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Le politiche di manipolazione del reddito attraverso attivita' reali e di disclosure

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale in

Consulenza Professionale alle Aziende

Tesi di Laurea

Le politiche di manipolazione del reddito

attraverso attività reali e di disclosure

Candidato:

Natali Francesco

Relatore:

Prof. Allegrini Marco

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INDICE

INTRODUZIONE 1

CAPITOLO I - ASPETTI TEORICI 4

1.1 LA RELAZIONE TRA EARNINGS QUALITY ED EARNINGS MANAGEMENT 4

1.2 LA DEFINIZIONE DI EARNINGS MANAGEMENT 8

1.3 - GLI EARNINGS MANAGEMENT, UNA CLASSIFICAZIONE 13

1.4 GLI ATTORI DELLE POLITICHE DI EARNINGS MANAGEMENT 19

1.5 IL BILANCIO DI ESERCIZIO: STRUMENTO DI CONOSCENZA E COMPORTAMENTO 24

1.5.1VALUTAZIONIALTERMINEDELL’ESERCIZIO:STIMEECONGETTURE 28

1.5.2LADISCREZIONALITÀCONTABILE:FATTISPECIEPOSITIVAONEGATIVA? 32

1.6 REAL EARNINGS MANAGEMENT 37

1.6.1TECNICHEDIREALEARNINGSMANAGEMENT 41

1.7 ACCRUALS EARNINGS MANAGEMENT 51

1.7.1TECNICHEDIACCRUALSEARNINGSMANAGEMENT 54

1.8 REVERSAL 59

1.9 GLI OBIETTIVI DELLE POLITICHE DI EARNINGS MANAGEMENT 62

1.9.1LEPOLITICHEDIINCOMESMOOTHING 64

1.9.2POLITICHEDIINCOMEMAXIMIZATION 67

1.9.3POLITICHEDIINCOMEMINIMIZATION 68

1.9.4POLITICHEDIBIG-BATH 69

1.10 GLI INCENTIVI: REAZIONI DEL MERCATO E VINCOLI CONTRATTUALI 71

1.10.1GLIINCENTIVIDIMERCATO 73

1.10.2GLIINCENTIVILEGATIASOGLIEDIREDDITORILEVANTI 78

1.10.3GLIINCENTIVICONTRATTUALI 80

1.11 GLI STUDI SULLE RESTRIZIONI ALLE POLITICHE DI EARNINGS MANAGEMENT 84

1.11.1RESTRIZIONIALLEPOLITICHEDIREALEARNINGSMANAGEMENT 85

1.11.2RESTRIZIONIALLEPOLITICHEDIACCRUALSEARNINGSMANAGEMENT 92

CAPITOLO 2 – ASPETTI EMPIRICI 100

2.1 GLI EFFETTI DELLA SOX SULLE POLITICHE DI EARNINGS MANAGEMENT 100

2.2 IPOTESI 103

2.2.1GLIEFFETTIDELLASOXSUGLIACCRUALSEARNINGSMANAGEMENT 103

2.2.2GLIEFFETTIDELLASOXSUIREALEARNINGSMANAGEMENT 103

2.3 METODOLOGIA DELLA RICERCA 104

2.4 SELEZIONE DEL CAMPIONE 105

2.5 VARIABILI INDIPENDENTI 106

2.5.1REALEAERNINGSMANAGEMENT 107

2.5.2ACCRUALSEARNINGSMANAGEMENT 111

2.6 VARIABILE DIPENDENTE: LEVERAGE 113

2.7 LOGIT MODEL 114

2.8 RISULTATI E CONCLUSIONI 117

INDICE DELLE TABELLE 122

INDICE DELLE FIGURE 122

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1

INTRODUZIONE

Sono passati quasi due decenni, da quando il 28 settembre 1998 Arthur Levitt (l’allora presidente della SEC1), di fronte ad un’attonita platea composta da

accademici, autorità e studenti, riuniti nella prestigiosa facoltà di legge di New York, pronunciò il famoso discorso denominato: “The number game”. Per chi non abbia avuto modo di assistervi (come il sottoscritto), troverebbe comunque interessante ripercorrerne la trascrizione, così da prendere consapevolezza della forza delle cause e delle conseguenze che rispettivamente originarono e seguirono tale orazione, mettendo da parte elogi e critiche mosse successivamente nei confronti della persona e del suo operato. Pare opportuno riportarne in questa sede, un breve estratto che, a parere di chi scrive, rende l’idea dello stupore (o del senso di colpa per taluni o addirittura del timore per talaltri) che circolava tra gli astanti nell’udire le seguenti parole:

<<…Increasingly, I have become concerned that the motivation to meet Wall Street earnings expectations may be overriding common sense business practices. Too many corporate managers, auditors, and analysts are participants in a game of nods and winks. In the zeal to satisfy consensus earnings estimates and project a smooth earnings path, wishful thinking may be winning the day over faithful representation. As a result, I fear that we are witnessing an erosion in the quality of earnings, and therefore, the quality of financial reporting. Managing may be giving way to manipulation; Integrity may be losing out to illusion…>>2.

1 Securities and Exchange Commission.

2 Trad. <<…Sempre più mi preoccupa che nelle prassi commerciali, la motivazione diretta al

soddisfacimento delle aspettative reddituali poste da “Wall Street” possa prevalere sul buonsenso. Sono troppi i manager, revisori ed analisti a figurare come partecipanti in un gioco fatto di “ammicchi” ed “occhiolini”. Nel fervore di raggiungere il consenso circa le stime reddituali e progettare un regolare corso per l’utile, la mera illusione potrebbe trionfare sulla fedele rappresentazione. Di conseguenza, il timore è quello di assistere ad un’erosione della qualità degli utili e quindi, alla qualità del reporting finanziario. La gestione potrebbe lasciare il passo alla manipolazione. L’integrità potrebbe perder terreno nei confronti della fantasia.>>

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Difatti, due anni dopo, una serie di scandali finanziari coinvolsero a cascata alcune tra le apparentemente più solide società statunitensi, facendo emergere l’imprescindibile necessità, di riparare gli ingranaggi della macchina del reporting contabile ormai in panne.

L’interesse di come le società riescano a manipolare il bilancio, ha accompagnato la stesura del capitolo primo, il quale si è focalizzato su un’analisi di alcune tra le varie metodologie applicate nella pratica, fornendo un quadro teorico diretto a descriverne gli attori, i tratti caratteristici, obiettivi, incentivi e restrizioni.

Tale disamina ha assunto un ruolo propedeutico alla redazione del capitolo secondo, nel quale sono stati utilizzati strumenti mutuati dalla disciplina statistica, per la realizzazione di un modello in grado di spiegare l’evoluzione delle modalità di earnings management, impiegate prima e dopo l’entrata in vigore della SOX3.

Va da sé che i ragionamenti esposti non possono non essersi focalizzati in maniera preminente sul contesto statunitense, tuttavia compiendo, ogni qual volta la trattazione lo rendesse possibile, riferimenti ad uno scenario più ampio o più ristretto, in altri termini internazionale o italiano.

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CAPITOLO I - ASPETTI TEORICI

1.1LARELAZIONETRAEARNINGSQUALITYEDEARNINGS MANAGEMENT

Il tema dell’earnings quality4 è un concetto noto nella comunità accademica

internazionale. Sono infatti diversi gli autori che si sono proposti di individuarne una definizione. Alcuni intendono l’earnings quality come il grado con cui gli

earnings riescono a catturare la realtà economica dell’azienda, quindi i documenti

contabili sarebbero da considerarsi tanto più “utili” quanto più gli earnings presentati riescono a riflettere l’andamento aziendale nel periodo di riferimento5.

Altri attribuiscono al reddito l’attributo della qualità quando presenta le seguenti caratteristiche:

 Riflette in maniera accurata le performance operative correnti.  E’ un buon indicatore delle performance operative future.

 E’ una utile misura di sintesi per determinare il valore di una impresa6.

Al di là delle varie definizioni riscontrabili in dottrina, tratto comune risulta essere la prospettiva con la quale la qualità del reddito viene sottoposta ad indagine. Infatti, è comune rintracciare tra gli studiosi nonché in principi contabili, l’associazione tra il reddito e la sua valenza informativa7. In altre parole, l’earnings

4 Greco (2015): <<L’espressione inglese “Earnings Quality” si può tradurre come <<qualità del

reddito>>, letteralmente la traduzione sarebbe <<qualità degli utili>> o <<qualità dei profitti>>.

5 Morais et al. (2008). 6 Dechow et al. (2004).

7 Nell’ambito degli US GAAP, lo Statement of Financial Accounting Concepts N°1, in merito al

financial reporting stabilisce che: <<…is intended to provide information that is useful in making

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quality è concepita secondo la decision usefulness perspective8. In generale questa

prospettiva misura la qualità del reddito secondo il grado di utilità che esso riesce a fornire nei processi decisionali basati su di esso9. Sussiste quindi, una relazione

positiva tra qualità del reddito e utilità informativa dello stesso: tanto più il reddito è espressivo dell’andamento corrente e futuro dell’azienda, tanto più la sua utilità in termini decisionali sarà elevata, portando con sé la conseguenza di un reddito di maggiore qualità.

Questa relazione, non può che essere influenzata dall’oggetto della presente tesi, ovvero gli earnings management. Infatti, una manipolazione che coinvolga i valori di bilancio, non può non avere ripercussioni negative sull’utilità che tale documento assume nei confronti dei portatori di interessi, cioè degradando il reddito ad una qualità inferiore. Eventuali politiche opportunistiche poste in essere dagli amministratori, conducono inesorabilmente ad uno svilimento del contenuto del bilancio e della funzione informativa che rappresenta, lasciando nelle mani degli stakeholder una serie di numeri sui quali, nella migliore delle ipotesi è inutile far affidamento, nella peggiore, addirittura dannoso alla incolumità dei propri interessi.

Della relazione tra qualità e manipolazione del reddito, se ne trova traccia prima che negli scritti scientifici, nella realtà e sulle cronache finanziarie. Come citato

8 Prencipe (2006)

9 In realtà gli studiosi dell’argomento, hanno proposto tre gruppi di indicatori specifici sui quali

basare la valutazione della qualità del reddito. El Diri (2017) : <<The first group includes some

external measures like the earnings restatements reported by the SEC. The second group represents the measures of earnings properties like earnings persistence, errors in the bad debt provision, and the mapping of accruals into cash flows according to the Dechow and Dichev (2002)…. Finally, the third group includes the measures of investors’ responses to earnings like the earnings response coefficient (ERC) (Dechow et al. 2010; Demerjian et al. 2013). High earnings quality is associated with low earnings restatements, high earnings persistence, lower probability of errors in the bad debt provision, better mapping of accruals into cash flows, and high investors ’ response to earnings announcements (Adut et al. 2013). However, there is no single appropriate measure for earnings quality as each proxy measures a specific aspect of the variable and supports different type of decision (Dechow et al. 2010)>>.

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nella introduzione, Arthur Levitt10, nel periodo in cui gli Stati Uniti e il mondo intero rimasero scioccati da scandali finanziari di inaudite proporzioni, pronunciò il discorso “The number game”; un passo recitava: <<…As a result, I fear that we

are witnessing an erosion in the quality of earnings, and therefore, the quality of financial reporting…>>11.

Una diminuzione della qualità del reddito dovuta al venir meno dell’affidabilità dei documenti che lo riportano, ha come conseguenza una maggior diffidenza da parte dei soggetti esterni all’azienda a basare le proprie decisioni sulle informazioni contabili fornite. Questo fatto si traduce in negative ripercussioni sia per gli investitori che per l’azienda stessa: infatti il funzionamento del mercato dei capitali sia a titolo di equity che di finanziamento soffre della presenza delle asimmetrie informative. Queste hanno l’effetto di incrementare la percezione del rischio da parte di chi intende trasferire risorse all’azienda, esigendo in via cautelativa un ritorno maggiore sull’investimento/finanziamento. Da ciò discende anche una minore efficienza nell’allocazione delle risorse e quindi del mercato nel suo complesso, in quanto dall’aumento del costo del capitale risulteranno penalizzate le imprese di fatto meno rischiose, ma inabili a trasmettere all’esterno il loro basso livello di rischio12.

10 Wikipedia: <<Arthur Levitt Jr. (born February 3, 1931) was the twenty-fifth and

longest-serving Chairman of the United States Securities and Exchange Commission (SEC) from 1993 to 2001>>.

11 Trad. <<…Di conseguenza, il timore è quello di assistere ad un’erosione della qualità degli utili

e quindi, alla qualità del reporting finanziario…>>.

12 E’ interessante l’esemplificazione fornita da Akerlof (1970) in cui evidenzia l’incidenza delle

asimmetria informative nel mercato delle auto usate, esprime incisivamente la relazione tra asimmetrie informative e qualità del mercato: Il mercato offre auto usate, sia in buono stato sia in cattive condizioni (dei "bidoni" o, nel gergo americano, "limoni"). Il potenziale acquirente non conosce in anticipo se l’auto è in buono stato o se è un bidone. L'ipotesi migliore sulla quale si baserà l'acquirente è che l'auto sia di media qualità, per cui il prezzo al quale sarà disposto a pagarla è quello pari ad un auto che non sia né un bidone de di una qualità elevata. Il proprietario di un'auto in buone condizioni, non riuscirà a venderla ad un prezzo così elevato da ritenere conveniente la vendita. Di conseguenza, i proprietari di auto in buono stato non cercheranno di

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La presenza di earnings management non fa che esacerbare la distanza sussistente tra la realtà aziendale e la sua rappresentazione veritiera e corretta, amplificando gli effetti negativi prodotti dalle asimmetrie informative. Quindi, non solo i portatori di interesse in generale prendono le proprie decisioni all’oscuro di una parte dei fondamentali della azienda, ma addirittura la rimanente (quella nota), perde utilità sotto il profilo informativo in ragione dell’applicazione delle politiche manipolative.

Ci si concentrerà adesso sulla definizione di earnings management, per andare successivamente ad approfondirne gli aspetti caratterizzanti.

piazzare i propri beni sul mercato delle auto usate. Il ritiro dei mezzi buoni riduce il livello qualitativo medio delle auto presenti nel mercato, determinando di conseguenza una revisione al ribasso delle aspettative sulla qualità delle auto da parte dei compratori. Il risultato è che la qualità del mercato si ridurrà sempre più.

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1.2LADEFINIZIONEDIEARNINGSMANAGEMENT

Il concetto di Earnings Management è stato oggetto di numerose definizioni da parte degli studiosi di Financial Accounting di ambito internazionale. In Italia viene solitamente indicato con la locuzione Politiche di Bilancio, sebbene gli studiosi di Economia Aziendale abbiano dedicato al tema sicuramente meno spazio rispetto ad altri contesti, primo fra tutti quello nord-americano13.

Nel proseguo si utilizzeranno indifferentemente le locuzioni Earnings

Management e Politiche di Bilancio, vista la rassomiglianza riscontrata da diversi

studiosi14.

Data la vasta ma eterogenea letteratura in materia, nonché i variegati aspetti che circondano l’argomento sotto il profilo pratico, appare arduo individuare una nozione univoca del concetto di Earnings Management.

Prima di effettuare un tentativo, sembra opportuno riportare le definizioni più citate tra gli studiosi sul tema, sia in ambito internazionale che nazionale.

La prima è contenuta in Schipper (1989)il quale concentra la sua definizione sulla manipolazione dell’external reporting per il raggiungimento di benefici privati, come l’incremento del compenso da parte dei manager:

<<By “earnings management” I really mean “disclosure management” in the sense of a purposeful intervention in the external financial reporting

14 Un esempio si ha in Mattei (2006) il quale sottolinea come <<…il concetto di “politiche di

bilancio” diffuso nella dottrina economico-aziendale italiana sia largamente assimilabile a quello di earnings management…>>. Secondo l’autore la differenza è da riscontrarsi

nell’approccio al tema, normativo per quanto riguarda il contesto italiano, statistico/empirico quello internazionale.

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process, with the intent of obtaining some private gain (as opposed to, say, merely facilitating the neutral operation of the process>>15.

La seconda è contenuta in e Healy - Wahlen (1999), i quali anch’essi si focalizzano sul financial misreporting utilizzato allo scopo di fuorviare gli stakeholder in vista di benefici contrattuali:

<<Earnings Management occurs when managers use judgment in financial reporting and in structuring transactions to alter financial reports to either mislead some stakeholders about the underlying economic performance of the company or to influence contractual outcomes that depend on reported accounting numbers>>.

Walker (2013) enfatizza invece le due forme di earnings management,

accrual e real nella seguente definizione:

<<The use of managerial discretion over (within GAAP) accounting choices, earnings reporting choices, and real economic decisions to influence how underlying economic events are reflected in one or more measures of earnings>>.

Nel contesto nazionale, una definizione tenuta in considerazione da molteplici studiosi è quella di Verona (2006), il quale pone l’accento sulla distinzione tra gli strumenti di attuazione (manovre contabili od operazioni ad hoc) definendo il termine politiche di bilancio come:

<<…il complesso di tutte le manovre contabili lasciate alla discrezionalità degli amministratori, che volontariamente le pongono in essere, e di tutte le operazioni ad hoc attuate per raggiungere uno scopo diverso del fine economico ad esse sottostante. Scopo ultimo delle politiche di bilancio è

15 La definizione data da Schipper, nonostante sembri potersi riferire solamente alle politiche di

“disclosure management” è più ampia di quanto appaia. Infatti, come sottolinea la stessa autrice poche righe dopo: <<A minor extension to the definition would encompass “real” earnings

management, accomplished by timing investment or financing decisions to alter reported earnings or some subset of it>>.

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quello di far apparire un bilancio differente da quello reale e/o influenzare gli aspetti sostanziali della gestione aziendale.>>

Preso atto delle posizioni tenute dagli influenti autori citati, è necessario adesso fornire una definizione propria a questo lavoro, la quale si concentri sull’individuazione dei tratti comuni e fondamentali compresi nelle varie accezioni riscontrate. Le politiche di earnings managment quindi vengono considerate come:

Un insieme di operazioni contabili e/o gestionali, volontariamente poste in essere dagli amministratori, con l’obiettivo di pervenire ad una situazione vantaggiosa per sé o per determinati gruppi di interesse.

Detto ciò, dalla nozione appena enunciata, emergono una serie di temi rilevanti che meritano, in questa fase iniziale, un’analisi preliminare allo scopo di porre le basi per la lettura degli approfondimenti a seguire.

Innanzitutto le politiche di earnings management possono essere poste in essere tramite manovre contabili, capaci di alterare le cifre componenti il bilancio di esercizio nonché, in ultima analisi, il reddito. Oltre a questo, ulteriori strumenti utilizzabili in concomitanza o alternativamente, sono le manipolazioni afferenti la sfera gestionale, le quali si sostanziano nella messa in atto di reali operazioni

economiche motivate dal raggiungimento della soglia di reddito preferibile.

Proseguendo, la volontarietà delle azioni poste in essere, determina la differenza tra le politiche di bilancio e gli errori commessi involontariamente16,

seppur gli effetti sui documenti contabili possano dispiegarsi in modo analogo. Inoltre, gli attori delle politiche di earnings management, sono da individuare negli amministratori, in quanto rappresentano quei soggetti ai quali è affidato sia

16 Marai et al. (2013), individua la differenza tra una manipolazione di bilancio e un errore nella

presenza del carattere di intenzionalità dell’azione: <<…earnings management behaviour refers

to purposeful and deliberate actions taken by management with the ultimate goal to alter reported earnings. Thus, earnings management is different from unintentional errors, such as accountant mistakenly entering incorrect numbers>>.

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11

il potere gestionale, nonché il compito di contribuire alla redazione del bilancio di esercizio, attività ipoteticamente propedeutiche alla manipolazione del reddito.

Segue l’obiettivo generale che sta alla base delle politiche di bilancio, ovvero l’ottenimento di una realtà diversa da quella raggiungibile in assenza di manipolazioni; realtà, si sottolinea, in grado di incrementare i benefici a vantaggio degli amministratori e/o di soggetti diversi per conto dei quali le manipolazioni vengono realizzate.

A conclusione del presente paragrafo vengono effettuate due precisazioni utili a chiarificare la lettura del presente elaborato ed a definirne in maniera più netta il perimetro di indagine:

 E’ d’uopo segnalare come gli earnings management nel presente elaborato siano considerati con una accezione negativa. Si specifica però che la discrezionalità con la quale gli amministratori sono chiamati ad operare, sia nelle decisioni gestionali sia nelle determinazioni dei valori di bilancio, non deve essere univocamente intesa come foriera di bilanci inattendibili. Il presupposto sulla base del quale le norme ed i principi di natura contabile attribuiscono la discrezionalità contabile agli amministratori, è proprio quello di dar loro spazio di manovra al fine di rendere più rappresentativa e caratterizzante l’informativa contabile per una determinata società. Purtroppo però, confini giuridico e tecnico contabili indefiniti, potrebbero essere assoggettati ad abuso, piegando così la discrezionalità a scopi estranei alla corretta rappresentazione contabile, e di conseguenza comportando il degradamento dell’utilità informativa del bilancio. Sul tema seguirà un paragrafo dedicato.

 Le politiche di earnings management, sia riguardanti la manipolazione dei valori in sede di redazione del bilancio di esercizio, sia tramite il compimento di azioni a carattere reale, vengono qui tenute distinte rispetto

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alle frodi contabili, le quali meriterebbero trattazione a parte17. Nel prosieguo dunque ci si soffermerà unicamente su quelle manipolazioni che operano entro i confini dei GAAP e delle norme di riferimento (earnings

management) e non su quelle che le violano (frodi)18. Rimandando oltre per

la definizione delle tecniche di earnings management, si riporta un grafico presente in Dechow e Skinner (2000), il quale visivamente distingue le politiche di bilancio dalle frodi contabili.

Figura 1 - La distinzione tra Fraud ed Earnings Management

17 Florio (2012) sul punto si esprime in questo modo: <<…va rilevato come le politiche di bilancio

possano esplicarsi nel pieno rispetto delle norme e dei principi contabili che dettano i criteri di valutazione delle poste, e non debbano necessariamente sconfinare in comportamenti illeciti e, di lì, determinare la pubblicazione di un bilancio fraudolento>>.

18 El Diri (2017) in proposito: <<…fraud involves a violation of GAAP, e.g., ignoring some

required provisions or recording fictitious or unrealized sales. Managers may commit fraud within or after the fiscal year to increase or decrease the reported earnings. Fraud generally follows aggressive earnings management behaviour; hence it is considered extremely aggressive compared to earnings management (Dechow and Skinner2000; Ronen and Yaari 2008; Walker 2013).

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1.3-GLIEARNINGSMANAGEMENT,UNACLASSIFICAZIONE

Abbiamo sottolineato in precedenza come in questo lavoro le politiche di

earnings management vengano intese come sinonimo di politiche di bilancio.

Tutte le tipologie di earnings management presentate di seguito, dispiegano i loro effetti sul reddito di esercizio. Questo però non deve indurre a ritenere che le manipolazioni influenzino unicamente la sfera reddituale. Infatti, dato il legame che sussiste tra conto economico, stato patrimoniale e rendiconto finanziario, l’alterazione di una voce dei seguenti prospetti avrà ripercussioni sugli altri, risultando in un bilancio più o meno falsato nella sua interezza19.

Le classificazioni degli earnings management presenti in letteratura tendono comunemente a distinguerne le varie forme sulla base della natura. Si identificano pertanto due forme principali di earning management:

 Politiche di real earnings management

 Politiche di disclosure earnings management

A sua volta le politiche di disclosure earnings management si distinguono in due forme specifiche:

 Accruals earnings management  Classification shifting

19 Florio (2012) sul concetto si esprime in questo modo: <<…si sottolinea come l’oggetto delle

manipolazioni si estenda, in realtà, oltre i confini della traduzione letterale di “earnings

management”, che si riferisce in modo esplicito solamente alla manipolazione del risultato economico dell’esercizio. In effetti, si ricorda come nel sistema di bilancio tutti i valori siano tra loro collegati: di conseguenza, alla manipolazione di un componente positivo e/o negativo di reddito corrisponde la alterazione del valore assegnato alle corrispondenti attività e passività patrimoniali e, di lì, al capitale netto di funzionamento.

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14

Le politiche di real earnings management o politiche di earnings

management dirette20 od operazioni ad hoc21, si materializzano in manipolazioni

del reddito derivanti dall’attuazione di attività gestionali a carattere reale. La differenza che sussiste tra una azione manageriale “corretta” ed una manipolativa è da ricercarsi primariamente negli interessi per i quali l’operazione è stata posta in essere; le prime saranno attuate direttamente nell’interesse della società, e indirettamente verso gli stakeholder mentre le seconde devieranno i benefici prodotti verso gli stessi soggetti che le metteranno in atto, gli amministratori e/o gruppi di interessi particolari. Si pensi a titolo di esempio al taglio dei prezzi di vendita di prodotto, allo scopo di incrementare il fatturato al quale è ipoteticamente legata la remunerazione variabile del manager. Le politiche di real earnings

management acquistano l’aggettivo real, in virtù della natura di tali operazioni ma

anche a causa degli effetti che producono sulla dinamica aziendale. Infatti, detta manipolazione ha incidenza sul cash-flow aziendale.

Le politiche di disclosure earnings management o politiche di earnings

management indirette22, sfruttano invece la discrezionalità concessa agli

amministratori in sede di redazione del bilancio di esercizio. Essi sono chiamati dalle norme e dai principi contabili del paese di riferimento, ad operare delle stime e congetture per la determinazione di valori non certi nell’an e/o nel quantum e in caso nella data di sostenimento/realizzazione. Inoltre, godono di una certa discrezionalità anche nella classificazione di un determinato valore tra i vari componenti di stato patrimoniale e conto economico. Rispetto al real earnings

management, la manipolazione del reddito non giunge al reddito netto contabile

per il tramite delle operazioni reali, ma si concentra sulla variazione contabile delle componenti del bilancio.

Più nello specifico le politiche di accrual earnings management riguardano la manipolazione delle poste non monetarie. Quindi gli amministratori, tramite stime e congetture slegate dalla fedele espressione dei fondamentali economici,

20 Florio (2012) 21 Verona (2006) 22 ibidem

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15

ma attratte da interessi personalistici, piegheranno le valutazioni nella direzione del livello di reddito a loro più conveniente. In letteratura si usano distinguere gli

accruals, ovvero la parte non monetaria del reddito, in dicretionary accruals e non-discretionary accruals. I primi sono la parte degli accruals assoggettabile a

manipolazione a causa della discrezionalità concessa; a titolo di esempio la determinazione della quota di ammortamento di un cespite. I secondi non risultano manipolabili contabilmente;sono ricavi o spese obbligatorie e non discrezionali, già contabilizzati/e ma non ancora realizzati o sostenute; si pensi ad esempio ai salari e stipendi relativi all’ultimo mese dell’anno e quindi contabilizzati in tale esercizio ma da liquidare all’inizio dell’anno successivo23.

La seconda forma di disclosure earnings management riguarda la

classification shifting. Tali manipolazioni, trovano luogo solitamente a conto

economico, e sono legate alla discrezionalità degli amministratori nell’imputare ricavi e costi all’interno dell’area operativa o in altre aree del prospetto. Nonostante il reddito netto non subisca variazioni, gli amministratori incrementano o decrementano il valore dell’area operativa del conto economico con costi e ricavi afferenti altre aree come quella extra – operativa o straordinaria, con l’obiettivo di modellare ad esempio il MON (Margine Operativo Netto), piuttosto che l’EBIT (Earnings Before Interests and Taxes), a seconda delle necessità. Tale pratica è utile in ragione dell’importanza rivolta dagli analisti finanziari al reddito generato dalla gestione tipica dell’azienda indipendentemente dai componenti accessori e dalla struttura finanziaria. Oggi, il raggio di azione di tali tipologie di manipolazioni ha subìto una riduzione in virtù del venir meno

23 Ronen & Yaari (2008) in termini generali, definiscono i non-discretionary accruals come: <<

…accruals that arise from transactions made in the current period that are normal for the firm given its performance level and business strategy, industry conventions, macro-economic events, and other economic factors>>. Mentre i discretionary accruals sono considerati come: <<…accruals that arise from transactions made or accounting treatments chosen in order to manage earnings>>.

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dell’area straordinaria in certi contesti come quello italiano24. Infatti, come alcuni

studi documentano25, si poteva assistere ad un interscambio di valori tra area

operativa ed area straordinaria con obiettivi “cosmetico” - contabili rivolti all’area caratteristica.

Sia per il motivo appena citato, sia per la minore rilevanza attribuita al tema dagli studiosi, ma soprattutto per la coerenza con le modalità di earnings

management alla base delle analisi empiriche presenti nel secondo capitolo, il classification shifting non troverà ulteriore approfondimento nella presente

trattazione.

24 Miele e Sura (2017) <<Una delle principali novità recate dal D.Lgs. n. 139/2015 riguarda lo

schema del Conto Economico, dal quale è stata eliminata la sezione straordinaria. La novità discende direttamente dalla Direttiva UE 34/2013 e, almeno in apparenza, costituisce un ulteriore tassello del processo di avvicinamento ai principi contabili internazionali IAS/ IFRS, che non prevedono ormai da tempo la possibilità di evidenziare componenti straordinaria all’interno del Conto Economico>>

25 McVay (2006) <<…examines the classification of items within the income statement as an

earnings management tool. Evidence is consistent with managers opportunistically shifting expenses from core expenses (cost of goods sold and selling, general, and administrative expenses) to special items. This vertical movement of expenses does not change bottom-line earnings, but overstates ‘‘core’’ earnings. In addition, it appears that managers use this earnings management tool to meet the analyst forecast earnings benchmark, as special items tend to be excluded from both pro forma and analyst earnings definitions>>.

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17

Per favorire la chiarezza espositiva, da ora in avanti:

 I termini esposti nella tabella verranno esposti con le relative abbreviazioni;

Tabella 1 - Abbreviazioni

Termine

Abbreviazione

Politiche di earnings management o politiche di bilancio

EM

Politiche di disclosure earnings

management o politiche di earnings

management indirette DEM

Politiche di accruals earnings

management AEM

Politiche di real earnings management o politiche di earnings management dirette od operazioni ad hoc

REM

 Il termine amministratore e manager saranno utilizzati come sinonimi. In questo elaborato, il loro significato si distanzia da quello giuridico nonché dalla precisa configurazione in termini di organizzazione aziendale. Nella letteratura nazionale in tema delle politiche di bilancio, sia in riferimento alle manovre contabili che alle operazioni ad hoc, è possibile imbattersi nel termine amministratore o organo amministrativo26. In ambito internazionale invece, ci si riferisce all’attore delle varie possibili

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18

configurazioni manipolative con il termine manager. Quindi, spaziando tale lavoro entro ed oltre i confini italiani, si considereranno i due termini in maniera interscambiabile.

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1.4GLIATTORIDELLEPOLITICHEDIEARNINGSMANAGEMENT

Gli amministratori nelle società di rilevante dimensione, rivestono un ruolo chiave sia nella gestione del processo produttivo (inteso in senso lato) dei beni e/o dei servizi offerti dall’azienda, sia nella redazione dei documenti contabili con funzione di reporting dell’attività aziendale compiuta. Tali soggetti, dunque, ricoprono una posizione privilegiata nell’acquisizione della conoscenza delle fondamenta del complesso produttivo per il quale operano. In condizioni fisiologiche, gli amministratori si adoperano affinché il loro profondo sapere dell’azienda venga trasferito a soggetti esterni ad essa, così da ridurre il più possibile le asimmetrie informative e limitarne i costi che ne derivano. Tuttavia se l’informazione superiore, prima di essere trasmessa, viene da essi distorta per scopi personalistici, allora si assisterà al trasferimento verso terzi di rappresentazioni fittizie, le quali non solo faranno venir meno l’utilità comunicativa, ma comporteranno un danno potenziale per gli utilizzatori. Gli amministratori, con i loro poteri discrezionali, possono rappresentare di fatto il ruolo di attori nella manomissione del processo di reporting.

Il ruolo ed il potere rilevante di cui godono, nel tempo e in diversi stati, ha subìto regolamentazioni ad hoc a beneficio degli utilizzatori del bilancio. Infatti nell’anno 2002, nello scenario statunitense è entrato in vigore il Sarbanes-Oxley

Act (SOX), provvedimento normativo di grande rilevanza in tema di “corporate responsability for financial reports”. L’intervento del legislatore federale

statunitense, fu innescato dai disastrosi scandali finanziari che videro la società Xerox come apri fila, la quale nel 2000 rivelò profitti gonfiati per un valore di 1.4 miliardi di dollari. Nell’anno successivo, e fino alla data di entrata in vigore della SOX, circa venti società tra le quali Enron, World-Com Tyco ed altre, furono coinvolte in analoghi eventi. Gli scandali contabili, conseguentemente, coinvolsero anche società preposte alla revisione del bilancio: la audit firm Arthur Andersen LLP, allora quinta più grande società di servizi di revisione al mondo, fu accusata di intralcio alla giustizia per aver distrutto documenti relativi alla revisione del bilancio di Enron. Il riverbero di tali fallimenti ebbe ingenti

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20

ripercussioni non solo nel mondo dell’industria, dei servizi e dell’alta finanza, ma anche nel mondo reale dove molteplici piccoli risparmiatori persero il loro piccolo capitale in termini assoluti, ma grande in proporzione al proprio patrimonio27. La

finalità della SOX, era dunque quella di tutelare in misura più efficace gli investitori grandi e piccoli, e di conseguenza il mercato nella sua interezza dai fenomeni abusivi.

Dall’entrata in vigore della normativa, gli aspetti di corporate governance che subirono, una profonda revisione sono stati i seguenti:

 CEO e CFO rispondono personalmente del contenuto dei documenti contabili presentati, essendo tenuti a certificare attendibilità e veridicità delle informazioni comunicate all’esterno.

 Il management ha l’obbligo di mettere in atto misure di controllo interno idonee, allo scopo di garantire la trasparenza nonché la tracciabilità delle informazioni economico – finanziarie rilasciate.

 I revisori contabili subiscono un maggior controllo sulla propria attività; infatti da un lato vengono sottoposti a monitoraggio esterno, dall’altro devono garantire il requisito dell’indipendenza.

 Vengono inoltre rese più severe le pene per i crimini contabili e gli illeciti fiscali.

27 Ronen e Yaari (2008) nell’introduzione scrivono: <<The accounting scene in the United States

changed dramatically at the beginning of the twenty-first century. The prosperity of the late-twenty-century stock markets attracted small investors as well as large ones. Lynn Turner, (2001b), cites a 2000 study that finds that in 1998, some 43.6% of the adult population owned shares (84 million shareholders).

“These stockholders come from all walks of life, young and old, rich and not so rich. … And interestingly, half of those stockholders have income of less than $57,000 and only 18 percent have family incomes that exceed $100,000. Indeed, the average stockholder today is the average American who lives next door, is your aunt or uncle, a close friend or family member. (Turner, p. 1, emphasis added)”>>.

(27)

21

Scandali finanziari trovarono luogo anche all’interno dei confini italiani, primi fra tutti il dissesto che coinvolse Cirio e Parmalat. Le negative esperienze sul suolo statunitense, nonché le altrettanto negative conferme su quello italiano, spinsero il nostro Parlamento ad emanare una legge simile alla SOX, ovvero la Legge n.262 del 2005 rubricata: “Disposizioni per la tutela del risparmio e la

disciplina dei mercati finanziari”.

Le leggi a tutela del risparmio e dei mercati finanziari, indipendentemente dal paese di riferimento, condividono lo scopo di prevenire abusi da parte degli amministratori circa la propria posizione privilegiata nella raccolta e disposizione delle informazioni. Tali timori, hanno una base comune nella divergenza di obiettivi preposti all’operato del management e degli azionisti. In particolare, è di grande rilevanza la teoria conosciuta con la locuzione di agency theory28, la quale

ha esercitato una notevole influenza sulla teoria contabile. In dettaglio, le ricerche condotte da Watts e Zimmerman hanno dato avvio alla corrente di pensiero conosciuta come positive accounting theory29. Questa teoria contabile, si focalizza

28 Donaldson & Davis (1991) affrontano il problema in questa termini: << Agency theory argues

that in the modern corporation, in which share ownership is widely held, managerial actions depart from those required to maximise shareholder returns (Berle and Means 1932; Pratt and Zeckhauser 1985). In agency theory terms, the owners are principals and the managers are agents and there is an agency loss which is the extent to which returns to the residual claimants, the owners, fall below what they would be if the principals, the owners, exercised direct control of the corporation (Jensen and Meckling 1976). Agency theory specifies mechanisms which reduce agency loss (Eisenhardt 1989). These include incentive schemes for managers which reward them financially for maximising shareholder interests. Such schemes typically include plans whereby senior executives obtain shares, perhaps at a reduced price, thus aligning financial interests of executives with those of shareholders (Jensen and Meckling 1976). Other similar schemes tie executive compensation and levels of benefits to shareholders returns and have part of executive compensation deferred to the future to reward long-run value maximisation of the corporation and deter short-run executive action which harms corporate value>>.

29 Watts and Zimmerman (1986) sottolineano la necessità, di affrontare il problema della teoria

contabile allo scopo di spiegare i comportamenti e le prassi contabili, criticando la teoria normativa, la quale tenta invece di prescrivere come la pratica di accounting dovrebbe essere.

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22

sulla relazione sussistente tra soggetti interni all’azienda: per esempio l’azionariato viene qualificato come principale mentre il management come agente. Detto rapporto presuppone una delega di potere decisionale dal principale all’agente. Secondo tale teoria l’agente, in qualità di individuo, opera nel self-interest, e dunque ha incentivo a porre in essere attività benefiche per se, indipendentemente dal fatto che siano dannose per gli interessi del principale. Queste effetti negativi prendono il nome di costo di agenzia30. Il problema più rilevante che sorge con la

delega dei poteri è il conflitto di interessi. Difatti gli interessi degli agenti potrebbero divergere da quelli dei principali. L’obiettivo primario, dalla prospettiva degli shareholders, è quello di massimizzare le performance dell’azienda e contestualmente i profitti prodotti. Tuttavia i manager perseguiranno un diverso obiettivo ovvero quello di massimizzare il loro compenso. A causa del conflitto relazionale, le organizzazioni spesso tentano di instaurare meccanismi in grado di allineare gli obiettivi perseguiti dalle categorie di soggetti menzionate. Come il caso della previsione di apposite clausole contrattuali, tolleranti il perseguimento del self-interest da parte dei soggetti aziendali, ma allo stesso tempo motivanti verso la massimizzazione del valore dell’organizzazione (e.g.

stockoptions). Tuttavia, questi meccanismi non sempre sono in grado di prevenire

la manipolazione degli earnings da parte dei manager. Il problema dell’agenzia, e la delega di potere che la caratterizza, con la contestuale presenza di simmetrie informative, determinerà l’opportunità per i manager di alterare i valori di bilancio, senza che gli azionisti possano rendersene conto.

30 I costi di agenzia derivano dall’azzardo morale, cioè dal comportamento scorretto che l'agente

mette in atto alla presenza di asimmetrie informative:

 Costi di sorveglianza ed incentivazione necessari per orientare il comportamento dell'agente verso gli interessi del complesso produttivo e degli shareholder

 Costi di obbligazione che l'agente deve sostenere per assicurare il principale che non adotterà comportamenti opportunistici che lo possano danneggiare, ed eventualmente indennizzarlo

 Parte residua che è rappresentata dalla differenza tra l'utilità derivante dal comportamento effettivo dell'agente e l'utilità derivante dal comportamento che avrebbe dovuto tenere l'agente

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Figura 2 - Asimmetrie informative

Considerando quanto finora espresso, circa la pratica di earnings

management, la agency theory spiega l’esistenza di un incentivo per il

management alla manipolazione del reddito. Si sottolinea dunque, che il manager, in virtù della posizione ricoperta e quindi della vicinanza alla reale attività dell’impresa, detiene un vantaggio informativo sul principale. L’incentivo ad utilizzare pratiche di earnings management, è quindi da attribuire al conflitto di interessi esistente, che può portare il management a migliorare la propria situazione a discapito degli interessi degli shareholder, dell’organizzazione e dei portatori di interessi nel loro complesso.

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24

1.5ILBILANCIODIESERCIZIO:STRUMENTODICONOSCENZAE COMPORTAMENTO

Il bilancio è il principale strumento di comunicazione tra l’azienda e l’ambiente che la circonda. Per mezzo del bilancio, l’azienda instaura un dialogo periodico con gli stakeholder, mettendoli al corrente del proprio andamento durante il periodo di riferimento. Seppur esso rivesta un ruolo maggiormente significativo in riferimento alle società quotate, vista la più articolata informativa obbligatoria, anche per le PMI risulta essere un importante documento, in ragione del fatto che esso rappresenta spesso l’unica base informativa rilasciata da questa tipologia di imprese.

Il bilancio dunque favorisce la conoscenza, da parte di soggetti esterni all’impresa, delle dinamiche aziendali, permettendo ai portatori di interesse di comprendere se e come l’entità crea valore, tramite la rappresentazione delle variabili fondamentali alla base della gestione patrimoniale, economica e finanziaria.

Dalla funzione conoscitiva del bilancio ne discende un’altra altrettanto importante, ovvero quella di rappresentare la base decisionale con la quale i differenti stakeholder regolano i propri interessi connessi all’azienda. Tali soggetti sono caratterizzati da interessi eterogenei, ma tutti condividenti un legame di una certa natura con l’azienda: gli azionisti possiedono partecipazioni, i finanziatori hanno apportato risorse a titolo di prestito, i dipendenti impiegano le loro energie e il loro tempo sotto forma di forza lavoro, per il funzionamento del complesso aziendale e così via. Siffatti legami, seppur differenti, hanno tutti ragione d’esistere sulla base di valutazioni di convenienza operate da ciascun stakeholder. Ognuno infatti, in modo differente, ha immobilizzato il proprio capitale nell’impresa: gli azionisti e i finanziatori hanno immobilizzato il proprio patrimonio, i dipendenti le energie, abilità e tempo; quindi ciascuno è interessato a comprendere se e quanto il proprio investimento stia generando un ritorno positivo, e se e quanto le prospettive future confermino od amplino la redditività di tale investimento; l’azionista deve valutare la convenienza a mantenere l’investimento in

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partecipazioni in confronto al rendimento ottenibile tramite l’investimento di quel capitale in altre società (costo - opportunità); il finanziatore deve comprendere se il prestito comprensivo di capitale e interessi, verrà a lui restituito nelle condizioni concordate; il dipendente deve valutare se, viste le prospettive, convenga impegnarsi maggiormente nel processo di crescita aziendale oppure se sia ragionevole mettersi alla ricerca di un posto di lavoro in una realtà con prospettive più rosee. Le decisioni che discendono dalle suddette analisi, si basano sulla conoscenza dell’impresa da parte dello stakeholder, conoscenza, come detto, di cui il bilancio ne rappresenta uno dei presupposti fondamentali.

Di seguito uno schema riepilogativo degli interessi e delle decisioni a carico dei principali stakeholder:

Tabella 2 - Interessi e potere decisionale dei principali Stakeholder

Stakeholder Interessi principali Potere decisionale

Shareholder Creazione valore/Crescita prezzo azionario/Dividendi Elezione amministratori

Banche ed altri finanziatori Rispetto delle condizioni del prestito Ritiro prestito/Inasprimento condizioni contrattuali per violazione

covenant

Management Remunerazione fissa e variabile/Soddisfazione lavorativa Decisioni strategico e operative

Dipendenti Stipendio Sicurezza lavorativa Soddisfazione lavorativa

Dimissioni/Qualità del servizio e/o prodotto

Fornitori Rispetto condizioni contrattuali/Incremento vendite Prezzo/Qualità/Rispetto tempistiche di consegna

Clienti Prezzo/Qualità/Rispetto tempistiche di consegna Volume e prezzo acquisti/Tempi e modi di pagamento

Comunità Ambientale/Sociale Pressioni tramite associazioni

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Le esigenze informative di tutti i portatori di interessi sono continue così come lo è la gestione aziendale. La gestione è di per sé costante, nel tempo che va dalla costituzione del complesso aziendale fino alla sua cessazione. Tuttavia, data la necessità degli stakeholder di conoscere l’andamento aziendale periodicamente, è necessario operare una suddivisione fittizia della gestione aziendale al fine di poter comunicare all’esterno le variazioni del patrimonio aziendale. Il bilancio di esercizio quindi, discende dalla creazione di periodi distinti, i quali possano così essere adeguatamente rappresentati, e la cui trasmissione all’esterno sia frequente abbastanza da poter soddisfare le esigenze conoscitive dei portatori di interesse, divenendo per essi una utile base decisionale alla regolazione dei propri interessi. Ciò comporta che gli amministratori al termine dell’esercizio, coerentemente con il principio della competenza economica31, operino delle valutazioni che

31 In riferimento al contesto statunitense si riporta quanto dichiarato nello SFAC n° 1:

<<Information about enterprise earnings and its components measured by accrual accounting generally provides a better indication of enterprise performance than information about current cash receipts and payments. Accrual accounting attempts to record the financial effects on an enterprise of transactions and other events and circumstances that have cash consequences for an enterprise in the periods in which those transactions, events, and circumstances occur rather than only in the periods in which cash is received or paid by the enterprise. Accrual accounting is concerned with the process by which cash expended on resources and activities is returned as more (or perhaps less) cash to the enterprise, not just with the beginning and end of that process. It recognizes that the buying, producing, selling, and other operations of an enterprise during a period, as well as other events that affect enterprise performance, often do not coincide with the cash receipts and payments of the period>>.

Invece per quanto riguarda il contesto italiano si fa riferimento all’OIC n° 11: <<L'effetto delle

operazioni e degli altri eventi deve essere rilevato contabilmente ed attribuito all'esercizio al quale tali operazioni ed eventi si riferiscono e non a quello in cui si concretizzano i relativi movimenti di numerario (incassi e pagamenti).

La determinazione dei risultati d'esercizio implica un procedimento di identificazione, di misurazione e di correlazione di ricavi e costi relativi ad un esercizio…

1. I ricavi, come regola generale, devono essere riconosciuti quando si verificano le seguenti due condizioni: 1) il processo produttivo dei beni o dei servizi è stato completato; 2) lo scambio è già avvenuto, si è cioè verificato il passaggio sostanziale e non formale del titolo di

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permettano loro di pervenire alla determinazione del risultato economico di periodo.

Il momento della redazione del bilancio, a causa nelle necessarie valutazioni e quindi della discrezionalità operata dagli amministratori, rappresenta il momento in cui DEM possono trovare applicazione. Inoltre essendo il bilancio, la base informativa con la quale i portatori di interesse modellano i propri comportamenti, gli amministratori possono cercare di indirizzarli tramite la manipolazione delle valutazioni di fine esercizio.

proprietà. Tale momento è convenzionalmente rappresentato dalla spedizione o dal momento in cui i servizi sono resi e sono fatturabili.

Regole particolari riguardano la rilevazione del valore della produzione delle opere in corso di esecuzione, su ordinazione, che vengono misurate in base all’avanzamento dell’opera stessa.

2. I costi devono essere correlati con i ricavi dell'esercizio. Detta correlazione costituisce un corollario fondamentale del principio di competenza ed intende esprimere la necessità di contrapporre ai ricavi dell'esercizio i relativi costi siano essi certi che presunti…>>.

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28

1.5.1 VALUTAZIONI AL TERMINE DELL’ESERCIZIO: STIME E CONGETTURE

Come anticipato nel paragrafo precedente, il bilancio rappresenta il documento di sintesi che esplicita gli effetti prodotti dalla gestione sul reddito e sul capitale dell’impresa durante l’esercizio. L’esercizio non è altro che una fittizia e intermittente divisione temporale del periodo di vita dell’impresa, utile al rispetto del principio di competenza economica. L’applicazione di tale principio, e delle regole che ne discendono, permette la determinazione del reddito e del capitale di funzionamento. Il reddito di esercizio, rappresenta il risultato economico attribuito al periodo considerato, scaturente dalla misurazione di un complesso di operazioni gestionali concluse e non. Il capitale di funzionamento invece, rappresenta la somma algebrica dei valori attribuiti alle attività e alle passività componenti il patrimonio aziendale, i quali concorreranno alla produzione di redditi futuri mediante lo svolgimento di operazioni ancora in corso. Entrambe le categorie di valori menzionate, non possono essere considerate come oggettivamente determinabili e verificabili. Infatti, esse sono il risultato di un insieme di valori, alcuni dei quali originatisi grazie all’opera valutativa posta in essere dagli amministratori.

I valori che trovano luogo nel bilancio di esercizio possono essere suddivisi in valori, certi, stimati e congetturati. La compresenza di tali grandezze, deriva dal breve lasso di tempo che vede il ripetersi delle esigenze informative da parte dei vari portatori di interessi, le quali trovano soddisfazione nel ricevere annualmente il bilancio. La frammentazione informativa della gestione determina la necessità di arrestare fittiziamente il procedere della gestione, redigere i documenti informativi necessari, e proseguire dal 1/01/X con un nuovo periodo amministrativo.

Con le parole di Pini (1991):

<<…il lasso cronologico che misura tale periodo è solitamente troppo breve

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29

scambio monetario e di una rilevante parte delle combinazioni dei processi produttivi nelle quali trova attuazione la produzione economica dell’impresa>>.

Si ha dunque una discrepanza temporale che viene a crearsi tra la gestione effettiva del complesso produttivo e le esigenze conoscitive di terzi dirette al reddito di esercizio, capitale di funzionamento e flussi finanziari. Le regole di bilancio quindi, dovranno necessariamente mostrare una certa flessibilità affinché la realtà possa adattarsi alla sua rappresentazione. Ciò è permesso dalla concessione agli amministratori di un certo grado di discrezionalità contabile, la quale prende vita tramite stime e congetture.

Puntualmente Pini (1991) osserva:

<<Gli accordi risolutori di questa asincronia sono dati:

a. Dal processo di ragionata scissione, che investe quei valori economici la cui valenza per la produzione economica d’impresa travalica il limite temporale estremo del periodo amministrativo, promanando variamente i propri effetti sugli esercizi a venire; cosicché si congettura la quota parte del valore che spetta all’esercizio che contabilmente si chiude;

b. Dall’accorta previsione del risultato con cui nei tempi prossimi si svelerà oggettivamente un dato fatto aziendale (o accadimento) pertinente l’esercizio in corso, al momento solo ipotizzabile per via di un ragionamento di stima>>.

I valori soggettivi, dal punto di vista contabile, si riferiscono al complesso delle operazioni ancora in corso alla data di chiusura del bilancio, e quindi si fondano ampliamente su ipotesi previsionali orientate al futuro andamento della gestione. Non è possibile, come confermano diversi autori, pervenire ad una assoluta oggettività rispetto a tali valori. Infatti, le norme ed i principi contabili,

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delineano dei principi da seguire, o al massimo un range di valori, entro i quali gli amministratori possono adoperare la propria discrezionalità nel pervenire al risultato della valutazione. Le regole contabili non sono stringenti a causa della “oggettiva soggettività” che caratterizza i tratti di certe operazioni o situazioni gestionali.

Finché il fine della redazione del bilancio, che si è detto essere quello di rendere solido il processo decisionale degli stakeholder con una informativa di qualità, viene tenuto in considerazione nelle scelte valutative poste in essere dagli amministratori, allora si giungerà ad un bilancio sul quale i portatori di interesse potranno far affidamento nel prendere le decisioni relative alla regolazione dei loro interessi. Se invece, come nei casi analizzati nel presente elaborato, gli amministratori si discostano dal fine istituzionale del bilancio testé richiamato, e mossi da obiettivi diversi, allora utilizzeranno la discrezionalità loro concessa solo per promuovere i propri di interessi, a scapito dell’affidabilità del bilancio stesso e di ciò che ne discende.

Come detto poc’anzi, il bilancio si compone di valori certi, stimati e congetturati:

a) I valori certi (o quantità economiche certe) presentano una diretta correlazione con i prezzi già formatisi sui mercati, e sono valori per i quali è possibile una determinazione obiettiva, ovvero dei quali si può riscontrare la verità o la falsità (es: costo di acquisto materia prima);

b) I valori stimati32 sono correlati a prezzi di mercato di antica o futura

manifestazione; per detti valori, pertanto, si può esprimere un giudizio di maggiore o minore approssimazione al vero. Nel momento in cui la stima viene effettuata, poiché frutto di un giudizio, non è possibile

32 Masini (1957) considera la stima come <<…una determinazione approssimata di una quantità

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31

valutarne l’aderenza alla realtà. Solo in futuro, quindi ex-post, quando tali valori si manifesteranno per il loro reale valore, ammetteranno una verificazione (es: rimanenze prodotti finiti valutate al valore di presumibile vendita, utili e perdite su cambi, accontamento a fondi rischi e oneri futuri); questo determina una naturale predisposizione alla manipolazione, benché bilanciata dagli effetti negativi, in termini di reputazioni, che potrebbero investire il management nel momento in cui in futuro si manifesteranno per il loro reale valore.

c) I valori congetturati33 sono correlati in modo indiretto e mediato ai prezzi di mercato di antica o futura manifestazione, nel senso che essi discendono dall’esigenza di scindere valori formatisi in un determinato esercizio, fra quello e determinati periodi amministrativi successivi, per il rispetto del principio della competenza economica (e.g. ammortamenti). La caratteristica di tali valori, è che essi non permettono ex-post una verifica della validità del valore congetturato. Ciò comporta una predisposizione alla manipolazione ancora più marcata dei valori stimati.

La caratteristica che accomuna entrambe le tipologie di valutazioni contabili, è che gli amministratori, nel processo di determinazione, devono volgere lo sguardo al futuro, formulando previsioni circa l’andamento prospettico della gestione. Tali previsioni sono permeate di incertezza, e quindi mostrano il fianco ad utilizzi strumentali con il quali gli amministratori possano dedicarsi al perseguimento di scopi personalistici.

33 Masini (1957) nel considerare le congetture si esprime nei seguenti termini: <<La congettura

è una proposta, una supposizione desunta da dati certi o variamente incerti, talora anche da altre congetture, in modo arbitrario entro limiti; essa si introduce in un processo di ricerca quando è giudicata utile. La congettura è una supposizione, una proposta, senza alcuna pretesa di realtà, solo ha una pretesa di <<congruenza>><<.

(38)

32

1.5.2 LA DISCREZIONALITÀ CONTABILE: FATTISPECIE POSITIVA O NEGATIVA?

Gli amministratori sono i soggetti ai quali la normativa e i principi contabili attribuiscono il potere discrezionale in sede di redazione del bilancio. Fino ad ora, come del resto si continuerà fine al termine di questo lavoro, la discrezionalità verrà considerata nella sua accezione negativa, quale strumento volto alla manipolazione del reddito. Questo però, non deve indurre a ritenere che la discrezionalità sia un male in senso assoluto, cioè che se essa fosse eliminata dal processo di redazione del bilancio si otterrebbe l’estinzione delle pratiche di DEM e del contestuale miglioramento della funzione informativa del bilancio.

Come osserva Pini (1991):

<<…la discrezionalità – di per sé intesa – è una categoria logica

necessaria per la composizione dei bilanci, ma non è per sua natura predisposta a essere un fatto positivo o negativo per la comprensione e per l’illustrazione della realtà aziendale: tale indole viene infatti a dipendere dai comportamenti e dagli intendimenti di chi la esercita>>.

Seguendo il filo logico dell’autore nell’analizzare la soggettività del bilancio di esercizio, la discrezionalità può essere suddivisa in tre dimensioni, ideale, ideologica e strumentale, le quali vengono ricomprese in un grafico esplicativo:

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34

Che gli amministratori, nell’osservazione della dinamica aziendale e nel discriminare tra le molteplici alternative rappresentazioni della stessa, assumano una posizione assolutamente imparziale, cioè considerando le variabili contabili con massima chiarezza e oggettività possibile, è fuor di dubbio l’approccio corretto che un qualsiasi redattore del bilancio dovrebbe perseguire; tuttavia, nella pratica questa è un’ipotesi che va oltre la reale fattibilità. Dunque, un approccio di tal genere è ben definito dall’aggettivo ideale. Ciò in ragione del fatto che dietro la maschera dell’amministratore vi è pur sempre un essere umano al quale viene richiesto di formulare valutazione orientate al futuro. Soggetto, che ha una propria cultura d’impresa, capacità ed ineliminabile soggettività.

Non è possibile tralasciare nemmeno la stretta relazione che sussiste tra l’azienda, nella quale l’amministratore opera, e l’ambiente socio – economico – giuridico che la circonda. Infatti, accettando il fatto che un approccio ideale non possa trovar luogo nella realtà, il redattore del bilancio potrebbe essere orientato, nonostante la sua insita soggettività, alla rappresentazione più fedele possibile del complesso aziendale. L’amministratore/persona non potendo essere imparziale, potrebbe desiderare (più o meno consapevolmente) che i terzi vedano l’azienda attraverso il bilancio così come lui la concepisce, nonostante la buona fede che accompagna il suo operato. In effetti sotto tali condizioni, non appare plausibile come tale grado di soggettività non possa manifestarsi34, consegnandoci una

accezione definita ideologica della discrezionalità35.

Terza dimensione, è quella della strumentalità. Infatti, gli amministratori potrebbero tenersi ben lontani dal perseguire un approccio non solo ideale, ma

34 Pini (1991) <<Infatti, gli amministratori compiono le scelte in discorso pur sempre

ancorandosi a un dato ordine intellettuale, il quale riguarda innanzitutto le diverse possibili concezioni che essi hanno maturato circa il ruolo dell’impresa, il suo “essere stata”, il di lei “dover essere” e modo di porsi nell’ambiente esterno; di conseguenza, avviene che le loro opinioni in merito alla determinazione e all’illustrazione dell’esercizio risentono delle valenze marcatamente aziendali desumibili da tali convinzioni di fondo>>.

35 Verona (2006) sulla dimensione ideologica: <<Ne deriva una politica di bilancio che risente

dei differenti modi di pensare, seppure in buona fede, degli amministratori: ciò che viene descritta non è detto che sia la realtà, ma è pur sempre ciò che gli amministratori credono sia la realtà>>.

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anche ideologico; cioè potrebbero sfruttare volontariamente quei margini di manovra che la normativa mette a loro disposizione, per direzionare con alterazioni e dissimulazioni l’informativa di bilancio a proprio piacimento. In aggiunta, a copertura della strumentalizzazione della realtà, gli amministratori potrebbero celare le loro manipolazioni dietro il velo della legittima e ineliminabile presenza della discrezionalità ideologica (sarebbe complesso infatti per un terzo contestare che gli amministratori abbiano adottato una rappresentazione strumentale della realtà quando egli può ben ribadire che tale rappresentazione è la realtà che lui percepisce sotto il profilo ideologico)36.

Pini (1991) sottolinea:

<<E’ dunque possibile intravedere una sorta di paradosso della

discrezionalità. Concepita – almeno nelle Dottrine aziendali – come reazione

all’indeterminatezza dei valori economici, con lo scopo di migliorarne la conoscenza, nei fatti essa non solo può dar luogo a fraintendimenti – sia pure volontari – di ascendenza ideologica, ma addirittura a travisamenti consapevoli della produzione economica d’impresa>>.

Paradosso della discrezionalità che può essere rintracciato anche nelle parole di Verona (2006):

<<La discrezionalità non è detto che sia un fattore negativo, anzi

potrebbe facilitare il compito degli amministratori nel redigere un bilancio più veritiero. Infatti, vincolare eccessivamente i redattori a schemi troppo rigidi, schematizzare le molteplici sfaccettature con cui può presentarsi la dinamica aziendale, significa voler standardizzare a tutti i costi una realtà che per sua natura non è prevedibile: si perderebbe qualcosa in significatività>>.

36 Verona (2006): <<Gli amministratori possono addurre di essere in buona fede, in quanto tale

uso strumentale della discrezionalità può sempre essere <<mascherato>>: quella che viene rappresentata è pur sempre ciò che gli amministratori dicono di credere sia la realtà effettiva, possono <<nascondersi>>, quindi, dietro questa sorta di discrezionalità ideologica>>.

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