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), considerato attualmente l’inquinante atmosferico maggiormente fitotossico (Ashmore, 2005; Fuhrer J. & Booker F.,2003; Percy et al., 2003).

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7 DISCUSSIONE

Nella prima metà del secolo scorso la produzione mondiale di beni e servizi è aumentata in modo sproporzionato e ciò ha determinato un'eccessiva pressione sui sistemi naturali e sulle risorse della Terra. Nonostante gli ultimi decenni siano stati caratterizzati dall'accelerata innovazione tecnologica e dal miglioramento degli impianti industriali, le attività produttive causano tutt’ora un notevole impatto nelle diverse matrici ambientali aria, acqua e suolo. Le piante, quindi, si trovano spesso inserite in un contesto ambientale caratterizzato dalla presenza simultanea di stress di varia origine, derivanti prevalentemente dall’immissione nel suolo, nelle acque e nell’atmosfera, di inquinanti di origine antropica che modificano la composizione dei comparti ambientali e quindi ne alterano gli equilibri.

Per capire il comportamento delle piante e i loro meccanismi di risposta e di difesa in un ambiente reale, è perciò necessario riprodurre il più fedelmente possibile le condizioni che le circondano sottoponendole all’azione combinata di più fattori di stress.

In questo lavoro sono stati analizzati gli effetti indotti su piante di pioppo dalla presenza simultanea di due fattori di stress, estremamente pericolosi per l’ambiente e quindi anche per le piante che lo abitano, rappresentati dal cadmio (Cd), uno dei principali inquinanti a livello del suolo e dall’ozono (O

3

), considerato attualmente l’inquinante atmosferico maggiormente fitotossico (Ashmore, 2005; Fuhrer J. & Booker F.,2003; Percy et al., 2003).

La tossicità dei metalli pesanti, e quindi del Cd, oltre che dell’elevata reattività di tali elementi con gli atomi di S e N presenti nelle catene degli amminoacidi, sembrerebbe esplicarsi attraverso l’induzione di uno stress ossidativo, derivante da una maggiore generazione di ROS e/o da una ridotta capacità antiossidante (Somashekaraiah, Padmaja

& Prasad 1992; Stohs & Bagchi, 1995; Shaw, 1995).

Analogamente, la fitotossicità dell’O

3

sembra essere correlata all’induzione del burst ossidativo e all’attivazione di una complessa rete di segnali inter e intracellulari che mediano la risposta della pianta allo stress.

Pertanto, allo scopo di chiarire se la crescita in presenza di Cd amplifichi o, al contrario,

possa alleviare il danno indotto dall’esposizione all’O

3

inducendo una “cross resistance”,

talee di due cloni di pioppo diversamente sensibili all’O

3

(Populus deltoides x maximowiczii

clone Eridano, sensibile e P. x euramericana clone I-214, resistente) allevate utilizzando

un terreno contenente concentrazioni crescenti di Cd (0, 50 e 150 mg kg

-1

p.s. suolo) sono

state esposte a concentrazioni realistiche di O

3

(60 nl l

-1

per 5 ore al giorno) per 15 giorni.

(2)

A differenza di un’esposizione all’O

3

di tipo acuto, lo stress cronico provoca generalmente danni visibili (lesioni necrotiche fogliari) meno manifesti, mentre possono comparire sintomi quali clorosi e senescenza precoce (Pell et al., 1997). Inoltre, mentre un’esposizione di tipo acuto provoca l’induzione della morte cellulare prima della manifestazione di evidenti variazioni nella produttività della pianta, un’esposizione di tipo cronico determina la riduzione della produttività ancora prima della formazione di eventuali lesioni visibili (Heath & Taylor, 1997).

In accordo con questo comportamento, nel presente esperimento le foglie giovani completamente espanse di entrambi i cloni fumigate con O

3

non mostravano alcun sintomo visibile sulla superficie fogliare, mentre le foglie mature del clone sensibile Eridano mostravano alcune lesioni puntiformi o piccole aree necrotiche e quelle del clone I-214 manifestavano i sintomi tipici di una senescenza precoce, evidenziabili come clorosi e caduta prematura. Questo effetto si ripercuoteva negativamente sui valori di peso secco, non solo delle foglie ma anche degli altri due organi analizzati (germogli e radici). Tale comportamento può essere spiegato dal fatto che la perdita piuttosto consistente delle foglie indotta dall’O

3

determinava probabilmente una diminuzione nella produzione di fotosintati che, aggiunta ad un probabile maggior utilizzo di tali prodotti per la sintesi di molecole di difesa, provocava un decremento nello sviluppo e nella crescita degli altri organi.

A differenza di quanto riportato da altri studi condotti su altre specie vegetali (Di Cagno et al., 2001; Schützendübel et al., 2001; Romero-Puertas et al., 2004), nel nostro esperimento la presenza del Cd nel terreno di crescita non determinava la comparsa di sintomi visibili di danno, quali ad esempio clorosi fogliari, ma induceva esclusivamente una riduzione nella crescita delle piante e quindi della loro biomassa. In accordo con quanto riportato in letteratura relativamente all’effetto negativo esercitato dal Cd sull’accrescimento di diverse specie vegetali (Arisi et al., 2000; Schützendübel et al., 2001;

Ranieri et al., 2005; Fodor et al, 2005, Ewais et al., 1997, Titov et al., 1995), entrambi i cloni evidenziavano infatti una diminuzione dei pesi secchi dei tre organi analizzati in misura proporzionale alla concentrazione del metallo alla quale erano state sottoposte.

Inoltre, nelle piante cresciute in presenza del metallo e successivamente sottoposte anche

a fumigazione con O

3

, il trattamento con Cd non alterava il quadro sintomatico legato

all’esposizione all’O

3

, mentre quest’ultimo non comportava nessuna alterazione

significativa della biomassa rispetto a quanto osservato in presenza del solo Cd, ad

eccezione della riduzione del peso secco fogliare in I-214 dovuta alla perdita delle foglie.

(3)

Per valutare la capacità di acquisizione e traslocazione del Cd è stata misurata la concentrazione dell’elemento nelle diverse porzioni delle piante cresciute in presenza di Cd e sottoposte o meno a fumigazione con O

3

. Nelle piante di entrambi i cloni trattate solamente con Cd, tale elemento era facilmente assorbito dall’apparato radicale e traslocato nella parte epigea della pianta ed inoltre nelle radici si notava una concentrazione molto più elevata rispetto a ciò che veniva misurato nelle foglie e nei germogli. Tali risultati concordano con quanto riportato in precedenti studi condotti sia su piante di pioppo (Arisi et al., 2000) che su altre specie di interesse agricolo e forestale (Godbold et al.,1991; Haag et al., 1999; Schutzendubel et al., 2001; Ranieri et al., 2005), che mostravano la capacità del Cd di penetrare attraverso le radici e, attraverso la via simplastica o apoplastica, di raggiungere lo xilema ed essere quindi trasportato alla parte epigea della pianta. Il Cd risulta infatti essere il metallo che più rapidamente viene assorbito dalle radici, per poi essere in minima parte traslocato, attraverso lo xilema, alle foglie e ai frutti (Wagner, 1993).

Il fenomeno più interessante era l’effetto esercitato dall’esposizione all’O

3

sulla quantità di metallo nei tessuti delle piante. Nella porzione epigea delle piante di entrambi i cloni si notava, infatti, una riduzione piuttosto consistente della concentrazione di Cd nelle piante sottoposte a fumigazione con O

3

e cresciute in presenza della concentrazione più elevata di metallo nel terreno. La spiegazione più plausibile è che l’O

3

, determinando la chiusura degli stomi e quindi riducendo la traspirazione, possa diminuire la traslocazione del Cd dalle radici alla parte epigea, che, come per gli altri nutrienti, è principalmente guidata dal flusso della traspirazione. In realtà, come sarà discusso più approfonditamente in seguito, tale spiegazione risulta valida solo per il clone I-214, dal momento che Eridano non mostrava variazioni nella conduttanza stomatica. Un'altra possibile spiegazione viene fornita da alcuni autori (Samuelson et al., 2001) che hanno osservato come l’O

3

interferisca negativamente con il processo di carico del floema, diminuendo così la

traslocazione degli assimilati alle radici, con possibili ripercussioni sulla crescita delle

medesime e, quindi, sulla capacità di assorbimento degli elementi minerali. Il fatto che la

presenza di O

3

non determinasse riduzioni nel peso secco delle radici non contrasta con la

precedente ipotesi, in quanto l’assorbimento avviene soprattutto da parte degli apici

radicali e non dall’intera radice ed inoltre la mancata variazione dei pesi potrebbe essere

dovuta ad una maggiore lignificazione e non al mantenimento del medesimo sviluppo

radicale.

(4)

Per valutare se la crescita in presenza di Cd o in presenza di entrambi i fattori di stress determinasse un’alterazione nell’uptake e traslocazione di elementi minerali importanti per la pianta, e quindi comportasse uno squilibrio nello stato nutrizionale, sono state misurate le concentrazioni dei cationi calcio (Ca

2+

), magnesio (Mg

2+

), ferro (Fe

2+

), zinco (Zn

2+

) e potassio (K

+

) nelle foglie, nei germogli e nelle radici. L’importanza di questi elementi minerali risiede nella loro presenza in numerose biomolecole coinvolte in importanti processi fisiologici. In particolare, il Ca

2+

si trova nelle pareti cellulari, regola il trasporto nella pianta di altri nutrienti ed è un’importante messaggero secondario, il Mg

2+

fa parte integrante delle molecole di clorofilla a e b coordinando i quattro nuclei pirrolici ed inoltre agisce come cofattore enzimatico, il Fe

2+

è presente in alcuni componenti dell’apparato fotosintetico coinvolti nella fotosintesi sia nel trasporto elettronico mitocondriale e inoltre svolge un ruolo da cofattore enzimatico. Lo Zn

2+

ha caratteristiche simili al Cd

2+

, lo si ritrova in molti enzimi e gioca un ruolo essenziale nella trascrizione del DNA ed, infine, il K

+

regola l’apertura e chiusura degli stomi, riducendo perciò la perdita di acqua dalle foglie.

E’ noto che il contenuto di cationi polivalenti può essere modificato dalla presenza del Cd a causa di processi di antagonismo legati alla competizione sia per i medesimi siti di legame sia per gli stessi trasportatori (Gussarson et al., 1996). Diversi fattori possono controllare il trasporto dei cationi in presenza di Cd, quali variazioni nella selettività di alcuni trasportatori di cationi (come l’IRT1, che trasporta Fe, Mn, Zn e Cd) o modificazioni nell’attività dell’H

+

-ATPasi e della reduttasi ferrica, la quale probabilmente regola il passaggio attraverso i canali ionici (Welch et al., 1993).

I risultati ottenuti in questo lavoro mostravano che la presenza di Cd nel terreno era in grado di ridurre l’uptake di Ca

2+

, K

+

, Mg

2+

e Zn

2+

nelle foglie e di aumentare quello di Fe

2+

e Zn

2+

nelle radici; nei germogli, invece, non si notavano alcune variazioni indotte dal metallo nella concentrazione dei diversi cationi.

Il trattamento con O

3

, invece, sembrava non determinare variazioni statisticamente significative nella concentrazione dei cationi in nessun organo vegetale, ad eccezione di un modesto aumento della concentrazione di K

+

nelle radici del clone I-214 e di una diminuzione della concentrazione fogliare di Fe

2+

in Eridano. La presenza di entrambi i fattori di stress, perciò, non modificava in modo significativo l’uptake e la traslocazione dei cationi rispetto a ciò che avveniva in presenza del solo metallo.

In letteratura si riscontrano comunque risultati contrastanti, che dipendono molto spesso

dalle specie vegetali analizzate e dalle condizioni di crescita. Ciò vale ad esempio nel caso

(5)

di Fe

2+

; infatti alcuni studi compiuti su barbabietola (Greger & Lindberg, 1987), mais (Siedlecka & Baszinski, 1993) e betulla (Gussarson et al., 1996) riportano che il Cd possa indurre una carenza di Fe

2+

, mentre su pomodoro (Moral et al.,1994) e fagiolo (Chaoui et al.,1997) è stato riscontrato un aumento nell’uptake di tale elemento in presenza di Cd.

Piante di betulla cresciute in presenza di Cd mostravano una riduzione nella concentrazione di Fe

2+

nelle foglie e non nelle radici, mentre la concentrazione di Zn

2+

non subiva alcuna variazione in nessun organo (Gussarson et al., 1996). Studi condotti su piante di pisello cresciute in un terreno contaminato da Cd mostravano, rispetto ai controlli, una diminuzione della concentrazione fogliare di Zn

2+

, Fe

2+

, Ca

2+

, Mg

2+

e K

+

, mentre nelle radici aumentava la concentrazione di Zn

2+

e diminuiva quella di Mg

2+

e di K

+

(Sandalio et al., 2001).

Relativamente all’eventuale interferenza esercitata dai due agenti stressanti (Cd e O

3

) sulla concentrazione degli anioni inorganici fogliari, i risultati hanno evidenziato una riduzione della concentrazione di solfati (SO

42-

) in entrambi i cloni, in accordo con quanto riportato in letteratura (Nocito et al., 2002). Tale comportamento può essere spiegato dalla stimolazione Cd-dipendente della produzione di fitochelatine (Grill et al., 1985), peptidi con struttura (γ-Glu-Cys)

n

-Gly (n=2-11) in grado di complessare tale metallo, e di glutatione, peptide da cui parte la sintesi delle fitochelatine. Tali molecole sono ricche di tioli (legami S-H) e quindi un loro incremento riduce la quantità di zolfo (S) disponibile come SO

42-

. L’aumento nel contenuto di fitochelatine potrebbe spiegare anche la riduzione della concentrazione dei nitrati (NO

3-

) nelle piante di entrambi i cloni, in quanto tali molecole, essendo delle proteine, contengono anche azoto (N), che quindi risulta meno disponibile sottoforma di NO

3-

.

La fumigazione con O

3

di piante cresciute in presenza di Cd determinava solo leggeri squilibri nelle concentrazioni dei diversi anioni; in particolare si assisteva in I-214 ad un decremento nel contenuto in cloruri (Cl

-

) e SO

42-

in Eridano e ad un lieve incremento della concentrazione di NO

3-

.

E’ stato più volte dimostrato come l’O

3

possa causare l’alterazione dei processi metabolici

di base degli organismi vegetali. In particolare il processo fotosintetico subisce un’evidente

riduzione in conseguenza dello stress ossidativo prodotto dall’O

3

(Heath, 1994; Ciompi et

al., 1997; Farage & Long, 1999; Gravano et al., 2004), principalmente a causa della

riduzione dell’efficienza di carbossilazione.

(6)

In questo esperimento, però, la misura degli scambi gassosi delle piante dei due cloni di pioppo sottoposte solo a fumigazione con O

3

, ha evidenziato l’assenza di differenze significative tra controlli ed ozonati, sia relativamente alla fotosintesi netta (Amax) sia relativamente agli altri parametri analizzati, conduttanza stomatica (g

s

), contenuto intercellulare di CO

2

(C

i

) e traspirazione (Tr).

Analogamente, le misure degli scambi gassosi fogliari condotte al termine dei 50 giorni di crescita su piante trattate esclusivamente con Cd, hanno mostrato l’assenza di alcun effetto del metallo nel modificare i parametri analizzati. Tale effetto potrebbe lasciare perplessi considerando che le piante avevano subito un drastico rallentamento nell’accrescimento, anche se tale situazione potrebbe verificarsi nel caso di uno shift delle risorse verso il metabolismo secondario (e quindi la difesa) a scapito dell’accrescimento e non necessariamente a causa di una minore produzione di fotosintati. Tuttavia, le analisi effettuate sulle stesse piante dopo le prime 5 settimane di crescita in presenza di Cd, cioè prima dell’esposizione all’O

3

, avevano evidenziato una drammatica riduzione di Amax, ascrivibile principalmente all’effetto negativo esercitato dal metallo sulla conduttanza stomatica. Una possibile spiegazione di tale comportamento è da ascriversi alla possibilità di adattamento delle piante alla presenza del Cd, probabilmente attraverso l’attivazione di meccanismi di compartimentalizzazione (ad esempio tramite produzione di fitochelatine) e/o di detossificazione, che, mantenendo la concentrazione citosolica del metallo e i livelli di ROS sotto ad un determinato livello di tossicità, riescono a proteggere il cloroplasto (Haag et al., 1999). La mancata influenza esercitata dal Cd sull’attività fotosintetica misurata al termine del trattamento era accompagnata dall’assenza di variazioni nel contenuto in clorofilla indotte dalla presenza del metallo.

In letteratura sono riportati effetti contrastanti relativamente all’azione esercitata dal Cd sugli scambi gassosi fogliari, in dipendenza della specie vegetale considerata, dell’età della pianta, della durata di esposizione al Cd e del regime luminoso a cui è sottoposta la pianta. Alcuni studi riportano, infatti, l’azione negativa di tale elemento nei confronti dell’attività fotosintetica massima, ma non nei confronti della conduttanza stomatica, della traspirazione e della concentrazione intercellulare di CO

2

(Di Cagno et al., 2001), mentre altri riportano l’assenza di variazioni significative nei diversi parametri misurati (Haag et al., 1999).

La valutazione degli scambi gassosi fogliari in piante sottoposte allo stress combinato da

Cd e da O

3

ha evidenziato un’interazione significativa tra i due fattori solamente nel clone

I-214, con una modesta diminuzione nell’attività fotosintetica nelle piante trattate con O

3

(7)

quando allevate in presenza della concentrazione più elevata del metallo, che era essenzialmente ascrivibile a limitazioni stomatiche. Come accennato precedentemente, la chiusura degli stomi in risposta all’O

3

, riducendo la traspirazione delle foglie, si ripercuoteva in una minore traslocazione del Cd alla porzione epigea della pianta, che avviene infatti per via xilematica.

È stato dimostrato che l’O

3

possa provocare alterazioni nella capacità delle piante di utilizzare l’energia luminosa (Pell et al., 1992). In assenza di adeguati meccanismi atti a prevenire il potenziale danno derivato da un accumulo di energia di eccitazione nell’apparato fotochimico può perciò verificarsi una riduzione nel tasso di fissazione della CO

2

e, quindi, un’eccessiva riduzione dei centri di reazione dei fotosistemi che induce, come conseguenza, il processo della fotoinibizione (Ort, 2001). Un importante ruolo nel contrastare tale fenomeno è rivestito dal ciclo delle xantofille, in grado di dissipare sotto forma di calore gli eccessi di energia di eccitazione che potrebbero colpire i centri di reazione (Foyer & Mullineaux, 1994; Demming-Adams & Adams, 1996; Yamamoto &

Bassi, 1996).

La stimolazione O

3

-dipendente del ciclo delle xantofille, e quindi l’incremento nel valore dell’indice di depossidazione (DEPS), che stima l’attivazione di tale ciclo, sono stati riportati da vari autori (Elvira et al., 1998; Ranieri et al., 2001; Wehner et al.,2004). In accordo con quanto riportato in letteratura, in entrambi i cloni di pioppo la fumigazione con O

3

determinava l’attivazione del ciclo di deposidazione delle xantofille, come mostrato dall’incremento sia del valore dell’indice DEPS sia della somma delle tre xantofille coinvolte in tale ciclo (VAZ=Violaxantina + Anteraxantina + Zeaxantina). La presenza di O

3

induceva inoltre l’incremento della concentrazione del β-carotene, importante non solo come pigmento accessorio, ma anche come potente molecola antiossidante, che grazie al suo ruolo fotoprotettivo è in grado di de-eccitare la clorofilla a e di rimuovere l’O

2

-

(Senser et al., 1990).

Al contrario, la presenza di Cd tendeva a far diminuire il valore dell’indice DEPS, soprattutto nel clone Eridano, e la somma delle tre xantofille (VAZ) in entrambi i cloni. Tale effetto si manifestava anche nelle piante sottoposte allo stress combinato Cd x O

3

, soprattutto in quelle del clone I-214, dove la presenza del Cd impediva l’effetto positivo esercitato dall’O

3

sull’attivazione del ciclo delle xantofille.

I risultati ottenuti concordano con quanto riportato in un recente studio condotto su piante

di albicocco (Prunus armeniaca), che ha evidenziato l’assenza di alcun effetto esercitato

(8)

dal Cd nei confronti sia dell’enzima violaxantina depossidasi, coinvolto nella depossidazione della Violaxantina ad Anteraxantina e quindi a Zeaxantina, sia della quantità fogliare di Zeaxantina, a suggerire la mancata attivazione del ciclo delle xantofille (Latowski et al., 2005). Un precedente lavoro aveva inoltre mostrato l’effetto negativo esercitato dal Cd nei confronti del contenuto in carotenoidi totali (xantofille e β-carotene) (Di Cagno et al., 2001), confermando l’ipotesi che tale metallo non sia in grado di stimolare il ciclo fotoprotettivo delle xantofille.

È stato ampiamente dimostrato come lo stress ossidativo prodotto dall’O

3

e dai metalli pesanti sia la conseguenza di uno squilibrio tra la produzione e la degradazione delle ROS (Conklin & Barth, 2004; Baier et al., 2005). Le ROS, ed in particolare l’H

2

O

2

, sono infatti normalmente generate nel corso di processi metabolici che coinvolgono il trasporto di elettroni, come la fotosintesi e la respirazione, ma in risposta a condizioni di stress ambientali si verifica una maggiore produzione di tali molecole che possono reagire con vari bersagli cellulari provocandone l’ossidazione.

Il danno ossidativo, perciò, si manifesta solamente quando la produzione di ROS supera la capacità della pianta di mantenere il loro livello al di sotto di una certa soglia di tossicità.

Tra le diverse ROS, il perossido d’idrogeno (H

2

O

2

) merita una particolare attenzione in virtù del suo duplice ruolo di composto tossico promotore di danni ossidativi e di molecola messaggero capace di elicitare quel complesso di effetti diversificati che costituiscono la risposta della pianta agli stress (Levine et al., 1994; Diara et al., 2005). L’attiva produzione di ROS da parte della cellula vegetale (“burst ossidativo”) fa parte della complessa strategia di difesa, attuata dalla pianta, in risposta alla presenza di fattori di stress in grado di provocare uno stress ossidativo, che vede coinvolta l’H

2

O

2

come molecola messaggero a breve distanza, in virtù della sua capacità di attraversare le membrane, di diffondere alle cellule vicine e di reagire con componenti di membrana e di parete generando altri composti a loro volta capaci di agire come segnali intra o extracellulari (Rao et al., 2000).

Benché l’importanza dell’H

2

O

2

nel ruolo di molecola segnale sia ampiamente riconosciuta, la sua concentrazione deve essere accuratamente tenuta sotto controllo da parte della cellula per evitare l’insorgenza di danni ossidativi. Dal momento che i livelli di H

2

O

2

necessari ad indurre i geni di difesa risultano meno elevati di quelli richiesti per innescare

la morte cellulare (Levine et al, 1994), la capacità di mantenere livelli ottimali, ossia

sufficienti ad assicurare la trasduzione del segnale ma non tanto elevati da indurre il

danno ossidativo, risulta di fondamentale importanza per il destino della cellula vegetale.

(9)

Alcune indagini, infatti, volte soprattutto allo studio delle risposte ad esposizioni acute, hanno evidenziato una correlazione tra i siti di accumulo dell’H

2

O

2

e la formazione delle lesioni sulla superficie fogliare, ad indicare che l’eccessiva produzione di tale molecola provochi danni ai tessuti vegetali (Pellinen et al., 1999, 2002; Langebartels et al., 2002;

Wohlgemuth et al., 2002; Ranieri et al., 2003; Diara et al., 2005).

L’accumulo di H

2

O

2

a livello apoplastico in piante esposte ad O

3

è ampiamente testimoniato in letteratura da studi condotti su numerose specie vegetali, tra cui betulla (Pellinen et al., 1999), pomodoro (Wohlgemuth et al., 2002) ed alcuni genotipi di arabidopsis (Rao & Davis, 1999). In parziale accordo con questi risultati, i dati ottenuti nel presente lavoro hanno evidenziato un accumulo di H

2

O

2

O

3

-dipendente solamente nel clone I-214. Nel clone sensibile Eridano i controlli non sottoposti a fumigazione mostravano, invece, valori di H

2

O

2

paragonabili agli ozonati e molto superiori rispetto a quelli dei controlli del clone I-214. Tale comportamento potrebbe essere causato dalla crescita delle talee all’aperto, in un periodo (Maggio- Giugno 2006) durante il quale erano state frequentemente registrate concentrazioni di O

3

nell’aria ambiente piuttosto elevate.

Infatti, le misure effettuate dall’unica centralina di Pisa adibita al monitoraggio dei livelli di O

3

, situata presso Largo I. Nievo, mostravano che nel periodo in esame si erano spesso registrati picchi di concentrazione di O

3

superiori ai 100-120 ppb (http://www.arpat.toscana.it/cgi/bollettini/view-pi.). E’ quindi ipotizzabile che in tale periodo di crescita, le piante del clone Eridano, più sensibile all’O

3

, abbiano iniziato ad accumulare H

2

O

2

e si siano acclimatate alla presenza dell’inquinante.

Le piante di entrambi i cloni cresciute in presenza di Cd mostravano un aumento molto elevato della concentrazione di H

2

O

2

, con una forte correlazione tra la concentrazione di Cd fogliare e quella della molecola analizzata.

Nelle piante esposte allo stress combinato da Cd ed O

3

, una così marcata stimolazione della produzione di H

2

O

2

da parte del Cd mascherava gli effetti dovuti alla presenza dell’O

3

. L’effetto era evidente soprattutto nelle piante fumigate con O

3

e trattate con la concentrazione più elevata di metallo, che mostravano una riduzione della concentrazione di H

2

O

2

, particolarmente accentuata nel clone I-214. Sulla base della correlazione positiva esistente tra contenuto fogliare di Cd e di H

2

O

2

, tale comportamento può essere ascritto alla minore concentrazione di Cd fogliare misurata nel doppio trattato.

Il Cd, non essendo un metallo redox, non può catalizzare la reazione di Fenton e non può

quindi provocare una diretta produzione di ROS. L’aumento dei livelli di H

2

O

2

in presenza

di Cd, riscontrato sia in questo lavoro sia in precedenti studi (Schützendübel et al., 2001;

(10)

Romero-Puertas et al., 2004), può probabilmente essere legato ad una diminuzione nel tasso di detossificazione di tale molecola e/o ad un incremento nella produzione di H

2

O

2

attraverso processi cellulari (Ranieri et al., 2005).

Nell’ultimo decennio sono state condotte numerose ricerche relative al ruolo che l’ossido nitrico (NO) svolge nel metabolismo cellulare, sia in condizioni normali che in presenza di stress di diversa origine. L’NO è un gas in grado di muoversi per diffusione nelle parti acquose della cellula, nel citoplasma e attraverso la fase lipidica delle membrane. Esso viene normalmente sintetizzato dalle piante ed è probabilmente coinvolto nella crescita radicale ed in processi di maturazione endogena e di senescenza (Leshem et al., 1998;

Ribiero et al., 1999). Le molecole che derivano dell’azoto, quali l’NO e i perossinitriti (OONO

-

), vengono definite specie reattive dell’azoto (RNS) ed è stato ipotizzato che, similarmente alle ROS, siano potenzialmente tossiche, ma che abbiano anche un ruolo importante per la pianta, in quanto coinvolte nella traduzione del segnale e nel controllo dell’espressione genica (Neill et al., 2002). Alcuni studi hanno, infatti, evidenziato un coinvolgimento dell’NO nei meccanismi di trasduzione del segnale nel caso della risposta ipersensibile e dello stress ossidativo (Delledonne, 1998, 2003; Durner & Klessing, 1999;

Beligni & Lamattina, 2002). L’NO viene quindi considerato sia un agente stressante, in quanto molto reattivo e in grado di determinare stress ossidativo, sia una molecola in grado di mitigare gli effetti negativi indotti da altri fattori di stress. Se presente in basse concentrazioni, infatti, è in grado sia di agire da antiossidante, in quanto reagendo con le ROS (radicale superossido e H

2

O

2

) produce i perossinitriti (OONO

-

) (Radi et al., 1991), molecole meno tossiche dei perossidi di partenza, sia da funzionare come molecola segnale nella cascata di eventi che conduce a cambiamenti nell’espressione genica (Lamattina et al., 2003).

Si ritiene che l’NO generato in risposta ad un attacco da patogeno sia in grado di indurre risposte di difesa analoghe a quelle indotte dall’H

2

O

2

e che in tali condizioni la risposta allo stress sia mediata da entrambe le molecole (Delledonne et al., 1998; Durner et al., 1998;

Clarke et al., 2000). Considerando l’analogia tra la risposta delle piante ad agenti patogeni

e allo stress da O

3

, è ipotizzabile che anche nel caso dello stress da O

3

la generazione e

l’azione delle due molecole possa essere coordinata, anche se non è ancora chiaro se

H

2

O

2

e NO agiscano in sinergia nel determinare la risposta ai fattori di stress o se,

viceversa, siano antagoniste (Bolwell, 1999; Neill et al., 2003). Tuttavia l’azione di tali

molecole si inserisce in uno scenario più complesso di interazioni con altre molecole

segnale, costitutivamente presenti nelle cellule vegetali o presenti in concentrazioni più

(11)

elevate in risposta a fattori stressanti, tra cui l’acido abscissico, l’acido jasmonico, l’etilene e l’acido salicilico.

Comunque, il maggior incremento nella concentrazione di NO misurato nelle foglie trattate del clone Eridano rispetto al clone I-214, potrebbe essere interpretato come una sorta di compensazione alla minore produzione di H

2

O

2

indotta dall’O

3

in Eridano.

Mentre le piante cresciute in terreno contaminato con Cd mostravano un incremento della concentrazione di NO in entrambi i cloni, nelle piante sottoposte allo stress combinato, i due fattori di stress agivano in modo antagonistico. Il Cd infatti tendeva a far incrementare il contenuto di NO, mentre la presenza di O

3

determinava una riduzione nella concentrazione di tale molecola in I-214, mentre in Eridano non provocava alcuna variazione rispetto a ciò che si otteneva in presenza del solo metallo.

A differenza di quanto osservato per l’H

2

O

2

, non si notava alcuna correlazione tra il

contenuto in NO e la concentrazione fogliare di Cd. Per poter comprendere meglio i

meccanismi che determinano tale comportamento e per capire quali sono gli aspetti che

influenzano maggiormente l’andamento dell’NO in presenza di Cd, sono perciò necessari

ulteriori studi ed indagini.

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