Ma un’ altra prova di affetto e di gratitudine data all’ Augusto Estinto dal popolo
genovese, va qui notata, perchè assai bella e assai rara. Allorché nella notte del 24 gennaio 1866 le di Lu i Spoglie mortali furono levale, verso le ore do'dici, dalla Chiesa Metropolitana di San Lorenzo, per essere trasportate a Torino, e di là alla Reale Basilica di Superga, una folla immensa di cittadini, che tram asi accalcala nella piazza esterna di detta chiesa, con moto unanime e spontaneo si scoverse il capo per riverenza, proruppe in voci di compianto e di benedizione, e poi accom
pagnò con mesto silenzio il funebre cortèo fino alla lontana Stazione ferroviaria, donde dovea partire la Cassa e il Convoglio mortuario. Tale manifestazione, che fu assai commovente, dimostra meglio di qualunque parola 1’ amore sincero che il giovane Principe seppe cattivarsi con la sua bella vita, e con le sue azioni generose dalla universalità dei cittadini.
( XV. )
cara Vita, la quale lasciò nel suo breve corso traccie luminose <l’ imperitura ricordanza.
Spettatori e partecipi noi pure del comune dolore, non potemmo, o Signori, non dovevamo rimaner silenziosi, e fallire al dovere di rendere a
Ch ifu principe dei nostri Mem
bri Onorarii un supremo tributo di riconoscenza e di affetto.
Questo tributo solenne or depone per mia bocca sulla di Lui tomba lagrimata la Società Ligure di Storia Patria;
e se la mia parola non risponderà degnamente al sub- bietto, non sarà però nò serva, nè adulatrice , ma libera e sincera dirà come il cuore mi detta, quale fosse l’ ingegno, e quanto rara e molteplice la virtù della giovine Vita, che testé e per sempre si è spenta. La materia, o Signori, non fa difetto agli encomi, anzi ab
bonda e in varie forme si manifesta; e sopra ciò, neir età che corre buia ed incerta, è valido argomento contro certe opinioni livellatrici, incredule sempre, o sospettose di ogni altezza intellettuale e morale, che dall’ imo non surga e si sollevi.
E
invero, quante non furono, e grandi e nobilissime le doti d’ animo e di cuore dell’
Il l u s t r e Es t i n t o!....Mente chiara e perspicace, cupida di sapere e di eletto sapere fornita; amore del giusto, del vero, del bello;
culto e protezione generosa delle arti e delle lettere , candore e dignità in ogni Suo atto, in ogni Suo detto ; schiettezza di carattere ; costanza più maravigliosa che rara, nella Sua Vita di continui patimenti ; compassione dei mali altrui ; mano pronta e liberalissima nel sollevare dalle privazioni e dai dolori la povertà e la sventura ; e complemento, anzi aromo prezioso di sì belle virtù,
( XVI I )
la religione e la fede, caldamente da Lui sentite e profondamente impresse nell’ Anima Sua... Forse che io trascendo il vero, o 1’ abbello ?... No, o Signori; e Voi stessi e Genova tutta, anzi Liguria intera, può farne sicura fede, e la farà ai presenti e ai venturi. Chi è che non sappia, com'
Eg l i,impedito dalla natura a trarre utile e diletto dagli esercizii e dalle arti, che sono di giovani Principi cura e ornamento, volgesse T animo ai pacifici studi, e assiduamente e con affetto li coltivasse ? Erano Sua cura precipua, e quasi amor Suo le arti belle, e le storiche antichità; entrambe si ben rispondenti al di Lu i Animo, dotato di senso squi
sito pel bello, e per le opere egregie, che l’ ingegno e la • mano artefice dell1 uomo riproduce in mille forme sensibili e svariate ; e convinto, per senno maggiore assai della sua giovinezza, come per chi bene studia e bene intende, dalle reliquie secolari del passato si traggano sempre lezioni utili pel presente, e per 1’ av
venire.
Quindi nacque quel suo continuo erudirsi nei libri d’arte, di storia, e di archeologia, e quel raunare eh' Ei fece, con scelta intelligente ed assidua, monete, vasi, armi, bronzi, ve
tri , gemme e molti altri oggetti antichi, pregevoli tutti per istorici ricordi, o per isquisitezza di lavoro, prima dote di un
Mu s e oartistico ed archeologico, di cui volea far dono a questa Città (0, stanza Sua prediletta, ricca di tanti
C1) Questa Sua volontà, pochi giorni dopo la di Lu i morie, fu recala rispetto
samente a notizia dell’ Augusto Suo Genitore dall’ egregio Marchese Orazio Di-Negro, già Governatore del Principe, che accettò nobilmente l’ incarico di presentare a S.
M. la domanda dell’ Accademia Ligustica, della Società Ligure di Storia Patria,
( XVIII )
monumenti insigni, e di tante illustri memorie: quindi gli scavi da Lui fatti eseguire presso Capua^)> e che divisava di far imprendere sulle rovine dell’ antica Libarna, per ricer
carvi avanzi e ricordi che potessero gittar luce sulle parti ancora oscure della storia antica, e porgere materia a dotte investigazioni : quindi quell’ adornare continuo di nobili sculture, pitture ed affreschi le splendide stanze del suo Reale Palagio ; e la raccolta, non meno bella che importante, di stampe, disegni, incisioni, e di ogni altra più rara e pregiata opera d’ arte e di industria : quindi la protezione generosa da Lui accordata agli artisti, non
e della Società promotrice di belle a r ti, falla per mezzo dei rispettivi loro Pre
sidenti, affinchè Si degnasse concedere alla Città di Genova gli oggetti d’ arte e di antichità, che il Suo Reale Figlio intendea donarle, onde formarne un Museo A rti
stico, ed Archeologico, da intitolarsi Mu s e o Od o n e, a perpetua memoria ed ono
ranza del sempre compianto Donatore. E S. M. il Re Vi t t o r i o Em a n u e l e I I , non solo Si degnò accogliere favorevolmente una tale domanda, commendandone la causa e Io scopo, ma commise tosto a S. E . il Marchese di Brem e, Prefetto di Palazzo, di recarsi in Genova per procedere alla scelta degli oggetti che dovranno servire per la formazione di detto Mu s e o. Un atto così generoso di Reale Muni
ficenza sarà di molto vantaggio agli studiosi delle arti e delle antichità, e servirà eziandio di ornamento alla Città di Genova ; la quale, se lo ricorderà sempre con gratitudine, ricorderà pure con onore e con benevolenza il nome del Marchese Orazio Di-Negro, il quale col farsi caldo mediatore della domanda dei suddetti tre Instituti Liguri, e coll’ averne conseguito da S. M. benigno accoglimento, ha dato alla sua patria una bella prova di carità cittadina.
( ') Gli scavi ebbero luogo nel 1863 e furono diretti dal chiar. prof, senatore Giuseppe Fiorelli, con quella perspicacia per cui va sì famoso; e produssero per risultato la scopertà di una N ecropoli, ove si trovarono un sigillo di bronzo, un’ agata graziosissima con suvvi inciso Amore a cavallo di un delfino (soggetto favoritissimo dagli antichi), un cratere colla rappresentazione dell’ Aurora che in
segue Titano, presente Mercurio, parecchie lazze, ed altre preziosità. Le quali vennero poi collocale nel Museo di S. A. R . , unitamente ad una gran copia di vasi greci ed etruschi, intorno a cui già aveva dissertato con rara dottrina il eh.
prof. cav. Giulio Minervini.
( X I X )
solo ai provetti e presenti, . che per merito e fama siedono maestri, ma eziandio ai giovani e ai lontani, sol che li sapesse avviati sulle orme migliori nel tiro
cinio dell’ arte, e dotati di quella viva scintilla, eh’ ò il genio creatore dei sublimi concetti e delle opere egregie quindi i premii erogati agli studiosi, che nei concorsi di belle arti vincessero la prova (2): quindi gli acquisti nu
merosi , che con liberalissimo dispendio Ei faceva annual
mente nelle pubbliche Esposizioni (3h e quindi i tanti lavori da Lui commessi con munificenza quasi regale ai più valorosi nell’ arte fra i quali non fia che io scordi il gruppo in marmo, in che sarà
s e u lta nelle sue
0 ) Uno fra costoro fu il giovane scultore Emanuele Caggiano, il quale nel set
tembre del 1863 fece presentare in Napoli a S. A. R. il Principe O d o n e la fotografia di un suo modello, da eseguirsi in marmo, rappresentante Pane e Laioio.
La eccellenza di un tal modello fu tosto riconosciuta dal Principe, intelligentissimo qual’ era, per molti studi, delle opere d’ arte; e quindi, fatto chiamare a Sk il Caggiano, lo accolse amorevolmente, lodò il suo bel lavoro, e gliene commise la esecuzione con largo rimerito delle sne fatiche. Inoltre per mano di quattto liguri ingegni, il Molinari, il C arli, il Vignolo e il Benetti, volle che fossero scolpili i busti dell’annalista Caffaro, di Guglielmo Embriaco, Cristoforo Colombo e Andrea D Olia.
(2) S. A . R. il Principe O d o > e avea instituiti quattro concorsi, per gli studiosi della pittura, scultura, architettura ed ornato; e fatta giudice e dispensatrice delle Sue larghezze I’ Accademia Ligustica.
(3) Basti per tutti citare i quadri del Castagnola e del Beliucci, rappresentanti la Morte d’ Alessandro de" Medici, che levarono a gran fama i loro autori, e fe< ero bella mostra all’ Esposizione aperta nel maggio dello scorso anno in Firenze pel sesto Centenario di Dante.
( 4) A l comm. Santo Varni, allogò due busti delle dilette Sorelle la Principessa C l o t i l d e N a p o l e o n e e la Regina M a r ia Pia , un gruppo rappresentante Amore d ie torm enta la Forza, una copia della medaglia della Pietà, fattura del divino Buonarroti, custodita nella chiesa dell'Albergo di Carbonara, non che varii altri lavori.
A l prof. Lazzerini di Carrara diede incarico di scolpire una statua raffigurante il Genio della Marina Ligure; e volle che per mano di valente artefice fosse eziandio
( X X )
divine sembianze, per quanto il possa mano umana e scalpello, la
I m m a c o l a t a M a d r edei redenti, da locarsi per di Lui voto nel nuovo tempio, che a lei s’innalza.
Dolce e affettuoso pensiero, col quale l’Anima generosa e pia del giovane
P r i n c i p e, prima di partirsi da questa terra , volle salutar
C o l e i, che dovea fra poco accoglierla benignamente in Cielo 0).
Che dirò poi del favore da Lui accordato all’ Acca
demia Ligustica, alla Società Promotrice di belle a r ti , (2) e alla nostra Società Ligure di Storia Patria ? Non la sola onoranza del Suo Augusto Nome E i ne concesse , ma ci fu largo eziandio d’ incitamenti, e sussidii, che gra
ziosi e spontanei soccorsero alla pubblicazione dei nostri
eseguito un gitto in bronzo del Fauno danzante e del Narciso di recente scoperto a Pompei : due fra i capi lavori dell’ arte antica, oggi serbati nel Museo di Napoli.
Al cav. Giuseppe Isola diede a dipingere un grande affresco rappresentante Nettuno in atto di domare la tempesta, e in quattro medaglie la Pittura, la Scul
tura, 1’ Archeologia e la Nautica. AI cav. Giuseppe Frascheri commise di effigiare in un quadro di vaste proporzioni la storia di Papa Eugenio III quando benedisse le armi ad Amedeo III di Savoia, per l’ impresa di Palestina.
(') Il dono di questa statua fu fatto dal compianto Pr i n c i p e Od o n e (pochi giorni appena prima ch’ Ei mancasse di vita) mentre si faceano dai genovési le prime spontanee oblazioni per recare a compimento il nuovo Tempio, già incomin
ciato da alcuni anni in Via Assarotti, ad onore e sotto la invocazione di M. V.
Im m a c o l a t a; e fu fatto da L u i , non solo con larghezza veramente principesca, ma con molto ardore, e col desiderio di poter vedere Eg l i stesso ultimato un tale lavoro... La statua, che avrà tredici palmi di altezza, e rappresenterà la Madonna sine labe sopra un globo, circondata da teste d’ angeli e di cherubini , nell’ atto in cui si schiaccia col piede il capo del serpente, fu commessa dal Principe Od o n e al valente scalpello del professore Santo Varili, il quale saprà eseguirla con quella maestria, che è da tutti generalmente ammirata ed encomiata.
(2) L ’ Accademia Ligustica avealo acclamato So cio On o r a r i o il dì 15 gennaio 1863) e la Società Promotrice lo elesse di poi a suo Pr e s i d e n t e d’ On o r e il 29 maggio del 1864.
( XXI )
A t t i .
N
òciò
E g l ilacca per sola grandezza d’animo, ma più per l’ amore che portava alle arti e alle lettere, nelle quali era bellamente e variamente instrutto (1);
ond’ è , che a Lui ben si addice il titolo di protettore e mecenate sapiente di questi patrii Instituti. E surgano pure, chè il puonno, a testimonianza di quanto io dico i maestri rinomati e solenni delle arti belle, dei quali Liguria e Italia tutta si onora, e stanno forse or qui ad ascoltarmi; surgano, e dicano essi quanto il deplo
rato Principe ODONE fosse addentro nella Storia, c negli studi teorici di pittura, scultura e architettura ; com’ Ei conoscesse le varie scuole, le vicende, e i più celebrati cultori dell’ arte italiana ; come fossero sempre aggiu
stati e pronti i Suoi giudizii sulle opere antiche c mo.- derne ; e com e, discorrendone spesso con giovanile vaghezza, nascondesse pur sempre con bella modestia il proprio sapere. Ed io stesso, o Signori, benchò pro
fano nell’ arte , posso farne sicura affermazione ; perchè quante volte mi toccò la ventura di favellargli; e quando, or compie il secondo anno, deposi nelle Sue mani il Diplom a, che lo acclamava Principe dei nostri Soci Onorari (2) ; e quando nei suoi ultimi ozii suburbani
( ') Il Principe Od o n e attese eziandio agli studi della nautica, ed era assai ver
sato nelle cose di mare. Capitano di vascello nella R. Marina Italiana, se il corpo debolissimo e la mal ferma salute non glielo avessero impedito, avrebbe dato nella pratica della navigazione prove sicure di sapere e di abilità. Coltivò inoltre, sotto l’ insegnamento del eh. professore Michele Lessona, la storia naturale ; ed era ben’ i- struito dei sistemi principali, e delle più importanti scoperte della scienza nei tre regni della natura.
( 2) L ’ acclamazione unanime del Principe O d o n e a Socio O n o r a r i o della Società Ligure di Storia Patria ivi fatta dall’assemblea generale nel 13 marzo 1864.
( X X, . )
( con dolore lo rammento ! ) Gli offersi il terzo volume dei nostri A t t i^ ), udii di Sua bocca tale un discorrere di arti belle, di Vitruvio e Palladio, del Visconti, del Morcclli, del Vasari, del Lanzi e di altri classici scrit
tori , e tanta acutezza di esame e aggiustatezza di osservazioni sulle Iscrizioni romano-liguri , e sulla fa
mosa Tavola di bronzo di Polcevera , che mi recò meraviglia, come in sì giovine età, ed in mezzo a tante fìsiche sofferenze,
Eg l iavesse potuto di sì eletto e co
pioso cibo nutrire la mente.
Ma è poco, non è tutto, Onorevoli Colleghi, quanto andai fin qui brevemente ragionando. Una parte ancora, più bella, più cara , più laudevole parte della Vita ahi ! troppo breve dell’ amato Principe ODONE, mi rimane a tratteggiarvi. E già intendete, che vo’ dire della Sua uma
nità e della Sua beneficenza. Oh com’ è ampio il sug- getto che a me si offrirebbe, se volessi narrarvi per minuto quanti dolori la Sua mano pietosa abbia alleniti, e quante lagrime rasciugate! Ma io non posso, o S i
gnori , correrlo tutto, no veramente. E sopra ciò , se pure il potessi , non direi cose nuove, o maggiori, che V o i, Genova tutta e i suoi cittadini non sappiano , e non abbia già divulgato in ogni parte la pubblica ri- conoscenza. Lo sanno pur troppo, e ne piangono ama
ramente la perdita, i pubblici stabilimenti di carità , e di educazione, gli asili infantili, e i mesti ricoveri della umanità sofferente (2) ; lo sanno vedove e pupilli dere-
( ’) Ciò accadde nel 24 settembre del 4865.
(2) Oltre agli Asili infantili di Genova, di Cornigliano, di Recco, e di Rapallo, il Principe Od o n e solca fare annualmente copiose largizioni in denaro allo Spedale
( XXI I I )
litti, e padri e famiglie intere, decadute da onesta for
tuna , e costrette a soffrire entro le domestiche mura la più crudele delle povertà , cui non basta il cuore a uscir per le v ie , e a stendere la mano supplichevole di soc
corso 0); e tutti il sanno quanti a Lui si rivolsero nei tristi casi della vita, e nelle incontrate sventure. Nessun infelice chiese mai invano, nessuno si partì mai da Lui, che non ricevesse pronti, amorevoli ed efficaci sussidi.
Generoso per natura, e compassionevole dei mali altrui era l’Animo del giovane Duca ODONE. Sempre, e a tutti E i volea dare e concedere; e si doleva che a ciò non
Celesta di Rivarolo, ove divisava di stabilire a proprie spese parecchi letti se morte immatura non gli avesse troncato il pietoso disegno, alle Scuole e Stabilimenti^di educazione governati dalle Suore di Carità in San Pier d’ Arena e in Campomarone, ed a molte altre Opere di pubblica beneficenza. E le sue largizioni erano tali e così frequenti, che talvolta, non sopperendovi abbastanza il Suo appannaggio, pone
vano in angustia i dispensatori delle Sue liberalità.
( ' ) Un fatto degno di essere specialmente ricordato, e che prova quanta fosse la Sua carità verso i poveri, impediti ad accattare pubblicamente la elemosina, è il seguente. Avea letto in uno dei Giornali di Genova, che un’ onesta famiglia colpita da infortunj, si trovava nella più desolante miseria, e per malattie e per altri impedimenti al lavoro, soffriva mille crudeli privazioni, e quasi la fame. Nel G iornale era indicata la via, non però la casa, ove abitava quella infelice famiglia.
11 buon Principe Od o n e ne fu commosso profondamente, notò sopra una carticella (che fu poi trovata fra i suoi scritti) il caso compassionevole, e diede segretamente a persona fidatissima addetta al suo personale servizio l’ incarico di trovare nella via indicata dal Giornale la casa, in cui languiva la famiglia derelitta, e di sov
venirla largamente col denaro, che perciò le diede di sua propria mano. Però le dava insieme ordine espresso ed assoluto di tacere ai sovvenuti donde e da chi provenisse il soccorso, volendo che nè essi, nè altro nessuno, il sapesse mai. Il Suo volere fu rigorosamente eseguito; la sconsolata famiglia si trovò in un tratto con generoso ed insperato soccorso sollevata dalla miseria; ma l’ atto pietoso e grande del Principe Od o n e sarebbe ancora ignorato, se la persona, cui Eg l i ne affidò 1’ eseguimento, e la nota scritta di sua mano non fossero, dopo la di Ll'i morte > prova solenne e vivente di tanta Sua virtù.
( XXI V )
bastasse il suo appannaggio di Principe, e di Figlio del Re d’ Italia. Esempi di Sua carità e beneficenza potrei recitarne molti ; ma valga per molti quest’ uno : che negli estremi giorni, e quasi dirò nelle ore estreme del Viver Suo, ordinò si apportasse subito a modesto artista, che sapea manchevole di aiuto e stretto dal bisogno, largo e spontaneo prezzo di un suo dipinto , da cui fortuna avversa gli avea niegato ritrarre il frutto di molte sue veglie e sudori. Tanto era grande, e pietoso il Cuore di quel buon
P r i n c i p e ,che in tali supremi momenti dimenticava Se stesso per ricordare gli sventurati !... (').
Nè di ciò vi prenda stupore, o Signori; imperocché da più alto principio, da fonte più larga e copiosa, che per se stessa non sia la sola umanità, procedeano nello
A u g u s t o G i o v i n e t t o
questi atti di rara beneficenza ; vo’ dire dalla Religione nel di Lu i Animo profondamente scolpita , dalla Religione, gloria antica della Reale Stirpe Sabauda, dolce e caro retaggio lasciatogli dalla pia Sua Genitrice, la di Cui Anima benedetta Lo scorse quaggiù , quasi angelo tutelare, nel cammin breve della Sua Vita.
E ben mi accade recar qui sì bell’ esempio di Principe religioso e credente; perchè in mezzo ai deliramenti di una ragione superba, la quale osa con impotente co
nato sostituirsi alla suprema mente creatrice, che go-
( ') Un altro sventurato giovinetto, cui mancava il denaro per comperarsi lo strumento, col quale potesse apprendere ed esercitare 1’ arte musicale, unico mezzo, che per causa di fisica infermità egli si avesse per campare la vita , ricorse al Principe Odone. E il buon Principe, non avendo altro, quando la supplica Gli fu sporta, diede subito al medesimo il denaro, che avea già destinato per l’ acquisto di varj acquerelli, dei quali si dilettava moltissimo, e che si trovavano in quel
momento sotto i suoi occhi.
( X X V )
verna 1 umanità, e poi, contraddicendo a se stessa, va
neggiare dopo la vita il nulla, ò debito solenne di chi narra pubblicamente le azioni degli uomini eccelsi, che operarono il bene inspirati dalla fede nell’ avvenire, sol
levare con sì splendidi documenti la dignità della intel
ligenza umana al principio eterno, da cui dipartissi, e a cui, dopo breve o lunga via nel tempo, dovrà ri
tornare per sempre , immagine, creatura, opera fra le universe la più graziosa e la più bella di Dio.
M a
della religione operosa e sincera, che
abbellì lamortale carriera del Principe
O D O N E ,non
diròaltro,
oSignori. Ciascun di noi , e tutti , la videro se
presenti, la seppero se lontani. Fu essa, che
G l i r e s e meno acerbala v ita ,
egl’ infuse virtù e costanza
am m irabile inmezzo a tante fìsiche sofferenze; ond’è, che
mostrossie fu sempre sereno e tranquillo , e potè
attendere astudi eletti,
edi buoni ed eletti studi
farsi protettore, e promuovere l’ incremento. Fu essa, che
G l i consigliòle opere di pubblica e privata beneficenza,
pei'cu‘ s‘
ebbe ed avrà perenne la gratitudiue dei
superstiti. Daessa mossero, e in lei si affiserò sempre
le più intim easpirazioni del Cuor Suo, temprato
soavem ente a dolcezza e a benevolenza.
Efu essa, che
nella supremalotta mortale Lo cinse del suo forte usbergo, c
n erac
colse lo Spirito eletto per ricondurlo al
Creatore.Qui mi arresto , o Signori.
Equali altre o più potrei dir io , che mertato non abbia , e non
sorpassicon fatti degni di memoria la vita brevissima dell
Il l u s t r eE s t in t o
? L Animo Suo grande e generoso, il Suo intei letto, il Suo sapere, le Sue virtù brillarono di l,lCC C0SI
( X X V I )
chiara c tranquilla, così evidenti e belle a noi si mo
strarono , clic torrebbe forse efficacia al vero la povertà della mia parola. Principe però tra’ Principi meritevole di speciale encomio. Fu amato e riverito vivendo ; è benedetta, dopo morte, la Sua memoria. Genova e L i
guria tutta , per munificenza , per affetto , per benefizii Lo ricorderanno perennemente. I cultori delle arti belle, e gli studiosi delle memorie antiche lamentano perduto con Lui un sapiente e generoso Mecenate. E la Società Ligure di Storia Patria , che
G l ioffrì
1’odierno spon
taneo tributo della sua gratitudine, ricorderà sempre con nobile compiacenza, che il
P r i n c i p eODONE
d i S a v o i afu fautore c protettore magnanimo dei suoi studi, e fu il primo fra i Soci clic la onorò del Suo Nome.
( X X V I I )
ATTI
DELLA
S O C I E T À L I G U R E
DI
STORIA P A T R I A
VOLUM E IV . FASCICOLO li .
GENOVA
TIPOGRAFIA DEL R. I. D E I SORDO-M UTI
M D C C C L X V l
D E L L E O P E R E
di
MATTEO C l \ I T A LI
SCULTORE ED ARCHITETTO LUCCHESE
C O M M E N T A R I O
DEL SOCIO
P R O F . S A N T O V A R N I
GENOVA — TIP- SORDO-MUTI
>Cuando nel
1833feci ritorno dalla Toscana , ove per qualche tempo uvea dimorato, mi prese desiderio d’in stitu ire confronti e ricerche riguardanti gli artisti che aveano in antico formalo il decoro di quella nobilissima parte d ’Ita lia . Parevami allora
,che non pochi fr a medesimi avessero anco arricchito delle opere loro Genova e la L ig u r ia , e i documenti che più tardi mi vennero a mani mutarono ben di frequente le mie congetture in certezza
( ‘).Dettai quindi parecchi appunti
,piuttosto per mio stu d io e diletto , di quello che per voglia di farne pubblica m ostra.
Più specialmente inoltre intesi ad illustrare le insigni opere di scultura che adornano la Cappella del Precursore nel no
stro Duomo, ed al proposito estesi una serie di Commentarii, di che appunto fanno parte quei due ai quali questo In s ti
tuto ha voluto concedere l’onore della propria ospitalità.
(') Molli di questi documenti furono da me fatti cercare nel Civico Archivio ; più altri mi vennero forniti dalla gentilezza degli amici miei avv. Antonio Assarotti e cav. L. T. Belgrano. V. V a r n i , Eltncu di documenti artistici ; Genova , Pagano.
U n o fra i più distinti artefici, che concorsero ad abbellire la Cappella del Precursore nella Cattedrale di Genova, fa Matteo Civitali figliuolo di Giovanni cittadino lucchese. Chi sia slato il maestro di lui è tuttora incerto. Il Vasari ed il Baldinucci lo dicono scolare d’Jacopo Della Quercia; ed il Cicognara, ret
tificando tale sbaglio, avverte come Jacopo morisse poco prima della nascita di Matteo, che è quanto a dire intorno al 1432.
Né io in alcuna delle opere di costui saprei ravvisare la ma
niera o lo stile del Della Quercia; abbenchè il sullodato autore, parlando delle statue fatte dal Civitali per Genova, scriva che esse ricordano in qualche maniera il fare d'Jacopo Della Quercia, appunto perchè in Lucca si offrivano a lui le opere di questo Sanese come modello a preferenza d’ ogni altra scoltura ( ‘).
(i) C ico g n ara , Storia della Scoltura, lib. IV , pag. 163.
Io non avventurerei quanto sono per esporre, se più volle non avessi vedute le opere dell’uno e dell’ altro scultore, nei quali trovo due diverse ed assai lontane maniere; nè saprei con quali lavori di Jacopo si vogliano ravvicinare quelli del Civitali. Se osserviamo la pala dell’ altare che mirasi in San Fre
diano di Lucca, scolpita per ordine della nobile famiglia Trenta, ov egli sotto le cinque figure che la compongono appose il nome e l ’epoca ( ') , non che le due lapidi sepolcrali con en
tro effigiati a bassorilievo i rittratti al naturale di Federico Trenta e della consorte già prima operate nel 1416, noi possiamo con facilità vedere la diversità di stile che passa fra lo scultore di Lucca e quel di Siena; il quale in questo lavoro special
mente vestì le figure con una ricchezza di panni soverchia (2).
Oltrecchè, vi sono improntate discipline diverse da quelle che tenne il Civitali, che è più semplice in qualsivoglia lavoro.
E per fare un confronto di eguale soggetto, potrà osservarsi la Vergine col putto in collo scolpita da Jacopo nella indicata pala, e quella che Matteo fece per l’ altare di San Regolo in San Martino di Lucca.
È ben vero che il Della Quercia nei lavori eseguiti per la Fontana di Siena (3) e pel monumento d’Ilaria Del Carretto nel Duomo di Lucca (4), ed in alcune opere condotte con ma-
( ') Hoc opus fecit Jacopus Magistri Petri de Senis MCCCCXXH.
( 2) C ico g n a ra , Op. cit. V. Tav. ili.
( 3j Questi lavori eseguili da Jacopo nel li 19 furono più tardi da mani vanda
liche deformati. Al presente il Municipio di Siena lia deliberato di far ricopiare in marmo la detta Fontana, e di collocare nelle sale dell’ Accademia i preziosi avanzi dell’ antica. È notevole che dopo la costruzione della medesima il Della Quercia acquistò il sopranome di Jacopo della Fonie.
(4) La figura di questo monumento può senza tema annoverarsi fra le più belle produzioni d’ Jacopo; ma io non potrò mai concorrere nella credenza che sieno opera di lui quei pultini sorreggenti festoni di fiori e di frutti, i quali decorano I’ urna. Uno di questi bassirilievi si ammira nel Corridoio della Galleria degli Uf
fizi in Firenze, e forse fu venduto nell' epoca in cui il monumento venne smosso
( 6 )
gistero di sommo artista ad ornamento della porla del famoso lempio di San Petronio in Bologna ( ') , si mostrò più largo, facile e robusto ; ma è vero pur anco che nemmeno in queste opere nulla si scorge che richiami alla memoria quelle del Ci
vitali , nè il modo con cui egli tenne il bassorilievo. Nella condotta di questo Matteo si avvicinò sempre a quelli operati da Donatello, da Mino da Fiesole e da altri quattrocentisti; e ce ne porge un esempio il piccolo bassorilievo della Fede che ve- desi nel Corridoio della Scuola Toscana nella Galleria degli Uffizi in Firenze (2). Questo lavoro non solo ricorda lo stile di Donatello , ma la rassomiglianza ed il carattere della testa della figura sono tali, da confonderlo colle opere di costui; ed é perciò eh’ io mi vado accostando con persuasione di verità a quanto ne congettura il dottissimo P. Marchese. « Non an
drebbe forse lungi dal vero, egli dice, chi opinasse (non es
sendo di quel tempo in Lucca artefice di gran nome) averlo il genitore inviato ad apparare 1’ arte nella vicina Firenze, ove
dal luogo originario. L a scoltura di esso parmi non corrispondere ad alcun’ altra dell’ ardito e valente artista.
li monumento in discorso fu fatto eseguire da Paolo Guinigi signore di Lucca poco dopo il 1405, in cui avvenne la morte di Maria ch’ era sua consorte (V . G u id a d i L u c c a , pe’ tipi fìalestreri, 1829; Cic o g n a r a, Stor. cit.)
( ') Ecco quanto si legge a tale proposito nella Giuda d i Bologna scritta dal Bia n c o n ij pag. 97 : n G li ornamenti della porta maggiore furono nel 1425 com
messi per fiorini d’ oro 3,600 , dando la fabbrica i marmi a Giacomo di maestro Pietro della F o n te , il quale benché prevenuto dalla morte nel 1438 (e non 1418 come dicesi nelle note al Vasari) compiè totalmente il suddetto lavoro ». Ed a pa
gina 262 si aggiunge: « II Vasari ed il Baldìnucci lo dicono morto d’ anni 64 nel 1418; ma ritrovansi nell’ Archivio della R ev.da Fabbrica di San Petronio le convenzioni fatte con lui per la costruzione della porta grande sotto il 24 ottobre 4 429, l’ assoluzione alli suoi eredi dell’ obbligo di perfezionarla, delli 25 settem
bre 4 442, essendo egli morto poco prima ».
( 2) Sotto di questo basso rilie vo , il quale nel 1830 venne per cura del Com
mendatore M ontalvi acquistato da una famiglia patrizia di Lucca., si legge: 0. iM.
C. L . , cioè: O pus M attici C ivitalis L u cen sis; e l’ intaglio della figura, che è piena di gentilezza , vedesi nell’ Illustrazione della Galleria degli Uffisi.
( 7 )
se più non era in vita il Bnmellesco, ben potevan vivere ed operare Lorenzo Ghiberti, Donato, i Robbia, ecc. (') ».
Scrivono gli storici che nel 1450, o in quel torno, venis
sero dagli opehii del Duomo di Lucca commessi al Civitali quegli ornamenti che tuttora si osservano ai lati della Cappella detta del Santuario (alcuni de’ quali ei componeva entro le picciole lesene nella foggia stessa di quei pendoni di frutti onde il Ghiberti fregiò gli stipiti della porta del Battistero in Firenze), e che, per quanto viene asserito, gli furono affidati nello intendimento di ornare il Coro che sorgeva nel mezzo del Tempio, e che fu scomposto dopo il IG3I (2). E con ciò vogliono correggersi coloro, i quali scrissero che il Civitali attese all arte del barbiere fino all’anno quarantesimo dell’ età
( ’) Ma r c h e s e, Scritti varii, Firenze, Le Monnier, 1855; pag. 522.
Per convincersi viemmeglio del come il Civitali potesse apprendere l’ arie da Donato, oppure lo imitasse nelle sue opere, basterebbe osservarci tre bassi rilievi dell altare di San Regolo ove si scorgono le stesse discipline di quel maestro, le quali pure si vedono nella mezza figura della Vergine che allaita il Divin Figlio, esistente nella chiesa della Trinità in Lucca. A proposito di questa figura è poi a correggersi il Trenta, il quale nella sua Guida di Lucca la dice di tondo rilievo, mentre essa non è che di mezzo, od anche di siile stiaccialo.
(2J ' in c e n z o Marchiò nel suo Forestiere infomuto nelle cose di Lucca (ivi 1721), scrive essere questi ornamenti non solo del Civitali, ma anche di altri scultori. La qual cosa è probabilissima, ed anzi certa; perche dovendo i medesimi essere in diverso modo composti ed aggiustati, niente vi ha di più facile odi non poterli tutti collocare in opera (come infatti si scorge), od altrimenti di farvi nuove aggiunte. Comunque siasi però, essi sono veramente pregevoli anche per quei pochi lavori di statuaria a cui vanno frammisti.
Nello stesso Duomo si vedono pure due pile per l’ acqua benedetta, le quali simil
mente si credono opera di Matteo. Eleganti e svelte nella forma, sono condotte con raro artificio e squisitezza di gusto ; e poco diversificano nell’ insieme della pila che Slagio Staggi scolpì in seguito per la Primazialedi Pisa, se forse non la sor- vanzano in gentilezza. Alcuni invece le dicono fattura di Vincenzo, che fu nipote di Matteo e figliuolo di Masseo Civitali, celebre intarsiatore in legnami nel secolo XVIJ ma dal confronto fattone, a me pare che le medesime sieno per avventura più vi
cine allo stile di Matteo, di quello clic agli ornamenti scolpiti da Vincenzo nel nuovo Battistero dj San Frediano. Nejla quale chiesa, a mano destra, vedesi poi ugual-
( 8 )
sua, in cui si diede a lavorare di scoltura. Perché Matteo nato nel 4 435 non coniava nel 1450 che 15 anni , del 1472, per tacer d’ altro , scolpi il monumento di Pietro da Noceto , e del 4 482 , che fu 1’ anno 47 di sua vita, diede opera al celebre Tempietto del Volto Santo , alla cui impresa non ba
stavano certo i pochi anni di studio che gli si vorrebbero con
sentire , contro della cronologia e dei fatti indicati.
Pertanto chi non riconoscesse come a Matteo nello scol
pire i suoi lavori sì per Lucca che per Genova non fossero ignote le opere scolpite da’ grandi maestri, potrebbe attingere sicura testimonianza dal citato monumento di Pietro da Noceto e dalla cappella di San Regolo, di cui parlerò in appresso. Ri
spettando poi ogni opinione, io espongo francamente la mia qual
siasi, e dico: che fra tutti gli artefici dei secoli X IV e X V il Della Quercia, abbenchè valentissimo ed ardito nell’ arte, fu però uno dei tanti che si allontanarono da quella somiglianza di stile che vedesi tra gli artefici che operarono negli indicali secoli, e che segnarono il risorgimento dell’ arte, seguendo le norme già tracciate da’ grandi maestri pisani sotto la scorta della natura. Infatti, chi non ravvisa nei lavori di Benedetto da Maiano una vicinanza di stile colle opere di Antonio e Bernardo Rossellini, le quali alla lor volta si confondono spesso con quelle di Donato , di Luca e di Andrea della Robbia ? Mino, artefice più grazioso e gentile, tenne uno stile proprio, ma non però lontano dai suddetti scultori ; mentre Jacopo
mente dello stesso Vincenzo la statua di un San Pietro, figura alquanto tozza nell’ in
sieme e di panni trattati senza veruna scelta, statavi depositata nel 18Ì2 da Carlo Frediani. Ecco le epigrafi che si leggono la prima nel plinto e l’ altra nel piedistallo :
AN • D • M • D • V I • MEN • SEP T • ET OCT • PRIM ■ OPUS • VINC • CIVJTAL •
c a r lo q • An d r e a Fr e d ia n i DEPOSITÒ
I I D C C C X U 1 .
(
9)
( IO )
Della Quercia, il Varrocchio, il Vecchietta (') ed il Tribolo, tendono ad un fare più sentito e lontano da quella sempli
cità che si ravvisa nel Civitali.
Alcuni scrittori, e fra essi il Mazzarosa (2), asserirono che Matteo ebbe una maniera tutta sua nel trattare il bassorilievo in isti le stiacciato, dandovi effetto con alcuni sottosquadra. A me pare invece il contrario, avendo riscontrata codesta par
ticolarità nelle opere di moltissimi artisti, le quali si ammirano così nelle città della Toscana, come in Verona, Mantova, Pa
dova, Venezia, ecc., e nei lavori di molti fra quegli scultori che nel secolo X V abbellirono la monumentale Certosa presso Pavia. In Firenze ne porgerebbero esempio il fregio de’putti danzanti scolpito da Donatello a concorrenza, se si può dire, di Luca della Robbia (3) , che si ammira nel già citato cor-
( ’) Veggansi gli angioli scolpiti da tale artista ad ornamento del tabernacolo ili San Domenico in Siena, ed altri suoi lavori.
(2) « Niuno, a quello eli’ io sappia, lia scritto su questi bassorilievi nè mollo nè poco; i quali però meritano, per quanto me ne pare, molla considerazione, giudicandoli di mano del Civitali. Infatti basta solo aver veduto una volta quei bassorilievi suoi all’ altare di San Regolo nella nostra Cattedrale, per rimaner con
vinti di questa verità. Oltracciò è questo un genere di scultura che non ho mai visto praticare da altri fuori di lui. Anche l’ anno in cui furono liniti ci dà lume, leggendovisi il 1496 » (Ma z z a r o s a, Opere, Lucca, pe’ tipi Giusti; 1841, I. pa
gina 53 ).
(3) « Questo superbo lavoro come quegli egualmente bellissimi di Luca della R o b b ia ... furono fatti per decorare le cantorie degli organi del Duomo, ove stettero finche nel 1688 per ismania di decorare il Coro della medesima chiesa furono (che vandalismo!) tolti da’ loro posti, e poscia abbandonati nelle stanze dell’ Opera finché non furono restituiti alla pubblica vista in questo luogo ». (Fan
tozzi, G uida di Firenze, pag. f i 8).
Ho detto a concorrenza di Luca della Robbia, perchè prima di Donato egli aveva scolpito altri bassi rilievi per la cantoria dello stesso Duomo ; ed il Vasari nella V ita di Luca della Robbia scrive, che gli Operai del Tempio i quali « oltre ai me
riti di Luca furono a ciò fare persuasi da M. Vieri de’ Medici allora gran cittadino popolare, il quale molto amava Luca, gli diedero a fare l’ anno 1403 l’ ornamento di marmo dell’ organo, che grandissimo faceva allora l’ Opera ». (Vasari, Vite ecc., vol. I li , pag. 61).
ridoio della Galleria degli Uffizi, e quelli eseguiti nel pergamo esterno della Cattedrale di Prato per opera del medesimo Do
natello in compagnia di Michelozzo nel
\
428, per ordine degli Operai della Cintola' (Q.Che se talvolta Matteo si mostrò alquanto più secco nel profilare alcune figure, come sarebbe in due dei bassirilievi della Cappella di San Gio. Batta in Genova, non è a dire con ciò che in tutte le sue opere abbia egli praticata una tale ma
niera; giacché anzi nel basso rilievo esprimente la Fede, in quello della Vergine col putto in collo nel monumento del Noceto, ed in altri ancora, adoperò uno stile assai diverso;
il quale nondimeno non é mai lungi da quello de’suoi con
temporanei , e massime da Donatello (2). Ma troppo lungo sa
rebbe il citare quegli artefici che in somiglianti lavori usarono questa maniera non isconosciuta agli antichi; e che praticarono, appunto come il Civitali, quando più loro cadeva in acconcio gli scultori dei secoli X V e X V I, e specialmente Andrea Con- tucci da Monte Sansavino ne’ suoi bassirilievi, i quali si am-
0 ) « Nel 1428 a dì 14 luglio gli Operai della Cintola dettano a fare il pergamo di fu o ri, dove si mostra la Cintola , a Donatello di Nicolò e Michele di Bartolom- meo scultori ». D iu rn i del C om une, e Ca s o t t i Spoglio A , nis. nella Roncio- n ia n a , N . 58. (V . Ba l d a n z i, Della Chiesa Cattedrale di P rato, ecc. pag. 77).
( 2) 11 Tr e n t a, nelle Memorie e docum enti per servire alla Storia del Du
cato d i L ucca (vo l. V i li , pag. 5 9 ), conferma quanto venne ora da me esposto, non ostante il dubbio di Giacomo Sardini, che il Civitali abbia avuti i primi i»se- gnamenti da un Silvio Lucchese chiamato dal Lomazzo eccellente nella parte or
namentale. « Se volessimo appoggiarci (scrive il Trenta) ad una induzione anziché ad una testimonianza ben fondata, che ne dà il P. Bartolomeo Beverini ne’ suoi Elogi degli illustri lucchesi, dovrebbe dirsi che Matteo nella sua giovinezza si fosse trasferito a Firenze a perfezionarsi nell’ arte sotto la disciplina di Donatello.
Ma quando anche non avesse egli contato allora che l ’età di 18 anni, era divenuto paralitico il maestro ottuagenario. È a notarsi inoltre che nominandone il Vasari gli allievi, non fa menzione alcuna del Civitali. Per la qual cosa si potrà più presto supporre con molta ragionevolezza , che avendo arricchito Donatello di bassorilievi e di statue non solamente la patria, ma tutta- ancora l’ Italia, avesse campo perciò Matteo ne’ suoi viaggi di osservarne i lavori e di prenderli a modello ».
( 11 )