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Pro ge t t ar e la qu alit à nella città di tutti i giorni

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Academic year: 2022

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contributi di: Giovanna Bianchi, Benedetta Bondesan, Alessandra Criconia, Claudio De Angelis, Giacomina Di Salvo, Cristiano Egidi, Manuela Raitano a cura di Giovanna Bianchi

Orienta Edizioni

P r o g e t t a r e l a q u a l i t à nella città di tutti i giorni

una proposta didattica

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a cura di Giovanna Bianchi

P r o g e t t a r e l a q u a l i t à nella città di tutti i giorni

una proposta didattica

La raccolta, la selezione e l’organizzazione dei materiali degli studenti del Laboratorio e la reda- zione dei testi esplicativi della Parte Seconda del volume sono a cura di Giacomina Di Salvo

Orienta Edizioni

contributi di: Giovanna Bianchi, Benedetta Bondesan, Alessandra Criconia,

Claudio De Angelis, Giacomina Di Salvo, Cristiano Egidi, Manuela Raitano

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4

coordinamento generale Giovanna Bianchi

progetto grafico e cura redazionale Giacomina Di Salvo

Copyright 2010 - Orienta Edizioni Via Stanislao Mancini, 5

00196 Roma Tel. 0636003431 Fax 0697252581 orientaedizioni@libero.it www.orientaedizioni.it

Il materiale della parte seconda del volume è tratto dagli elaborati di esame degli studenti del Laboratorio LECITTÀ(Corso di laurea Magistrale in Pianificazione della città, del territorio, dell’ambiente della Facoltà di Architettura L. Quaroni della Sapienza Università di Roma) degli anni accademici dal 2005 al 2008. In particolare gli elaborati dei due progetti-guida, che nel volume illustrano l’intero percorso didattico, sono per il caso di Pietralata (a.a. 2006-2007) e per Tor Cervara (a.a. 2007-2008), rispettivamente di Pasqualinda Altomare e Valeria Di Marco, e di Antonio Macrì e Vito Racioppi. Oltre a questi il percorso è stato illustrato da elaborati di altri studenti: Mirka Serra e Panayota Nicolarea, Elena Cupisti e Nicola Bertone, Simone Cichella, Francesco Leombruni, e Anto- nella Orsini, Ilaria Buttarelli e Maurizio Vantaggio, Grazia Di Giovanni e Anna Lei, Antonio Mallardo e Alessandro Vano, Francesco Miccichè, Alessandro Patti e Antonio Pugliese, Stefano Fondi e Luca Purini, Nicola Blasi e Salvatore Graziano, Flavia De Girolamo e Giandomenico Pelliccia, Celeste Lai e Valentina Marino, Daniele Lauri e Emanuela Pinna, Massimiliano Paolini e Danilo Paggetti.

Si ringraziano gli studenti per il lavoro svolto e per il materiale con cui è stato possibile realizzare questo libro.

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Indice

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ARTE

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RIMA

Un metodo in teoria

Progettazione urbanistica e spazi della quotidianità

alcune direzioni di lavoro- G. Bianchi...p. 9 Qualità urbana e sostenibilità nelle guide per la progettazione

uno sguardo in europa- B. Bondesan, G. Di Salvo...p. 21 Modelli concettuali di analisi urbana - A. Criconia...p. 43

Appunti per un confronto tra due modelli di città

dalla città compatta alla città moderna- M. Raitano...p. 53 Senza lente d’ingrandimento - C. De Angelis...p. 63 La fattibilità finanziaria del progetto - C. Egidi...p. 73

P

ARTE SECONDA

Il metodo in pratica

La sperimentazione del metodo nella didattica di laboratorio - G. Di Salvo...p. 85

IL DOCUMENTOPRELIMINARE ALLAPROGETTAZIONE

1. l’interpretazione del contesto urbano...p. 97 2. tematizzazioni verso un masterplan...p. 127

IL PROGETTO PRELIMINARE

3. la proposta e il dimensionamento...p. 149 4. le regole e le simulazioni...p. 167

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6

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ARTE

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RIMA

Un Metodo in Teoria

7

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8

Progettazione urbanistica e spazi della quotidianità Giovanna Bianchi

PARTEPRIMA

Un Metodo in Teoria

(9)

“La pianificazione territoriale è lo strumento principale per sottrarre l’ambiente al sac- cheggio prodotto dal “libero gioco” delle forze di mercato. Alla logica quantitativa della ac- cumulazione di cose, essa oppone la logica qualitativa della loro “disposizione”, che consiste nel dare alle cose una forma ordinata (in-formarle) e armoniosa. Non si tratta, soltanto, di porre limiti e vincoli. Ma di inventare nuovi modelli spazio-temporali, che pro- ducano spazio (là dove la civiltà quantitativa della congestione lo distrugge), che produ- cano tempo (là dove la civiltà quantitativa della congestione lo dissipa) e che producano valore aggiunto estetico.” (Giorgio Ruffolo, “Il carro degli indios”, Micromega, n. 3/1986).

“…. durante le assemblee pubbliche che hanno seguito la pubblicazione del nuovo Piano Regolatore Generale di Roma, nel giugno del 2002 (Macchi, 2004). Che si trat- tasse di assemblee istituzionali - in cui i tecnici comunali scendevano nei quartieri a spie- gare il loro piano alla cittadinanza - o di assemblee organizzate autonomamente da associazioni e comitati - per rivendicare il diritto di pensare la città e darsi le parole per in- terloquire con i tecnici del piano su un livello di parità -, le donne presenti erano sempre molte, spesso più degli uomini. Ma, a parte le poche 'tecniche' e qualche 'donna dei par- titi', in pochissime prendevano la parola e quando lo facevano, le accoglieva un silenzio imbarazzato. Ricordo una donna che, dopo aver diligentemente ascoltato le parole di tec- nici e politici sul futuro della sua strada - una grossa arteria di traffico su cui si affollano palazzoni e negozi - chiese: "Voi mi dite che la mia strada diventerà una 'centralità locale'.

Ma che cosa significa in concreto? Volete dire che in futuro io potrò uscire di casa con il mio bambino senza ritrovarmi avvolta in una nuvola di gas puzzolenti e velenosi e potrò camminare con la carrozzina senza dovermi fermare ogni dieci metri per un gradino troppo alto o una pavimentazione troppo sconnessa?". Quella domanda non ricevette altra risposta che il silenzio di cui sopra, accompagnato da qualche sorrisetto ironico.

Neppure una parola uscì dalla bocca degli esperti, quasi che avessero davanti a loro una demente. Devo ammettere che anche io, in quanto 'tecnica', restavo senza parole davanti a simili domande. Ma questo mi faceva sorridere assai poco. Mi rendevo conto che il sa- pere tecnico dell'urbanistica non prevedeva 'donne e carrozzine'; a differenza di altri tec- nici, però, questo mi faceva sentire inadeguata e colpevole. …” (Silvia Macchi, “Politiche urbane e movimenti di donne: specificità del caso italiano” in G.Cortesi, F.Cristaldi e J.Droogleever (a cura), La città delle donne. Un approccio di genere alla geografia ur- bana, Patron Bologna 2006).

Questo libro nasce da un’occasione istituzionale trasformata in opportunità di sperimentazione didattica e, in seguito, di ricerca. Restituisce infatti le ri- flessioni maturate in un gruppo di docenti1 nell’organizzare un laboratorio di progettazione urbanistica connotato, almeno nei primi anni, dalla quasi “pa- rità” in termini di ore di didattica tra gli insegnamenti di progettazione urbani- stica e progettazione urbana.

In risposta alla necessità di trovare un approccio e un tema che ottimizzasse il duplice sguardo (da una parte gli “urbanisti”, dall’altra gli “architetti”), ab- biamo abolito atteggiamenti competitivi o rivendicativi di arroccamento disci- plinare (ai primi la progettazione urbanistica, ai secondi la progettazione urbana) e cercato al contrario un punto di incontro e uno sguardo multiplo.

Progettazione urbanistica e spazi della quotidianità:

alcune direzioni di lavoro

Giovanna Bianchi

1. Sono responsabile del laboratorio

“LE CITTÀ” nel Corso di laurea magi- strale in Pianificazione della città, del territorio, dell’ambiente (Sapienza Università di Roma, Facoltà di Archi- tettura Ludovico Quaroni) dal 2005;

nel corso degli anni gli insegnamenti di progettazione urbana sono stati svolti dai vari autori di questo volume:

Alessandra Criconia, Claudio De An- gelis, Manuela Raitano. Hanno colla- borato alla didattica Benedetta Bondesan (ora sostituita da Valeria Ciancarelli) e Giacomina Di Salvo.

9 Progettazione urbanistica e spazi della quotidianità

Giovanna Bianchi

PARTEPRIMA

Un Metodo in Teoria

(10)

Abbiamo scelto di praticare con curiosità i recinti disciplinari, trovando un tema adatto (ambiti piccoli e già definiti dal piano regolatore negli esiti fun- zionali e dimensionali attesi, per poterci dedicare direttamente a ragionare sull’assetto e sulle regole2); attivando sguardi e attenzioni diverse; propo- nendo approfondimenti culturali e tecnici, specifici delle diverse discipline nei diversi momenti dell’esercizio degli studenti; accettando le sovrapposi- zioni anche se con sensibilità diverse.

Progetto urbanistico o progetto urbano? Il laboratorio ha proposto e pro- pone di lavorare esplicitamente e concretamente sull’ibridazione tra i due termini. Termini come è noto ampiamente sovrapponibili, rivendicati da ur- banisti, planners, architetti; e non a caso tale differenza è presente pratica- mente solo nella nostra lingua ed è dovuta a tradizioni disciplinari consolidatesi in sede accademica e professionale. Termini che per noi deli- neavano semplicemente l’interesse a costruire e stratificare un sapere tec- nico e a individuare e definire gli strumenti adatti per rispondere a una domanda di progetto che, come è ben narrata nelle citazioni all’inizio del testo, producesse spazio, tempo e bellezza anche per la città di “donne e carrozzine”, insomma per lo spazio del quotidiano.

La sfida, sotto il profilo culturale, è stata ed è ogni anno convincere gli stu- denti che vale la pena, che può essere interessante progettare anche in aree

“qualunque”, che è necessario acquisire competenze tecniche e cultura so- fisticate e complesse sotto il profilo delle competenze disciplinari3 anche per rispondere a questa domanda di progetto. E’ necessario infatti, oggi più che mai, che gli studenti imparino a trattare temi apparentemente modesti come delle vere opportunità progettuali a scala urbana su cui vale la pena investire idee e cultura tecnica in funzione di un’idea di città dove ci sia qualità diffusa.

stratificare un sapere tecnico

2. Sono stati scelti come aree di eser- citazione alcuni ATO (Ambiti di tra- sformazione ordinaria) individuati dal Piano regolatore di Roma (2003).

temi “modesti” e opportu- nità progettuali

3. “E tuttavia è proprio nei casi carat- terizzati da un elevato livello di com- plessità che occorre quell’insieme di atteggiamenti progettuali, di riferi- menti culturali e di procedimenti tec- nici che, ben lungi dall’essere una disciplina a sé stante, o una compe- tenza professionale codificata, ali- menta di fatto la pratica del disegno urbano; un’attività comunque tesa a favorire la confluenza delle specializ- zazioni, piuttosto che a separarne i campi di applicazione, (…)”. cfr.

Franco Mancuso, “La pratica del di- segno urbano”, Urbanistica 95/1989.

Figg. 1-4 immagini delle aree di intervento progettuale di Pietra- lata e Tor Cervara: piccoli ambiti inseriti in tessuti urbani o periur- bani “qualunque”

10 PARTEPRIMA

Un Metodo in Teoria Progettazione urbanistica e spazi della quotidianità

Giovanna Bianchi

(11)

E’, questo dello spazio del quotidiano, un tema su cui sto riflettendo da tempo4perché trovo che, nella generale insoddisfazione delle pratiche di tra- sformazione della città contemporanea, ci sia una particolare noncuranza per la città di tutti i giorni. Tale convinzione si basa su alcune considerazioni: che sulla qualità dell’abitare si debbano misurare le prestazioni anche degli spazi della quotidianità, valutati in riferimento alle pratiche e alle esigenze di vita delle persone; che come progettisti sia nostro compito assicurare almeno la qualità morfologica e funzionale come forma di garanzia minima nei processi di pianificazione locale; che il piano urbanistico, per scala e per contenuti tec- nici, sia in grado di garantirne unicamente i presupposti5. Da qui la necessità di esplorare e costruire tecnicamente strumenti diversi e pratiche altre: se per aree “strategiche” della città il progetto urbano ha la capacità di ridare forma e significato attraverso un processo, cosa possiamo fare per quella che Ariella Masboungi chiama con grande efficacia “la città con le minuscole”6?

Adottare una prospettiva progettuale e un contesto culturale: perché e

“come” lo spazio del quotidiano?

Quali riflessioni disciplinari e quali proposte operative per lo spazio del quotidiano? L’interesse nasce da un’ipotesi di natura culturale in base alla quale si ritiene più che mai necessario lavorare, accanto ai temi forti della competitività, dell’efficienza urbana, della riconfigurazione o risignifica- zione di intere parti urbane, anche sulle relazioni “minute” tra luoghi, og- getti e soggetti, tenendo conto delle plurali strategie (scelte o obbligate) dell’abitare e del risiedere nonché della molteplicità dei principi insediativi riconoscibili nella città contemporanea per il perseguimento di una qualità diffusa e sostenibile delle trasformazioni ad uno sguardo “ravvicinato”.

E’ l’ipotesi, questa, che ha informato la scelta del tema pro- gettuale. Il laborato- rio, infatti, propone la dimensione ur- bana della residenza in quanto ritiene, da una parte, che la questione abitativa stia tornando ad as- sumere un ruolo strategico nelle poli- tiche di governo della città e che a questo ruolo debba corrispondere anche una sperimenta- zione progettuale e di ricerca (urbanistica e architettonica), tanto più in vista del profondo cambiamento che sta interessando la domanda; dall’altra, che la qualità di un nuovo insediamento residenziale possa scaturire solo affron- tando il tema in un’ottica multidimensionale, vale a dire mettendo al centro le relazioni con il contesto, lavorando anche sugli spazi di prossimità, sulle intermediazioni tra spazio domestico (relazione individuale con la città) e spazio pubblico (relazione collettiva con la città), tra residenza e servizi.

4. cfr. Giovanna Bianchi, “La qualità dello ‘spazio del quotidiano’: pratiche e strumenti di accompagnamento”, Urbanistica 136/2008.

progettare per la “città con le minuscole”

lavorare sulle relazioni minute

strutturare uno spazio urbano con la residenza

Fig. 5 stralci della copertina e dello schema introduttivo del DPP ABITARE a MILANO III per l’intervento di Via Lambro 5. cfr. Gianluigi Nigro, “Tre riflessioni su Progetto Urbano e Centralità nel nuovo Piano Regolatore Generale (PRG) di Roma” in Risorse-RpR SpA, Me- todologia e criticità per la costruzione del Progetto Urbano, Quaderni Risorse, Gangemi Editore, Roma 2006.

6. “Raramente l’architettura dell’abi- tare si trova al centro di una ricerca qualitativa, mentre il tessuto residen- ziale è la ‘carne’ della città. In questo caso, qualità non significa evento, per- ché la città non si scrive solo con le let- tere maiuscole (gli edifici e i programmi pilota) ma anche con le minuscole, parole che scrivono la struttura del testo-città (l’edilizia residenziale)”

(A.Masboungi, “Pensare la città. 10 le- zioni sul progetto urbano”, EdA 5/2008).

11 PARTEPRIMA

Un Metodo in Teoria

Progettazione urbanistica e spazi della quotidianità Giovanna Bianchi

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Il laboratorio propone dunque di lavorare su una possibile trascrizione operativa della questione abitativa e dell’approccio culturale proposto. Ciò vuol dire, in parti- colare, ragionare sulla residenza come forma di strutturazione e di organizza- zione di uno spazio urbano a scala lo- cale: risiedere come “abitare”, riconoscersi cioè in uno spazio di vita in- serito in un campo di flussi e relazioni.

E’ un’intuizione che ha trovato spazio nella sperimentazione didattica, e con- forto in altre direzioni di ricerca. Basti leggere l’ultimo libro di Patrizia Gabellini7 in cui sostiene che, finita la fase della grande trasformazione, sono ora ne- cessari interventi leggeri e, nuovamente, suggerisce che passare dal concetto astratto di qualità a quello di abitabilità “è un modo per mettere al centro le relazioni ineliminabili delle popolazioni con lo spazio, (…) recuperando la di- mensione radicale dello stare e del vivere”. O ancora spigolare in quello di Gi- sella Bassanini8 che riporta alcuni stralci dalla Carta delle idee per la qualità urbana e territoriale9 in cui si afferma “(…) che la vita quotidiana deve assu- mere carattere fondante nei processi di pianificazione (…)” , vita troppo spesso trascurata anche se “(…) è alla quotidianità, a ciò che facciamo tutti i giorni, all’insieme di pratiche, di ambienti e di relazioni, cui ci si riferisce per giudicare la qualità delle nostre vite, per valutare cosa ci soddisfa e cosa sarebbe più opportuno e/o inevitabile modificare”. Un libro, quest’ultimo, dove si possono trovare concetti suggestivi: pianificare e progettare interrogando l’abituale, mettendo al centro la città abitata cioè la città nell’atto di funzionare, la mi- crofisica della vita quotidiana. Come? Coltivando “un atteggiamento proget- tuale capace di ‘avere uno sguardo strabico: che guarda al paese e all’Europa ma non si dimentica del marciapiede di via Gorizia’”10.

pianificare e progettare interrogando l’abituale

7. cfr. Patrizia Gabellini, Fare urbani- stica, Carocci, Roma 2010.

9. La Carta delle idee per la qualità urbana e territoriale è un docu- mento presentato dal gruppo di la- voro di donne CASA, impegnate nel settore urbanistico al XXI Congresso dell’INU (1998). cfr. Bassanini, op.cit.

pag.22 e segg.

8. cfr. Gisella Bassanini, Per amore della città, Franco Angeli, Milano 2008.

10. Patrick Geddes parlava, a mio pa- rere molto efficacemente, di visione lunga e di piccoli passi realizzabili. Più recentemente Marcel Roncayolo defi- nisce il progetto urbano come una maniera di procedere avendo una vi- sione globale (cfr. “Prefazione” in Pa- trizia Ingallina, Il progetto urbano, Franco Angeli, Milano 2004).

Figg. 6, 7 stralci dal DPP ABI- TARE a MILANO - logo e focus del progetto per l’area di via Ovada:

“trattare l’accostamento tra due spazi abitabili”; obiettivi dell’inter- vento: “non solo residenza” e “re- lazioni con il contesto”

12

Progettazione urbanistica e spazi della quotidianità Giovanna Bianchi

PARTEPRIMA

Un Metodo in Teoria

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Ma con quali strumenti e procedure passare alla messa in forma di questo approccio, come immettere qualità in un pezzo di città qualunque? E’ ovvio che la risposta non può essere il progetto urbano, benché in recenti rifles- sioni11 sembra “scendere dal piedistallo” e da procedura per la riorganizza- zione e risignificazione di parti di città strategiche, viene proposto anche per la città altra, la città senza storia, la città territorializzata e, come ho già detto, la città ordinaria scritta con le minuscole: si tratta, al contrario, di riconoscere l’utilità per questo tipo di città di tessere una trama di varia natura.

Come passare alla messa in forma dell’approccio delineato? Ipotesi e prospettive di lavoro

Una prima prospettiva è quella di ritenere che sia possibile innovare le politiche urbane anche a partire dal progetto urbanistico; che il progetto urbanistico abbia contenuti tecnici specifici ma che in un’accezione cultu- rale contemporanea sia da intendere non solo come prodotto (la “messa in forma” di un tema urbano) ma piuttosto come azione continua di pro- gettazione, dall’idea di trasformazione allo spazio realmente prodotto (una

“forma di azione”). Che sia possibile, insomma, praticare una cultura con- temporanea del progetto urbanistico12non ideologica, basata invece su un’idea di cultura praticata on the field, che abbia la capacità di incidere sulla realtà delle cose, una cultura che sia capace di permeare l’intero trac- ciato dalla domanda all’offerta (il cittadino che pretende un buon progetto, l’amministratore che costruisce una politica e pone le regole per un buon progetto, il tecnico che produce un buon progetto, l’operatore-investitore che realizza un buon progetto)13.

Una seconda prospettiva, direttamente conseguente alla prima, è quella di coniugare pragmatismo e sperimentalismo. Superare come già antici- pato gli steccati disciplinari tra progettazione urbanistica o progettazione urbana accettando l’ambiguità delle definizioni che, credo, dipenda preva- lentemente da come ognuno di noi definisce la propria centralità rispetto alla questione trasversale del ragionare intorno alla dimensione fisica del piano cioè sui modi di affrontare i temi della qualità insediativa a partire dal riconoscimento che alcune condizioni del buon abitare dipendono dalle caratteristiche fisiche e funzionali degli spazi urbani.

Dunque quando parlo “da progettista urbanista” di strumenti, parto dal riconoscimento che la nuova articolazione del piano rende ancora più urgente re-interpretare la dimensione attuativa in senso progettuale e non banalizzare la strumentazione operativa riducendola ai soli piani esecutivi ma, al contrario, adottare un ventaglio di strumenti o meglio di pratiche progettuali che accompagnano il piano per parlare di forma, per dare alla norma anche contenuti di configurazione spaziale. Pratiche che contemplano operazioni e prodotti “ a base urbanistica”14, costruzioni su misura per i diversi contesti.

Se è vera l’ipotesi, infatti, che anche progetti locali possono contri- buire alla ricomposizione della città frammentata, questo non vuol dire che viene meno la necessità di un quadro di coerenza bensì che può cambiare il modo di costruirlo – ad es. partire dalle singole opportunità

innovare le politiche con il progetto urbanistico

coniugare pragmatismo e sperimentalismo

12. Devo il concetto di “innovare le po- litiche a partire dal progetto” al titolo di un blocco tematico dedicato all’- housing sociale a Vienna curato da Massimo Bricocoli e Lina Scavuzzo in

Urbanistica 140/2009

13. In un recente articolo Francesco Er- bani si chiedeva quante delle trasfor- mazioni diffuse “sono culturalmente sorvegliate, per non dire regolate, da chi per mestiere dovrebbe farlo?”

(la Repubblica, 10.12.2009)

14. Rinvio a riflessioni chePatrizia Gabellini fa da lungontempo e in ultimo, in op.cit.

11. Mi riferisco in particolare al numero monografico della rivista EdA 5/2008

“Materiali per il progetto urbano”.

13 Progettazione urbanistica e spazi della quotidianità

Giovanna Bianchi

PARTEPRIMA

Un Metodo in Teoria

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di trasformazione15 e trovare a posteriori le necessarie forme di adatta- mento alle condizioni generali16 – o lo strumento per raggiungerlo – non solo il piano regolatore ma anche un documento di altra natura.

In questo senso il laboratorio formula un’ipotesi di natura metodologica, in base alla quale per il trattamento di temi urbani di natura locale ritiene utile sperimentare un approccio pragmatico e incrementale di approfondi- mento del piano e di costruzione del progetto con cui definire regole che producano direttamente effetti di organizzazione e di formalizzazione dello spazio ispirate alla sostenibilità, ricorrendo a strumenti e procedure di

“guida alla progettazione”. Si tratta infatti di non irrigidire il progetto ma di guidarlo, di moltiplicare i percorsi nella chiarezza delle prestazioni da otte- nere17, di delineare le linee guida di una trasformazione differita nel tempo.

Questa ipotesi introduce una terza prospettiva che lavora sulla compe- netrazione tra aspetti pianificatori e pratica del controllo morfologico, vale a dire sia sul processo di definizione dello spazio che sulla forma prodotta da questo processo18, sul privilegiare tra i molti mestieri dell’urbanista il ri- flettere criticamente sullo spazio che viene prodotto dalle azioni urbanisti- che e che viene effettivamente abitato. Da qui l’interesse a indagare e a sperimentare (anche in sede didattica) strumenti di regolazione in quanto produttori di città e spazio, come argomenterò dopo19. Da qui l’interesse a introdurre una riflessione sulla qualità nelle forme del piano e del progetto, anticipando i possibili esiti fisici di una norma o in termini più generali l’idea di città che c’è dietro per tener conto dell’inevitabile sfalsamento tra i tempi degli interventi e quelli del piano.

Una proposta metodologica: il documento preliminare alla progettazione Se questo è lo sfondo culturale, qual è stata la proposta metodologica che il laboratorio ha costruito per gli studenti? quale la declinazione appli- cativa (e commisurata ad una sperimentazione didattica) delle direzioni di lavoro intraviste? Dell’ambito della città in cui vengono scelte le aree di pro- getto – lo spazio del quotidiano – e del tema di progetto – la dimensione urbana della residenza – , ho già detto. Può essere utile, invece, premettere alcune considerazioni alla descrizione dell’esercizio di laboratorio.

Le prime, di carattere generale, riguardano il metodo proposto, che con- sente di ragionare su uno dei possibili itinerari di formazione del progetto urbanistico e di imparare a mettere a punto e discutere opzioni di trasfor- mazione applicandosi alla risoluzione di un problema esistente, in un con- testo concreto ed in riferimento ad un quadro normativo reale (learning by doing). Ciò consente agli studenti anche di sviluppare e di praticare abilità cruciali nel mondo reale del lavoro: confrontarsi con la “durezza” della norma, ripensare criticamente le scelte di un’amministrazione, sostenere le proprie idee in pubblico, lavorare creativamente in gruppo, (…).

La seconda considerazione riguarda un nodo centrale sotto il profilo ope- rativo e applicativo, relativo alla tipologia e ai caratteri tecnici di uno stru- mento adatto a consentire al soggetto pubblico di delineare le linee guida di una trasformazione differita nel tempo, collocandosi in un processo di costruzione graduale delle scelte.

pianificare e controllare morfologicamente lo spazio

17. cfr. Francesco Infussi, “L’esplorazione di un’opportunità e l’orientamento di un processo”, Territorio 40/2007.

18. cfr. le riflessioni e le definizioni in Da- nilo Palazzo, Urban Design, MondadoriE- ducation, Milano 2008.

19. cfr. Massimo Bricocoli, “Lo sguardo acquietato dell’urbanista sull’architet- tura dell’abitare”, ASUR 94/2009.

guidare una trasforma- zione nel tempo

15. Franco Mancuso parla di “nodi pro- blematici della città la cui progettabilità sia definibile nel presente” in op.cit.

16. Si può essere ancora più radicali e affermare, in merito alle forme di imple- mentazione del progetto, che le cose non solo non si fanno nello stesso tempo ma soprattutto non si pensano nello stesso tempo (è la teoria dello splinte- ring) e che la pianificazione è capacità di integrare successivamente le diverse previsioni (cfr. “Rinnovo urbano nella città-territorio” Bruno Pelucca intervista Nuno Portas, EdA 5/2008.

sviluppare capacità tecnico-professionali

14

Progettazione urbanistica e spazi della quotidianità Giovanna Bianchi

PARTEPRIMA

Un Metodo in Teoria

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La risposta-proposta del laboratorio è stata quella di sperimentarsi nella redazione di un documento di ausilio alla progettazione che sempre più spesso correda bandi concorsuali e, più in generale, l’organizzazione di processi di trasformazione anche per aree non strategiche ma di impatto locale per dimensioni, funzioni e complessità.

Uno strumento regolativo di nuova generazione non codificato che consenta un processo di avvicinamento alla soluzione progettuale all’interno di un pro- cesso argomentativo tramite un sistema di definizione progettuale a doppio livello. Il che risponde, sotto il profilo disciplinare, alla crescente attenzione verso forme di regolazione urbanistica che superino la definizione ex ante delle regole di assetto e che, pragmaticamente, accettino di migliorare le prestazioni territoriali in modo incrementale attraverso obiettivi parziali e intermedi ma operativi.

Strumenti e procedure che puntano sulla funzione prevalentemente non prescrittiva delle norme e sull’opportunità di esplicitare gli obiettivi di qualità progettuale e di valorizzare con modalità più divulgative gli aspetti tecnici del progetto; e ciò in riferimento non solo a matrici disciplinari europee di consoli- data tradizione20 ma anche a pratiche recenti e innovative del nostro paese.

Per le pratiche italiane ci siamo riferiti prevalentemente a concorsi di idee, concorsi di progettazione, concorsi per la sollecitazione di proposte di inter- vento i cui bandi sono accompagnati da linee guida o documenti preliminari alla progettazione che introducono regole prestazionali, di indirizzo o prescrit- tive relative agli aspetti formali e funzionali del progetto degli spazi aperti e costruiti. Esse accettano la complessità del progetto urbanistico che lavora per aggiustamento continuo delle variabili in atto; “usano” il progetto urba- nistico per costruire la qualità dello spazio del quotidiano e indagano sul rap- porto tra il piano che da la norma, pone le condizioni e le premesse per il progetto e le regole che alludono e orientano ad una configurazione fisico-fun- zionale. Non solo: dovrebbero rispondere anche alla necessità di includere nel processo di costruzione delle scelte i cittadini direttamente coinvolti, i co- siddetti portatori di interessi tramite pratiche di partecipazione e di costru- zione del consenso intorno ad un progetto ma anche altri attori esterni all’amministrazione come ad esempio gli operatori. E ancora dovrebbero ri- spondere all’esigenza di migliorare la trasparenza dei processi decisionali: raf- forzare la cultura del progetto, innalzare la qualità delle proposte, ampliare il campo delle possibilità rispetto ad una serie di obiettivi posti dall’amministra- zione. Pratiche dunque che promuovono la qualità del progetto, che lo conce- piscono come veicolo di fattibilità in quanto può ricoprire un ruolo positivo nella costruzione del valore sociale di un intervento, all’interno di procedimenti partecipativi, consensuali ed aperti che svolgono la funzione di “luoghi” del confronto, della mediazione e della compensazione degli interessi. Sono pra- tiche, infine, che affiancano il piano, lo accompagnano nel processo di at- tuazione e gestione e dunque sono strumenti del processo di pianificazione e non strumenti del piano.

Esemplari e “modelli” per successive esperienze21 sono gli ormai ben noti concorsi internazionali di progettazione promossi dall’amministrazione comunale Abitare a Milano, Abitare a Milano 2 (2005-2006) per “nuovi spazi urbani per gli insediamenti di edilizia sociale” tramite cui pervenire

un sistema di regole a doppio livello

pratiche italiane innovative

20. Per le matrici europee rinvio al sag- gio di Benedetta Bondesan e Giaco- mina Di Salvo in questo stesso volume.

Qui basti dire che mi riferisco in gene- rale al campo disciplinare dell’Urban Design (per una panoramica recente nella pubblicistica italiana cfr. oltre al testo già citato di Danilo Palazzo anche ai tre volumi curati da Paolo Colarossi e Antonio P. Latini, La proget- tazione urbana, Il Sole24 Ore, Milano 2008) e, in particolare, alla tradizione anglosassone delle guide con le quali le amministrazioni orientano la proget- tazione nei processi di trasformazione alle diverse scale ma anche alla tradi- zione più recente della manualistica francese legata soprattutto alle que- stioni della sostenibilità ambientale.

un documento di ausilio alla progettazione

21. Una per tutti, il recentissimo (2010) concorso internazionale di progetta- zione PASS- Progetto per abitazioni so- ciali e sostenibili promosso per la riqualificazione del Tiburtino III dal- l’Ater, Azienda territoriale per l’ERP del Comune di Roma.

15 Progettazione urbanistica e spazi della quotidianità

Giovanna Bianchi

PARTEPRIMA

Un Metodo in Teoria

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alla definizione progettuale della tra- sformazione di otto aree selezionate per interventi di housing sociale. Il bando di concorso chiede di definire un progetto preliminare degli inter- venti e un approfondimento tipolo- gico sperimentale; ai progettisti vincitori viene affidato il progetto esecutivo e parallelamente l’ammi- nistrazione redige i programmi inte- grati di intervento, cioè gli strumenti programmatori che “contengono”

sotto il profilo procedurale il pro- getto, prevedendo anche specifici programmi di accompagnamento e di interlocuzione con soggetti istitu- zionali e non, già radicati nei quar- tieri coinvolti.

abitare a milano

Figg. 8,9 stralci dal DPP ABI- TARE a MILANO

- copertina del DPP per l’area di via Civitavecchia

- schemi concettuali e testi per il- lustrare i temi e gli obiettivi ai quali il progetto deve rispondere

Fig. 10 stralci dal DPP ABITARE a MILANO - due temi/obiettivi de- finiti dal DPP per il progetto: con- nettere il parco e la città, inserire tra il costruito e il parco un mix di funzioni commerciali (uno spazio per un mercato settimanale) e di servizio alla residenza che vitaliz- zino non solo il nuovo tessuto resi- denziale ma anche il parco

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In questo quadro, il percorso è co- struito per lasciare ai progettisti la ne- cessaria libertà interpretativa all’interno di un sistema di decisioni dove il soggetto pubblico decide i temi rilevanti alla scala urbana. Di particolare interesse è il fatto che il percorso progettuale sia costruito esplicitamente per affrontare il tema dell’housing sociale in rapporto alla specificità dei luoghi e alla forma ur- bana e che a tal fine il concorso si basi su un Documento preliminare alla progettazione (DPP) corredato per ognuna delle aree da un Master Plan che fornisce gli elementi istrut- tori della progettazione (quantità, parametri e prestazioni; specifici temi di progettazione e obiettivi da perseguire; criteri insediativi da adottare) che fungono anche da criteri per la valutazione dei progetti presentati22.

Simile nell’impostazione metodologica e tecnica è Abitare a Milano 3 (2008) ma, in quanto bando per cooperative, imprese e operatori dell’hou- sing sociale promosso nell’ambito della programmazione per l’edilizia resi- denziale per la concessione in diritto di superficie e la progettazione di otto aree, segna il passaggio di questa tipologia di strumento e di procedura da pratica sperimentale a pratica ordinaria.

22. In particolare il masterplan, che ha indirizzato direttamente la proposta del laboratorio, è un documento che forni- sce informazioni sull’area di concorso e il quartiere di contesto; tematizza e orienta l’attività di progettazione con l’individuazione delle linee strategiche della trasformazione e delle prestazioni urbane che il progetto dovrà assicu- rare, espresse attraverso gli “schemi concettuali”; mostra, infine, con al- cune configurazioni spaziali di massima (“simulazioni”) una possibile declina- zione degli schemi concettuali.

Fig. 11 il logo per l’intervento su via Civitavecchia del DPP

ABITARE a MILANO con l’obiettivo di fondo dell’intervento:

valorizzare uno spazio intermedio tra città e parco.

Il progetto diventa un’occa- sione per riqualificare, miglio- rando l’attraversabilità, un contesto urbano

Fig. 12 schemi concettuali del DPP ABITARE a MILANO III:

le caratteristiche del contesto urbano dell’area di intervento di via Lambro

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Di differente natura sotto il profilo tecnico, ma che si inse- risce nella stessa prospettiva di ragionamento, è poi il Co- dice di pratica per la progetta- zione nei piani di zona (2007), un vero e proprio manuale che costituisce parte inte- grante dei piani di zona all’in- terno della manovra di chiusura del 2° Peep del Co- mune di Roma. Il codice stabi- lisce da una parte i criteri guida per la progettazione di edifici residenziali sostenibili a partire dai potenziali rap- porti che gli edifici sono in grado di sviluppare con gli ele- menti propri della struttura ur- bana e dall’altra fornisce le indicazioni, le modalità e le procedure operative per il loro perseguimento.

Tutte le pratiche citate ci raccontano che vi sono amministrazioni che spe- rimentano modalità capaci di “tenere insieme” i due fili del ragionamento:

l’attivazione di una politica per la residenza, la costru- zione di un progetto urbani- stico della residenza;

modalità innovative di fare progettazione urbanistica al- l’interno di processi di pianifi- cazione locale; modalità diverse di esplicare il proprio ruolo di indirizzo e di controllo sul processo progettuale e at- tuativo.

codice di pratica

Fig. 13 schemi concettuali del DPP ABITARE a MILANO III : i requisiti ri- chiesti alle proposte progettuali per l’intervento su via Lambro

Fig. 14 Codice di Pratica per la progettazione nei Piani di Zona del Comune di Roma: matrice analitica della struttura insedia- tiva, sistemi lineari aperti

Fig. 15 Codice di Pratica per la progettazione nei Piani di Zona del Comune di Roma: matrice analitica della struttura insedia- tiva, elementi strutturanti spaziali - definizione dei tipi

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E’ a questa famiglia di pratiche e di strumenti, come già detto, che si è ispirato direttamente l’esercizio progettuale proposto agli studenti, cui è ri- chiesto di “simulare” un percorso di progettazione aperto, tramite l’elabo- razione di un documento preliminare alla progettazione che orienti e valuti una proposta di progetto, che abbia un grado di definizione paragonabile ad un preliminare (masterplan) con forti contenuti di guida (guidance), al fine di fornire criteri orientativi alla pianificazione esecutiva prevista dal piano regolatore di Roma per gli ambiti di trasformazione ordinaria. I con- tenuti sono “ampi” ed articolati in riferimento sia al ruolo di guida ed orien- tamento del documento preliminare (l’offerta e la richiesta di prestazioni) e sia alla proposta progettuale (la risposta)23.

Il documento fissa gli elementi irrinunciabili del progetto urbanistico, quelli cioè che stabiliscono il ruolo urbano dell’area di intervento, i principi insediativi, gli aspetti strutturali e relazionali della morfologia urbana, le prestazioni che garantiscono nel tempo esiti di qualità spaziale e di soste- nibilità tramite regole di indirizzo con diverso grado di prescrittività e simu- lazioni progettuali esemplificative. La proposta di progetto ha il ruolo di

“testare” le regole.

Sotto il profilo delle tecniche si compone di un album e di una serie di tavole24. L’album ha un ruolo argomentativo ed incrementale e, nell’in- sieme, delinea uno scenario che possa motivare la ragionevolezza delle scelte e delle regole urbanistiche ed edilizie per l’area oggetto di intervento nonché il rispetto della disciplina urbanistica di piano.

Le tavole hanno lo scopo di rappresentare le relazioni tra l’area di inter- vento e il contesto: i principali elementi del contesto esistente e program- mato presi a riferimento, gli obiettivi specifici, i temi organizzati concettualmente in modo che siano pre-ordinati al progetto e la struttura del progetto con disegni di dettaglio e di sintesi. Hanno una duplice famiglia di contenuti, progettuali urbanistici e di simulazione spaziale. I primi sono organizzati in modo da esplicitare la scansione logica di costruzione del ra- gionamento progettuale; i secondi approfondiscono e comunicano gli esiti spaziali delle scelte attraverso l'uso di simulazioni di varia natura con lo scopo non di descrivere la proposta progettuale ma di rappresentare uno dei possibili esiti delle regole25.

Vorrei concludere con un’ultima considerazione. Il fatto che il laboratorio proponga di lavorare esplicitamente e concretamente sull’ibridazione tra i due campi disciplinari della progettazione urbana e della progettazione ur- banistica, allena gli studenti (e dunque i futuri professionisti, ricercatori, docenti, …) a “lavorare sulle soglie”:

1) a praticare una sorta di terra di mezzo e attraversare con curiosità i re- cinti disciplinari. Insomma dichiariamo e “ci teniamo l’ambiguità” e gli studenti si abituano ad entrare/uscire con una sorta di doppio sguardo, praticando le sovrapposizioni e non le differenze;

2) a organizzare e conformare spazio in uno specifico contesto, lavorare sul luogo ma anche e soprattutto sulle relazioni, sulla coerenza con il contesto e soprattutto sulla estroversione vs introversione: vale a dire sulla capacità di integrazione tra progetto e città (grazie al nuovo progetto la città dovrebbe acquisire dotazioni che la qualificano; grazie alla città il progetto si dovrebbe rafforzare poiché da solo non è in grado di esaurire l’urbanità necessaria);

orientare e valutare una proposta di progetto

24. Per la descrizione metodologica e tecnica del documento preliminare alla progettazione, rinvio alla seconda parte del volume, curata

da Giacomina Di Salvo.

25. Le simulazioni richiedono agli stu- denti di effettuare un passo indietro, una sorta di “essiccazione” del proprio progetto. Sotto il profilo metodologico, l’operazione coincide con ciò che In- fussi afferma a proposito del masterplan (cfr. Francesco Infussi, op.cit.): “una sorta di esercizio di ‘ritrazione orientata’

dopo un’attenta anticipazione proget- tuale” e, ancora, un’incursione nelle successive fasi di progettazione ma una riduzione nel proprio dominio di perti- nenza “nel momento della definizione formale del documento”.

23. Ciò è dovuto a motivi strumentali di metodologia didattica, per consentire allo studente di comprendere operati- vamente l’utilità del dpp rispetto agli obiettivi perseguiti nelle pratiche sperimentali sul territorio.

lavorare sulle soglie un documento preliminare alla progettazione

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26. cfr. Jonathan Barnett, “Urban De- sign as Public Policy”, Architectural Record Books, New York 1974.

RIFERIMENTI BLIBLIOGRAFICI

J. Barnett, Urban Design as Public Policy, Architectural Record Books, New York 1974 G. Bassanini, Per amore della città, Franco Angeli, Milano 2008

G. Bianchi, “La qualità dello ‘spazio del quotidiano’: pratiche e strumenti di accompagnamento”, Urbanistica 136/2008

M. Bricocoli, “Lo sguardo acquietato dell’urbanista sull’architettura dell’abitare”, ASUR 94/2009

M. Bricocoli, L. Scavuzzo, “Housing sociale a Vienna: innovare le politiche abitative a partire dal progetto”, Urbanistica 140/2009

P. Colarossi e A.P. Latini, La progettazione urbana, Il Sole24 Ore, Milano 2008 P. Gabellini, Fare urbanistica, Carocci, Roma 2010

P. Ingallina, Il progetto urbano, Franco Angeli, Milano 2004

F. Infussi, “L’esplorazione di un’opportunità e l’orientamento di un processo”, Territorio 40/2007

S.Macchi, “Politiche urbane e movimenti di donne: specificità del caso italiano”

in G.Cortesi, F.Cristaldi e J.Droogleever (a cura), La città delle donne. Un approccio di genere alla geografia urbana, Patron Bologna 2006 F. Mancuso, “La pratica del disegno urbano”, Urbanistica 95/1989

A. Masboungi, “Pensare la città. 10 lezioni sul progetto urbano”, EdA 5/2008 G. Nigro, “Tre riflessioni su Progetto Urbano e Centralità nel nuovo Piano Regolatore

Generale (PRG) di Roma”, in Risorse-RpR SpA, Metodologia e criticità per la costruzione del Progetto Urbano, Gangemi Editore, Roma 2006 D. Palazzo, Urban Design, MondadoriEducation, Milano 2008

B. Pelucca, “Rinnovo urbano nella città-territorio”, EdA 5/2008 G. Ruffolo, “Il carro degli indios”, Micromega, n. 3/1986

3) a progettare la città senza progettare gli edifici26, il che implica una ri- flessione non solo tecnico-disciplinare (il doppio livello di regole quantitative, morfologiche e prestazionali su cui ci siamo ampiamente soffermati) ma anche sui soggetti sotto il profilo della cultura di progetto: il ruolo del tecnico progettista che prova a sfidare un mercato fortemente orientato in senso spe- culativo che ha portato conformismo e soluzioni sicure alias vendibili; il ruolo centrale del soggetto pubblico di guida, supporto, stimolo, e controllo della qua- lità degli esiti progettuali; il contributo attivo del privato investitore in termini di innovazione dell’offerta.

Nel complesso l’esperienza di laboratorio dovrebbe abituare gli stu- denti a riflettere sul ruolo potenzialmente trainante del processo di defi- nizione del progetto nel conferire valore sociale all’intervento e nell’innescare processi virtuosi come i procedimenti partecipativi (il ruolo del cittadino) ma anche nella possibilità di rinnovare la città a partire dai tasselli e di incrementare la qualità urbana degli insediamenti, ricono- scendo al tassello la capacità di innescare un processo, non tanto o non solo di trasformazioni materiali altre ma di usi altri, di modi di vivere di- versi per la nuova parte di città.

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