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Biblioteca digitale sella Società Ligure di Storia Patria

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A n n o X V I - 1 9 4 0 -X V III

F a s c ic o lo I - G e n n a io -M a rz o

GIORNALE STORICO E L E T T E R A R IO DELLA LIGURIA

Di r e t t o r e: A R T U R O C O D IG N O L A

Comitato di redazione : CARLO BORNATE - PIETRO NURRA - VITO A. VITALE

G. B. SPOTORNO

E IL “ GIORNALE LIGUSTICO „

( Continuazione - V. numero l i 1939-XVII)

N ella sto ria della c u ltu ra ligure, lo Spotorno occupa un p o sto em inente. Ebbe ingegno versatile più che o rig in a le ; severo m etodo di studio , m a scarsa com prensione delle nuove c o rre n ti del p en sie­

ro e d e ll’arte .

In lu i la d o ttrin a vasta e v aria e l ’am ore a lla scienza fu ro n o p a r i a ll’am ore esclusivo ed ombroso per la te rr a in cui n acque.

È certo clie lo Spotorno, con preparazione a d e g u a ta a l l ’orgoglio ch ’egli ebbe della sua origine ligure, riuscì a fa r n o ti e a d e s a lta re un buon num ero di glorie paesane, di cui la fam a ebbe, p e r opera sua, p recisi lim iti, negli elementi sicu ri dalle sue ricerch e ric o s titu iti o rivelati.

Lo S po to rn o fu un ricercatore m inuto e scrupoloso ; q u alch e v o l­

ta acuto , p iù spesso metodico e volenteroso, quasi m a i cap ace d i una sintetica, visione ed enunciazione di f a tti e d ’idee.

P u r essendo forn ito di una c u ltu ra non comune p e r la s u a s o lid ità e m olteplice v arietà, non la sa m ai ravvivare con u n a n o ta p erso ­ nale c a r a tte r is tic a ; è l ’eru d ito che, p u r in teressan d o si e a p p a s s io ­ nandosi a problem i diversi sia le tte ra ri, sia sto rici, geografici, lin ­ guistici o religiosi, tu t ti li esam ina con lo stesso p ro ced im en to che è spesso più secco che serrato , p iù schem atico che lim pido. Ne è esem ­ pio il modo con cui com batte la sua p iù bella b a tta g lia : la riv e n ­ dicazione di Colombo a Genova m adre.

G rav a s u ll’opera dello Spotorno un giudizio del M azzin i: g iu d i­

zio ta g lie n te t r a q u an ti questi ne ab b ia d ato, s tr o n c a tu r a to ta le , se n ­ za appello.

« — S crivete sto rie civili, politiche o le tte ra rie , come T irab o sc h i,

(2)

2 L E O N A RAV ENNA

C oppi, e — peggio — Spotorno ». E, in nota, il M azzini aggiungeva :

« A ccoppio i nom i di questi scritto ri, non ch'io li cred a u gu ali in m e rito p e r d o ttr in a e longanim ità di fatiche, ma t u t t i e t r e si toc­

can o in questo che le loro compilazioni non variano o ltre i f a tti, θ procedono senza lume di filosofìa. Il prim o, uomo, com e t u t t i san­

no, C la u s tra le , B ibliotecario di principe, nato a tem p i, n e quali la L e t te r a tu r a era merce di anticam ere, o di Accademie, e devoto alla s e tta , che non ha molto diffam ava D ante fr a noi, non p o te a f a r me­

glio, a meno d ’essere più che uomo. Del secondo non so se non quan­

to d an n o i suoi lib ri ed è poco. T u tte le influenze e n u n c ia te si accu­

m u lan o sul terzo — ignotissim o — più la in e ttitu d in e a sso lu ta , & la m alafed e. V e d i.... per la prim a la Storia L ettera ria , p e r la seconda il G iornale L ig u stico ogni num ero, pagina, linea ».( *).

N è p iù favorevolm ente era stato giudicato lo S p o to rno d a i giova­

n i d e ll’I n d ic a to r i Genovese. P e r tu t ti scrive A ntonio D am aso P a­

re to co n sen zien te con Salti che nella Revue Encyclopédique a \ e \ a se­

v eram en te p a r la to della « S to ria L ettera ria della L ig u ria » (~).

C ’è da p a r te del M azzini, u n ’anim osità scoperta, m a c ’è in questa polem ica u n riflesso di quella che allora vivacissima si com batteva t r a R o m a n tic i e Classici e nella polemica ognuna delle d u e p a rti q u a n to p iù è convinta della in fallib ilità del suo C redo, ta n to più fa­

n a tic a m e n te com batte, nè vede, n è sa vedere, ciò che d i vero e di buo­

n o si trova, n ella tesi dell’avversario.

L o S p o to rn o aveva — a sua volta — criticato , volendoli ad d iiìt- t u r a d em olire, gli sc ritti del gruppo rom antico genovese ed av e\a p o te n te m e n te co n trib u ito alla soppressione dell In d ica to re Genovese, aveva v o lu to stro n c a re quelle d o ttrin e di cui 1 Indicatore^ L iio tn ese era il nuovo portavoce e non aveva risparm iato con lu ta z io n i e bia­

sim i a llo s c r itto m azziniano D ’una letteratura europea.

T u tto ciò v a tenuto presente per comprendere la v iv acità della co n d a n n a m azzin iana. A commento della quale A chille N eri scrive.

<( G iud izio il prim o eccessivo e non accettabile, m e n tre il secondo,

f1) G. Ma z z i n i, Sul (Iramma storico, pubblicato ne\Y Antologia senza la Λ0- ta che è integralm ente riprodotta negli Scritti, Kdiz. Xaz., vol. I. p.

JJAntologia non la stampò a scanso di più acerbe polemiche, che, del resto, non.ev itò , pubblicando il saggio citato portante non la firma del Mazzini, ma

l ’indicazione « U n Italian o » . .

(2) 'SeW Indicatore Genovese il Pareto la definisce: « o p era d u n a medio­

crità co n so lid ata» e poco dopo scrive: «chiunque si faccia con animo ripo­

sato ed im parziale ad esam inar questa storia, altro non può trovarvi, se non una sterile abbondanza di notizie biografiche e bibliografiche, di l u n g h e crono­

logiche discussioni, di minute particolarità di letterati, nelle quali l'autore pose ad u su ra il proprio ingegno, accumulando noiosi ed incerti vanti per u n a folla di sc ritto ri suoi favoriti, il cui nome di ninna fam a risuona e enei tra sse d alle tenebre, ov’era meglio lasciarli ». Nè meno ostilm ente era stato giudicato d alla Biblioteca Italiana, la fatica del dottissimo B arnabita.

(3)

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(4)

4 L E O Ν Α R A V E N N A

r is p è tto a l l a lo tta cogli av v ersari, 11011 s ’allontana- tro p p o d a l v e ro » (3).

E s a m in a n d o con atte n zio n e coscienziosa q u an to d i e d ito e d i in e ­ d ito lo S p o to rn o ha lascia to , g u ard an d o a lla su a c o n d o tta d i s a c e r­

d o te , di m a e stro , di stud io so si deve concludere che « m a la fe d e » non ci fu in n essu n a delle sue azioni.

N o n n e tro v ia m o tra c c ia nem meno nelle violente polem iche co­

lo m b ia n e , n o n n ei ra p p o rti burrasco sissim i con F elice I s n a r d i, non n e i r ig u a r d i di n essu n suo av v ersario sia p u r d e’ p eg g io ri.

C ’è n ello S p o to rn o u n a re ttitu d in e , u n a convinzione così a s s o lu ­ t a d i essere lu i nel vero, ,e gli a l t r i n e ll’erro re, che spesso si è scossi p iù d a lla d ir i t t u r a di quella coscienza che non d a ll’ac u m e d i q u e l­

l ’in gegn o. C ’è in lu i accan im ento e fan atism o, ma i su o i son t u t t i c o lp i di c o m b a tte n te leale.

« L a v e r ità è in to lle ra n te di sua essenzial n a tu r a ; n è a m m e tte m ezzi te rm in i »(4) scrisse lo S potorno. Ed egli, che d e lla v e rità si c re d e v a b a n d ito re , non usò « mezzi term in i ».

P e r l 'a l t r a d ra c o n ia n a sen ten za, « in e ttitu d in e a s s o lu ta » essa è

« eccessiva ». M a « in a c c e tta b ile » è solo n e ll’« eccessivo ».

I l d a rd o m azzin ian o colpisce l ’opera più com plessa dello S p o to rn o la « S to r ia le tte r a r ia della L ig u ria ».

G u a rd ia m o du n q u e i cinque to m i di cui si compone, d iv e n u ti oggi q u a s i u n a r a r i t à bibliografica. Q uelli che ho esam in ati — a lla b i­

b lio te c a B e rio — a p p a rte n n e ro — i p rim i q u a ttro — a l l ’A u to re e p o rta n o co rrezio n i di suo pugno.

I l p rim o to m o , u scito nel 1824, è edito dal P o n th en ier.

S ’in iz ia con u n a le tte ra ag li 111.mi S ignori S in d ac i e D ecu rio n i d i G enova in cu i lo S p o torno rin g raz ia p er g l’in c a ric h i affid atig li con la su a n o m in a a D ire tto re del G innasio e a P re fe tto d ella B ib lio ­ te c a « B e rio ».

Segue V In tro d u z io n e nella quale rettifica F e r r a ta a ttrib u z io n e d i lig u r i a d a l t r e regioni e di non lig u ri alla L ig u ria: F in d a q u e ­ s te p rim e p a g in e si n o ta il d ife tto di un metodo s e ria m e n te s c ie n ti­

fico. L a sua rice rca fatico sa si esaurisce n ell’a c c u m u la re n o tizie sen za il v ag lio della c ritic a . Ed il suo stile, che affetta la s e m p lic ità d ei c la ssic i, cad e in u n a p e d a n te ria fredda.

L ’u n ic o segno d ella sen sib ilità dell’A utore è n ella p assio n e d i e ru d ito d e lla su a te r r a . A ll’In tro d u zio n e — s c ritta nel 1821 — se ­ g u e l ’E p o c a I e cioè « d a ll’età più rem ota fino a l l ’a n n o d i G. C.

1300 ». S i esp rim e in questo libro l’am m irazione e la v en era zio n e più p ro fo n d a p e r R om a e la sua civiltà, per quegli s p ir iti m a g n i, per

( 3 ) A . Ne r i, L a soppressione delVa Indicatore Genovese » , T orino, Boc­

ca, 1910, p. .38.

(4) N uovo Giornale Ligustico, fase*. I, 1834.

(5)

G. B . SPOTORNO E I L « G I O R N A L E L I G U S T I C O » 5

quella grandezza di cui egli sentiva l ’orgoglio e che avreb b e voluto veder co n tin u ata.

E il risp e tto e 1’ entusiasmo per l ’a n tic a sapienza ro m an a , la fie­

rezza; di quella gloria e il culto di quei g ra n d i s ’a c c o rd an o , r in f o r ­ zandolo, a ll’am ore per la piccola p a tria e la sua g en te.

R iferisco alcune pagine, le più vive, le p iù calde e s e n tite s g o r­

gate dal cuore, illu stra n ti appunto la stirp e lig u re con u n lirism o sincero. Scrive dunque nella conclusione al prim o to m o : « M a i g e­

novesi fosse il n a tu ra i vigore dell’ingegno, fosse il v ed ere i costu m i e le c ittà di m olti popoli non vollero a s p e tta re il secolo X IV , a d e­

sta re i buoni stu d i calpestati e quasi sp enti so tto d e’ b a rb a ri. Q u an d o G. V illani pose mano alla sua cronaca, eran due secoli, che si legge­

vano i m aravigliosi an n ali di C affaro.... A llorché F o lc h e tto faceva m arav ig liare la Provenza de’ suoi C arm i, l ’I ta lia n o n a v e a p u re u n G uittone. Pochissim i sapevano il nome di Esopo, ed U rso n e g ià n e riduceva in lodevoli carm i la tin i le favole.

« G iovanni B albi m ostrò come si avessero a co m p ilare i V ocabo­

la ri. Simone ridestò lo studio della B o tan ica acco p p ian d o a lle r i ­ cerche sui lib ri, i viaggi. Pesame d e’ sem plici....

« Gli ordinam enti politici di Genova vincono d i tem p o q u elli d i P isa, cred u ti antichissim i. Iacopo d ’A lbenga form ò i tr e lu m in a ri del d iritto canonico....

« M a quelle macchine, onde fu v in ta G erusalem m e, che n u lla te meva le schiere de’ crocesegnati; quel co ndurre le acque lo n ta n e a ris to ra r la c ittà con esempio m araviglioso a ’ secoli p iù c o lti; e il fab bricare nuove c ittà , scavar p ó rti, tr a s p o r ta r tr ib u n e d i chiese, non ci ricordano meglio l’età di T raiano, di Leone, d i L u ig i X IV ? Lo studio del greco, dell’arabo, e del provenzale, ch’e ra n o a llo ra le tr e lingue degli uom ini d o tti e gentili ; le p ittu re , i m u saici, gli a rre d i o rb ati d ’oro e di gemme, i vasellam i preziosi, l ’erg ere te m p li, o r i ­ sto rare £ fa r belli gli antichi, sem brano occupazioni e tr a tte n im e n ti di un popolo tranquillo, tu tto in ten to ag li ozi del v iv e r civ ile : e i genovesi questo operavano, nel m en tre che difen d ev an o la p a tr ia , com battevano P isa e Venezia, a tte rriv a n o l ’O rien te, co rrev an o al Caspio, cercavano i popoli dell’A frica, e scoprivano r is o le F o r t u ­ n ate....

« E gli è g ran vanto ten er l ’im pero del m are, o f a rs i te m ere sul continente ; o trascu ra n d o la gloria delle arm i, p ro c u ra rs i q u ella d e l­

le a r ti leggiadre, e delle più belle e più severe d iscip lin e. M a P u n i­

re insieme come fecero i nostri m aggiori, t u t t i i p re g i a c c e n n a ti è gloria nobilissim a : che rado si trova n e ’ giorni più f a u s ti delle g ra n d i nazioni » (5).

11 forte am ore alla te rra m a tern a riscald a la d o ttr in a d e lP e ru d i-

(5) Tomo I, p. 318 e segg.

(6)

6 L E O N A R A V E N N A

to che d a l p ro p rio sap ere t r a e nuovo orgoglio d ’am o re p e r la p a tr ia che e s a lta e in n a lz a come pochi seppero fare e con la p a r o la e con l ’o p era.

I l secondo tom o, p u re edito nel ’24, com prende l ’E p o c a seconda d a l 1300 a l 1500. Colombo, che lo S po torn o con o ttim e arg o m e n tazio n i riv e n d ic a a u te n tic o figlio di G enova, in u n a serie di s c r it ti t r a d o t t i in v a r ie lin g u e , e che fu ro n o causa di asprissim e contese, a p p a r e in q u e­

s t a s to r ia le tte r a r ia anche come sc ritto re .

M a ciò non m eraviglia, poiché s ’è visto ap p u n to in u n a s to r ia che s ’in t ito l a « le tte r a r ia » co n sid erare ogni a ttiv ità del p e n sie ro e del^

la v o ro . I n f a t t i e s p lo ra to ri e g iu risti, p itto r i e po eti, m u sic i e p ro s a ­ t o r i tr o v a n p o sto in q u e s t’op era che vuol essere q u alco sa d i p iù e di d iv e rso d a q u a n to il tito lo dice : rasseg n a di t u t t i coloro che in q u a l­

s ia s i m odo o n o raro n o la te r r a in cui nacquero, ric e rc a q u a n to più m in u ta è po ssibile p e r riv en d icare a lla L ig u ria i tìg li su o i, esclu ­ dendo con a l t r e t t a n t a precisione abusive in tro m issio n i.

N icoloso d a Eecco tro v a nello S potorno il suo riv e n d ic a to re , co­

lu i che g li re s titu is c e il m e rito della sco p erta delle C a n a rie c h ia ­ re n d o , come a l t r i non aveva fa tto an co ra, che se i V iv ald i, n e lla s f o r ­ t u n a ta im p re sa , avevano quelle isole conosciute, X icoloso, sc o p re n ­ d o le p e r la seconda v o lta, seguendo — senza sap erlo — la r o tt a dei su o i c o m p a trio ti, le esplorava e le faceva e n tra re nel ra g g io della v it a civile.

I l te rz o tom o è p u b b licato nel 1825. Com prende l ’epoca te rz a dal 1500 a l 1600 e vi si segue il solito c rite rio di seg n alazio n e d i ogni a t tiv i tà . A nche gli o rti botanici — ad esempio — tro v a n o nello S p o ­ to r n o il m èm ore illu s tra to re .

I l tom o q u a rto p o rta a com pim ento la terza epoca e c o n tien e u n a A p p e n d ic e d e d ic a ta a l l’origine di C ristoforo Colombo.

Ê u sc ito nel 1826.

Il q u in to tom o espone l ’epoca q u a rta : dal 1638 al 1825. Q uesto volum e u scì n el 1858 a c u ra del Sacerdote Paolo Rebuffo che lo dedicò a l s a c e rd o te S a n g u in e ti (6).

P e rc h è il q u in to tom o non uscì vivente l ’A utore?

Il C an ale , che e ra certo bene in form ato, si lim ita a sc riv e re nel N ecro lo g io già c ita to : « .... si asp ettav a da g ran tem po il Λ m a i n ­ fin ite p en e ed a l tr i tra v a g li gli tolsero di sin ceram en te co n d u rlo a fine ».

È u n a spiegazione che non soddisfa.

I l p rim o p u n to , n ella sua a p p a re n te chiarezza è, invece, o scuro.

C hi, che cosa, g l’im pediva d ’essere sincero? L ’a u t o r i tà p o litic a , q u ella ste s s a che gli d ette noie per il Giornale L ig u stico ? D a to il

(6) E dito d alla Tip. Schenone.

(7)

G. B . SP OT OR NO E I L « G I O R N A L E L I G U S T I C O » 7

lealism o dello Spotorno verso la M onarchia S ab au d a e il suo g o v er­

no, la supposizione lascia perplessi.

L ’A u to rità ecclesiastica? Tanto meno, anche se il B a r n a b ita av e­

va lasciato l ’ordine, conduceva però v ita d ’esem plare a u s te r ità . N el suo c a ra tte re forse è la chiave d i questo fa tto . S en sib ile e s u s c e tti­

bile, scrupoloso eppur vivo nello scatto, lo S p o to rn o creò a se stesso un im pedim ento che nella re altà esisteva solo in p ro p o rz io n i r id o tte .

« Non essendo — scrive il C anale — i tem pi d el t u t t o r is a n a ti, e an co ra le idee torbide e scomposte, quell’opera si n o tò d i tr o p p e p a rtic o la rità , di molto sottile erudizione che di sovente e ra p iù d ’im ­ paccio che di luce, ma in progresso si riconobbe che dovendosi s c r i­

vere la sto ria p artico lare di un paese, non u na g en era le, a n ch e le piccole proporzioni si doveano rilevare, perchè solo in v a sto regno si m ettono i gran di fa tti, si tacciono i m in o ri.... ».

I tem pi non ancora « risa n a ti » e le « idee to rb id e e sco m po ste » che il C anale segnala ad a tte n u a re un giudizio n o n m o lto favore-, vole s u ll’opera dello Spotorno, vanno in tesi non a r ig u a rd o d i u n m om ento politico o religioso, ma di condizioni sto rich e le tte r a r ie , p e r cui polemiche artistiche, esaltazioni m unicipali, a ffa n n o sa e ru d iz io ­ ne into rb idavan o le m enti e gli anim i. Lo S p o to rn o ris e n tiv a a p ­ pu nto di quei tem pi anche quando già un metodo d i ric e rc a , u n a p iù severa e serena c ritica erano ap p licati a lla sto ria e a l la l e tte r a tu r a .

Q uest’opera dunque del B a rn a b ita ligure ap p en a p u b b lic a ta a p p a ­ riva ed e ra vecchia opera e ru d ita del Settecento. O rig in a le c e rto è l a concezione di una sto ria le tte ra ria che tu t ta co m p ren d a la v ita n e i suoi a sp e tti, lodevolissimo lo scopo che si 'propone, lo s p ir ito che tu t ta pervade l ’opera sua : glorificare i L ig uri, ric e rc a n d o n e in o g n i campo l ’a ttiv ità e indagando per im pedire che a l t r i u s u rp in o g lo rie nostre.

Lodevole inten to, dunque, perseguito con la sicu rezza d i f a r cosa buona e però senza risparm io di fatica. Ma può q u e s t’eru d iz io n e — sia pure in sè eccellente — messa al servizio di quel p ro g ra m m a — sia p u re esso ottim o — bastare?

Quando lo Spotorno ha creduto di p o te r a ffe rm a re che S ta ie n o o P ersio F lacco o Elvio P ertinace sono lig u ri, e Colom bo è d i G enova è so d disfatto.

P a ra fra sa n d o la form ula la tin a del civis ro m m rns, lo S p o to rn o crea il civis liguris a cui b asta ta le crism a per essere co n sid e ra to con rispetto.

Si può p roprio d a r to rto al M azzini quando ta c c ia « d ’i n e t t i t u d i ­ ne a sso lu ta » lo Spotorno?

In e ttitu d in e ad u n a c ritica scientifica sì. Non p erciò non dobbiam o essergli g r a ti dell’opera sua perchè se qualcosa d i n o s tre p a s s a te v i­

cende c u ltu ra li vogliamo conoscere è allo S potorno che dobbiam o r i ­

(8)

8 L E O N A R A V E N N A

c o rre re , e sacch eg g iato da in fin ita gente che quasi m a i lo c ita egli è l a fo n te a cu i t u t t i s ’abbeverano (7).

E d a n c h e p erch è alcu n e co n tro v erse questioni s u ll’o rig in e d i p a ­ recc h i il lu s t r i .... o quasi, sono s ta te dallo S p o to rn o ris o lte d e fin iti­

v am en te. L a su a m aggiore g lo ria è p ro p rio qu ella g ià r ic o r d a ta d ’a ­ v er riv e n d ic a to a G enova C risto fo ro Colombo.

E g li co stò : polem iche a s s a i asp re con Poggi, sin d aco d i Cogoleto, con F e lic e I s n a r d i e con la stessa C ensura (8).

M a il m a le fu che lo S p o to rn o era tro p p o le ttera to p e r essere uno s to ric o ed e ra tro p p o e ru d ito p e r essere u n a r tis ta .

* * *

A l d o tto B a rn a b ita u n cam po era p artic o la rm e n te a d a tto : l ’il lu ­ s tra z io n e d ella regione lig u re. E r a nel suo dom inio : n essu n o p o tev a s u p e ra rlo n e lla p recisa inform azione, nella m in u ta d is a n im a d i f a t ­ t i s to r ic i o geografici o archeologici della te r r a sua. N essu n o lo v in ­ ceva q u a n d o la su a scienza serviva a esaltare il suo paese.

Q u an d o G offredo C asalis gli affida le voci lig u ri p e r la c o m p ila ­ zione del D izio n a rio G eoffrafico-Storico-statistico-com m ercialc degli S t a t i d i S . M . il R e d i S a rd e g n a , lo S potorno le co m p ila con p a r t i ­ co la rissim o en tu siasm o ed estrem a diligenza.

La voce « G enova » lu ng a e lab oriosa p u r essendo r im a s ta in co m ­ p iu t a , è t r a le cose 'm igliori del D izionario e tr a quelle s c r itte d a l­

l'e r u d itis s im o A bate.

(7) A com inciare dallo stesso M. G. Canale, il quale scrisse u na « Storia civile com m erciale e L etteraria dei Genovesi dalle origini all'an n o 1797 e da questo co n tin u ato fino a dì n o stri» , Genova, Grondona, 1S44. Volumi 5; che è un centone nel quale dim ostra d ’aver riletto l ’opera del suo M aestro non p e r im ita rn e i pregi di precisione e dottrina, ma proprio per quei d ife tti che egli p u r vi h a rilevato e per i quaU — s’è visto — fa le sue riserv e untuo­

sam ente.

( 8) N elle sue ca rte troviam o le lettere del Poggi, d e iris n a r d i, il quale ultim o p assa p er violenza e volgarità ogni limite tanto che, egli stesso, sente il dovere di scu sarsi per ciò che ha scritto privatam ente e tace di quello che aveva pubblicam ente detto. Vincenzo Ricci, il 15 maggio 1833 a proposito della polem ica colom biana scrive allo Spotorno : « Mi pare che noi abbiam o in Ge­

nova tu tti gli inconvenienti della libertà della stam pa senza avern e i van­

tag gi, cioè censori severissim i per ciò che non lo meriterebbe e poi am pia li­

b e rtà di d ir ingiu rie ». (C arte Spotorno, cartella 72). Alla censu ra lo Spo­

to rn o non lesina rim proveri perchè essa consente si pubblichino cose non solo offensive p er lui, m a per la verità, e qualche censore — per es. il Gavazzi — gH risponde scusandosi per il permesso dato di pubblicare delle le tte re del- T lsn a rd ì. A ltra vo lta è il Revisore Sen. Alvigini che gli rim an d a un a r ti­

colo su lla p a tria d i Colombo perchè vi tolga « ogni frizzo ed aUusione a tta a provocare nuove polemiche, discussioni, non sempre m oderate ».

(9)

G. B . SPOTORNO E IL « G I O R N A L E L I G U S T I C O » 9

Il Cciisctlis è fiero della collaborazione di « un le tte r a to la cu i f a ­ ma e bella presso tu tte le incivilite nazioni » (9).

E vei am ente alcune voci scritte dallo Spotorno sono u n a m in ie ra di saporose notizie raccolte da uno scaltrissim o stu d io so .

C om pilatore ideale era il Ligure B arn ab ita, ma non a ltr e tt a n to si sare )be potu to dire per la p u n tu a lità nella consegna del lav o ro fatto .

Il Casa lis vide messa a prova la sua pazienza — e doveva essere m olta — per avere in tempo utile le voci richieste. Le le tte r e che d i lu i abbiamo, d ire tte all illustre collaboratore genovese, a tte s ta n o l ’a f ­ fettu o sa deferenza, la paziente com prensione : in u n a p a r o la la b u o ­ n a am icizia.

Le ricerche sia storiche che geografiche, filologiche o arch eologiche 10 appassionano e gli servono per rettificare u n a qualche p ic co la in e ­ sattezza o per aggiungere notizie nuove.

Le lodi abbondantem ente fa tte dallo Spotorno al D izio n a rio del C asalis, rip etu tam en te apparse nel L igustico in ogni recen sio n e o e s tra tto , come allo ra si diceva, di esso, non sono dovute a l f a tto che 11 recensore era un collaboratore d i p rim ’ordine p e r quel la v o ro , ma al genere di lavoro che meglio non poteva risp o n d ere a l g u sto e alle cap acità sue.

* * *

tibbe im a m ultiform e attiv ità quale si può rilev are d a u n a sem ­ plice scorsa all elenco — molto som m ario — delle sue opere.

Q uale o rato re sacro, godette di la rg a n o to rietà. U n a ra c c o lta di suoi « P aneg irici e discorsi sacri » toglie ogni en tu siasm o a noi che leggiamo e non sappiam o quali fascini avesse la dizione d e ll'o ra to re per colm are le deficienze sostanziali del panegirico. Lo S p o to rn o ri- , sp e tta sem pre le norm e della sacra o ra to ria q u an to a lla fo rm a , m a la sostanza è ra re fa tta , insignificante, priva non d irò del ca lo re a p o ­ stolico che è p reten d er forse troppo, m a di quella san a se m p lic ità e aderenza a lla p a ro la di Dio che sola può rendere a c c etta e u tile an ch e la più elem entare spiegazione del Vangelo.

Guido Mazzoni nel suo « O ttocento » scriv e: « .... e lo d a ti fu ro n o G. D efendi, B. C aprile. L. A. C arli, G. B. S p o to rn o ecc., d i cu i ci è lecito non p a rla re » (10).

Ed è in f a tti la m iglior cosà : b a sti perciò questo breve cenno.

D ell’opera v a ria dello Spotorno ep igrafista, sto rico , v erseg g iato - re, poligrafo-, si potrebbe discorrere a lungo, ma le co n clu sio n i n o n modificherebbero quella cui si è già g iu n ti.

A ccanto a q u a lità di p rim ’ordine stan n o deficienze in c o lm a b ili:

(o ) Ca s a l i s, Dizionario, c i t . , vol. V II, p. 302.

(i») fìp. cit., p. 1212.

(10)

1 0 L E G N A R A V E N N A

d i qu i lo sq u ilib rio sensibile in t u t t a la su a a b b o n d a n te produzione, d i q u i l ’in s o d d is f a tta conclusione d e ll’in so d d isfa tto le tto r e (11).

* * *

O p era q u a n to m ai p erso n ale e p erfettam en te ris p o n d e n te alla m e n ta lità su a d ’e ru d ito e d i m a estro è quella sv o lta d a llo S p oto rn o nel G iornale L ig u stico . F u fo n d ato , p er in iziativ a s u a , con l ’ap p o g ­ gio fin an z ia rio e m o rale dei sacerd o ti P aolo Rebuffo, A n to n io B aci­

g alu p o , G iro lam o V a le n tin i, d e ll’A b ate A gostino M a ria D e M ari (il fu tu ro vescovo d i S avona), del m archese M arcello D u razzo .

D ir e tto r i n o m in a li e ra n o il B acigalupo e il Rebuffo, d ir e tto r e ef­

fe ttiv o era lo S p o to rn o , il q uale non ne assunse la d irez io n e ufficiale fo rse p e r a t to d i c o rte sia verso i due sacerd o ti che lo avevano a i u ta ­ to fin a n z ia ria m e n te e che gli eran o m olto devoti.

T u tti sap ev an o p erò che la volontà dello S p o to rn o e ra q u ella che d irig ev a il L ig u s tic o e suo lo sp irito an im ato re.

I l p rim o fascico lo uscì nel gennaio del 1827. A veva q u esto t i t o ­ l o : G io rn ale L ig u stic o di S cien ze> L ettere ed A r ti (12).

( n ) TTn elenco dei più significativi e im portanti lavori dello Spotorno non s a r à fo rse del tu tto inutile e per ciò si fa seguire a questi ap p u n ti clie, ί a un volonteroso, attendono conveniente sviluppo.

T ra tta to dell’arte epigrafica per interpretare le iscrizioni, bavona, z e r­

bini, 1818, voli. 2; . τ7

D ella B ibbia Poliglotta di Mons. Agostino Giustiniani, T escovo di Neon o, Bologna, Tip. De Franceschi, 1818;

Poesie, Reggio, Davolio, 1818; .

D ella origine e della patria di C. Colombo, Genova, Tip. A. F rugoni, 1^. · , N otizie storico-critiche del B. Giacomo da Voragine, Arcivescovo di Ge­

nova, Tip. C arniglia, I I ediz., 1823.

Codice diplomatico Colombo-Americano ossia Raccolta di D ocum enti spei- ta n ti a C. Colombo, Genova, Ponthenier 1823;

R itr a tti ed elogi di Liguri illustri, Genova, 1824 rista m p a ti a cura aei B acigalupo nel 1828 e nel 1838 a cura dello stesso Spotorno ;

Storia L etteraria della Liguria, Genova, Pontlienier, 1S24, I e I I tomo;

1825, I I I tom o; 1826, IV tom o; 1858, Vi tomo;

P anegirici e Discorsi sacri, Genova, Tip. Pendola, 1833. (

N um erosissim e poi le dissertazioni e gli studi estra tti d al Giornale Ligustico e dal N uovo Giornale Ligustico.

Il C anale, nel citato Necrologio, dice che lo Spotorno aveva « per le mani u n a S toria dei Longobardi e u n ’a ltra sull’antica p ittu ra genovese, un corso di stu d i per l ’educazione delle fanciulle». Nel foltissimo gruppo di m anoscritti, si trovano, in fa tti abbondanti elementi delle tre opere ricordate.

L ’jEnciclopedia Italiana (vol. XXXII, p. 417) cita tra le opere dello S p o to rn o . S to ria d e ir antica pittura genovese e Storia dei Longobardi. Di ta li lavori e d iti non mi risu lta invece l ’esistenza.

(12) E ra edito dalla Stam peria Pagano. Usciva ogni bim estre. l i prim o fa­

scicolo è di 111 pagine; ha una copertina azzurrognola e, nel centro di essa, c*’è un disegno raffigurante il busto di Gabriel Chiabrera. Nel foglio interno,

(11)

G. B . SPOTORNO E I L « G i O R N A L E L I G U S T I C O » 1 1

U na lu n g a Introduzione inform a il letto re dei m o tiv i che d e te r ­ m inarono la pubblicazione della R ivista.

Se m olte c ittà italiane hanno un giornale scientifico e le tte r a r io , perchè non lo deve avere Genova? si chiede lo S p o to rn o . E co sì r i ­ sponde infiam m andosi: « Ê dessa non infelice regione d ’I ta l ia , non ignobile p a rte di questa classica te rr a p red iletta d a lla n a t u r a e dal cielo, dove la divina fiamma avvivatrice degl’ingegni accend e i cu o ri e le m enti a ll’am ore del bello, del sublime, allo stu d io e a l d esid erio di quanto può innalzare lo spirito, diffondere il c u lto d ella v irtù , e rendere cara la vita.

« E rro re volgare e pregiudizio non d an n ato a b b a s ta n z a egli è quello, che mal possano allignare ed aver increm ento le scienze là dove, per· la n a tu ra del luogo sterile e di an g u sti confini, u n popolo, quale siam o noi Liguri, è costretto a rivolgere le sue c u re e q u asi in tieram en te dedicarsi alla navigazione e al commercio.

« Ma il commercio e la navigazione aprono lo n tan e e sem p re n u o ­ ve com unicazioni con genti diverse d ’indole e di costum i, e sono q u in ­ di ricca sorgente di pellegrine nozioni, di non is p e ra ti ritro v a m e n ti, di la rg h i mezzi ad un vivere più agiato e tran q u illo ; ne riesce a llo ra più raffinato e più pronto l ’incivilim ento, e m aggiori p e r conseguen- ra e più ra p id i i progressi delle a rti, delle lettere e delle scienze ».

Secondo motivo per cui un giornale di cu ltu ra è n ecessario p u re a Genova è il vasto campo aperto alle in dagini scientifiche.

Terzo : il plauso che il classicista in tran sig en te p o tr à d a re a chi

« f r a ’ m oderni ha saputo cam m inare più animoso e p iù felice su lle orme » di D an te, Raffaello, Michelangelo, Pergolesi. « S a r à p e r ta n ­ to oggetto di compiacenza a penna ita lia n a il com m endare p rim i f r a ’ contem poranei un Vincenzo M onti e Foscolo ed A lfieri e B en v en u ti

e Cam uccini, e Canova, e Paisiello e < Cima ro sa, e R o s s in i.... ».

S ostenitore della Proposta del M onti, lo Spotorno b ia sim a i « r a n ­ cidi e vieti vocaboli, pescati a stento e con pu erile d ilig en za nelle bolge del venerato ’300 », esalta lo scrivere « sem plice e n a tu r a le ».

(C o n tin u a ) L e o n a R a v e n n a

riproducente lo stesso disegno, si aggiunge, sotto di esso, il seguente verso d’Orazio :

Pindarici fontis qui non expalluit haustus

Dal II fase, in poi, scompare il ritra tto del Chiabrera e il citato verso è sostituito dai seguenti :

Hoc opus, hoc studium parvi properemus, et a-mpli,

— S i patriae volumus si nobis vivere clari.

(12)

DIALETTO LIGURE

(Continuazione e fine)

8. l o u d a ululatus (cfr. l ü â d a ululare R EW 9039), o n d e a l u à

« sto rd ire : fa r rim an e re a tto n ito , strapipo, sbalordito o p er ru m o re o p e r colpo che a b b ia rin tro n a to il capo o p e r qualche im pensato m erav ig lio so a v v e n i­

m en to ; in tro n a re ecc. : » (Ca s a c c i a). L a p aro la l o u a C ogoleto (e n on so se sia v iv a anche altrove) si usa u n icam ente nell’espressione f a i l o i , in cui l o i in d ica quei ru m o ri n o ttu rn i, che si fanno contro gli sposi in seconde nozze, c h ia m a ti c a b r e in P iem onte, t é n e b r e a G eno va. L a b ase di c a b r e è p ro b a b ilm e n te la voce onom atopeica c i « s trid e re , fa r ru m o re » (R E W 2451 a). Il nom e d i t é n e b r e (cfr. l ’espressione s ü n . â e t.) è d o ­ v u to c e rta m e n te alla rassom iglianza con quei num eri, che si sogliono fare n ella se ttim a n a s a n ta alla fine deH’ofiìciatura; com une al m erco led ì, giovedì e v en erd ì della s e ttim a n a s a n ta è il rito dell’officio delle te n e b re , così d e tte p erch è fino al sec. X si c a n ta v a a m ezzan o tte o anche p erch è a lla fine del- l ’offìciatu ra « te n e b ra e in ecclesia fìun t » (cfr. L. R. Ba r i n, Catechismo litu r­

gico, Rovigo, I I p . 68). A nticam en te questi rum ori n o ttu rn i co n tro sposi in seconde nozze e ran d e tti, nella riv iera di po nen te, chiar avu glius (v. R o ssi, p . 37); volendo te n ta rn e l ’etim ologia, si può p ensare ad u n * chiaravuculus con a b ase la voce onom atopeica c i (cfr. lo sp. c h i a r « p ig o la re », il pg.

c h i a r « s trilla re , pigolare», e h io «cinguettio») e il suffisso — uculus,

— uclus (i g ru p p i in te rn i intervo calici L J e CL, GL, in m o lte p a r la te p o ­ n en tin e, si rid u co n o a un suono d i mezzo tr a l ’it. gl. e u n fo rte j, Pa r o d i

G SLL IV p. 374). L a stessa form azione ed un significato affine p re s e n ta l ’it.

« tafferu g lio » , che alcuni derivano d al suono tàffe proprio di p e rc o ssa (v. 0 .·

Pi a n i g i a n i, Voc. etim. della lingua italiana, Milano 1937, s. v.). U n nom e p ro p rio , cioè u n sopranno m e Chiaravuglio si tro v a a n tic a m e n te a T ag gia (v. Pa r o d i G SLL IV p. 385).

9. D a * m ucare «sm occolare (R E W 5706) derivano i vo cab o li g en o v esi:

1) m u k a l ü m m e (a Cogoleto anche b u k a l ü m m e p e r dissim ilazione del m in b o p e r influsso di b u k k a) « spegnitoio »; 2) m u k e 11 a « sm o c­

colatoio »; m o c h e t e d u e si legge in un Inventario del 1561 (v. E . Pa n-

d i a n i, A rredi ed argenti d i Andrea D ’Oria, e stra tto dagli « A tti d ella Soc.

Lig. di S to ria p a tr ia » voi. 53 p. 48); 3) m u k e t t u « stop pino »; 4) m n k k u

« m occolaia, moccolo, residuo di candela »; in un antico d o c u m e n to si legge prò mochis restitutis (v. E . Pa n d i a n t, Vita privata genovese nel R in a scim en to r G enova 1915, p. 318).

(13)

D i AL ETTO L I G U R E 1 3

ΛΡτ1(νΛ7ΡΛ ν (plur' p w é i ) da Valus’ cfr. pg. p a o (R E W 6182; Pa r o d i

n ’. 148). -A- Cogoleto p ó w e p w é i chiam ansi quei i>ali sui quali, ben u n ti di sego, si fanno scorrere le barche per spingerle in m are o tirarle in secco.

11. All abruzzese l o f f e d e m o n e t e «schiacciatine di p a s ta frolla....

lav o rata già dalle Clarisse » (G. V idossi AGI X X X p. 92 n. 76) si può a g ­ giungere anche il gen. p e t t i d e m ù n e g a .

12. r é l a d a reiella (REW 7255 a ; Pa r o d i AGI X V I 2 n 211) « m a ­ t a s s a ; q u e l v il u p p o o g r u p p o d i v e r m ic e lli, n a s t r i n i o c a p e l l in i , a v v o l t i a g u is a d i m a t a s s a » (Ca s a c c ia). C fr. r . d e p e i u « f e t t a d i p e s c e » ; r . d u f ü s u « fus aiolo ».

13. s k i l e il t e «squillante», detto anche della luce e del cielo; uno dei due esem plari (l’altro è s ü e ù t e opp. s ii d e n t e ) , che an co ra ci restan o nel m oderno genovese del part. près, con questa desinenza (v. P a r o d i GL X I I I (1886) p. 12 a proposito di b r i l e n t e ohe [si tro v a in an tic h e rim e, cfr. Giov. F l e c h i a AGI V i l i 334). Questo participio h a il suo co rrisp o n d en te nel pistoiese squillente « sereno», su cui G ius. F l e c h i a scrive (e str dal « B ul- lettm o storico pistoiese» 41 (1939) fase. 2-3, p. 6); « cielo squillente p e r «cielo lim pido », cielo d ’u n a serenità bronzea,.'., è modo di dire com unissim o nel pistoiese. L ’aggettivo è ardito, se vogliamo, m a pittoresco, p o ten d o la lim ­ pidezza associarsi al concetto della libera propagazione del suono ». L ’o d ier­

no gen. sii i l e n t e riproduce l ’arc. s c e l e n t e ( P a r o d i A G I X V 1 e 2 p. 75, cfr. aless. s k i e n t S a l v i o n i AGI X V I 2 p. 318); accan to a squillente a Lucca si tro v a anche sprillente ( S a l v i o n i AGI X V I 3 p. 471 ).

14. s t i v a r e « p assa r l’estate » degli Statuii di V entim iglia, c ita ti dal Bo s s i, p. 95, d eriva evidentem ente da] la t. aestivare; p er « p a s sa r l ’inv ern o » si diceva y e m a r e opp. s i v e r n a r e , c o m e s i legge in a n tic h i a t t i (v.

Ro s s i, p. 92 e 95). Dei due verbi, s t i v a r e e s i v e r n a r e , so ltan to il secondo è rim asto nell’odierno gen. s i v e r n ή da ex-hibernare ( Pa r o d i A G I X V I 2 n. 191, cfr. R E W 3012 b, che però non cita il gen.).

15. s t r a k w a . Il senso originario, o vicino all’originario, esprim eva Fazione del m are quando spinge un oggetto qualunque alla spiaggia, cfr.

l’an t. s t r a q u a r e degli Statuti di P o rto Maurizio (v. R o ssi p. 9 5). Il C a­

sa c c ia spiega: « rig ettare, esser b u tta to alla, riv a del m are » e « flu itare : esser tra sp o rta to dalla corrente».

A Cogoleto si dice u m à u l ’ a s t r a k w ó w «il m are è uscito fuori della riv a » , u l ’ é i ù s t r a k w «è un rifiuto» d etto d ’un m iserabile (cfr.

nel Cavallo s t r a q u e «stanche»). Il verbo si adopera p ure, fuo ri della gente di m are, nel significato p iù generico di «spingersi, cacciarsi» (v Pa­

rodi GSLL IV p. 397).

L a derivazione d a extra-vacuare, che prop on eva Giov. F l e c h i a A G I I I I 149 sgg. «nelle sue vecchie e sempre bellissime Postille etimologiche», com e g iu stam en te le chiam a il P a r o d i , è difficile ad accettarsi p e r rag ion i di fone­

tic a e di senso (cfr. P a r o d i GSLL IV p. 397 e R EW 3099); l ’av v icin a m e n to fa tto d a l P a r o d i ib. con l’it. « traccheggiare » non mi pare felice. C’è il corso

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14 A N T O N I O G I U S T I

s t r a k k w u « b en e n a u fra g a to , re litto di m are», che il Sa l v i o n i i n- « R en d, del R. I s t. L o m b . » 49 p. 836 m e tte in ra p p o rto con aqua (R E W 570): si p u ò p e n sa re ad influsso corso? C om unque sia, ra v v ic in a m e n to d i s t r a k w a con aqua m i se m b ra sicuro; si p o tre b b e supporre un * extra-aquare, com e da

* sub-aquare il Pa r o d i GL X I I (1885-1885) p. 250 sg. h a t r a t t o s u b a k à « t u f ­ fa re n e ll’a c q u a ». Del resto nello Statuto di Calizzano il v erb o co m p a re nella fo rm a s t r a c a r e (v. Ross*, p. 127) ; e non è forse erro n ea p e r s t r a q u a r e , com e p e n sa il Pa r o d i, m a è l ’esito p iù com une della lab io -v e la re, com e in s u b a k;T .

16. s t u s î i « n e tta re , p u lire » , voce plebea e u s a ta q u asi sem p re in espressioni volgari. S arà d a ric o n d u rre al verbo neolatino s t u d i a r e , come il p iv eronese (e di alcune v a rie tà biellesi e canavesane) s t ü j â , il nap . s t o j a r e e il sic. s t u j a r i (v. G iov. Fl e c h i a AGI X V I I I p. 318). E p er il passaggio di significato scrive m olto b ene il Fl e c h i a: « q u a n to al processo logico, com e d a curare, excurare, vennero ai d ialetti i v erb i sig n ifican ti net­

tare, p u lir e , nettare strofinando, ecc., così d a s t u d i a r e d e riv a ro n si con an a lo g a significazione le c ita te fo rm e» .

17. D a * apertalia è d eriv ato il cogoletese v e r t a g g a « s c r e p o la tu ra » , con av u lsio n e d ell’articolo (da i n a v e r t a g g a « u n a s c r e p o la tu ra » , cfr. i m iei A p p u n ti in GSLL 1937, p . 3 5 s g g .).P e r il suffino - a l i a dice il Gr a n d- Ge n t (Lat. volg., p . 24 n. 37): « fu usato, in senso co llettiv o , com e u n fe m ­ m in ile singolare con significato accrescitivo e peg gio rativ o, in I t a l i a e in G allia ».

I I I . Notereìla toponomastica.

T e g a e T e y a , m alam en te italian izzati in « T e g lia » , sono i riflessi della b ase p re la tin a attegia, com e r u g u (r. d ’ æ g w a « sgorgo d ’a c q u a » ) e r u y u , r u y a del p re la tin o arrugia (v. Be r t o l d i in « R ev . d e ling..

ro m a n e » I I I p . 263 sgg. e cfr. B E W 678)- Attegia è u n a p a ro la c e ltic a (v.

Me y e r- Lü b k e, in « Sitz.-B er. W ien » 143 (1901), I I I p. 13) e c o m p are in u n ’iscrizione col sicuro significato di aedicula (CIL X I I I 6054): Deo M ercurio attegiam teguliciam compositam Severinius Satullinius c(ivis) T (ribocus) ex voto p o su it l. I. m . (cfr. K. Ke r é n t i, Die Gôttin D iana im nôrdlichen P a n - nonien in « P a n n o n ia » 1938, p. 207 sg.j. Se tale era l’originale sign ificato dei vocabo lo, si p o tre b b e pensare, ogni v o lta che ricorre il to p o n im o T e g a opp. T e y a , a d u n p artic o la re culto di qualche div in ità, ch e p o i col c ri­

stia n e sim o sia s ta to so stitu ito d a quello d ’u n s a n to . A T e g a di V arazze si v e n e ra san P ie tro ( s a n P è d e T e g a ) ; nel ni. savonese T e y a (v. F . No b e r a s c o, T op o n im i del Comune di Savona, S avona 1932, p . 49) n o n so se v i sia tra c c ia di qualch e p artic o la re culto.

IV . U n libro s u i nom i locali di Alassio e Laigucglia.

A lla to p o n o m a stic a dei Comuni di Alassio e Laigueglia Ni n o La m b o g l i a

dedicò am orose cure, il cui fru tto raccolse nel volum e re cen sito su q u e s ta ste ssa R iv is ta d a L io Ru b i n i (GSLL 1939 p. 64-68). L ’a. d isp on e il ricco*

(15)

D IA LE TT O L I G U R E 15 m ateriale in ordine alfabetico senza attenersi ad un ra g g ru p p am en to id eo ­ logico; e questo è un male perchè « n o no stan te le sue m anchevolezze è ta le sistem a [cioè il raggruppam ento ideologico] quello che meglio si p re s ta a u n ’indagine toponom astica di carattere etimologico » ( P . S. Pa s q u a l i, 1 nom i di luogo del comune di Filattiera, Milano 1938, p. 10). Così u n a ltro d ifetto è quello di non far precedere i nomi dall’articolo o dalle p artic elle , che o r­

dinariam ente li accom pagnano nella p arlata, giacché « la form e n u e q u e nous p ré sen ten t les cartes e t les repertoires géographiques » non è a ltro che « une ab stractio n , parfois même une falsification » (Mu r e t in « R ev, de ling. ro ­ m ane » V II 1931, p. 53). Ugualm ente insufficienti, come già n o tò il Ru b i n i, sono le caratteristich e geografiche dei luoghi. Ma codesti sono d ife tti, cui fa ­ cilm ente rim edierà il La m b o g l ia in una nu ova edizione del suo lav o ro , che m erita d ’altronde, per l ’onestà dello sforzo, tu tto il nostro rig u ard o . A p p u n to per ciò faccio qui seguire alcune osservazioni, che sono u n a c h ia ra te s tim o ­ nianza dell’atten z io n e con cui lessili suo libro, e spero che gli po ssano essere di qualche giovam ento.

16. a r b u r e « pioppo λ non può m uovere d a albula (R E W 328) che è un pesce, m a da albarus (R EW 318) come à r b a r u (n. 13) o p p u re an ch e da arbore (R E W 606).

25. a l p e indicava in origine « alta m ontagna», secondo la d ich iarazio n e di Se r v i o A lp es, quae Gallorum lingua alti montes vocantur; in segu ito v en n e a significare «pascolo d ’alta m ontagna» (R E W 579). A r p i z é l a è d im in u ­ tivo di a l p e (v. Gr a n d g e n t, n. 37); im propria è quindi la spiegazione del Ru b i n i «m onte rotondeggiante e sprovvisto di alberi».

29. à s p e r a non potrebb e indicare « terreno di difficile accesso» (cfr.

Pa s q u a l i n. 305), anziché «terreno sterile»?

45. m a e n e a (opp. b a e n e a ) è il setten trion ale m a g e n g (ticinese, milanese, pavese, ecc.), il prov. m a e n c « p ro d o tti di te rra p rim av e rile » ecc., e deriva dal la t. majus « maggio » (R E W 5250). L a scom parsa dell’j può es­

sere o un caso di an tica caduta (nella protonica come n ell’arc. m o u da m a ù « maggiore » e in altri casi come in v ϋ u « vuoto » ecc.; cfr. del resto anche la c a d u ta genovese dell’j intervocalico in t r ó a « tro ia » , g w a u

« guaio» ecc.; v. Pa r o d i AGI X V I 2 n. 133) o influsso del p ro v . m a g n e . I n b a e n c a si è a v u ta la dissimilazione del m in b (v. Gu a r n e r i o, F on.

rom., p. 623 n. 451); in r n a r e n c u si h a l’inserzione di u n r (v. Pa r o d i

AGI X V I 2 n. 162), che si tro v a pure nel cerianese marcencus (v. R o s s i, p. 64) latinizzazione di m a r s e i i k u , in cui l’j è m an ten u to . N o n è il caso dunque, come fa il Ru b i n i, di pensare a derivazione del tedesco.

79. A Cogoleto B e d ó e B e d o l l a sono abbreviazioni del nom e B e - n e d e t t a ; e così pure sarà deH’alassino B e d ο 11 u , cfr. n. 84 B e r n a r - d ο 11 u .

96. b i fi ù ii ( m u n t e b.) è giustam en te connesso d all’a. con b n f i a ( R E W 1396); com une è nel ligure la degradazione dell’ù in i, com e b i t i r u (v. Pa r o d i AGI ΧλτΙ 1 n. 108). D erivare b ü û u e b tM ia d a p u g n u s, co ­ me fa il Ru b i n i, non è possibile, solo se si considerano i riflessi ro m an z i di

(16)

3 6 A N T O N I O G I U S T I

t a l no m e (R E W 6814); collegare b i n ù n con p iv e u s (R E W 6511) è fo n e ti­

c a m e n te le g ittim o , m a non d à il senso di « rigonfiam ento, p ro m in e n z a », quale s i ad d ice a l m o n te.

109. b r a y a p iù che « cam p o su b u rb a n o » (cfr. an ch e R o s s i p. 130 e Ca v a l l i p . 32) in dica « p o d eretto , .cam po» (v. Lo r c k, Altbergamaskìsche S prachdenkm àìer, H alle 1893, p. 210; R E W 1266; e p iù s o tto G iu s. Fl e c h i a);

n e lla braida episcopatus saonensis dei docc. del sec. X IV v ’era il palazzo del vescovo di S av o n a (v. No b e r a s c o, p. 29).

110. b r é a è lo stesso che b r a y a ; v. s o t t o q u an to scriv e G iu s. F l e ­ c h i a .

136. N on co m p re n d o come m ai l’a. legga b u y ó d a lo b o g l i o , lo b o g 1 u , q u an d o c ita a p p u n to a r s i i n. 27, che è tra s c ritto A r z ο 11 o opp.

A r z o l o .

153. r e u n d u ( c a m p u r.) è condotto a rotundus (B EW 7400). È u n erro re: m a l 5a. v ’è sta to co n d o tto dalle false trascrizio ni c a ta s ta li r e u n- d u , r e u n d o , r e o n d o . Il vocabolo r i o n e r i o t è celtico e significa

« p asco lo re c e n te m e n te co stitu ito »j cfr. a Cogoleto p r é r i ù i i (oggi m a la ­ m e n te c h ia m a to p r é r i u n d u ) e i v aldostani L o r i o n d é ( \a l t o m e n - che), G r a n d À r i o n d e t (B ionaz), M o r i o n (Ollom ont) ecc. D ice g iu ­ s ta m e n te P A bbé He n r y ( V ieux noms patois de localités valdôtaines in E s tr a tto d a « L e M essager V aldô tain » 1938, p . 12): « les notaires du m o yen âge n o n t rien com p ris à ce m o t pato is r i o n : ou p lu tô t, ils o n t co m p ris q u e ce m ot r i o n v o u la it d ire rond, e t ils o n t tra d u it ainsi: M ont rio n m o ns rotundus, C hanrion cam pu s rotundus ! E n n a tu re , il n ’existe m êm e p a s des p ré s ronds:

co m m en t fa ire p o u r les arroser? ».

167. G iu sta m e n te l’a. deriva c a r è r a d a carraria (cfr. p ro v . c a r r e i - r a , R E W 1718); i riflessi rom anzi di callis (R EW 1520) non p erm e tto n o la deriv azio n e del Ru b i n i. Il gen. k a r u g u è da quadruvium (R E W 6922) r ifa tto su k a r u (v. Pa r o d i AGI X V I 1 n. 158).

201. c i a n a e è da p l a n a t e (cfr. Ru b i n i).

233. c i ò s u è l ’it. chiuso da claudoe indica « luogo circ o n d ato d a s ie p e · (cfr. Pa s q u a l i n . 222 e 428); anticam ente era scritto p u re i o s o , p i o s o (v. a n c h e G io v . Fl e c h i a AGI V III p. 363 e 379).

249. c u d e b ó è spiegato p er «coda di bue» o «culo d i bu e». È u n po gro ssa! N on capisco come all*a. non si sia p re sen tata la p iù sem plice e la v e ra in te rp re ta z io n e « capo di bue ». P er k ò cfr. o w k ó (op p. ow. k ó w ) d u g u r n u « a capo del giorno» e l ’an t. C o d e f a r ( Pa r o d i A G I X V I

1 n . 49 e 116; cfr. anche l ’espressione dantesca co del po nte Inf. X X I 64, P u rg . I I I 128). P e r b o cfr. Fare, s k ο 1 a b ó « lupinella », l e i i g u a d e b o « la u r o c e r a s o » e la frase scherzevole o g g i d e b o ( Pa r o d i ib. n. 29);

il ni. savo n ese k a d e b o ricorda la famiglia Bove, usa ai p u b b lici m ag i­

s tr a t i già n el sec. X V I (v. No b e r a s c o p. 31).

305. P en so a n c h ’io, col Ru b i n i, che c a d e fe indichi « c a s a delle p e ­ c o r e » e non «c. d i F ed ele»; f e dal lat. jeta (ovis), cfr. Di e z, E t. TV. I I 8. V.

(17)

D IA L E T T O L I G U R E 17 feda, R E W 3269, Giov. Fl e c h i a AGI X V III p. 292. E così p u re il s a v o ­ nese e f e (v. No b e r a s c o p. 36) significa « le pecore ».

368. g i a s s u , ha ragione il Ru b i n i, significa « giaciglio, fogliam e, l e t­

tiera .per gli animali nelle stalle» (cfr. Giov. Fl e c h i a A G I X V I I I p. 295, Giov. Fl e c h i a GSLL IV p. 272 e del medesimo le belle osservazioni che sotto seguono) e non « sterco, letam e» come crede Ta, Il v o c a b o lo .risa le a d iacere; nel Codex Diplomaticus Cajetanus la parola iacium ind ica « m a n d ria » (cfr. De Ba r t h o l c m a e is AGI XVI 1 p. 23). Q uanto alT it. d i a c c i o « l u o ­ go chiuso con rete, dove i pecorai tengono il gregge n ella n o tte », il Pi e r i

AGI X V 1 e 2 p. 157 lo collega con jaculum « so rta di r e te » (cfr. Kò r t i n g, Lat.-rom. W òrt., n. 4550 e R E W 4570) in q u an to « l’id ea d i rete è p a r te integrale di quella specie di stabbio, che è il diaccio», p u r n o n esclu den do la derivazione da iacere.

440. Non so come ad Alassio sia pronunziato m a s c e l l a p erch è i segni diacritici, di cui si serve l’a., sono alqu anto incerti. Se m a s c e l l a , si p o ­ trebb e pensare a masculus e masculetum (v. Giov. Fl e c h i a, N o m i locali d ' I ­ talia derivati dalle piante in E stra tto dagli « A tti R. A ccadem ia Scienze di Torino»

XV, p. Io) « m aschietto » = locus in quo plantae vinearum m asculae consitae su n t ( Fo e c e l l i n i s. v.). Cfr. m a s c e t t u ni. savonese (v. No b e r a s c o p. 41).

445. m a x é (gen. m a z é a ) deriva da maceria « m uro a secco a sostegno della te rra che slam a » (v. R EW 5204 e l’am pia bibliografia in esso c o n te ­ nuta); maiense qui non ha nulla a che fare.

450, m a y ó r a non potrebbe essere m arianula? R im an do a q u a n to scrissi in GSLL 1938 p, 301.

549. p i s c i a r o t t a non è un soprannom e fem m inile, m a in d ic a « c a ­ scata, acqua che sgorghi da qualsiasi fon te» ; in ta le fo rm a la voce è p r e t ­ tam ente settentrionale, v. Pa s q u a l i n. 484. Cfr. il ni. p i § a savonese ( No­

b e r a s c o p. 45) e p i è a o t a cogoletese.

552. Non p i s s u , come crede il Ru b i n i, m a p its- afferm a l’a . che sia d ’incerta origine.

558. p o s a r a n g u più che a ferm ati zoppo» in d ich erà « s o s ta dello zoppo »; con p o s a (da 'pausa, pausare; c f r .il filattierese p o s a d ó r P a ­ s q u a l i i i. .477) si designa « quel m uretto o quella roccia su cui si p o san o carichi per poi m etterli più facilm ente e meglio sulle sp alle ».

571. p r e d i c c i a se derivasse dal pers. perdix, perdice d o v re b b e essere p r e d ί z e (da p e r e d i z e ) ; d i c c a non p otreb b e essere « fo rtu n a » (cfr.

d e s d i c e a) dallo sp. d i e h a (R EW 2628, P a r o d i A G I X V I 2 n. 192)!

p r e d i o c a = p ra to della fortuna?

573. p r e p i n forse da « p rete P eppino» o « p ra to P . » (cfr. il n i. cogo­

letese p r e s a n i n « p rato di G iovanni).

575. p r e s a ( f u n t a n a p r . ) è il luogo d ’onde si d e riv a l’a c q u a m e ­ diante un incile in un canale (v. C a s a c c i a ) ; cfr. a F ila ttie r a l a m a d i a p r e s a P a s q u a l i n. 262) e vedi le osservazioni del R u b i n i . V edi p u re D u - -CANGE s. v. canalis, rivotus e D e B a r t h o l o m a e i s AGI X V I 1 p. 25.

586. p u s a ù d a p o s a d ù , v. sopra p o s a r a n g u (n. 558).

(18)

18 A N T O N I O G I U S T I

651. s a p e 11 u « inciam po, im pigliam ento » (cfr. il m od. z a p e 11, G-iov,

θ G iu s. Flechia A G I X V I II p. 312), altrove (come nel p iv ero n e se s a p e ] , v. Flechia ib.) «chiud enda; valico delle siepi; callaia». Secondo G iov. Fle­

chia A G I I I I p. 167 sgg., l’origine si deve rip etere dal te u to n ic o , ove, presso il b asso tedesco, tro v iam o la p aro la tappe significante « piede, za m p a , p io ta », e il v e rb o zappeln « sg am b ettare, m enare i p ied i »; la p a ro la za m p a h a la ste ssa origine (cfr. Diez, E t. W ., I I 435).

663. s c i a r t o degli Statuti di T en d a (v. R o ssi p. 125) in d ic a « te rre n o d isso d a to » e d eriva da * ex-sartum (R E W 3066) come il fr. e s s a r t e il p ro v . e i s a r t .

666. D ’accordo col Ru r i n i, si deve credere che s e a w s a in dich i il gelso; l ’odierno gen. è s e r s a , m a in qualche antico d o c u m e n to si tro v a c e u s a , cfr. sic. c e u s u (v. Pa r o d i AGI X V I 2 n. 149 e R E W 5696).

18. c u e n d a non può essere il gen. c u e ù d a (da eludenda) « p alizz ata, siepe » e il piveronese d ’ugual significato c u v e ii d a (v. As c o l i A G I I p.

123 e G iov. Fl e c h i a X V I II p. 238)? F a difficoltà l’esito k, an z ic h é c, d a c l , m a s i possono rico rd are k i i i « c h i n o » , k i n à , k a v i g g a (v. Pa r o d i

A G I X V I 2 n. 152).

33. m a r e n g h e ( c a s s e m.) da * m arinieus non è possibile; è la stessa d eriv azio n e che m a e n c a (v. so p ra n. 45).

An t o n i o Gi u s t i

II.

N o te r elle to p on om astich e e lessicali g en o v esi.

I. No t e r e l l e t o p o n o m a s t i c h e.

1. — A r s è n n a (Alassio). P u r non escludendo a p rio ri l ’ip o tesi del La m b o g l i a (Toponom. dei com uni di Alassio e Laigueglia, A lbenga, 1939, p. 32) che t r a tt is i d ’u na v aria n te, m ed ian te il suffisso p re la tin o -èn n a , di a r tu « a ln u s g lu tin o sa» , e la p re su n ta connessione di q u e s t’u ltim o con la b ase m e d ite rra n e a * a l i s o (sulla quale vedi Ba t t i s t i, S tu d i etruschi, V, 664), non sa p re i rin u n ciare a vedere in cotesto topònim o u n c o n tin u a to re di

* A r c e n a , * Argena, A r g ì n n a (etrusco A r e n a i , la t. A r g e n n u s , A r g i n n u s : S c h u l t z e , Z u r Geschichte lateinischer E ig enn am en , 126;

Pi e r i, Toponom . della Valle dell’A m o , 19) che h a dato i to sc a n i Ar c e n a, Ar g e n a, Ar g e n n a (j ).

2. — B r è a : lo calità di Genova (vico, passo) nei p ressi d i v ia G à la ta : nel d ia le tto : in a Brèa (cfr. in u P riù n , in a Gœa a C am ogli e a S. Mar-

(x) Cfr. il to ponim o ligure Varenna (Pegli), con le b a si * V a r e n a ,

* V a r (i) n a (e tr. V a r i n e i , V a r n a , lat. V a r e n u s V a r e n n i u s : Sc h u l t z e; 248; Pi e r i, 54).

(19)

D IA LE TT O L I G U R E 19 gherifca: A . Gi u s t i, Giorn. stor. e lett. della L ig ., XV, 1939, p. 54); « già p o ­ te n te terreno p ian tato ad orti» come diceva I ’Al i z i e r i (citato dal Pe s c i o : I nom i delle strade di Genova, p. 28), che suffragava coll’a u to rità degli a n ­ tichi rogiti la supposizione dello Sp o t o r n o, doversi t r a tta r e d ella voce di origine longob. b r a i d a «che suona nei bassi tem pi q u an to u no spazio di ap e rta cam pagna »; voce registrata oggi dal Me y e r-Lü b k e (Rom . E ty m . W ôr- terb., N. 1265) e alla quale m ettono capo non pochi nom i locali dell’Ita lia Superiore, segnatam ente del Veneto (*). D alla locuzione i n a B rèa (cioè:

« nella B rea »), scam biato per in Abrea venne la falsa italia n izza zio n e di Abrara (c ita ta dal Pe s c io e oggi abbandonata), a ttu a lm e n te Brera. Sui t o ­ ponim i siciliani della stessa origine vedasi C. Av o l io Areh. glott., S u p p le m . period., V I.

3. — C i s a n o , Due località della L iguria portano q u esto no m e : u n a presso Bargagli, l’a ltra in quel di Albenga.

Può rispondere ta n to a * C i s i a n u (da C i s i u s , re g is tra to dallo Sc h u l t z e) quanto a C a e s i a n u (da C a e s i u s ) che figura nelle Isc rizio n i Napoletane, come i num erosi nomi locali italiani Cisano, Cesano del V ero ­ nese (cfr. Ol i v i e r i, Toponom. Veneta, 59 e 64), del B resciano e del B e rg a ­ masco. Di C a e s i a n i f u n d i si parla nella Tavola alim entare d i Velleja ( I II 96) e un F u n d u s C a e s i a u u s è ricordato nella Tavola dei L ig u r i Bebbiani (2).

4. — C o r s à n e g o , Due Cursànegu si hanno nella R iv ie ra di le v a n te : uno in quel di Sori, l ’altro in quel di Bogliasco, co rrispo ndenti al lucchese Corsanico (Viareggio). Si tr a tt a indubbiam ente di * C u r t i a n i c u ( s o ttin ­ teso fundus, ager, ecc.) derivato dal gentilizio C u r t i u s (cfr. De Vi t, Onom. Lat., II, 518-19) e conferm ato dal Fundus C urtianus d ella Tavola alimentare dei L iguri B ebbiani. Ager Curtianus presso H e n z e n (S u p p lem . airOrelli). N. 6664.

5. — M e z z à n e g o (dial. Mesànegu : cfr. Ca sa c c i a). — P o tre b b e ri- · spondere così a un * M a e s a n i c u (da M a e s i u s , a tte s ta to d a lle I m c r i p - tiones Regni Neopolitani) come a un * M e t i a n i c u ( da M e t i u s , Me - t i a n u s , conferm ato dai « saltus praediaque Metiae » della Tavola alim entare di VeÜeja (V I, 69).

6. — M i g n à n e g o (Pontedecim o, Vaì_,Polcevera). N o n v ’h a d u b b io che, come s’è visto pei due tepònim i precedenti, si t r a t t i d ’un nom e locale derivato d a nome personale con doppia desinenza aggettivale ( - a n u s , - a η ί­

ο u s); m a che può ugualm ente riflettere un * A e m i 1 i a n i c u d a A e m i-

f1) Cfr. Da n t e Ol i v i e r i, Saggi9 d i m ia illustrazione generale della topo­

nomastica veneta, C ittà di Castello, 1915 (ma 1914), p. 248.

(2) T. Mo m m s e n, Inscriptiones Regni Neapolitani latinae (L ipsiae, 1S52),.

N. 2001 e 1354.

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