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Università degli Studi dell Aquila

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Academic year: 2022

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Corso di laurea in Ingegneria Industriale

Valutazione del campo elettrico indotto nel cervello umano prodotto da bobine H-coils per

la stimolazione transcranica magnetica (TMS)

A.A. 2019/2020

Dipartimento di Ingegneria Industriale e dell’Informazione e

di Economia

Relatore Studente

Prof. Valerio De Santis Gabriella Salucci

Matricola

244290

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(3)

Alla mia Famiglia, sempre accanto a me

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Sommario

Indice delle figure e delle tabelle ... III

Introduzione ... 1

Argomento della tesi ... 1

Scopo della tesi ... 2

Struttura della tesi ... 2

1 Transcranial Magnetic Stimulation (TMS) ... 5

1.1 Cenni storici ... 6

1.2 Principi di funzionamento ... 8

1.2.1 Basi del sistema nervoso ... 8

1.2.2 Principi fisici ... 12

1.3 Principi di funzionamento dello stimolatore TMS ...14

1.3.1 Tipologie di circuiti ... 15

2 Bobine e tipologie di stimoli ... 19

2.1 Circular and Figure 8 coils ...19

2.2 H-coils ...20

2.3 Tipologie di stimoli ...21

2.3.1 TMS a singolo impulso ... 22

2.3.2 TMS a doppio impulso ... 22

2.3.3 TMS ripetitiva... 23

2.3.4 Applicazioni ... 23

3 Patologie neuropsichiatriche ... 25

3.1 La Psicosi Depressiva ...25

3.1.1 Conseguenze della Depressione e Trattamenti ... 27

3.1.2 il Morbo di Alzheimer ... 28

3.1.3 Disturbo post-traumatico da stress (PTSD) ... 30

3.1.4 TMS in ambito operatorio ... 31

3.1.5 Applicazione congiunta con altre metodiche ... 32

4 Sviluppo del modello numerico ... 33

4.1 Sim4Life ...33

4.1.1 Modelli anatomici ... 33

4.2 Proprietà dielettriche della pelle ...35

4.2.1 La pelle ... 35

4.3 Modello bobina ...36

4.4 La simulazione ...39

(6)

4.4.1 Variazioni parametriche ... 44

4.5 Studio delle simulazioni ... 44

4.5.1 Mask filter ... 45

5 Analisi dei risultati ... 49

5.1 Matlab ... 49

5.2 Risultati numerici ... 54

5.2.1 SMAPE ... 56

6 Conclusioni e sviluppi futuri ... 59

Bibliografia ... 61

Appendice: codice Matlab ... 65

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Indice delle figure e delle tabelle

Figura 1.1: Homunculus motorio ... 7

Figura 1.2: Struttura di un neurone ... 9

Figura 1.3: Divisione del cervello in lobi ... 10

Figura 1.4: Lobo e corteccia prefrontale ... 11

Figura 1.5: Esempio di Stimolazione Magnetica Transcranica ... 14

Figura 1.6: Circuito standard di un macchinario per la TMS ... 15

Figura 1.7: Circuito di uno stimolatore monofasico... 16

Figura 1.8: Circuito di uno stimolatore bifasico ... 17

Figura 2.1: Comparazione dei campi generati da diverse bobine TMS ... 20

21 Figura 2.2: Geometria di un H-coil ... 21

Figura 3.1 - Scansione PET: differenze nei livelli di ossigeno, glucosio e irrorazione sanguigna tra soggetto normale e depresso ... 26

Figura 3.2 – I mediatori chimici coinvolti nella depressione: relazione tra neurotrasmettitori e umore ... 27

Figura 3.3. Lesioni provocate dal Morbo di Alzheimer ... 29

Figura 4.1: Virtual Population di Sim4Life ... 33

Tabella 4.2: i modelli anatomici umani di Sim4Life ... 34

Figura 4.3: Struttura della pelle ... 35

Figura 4.4: Struttura dell’epidermide. ... 36

Figura 4.5: Schema coil tipo H2 ... 38

Figura 4.6 Solido su cui è stata realizzata la bobina ... 39

Figura 4.7: Posizionamento H-COIL ... 40

Tabella 4.8: conduttività dei tessuti umani ... 41

Figura 4.9: Impostazioni simulazione Sim4Life ... 41

Figura 4.10: Impostazioni della griglia ... 42

Figura 4.11: Griglia finale ... 43

Figura 4.12 Voxels: (a) volutamente maggiorati (b) effettivi di simulazione ... 43

Figura 4.13: Insieme delle simulazioni su Sim4Life ... 44

Figura 4.14 Ambiente di analisi su Sim4Life ... 45

Figura 4.15: Schermata risultante Mask Filter ... 46

Figura 4.16: Ampiezza del campo elettrico sulle superfici di interesse normalizzata secondo il valore di picco di E nella materia grigia. ... 47

Tabella 5.1: Workspace di Matlab di un qualsiasi file... 49

Figura 5.2: Funzione che estrae i valori di picco, 99 percentile e medio del campo elettrico ... 51

Figura 5.3: File inseriti nel Matlab ... 51

Figura 5.4: Funzione per il calcolo dello SMAPE ... 52

Figura 5.5: Funzione generatrice delle grafiche ... 52

Figura 5.6: Programma principale ... 54

(8)

Tabella 5.7: Valori campo elettrico pelle... 55

Tabella 5.8: Valori campo elettrico materia bianca ... 55

Tabella 5.9: Valori campo elettrico nella materia grigia ... 55

Tabella 5.10: Valori campo elettrico cervelletto e altre zone profonde ... 55

Figura 5.11: risultati grafici dello SMAPE ... 58

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Introduzione

Argomento della tesi

La presente tesi di laurea si propone di analizzare la tecnica di stimolazione magnetica transcranica, o Transcranial Magnetic Stimulation (TMS), andando a valutare la distribu- zione del campo elettrico indotto sul cervello da bobine H-coils, posizionate sulla testa del paziente, al variare del valore della conducibilità della pelle.

Negli ultimi anni, la possibilità di utilizzare per condizioni patologiche trattamenti non invasivi di neurostimolazione, come la TMS, ha riscosso sempre maggiore interesse nel campo medico sia per la non invasività del trattamento che per la valenza dei risultati otte- nuti.

L’efficienza di questa tecnica è legata all’induzione di un campo elettrico, che agisce mo- dulando l’attività elettrica della regione neurale d’interesse. La TMS consiste nell’utilizzo di brevi impulsi magnetici sul tessuto cerebrale, prodotti dal passaggio di elevate correnti all’in- terno di specifiche bobine poste sulla testa del paziente.

La stimolazione transcranica magnetica tradizionale è limitata a regioni superficiali del cervello; purtroppo però, negli ultimi anni, studi clinici hanno dimostrato che le regioni en- cefaliche maggiormente coinvolte da disturbi neuropsichiatrici sono posizionate in aree pro- fonde. Per questo motivo la ricerca si è mossa verso lo sviluppo di nuove forme per bobine, per la cosiddetta “deep TMS” (dTMS). Utilizzando questi nuove tipologie di avvolgimenti è stato dimostrato che questa tecnica è efficace nel trattamento di un vasto gruppo di condi- zioni neurologiche e psichiatriche come la schizofrenia, la dipendenza da sostanze stupefa- centi, la demenza di Alzheimer, oltre ad apportare giovamento nei disturbi: depressivo mag- giore, bipolare, da stress post traumatico (PTSD) e ossessivo compulsivo.

Il vantaggio principale di questa procedura risiede nella non invasività e nella relativa sicurezza di utilizzo e consente di trattare patologie che nella medicina tradizionale verreb- bero affrontate unicamente con il supporto farmacologico, spesso inefficace.

L’applicazione di questa terapia è influenzata da diversi fattori che potrebbero compor- tare una variazione dei risultati quali: il tipo di strumentazione utilizzato, la severità della patologia e la condizione dell’epidermide del paziente; quest’ultima variabile rivestirà un ruolo importante nel presente elaborato.

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Scopo della tesi

La stimolazione magnetica transcranica negli ultimi anni ha suscitato notevole interesse clinico incoraggiando studi inerenti le risposte restituite in funzione delle diverse aree cere- brali oggetto di trattamento.

Questa trattazione si pone come obiettivo la valutazione di come alcuni fattori possano incidere nell’esecuzione della tecnica, attraverso un approccio prettamente ingegneristico, sia nelle metodiche di attuazione che nell’analisi dei risultati ottenuti.

Si andranno a valutare in particolare l’influenza della conducibilità della pelle sul campo elettrico indotto e la profondità efficace del trattamento magnetico.

A tale scopo si utilizzerà un simulatore (Sim4life) che, grazie ad un modello fisico-matema- tico rappresentativo dell’anatomia umana e della bobina eccitatrice, consentirà di ottenere ambienti operativi paragonabili a quelli reali.

Seguirà un oculato studio delle simulazioni, realizzato avvalendosi sia degli strumenti di post-processing integrati nello stesso Sim4life sia delle funzioni proprie dell’ambiente di cal- colo numerico Matlab, comprensivo dell’analisi sulle immagini raffiguranti le risposte alle stimolazioni ottenute dai modelli.

Struttura della tesi

Lo svolgimento generale della trattazione di questa tesi si articolerà in sei capitoli.

Il primo capitolo tratterà l’evoluzione delle stimolazioni cerebrali nel corso della storia e verranno esplicati i principi fisici fondamentali che si trovano alla base della TMS, con par- ticolare attenzione alla comprensione dei circuiti elettrici che sono alla base di tale stimola- zione.

Il secondo capitolo si occuperà di descrivere le due principali categorie di bobine utilizzate in questo tipo di trattamento, sottolineando le varie tipologie di stimoli e ponendole a con- fronto con altre metodologie.

Nel terzo capitolo, dopo una breve spiegazione sulla corteccia prefrontale, si procederà all’esame di alcune delle principali patologie trattate, andando ad evidenziare i benefici ot- tenuti con la stimolazione transcranica magnetica.

Nel quarto capitolo si illustreranno le caratteristiche del modellatore software utilizzato per le simulazioni, dei vincoli di cui bisogna tener conto nella progettazione della bobina H-

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coil, per concludere con una disamina delle proprietà elettriche della pelle e di come se ne sia tenuto conto nelle simulazioni.

Il quinto capitolo sarà orientato all’analisi e alla valutazione dei risultati numerici ottenuti dalle simulazioni tramite modello matematico.

Nel sesto e ultimo capitolo, verranno trattate le conclusioni dello studio e gli eventuali sviluppi futuri.

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1 Transcranial Magnetic Stimulation (TMS)

La TMS è una tecnica non invasiva di neurostimolazione e neuromodulazione, basata sui principi dell’induzione elettromagnetica scoperti da Faraday nel 1831. Il campo elettrico indotto da un campo magnetico variabile, generato dal flusso di corrente non continua in una bobina, agisce sulle risposte elettriche dei neuroni causandone la depolarizzazione1 con conseguente diversificazione della risposta alla conduttanza. In presenza di stimoli ripetuti, si può anche modulare, in aumento o in diminuzione, l’eccitabilità corticale, ovvero le mo- dalità di risposta agli stimoli del sistema nervoso centrale. L’azione può essere condotta con uno stimolo singolo, a coppie di stimoli o con stimoli ripetitivi (rTMS).

Altri fattori in grado di influire sull’effetto clinico sono la forma del campo magnetico, la sua intensità, il tipo di bobina e l’intervallo tra le serie di stimoli (Ardolino & Priori, 2010).

C’è da dire che gli effetti biologici della stimolazione magnetica non sono ancora del tutto chiari ma sono stati riscontrati senza alcun dubbio effetti positivi che aprono a nuove oppor- tunità di trattamento non invasivo per molteplici casi, il cui numero è in continuo aumento, di patologie neuropsichiatriche.

Successi di rilievo sono stati registrati attraverso la stimolazione di alcune sezioni della corteccia motoria per i disturbi del movimento, quelli affettivi e nel trattamento del morbo di Parkinson mentre alcune patologie depressive e i comportamenti ossessivo-compulsivi hanno trovato giovamento dal trattamento delle aree prefrontali.

Per contro la metodica è relativamente costosa e richiede ambiente e personale specializ- zati con conseguente difficoltà di posizionarla nel set delle applicazioni cliniche da praticarsi correntemente; gli elevati campi magnetici in gioco, inoltre, ne precludono l’utilizzo in pa- zienti portatori di stimolatori elettrici, quali pacemaker cardiaci o neurostimolatori. In alcuni casi, come negli esami condotti per risonanza elettromagnetica, il trattamento deve essere operato con cautela in soggetti portatori di protesi metalliche ferromagnetiche. Controindi- cazioni minori all’utilizzo della TMS (Viosca & DeFelipe, 2017), da valutare caso per caso, si riscontrano in presenza di placche in titanio e di clip per aneurismi in acciaio inossidabile.

1 La diminuzione del valore assoluto del potenziale di membrana della cellula.

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1.1 Cenni storici

I primi studi che documentano applicazioni elettriche in campo biologico apparvero già nel XVIII secolo ad opera di Luigi Galvani e Alessandro Volta che pubblicarono serrate discussioni sugli effetti delle correnti elettriche sui tessuti e sui nervi, aprendo le porte a nuove frontiere in campo medico e gettando le basi per quella che passò alla storia come ‘Era elet- trica’ della medicina. Nel 1775, Peter Christian Abildgaard, medico e veterinario, era riu- scito a provocare l’arresto cardiaco in una gallina con una scarica elettrica applicata al torace e, con una medesima scarica, era stato in grado di rianimarla.

A metà del XIX secolo comparve la figura dell’elettroiatra che praticava trattamenti elet- tromagnetici con una pila e una bobina avvolta su un nucleo di ferro dolce, riuscendo a generare un campo elettromagnetico variabile attraverso la continua azione manuale di apertura e chiusura del circuito elettrico. Adolphe Gaiffe, costruttore di strumenti parigino, riuscì a razionalizzare il dispositivo a pile rendendolo portatile negli anni ’60 del XIX secolo, mentre Joseph Gray mise a punto una macchina dotata di un sistema di generazione elettrica a manovella basato su magneti permanenti. In quel periodo i dibattiti scientifici parlavano della diversità degli effetti e degli utilizzi in campo medico delle correnti continue e di quelle

“Faradiche”, o interrotte.

Le prime scoperte in campo prettamente neurologico sono riconducibili a Fritz e Hitzig nel 1870 i quali scoprirono che un impulso elettrico in una precisa zona della corteccia mo- toria, provocava una altrettanto precisa risposta muscolare controlateralmente allo stimolo indotto. Le ricerche di Ugo Cerletti e Lucio Bini portarono, negli anni ‘30 una terapia elet- troconvulsivante (TEC), più nota col nome di elettroshock, finalizzata al trattamento di de- pressione cronica grave e depressione catatonica. Pur se la terapia ha comunemente una fama negativa, a causa sia dell'abuso e della pratica aggressiva che se ne è fatta in taluni casi in passato, sia della presentazione che ne è stata a volte data in letteratura e cinematografia, secondo il dizionario Larousse, la TEC è particolarmente indicata in tutte le psicosi da shock (melanconie, manie, deliri, disturbi post traumatici da stress) in cui avrebbe un successo del 100% con una media di 6-8 sedute; 80% di successi nella depressione, psicosi maniaco-de- pressiva e negli stati confuso-onirici di origine tossica (alcol), tumorale o infettiva.

Alla fine degli anni ’30 Wilder Penfield pubblica lo studio “Somatic motor and sensor represen- tation in the cerebral cortex of man as studied by electrical stimulation” finalizzato alla definizione di aree appropriate per interventi chirurgici programmati, individuando la topologia precisa

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della localizzazione corticale. Lo studio confermò anche la stretta correlazione tra stimola- zione di una parte discreta del cervello con fenomeni motori e sensitivi. Dai risultati di questo studio partì la ricerca di Penfield e Rasmussen che riuscirono a rappresentare una mappatura grafica della correlazione motoria e sensoriale con le varie parti della corteccia, dando vita al celebre disegno dell’“Homunculus motorio” riportato in figura 1.1 (Klomjai, et al., 2015).

Tutte le tecniche finora descritte risultavano essere invasive e dolorose, oltre a comportare danni cognitivi, all’epoca non ancora quantificabili. Gli sforzi successivi furono orientati a ridurre il disagio ma si dovette attendere il 1985 per la messa a punto di uno stimolatore magnetico totalmente non invasivo, risultato delle ricerche condotte nell’Università di Shef- feld, da parte di Anthony Barker, primo ricercatore sulla TMS (Klomjai, et al., 2015).

Venne sviluppato il primo dispositivo stabile ed affidabile che vide il mercato nel 1986 con il nome di Magstim Model 200 (Magstim, 2006).

Le ricerche successive, grazie anche alle simulazioni computerizzate, hanno coinvolto studi sulla forma delle bobine, in grado di modellare campi magnetici sempre più puntuali e mirati, e su apparati in grado di garantire opportune velocità di scarica e adeguate frequenze di funzionamento nel pieno rispetto della sicurezza del paziente.

La perfetta sinergia tra elettrotecnica e biologia ha fatto sì che nel volgere di pochi decenni di ricerche, il livello di conoscenza del cervello e delle relative tecniche di stimolazione sia migliorato esponenzialmente.

Figura 1.1: Homunculus motorio

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1.2 Principi di funzionamento

Quello dell’eccitabilità della corteccia cerebrale è un settore che pone le sue basi sia nel campo dell’elettrotecnica che in quello della biologia; per tale motivo il seguente capitolo sarà organizzato in due parti distinte: inizialmente verranno indagati gli aspetti anatomici e fisiologici dei singoli elementi neuronali e del sistema nervoso centrale in toto, con una par- ticolare attenzione alle aeree d'interesse pratiche nell'indagine della TMS; in seguito l’atten- zione si sposterà sui principi fisici e biofisici alla base del metodo d'indagine.

1.2.1 Basi del sistema nervoso

Da sempre il cervello è stato oggetto di grande interesse per l’uomo, centro della nostra personalità e la sede di tutti i nostri pensieri, nonché di tutti i processi cognitivi che sono alla base di qualsiasi azione o decisione.

Risulta quindi fondamentale capire quali siano i meccanismi di base che permettano al cervello di coordinare tutto il corpo avvalendosi del sistema nervoso. Quest’ultimo è costi- tuito da: i neuroni, cellule eccitabili che sono l’unità funzionale dell’intero sistema e le cellule gliali, non eccitabili che svolgono la funzione di supporto metabolico alle prime.

I neuroni sono formati da tre parti principali: il corpo cellulare, l’assone ed i dendriti.

Il corpo cellulare (o Soma) possiede tutti gli elementi necessari alla cellula come il nucleo, il reticolo endoplasmatico, i ribosomi (per la sintesi delle proteine) ed i mitocondri (per la pro- duzione di energia).

L’assone è una lunga fibra nervosa che trasmette i messaggi attraverso gli impulsi chimici ed elettrici; spesso avvolto da una guaina lipidica (la guaina mielinica o mielina) che contribuisce ad isolare ed a proteggere le fibre nervose, oltre che ad aumentare la velocità di trasmissione dell’impulso nervoso.

I dendriti, corte fibre nervose, simili a ramificazioni, originano dal neurone e ricevono i messaggi dagli assoni di altri neuroni, trasmettendoli al soma della cellula.

In figura 1.2 è possibile osservare la struttura di un neurone.

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Figura 1.2: Struttura di un neurone

Nel sistema nervoso le informazioni viaggiano sotto forma di minuscoli segnali elettrici detti impulsi nervosi o potenziali d’azione, uguali in tutto il corpo, con un’intensità di circa 100 mV ed una durata di 1 ms. Essi passano da un neurone ad un altro tramite punti di giunzione denominati sinapsi. Quando un impulso nervoso giunge all’estremità terminale di un assone, attiva il rilascio di sostanze chimiche dette neurotrasmettitori, contenuti all’interno di vescicole;

essi, attraversando il sottilissimo spazio detto fessura sinaptica, dello spessore di 20-40 nm, creano un collegamento tra le membrane dei neuroni presinaptico (trasmettitore) e postsinap- tico (ricettore), generando un punto di contatto virtuale (sinapsi).

Spiegato il meccanismo che sta alla base della trasmissione delle informazioni, è giusto dare alcune nozioni per descrivere l’intero sistema nervoso, soffermandoci su come il cervello venga suddiviso nelle diverse aree al fine di comprendere meglio l’azione della stimolazione sulle aree encefaliche.

Il sistema nervoso è composto da tre sottosistemi anatomicamente e funzionalmente distinti:

il sistema nervoso centrale, quello periferico ed il sistema nervoso autonomo.

Il sistema nervoso centrale (SNC) si occupa delle principali funzioni dell'organismo ed è ele- mento integratore di controllo ed elaborazione delle molteplici afferenze (input) sensitive ed efferenze (output) motrici somatiche e viscerali (Casula & Elias, 2015). Esso è in grado di valutare le informazioni in arrivo e di attuare risposte adeguate ai cambiamenti che minac- ciano l'equilibrio dell’organismo.

Si tratta di una struttura tanto efficiente quanto complessa, al punto che ancora oggi si riscontrano difficoltà nello studio delle sue funzionalità.

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Dal punto di vista anatomico, si distingue in due parti che si presentano direttamente continue l’una con l’altra: l’encefalo e il midollo spinale.

Il midollo spinale è un lungo cordone nervoso, che dal tronco cerebrale corre lungo la co- lonna in cui è contenuto; in sezione di taglio, presenta variazioni di colore, anatomicamente definite, che corrispondono microscopicamente a elementi differenti facenti parte della me- desima struttura nervosa; esso, infatti, appare costituito da una materia di colore grigio-ro- seo, detta appunto sostanza grigia circondata da un'area di colore bianco-rosato, più compatta e resistente detta sostanza bianca.

In generale, il midollo spinale ha il compito di instaurare una connessione tra i centri superiori con le strutture organiche periferiche, oltre che mediare i riflessi semplici.

L’encefalo è accolto nella cavità del cranio ed adempie alle funzioni complesse, quali la regolazione del ritmo cardiaco e respiratorio ed ai processi di integrazione come la capacità sensitivo-motoria, il pensiero cosciente, l’apprendimento, la memoria ed il linguaggio.

Come il midollo spinale, è composto da due strati di sostanze diverse, che si dispongono in maniera opposta ai precedenti: all’esterno troviamo la materia grigia, all’interno quella bianca. Tale organo in letteratura medica viene tradizionalmente suddiviso in: cervello, cer- velletto e tronco cerebrale. La porzione più estesa, il cervello, è ripartito in due emisferi ce- rebrali (destro e sinistro) connessi l’un l’altro da un fascio di fibre detto corpo talloso. La parte più superficiale degli emisferi cerebrali è chiamata corteccia cerebrale e si sviluppa all’interno del cranio in un gran numero di circonvoluzioni e ripiegamenti, che le conferiscono una notevole estensione in uno spazio relativamente ridotto.

Figura 1.3: Divisione del cervello in lobi

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Le fessure della superficie cerebrale si definiscono solchi, quando sono superficiali, e scis- sure, quando sono profonde; queste ultime delineano quattro aree funzionali dette lobi e di- stinte allo stesso modo in cui sono suddivise le ossa craniche: frontale, parietale, occipitale e temporale (Figura 1.3)

Il lobo frontale è la sede delle funzioni intellettive superiori e dei ragionamenti complessi, in esso nascono le idee e i pensieri; il lobo occipitale è la sede dell’area visiva, cui giungono preziose informazioni relative soprattutto allo spazio; nel lobo temporale c’è l’area uditiva, che rac- coglie le percezioni dal canale uditivo; infine, nel lobo parietale c’è l’area sensitiva, che ci in- forma delle caratteristiche di un oggetto, e l’area motoria, che trasforma le idee di movi- mento in azioni, attivando le regioni corporee corrispondenti (Pagge, 2018).

La corteccia prefrontale, area di interesse di questo studio, occupa la parte più rostrale dei lobi frontali e costituisce una vasta area che si collega alle aree motorie, percettive e limbiche2 del cervello.

La corteccia prefrontale svolge un ruolo fondamentale nei processi cognitivi e nella rego- lazione del comportamento e, grazie alle connessioni con diverse aree corticali, risulta essere il substrato neuroanatomico delle funzioni esecutive: pianificazione, attuazione e conclusione di comportamenti diretti ad uno scopo attraverso azioni coordinate e strategiche, integra- zione e sintesi di informazioni, organizzazione, regolazione del comportamento emotivo.

Inoltre, le connessioni con le aree limbiche determinano i processi di riconoscimento e ge- stione delle emozioni. (Fiore, 2017).

Figura 1.4: Lobo e corteccia prefrontale

2 Strutture cerebrali e circuiti neuronali presenti nella parte più profonda e antica dell’encefalo.

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1.2.2 Principi fisici

La stimolazione magnetica è correlata al principio fondamentale di induzione magnetica.

Una corrente che scorre in una bobina produce un campo magnetico e un campo magnetico variabile produce una corrente indotta nei conduttori vicini, incluso il tessuto umano.

Un semplice esempio di induzione elettromagnetica si ha considerando due circuiti vicini.

Una corrente variabile sul primo circuito determina un flusso variabile del campo magnetico concatenato alla seconda spira. Per la legge di Faraday-Neumann-Lenz ciò̀ produce una forza elettromotrice (e) indotta sul secondo circuito pari alla derivata del flusso del campo magnetico nel tempo cambiata di segno e conseguentemente una corrente elettrica che si oppone a ciò che l'ha generata. (Guarnieri & Stella, 2004).

𝑒 = −𝑑𝛷(𝐵(⃗ )

𝑑𝑡 (1.1)

Il modulo del campo elettrico e la corrente indotta sono entrambi proporzionali alla ve- locità con cui cambia il campo magnetico.

𝐸(⃗~𝑑𝐵(⃗

𝑑𝑡 (1.2)

Applicando queste osservazioni all'ambito neurofisiologico, si può intuire che una rapida variazione di un campo magnetico applicato ad una zona del corpo umano origina in esso una vera e propria corrente indotta e quindi provoca una stimolazione.

La variazione della corrente primaria determina anche una variazione del flusso magne- tico concatenato con il circuito stesso

Φ(𝐵(⃗) = Li (1.3)

(21)

La variazione di corrente nel circuito genera una forza elettromotrice (f.e.m.) nel circuito stesso, che si oppone alla variazione che l'ha generata

𝑓. 𝑒. 𝑚. = −𝐿 𝑑𝑖

𝑑𝑡 (1.4)

L'energia immagazzinata nel campo magnetico (J) è proporzionale all'induttanza e alla corrente

𝐽 =1

2 𝐿 𝑖8 (1.5)

Al massimo, l'energia induttiva nella bobina di stimolazione è pari alla potenza totale di ogni impulso. Poiché un singolo impulso di TMS può raggiungere centinaia di Joule, è im- portante gestire correttamente questa grande quantità di energia nella progettazione e sono imposte limitazioni sulla forma d'onda degli impulsi.

La legge di Faraday impone pertanto che un breve impulso elettrico in corrente alternata, che attraversa una bobina, generi un forte, seppur transitorio, campo magnetico. Posizio- nando la bobina in prossimità della testa del paziente, il campo magnetico indotto attraversa lo scalpo e il cranio, decadendo, in linea teorica, solo con la distanza.

Il campo magnetico è variabile nel tempo cosicché esso induce a sua volta una corrente elettrica secondaria all’interno del tessuto nervoso, in direzione opposta alla corrente di par- tenza.

Le bobine pertanto vengono posizionate in corrispondenza dell’area cerebrale da trattare e, come effetto delle correnti indotte, si attivano i potenziali d’azione dei neuroni3 dell’area influenzata. Si è notato che l’eccitazione è seguita da un periodo di disattivazione neuronale causato presumibilmente da prolungati IPSP (potenziali postsinaptici inibitori) causando in pratica l’inibizione temporanea e reversibile dei neuroni ad instaurare nuove sinapsi; tale fenomeno viene anche denominato “lesione virtuale”.

3 Potenziale d’azione: fenomeno di eccellenza che si manifesta nei neuroni che prevede un rapido cambiamento di carica tra l’interno e l’esterno della loro membrana cellulare e permette la trasmissione di informazioni tra cellule.

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Figura 1.5: Esempio di Stimolazione Magnetica Transcranica

1.3 Principi di funzionamento dello stimolatore TMS

Il nucleo dello stimolatore TMS è il circuito che aziona la bobina che a sua volta produce l'impulso di stimolazione magnetica applicato al paziente. Tale circuito comprende un ali- mentatore, un capacitore e un interruttore ad alta potenza, controllato da un processore, programmato da un tecnico specializzato.

Gli stimolatori, basandosi sulla produzione di un campo magnetico variabile, tale da in- durre una corrente nel tessuto corticale, vengono realizzati sui principi classici dei circuiti LC.

Poiché la stimolazione dei tessuti è dovuta ad una corrente indotta di sufficiente intensità̀

che a sua volta è proporzionale alla velocità con cui varia il flusso del campo magnetico, è

importante progettare il circuito per ottenere la dB/dt desiderata.

Comunemente gli stimolatori magnetici utilizzano bobine con resistenze inferiori a 1 ohm. Questa impedenza caratteristica molto bassa rende gli stimolatori suscettibili alla per- dita di energia e al surriscaldamento dei componenti. Inoltre, gli elementi neurali stimolati, che presentano assoni mielinizzati, si comportano da capacitori non in grado di mantenere

(23)

la carica, essendo caratterizzati da tempi scarica dell'ordine di poche centinaia di microse- condi con la conseguenza che all'aumentare della durata della stimolazione ne diminuisce l'efficienza, in quanto parte della carica viene dissipata nel tempo in cui si esaurisce l'impulso.

L'efficienza della stimolazione si massimizza pertanto aumentando le tensioni e riducendo la durata degli impulsi.

1.3.1 Tipologie di circuiti

Il circuito di base di un sistema TMS, come detto, riflette lo schema LC con qualche aggiunta funzionale: un generatore.

Figura 1.6: Circuito standard di un macchinario per la TMS

Sono infatti presenti: l’interruttore, la bobina di stimolazione rappresentata come indut- tanza ed il condensatore, formato da due armature di metallo separate da un dielettrico, sulle quali viene immagazzinata carica elettrica ed energia (che tipicamente nell’applicazione della TMS raggiunge migliaia di volt) secondo la relazione:

𝐽9 =1

2𝐶𝑉8 (1.6)

Il generatore rifornisce di energia il circuito oscillante e l’induttanza genera il campo elet- tromagnetico necessario a seguito delle oscillazioni.

Il modello semplificato è adatto per illustrare i concetti di base ma nella realtà il funzio- namento della TMS è affidato a circuiteria più complessa, in grado di produrre livelli elet- tromagnetici distribuiti su una o più fasi Al di là di questo modello semplificato, che bene si presta a mostrare il concetto di funzionamento della TMS, si possono distinguere due circuiti

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più complessi che stanno alla base di due tipologie di stimolazione diverse: lo stimolatore monofasico e lo stimolatore bifasico.

Gli impulsi TMS "bifasici" possono essere visti come due impulsi monofasici di direzioni opposte, ciascuno stimolante un diverso insieme di neuroni con valori di soglia diversi. Al raggiungimento del valore di soglia di una fase, quella inversa dell’impulso originario ne aumenta il valore. Ne consegue che la stimolazione bifasica induce stimolazioni più “forti”

rispetto alla monofasica coinvolgendo un maggiore numero di neuroni.

Figura 1.7: Circuito di uno stimolatore monofasico

Lo stimolatore monofasico in sintesi comprende un generatore di carica ad alto voltaggio, che viene utilizzata per caricare un condensatore elettrolitico; la presenza del diodo blocca e mantiene positiva la tensione ai capi del condensatore stesso. La bobina, il circuito di trigger e la resistenza, rappresentante quella dell’intero sistema, completano la struttura del circuito.

La sequenza funzionale è la seguente: il generatore provvede alla carica iniziale del con- densatore; si alimenta il circuito di innesco che, agendo sul gate del diodo SCR4, consente il passaggio di corrente nel circuito. Una volta che la corrente arriva al massimo e comincia l’inversione di polarizzazione, il diodo comincia a condurre e l’energia viene dissipata attra- verso la resistenza e innescando la risonanza. Al termine del ciclo il condensatore deve essere nuovamente caricato per ottenere l’impulso successivo. Questo tipo di circuito viene utiliz- zato in particolare per le stimolazioni a singolo impulso in quanto poco efficiente.

4 SCR (Silicon Controlled Rectifier) o tiristore è un componente elettronico, dal punto di vista elettrico, pressoché equivalente al

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Diverso è il funzionamento dello stimolatore bifasico. Si utilizza nelle applicazioni che neces- sitano di una rapida ricarica del condensatore e brevi intervalli temporali tra un impulso e il successivo. Il circuito dello stimolatore bifasico differisce dal monofasico in quanto la pre- senza del diodo b consente la ricarica del condensatore anche quando si inverte il ciclo di risonanza. passaggio di corrente anche in verso opposto nella seconda bypassando il blocco dell’SCR.

Figura 1.8: Circuito di uno stimolatore bifasico

Un vantaggio di questo design è che l’energia viene restituita al condensatore dalla metà del ciclo. Inoltre, alla fine del ciclo si ha una tensione residua pari al 50-80% dell’originale, il che riduce la potenza totale richiesta e la durata minima dell'intervallo di inter-impulso.

Ecco perché il bifasico è il design più utilizzato per la rTMS, particolare tecnica di stimo- lazione di cui si parlerà in seguito.

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2 Bobine e tipologie di stimoli

2.1 Circular and Figure 8 coils

Un aspetto fondamentale della strumentazione per la TMS è la bobina (coil), composta generalmente da avvolgimenti di rame ben serrati all’interno di un involucro di plastica. I fili degli avvolgimenti, hanno uno spessore tale da ridurre al minimo le perdite dovute a fenomeni di resistività e di riscaldamento. La bobina è l’unica parte dello stimolatore ma- gnetico che entra direttamente in contatto con il paziente; è tenuta parallelamente allo scalpo e, dopo aver generato un campo magnetico, induce una corrente nel cervello, che stimola il tessuto neuronale.

Le bobine possiedono diverse geometrie e dimensioni, parametri che determinano la fo- calità del campo magnetico, la corrente indotta, l’ampiezza dell’area stimolata e la profon- dità dell’azione.

Le due tipologie più utilizzate sono: la bobina circolare e la bobina a 8 o a farfalla.

La prima gode di un diametro esterno di 8-15 cm, in cui sono contenute 5-20 spire di filo e permette di effettuare stimolazioni su aree molto ampie. La variazione di corrente nel coil raggiunge valori massimi vicino ai bordi esterni della bobina risultando pressoché nulla al centro inducendo un flusso di corrente circolare. Questa tipologia di bobina permette una buona penetrazione nella corteccia; se posizionata in corrispondenza della zona di separa- zione dei due emisferi, si ha una discreta stimolazione di ambo i lati pur perdendo in focalità.

L’intensità del campo magnetico è infatti massima sotto l’anello e quasi nulla in altre zone e per questo motivo risulta inadatta ad applicazioni in cui la zona di interesse è di dimensioni modeste e precisamente localizzata.

Per migliorare la precisione sono stati introdotte bobine a “figura di otto”, anche definiti coil a farfalla, composti da due spire rotonde affiancate che generano corrente nella stessa direzione. In questo modo si ottiene un campo magnetico centrale più intenso e localizzato a scapito dell’ampiezza dell’area stimolata, come visibile dalla figura 2.1.

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Figura 2.1: Comparazione dei campi generati da diverse bobine TMS

2.2 H-coils

Dalla necessità di stimolare regioni profonde del cervello deriva lo sviluppo di una nuova tipologia di bobine che prende il nome di Hesed-coil (o H-coil) (Figura 2.2). Caratteristica ricercata in questi avvolgimenti è una diminuzione più lenta del campo elettrico, in funzione della distanza, rispetto ai coils a farfalla (Zangen, et al., 2005).

Gli H-coils pur presentando una dimensione maggiore rispetto alle bobine convenzionali per la TMS (figure-8 e circolare) possiedono una complessa struttura tridimensionale che permette di minimizzare le componenti non tangenziali e rallentare il decadimento del campo elettrico con la distanza, (Fiocchi, et al., 2016) superando i limiti delle bobine di

“grandi dimensioni” che normalmente sono meno direttive e producono effetti indesiderati quali la stimolazione indiretta (o collaterale) di muscoli e nervi inducendo dolori e fastidi al paziente.

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Figura 2.2: Geometria di un H-coil

Numerosi studi dimostrano che l’attivazione ottimale si ottiene quando il campo è orien- tato nella stessa direzione delle fibre nervose, pertanto gli orientamenti progettuali delle bo- bine sono mirati alla generazione di un campo idoneo e coerente con l’orientamento dei neuroni target.

Tuttavia ai vantaggi degli H-Coils si contrappongono alcuni svantaggi, primo fra tutti la diminuzione nella focalità della stimolazione ma, per il momento, gli H-Coils rappresentano il miglior compromesso tra profondità e focalità raggiunte rispetto a bobine a farfalla o cir- colari.

2.3 Tipologie di stimoli

Nel corso degli anni sono stati sviluppati diversi metodi di stimolazione TMS che hanno reso la tecnica estremamente utile e applicabile a una varietà di ambiti differenti tra loro. A seconda delle necessità e del tipo di studio che si vuole effettuare, possiamo ricorrere a diversi tipi di stimolazione; ad oggi, i più utilizzati sono la TMS a singolo impulso, a doppio impulso o ripetuta (Hardy, et al., 2016).

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2.3.1 TMS a singolo impulso

Il primo metodo di stimolazione utilizzato è stato quello a singolo impulso e prevede la ge- nerazione di un unico impulso indirizzato su una zona cerebrale. Questa stimolazione si utilizza quando si vogliono indagare le risposte istantanee e determinare l’esatto momento in cui una precisa area reagisce allo stimolo. Tutto ciò è reso possibile dall’elevata risoluzione temporale, inferiore al secondo, che tale metodologia offre.

Ambiti tipici di applicazione sono lo studio del sistema motorio, per individuare eventuali lesioni, demielinizzazioni o per lo studio di altri danni legati a malattie quali il morbo il Par- kinson.

La TMS può essere utilizzata anche in ambiti diversi dallo studio del sistema motorio, per esempio, viene utilizzata per mappare l’estensione delle varie aree corticali.

2.3.2 TMS a doppio impulso

Un secondo metodo di applicazione prevede un doppio impulso, costituito da uno stimolo di condizionamento, sotto soglia, seguito da uno stimolo di test sopra soglia (+10% / +30% rispetto al valore soglia5), attraverso la stessa bobina; i due segnali sono separati da un intervallo di durata che varia da 1 a 20 ms, ma diretti alla stessa area corticale.

La TMS a doppio impulso (paired pulse o ppTMS) prevede la presentazione accoppiata di uno stimolo condizionante sotto-soglia seguito (con un certo intervallo di tempo) da uno stimolo sopra-soglia. La risposta a questa coppia di stimoli può essere aumentata (facilita- zione), o diminuita (inibizione), a seconda dell’intervallo temporale tra gli stimoli (Inter Sti- mulus Interval, ISI). Se gli intervalli tra i due impulsi sono molto brevi, o molto lunghi, si ottiene un effetto inibitorio, sulle funzioni cerebrali mentre la facilitazione delle risposte viene ottenuta impiegando intervalli intermedi infatti con periodi refrattari tra i due stimoli più lunghi (tra i 7 e i 12 ms) e a parità di intensità, lo stimolo condizionante attiva meccanismi facilitatori, eccitando l’area studiata.

La ppTMS viene soprattutto applicata allo studio delle funzioni inibitorie ed eccitatorie di circuiti cerebrali: principalmente utilizzata in ambito clinico, tale metodologia, è uno stru- mento fondamentale nella guida alla scelta della cura farmacologicamente più adatta, in

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quanto è in grado di mostrare come i diversi farmaci agiscano su differenti zone della cor- teccia motoria.

Va inoltre ricordato che, la stimolazione a doppio impulso, può essere applicata anche a livello del cervelletto o lungo diversi complessi nervosi, permettendo lo studio del sistema motorio a più livelli.

2.3.3 TMS ripetitiva

L’ultima tipologia di TMS elencata è quella ripetuta, detta anche rTMS. Questa prevede l’applicazione di treni di impulsi, tutti alla stessa frequenza ed intensità, con intervalli tra gli stessi di circa 50 ms, applicati per lunghi periodi, dalla durata variabile dai 20 ai 30 minuti, tutti sulla stessa area cerebrale. La peculiarità di questa tecnica è la permanenza degli effetti, che possono essere eccitatori o inibitori, come per la ppTMS, per un periodo di tempo che si protrae oltre la fine dell’applicazione del treno stesso. Anche in questo caso gli effetti regi- strati non sono univoci, ma variano a seconda del soggetto e dei parametri caratterizzanti il treno. Generalmente la frequenza sembra essere il parametro chiave infatti, frequenze più alte (20 Hz) determinano un aumento dell’eccitabilità neuronale, quelle basse (circa 1 Hz), invece, determinano effetti duraturi e consistenti (Cappa, et al., 2002).

La TMS ripetuta può essere effettuata in due differenti modalità: online o offline. Nella rTMS online, durante la somministrazione dei treni di impulsi, viene chiesto al soggetto di effettuare un compito; nel secondo caso, invece, la stimolazione precede di qualche minuto l’esecuzione del compito stesso, sfruttando, appunto, la capacità di influenzare, per un pro- lungato intervallo di tempo, l’area cerebrale di interesse. Uno svantaggio della rTMS risiede proprio nella sua ripetitività e nelle alte frequenze utilizzate, che possono causare dolore e fastidio, a differenza della TMS a singolo impulso, che non viene avvertita dal paziente. Fra tutte le tecniche è sicuramente quella che ha ancora più margine di sviluppo.

2.3.4 Applicazioni

La TMS ha dimostrato applicabilità in diversi ambiti, in funzione sia dei parametri di stimolazione adottati che delle zone cerebrali coinvolte dal trattamento, come confermato anche dalle numerose attività di sperimentazione condotte in tutto il mondo. Importanti successi, confermati nel 2008 della Food and Drug Administration americana in merito al

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trattamento di pazienti verso i quali la terapia farmacologica convenzionale ha registrato un fallimento, si sono registrati nel trattamento di pazienti affetti da depressione unipolare.

In generale comunque l’efficacia della tecnica si può estendere ad una grande varietà di disturbi neurologici e psichiatrici.

L’indebolimento dell’eccitabilità corticale o interazioni alterate tra le strutture corticali e sub corticali possono causare disordini neurologici che conducono a disturbi di svariato tipo e gravità; la stimolazione può pertanto essere utilizzata anche a fini diagnostici e non solo prettamente terapeutici monitorando le reazioni al trattamento.

Il potenziale terapeutico invece si basa sul fatto che l’accresciuta eccitabilità corticale si mantiene nel tempo per periodi molto più lunghi rispetto all’effettivo ciclo di stimolazione e infatti si è registrata una diminuzione dei tempi di reazione in determinati compiti di coor- dinazione motoria e un significativo miglioramento nelle funzioni motorie nei pazienti affetti da morbo di Parkinson.

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3 Patologie neuropsichiatriche

3.1 La Psicosi Depressiva

La depressione è una patologia psichiatrica, caratterizzata da episodi di sofferenza emo- tiva, profonda tristezza, ridotta quantità di energia psichica e perdita di interesse nelle co- muni attività piacevoli. Le persone che soffrono di tale condizione sperimentano uno stato di desolazione, smarrimento e sviluppano pensieri profondamente negativi circa sé stessi, il proprio futuro e coloro che li circondano. È una malattia invalidante, che coinvolge la sfera affettivo-relazionale e cognitiva, comportando un disadattamento alla vita familiare, al la- voro, allo studio, alle abitudini alimentari, al sonno. La depressione fa parte dell’insieme dei disturbi dell’umore, tra i quali ricordiamo il bipolarismo. Tutte queste malattie derivano da una serie di circuiti cerebrali chiamati loop cortico-striatali, che possono essere manipolati con uno specifico tipo di stimolazione elettrica per portare sollievo ai pazienti. I circuiti ce- rebrali collegano la corteccia sulla superficie del cervello a una regione interna, evolutiva- mente vecchia e profonda, chiamata striato. Secondo gli scienziati questo sistema va in “di- storsione” in persone con disturbi psichiatrici, implicando rigidità e pensiero bloccato da circoli viziosi, causando una condizione di sofferenza nel controllo del comportamento. La cura che si tenta di trovare consiste in un metodo che sia in grado di fermare tali circoli viziosi, comportandone il bloccaggio o la definitiva rottura.

La depressione pertanto causa un’alterazione neurofisiologica su diverse zone cerebrali.

Il cervello di un soggetto depresso è molto meno “attivo” di quello di un soggetto sano. Pos- siamo osservare questa discrepanza in Figura 3.1, dove sono riportate le immagini Positron Emission Tomography (PET) di due cervelli, rispettivamente propri di un soggetto patologico e di uno non patologico.

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Figura 3.1 - Scansione PET: differenze nei livelli di ossigeno, glucosio e irrora- zione sanguigna tra soggetto normale e depresso

La depressione trova le sue cause, oltre che in situazioni di disagio indotte da eventi trau- matici nella vita sociale quali lutti, disgrazie o eventi negativi, in fattori genetici e/o biologici che comportano alterazioni a livello neurotrasmettitoriale, ormonale e nel sistema immuni- tario (Stopani, 2018).

Ad esempio, con la variazione della trasmissione degli impulsi nervosi, saranno variabili l’iniziativa del soggetto, il sonno e le interazioni con gli altri. Dei circa 30 neurotrasmettitori che sono stati identificati, i ricercatori ne hanno evidenziati tre che potrebbero avere rela- zioni con lo sviluppo della depressione: la serotonina, la noradrenalina e la dopamina. Si ritiene, infatti, che la psicosi depressiva sia provocata proprio dalla diminuzione della sintesi cerebrale di questi neurotrasmettitori.

Nella Figura 3.2 sono riportate le relazioni tra serotonina, noradrenalina e dopamina e i diversi umori umani.

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Figura 3.2 – I mediatori chimici coinvolti nella depressione:

relazione tra neurotrasmettitori e umore 3.1.1 Conseguenze della Depressione e Trattamenti

Numerosi studi hanno confermato che la depressione non correttamente individuata e curata, con il passare degli anni, comporta mutamenti cerebrali evidenti. Per questo motivo è stata accostata a patologie neurodegenerative come l’Alzheimer e il Parkinson.

Assimilando la depressione ad una “infiammazione” cerebrale e studiandone le evolu- zioni attraverso la tecnologia di visualizzazione del cervello PET, gli studiosi hanno osservato un netto aumento della infiammazione in un arco decennale di sofferenze per depressione e la cosa porta a ritenere la malattia non statica, ma progressiva.

I tre trattamenti tradizionali per la depressione sono la psicoterapia, la somministrazione di psicofarmaci e la sollecitazione elettrica del cervello.

Negli ultimi anni hanno avuto grande successo la stimolazione magnetica transcranica (TMS) o la stimolazione cerebrale profonda (DBS). Questo tipo di trattamento è pensato ad

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integrazione delle terapie farmacologiche, potenziandone i risultati, o come sostituto della terapia elettroconvulsiva per i pazienti particolarmente resistenti agli psicofarmaci.

Questo tipo di trattamento è pensato come integrante le terapie farmacologiche o come sostituto della terapia elettroconvulsiva per i pazienti particolarmente resistenti ai soli tratta- menti con psicofarmaci. Grazie al supporto della TMS, molte terapie farmacologiche risul- tano accelerate nei loro risultati. Per quanto riguarda, invece, proprio i farmaci di cui ci si serve per contrastare la depressione, marchiamo il fatto che il loro scopo sia quello di au- mentare la disponibilità di noradrenalina e serotonina ai terminali nervosi cerebrali del pa- ziente malato. Questi trasmettitori accrescono il senso di benessere del soggetto, inducendo sentimenti di felicità e soddisfazione, e garantendo l’equilibrio psicomotorio (Guyton & Hall, 2017). Non sempre l’esclusivo trattamento con farmaci garantisce la guarigione dell’affetto da depressione, infatti tale tipo di cura è efficace solo per circa il 70% dei pazienti.

3.1.2 il Morbo di Alzheimer

La malattia di Alzheimer è una patologia neurodegenerativa, progressiva ed irreversibile, che colpisce il cervello. Nell'anziano, rappresenta la più comune forma di demenza, intesa come una progressiva perdita delle funzioni cognitive ed influisce, infatti, sulle capacità di una persona di portare a termine le più semplici attività quotidiane, andando a colpire aree cerebrali che controllano funzioni come la memoria, il pensiero, la parola.

Il declino progressivo delle funzioni intellettive porta, nel malato di Alzheimer, ad un conseguente peggioramento della vita di relazione, dovuto alla perdita di controllo delle pro- prie reazioni comportamentali ed emotive. Negli stadi finali della malattia sopraggiunge la perdita dell'autonomia.

Attualmente non vi è ancora una cura definitiva per questa malattia, tutti i farmaci dispo- nibili sono solamente in grado di rallentarne il decorso, quindi di permettere al malato di conservare più a lungo le funzioni cognitive.

Ad oggi, 24,2 milioni di persone sono colpite da demenza e ogni anno si contano 4,6 milioni di nuovi casi: il 70% di questi è attribuibile ad Alzheimer. L'incidenza aumenta con l'età e - a causa dell'invecchiamento della popolazione nei Paesi più sviluppati e dell'aumento dell'aspettativa di vita in quelli emergenti - il morbo di Alzheimer sta diventando un pro- blema crescente in tutto il mondo.

Fattori di rischio significativi sono l'età, il corredo genetico, la storia medica, lo stile di vita

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Figura 3.3. Lesioni provocate dal Morbo di Alzheimer

Sezione coronale di encefalo: differenze tra encefalo normale ed encefalo af- fetto da AD

A livello macroscopico si può osservare nel morbo di Alzheimer un grado variabile di atrofia (riduzione della massa dei tessuti od organi) corticale, caratterizzata da ingrandimento dei solchi parietali, più accentuato nei lobi frontali, temporali e parietali.

Il morbo di Alzheimer, inoltre, presenta anche alterazioni microscopiche, conosciute come placche senili extracellulari e ammassi neurofibrillari intracellulari.

Nel morbo risulta alterato l’equilibrio dei neurotrasmettitori, sostanze che veicolano le informazioni fra i neuroni, attraverso la trasmissione sinaptica.

Le alterazioni dei sistemi neurotrasmettitoriali e del meccanismo di trasduzione del se- gnale nel cervello di individui colpiti da morbo di Alzheimer, sono molto complesse. Uno dei sistemi che risulta alterato, riguarda il sistema di segnalazione colinergico6, che vede coinvolto il neurotrasmettitore acetilcolina7. È stato infatti dimostrato che individui colpiti da morbo di Alzheimer presentano una ridotta trasmissione colinergica a livello della cor- teccia e dell'ippocampo, importanti aree cerebrali deputate a fenomeni quali apprendimento e memoria.

6 Colinergico: In medicina, che fa riferimento al meccanismo d’azione dell’acetilcolina, mediatore chimico che si libera a livello delle terminazioni di molte fibre nervose e che stimola particolari recettori cellulari in organi ghiandolari o a struttura muscolare liscia.

7 La molecola della acetilcolina è uno dei neurotrasmettitori più importanti. È responsabile della trasmissione nervosa sia a livello di sistema nervoso centrale sia di sistema nervoso periferico nell'uomo. Nel corso della storia dell'uomo è stata il primo neurotrasmettitore ad essere scoperto.

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È stato dimostrato che la stimolazione magnetica transcranica giova ai pazienti affetti da Malattia di Alzheimer per contrastare la perdita di memoria. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica NeuroImage, ha rilevato un miglioramento del 20 percento della memoria in pazienti trattati con sedute di stimolazione del cervello attraverso questa metodica.

Volendo stimolare la funzione della memoria, i ricercatori dell’IRCCS Santa Lucia sono andati ad agire su una particolare rete neurale, il default mode network, che è un’area collocata in una posizione centrale e relativamente profonda del cervello altamente connessa con l’ip- pocampo, altra regione da sempre sotto forte osservazione quando si parla di malattia di Alzheimer e problemi di memoria”. Il default mode network influenza inoltre la nostra con- sapevolezza dell’ambiente e della situazione in cui ci troviamo in un determinato momento.

Accanto allo studio dei sui effetti neuroriabilitativi, il gruppo di ricerca dell’IRCCS Santa Lucia si sta concentrando sull’utilizzo della TMS come biomarcatore dell’Alzheimer, ovvero come strumento per rilevare in modo precoce segnali della malattia. Le due metodiche oggi più diffuse per la diagnosi sono il prelievo del liquido cerebrospinale mediante ricovero e puntura lombare oppure l’esame con PET ma le stesse sono costose o invasive. La TMS si pone anche come valida alternativa diagnostica a basso costo attraverso l’invio di impulsi al cervello in modo isolato e puntuale è possibile ottenere i livelli di connettività cerebrale della persona in base a precise informazioni neurofisiologiche e quindi rilevare scostamenti dalle funzioni cerebrali di un soggetto sano.

3.1.3 Disturbo post-traumatico da stress (PTSD)

Il disturbo post-traumatico da stress (PTSD) è un disturbo d'ansia invalidante caratteriz- zato da sintomi quali pensieri intrusivi, ipervigilanza, flashback, incubi, disturbi del sonno, intorpidimento emotivo, che si può sviluppare in seguito all'esposizione ad un evento stres- sante e traumatico. Tale disturbo è difficile da trattare e i suoi sintomi risultano persistenti e comportano difficoltà sociali, lavorative e interpersonali. Diversi studi con tecniche di neu- roimmagine funzionale riportano un aumento del flusso di sangue o del metabolismo nelle strutture corticali frontali, paralimbiche e limbiche dell'emisfero destro quando viene rievo- cato l'evento associato con i sintomi (Shin & Rauch, 2004). La stimolazione magnetica trans- cranica ripetitiva a bassa frequenza apporta effetti benefici normalizzando la iperattività me- tabolica frontale e paralimbica.

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I pazienti tollerano bene la stimolazione senza particolari effetti collaterali. Dopo un sin- golo trattamento con TMS a bassa frequenza, i pazienti affetti da PTSD riportano grandi miglioramenti nei sintomi centrali del disturbo, sebbene transitori.

In uno studio più recente viene investigato il ruolo dell'utilizzo di frequenze maggiori di stimolazione (Boggio, et al., 2010), analizzano l'effetto di rTMS a 20 Hz sulla corteccia pre- frontale dorsolaterale destra o su quella sinistra utilizzando una bobina a figura di otto. Per misurare i sintomi da PTSD si utilizzano scale di valutazione quali la PTSD Checklist, la Treatment Outcome PTSD, la Hamilton Anxiety Rating Scale e la Hamilton Depression Rating Scale. In aggiunta viene condotta una serie di test neuropsicologici per verificare eventuali effetti dannosi sulla cognizione. Attraverso l'analisi dei valori della PTSD Checklist, si osserva che sia la rTMS destra che quella sinistra inducono una significativa riduzione nei sintomi.

Nei test cognitivi infine, i gruppi sottoposti a rTMS attiva incrementano notevolmente le performance. Lo studio dimostra quindi che la stimolazione sia della corteccia prefrontale dorso laterale destra che di quella sinistra ha effetti benefici sui sintomi del disordine post- traumatico da stress. Il dato più interessante è che la stimolazione destra si associa a miglio- ramenti più marcati in confronto a quella sinistra, che tuttavia risulta più efficace nell'ambito della depressione.

3.1.4 TMS in ambito operatorio

In ambito operatorio invece, la TMS può essere anche utilizzata nella valutazione preo- peratoria di specifiche aree cerebrali e per il monitoraggio intraoperatorio delle funzioni cor- ticospinali nel tratto motorio, allo scopo di facilitare le procedure chirurgiche.

Durante il planning preoperatorio, è necessario qualche volta, al fine di minimizzare il rischio di deficit post operatori, identificare l’emisfero linguistico dominante, localizzare l’area del linguaggio o l’area motoria che potrebbe essersi spostata a causa della compres- sione dovuta a lesioni intracraniche o intracerebrali. L’imaging funzionale (risonanza ma- gnetica) potrebbe essere utile in questo caso; tuttavia, tale tecnica può solamente fornire delle immagini delle aree cerebrali associate a un determinato comportamento, non riuscendo però a stabilirne una relazione causale. La combinazione tra la MRI e la TMS può fornire questa informazione.

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3.1.5 Applicazione congiunta con altre metodiche

La TMS può essere utilizzata in concomitanza con altri strumenti al fine di integrare le risposte ed ottenere informazioni più approfondite riguardo l’area di interesse.

Per ottenere informazioni funzionali viene generalmente associata a: Risonanza magne- tica per immagini (MRI), tomografia a emissione di positroni (PET) ed elettroencefalografia (EEG). Queste tecniche di imaging funzionale possono essere applicate prima, durante o dopo la TMS.

L’applicazione di tali tecniche previa stimolazione, permette di identificare, con preci- sione, le zone che dovranno poi essere investite con i campi indotti dalla bobina, e, di conse- guenza, saranno di supporto per determinare il corretto posizionamento della strumenta- zione per TMS. La contemporanea applicazione delle due tecniche, invece, permette di de- terminare gli effetti della TMS in tempo reale, mentre, l’applicazione postuma, consente di valutare gli effetti a lungo termine che la stimolazione ha avuto sull’area cerebrale studiata.

Tra le cooperazioni citate, è bene spendere qualche parola in merito alla combinazione TMS+EEG. L’elettroencefalogramma mostra l’effettiva attività neuronale e permette di di- stinguere fenomeni facilitatori ed inibitori. L’unione di queste due tecniche fornisce un’ot- tima risoluzione temporale, dell’ordine dei millisecondi, con conseguenti informazioni simul- tanee sull’attività cerebrale della regione sottostante. Questa combinazione viene spesso im- piegata per il calcolo del periodo silente. Nonostante i numerosi benefici apportati della si- nergia delle tecniche si presenta il rischio di creare artefatti che risulteranno, poi, ulterior- mente evidenziati dai necessari amplificatori di segnale, fondamentali per rilevare i deboli segnali EEG dell’ordine di qualche centinaio di μV.

La combinazione TMS+fMRI garantisce, invece, un’elevata risoluzione spaziale e forni- sce informazioni circa le dinamiche neuronali

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4 Sviluppo del modello numerico

Il seguente capitolo costituisce il fulcro dell’intera trattazione, nel quale verranno esami- nati in dettaglio tutti i procedimenti svolti per arrivare ai risultati finali, cercando di limitare, per quanto possibile, ogni tipo di errore.

Si passa da una prima descrizione di Sim4life, programma usato per le simulazioni sul corpo umano, concentrandoci in particolare sul modello anatomico e sulla bobina, fino ad arrivare ad una analisi iniziale dei dati ottenuti, percorrendo una serie di operazioni volte a migliorare le simulazioni e la conoscenza in toto della stimolazione magnetica transcranica.

4.1 Sim4Life

Sim4Life è una rivoluzionaria piattaforma di simulazione che combina modelli anatomici realistici con solutori di fisica e avanzati modelli dei vari tessuti che li compongono, utile per analizzare i fenomeni biologici reali e i complessi strumenti tecnici in un ambiente realistico.

4.1.1 Modelli anatomici

Al centro di Sim4Life c'è un set completo di fantocci umani che vengono utilizzati, ac- canto ai risolutori, per testare l'efficacia e la sicurezza di dispositivi e trattamenti medici, e integrando le sperimentazioni cliniche.

Figura 4.1: Virtual Population di Sim4Life

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Name Sex Age [year] Height[m] Weight[kg] BMI[kg/m²]

Glenn male 84 1.73 61.1 20.4

Fats male 37 1.82 119 36

Duke male 34 1.77 70.2 22.4

Jeduk male 33 1.62 64.5 24.6

Ella female 26 1.63 57.3 21.6

Yoon-sun female 26 1.52 54.6 23.6

Louis male 14 1.68 49.7 17.6

Billie female 11 1.49 34.0 15.3

Eartha female 8 1.36 29.9 16.2

Dizzy male 8 1.37 25.3 13.5

Thelonious male 6 1.16 18.6 13.8

Roberta female 5 1.09 17.8 14.9

Nina female 3 0.92 13.9 16.4

Charlie female 8 weeks N/A 4.3 N/A

Pregnant woman I N/A 3 months (*) N/A 0.015 N/A Pregnant woman II N/A 7 months (*) N/A 1.4 N/A Pregnant woman III female 9 months (*) N/A 2.7 N/A

(*) in utero

Tabella 4.2: i modelli anatomici umani di Sim4Life

I modelli anatomici presenti in Sim4Life, rappresentano una vasta libreria di phantoms 3D, basati su CAD ad alta risoluzione; la virtual family comprende uomini donne e bambini di varie età e di varia corporatura, le cui immagini sono state acquisite tramite risonanza ma- gnetica. Si tratta di modelli di corpo intero ad alta risoluzione, eventualmente posizionabili, per la modellazione e la simulazione biofisica e biomedica, comprese le valutazioni della sicurezza degli impianti medici. Questi modelli includono più di 120 caratteristiche anato- miche e più di 300 tessuti. Tutti i tessuti sono collegati ad un database delle proprietà fisiche che viene costantemente aggiornato.

Il formato CAD degli organi consente il meshing (magliatura del modello) a precisione ar- bitraria, senza perdita di dettagli, grazie a tecniche di campionamento ripetuto.

Per questo studio si è scelto di utilizzare il modello anatomico di Duke, un uomo di 34 anni, normo peso, Costituito da circa 200 organi e 80 diversi tessuti: a livello pratico ci ser- viremo soltanto della testa e di parte del collo.

Sim4Life consente di variare qualsiasi parametro fisiologico, al fine di adattare al meglio la simulazione e ottenere risultati specifici. In questo caso, l’unica caratteristica alla quale saranno apportate delle modifiche sarà il valore della conducibilità della pelle in quanto, come di seguito illustrato, tali grandezze sono le variabili di maggiore interesse scientifico poiché in grado di influenzare significativamente le risposte fisiologiche ai campi elettroma-

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4.2 Proprietà dielettriche della pelle

E’ stato evidenziato che il campo elettrico tende a variare di molto se diretto ortogonal- mente a mezzi con conducibilità differenti, per quanto riguarda lo studio della TMS, la dif- ferenza di conducibilità di cui bisogna tener conto è quella tra l’aria e la pelle, infatti proprio questo contrasto è quello che tende ad attenuare maggiormente il campo elettrico indotto dalla bobina.

L’ampio range di valori usati per la conducibilità della pelle in questo studio è dovuto in parte alla mancanza di un’accurata conoscenza delle proprietà dielettriche della pelle spe- cialmente in corrente continua o in intervalli di stimolazione a bassa frequenza, fino ai 10 kHz, (De Santis, et al., 2015).

4.2.1 La pelle

La pelle è un organo essenzialmente protettivo, costituito da strati multipli di tessuti epi- teliali. In particolare, la pelle è composta da uno strato esterno, l’epidermide, e da due strati più interni, il derma e l'ipoderma.

L’ epidermide, a sua volta, è suddivisa in più strati; lo strato più superficiale, chiamato strato corneo, è costituito da cellule morte (corneociti) e ha lo spessore di circa 15 μm.

Figura 4.3: Struttura della pelle

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Figura 4.4: Struttura dell’epidermide.

Il derma e l’ipoderma contengono collagene, elastina, vasi sanguigni e linfatici, nervi, peli e ghiandole (figure 4.3 e 4.4). Il tutto è racchiuso in sostanza gelatinosa, ricca di acqua, mu- copolisaccaridi, enzimi ed elettroliti.

La robusta struttura istologica della pelle attenua l'effetto di traumi e si oppone all'inva- sione di agenti esterni. Una funzione protettiva viene svolta anche dalle secrezioni cutanee:

il sebo ammorbidisce lo strato corneo, mentre il sudore e l'evaporazione regolano la disper- sione del calore e la temperatura corporea e, inoltre, eliminano anche una parte delle scorie organiche (urea) ma tutto ciò influenza la permettività̀ dielettrica della pelle e di conseguenza le risposte ai campi elettromagnetici. La pelle ha un’impedenza elettrica variabile in dipen- denza soprattutto dalla idratazione dello strato corneo; si riscontra inoltre che, rimuovendo progressivamente lo strato corneo, la resistenza diminuisce e la capacità aumenta. Le pro- prietà elettriche della pelle risultano pertanto estremamente variabili, non soltanto tra indi- vidui diversi ma anche per uno stesso individuo in differenti condizioni.

4.3 Modello bobina

Nel capitolo 2 è stata fatta un’ampia presentazione dei vari tipi di coil utilizzati per la stimolazione magnetica transcranica, spiegando tutti i pro e i contro delle varie geometrie.

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