UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAMERINO
Facoltà di Farmacia
Corso di Laurea Specialistica in Farmacia
Dipartimento di Biologia Molecolare,Cellulare e Animale
FANS, COXIB E CINODs (“COX INHIBITING NITRIC OXIDE DONORS”): PRESENTE E FUTURO
DELLA TERAPIA ANTIINFIAMMATORIA.
Tesi Compilativa di Laurea in Biochimica-Biochimica Applicata
LAUREANDO:
RELATORE:
Santillo Matteo Prof. Marmocchi Franco
- Sommario -
1. Introduzione... 3
2. Tappe della cascata dell’acido arachidonico... 8
3. PGH-Sintasi (PGHS) / Cicloossigenasi (COX)... 10
4. Farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS)... 21
5. FANS selettivi COX-2: COXIB... 26
6. Indicazioni terapeutiche di FANS / COXIB... 33
7. Reazioni avverse di FANS non selettivi e COXIB: tossicità gastrointestinale... 36
8. Reazioni avverse di FANS non selettivi e COXIB: tossicità renale... 42
9. Reazioni avverse di FANS non selettivi e COXIB: tossicità epatica... 44
10. Reazioni avverse di FANS non selettivi e COXIB: sicurezza cardiovascolare... 45
11. Ossido nitrico (NO): proprietà gastroprotettive, antiinfiammatorie ed antiaggreganti piastriniche... 49
12. CINODs (“Cox Inhibiting Nitric Oxide Donors”): farmaci antiinfiammatori non steroidei donatori di ossido nitrico... 59
13. CINOD: nitro-aspirina (NCX-4016)... 64
14. CINOD: nitro-naprossene (naproxcinod)... 72
15. Conclusioni... 79
16. Bibliografia... 81
- Introduzione -
Figura 1 – I CINQUE SEGNI CARDINALI DELL’INFIAMMAZIONE: HEAT (“CALOR”), REDNESS (“RUBOR”), SWELLING (“TUMOR”), PAIN (“DOLOR”), LOSS OF FUNCTION (“FUNCTIO LAESA”).
Calor, rubor, tumor, dolor e functio laesa, ovvero “calore”, “arrossamento”,
“rigonfiamento”, “dolore” e “perdita di funzionalità”, con questi cinque segni cardinali si presenta l’infiammazione e questi stessi cinque segni cardinali già orientano sulla dimensione non trascurabile del problema di un processo infiammatorio (Figura 1).
L’infiammazione è un processo difensivo estremamente complesso che può essere innescato da un danno tissutale, da un processo infettivo, da una risposta
immunitaria o da altri fenomeni che causino infiltrazione di cellule infiammatorie.
La fase acuta dell’infiammazione rappresenta la forma iniziale di risposta al danno tissutale ed è mediata dalla produzione e/o rilascio di mediatori chimici (autacoidi) quali istamina, serotonina, bradichinina, prostaglandine (PG), leucotrieni, frammenti del complemento e di molecole di adesione, la cui produzione ed il cui rilascio rispondono alla strategia di richiamare cellule difensive e conseguentemente fattori umorali dell’immunità nella sede d’aggressione.
In questa fase del processo infiammatorio un ruolo fondamentale viene svolto dai metaboliti dell’acido arachidonico (AA) rilasciato in seguito all’idrolisi della fosfatidilcolina mediata dall’attivazione della fosfolipasi A2 (PLA2 , indotta da stimoli chimici, batterici o immunologici). L’acido arachidonico, a sua volta, può essere metabolizzato attraverso diverse vie enzimatiche, incluse la via cicloossigenasica e la via lipoossigenasica: la via della ciclossigenasi (COX) porta alla produzione di prostaglandine (PG) e trombossano (TXA2), composti che, per la presenza della struttura ciclica dell’acido prostanoico, vengono chiamati prostanoidi; la via della lipossigenasi (LOX) porta alla produzione di leucotrieni (LT). I prodotti finali dei due enzimi sono definiti collettivamente eicosanoidi, in quanto derivati di acidi grassi insaturi a 20 atomi di carbonio.
Tra i segni clinici del processo infiammatorio, dunque, si evidenziano eritema, edema, aumento della temperatura locale, iperalgesia, dolore ed alterata funzione del tessuto o dell’organo interessato dal processo infiammatorio.
L’arrossamento ed il gonfiore sono il risultato, rispettivamente, della dilatazione, mediata principalmente da PGE2 e PGI2, e dell’aumentata permeabilità dei microvasi, mediata principalmente da istamina e bradichinina; la presenza di PG vasodilatatorie, tramite un aumento del flusso sanguigno locale, può potenziare gli effetti di istamina e bradichinina nel produrre edema.
L’incremento del flusso sanguigno è responsabile anche dell’aumento di temperatura locale. La piresi, o febbre, è il risultato di un “resetting” del centro termoregolatore ipotalamico conseguente alla liberazione di pirogeni da microrganismi infettanti o da cellule infiammatorie, come ad esempio le endotossine ed i liposaccaridi dei batteri Gram-negativi e l’interleuchina-1 prodotta dai neutrofili. Numerose prove documentano che le PG sono responsabili, almeno in parte, dell’innalzamento del “set-point” della temperatura. Concentrazioni fisiologiche di PG non producono dolore ma la loro liberazione nella sede d’infezione determina un’aumentata sensibilità dei nocicettori (recettori del dolore) agli stimoli algesici (stimoli dolorifici). Le PG, in particolare la PGE2, determinano iperalgesia e riduzione della soglia del dolore aumentando la suscettibilità dei nocicettori alla stimolazione da parte di sostanze algesiche (sostanze dolorifiche) liberate durante il processo
infiammatorio, quali acidi organici, chinine ed istamina. L’intero processo può così schematizzarsi (Figura 2):
Figura 2 – CASCATA DELL’ACIDO ARACHIDONICO E BIOSINTESI DEGLI EICOSANOIDI: SI NOTINO LA CICLO OSSIGENASI (COX), LA LIPOOSSIGENASI (‐LOX), LE PROSTAGLANDINE (PG‐) ED I LEUCOTRIENI (LT‐).
L’intero processo a livello cellulare coinvolge una moltitudine di eventi e meccanismi intimamente correlati ed estremamente specifici, nonché una varietà di altri enzimi che operano sia in cooperazione sia in successione. La complessità dell’intero processo è dunque anche evidenziabile come segue mostrando la comunicazione tra piastrine e macrofagi e la tipica trasduzione del segnale nell’ambito di una reazione infiammatoria che va creandosi (Figura 3):
Figura 3 – TRASDUZIONE DEL SEGNALE IN UNA REAZIONE INFIAMMATORIA: COINVOLGIMENTO DI PIASTRINE (“PLATELET”), MACROFAGI (“MACROPHAGE”), ACIDO ARACHIDONICO (AA) E PAF (“FATTORE ATTIVANTE LE PIASTRINE”).
L’esito finale dell’infiammazione dipende dall’efficace eliminazione dell’agente patogeno, di qualunque natura esso sia: qualora questo risultato non venga rapidamente raggiunto l’ulteriore intensificarsi del processo infiammatorio conduce alla degranulazione delle cellule infiammatorie ed al rilascio di enzimi lisosomiali che possono danneggiare le cellule vicine e causare, a loro volta, la liberazione di acido arachidonico e di altri precursori che inducono la formazione e la liberazione di un gran numero di mediatori fra cui chinine, neuro peptidi, citochine, chemochine, ed altri prodotti leucocitari e piastrinici (compreso il PAF, “fattore attivante le piastrine”); la stimolazione dei neutrofili può portare, inoltre, alla formazione di radicali liberi dell’ossigeno (ROS), i quali possono a loro volta provocare ulteriore danno cellulare.
Questi eventi, contemporaneamente allo sviluppo di immunità umorale e cellulare, contribuiscono in misura fondamentale all’infiammazione cronica e sono i principali responsabili degli esiti citolesivi e dell’alterazione o perdita della funzione del tessuto o dell’organo interessato dal processo infiammatorio.
- Tappe della cascata dell’acido arachidonico -
I prostanoidi sono dunque mediatori lipidici ubiquitari che coordinano diversi processi fisiologici e patologici attraverso l’interazione con specifici recettori di membrana accoppiati alle proteine G. Essi si formano a partire dall’acido arachidonico (AA), un acido grasso essenziale che contiene quattro doppi legami (acido 5,8,11,14-eicosatetraenoico), esterificato nella seconda posizione del glicerolo di tre principali fosfolipidi di membrana: il fosfatidil-inositolo, la fosfatidil-colina e la fosfatidil-etanolamina (Figura 4).
Figura 4 – FOSFATIDILCOLINA, TIPICO FOSFOLIPIDE DI MEMBRANA.
La cascata dell’acido arachidonico, ossia la sequenza di modificazioni che dai fosfolipidi di membrana porta ai prostanoidi, può essenzialmente identificarsi in tre tappe (ovvero tre principali reazioni enzimatiche):
- nella prima tappa l’acido arachidonico viene liberato dai fosfolipidi di membrana in seguito all’interazione di stimoli di diversa natura con la membrana cellulare ovvero dall’interazione di questi stimoli (ad esempio istamina, bradichinina, interleuchina-1, fattori di crescita e trombina) con dei recettori specifici accoppiati a proteine G (GPCR, “G protein coupled receptors) le quali attivano alcune fosfolipasi (in particolare la fosfolipasi A2 , PLA2 ) che per rottura del legame estereo liberano l’acido arachidonico dal fosfolipide;
- la seconda tappa è la conversione tramite ossidazione dell’acido arachidonico a prostaglandina PGG2 e richiede l’intervento di un enzima denominato PGH- sintasi (“prostaglandin-GH-sintasi”) dotato di due contemporanee attività catalitiche, una cicloossigenasica che porta alla formazione delle prostaglandine PGG2 ed una perossidasica che riduce le prostaglandine PGG2 a prostaglandine PGH2 ; come vedremo tre isoforme dell’enzima PGH-sintasi sono state clonate e caratterizzate, ovvero la PGH-sintasi 1 (PGHS-1 o COX-1, cicloossigenasi-1), la PGH-sintasi 2 (PGHS-2 o COX-2, cicloossigenasi-2) e la PGH-sintasi 3 (PGHS- 3 o COX-3, cicloossigenasi-3);
- la terza ed ultima tappa coinvolta nella sintesi dei prostanoidi è la trasformazione della prostaglandina PGH2 nei diversi prostanoidi attraverso
una distribuzione cellulo-specifica e tessuto-specifica, tali prostanoidi così prodotti sono liberati dalle cellule per andare ad interagire con recettori specifici espressi nei diversi tessuti.
- PGH-Sintasi (PGHS) / Cicloossigenasi (COX) -
La PGH-sintasi (“prostaglandin-GH-sintasi”) o cicloossigenasi (COX) è dunque un enzima fondamentale nella cascata dell’acido arachidonico che porta alla biosintesi dei prostanoidi ed al tempo stesso risulta evidente come svolga un ruolo chiave nell’evoluzione dei processi infiammatori.
L’enzima esiste come dimero e presenta due siti attivi: uno con attività cicloossigenasica responsabile della conversione dell’acido arachidonico in PGG2 ,l’altro con attività perossidasica responsabile della riduzione delle PGG2
a PGH2 .
La reazione che dall’acido arachidonico porta a PGG2 e quindi a PGH2 procede con l’intervento di un radicale tirosinico (Tyr385) generato dal sito attivo perossidasico e di due molecole di O2 ,schematicamente come mostrato sotto (Figura 5):
Figura 5 – TRASFORMAZIONE DELL’ACIDO ARACHIDONICO IN PGH2.
In virtù della sua funzione di catalizzare la conversione dell’acido arachidonico in endoperossido prostaglandinico la cicloossigenasi è anche chiamata
“prostaglandina-endoperossido sintasi”.
La PGH-sintasi (PGHS), pertanto comunemente chiamata anche cicloossigenasi (COX) data l’attività cicloossigenasica di uno dei due siti attivi che possiede, appartiene alla famiglia delle ossidoreduttasi, enzimi che tipicamente catalizzano il trasferimento di elettroni da una molecola (detta riducente o
donatrice di idrogeno o donatrice di elettroni) ad un’altra (detta ossidante o accettore di idrogeno o accettore di elettroni).
Tre isoforme dell’enzima cicloossigenasi sono state clonate e caratterizzate, COX-1, COX-2 e COX-3, tuttavia le conoscenze più approfondite riguardano COX-1 e COX-2. La COX-3, infatti, scoperta di recente, non è ancora suffragata da evidenze sperimentali e/o cliniche tali da poterne trarre certe conclusioni circa i meccanismi in cui è coinvolta: essenzialmente la si ritiene una variante della COX-1 (viene infatti anche indicata come COX-1v, “COX-1 variant”), viene espressa in elevate concentrazioni nella corteccia cerebrale (dove produce prostanoidi ma non è implicata in alcun processo infiammatorio) ed è particolarmente sensibile al paracetamolo (acetaminofene) rispetto a COX-1 e COX-2.
L’espressione delle due isoforme COX-1 e COX-2 è regolata dall’organismo in modo totalmente diverso: infatti, come vedremo, la COX-1 è espressa in modo costitutivo da quasi tutte le cellule dell’organismo umano e svolge funzioni di
“housekeeping” (mantenimento, ne è esempio la funzione di citoprotezione gastrica), possedendo comunque una piccola frazione inducibile a seguito di stimolazioni umorali che ne possono aumentare la presenza fino a 2-4 volte; la COX-2 è invece nella quasi totalità inducibile e la sua espressione nelle cellule immunitarie e dell’infiammazione (soprattutto macrofagi attivati) aumenta da 10 a 18 volte in seguito a determinati stimoli (soprattutto pro-infiammatori o di natura batterica).
Entrambe le isoforme COX-1 e COX-2 possiedono comunque l’attività cicloossigenasica, responsabile della captazione di due molecole di ossigeno con la ciclizzazione della catena idrocarburica dell’acido arachidonico, e l’attività perossidasica, che catalizza la riduzione del gruppo idroperossido legato al carbonio 15 in gruppo idrossido essenziale per l’attività biologica.A livello di biologia molecolare COX-1 e COX-2 hanno peso molecolare simile, omologia nel 65% della sequenza aminoacidica e, dunque, praticamente identici siti catalitici. Vedremo però che esistono differenze significative a vari livelli tali da permettere inibizione selettiva delle due isoforme.
La COX-1 è una proteina omodimerica dal peso molecolare di 70 kDa integrata nelle membrane cellulari e codificata da un gene di circa 22 kb appartenente agli
“housekeeping genes”, quei geni cioè espressi in modo costitutivo da quasi tutte le cellule dell’organismo umano, anche se tale gene può comunque essere regolato in alcune condizioni, quali ad esempio la differenziazione delle cellule monocitiche.La proteina ha una struttura globulare ed è caratterizzata da tre parti fondamentali: una sequenza omologa all’ ”Epidermal Growth Factor” (EGF, una proteina fondamentale per la crescita, la proliferazione e la differenziazione cellulare, agente tramite il legame al suo recettore EGFR), una che serve per il suo ancoraggio alle membrane ed una regione che contiene i due siti catalitici per l’attività cicloossigenasica e perossidasica (Figura 6).
Figura 6 – STRUTTURA TRIDIMENSIONALE DELLA COX‐1.
Il sito dell’attività cicloossigenasica è formato da un canale idrofobo lungo e stretto il cui ingresso si trova in prossimità del sito di ancoraggio dell’enzima con la membrana cellulare, in posizione strategica per ricevere il substrato liberato da uno stimolo. Attraverso tecniche di immunoistochimica si è dimostrato che l’enzima è localizzato a livello del reticolo endoplasmatico orientato verso il lume del reticolo stesso e a livello peri-nucleare.
La COX-1 interviene soprattutto nella biosintesi immediata dei prostanoidi che si verifica entro qualche minuto dalla stimolazione con mobilizzatori del Ca2+ e svolge un ruolo importante nella formazione fisiologica dei prostanoidi coinvolti
nella comunicazione intercellulare e nell’amplificazione o modulazione locale di funzioni omeostatiche, quali quella gastrointestinale, piastrinica e renale.
La COX-2 è una proteina omodimerica dal peso molecolare di 72 kDa integrata nelle membrane cellulari e codificata da un gene di circa 8 kb appartenente agli
“immediate early genes”, geni rapidamente espressi in risposta a stimoli opportuni ed il cui mRNA è altamente instabile per la presenza di sequenze AUUUA (sequenze particolari che richiamano delle proteasi in grado di tagliare rapidamente l’mRNA) nella regione 3’ non tradotta.
La COX-2, diversamente dalla COX-1, è inducibile in seguito a stimoli pro- infiammatori ed interviene nella biosintesi ritardata dei prostanoidi, anche se in alcuni tessuti (cervello, testicoli, prostata, rene e vasi) ne è stata dimostrata l’espressione costitutiva e solo in questi, in condizioni fisiologiche, ne è misurabile l’mRNA che la codifica. Tali stimoli sono in grado di causare una rapida ed intensa induzione dell’espressione della COX-2 in diversi tipi cellulari (soprattutto monociti/macrofagi, fibroblasti e cellule endoteliali dei vasi) e come conseguenza di tale induzione locale dell’espressione della COX-2 in cellule infiammatorie si ha inappropriata produzione di prostanoidi che contribuisce alla vasodilatazione, all’edema ed all’iperalgesia tipiche dei processi infiammatori.
Oltre che nella flogosi i prostanoidi prodotti attraverso l’attività della COX-2 sembrano essere coinvolti nel controllo di alcuni eventi fisiopatologici attinenti l’area della riproduzione femminile, della funzione renale e della carcinogenesi
intestinale, tuttavia la complessità della loro presenza inducibile ne rende assai difficoltoso il quadro fisiopatologico.
L’analisi della struttura tridimensionale della COX-2 evidenzia chiaramente la somiglianza con l’isoforma COX-1 (e parimenti, come vedremo oltre, la medesima analisi è in grado di evidenziare anche le fondamentali differenze tra le due isoforme) (Figura 7):
Figura 7 – STRUTTURA TRIDIMENSIONALE DELLA COX‐2.
Le due isoforme COX-1 e COX-2 presentano dunque un’omologia nella struttura proteica primaria di circa il 65% e tutti i residui essenziali che formano il canale idrofobo legante il substrato, i siti catalitici ed i residui
immediatamente adiacenti ad esso sono altamente conservati nelle due isoforme.
La principale differenza tra le due isoforme è la presenza di un residuo di valina (Val523 ) nella COX-2 al posto dell’isoleucina (Ile523 ) nella COX-1 (Figura 8).
Figura 8 – STRUTTURA CHIMICA DEGLI AMINOACIDI VALINA (VAL) ED ISOLEUCINA (ILE).
Tale differenza è di fondamentale importanza ai fini della inibizione selettiva delle due isoforme, infatti la differenza strutturale tra i due aminoacidi si riflette chiaramente anche in differenza strutturale nella struttura proteica enzimatica che vanno a formare: la catena laterale della Val523 (aminoacido di minore ingombro sterico rispetto alla Ile523 ) è responsabile della formazione di una biforcazione idrofobica (una sorta di tasca laterale) nel sito catalitico cicloossigenasico della COX-2, mentre la presenza della Ile523 di maggior ingombro sterico nella COX-1 non consente l’esposizione di quest’area (Figura 9).
Figura 9 – DIFFERENZE STRUTTURALI AMINOACIDICHE TRA COX‐1 E COX‐2.
Come esamineremo in dettaglio più avanti i “farmaci antiinfiammatori non steroidei” (FANS) bloccano la biosintesi dei prostanoidi perché occupano non selettivamente il canale idrofobico sia della COX-1 che della COX-2.
L’inibizione della COX-2 è responsabile degli effetti terapeutici di questi farmaci mentre l’inibizione della COX-1 determina le reazioni avverse, in particolare a livello del tratto gastrointestinale. Infatti la COX-1 è la principale isoforma espressa nelle piastrine e nella mucosa gastrica in soggetti sani: la tossicità dei FANS a livello della mucosa gastrointestinale (che porta ad ulcerazione, sanguinamento, perforazione ed ostruzione) è il risultato dell’inibizione dell’attività della COX-1 sia nelle piastrine (determinando un’aumentata tendenza al sanguinamento) che nella mucosa gastrica (dove i prostanoidi svolgono un importante ruolo nella protezione dello stomaco dall’erosione e dall’ulcerazione).
La presenza della tasca laterale nella COX-2 ne aumenta il volume del sito catalitico rendendola capace di accogliere molecole ingombranti come gli
“inibitori selettivi della COX-2” (COXIB) che in virtù della loro selettività verso l’isoforma COX-2 interagiscono solo debolmente con la COX-1 (Figura 10).
Figura 10 – SITI ATTIVI DI COX‐1 E COX‐2: A) FANS LEGATO AL SITO ATTIVO DELLA COX‐1; B) COXIB LEGATO AL SITO ATTIVO DELLA COX‐2 CON OCCUPAZIONE DELLA “TASCA LATERALE”.
Infatti i COXIB hanno struttura tale da potersi posizionare stabilmente nella
“tasca laterale” tipica della COX-2 inibendone selettivamente l’attività enzimatica ma non sono invece in grado d’interagire in modo persistente ed efficace con il sito attivo più ristretto della COX-1. In particolare essi possono considerarsi inibitori selettivi “tempo-dipendenti” in quanto inizialmente hanno uguale affinità verso COX-1 e COX-2 ma in pochi istanti l’affinità cresce in modo esponenziale verso la COX-2 determinando la selettività tipica di questi composti. Inoltre la rimozione del composto ripristina l’attività della COX-1 ma non della COX-2, suggerendo l’instaurarsi di un cambiamento conformazionale
I COXIB sono stati sviluppati con lo scopo di ridurre la tossicità gastrointestinale associata ai FANS non selettivi attraverso il risparmio dell’attività della COX-1 gastrointestinale e piastrinica anche se, come si dirà, tale vantaggio è ridimensionato da studi evidenzianti l’aumentata incidenza di eventi avversi cardiovascolari nell’uso dei COXIB.
Il razionale alla base della ricerca di strutture selettive ad attività antiinfiammatoria è così schematizzabile (Figura 11):
Figura 11 – SCOPO DELLA SELETTIVITA’ DI COMPOSTI AD ATTIVITA’ ANTIINFIAMMATORIA.
- Farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS) -
Con il termine di farmaci antiinfiammatori vengono indicati tutti quei composti (derivati soprattutto di acidi carbossilici ed enolici) che riducono od eliminano le manifestazioni locali (dolore, edema, calore, alterazione funzionale) o generali (febbre) del processo infiammatorio, farmaci che pertanto condividono la comune proprietà dell’azione per sola via sintomatica, non essendo in grado di intervenire sui processi alla base del processo infiammatorio né di modificarli (proprietà questa riscontrabile solo in alcuni particolari composti rientranti nella categoria dei “farmaci di fondo”, dotati di proprietà antiinfiammatorie ed immunomodulanti e capaci dunque di alterare favorevolmente il decorso del processo infiammatorio; a tal proposito si possono ricordare gli antagonisti inibitori delle citochine proinfiammatorie TNFα ed IL-1 e gli
immunosoppressori).
I “farmaci antiinfiammatori non steroidei” (FANS, anche conosciuti come NSAIDs, “Non Steroidal Anti Inflammatory Drugs”) sono pertanto farmaci non derivati da ormoni steroidei (i “farmaci antiinfiammatori steroidei”, anche noti come FAS o SAIDs e derivati da ormoni steroidei, sono a loro volta dotati di elevata attività antiinfiammatoria diversamente sfruttata), esercitano, come abbiamo visto, la loro attività antiinfiammatoria principalmente mediante azione sulle COX con conseguente inibizione della produzione di prostanoidi ed agiscono prevalentemente sulla fase iniziale o acuta dell’infiammazione
agiscono efficacemente anche sugli eventi tardivi della flogosi quali immunità cellulare ed umorale, possedendo tuttavia numerose e severe reazioni avverse).
Oltre ad essere accomunata dai caratteristici effetti terapeutici la classe dei FANS condivide purtroppo in maniera più o meno marcata anche gli effetti collaterali, principalmente tossicità gastrointestinale e renale, dei quali tratteremo a fondo nella specifica discussione ad essi riservata.
A livello farmacodinamico i FANS competono con l’acido arachidonico per il legame al sito cicloossigenasico della COX, impedendone così la trasformazione a PGG2 , mentre non ci sono evidenze che essi influenzino l’attività perossidasica dell’enzima.
Questi farmaci possono essere suddivisi in tre classi sulla base del loro meccanismo d’interazione con le COX:
- Classe I: meccanismo competitivo semplice (ad esempio ibuprofene) (Figura 12);
Figura 12 – FANS DI CLASSE I: IBUPROFENE, DERIVATO DELL’ACIDO FENIL‐PROPIONICO.
- Classe II: meccanismo competitivo tempo-dipendente di tipo lentamente reversibile (ad esempio indometacina e COXIB quali il celecoxib) (Figura 13);
Figura 13 – FANS DI CLASSE II: A) INDOMETACINA, DERIVATO DELL’ACIDO INDOLACETICO; B) CELECOXIB, UN COXIB.
- Classe III: meccanismo competitivo tempo-dipendente di tipo totalmente irreversibile (ad esempio acido acetilsalicilico, ovvero Aspirina® , con meccanismo tipico di acetilazione non riscontrabile con tale entità in nessun altro tipo di composto appartenente alla classe dei farmaci antiinfiammatori) (Figura 14).
Figura 14 – FANS DI CLASSE III: ASPIRINA® , DERIVATO DELL’ACIDO SALICILICO.
I FANS della Classe I competono reversibilmente con l’acido arachidonico per
COX e formano rapidamente un complesso enzima-inibitore che risulta facilmente dissociabile; questo porta ad un’inibizione equipotente dell’attività cicloossigenasica della COX-1 e della COX-2.
Alla Classe II appartengono alcuni FANS di uso comune (ad esempio indometacina e diclofenac, non selettivi per le COX) ed i COXIB (ad esempio celecoxib, selettivi per la COX-2). Inizialmente gli inibitori della Classe II si legano rapidamente e reversibilmente all’enzima (COX-1 e/o COX-2, a seconda della loro selettività) formando deboli ed instabili complessi enzima-inibitore ma, successivamente, se trattenuti nel sito di ancoraggio dell’enzima per un tempo sufficiente, provocano un cambiamento conformazionale della proteina che porta alla formazione di un complesso enzima-inibitore relativamente stabile. Una volta legati all’enzima in tal modo questi inibitori si dissociano dal sito attivo solo molto lentamente. Da sottolineare, per i motivi già accennati, che i COXIB risultano inibitori reversibili tempo-dipendenti solo dell’isoforma enzimatica COX-2 mentre si comportano come inibitori competitivi semplici della COX-1.
Nella Classe III l’acido acetilsalicilico (Aspirina®) è l’unico FANS conosciuto che modifichi irreversibilmente la COX-1 e la COX-2, agendo attraverso un caratteristico processo di acetilazione. L’ Aspirina® si lega all’arginina (Arg120) presente nel canale cicloossigenasico con bassa affinità e quando legata in questa posizione trasferisce il suo gruppo acetile ad uno specifico residuo di serina (Ser529 o Ser530 nella COX-1 e Ser516 nella COX-2) situato sopra l’arginina
(Arg120). Il gruppo acetile causa un ingombro sterico nel punto più stretto del canale cicloossigenasico impedendo all’acido arachidonico di raggiungere l’apice del canale ove è posta la tirosina (Tyr385) responsabile dell’inizio della reazione cicloossigenasica (che in condizioni normali avviene attraverso la rimozione di un idrogeno dalla posizione 13 dell’acido arachidonico) (Figura 15):
Figura 15 – ACETILAZIONE DELLA COX‐1: EVIDENZIATA IN BLU L’ASPIRINA® LEGATA, EVIDENZIATI IN ROSSO GLI AMINOACIDI INTERESSATI DAL LEGAME; LA SER530 È IL BERSAGLIO DELL’ACETILAZIONE.
Pertanto, l’acetilazione della Ser529 (o della Ser530 ) nella COX-1 inibisce in modo irreversibile l’attività cicloossigenasica dell’enzima mentre l’acetilazione della Ser516 nella COX-2 induce un temporaneo cambiamento dell’attività catalitica dell’enzima diventando una monoossigenasi che ossida l’acido arachidonico formando acido 15-R-eicosatetraenoico (15-R-HETE) e non producendo più prostaglandina PGG2 . L’acetilazione comporta dunque la trasformazione della Ser529-OH (COX-1) a Ser529-OCOCH3 (COX-1 inattiva).
La durata dell’effetto inibitorio dell’Aspirina® dipende in parte da motivi farmacocinetici (breve emivita del farmaco) ed in parte dalla velocità con cui la cellula è in grado di sintetizzare le COX “de novo” (poche ore nel caso di cellule nucleate). Questo spiega la diversa durata degli effetti farmacologici dell’Aspirina®: alcune ore nel caso degli effetti analgesico, antipiretico ed antiflogistico (in funzione della risintesi di COX); alcuni giorni nel caso dell’effetto antiaggregante piastrinico (in funzione del turnover piastrinico).
- FANS selettivi COX-2: COXIB -
Tra i FANS della Classe II un discorso a parte è riferibile ai FANS “inibitori selettivi della COX-2” (COXIB) che in virtù della loro struttura mostrano spiccata selettività per l’isoforma enzimatica COX-2 (ed interagiscono dunque solo molto debolmente con la COX-1) e sono stati sviluppati tramite mirate tecniche di “molecular modeling” proprio grazie alla scoperta delle differenze strutturali tra COX-2 e COX-1.
Abbiamo visto come la presenza della tasca laterale nella COX-2 (non presente nella COX-1) ne aumenti il volume del sito catalitico rendendola così capace di accogliere molecole ingombranti come appunto si mostrano i COXIB, la cui struttura è tale da potersi posizionare stabilmente nella “tasca laterale” tipica della COX-2 inibendone selettivamente l’attività enzimatica ed al tempo stesso non ha caratteristiche per interagire in modo persistente ed efficace con il sito attivo più ristretto della COX-1.
Tipicamente, inoltre, i COXIB possono considerarsi inibitori selettivi “tempo- dipendenti” in quanto inizialmente hanno uguale affinità per COX-1 e COX-2 ma in pochi istanti tale affinità cresce esponenzialmente verso la COX-2 determinando la selettività peculiare del COXIB e mantenendo l’inattività enzimatica della COX-2 anche a seguito della rimozione del COXIB stesso, suggerendo così l’instaurarsi di un cambiamento conformazionale irreversibile nell’isoforma COX-2 a seguito del legame con l’inibitore. La situazione è così visualizzabile (Figura 16):
Figura 16 – INIBIZIONE DELLA COX‐2 DA COXIB: EVIDENZIATO IN ROSSO IL COXIB LEGATO ALL’ENZIMA.
Gli inibitori selettivi della COX-2 (quali il celecoxib ed il rofecoxib, quest’ultimo peraltro ritirato dal mercato dall’azienda produttrice a causa delle sopravvenute evidenze di aumentato rischio cardiovascolare) appartengono generalmente alla classe dei derivati diarileterociclici e contengono un gruppo fenilsulfonilico o fenilsulfonamidico che s’inserisce nella “tasca laterale” della COX-2 mediante una cinetica lentamente reversibile. L’interazione con la “tasca laterale” è senza dubbio fondamentale per la selettività verso la COX-2 ma la diversa selettività biochimica dei vari composti suggerisce che altri tipi di
interazioni farmaco-enzima entrino in gioco e determinino il grado di selettività biochimica verso la COX-2.
Alla luce di quanto detto sinora appare dunque chiaro negli aspetti fondamentali il meccanismo con il quale le varie isoforme COX vengono inibite, potendosi alfine distinguere le tre seguenti basilari situazioni (Figura 17):
Figura 17 – MECCANISMO D’INIBIZIONE DI COX‐1 E COX‐2: A) COX NON INIBITA E FISIOLOGICA CONVERSIONE DI ACIDO ARACHIDONICO AA IN PROSTAGLANDINA PG; B) COX‐1 ACETILATA ED INIBITA DA ASPIRINA® CON BLOCCO DELL’ACCESSO DELL’ACIDO ARACHIDONICO AA AL SITO CATALITICO; C) COX‐2 INIBITA DA COXIB CON BLOCCO DELL’ACCESSO DELL’ACIDO ARACHIDONICO AA AL SITO CATALITICO.
La base logica che ha portato allo sviluppo dei COXIB è stata la necessità di ridurre la tossicità gastrointestinale associata ai FANS non selettivi attraverso il risparmio dell’attività della COX-1 gastrointestinale e piastrinica, in virtù della
ottenuto da questo lato si scontra dall’altro lato con le ombre di studi evidenzianti l’aumentata incidenza di eventi avversi cardiovascolari nell’uso dei COXIB). Effettivamente il risparmio della COX-1 da parte, ad esempio, del rofecoxib (Vioxx® ) si associa ad una ridotta incidenza gastrointestinale di eventi seri rispetto a FANS non selettivi, ad esempio naprossene.
Così in uno studio clinico di grandi dimensioni (studio VIGOR, “Vioxx® Gastrointestinal Outcomes Research”, circa 8.000 pazienti con artrite reumatoide), randomizzato ed in doppio cieco, l’incidenza di perforazione gastrointestinale, emorragia gastrointestinale o ulcera peptica sintomatica era significativamente più bassa del 50% nei pazienti trattati con rofecoxib (50 mg/die, una volta al giorno) rispetto a quelli trattati con naprossene (500 mg/bid, laddove “bid” è da intendersi abbreviazione di “bis in day”, due volte al giorno) (Figura 18):
Figura 18 – STUDIO VIGOR: COMPLICANZE GASTROINTESTINALI NELL’UTILIZZO DI ROFECOXIB E NAPROSSENE.
Lo stesso studio, come vedremo, ha anche evidenziato i problemi relativi alla sicurezza cardiovascolare del rofecoxib decretandone il ritiro preventivo dal commercio, avendone riportato un’incidenza di infarto acuto del miocardio significativamente più alta nei pazienti trattati con il rofecoxib rispetto a quelli trattati con un FANS non selettivo quale il naprossene.
Al contrario, l’inibizione della COX-1 da parte del celecoxib, dotato di minore selettività rispetto al rofecoxib, alla dose di 800 mg/die (che è 4 volte più alta della dose raccomandata per il trattamento dell’osteoartrosi) può avere contribuito, almeno in parte, alla sua minore capacità di ridurre l’incidenza di ulcere perforanti, ostruzione gastrica o sanguinamento del tratto gastrointestinale superiore, rispetto all’ibuprofene ed al diclofenac nello studio CLASS (“Celecoxib Long-term Arthritis Safety Study”).
Lo studio CLASS consisteva in un’analisi combinata di due studi separati: in uno il celecoxib era confrontato con il diclofenac, un farmaco con una selettività biochimica per la COX-2 simile a quella del celecoxib; nell’altro studio il celecoxib era confrontato con l’ibuprofene, un farmaco con una selettività biochimica per la COX-2 estremamente inferiore.
La diversa selettività biochimica per la COX-2 dei farmaci di confronto ha probabilmente contribuito all’apparente eterogeneità dei risultati trovati nei due studi: il celecoxib causava un’incidenza di eventi seri gastrointestinali simile al diclofenac ma inferiore all’ibuprofene.
Recentemente sono stati sviluppati nuovi inibitori della COX-2 con una selettività biochimica maggiore di quella del rofecoxib e del celecoxib, ovvero etoricoxib, valdecoxib, parecoxib (pro-farmaco del valdecoxib, convertito nel farmaco attivo in seguito ad idrolisi enzimatica epatica, è l’unico coxib somministrabile per via parenterale) e lumiracoxib.
La particolare struttura chimica ed i tipici gruppi funzionali (gruppi cis-stilbenici legati a sostituenti 4-metilsulfonilico o 4-metilsulfonamidico) di questi composti sembrano portare ad un’aumentata e persistente concentrazione del farmaco nei tessuti infiammati e quindi ad un’efficacia clinica maggiore. Inoltre la migliore selettività biochimica verso la COX-2 avrebbe il vantaggio di risparmiare ulteriormente l’attività della COX-1, permettendo in linea teorica l’utilizzo di dosi superiori per aumentarne l’efficacia clinica.
Numerosi studi clinici suggeriscono che la seconda generazione di COXIB sia efficace come i FANS non selettivi nel trattamento di osteoartrosi, artrite reumatoide e dolore acuto, tuttavia la casistica limitata non consente di valutare appieno nel lungo termine l’incidenza di reazioni avverse e la loro entità, soprattutto in riferimento a tollerabilità gastrointestinale, renale, epatica e cardiovascolare, ambiti critici comuni sia ai FANS non selettivi che ai FANS selettivi per la COX-2 quali i COXIB.
Il progresso della selettività COX-2 dei COXIB di seconda generazione rispetto ai precedenti COXIB ed ai FANS non selettivi appare evidente nel grafico
sottostante che prende in considerazione la quasi totalità dei farmaci antiinfiammatori non steroidei di comune utilizzo (Figura 19):
Figura 19 – SELETTIVITA’ COX‐2 E COX‐1 DEI PRINCIPALI FANS NON SELETTIVI E COXIB.
- INDICAZIONI TERAPEUTICHE DI FANS/COXIB -
Gli inibitori delle COX hanno effetti antiinfiammatori, analgesici ed antipiretici.
Unica eccezione è il paracetamolo che viene utilizzato come analgesico ed antipiretico ma non come antiinfiammatorio, in quanto sembra inibire le COX prevalentemente a livello del sistema nervoso centrale.
Per quanto riguarda il trattamento del dolore i FANS sono indicati per gli episodi dolorosi acuti in corso di affezioni infiammatorie dell’apparato muscolo-
nevralgie cervicobrachiali e trigeminali, cefalee ed emicranie, mal di denti, affezioni neoplastiche, sindromi dolorose post-tramautiche e post-operatorie, dismenorree (mestruazioni dolorose). Oltre agli episodi dolorosi di varia natura i FANS sono indicati per combattere dolori muscolo-articolari della sindrome influenzale.
Il principale impiego clinico dei FANS è la terapia delle affezioni infiammatorie dell’apparato muscolo-scheletrico, quali l’artrite reumatoide, l’artrosi, le artriti (compresa quella gottosa), la spondilite anchilosante ed i più svariati processi infiammatori, sia acuti che cronici, che colpiscono articolazioni, tendini e muscoli. In genere, però, i FANS producono solamente un effetto sintomatico, liberando il paziente dal dolore e dagli altri sintomi del processo infiammatorio, senza peraltro influire sui meccanismi patogenetici della malattia e senza arrestarne la progressione.
Tipico è inoltre l’uso dell’acido acetilsalicilico (Aspirina®) in basse dosi (75-100 mg/die) nella prevenzione cardiovascolare quale antiaggregante piastrinico, un utilizzo che è in via di studio anche per il naprossene sebbene le dosi per ottenere il medesimo effetto sembrano essere anche 5 volte superiori (400-500 mg/die) dell’Aspirina®.
Anche i COXIB sono utilizzati per il trattamento di patologie infiammatorie, pur con indicazioni terapeutiche varianti da Paese a Paese. In particolare: il celecoxib è stato approvato per il trattamento dell’osteoartrosi (200 mg/die), per l’artrite reumatoide (200-400 mg/die), per il dolore acuto e la dismenorrea
primaria (fino a 400 mg/die); il rofecoxib (precedentemente al suo ritiro dal commercio) è stato approvato per il trattamento dell’osteoartrosi (12,5-25 mg/die), dell’artrite reumatoide (25 mg/die), del dolore acuto e della dismenorrea primaria (fino a 50 mg/die) e per il dolore cronico lombare (25 mg/die); il valdecoxib (precedentemente al suo ritiro dal commercio dopo pochi mesi dall’immissione) è stato approvato per il trattamento dell’osteoartrosi (10 mg/die), dell’artrite reumatoide (10 mg/die) e della dismenorrea primaria (fino a 40 mg/die); il parecoxib è commercialmente disponibile come prodotto somministrabile per via parenterale (intravenosa ed intramuscolare) per il trattamento del dolore acuto e della dismenorrea primaria (20-40 mg/die);
l’etoricoxib è stato approvato per il trattamento dell’osteoartrosi (60 mg/die), dell’artrite reumatoide (90 mg/die), dell’artrite gottosa acuta (120 mg/die), del dolore acuto e della dismenorrea primaria (fino a 120 mg/die) e del dolore cronico lombare (fino a 120 mg/die); il lumiracoxib (disponibile in Europa ma non in Italia) è stato approvato per il trattamento dell’osteoartrite del ginocchio e dell’anca (100 mg/die, il dosaggio è stato fortemente ridotto a seguito di alcuni casi di epatotossicità grave in pazienti trattati con dosaggi di 200-400 mg/die, in concomitanza con altri casi di epatotossicità verificatisi con un altro principio attivo, la nimesulide, parimenti appartenente alla classe dei FANS ma preferenziale COX-2 piuttosto che altamente selettivo per tale isoforma).
- REAZIONI AVVERSE DI FANS NON SELETTIVI E COXIB: TOSSICITA’ GASTROINTESTINALE -
Gli ambiti critici delle terapie con FANS non selettivi o selettivi COX-2 (COXIB) sono essenzialmente la tollerabilità gastrointestinale, renale, epatica e cardiovascolare.
Il principale fattore che limita l’utilizzo dei FANS (in particolare non selettivi) è la tossicità a livello gastrointestinale, con ulcerazione, perforazione, ostruzione e sanguinamento. I pazienti che fanno uso cronico di FANS non selettivi hanno un rischio da 3 a 5 volte più alto di seri eventi gastrointestinali rispetto a coloro che non ne fanno uso e l’uso cronico di questi farmaci sale con l’età (Figura 20):
La biosintesi gastrica dei prostanoidi (in particolare di PGE2 e PGI2) è coinvolta nell’inibizione della secrezione acida da parte dello stomaco, nell’aumento del flusso ematico a livello della mucosa e nella secrezione di muco protettivo a livello dell’intestino: l’inibizione della loro sintesi, soprattutto tramite inibizione della COX-1, può rendere lo stomaco più suscettibile al danno.
I salicilati, in particolare l’Aspirina®, sono tra i FANS non selettivi più gastrolesivi. La tossicità gastrointestinale indotta da Aspirina®, come evidenziato in numerosi trial clinici, è dose-dipendente e rientra in un range che va da 30 mg/die a 1.300 mg/die, ovvero tutte le usuali dosi di utilizzo del farmaco, oltre ad aumentare con il prolungarsi della terapia (Figura 21):
Una relazione dose-risposta di questo tipo riflette almeno due diverse componenti COX-1-dipendenti: l’inibizione dose-dipendente della COX-1 nella mucosa gastrointestinale e l’inibizione dose-indipendente della COX-1 nelle piastrine che si associa ad un’alterazione emostatica. Circa il 15-30% dei pazienti che assumono regolarmente FANS non selettivi presenta all’endoscopia ulcere gastriche o duodenali, eventi non predittivi dell’insorgenza di eventi clinicamente gravi come i sanguinamenti maggiori o le perforazioni e conseguenti all’inibizione persistente ma moderata della COX-1 della mucosa, laddove le complicanze emorragiche sono causate dalla inibizione transiente ma profonda della COX-1 piastrinica. La durata della terapia con FANS non selettivi, la dose ed una precedente ulcera complicata sono importanti fattori di rischio di eventi seri gastrointestinali e la concomitante assunzione di Aspirina® in basse dosi, di altri FANS o di glucocorticoidi si associa ad un aumento del rischio di tossicità gastrointestinale.
Tra i FANS non selettivi il problema non è limitato solamente all’Aspirina® ma questi rischi, in misura diversa, sono correlati ad un ampio ventaglio di molecole, come si può evincere dal seguente grafico che ne riporta alcune (Figura 22):
Figura 22 – RELAZIONE TRA UTILIZZO DI COMUNI FANS NON SELETTIVI E RISCHIO DI SANGUINAMENTO.
Inoltre, l’aumento della dose del FANS non selettivo, al pari di quanto accade con l’Aspirina®, è strettamente correlata con l’aumentare dell’incidenza degli eventi gastrointestinali, con l’unica eccezione del paracetamolo per il quale non è stata evidenziata una tossicità dose-dipendente (Figura 23):
Figura 23 – RELAZIONE TRA DOSI DI COMUNI FANS NON SELETTIVI E RISCHIO DI SANGUINAMENTO.
Per quanto concerne i FANS selettivi COX-2 (COXIB), come abbiamo anticipato, la sicurezza gastrointestinale è stata valutata in diversi studi clinici.
La sicurezza gastrointestinale del celecoxib e del rofecoxib è stata valutata, rispettivamente, negli studi CLASS (“Celecoxib Long-term Arthritis Safety Study”) e VIGOR (“Vioxx® Gastrointestinal Outcomes Research”), dimostrando nel primo studio una non significativa ma comunque apprezzabile riduzione del danno gastrointestinale rispetto ai FANS non selettivi di confronto (ibuprofene e diclofenac) e nel secondo studio una riduzione estremamente significativa (circa 50%) del danno gastrointestinale rispetto al FANS non selettivo di confronto (naprossene).
La sicurezza gastrointestinale del valdecoxib è stata estrapolata dai trial clinici di tre studi multicentrici condotti su pazienti con osteoartrosi del ginocchio ed artrite reumatoide trattati per 12 settimane e ne è emersa un’incidenza di danni gastrointestinali significativamente più bassa rispetto ai pazienti trattati con ibuprofene o diclofenac, anche nel caso di co-trattamento con basse dosi di Aspirina®.
La sicurezza gastrointestinale del parecoxib è stata valutata in confronto con il FANS non selettivo ketorolac mostrando una ridotta incidenza di eventi gastrointestinali, lo studio è tuttavia gravato dal ridotto numero di pazienti coinvolti (n=92) e dalla breve durata del trattamento (7 giorni).
Per l’etoricoxib la sicurezza gastrointestinale è stata valutata mediante analisi combinata di 10 trial clinici con 3.142 pazienti mostrando rispetto ai FANS non selettivi di confronto il dimezzamento dell’incidenza di danni gastrointestinali.
La sicurezza gastrointestinale del lumiracoxib è stata valutata in confronto con il COXIB celecoxib e con il FANS non selettivo ibuprofene in uno studio di lunga durata (13 settimane) su 1.042 pazienti con osteoartrosi mostrando una significativa riduzione dell’incidenza di danni gastrointestinali nei pazienti trattati con i due COXIB (lumiracoxib e celecoxib) rispetto a quelli trattati con ibuprofene.
In tutti i casi va comunque evidenziato che col prolungarsi del tempo di somministrazione dei COXIB si perdono i vantaggi di tali molecole rispetto ai
gastrointestinali, vantaggi che comunque in varia misura sono sempre gravati dagli altri eventi avversi a livello cardiovascolare tipici dei COXIB (eventi che sono alla base di tutti i casi di ritiro dal commercio che si sono avuti relativamente ai COXIB stessi). Inoltre la qualità della vita dei pazienti che assumono antiinfiammatori risulta scadente sia con FANS non selettivi che con COXIB, a testimonianza di quanto detto che comunque il trattamento è in ogni caso sintomatico ed in nessun modo risolutivo sulla progressione della malattia infiammatoria, da qualunque fattore essa sia stata scatenata e venga mantenuta.
Alla luce di tutto ciò un’alternativa clinicamente ragionevole e praticabile è l’uso dei FANS non selettivi associato a molecole con ruolo protettivo nei confronti dei danni gastrointestinali, in particolare farmaci in grado di inibire l’acidità gastrica quali, ad esempio, gli inibitori di pompa protonica (agenti gastroprotettori di questo tipo sono l’omeprazolo ed il lansoprazolo).
- REAZIONI AVVERSE DI FANS NON SELETTIVI E COXIB: TOSSICITA’ RENALE -
In condizioni normali la soppressione del 50-70% dell’attività della COX-1 e COX-2 che si può ottenere in seguito alla somministrazione di dosi terapeutiche dei FANS non selettivi non produce reazioni avverse apprezzabili, a meno che i soggetti non siano sottoposti a restrizione di sodio e non siano trattati contemporaneamente con diuretici.
In alcune condizioni cliniche, però, la funzione renale diventa criticamente