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Sviluppo di un array di idrofoni in fibra ottica basati sulla tecnologia DBR-FL

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Academic year: 2021

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Indice

1 Introduzione 2

2 Sensori a fibra ottica 5

2.1 Idrofoni in fibra . . . 6

3 Reticoli di Bragg 7 3.1 Teoria dei reticoli in fibra . . . 7

3.2 Costruzione dei reticoli di Bragg e dei laser in fibra . . . 11

3.3 Spettro dei reticoli di Bragg . . . 15

4 Fiber Laser 17 4.1 Performance dei Fiber Laser . . . 21

4.2 Fiber laser come sensori . . . 24

5 Sistema di rivelazione 27 5.1 Rivelazione interferometrica . . . 27

5.1.1 Rumore dell’interferometro . . . 29

5.2 Polarization fading . . . 33

5.3 Phase-generated carrier omodyne . . . 35

6 Struttura degli idrofoni 39 7 Studio dei fiber-coating : simulazioni a elementi finiti 43 7.1 Definizione del modello . . . 44

7.1.1 Equazioni utilizzate per il calcolo della risposta meccanica del quarzo 45 7.1.2 Discretizzazione del dominio continuo . . . 47

7.2 Risultati delle simulazioni . . . 50

8 Misure sperimentali 60 8.1 Misure in laboratorio, vasca da 1 m3 . . . 60

8.2 Misure in vasca di calibrazione, laser singoli. . . 64

8.3 Misure in mare, laser doppio. . . 69

9 Conclusioni e sviluppi futuri 76

(2)

1

Introduzione

I sensori in fibra ottica cominciano a suscitare interesse crescente verso la metà degli anni 70, quando se ne intuiscono i numerosi e significativi vantaggi in campo industriale, militare, scientifico e civile. Attualmente sono disponibili commercialmente per un’enorme varietà di utilizzi1.

I sensori vengono solitamente classificati in due differenti categorie, attivi o passivi, a seconda che siano o meno loro stessi sorgenti di una perturbazione utilizzata per rivelare le quantità fisiche di interesse. I radar, ad esempio, sono il prototipo per eccellenza di un sensore attivo così come un termometro lo è di uno passivo.

Data la natura delle fibre ottiche, tuttavia, questa classificazione è poco conveniente; è pertanto preferibile distinguere tra sensori estrinseci, o ibridi, e intrinseci.

Nei primi la fibra è semplicemente utilizzata per trasportare l’informazione verso l’elemento sensibile vero e proprio e successivamente verso gli apparati di rivelazione.

Nei secondi, invece, la quantità fisica che si vuole misurare modula direttamente la luce guidata dalla fibra, modificandone alcune caratteristiche, tra cui l’indice di rifrazione, la lunghezza, la birifrangenza, l’assorbimento o la polarizzazione.

E’ generalmente possibile individuare tre macro-configurazioni in cui catalogare i sensori ibridi, ovvero:

• Sensori in trasmissione, in cui la radiazione iniettata in fibra attraversa letteralmente l’elemento sensibile per giungere successivamente al detector; misurandi tipici rileva-bili con questi sistemi sono: campi elettrici, voltaggi, campi magnetici, temperatura, accelerazione etc...

• Sensori in riflessione, in cui la radiazione viene condotta all’apparato sensibile e da questo riflessa verso il sistema di rivelazione attraverso accoppiatori direzionali; grandezze tipiche misurabili sono temperatura, concentrazione di gas etc...

• Sensori ad antenna, anche in questo caso la fibra trasmette la luce verso il sensore vero e proprio che, però, è costituito da un’antenna e, perciò, funge sia da elemento sensibile sia da trasduttore. Sono sistemi molto rari e attualmente in completo disuso.

Per quanto riguarda i sensori intrinseci, invece, sono possibili innumerevoli configurazioni; è tuttavia possibile determinare tre categorie generali alle quali appartengono la maggior parte dei sensori di questo tipo, ovvero:

• Sensori interferometrici, in cui si analizza lo sfasamento prodotto tra i bracci di un in-terferometro. Sono solitamente utilizzati per l’analisi di campi magnetici, pressione, temperatura, strain etc...

1Per una review dell’enorme flessibilità garantita dai sensori in fibra ottica e della varietà di

(3)

• Sensori polarimetrici, in cui si misura la rotazione della polarizzazione indotta dalla perturbazione, tipicamente un campo magnetico.

• Sensori di intensità, nei quali la quantità in analisi è proprio l’intensità ottica tra-sportata dalla fibra. Vengono utilizzati comunemente per misurare una pressione statica. In questa categoria è possibile racchiudere anche quei sistemi di analisi che sfruttano le informazioni contenute nella luce scatterata, per effetto Raman, Rayleigh o Brillouin.

Tra i vari tipi di sensori intrinseci, un discorso a parte meritano i sensori a FBG, fiber Bragg gratings, che hanno dimostrato altissime prestazioni e una grande varietà di utilizzi possibili, seppur le applicazioni più comuni siano quelle associate alla rivelazioni di strain, pressione o temperatura. La risposta di un reticolo di Bragg a una tale perturbazione sarà mostrata nell’equazione 17 del capitolo 4.2. Vale la pena notare che, poiché l’in-formazione sulla perturbazione incidente è codificata direttamente in lunghezza d’onda, questa è indipendente dalla potenza ottica e, pertanto, dalle perdite causate da connettori, accoppiatori o dall’assorbimento della fibra.

In questo elaborato mi propongo di discutere lo sviluppo di un sensore intrinseco come idrofono al posto dei più comuni idrofoni piezoelettrici (si veda [3] e [4]). L’interesse per un tale progetto è dovuto alle molteplici applicazioni possibili, dallo studio dei cetacei alla sicurezza, vale a dire la sorveglianza di porti o di aree sensibili marine, fino a un possibile utilizzo come rivelatori di particelle, in particolare neutrini UHE.

Il sensore analizzato si basa su un laser di tipo Fabry-Perot in cui la cavità è realizzata fotoincidendo reticoli di Bragg direttamente nel core della fibra drogata all’Erbio, for-mando così un DBR-FL. Quando una perturbazione incide sul laser lo sottopone a stress meccanico che ne varia la lunghezza d’onda di emissione, rendendo possibile la rivelazione della perturbazione stessa.

Per aumentare ulteriormente la sensibilità dell’idrofono si utilizza una rivelazione in-terferometrica, grazie alla quale si dimostra che il minimo segnale rivelabile è inversa-mente proporzionale allo sbilanciamento tra i bracci dell’interferometro. Tra le varie configurazioni possibili è stata scelta quella di Michelson, poiché permette l’utilizzo di tecniche per l’eliminazione delle perturbazioni stocastiche sulla fase dei segnali in fibra; tali perturbazioni porterebbero, infatti, a grosse limitazioni nelle performance del sistema. Grazie all’accurata progettazione della rivelazione interferometrica la minima perturba-zione rivelabile diventa virtualmente dell’ordine del DSS0, vale a dire il rumore di fondo dell’oceano in condizioni di quiete. Per migliorare ulteriormente le prestazioni dell’idro-fono, e in particolare l’omogeneità della risposta su tutto il range di frequenze di interes-se, il laser è ricoperto da un cilindro di materiale scelto accuratamente, la cui risposta in frequenza è stata studiata attraverso l’analisi dei modelli matematici di interazione acustico-strutturale. Le equazioni sono state risolte grazie all’utilizzo di un programma di simulazioni ad elementi finiti, il COMSOL Multiphysics, che ha permesso di calcolare

(4)

teoricamente la deformazione dei materiali utilizzati come coating per il nostro idrofono. Dall’analisi delle simulazione si dimostra che è possibile calcolare la dipendenza dello shift in lunghezza d’onda di emissione del laser al variare della pressione dell’onda acustica incidente analizzando esclusivamente l’elongazione della cavità laser. Al contrario, la dif-ferente sensibilità dell’idrofono alle varie frequenze è da attribuire totalmente all’effetto strain-ottico, che induce una modulazione dell’indice di rifrazione del mezzo attivo. Infi-ne, grazie alla possibilità offerta dal wavelenght-multiplexing, è stato sviluppato e testato in mare, quindi in ambiente non controllato, un array formato da più idrofoni, per il momento due, costruiti sulla medesima fibra ottica, e monitorati da remoto. Attualmente questa è la prima calibrazione in ambiente “reale” di un sistema di questo tipo presente in letteratura.

In linea di principio il sensore è sensibile su un range enorme di frequenze, da pochi mHz, fino a centinaia di kHz; modificando l’elettronica di rivelazione e in particolare i filtri per la rivelazione della modulazione di fase è possibile selezionare una finestra di frequenze specifiche. Ad esempio2 è stato utilizzato come sensore di strain nel range di

frequenze 50mHz−10Hz o come idrofono3in quella 10−100kHz. Attualmente la finestra

di maggior interesse è quella comunemente utilizzata per il monitoraggio di aree sensibili, ovvero l’intervallo 1 − 5kHz.

2Cfr [5] e [6].

(5)

2

Sensori a fibra ottica

Come già accennato, i motivi del successo dei sensori in fibra sono numerosi; poiché il loro funzionamento è garantito dalle proprietà ottiche del mezzo, solitamente quarzo, essi risultano particolarmente sicuri4 da utilizzare in ambienti “pericolosi” come in presenza di

acidi, esplosivi, in ambienti ad alta temperatura o con intensi campi elettromagnetici. L’utilizzo di un sensore in fibra ottica apporta inoltre numerosi vantaggi rispetto a quello di un sensore tradizionale, tra cui vale la pena ricordare almeno:

1. Totale immunità da disturbi elettromagnetici (le fibre sono realizzate con materiale dielettrico, il SiO2 che ha un gap di 9 eV ).

2. Versatilità geometrica. Una fibra può essere disposta in una grande varietà di forme. 3. Ridotte dimensioni e peso praticamente nullo per la maggior parte delle applicazio-ni. Questa caratteristica ne ha assicurato il successo in ogni applicazione di tipo aeronautico, dagli interferometri Sagnac al posto dei comuni giroscopi, ai sensori di temperatura e stress meccanico sulle ali.

4. Bassa inerzia meccanica e termica. 5. Inerzia chimica.

6. Sicurezza. Non è possibile estrarre un ulteriore segnale dal sensore se non in ma-niera intrusiva, ovvero modificando in mama-niera distruttiva l’apparato di misura (estremamente vantaggioso per applicazioni in ambienti dove la sicurezza risulta particolarmente importante).

Inoltre è possibile integrare i sensori con i sistemi di comunicazioni in fibra ottica, otte-nendo, quindi, la possibilità di:

1. analizzare il segnale a molti chilometri di distanza dal sensore, sfruttando la bassa attenuazione delle fibre ottiche ( ≈ 0.2dB/Km a 1550 nm per fibre standard G652). 2. Multiplexare diversi sensori in uno stesso sistema, creando così un sensore distribui-to. In questi casi, i diversi sensori possono monitorare tutti la medesima grandezza fisica, oppure grandezze differenti. Questo rende possibile la costruzione di edifici intelligenti (“smart structure”) garantendo, nel contempo, alti standard di sicurezza in particolare negli edifici sensibili. È il caso ad esempio delle dighe dove un sensore in fibra ottica può fornire un quadro completo e in tempo reale degli stress a cui sono sottoposte le pareti.

4Possono essere utilizzati come sensori completamente passivi, cioè sensori che non necessitano di

(6)

2.1

Idrofoni in fibra

Un idrofono in fibra è un sensore acustico che utilizza una fibra ottica come elemento sensibile. I primi studi risalgono alla fine degli anni 70, grazie ai lavori di Shajenko e Price, [7] e [8]; in particolare a quest’ultimo si deve la descrizione degli effetti fisici5 che

determinano la risposta di un sensore di questo tipo.

Da questi primi lavori, gli idrofoni basati su tecnologie a fibra ottica sono stati og-getto di studio intensivo praticamente in tutto il mondo. Nel corso degli anni sono state sviluppate molte configurazioni differenti, in grado di rivelare la perturbazione incidente misurando l’intensità della luce trasmessa, la frequenza, la fase o la sua polarizzazione, ciascuna con i suoi pro e i suoi contro, ma ognuna capace di assicurare ottime prestazioni; tuttavia, però, nessuna di queste è riuscita, fin’ora, a spodestare realmente gli idrofo-ni basati su ceramiche piezoelettriche, rimanendo, nella maggior parte dei casi, solo dei prototipi da laboratorio. E’ interessante sottolineare esplicitamente che il peso ridotto di un array di idrofoni in fibra porterebbe già un vantaggio decisivo rispetto agli idro-foni commerciali, persino a parità di prestazioni. Le catene di idroidro-foni piezoelettrici, towed array, destinati al traino da parte di imbarcazioni hanno lunghezza media di circa 40 − 50 m e contengono decine di sensori ciascuna. Il peso di una struttura di questo ti-po supera abbondantemente la tonnellata mentre un array analogo, basato su tecnologia fiber-hydrophone, permetterebbe di ridurre il peso di almeno un fattore dieci, arrivando a meno di 80 − 100 Kg.

La maggior parte degli studi sugli idrofoni in fibra ottica prevede l’ottimizzazione della risposta alla pressione di un FBG, eventualmente creando trasduttori meccanici che possano convertire la pressione acustica in uno strain longitudinale sufficientemente ampio da poter essere rivelato senza difficoltà, come mostrato in [9] e [10].

Il sensore da noi sviluppato, invece, si basa su un’idea differente: non un singolo reticolo di Bragg in fibra SM ma due, fotoincisi direttamente nel core di una fibra drogata con ioni di terra rara, e distanti fra loro pochi centimetri a formare una cavità laser.

Se, infatti, un reticolo di Bragg in fibra mostra già una risposta a un’onda acustica suf-ficientemente ampia da poter essere utilizzato come sensore in molte applicazioni comuni, la costruzione di una cavità formata da reticoli e pompata otticamente dalla radiazione di un diodo laser, consente la rivelazione di segnali al limite del rumore di fondo dell’oceano, come discusso nel capitolo 4.2.

Nei capitoli seguenti discuterò in maniera approfondita i vari componenti del sensore di pressione da noi sviluppato e, infine, presenterò i risultati sperimentali ottenuti in diverse sessioni di misura e con differenti strutture laser.

5Ovvero la variazione dell’indice di rifrazione, causato dall’effetto strain-ottico, e l’elongazione della

(7)

3

Reticoli di Bragg

3.1

Teoria dei reticoli in fibra

L’elemento sensibile del sensore di pressione è un laser in fibra singolo modo. Il feedback necessario per il suo funzionamento è assicurato da due reticoli di Bragg lunghi circa 1 cm, fotoincisi direttamente nel core della fibra. Se una radiazione elettromagnetica incide su un reticolo, questo si comporta come uno specchio altamente selettivo in lunghezza d’onda; la condizione di risonanza è data da:

λB = 2nef fΛ (1)

dove Λ è il periodo del reticolo e nef f è l’indice di rifrazione. La banda del segnale

rifles-so dipende da numerosi parametri, in particolare dalla lunghezza del reticolo; per quelli da noi costruiti, lunghi ∼ 1 cm, essa è piuttosto stretta, tipicamente 0.2 nm, corrispondenti a circa 25 GHz a 1550 nm.

Il reticolo viene realizzato inducendo una modulazione dell’indice di rifrazione del core della fibra, illuminandolo con un laser nell’UV, in questo specifico caso con un laser ad eccimeri KrF.

È infatti possibile variare in modo permanente le proprietà ottiche delle fibre di quarzo quando vengono esposte a radiazione intensa proveniente da un laser nel blu o nell’ultra-violetto. Questo effetto di fotosensibilità può essere usato per indurre variazioni periodiche dell’indice di rifrazione, producendo reticoli di Bragg intra-core, detti index gratings.

La fotosensibilità delle fibre ottiche è un processo fisico in parte ancora da spiegare, sebbene sia oramai comunemente accettato che dipenda principalmente dalla formazione di difetti dentro il core; tuttavia questi non sono gli unici responsabili.

Le tecniche stesse di fabbricazione del quarzo, come effetto secondario, favoriscono la formazioni di numerosi subossidi e difetti; in particolare il core delle fibre ottiche è comunemente drogato con Germanio per aumentarne l’indice di rifrazione e di conseguenza la variazione ∆n all’interfaccia core-cladding6, incidentalmente la maggior concentrazione

di Germanio porta alla formazione di ulteriori subossidi nella matrice del vetro.

Tra i difetti più comuni nella matrice cristallina del quarzo troviamo i difetti parama-gnetici Ge(n), dove n rappresenta il numero di atomi di Ge/Si che circondano uno ione di Germanio con un elettrone libero, e i difetti GeO, detti anche legami a deficienza d’os-sigeno (Si-Si, Si-Ge, Ge-Ge) in cui un atomo di Germanio è coordinato con un ulteriore atomo di Germanio oppure con uno di Silicio. Questo legame è responsabile del picco di assorbimento a 240 nm tipico delle fibre ottiche. Altri difetti frequenti nelle matrici di silicio sono il Non-Bridging Oxygen Hole Center, con assorbimento a 260 nm e 600 nm e il Peroxy Radical, con assorbimento anch’esso a 260 nm, entrambi mostrati in figura 2.

6Il drogaggio tipico di Germanio è circa il 3% − 5%, mentre la variazione ∆n all’interfaccia core −

(8)

In seguito all’esposizione a raggi UV sufficientemente energetici, il legame GeO si rompe facilmente creando un centro di colore GeE0. Gli elettroni associati ai centri GeE0

sono liberi di muoversi nella matrice del vetro, sia per tunneling, sia per hopping7, finché

non vengono intrappolati da un difetto presente nel quarzo, sia esso un centro Ge(n), oppure uno GeE0, tra cui si include anche quello di partenza.

Figura 1: Formazione di un centro di colore GeE0 in seguito all’assorbimento di un fotone

da parte di un difetto GeO.

7E’ inoltre possibile che gli elettroni vengano promossi in banda di conduzione per assorbimento a 2

(9)

Figura 2: Difetti più comuni del quarzo; sono responsabili dei picchi di assorbimento delle fibre ottiche negli UV.

Analisi più approfondite8 hanno portato alla scoperta che i processi fisici che

consen-tono la formazione di reticoli nelle fibre ottiche sono in totale tre. 1. Formazione di centri di colori GeE0.

2. Densificazione della fibra. 3. Formazione di GeH.

Il primo processo, ovvero la variazione della popolazione di GeE0 in seguito all’esposizione

a raggi UV, come detto in precedenza, ha come conseguenza la variazione dello spettro di assorbimento α(ω) del quarzo, che, a sua volta, influenza l’indice di rifrazione n(ω) attraverso la relazione di Kramers-Kroning:

∆n(ω0) = c π Z ∞ 0 ∆α(ω)dω ω2− ω02 . (2)

Il secondo processo consiste nell’alterazione delle proprietà strutturali del vetro; il risultato è un aumento della densità della fibra ottica nelle regione esposte agli UV, ma il processo fisico responsabile non è ancora stato chiarito completamente9.

8Cfr [11].

(10)

Infine il terzo processo che contribuisce alla formazione di reticoli di Bragg in fibra è la formazione di legami Ge − H che a loro volta, rompendosi in seguito all’assorbimento di fotoni sufficientemente energetici, portano alla creazione dei centri di colore GeE0.

Sperimentalmente, infatti, si misura il continuo aumento della concentrazione dei centri di colore nonostante la saturazione dei difetti Ge(1) e Ge(2); ciò dimostra10, quindi, che

un ulteriore processo fisico deve contribuire alla creazione di centri GeE0.

Sebbene le modifiche dell’assorbimento cadano principalmente nella regione dell’ul-travioletto, l’indice di rifrazione cambia anche nella regione del visibile o dell’infrarosso. Tipicamente la variazione ∆n è dell’ordine di 10−4 nel range di frequenze 1.3 µm−1.6 µm

ma può superare 0.1% in fibre con alta concentrazione di germanio. La presenza di ger-manio nel core è essenziale per la fotosensibilità, ma poiché solitamente la concentrazione non eccede il 3%, le variazioni dell’indice di rifrazione sono modeste. Per aumentarle ulteriormente è possibile utilizzare, oltre il germanio, altri droganti come fosforo, boro o alluminio, ma questi, come effetto secondario, tendono ad aumentare le perdite in fibra. In linea di principio è chiaro che qualunque tecnica possa aumentare la presenza di legami a deficienza di ossigeno è in grado di aumentare l’effetto di fotosensibilità, e a tal scopo negli anni ne sono state sviluppate molteplici.

Per incidere i reticoli di Bragg dentro la fibra si possono utilizzare varie tecniche tra cui, a titolo di esempio, vale la pena citare:

1. Single beam internal technique. 2. Dual beam holographic technique. 3. Point-to-point fabbrication technique. 4. Phase masking technique.

Nello specifico, per i nostri reticoli, è stata usata la tecnica del phase masking.

Una maschera di fase non è altro che un elemento diffrattivo in grado di creare un pattern di interferenza, in questo caso utilizzato per incidere sulla fibra una variazione periodica dell’indice di rifrazione.

La tecnica del phase-masking è una tecnica non olografica che utilizza un processo di fotolitografia comunemente impiegato anche per la fabbricazione di circuiti elettronici. L’idea di base è quella di utilizzare una maschera di fase con periodicità legata a quella del reticolo di Bragg da produrre e che agisca come reticolo master che deve essere trasfe-rito sulla fibra. Il vantaggio principale11 di questa tecnica, proprio per la sua natura non

interferometrica, è quello di non avere grosse richieste sulla coerenza spaziale e temporale della luce incidente sulla maschera, a tal punto che può essere utilizzato un laser con

10Cfr [13].

11La phase masking technique permette, inoltre, la fabbricazione di reticoli di Bragg con indice di

(11)

Figura 3: Standard phase-mask method.

bassa qualità del fascio, come un laser ad eccimeri, o addirittura una sorgente non laser, quale una lampada ad ultravioletti. È, inoltre, possibile modificare, entro certi limiti, la periodicità del reticolo rispetto a quella della maschera di fase usando una lente conver-gente o diverconver-gente, come mostrato in figura 4. Il principio di funzionamento del modified phase-mask method è molto semplice. Consideriamo un fronte d’onda piano incidente su una lente di focale f; il passo d della maschera di fase, in seguito alla presenza della lente, viene modificato secondo l’equazione 3:

Λ = M d (3)

dove M = f −p−q

f −p è il fattore di demagnificazione della lente e f, p e q sono noti

dall’ottica geometrica.

Per i nostri laser utilizziamo una lente di focale f = 75 mm e una maschera di fase di passo d = 1060 nm.

3.2

Costruzione dei reticoli di Bragg e dei laser in fibra

I laser utilizzati come sensori sono stati fabbricati nel laboratorio di laser micromachining dell’IIT di Genova dove è presente un laser ad eccimeri KrF necessario per fotoincidere i reticoli, unito ad un sistema di movimentazione con risoluzione micrometrica controllato da un computer. Grazie a questo sistema è possibile fotoincidere i due reticoli costi-tuenti la cavità semplicemente posizionando la fibra nella macchina e successivamente manovrandola elettronicamente. Senza i dispositivi di micromachining sarebbe necessa-rio riposizionare manualmente la fibra dopo aver inscritto il primo reticolo, operazione che renderebbe il processo di fotoincisione assai meno controllabile e riproducibile.

Per costruire la cavità laser è necessario, per prima cosa, ripulire accuratamente la fibra sia dal buffer di acrilato che dal jacket in plastica, che brucerebbero se irradiati

(12)

Figura 4: Modified phase-mask method.

dal laser, liberando quindi il quarzo da tutti gli strati di protezione. A questo punto posizioniamo la maschera a contatto con la fibra ottica e iniziamo ad allineare il sistema. Quest’ultima fase è particolarmente critica, l’energia incidente deve essere sufficiente a fotoincidere un reticolo, ma con un’eccessiva focalizzazione si brucerebbe la maschera di fase.

Per controllare il processo di fotoincisione dei reticoli utilizziamo un diodo laser a fotoluminescenza12e monitoriamo la crescita in trasmissione. Mano a mano che il reticolo

viene inciso si osserva sperimentalmente, oltre ad un aumento della riflettività, uno shift di tutto il reticolo verso lunghezze d’onda maggiori. Il motivo di questo comportamento ancora non è stato completamente chiarito, ma è evidente sia in qualche modo legato al tempo di scrittura, quindi allo stress termico a cui è sottoposta la fibra. Se si fotoincidono i reticoli molto lentamente, quindi focalizzando il fascio laser relativamente lontano dalla fibra, questi subiscono uno shift molto maggiore di quello che subiscono reticoli scritti nelle medesime condizioni (allineamento, repetition rate) ma con una focalizzazione maggiore del fascio, ovvero con un’energia per impulso superiore.

Una volta che il primo reticolo ha raggiunto la riflettività desiderata, ovvero circa il 90−99%per lo specchio high reflector, corrispondenti a circa 19−20 dB, facciamo scorrere il carrello contenente la maschera di fase di circa 3 cm, distanza che sarà la dimensione della cavità laser, senza più riposizionare la fibra né riallineare il laser13.

12Emissione su tutta la banda C e potenza integrata di ∼ 1 mW .

13Prima di iniziare a scrivere il secondo reticolo, ovvero l’output coupler, può essere conveniente

rilas-sare la fibra in modo che esso raggiunga la lunghezza d’onda del primo con una riflettività minore, intorno ai 16 dB . Senza questa piccola accortezza si rischia che il secondo reticolo si sovrapponga al primo solo quando esso ha una riflettività paragonabile a quella del high reflector, all’incirca intorno al 95 − 99%.

(13)

Continuando a monitorare la crescita in trasmissione si osserva il secondo reticolo for-marsi e avvicinarsi progressivamente al primo, fino a sovrapporsi ad esso. Quando il picco di riflessione del secondo reticolo arriva a sovrapporsi alla spalla del primo, interrompiamo il processo di fotoincisione e spegniamo il diodo a luminescenza collegando al suo posto il laser di pompa e un accoppiatore direzionale per separare l’emissione del laser in fibra da quella della pompa; all’uscita dell’accoppiatore viene, infine, collegato l’analizzatore di spettro ottico.

A questo punto, pompando la cavità ottica e utilizzando solo poche centinaia di impulsi del KrF per volta, continuiamo la fotoincisione fino a quando non si instaura l’azione laser. Tale processo continua finché il laser non raggiunge il massimo dell’emissione.

Vale la pena specificare che la lunghezza d’onda di emissione dei laser non è comple-tamente prevedibile poiché l’esatta posizione iniziale e finale di λB è solo parzialmente

controllabile. Tuttavia è possibile tunare leggermente i laser stressando la fibra in fase di fotoincisione: si osserva così sperimentalmente che 1 µ corrisponde a circa 1.2 pm, perciò affinché due laser cadano simmetricamente in due finestre adiacenti secondo gli standard ITU-T14, è necessario che siano sottoposti a una differenza di strain di circa 600 − 700 µ.

Il risultato sperimentale è perfettamente in accordo con quanto ci si attende teorica-mente; infatti, la dipendenza della lunghezza d’onda di Bragg dallo strain indotto sulla fibra è facilmente ricavabile dalla relazione15

∆λB λ = ∆Λ Λ + ∆n n (4)

dove ovviamente Λ è il passo della maschera di fase e n l’indice di rifrazione. Introdu-cendo i parametri strutturali, ovvero il coefficiente di espansione lineare η, il coefficiente termo-ottico ζ e la costante fotoelastica pe si ottiene

∆λB

λ = (1 − pe) + (η + ζ)∆T (5)

e sostituendo i valori numerici tipici delle fibre ottiche si ottiene finalmente: ∆λB

λ = 0.78 ∆Λ

Λ 99K 1 µ = 1.2 pm (6)

Il range di lunghezze d’onda ricavabili con questo metodo è limitato dalla resistenza meccanica del quarzo; tipicamente le fibre ottiche SM non possono sopportare strain superiori al 0.3%, corrispondenti a 3.6 nm, ovvero 4 finestre secondo gli standard ITU-T.

14Secondo l’International Telecommunication Union - Telecommunication Standardization Sector,

ITU-T, che gestisce gli standard utilizzati dai costruttori di sistemi di trasmissione in fibra ottica, i canali di un sistema WDM devono essere separati tra loro di 50 GHz, ovvero 0.8 nm a 1550 nm.

(14)

(a) Apparato sperimentale utilizzato per la fotoincisione del primo reticolo di Bragg e parzialmente del secondo.

(b) Schema dell’apparato sperimentale per il monitoraggio della cavità laser.

Figura 5: Schema dell’apparato sperimentale utilizzato per la fotoincisione dei reticoli di Bragg.

(15)

Caratteristiche dei laser utilizzati per la fotoincisione • Laser ad eccimeri KrF.

• Lunghezza d’onda di emissione λ = 248 nm. • Potenza per impulso ∼ 200 − 250 mJ/cm2.

• Repetition rate 60 Hz.

3.3

Spettro dei reticoli di Bragg

La riflettività di un reticolo di Bragg rettangolare, fotoinciso su una fibra singolo modo può essere descritto, come ricavato in [15], dall’equazione

R(Lg, λ) =      Ω2sinh2(SL g) ∆β2sinh2(SL g)+S2cosh2(SLg) se Ω 2 > ∆β2 Ω2sin2(QL g) ∆β2−Ω2cos2(QLg) se Ω 2 < ∆β2 (7) dove Lg è la lunghezza del reticolo, Ω è il coefficiente di accoppiamento, β è la costante

di propagazione per il modo considerato, ∆β = β − (π/Λ) è il fattore di detuning, Λ è il passo del reticolo, S = pΩ2− ∆β2 e Q = p∆β2− Ω2 = iS.

Per avere un’idea più intuitiva del comportamento dei reticoli, consideriamo la ri-flettività alla lunghezza di Bragg, ovvero quando il detuning ∆β = 0 e di conseguenza S = Ω;

R(λB, Lg) = tanh2(ΩLg) (8)

La riflettività aumenta al crescere della variazione foto-indotta dell’indice di rifrazione e al crescere della lunghezza del reticolo, come aspettato.

L’andamento tipico della trasmittività è mostrato in figura 6, mentre in 7 è presente la sovrapposizione in lunghezza d’onda dei due reticoli formanti la cavità ottica così come è visualizzata all’analizzatore di spettro.

(16)

Figura 6: Trasmittività di un reticolo di Bragg utilizzato come specchio HR e fotoinciso nei laboratori IIT in data 05/03/2010.

Figura 7: Spettro in trasmissione della sovrapposizione di 2 reticoli di Bragg formanti una cavità laser. La struttura risultante presenta una FWHM di oltre 380 pm. I due reticoli sono stati da noi fotoincisi in data 10/03/2010.

(17)

4

Fiber Laser

In un laser in fibra il mezzo attivo è il core stesso drogato con ioni di terra rara. So-litamente è una fibra singolo modo e la pompa è inviata longitudinalmente dentro la fibra.

Il nostro laser utilizza due reticoli di Bragg, con identiche lunghezze d’onda di riflessio-ne; ciascun reticolo è posto su un lato di uno spezzone di fibra drogata con Erbio e forma così una cavità Fabry-Perot; in questo senso è possibile chiamarlo DBR-FL, Distributed Bragg Reflectors Fiber Laser.

Figura 8: Struttura di un DBR-FL.

Se pompato a una adeguata lunghezza d’onda, il sistema emette radiazione laser a una specifica frequenza che dipende dal drogante e dalle caratteristiche della cavità (lunghezza e banda di trasmissione dei reticoli). Ovviamente il mezzo attivo deve essere pompato adeguatamente, in modo da raggiungere la condizione di inversione di popolazione e for-nire guadagno sufficiente a controbilanciare le perdite della cavità. Il livello di soglia è determinato dall’efficienza quantica della transizione, dall’efficienza di pompaggio, dalla potenza di pompa e dalle caratteristiche della cavità.

Se inserito come drogante in una matrice cristallina, lo ione trivalente Erbio utilizza16,

come del resto tutte le terre rare, i due elettroni 6s e un elettrone 4f per formare legami con gli atomi del cristallo ospite, mentre i restanti elettroni si riorganizzano in bande. L’Er3+

ha uno spettro di fluorescenza largo approssimativamente 40 nm e centrato intorno ai 1550 nm, lunghezza d’onda a cui operano, di conseguenza, questi laser. Si può ottenere

(18)

Figura 10: Sistema a 3 livelli semplificato.

pompaggio efficiente sia a 980 nm sia a 1480 nm, popolando rispettivamente i livelli 4I11 2

e 4I13

2 . L’azione laser avviene tra il livello superiore 4I 13

2 e il livello 4I 15

2 .

Figura 9: Schema dei livelli energetici dello ione Er3+ in una matrice di vetro, Er:Glass.

L’azione laser in una fibra di quarzo drogata con Erbio può essere adeguatamen-te modellizzata utilizzando il diagramma a 3 livelli semplificato mostrato in figura 10, indipendentemente dall’utilizzo di una pompa a 980 nm piuttosto che di una a 1480 nm. Con riferimento alla figura 10, siano RP il pump-rate, Wa e We il rate di assorbimento

ed emissione del segnale, τ1...3i tempi di vita per emissione spontanea, σP la sezione d’urto

d’assorbimento per la pompa, Ise IP le intensità del segnale e della pompa e Nila densità

(19)

N1 = N0  We+τ21 Wa+We+τ21+RP  N2 = N0  Wa+RP Wa+We+τ21+RP  (9) dove N3 ≈ 0 e perciò la popolazione totale N0 ≈ N1+ N2.

Il guadagno α, definito in termini delle densità di popolazione allo stato stazionario, è

α = (σeN2 − σaN1) (10)

che può essere riscritto, utilizzando l’intensità di saturazione IS e il guadagno α0

lontano dalle condizioni di saturazione, come

α = α0 1 + P nIn IS (11) dove α0 = N0 σeτ2Wp−σa (1+τ2Wp) e IS = hνa[Wp+1/τ2] (σa−σe) .

Le frequenze dell’azione laser sono dovute alla sovrapposizione delle frequenze di riso-nanza della cavità, della curva di guadagno del mezzo attivo e della banda passante dei reticoli di Bragg17.

Una cavità Fabry-Perot ammette frequenze risonanti se queste soddisfano la relazione νF L = 2nLκcF L dove κ assume valor interi e indica il numero di modo della cavità. Il free

spectral range è dato da νms = 2nLc

F L.

Riducendo le dimensioni della cavità è possibile aumentare a tal punto la spaziatura tra i modi che uno soltanto gode di sufficiente guadagno da poter instaurare azione laser; otteniamo quindi un laser singolo modo18.

Descriviamo ora in maniera esplicita le condizioni affinché si verifichi emissione laser solo su un modo longitudinale. Sia En la densità di energia per il modo n-esimo, γ le

perdite modali, α il guadagno modale e n l’indice del modo laser; in generale è possibile scrivere la seguente relazione:

dEn

dt = αIn(x) − γIn(x) . (12)

Per un FL in cui le perdite di trasmissione e quelle causate dai reticoli di Bragg siano trascurabili19, il coefficiente γ assume una forma analitica molto semplice, ovvero,

17Si veda a tal proposito la figura 11.

18Una cavità Fabry-Perot ammette in generale sia modi trasversali che modi longitudinali ma con

un core di dimensioni tipiche 10 µm sono ammessi solo quelli longitudinali. Si noti che, ovviamente, diminuendo la cavità diminuiscono le dimensioni del mezzo attivo e, conseguentemente, la potenza del laser.

(20)

γ = −ln [R1(λ)R2(λ)], dove Ri(λ) sono ovviamente gli spettri di riflettività dei reticoli

costituenti la cavità ottica.

Affinché non sia possibile l’azione laser per un ipotetico secondo modo, caratterizzato da una densità di energia En+1(t), si deve avere:

dEn+1

dt < 0 . (13)

Proseguendo con questo tipo di analisi20 si ricava che allo stato stazionario l’intensità

di ciascun modo è data da

In,n+1 = ISat 3  1 −γn,n+1 α0  − 2 3In,n+1 (14)

e, affinché non sia possibile l’azione laser per l’n + 1-esimo modo longitudinale, si deve avere: γn+1 > 1 3α0+ 2 3γn. (15)

L’emissione su un singolo modo sarà perciò limitata inferiormente dalla soglia di emissione laser e superiormente dalla condizione 15.

I laser in fibra utilizzati, fabbricati presso l’IIT di Genova, hanno tipicamente queste caratteristiche:

• Potenza di emissione: 500 µW ÷ 2 mW con 500 − 600 mW di pompa fornita da un diodo laser a 1480 nm.

• Lunghezza cavità: 1 ÷ 3 cm

• Lunghezza reticolo di Bragg: ≈ 1 cm

• Riflettività FBG (high-reflector e coupling mirror) : > 99% e ≈ 90% • Larghezza di riga: < 5 kHz

(21)

Figura 11: Frequenze ammesse dai vari costituenti del laser.

4.1

Performance dei Fiber Laser

Come vedremo più avanti21, sebbene siano molti gli effetti in grado di influenzare le

perfor-mance dei DBR-FL, il loro utilizzo come sensori è principalmente limitato dall’instaurarsi del self-pulsing.

I processi fisici più importanti che degradano le prestazioni di questo tipo di laser22

sono:

• Spatial hole burning: Ovvero la formazione di un “reticolo” di guadagno causato dal pattern dell’onda stazionaria nella cavità ottica.

• Bleachable loss: Ovvero perdite di potenza dipendenti dall’intensità di pompa, essenzialmente sono causati da effetti di clustering, come ad esempio, il self-pulsing. • Unbleachable loss: Ovvero meccanismi di perdita indipendenti dalla potenza di

pompa, come quelli causati dagli splicer e dagli splitter.

• Imperfezioni dei reticoli di Bragg che causano un aumento della potenza di soglia per l’azione laser sul modo principale e abbassano quelle per i modi secondari (per i nostri sensori quest’effetto è ininfluente proprio per le ridotte dimensioni delle cavità laser).

21Cfr. capitolo 8.3.

(22)

Figura 12: RIN tipico di un nostro fiber-laser misurato in dBc/Hz.

• ASE: emissione spontanea amplificata. Causa un abbassamento della popolazioni del livello eccitato; sperimentalmente l’effetto è quello di un fondo di rumore dallo spettro caratteristico per tutta la banda di emissione dell’Erbio, ovvero ≈ 40 nm. • Retroriflessioni: sono particolarmente critiche, infatti, è sufficiente una riflessione

di una parte su un milione del segnale a 1550 nm per rendere il comportamento del laser caotico; per i nostri scopi la presenza di isolatori ottici sembra eliminare totalmente questo problema.

Il relative intensity noise, RIN23, di questo tipo di laser, ovvero lo spettro del rumore in

intensità, è governato principalmente dall’instaurarsi, tipicamente a frequenze dell’ordine delle centinaia di kHz, di un’auto-oscillazione causata da processi di scambio di energia tra la pompa e il segnale.

Per misurare lo spettro di rumore in intensità dei laser è sufficiente prendere la trasformata di Fourier del segnale rivelato da un fotodiodo.

Il RIN(f) è quindi dato dalla relazione:

RIN (f ) = SδP¯(f )

P2 (16)

dove ovviamente SδP(f ) è la densità spettrale delle fluttuazioni in potenza e ¯P è la

potenza media di emissione del laser.

(23)

Figura 13: Quenching effect in ioni di Erbio.

I modelli fisici per il self-pulsing sono piuttosto complessi, ma in prima approssimazione questo processo è modellizzabile con l’inserimento di un assorbitore saturabile dentro la cavità ottica.

E’ noto, infatti, si veda a tal proposito [20], che la presenza di un assorbitore satu-rabile può portare a un comportamento di auto-pulsazione in un qualsiasi sistema laser. Un ulteriore indizio dell’efficacia di questo modello si ottiene analizzando la tipica di-pendenza nei FL della slope-efficiency dalla potenza di pompa. Per bassi pompaggi, l’assorbitore saturabile si comporta come un meccanismo di perdita, riducendo pertanto la slope-efficiency. All’aumentare della potenza di pompa, invece, l’assorbitore satura e la slope-efficiency aumenta fino ad arrivare ad un valore costante, dipendente solo dalle caratteristiche del laser. La potenza a cui l’assorbitore satura, come è noto, è facilmente stimabile dal “ginocchio” della curva di emissione dei laser in funzione della potenza di pompa e per i nostri laser ha un valore intorno ai 50 − 100 mW .

Analisi più precise24mostrano come il self-pumping sia causato dalla presenza di cluster

di drogante e sia perciò indipendente dalla lunghezza d’onda di pompa, dalla lunghezza della fibra e dal tempo di vita dei fotoni in cavità, in accordo con quanto osservato sperimentalmente.

Il meccanismo fisico responsabile dell’auto-oscillazione dei laser è un trasferimento veloce e non radiativo di energia tra due ioni eccitati vicini, come mostrato in figura 13.

Quando due ioni vicini sono eccitati al livello 4I13/2, vi è la possibilità di un

trasferi-mento veloce, con tempo caratteristico τ ≈ µs, di energia da uno ione all’altro attraverso l’up-conversion. Il risultato finale è uno ione allo stato fondamentale 4I15/2 e uno al livello

eccitato 4I9/2 che ridecade velocemente verso il livello 4I13/2, ovvero la perdita di uno ione

eccitato e perciò di un potenziale fotone stimolato.

Come mostrato in [21], a basse concentrazioni di Erbio, corrispondenti quindi ad una bassa concentrazione di coppie, precisamente minori del 5%, i FL operano in regime CW per qualsiasi potenza di pompa. Con concentrazioni di coppie maggiori, diciamo intorno al 7.5%, i laser iniziano a mostrare un’autopulsazione a frequenze dell’ordine di

(24)

centinaia di kHz, completamente consistenti coi tempi medi di trasferimento di energia per up-conversion, ovvero qualche µs.

Per analisi ulteriori si veda [21], [23] e [24].

4.2

Fiber laser come sensori

Supponiamo che un reticolo di Bragg venga investito da una generica perturbazione. Qualunque variazione del passo Λ o nell’indice di rifrazione nef f determina una variazione

di λB, perciò, in linea di principio, qualunque perturbazione interagisca con il sensore può

essere rivelata osservando la variazione di lunghezza d’onda di Bragg ∆λB. Inoltre, poiché

la perturbazione è trasportata in lunghezza d’onda, l’output non dipende direttamente dalla quantità di luce emessa dalla sorgente e le perdite dovute a connettori, accoppiatori o isolatori ottici non influenzano la risposta del sensore.

In generale la variazione della lunghezza di Bragg ∆λB dipenderà dallo strain25 cui è

sottoposto il reticolo e dalla temperatura. La risposta allo strain deriva sia dalla variazione fisica della lunghezza della cavità, sia dalla variazione dell’indice di rifrazione dovuto all’effetto fotoelastico26. La risposta termica deriva, invece, dall’espansione termica del

materiale di cui è composta la fibra e dalla dipendenza dell’indice di rifrazione dalla temperatura.

La variazione della lunghezza di Bragg ad una generica perturbazione (strain e tem-peratura) è data da:

∆λB = 2nΛ  z− n2 2 [(p11+ p12) r+ p12z] +  α + 1 n dn dT  ∆T  (17) dove n è l’indice di rifrazione della fibra, pij è il coefficiente di Pockel del tensore di

stress ottico e α è il coefficiente di dilatazione termica. La risposta è approssimativamente ∼ 1.2 pm/µ.

Il comportamento di un Fiber Laser in risposta ad uno stress isotropo è la stessa di un reticolo di Bragg convenzionale; pertanto, la variazione di pressione può essere ricavata dall’equazione precedente imponendo la condizione di isotropia (r = z) e introducendo

il modulo di Young E (in condizioni idrostatiche z = 2ν−1E P ). Si ottiene così:

∆λB λB = − 1 − 2ν E   1 − n 2 2 (2p12+ p11)  ∆P (18)

25Lo strain è un numero puro che rappresenta la deformazione relativa. Viene indicato generalmente

con  = ∆l/l.

26Un’onda acustica che si propaga in un mezzo acusto-ottico crea variazione periodiche dell’indice di

(25)

dove ν è il rapporto di Poisson27 e E è il modulo di Young28. Per fibre di quarzo a

1550 nm, ∆λB ≈ −3.6 pm/M P a, in buon accordo con i dati sperimentali pubblicati in [4]

e mostrati in figura 31.

Per valutare le potenzialità in termini di sensibilità di un sensore di questo tipo può essere utile analizzare il rumore di fondo dell’oceano, rappresentato convenzionalmente dal Deep Sea State Zero (DSS0).

Il segnale minimo rivelabile corrispondente al DSS0 è 30 µP a a 1 kHz equivalente a uno shift in lunghezza d’onda di 10−12nm. La larghezza della riga di emissione dei

laser utilizzati è stata misurata essere intorno ai 5 kHz, equivalenti a circa 4 · 10−8nm

(ricordo che 1 nm corrisponde a circa 125 GHz a 1550 nm) quindi, con una rivelazione interferometrica che permetta un guadagno in sensibilità di un fattore 104−105 è possibile

rivelare, almeno in linea di principio, segnali acustici dell’ordine del rumore DSS0. Come a breve mostrerò nel capitolo 5, infatti, un interferometro con sbilanciamento L produce un’amplificazione della differenza di fase sul ricevitore pari a L/λ, che raggiunge facilmente i valori richiesti.

27Quando un materiale è schiacciato in una direzione, tende a espandersi nelle altre; il rapporto di

Poisson è una misura di questo comportamento. Più precisamente è dato dal rapporto tra la contrazione, detta anche strain trasversale, perpendicolare al carico applicato e l’estensione, o strain assiale, nella direzione parallela al carico.

28Il modulo di Young è una misura della rigidità di un materiale. Viene definito come il rapporto, per

(26)
(27)

5

Sistema di rivelazione

5.1

Rivelazione interferometrica

Figura 15: Schema dell’all-fiber Michelson interferometer utilizzato per il sensore in esame.

Per aumentare la sensibilità del sensore si utilizza una rivelazione interferometrica, in particolare un interferometro di Michelson fortemente sbilanciato e implementato intera-mente in fibra, come mostrato in figura 15. L’interferometro converte lo shift in lunghezza d’onda ∆λF L indotto dalla pressione sul DBR-FL, in uno shift di fase ∆φM che è funzione

della differenza di cammino ottico OP D tra i due bracci. Vale la seguente relazione: ∆φM =

2πOP D

λ2 ∆λ (19)

Perturbazioni che inducono uno strain  (t) sulla cavità laser di lunghezza LF L,

cau-sano un cambiamento della lunghezza della cavità di ∆LF L e di conseguenza una

varia-zione ∆νF L della frequenza di emissione del laser. La variazione è espressa dalla formula

seguente dove ometto la dipendenza dal tempo per non appesantire la notazione29.

∆νF L = −

∆LF L

LF L

ζ νF L = − ζ νF L (20)

dove ζ è una costante che dipende dalle proprietà fotoelastiche della fibra30, in

parti-colare per le fibre utilizzate risulta ζ ≈ 0.78.

29Cfr [26].

30Riprendendo quanto scritto nel capitolo precedente e ricordando che ∆ν ν =

∆λ

λ , si ottiene:

(28)

Per un segnale ottico a frequenza fissata inviato al Michelson, la differenza di fase in output, dovuta alla differenza di cammino ottico (OP D = nLM dove con LM indico lo

sbilanciamento dei bracci dell’interferometro) è data da: ΦM =

2πOP D

λ =

2πn LM

c νF L (21)

Variazioni nella frequenza di emissione del laser dovute allo strain indotto dalla per-turbazione nella cavità danno luogo ad una modulazione della fase pari a:

∆ΦM =

2πn LM

c ∆νF L = −

2πn LM

c νF Lζ ·  (22)

la modulazione di fase è determinata dallo strain e dallo sbilanciamento dell’interfe-rometro e conseguentemente la sensibilità del sistema è direttamente proporzionale alla differenza di cammino ottico OP D. All’aumentare di quest’ultimo, dunque, il Michelson aumenta la sensibilità del sensore, ma contrariamente a quanto si potrebbe pensare in prima analisi, ciò non può essere fatto senza perdita di informazione fino alla lunghezza di coerenza del laser. Vedremo, in seguito che il rumore termodinamico limita la lunghezza massima dell’OPD a circa 500 m.

Consideriamo ora l’interferenza prodotta dai due fasci all’uscita dell’interferometro Michelson. L’intensità in uscita Iout è data da:

Iout = I1+ I2+ 2

p

I1I2cos[φ1+ ∆ΦM − φ2] (23)

dove I1 e I2 sono le intensità dai due bracci e φ1−2 le fasi relative.

Considerando, inoltre, una sorgente reale, stabile per un dato tempo τc, detto tempo

di coerenza del laser, e indicando con φ la quantità φ1− φ2, ovvero assumendo che tutta

la differenza di fase sia generata solo dall’interferometro, l’equazione 23 assume la forma: Iout = I1+ I2+ 2

p

I1I2cos(φ + ∆ΦM)exp(−τ /2τc) . (24)

E’ evidente che la differenza di cammino ottico OP D debba essere minore della lun-ghezza di coerenza della sorgente in modo da non avere perdite di informazione, oppure, considerando il round-trip-time τ dell’interferometro e il tempo di coerenza del laser τc,

si deve avere:

τ < τc (25)

dove τ = OP D c , τc =

1

2π∆ν1/2 e ν1/2 è la FWHM della larghezza di riga della sorgente.

La larghezza di riga dei FL impiegati è stata da noi misurata essere inferiore ai 5 kHz, che corrisponde ad una lunghezza di coerenza Lc di circa 10 Km.

(29)

5.1.1 Rumore dell’interferometro

Dalle considerazioni fatte fin’ora sembrerebbe possibile aumentare indefinitivamente la lunghezza dello sbilanciamento dei bracci del Michelson, e conseguentemente la sensibilità del sensore a variazioni di fase, purché la sorgente laser sia sufficientemente coerente, nel nostro caso quindi sino a lunghezze di qualche Km.

In realtà, si misura sperimentalmente che, aumentando la potenza ottica oltre 500 µW , il minimo shift di fase rivelabile rimane costante, ∼ 10−7rad/Hz, sebbene il limite del

rumore shot sia notevolmente più basso. È quindi necessario chiedersi se non sia stato raggiunto un limite ultimo, indipendente dalla potenza del segnale. E’, infatti, possibile dimostrare l’esistenza di un minimo segnale rivelabile, dato esclusivamente da fluttuazioni termodinamiche del sistema ottico: sono tali fluttuazioni a fissare la lunghezza massima dello sbilanciamento di un sistema di interrogazione interferometrico. La situazione è simile a quella di una resistenza R posta a temperatura T . Dal teorema di Nyquist sappiamo che il valor medio quadratico della tensione ai suoi capi è data da31:

< V2 >= 4kBT R ∆ν (26)

Possiamo ricavare una relazione analoga puramente ottica.

Consideriamo un mezzo materiale a temperatura sopra lo zero assoluto in cui si pro-paga un’onda elettromagnetica. L’indice di rifrazione n soffre di fluttuazioni statistiche che inducono variazioni della fase del segnale il cui valor quadratico medio è dato da:

< Φ2 >= (2πL λ )

2

< ∆n2 > (27)

Questa è proprio la versione ottica del teorema di Nyquist32 come ricavato in [27].

Cerchiamo ora di stimare < ∆n2 >in modo da calcolare la fase minima rivelabile.

L’indice di rifrazione n è funzione dello stato termodinamico del sistema e può essere descritto completamente esplicitando la sua dipendenza dalla densità ρ del materiale e dalla temperatura T . Tali quantità subiscono fluttuazioni statistiche33 che conducono a

variazioni ∆n dell’indice di rifrazione. ∆n = (∂n

∂ρ)T ∆ρ + ( ∂n

∂T)ρ∆T (28)

Il valor medio quadratico si ottiene da:

31Questa è l’approssimazione per basse frequenze, ovvero hν  k

BT , in generale, tenendo conto della

statistica quantistica, < V2>= 4k

BT R∆νexp(hν/k

BT.

32Il caso ottico è completamente classico, per ogni fluttuazione hν  k BT .

33Vale la pena sottolineare che il concetto di “fluttuazioni termiche” è in realtà contraddittorio poiché

per un sistema termodinamico in contatto con una sorgente di calore, la temperatura è una variabile ben definita è non subisce fluttuazioni. Le fluttuazioni a cui mi riferisco in questo lavoro sono più propriamente variazioni di energia.

(30)

< ∆n2 >=  ∂n ∂ρ 2 T < ∆ρ2 > + ∂n ∂T 2 ρ < ∆T2 > +2 ∂n ∂ρ  T  ∂n ∂T  ρ < ∆ρ∆T > . (29) Le quantità < ∆ρ2 > e < ∆T2 > e < ∆ρ∆T > possono essere calcolate grazie alla

termodinamica. Si ottiene così:

< ∆ρ2 >= −kBT ρ 2 V2  ∂V ∂P  T < ∆T2 >= kBT 2 ρV Cv < ∆ρ∆T >= 0 (30)

Sostituendo queste relazioni nell’equazione 29 otteniamo la dipendenza delle fluttua-zioni quadratiche medie dell’indice di rifrazione in funzione dei parametri della fibra.

< ∆n2 >= ∂n ∂ρ 2 T ·  −kBT ρ 2 V2  ∂V ∂P  T  + ∂n ∂T 2 ρ · kBT 2 ρV Cv  (31) La variazione quadratica media della fase, quindi, ha due componenti, una causata da fluttuazioni della densità, è l’altra da fluttuazioni termiche, ovvero

< Φ2 >= (2πL λ ) 2· (  ∂n ∂ρ 2 T ·  −kBT ρ 2 V2  ∂V ∂P  T  + ∂n ∂T 2 ρ · kBT 2 ρV Cv ) = (32) = < ∆Φ2 > ρ+ < ∆Φ2 >T

Inserendo i valori numerici per fibre di quarzo troviamo, quindi: < ∆Φ2 > ρ= a4πL2λ2 (0.545)2· 1.11 10 −31 rad2 < ∆Φ2 >T= a4πL2λ2 · 1.34 10 −34 rad2 (33) dove L è ovviamente la lunghezza della fibra e a il raggio del core, 8 µm nel caso del sensore in esame.

Unendo i due contributi e lasciando esplicita per comodità di lettura la dipendenza dai parametri della fibra, si ottiene finalmente:

p < ∆Φ2 > T OT = √ L aλ · 6.45 10 −16 rad (34)

ovvero, per il sensore in esame, √

< ∆Φ2 >

T OT ≈ 10−4·

(31)

A prima vista questo risultato sembrerebbe preoccupante, già con pochi metri di sbi-lanciamento le fluttuazioni diventano importanti. In realtà questo risultato tiene conto delle fluttuazioni totali integrate su tutte le frequenze, cioè quello che rivelerebbe un rice-vitore la cui banda arrivasse fino alle frequenze ottiche, ed è perciò poco indicativo. Più interessante è, invece, la densità spettrale delle fluttuazioni di fase.

Il calcolo corretto della densità spettrale di rumore, riportato in [28], mostra che: p S (L, ω) RM S ∝ r kBT2L 2κλ2 ( dn dT + nαL) 2 rad /Hz (36)

dove αLrappresenta il coefficiente di espansione termica lineare, n l’indice di rifrazione,

T la temperatura e κ la conducibilità termica della fibra.

Sostituendo anche in questo caso i valori numerici si ottiene, in una banda di 25 kHz: p

S (L, ω)BW =25kHz



RM S

≈ 10−7√L rad /√Hz · m (37)

Sono queste fluttuazioni a fissare lo sbilanciamento massimo dei bracci dell’interfero-metro e, in ultima analisi, il minimo segnale rivelabile con un sensore in fibra ottica e rivelazione interferometrica.

Già con sbilanciamenti dell’ordine di 40 m, quale quelli attualmente utilizzati per l’in-terferometro in uso, non si ottiene alcun vantaggio in termini di minimo shift di fase rivelabile ad aumentare ulteriormente la potenza dei FL, poiché il rumore termodina-mico, ∆φT h ∼ 0.6 µrad/

Hz, è superiore all’incertezza sulla fase generata dal rumore shot.

Per stimare la minima fase rivelabile generata da quest’ultimo, ∆φShot, consideriamo

l’emissione del laser come un treno di pacchetti d’onda formati da un numero di fotoni pari a Nγ± δγ e fase φ ± δphase; dal principio di indeterminazione di Heisenberg sappiamo

inoltre che δγ· δφ∼ 1.

I nostri laser hanno energie tipiche intorno ai 100 µW , che corrispondono, a λ ∼ 1500 nm, a un pacchetto d’onda formato da circa 7 · 1016 fotoni. L’incertezza δ

γ è data

dalla deviazione standard della poissoniana34centrata su N

γ, ovvero δγ = σP oisson=pNγ.

Svolgendo i pochi calcoli rimanenti si ottiene che la minima fase rivelabile, determi-nata dal rumore shot del laser, è pari a ∆φShot ∼ 0.4 µrad/

Hz, già inferiore a quella determinata dal rumore termodinamico.

Vale però la pena notare che sarebbe comunque possibile guadagnare un ulteriore fatto-re 10 in sensibilità portando la diffefatto-renza di cammino ottico sui ≈ 400 m, pienamente entro i limiti teorici per il rumore termodinamico di fase e già utilizzato sperimentalmente35.

Il minimo shift di fase rivelabile in funzione della potenza ottica del laser è mostrato in figura 16, dove sono presenti le curve corrispondenti alle fonti di rumore più importanti per la rivelazione interferometrica.

34Come è noto il rumore shot è descritto dalla statistica di Poisson. 35Si veda ad esempio [3] e [4].

(32)

Figura 16: Fonti di rumore in un sensore interferometrico e minimo segnale di fase rivelabile con 30 m di sbilanciamento. Da [29].

(33)

(a) Output nel caso siano assenti specchi di Faraday.

(b) Output nel caso siano presenti specchi di Faraday.

Figura 17: Visibilità delle frange all’uscita di un interferometro di tipo Michelson implementato con o senza specchi di Faraday.

5.2

Polarization fading

Precedenti sviluppi di questo sensore, si veda ad esempio [4], utilizzavano un interfero-metro di tipo Mach-Zender al posto del Michelson attualmente in uso, ma il sistema così implementato era soggetto al fenomeno del fading della polarizzazione. A causa di drift termici, strain o asimmetrie della fibra36, si osserva sperimentalmente una diminuzione

della sensibilità del sensore e una diminuzione del SNR di più di 10dB per circa il 10% del tempo di misura e maggiore di 20dB nel 2% del tempo di utilizzo, come mostrato ad esempio in [31].

Tale comportamento non è, ovviamente, compatibile con applicazioni reali; senza alcun dispositivo di controllo del fading, una linea di idrofoni in fibra si rivelerebbe sostanzialmente “sorda” per il 10% del tempo.

In figura 17 mostro un tipico comportamento causato dal polarization-induced fading sulla visibilità delle frange di un interferometro di tipo Michelson costruito con fibre per comunicazioni nella cosiddetta “prima finestra”, ovvero intorno ai 830 nm; per un’analisi più approfondita si veda [32].

Per eliminare questa diminuzione di sensibilità, utilizziamo un interferometro Michel-son in cui gli specchi Michel-sono sostituiti da specchi di Faraday, ovvero un rotatore di Faraday seguito da uno specchio comune.

E’ infatti possibile dimostrare37che grazie alla presenza dei Faraday-rotating mirror in

36E’ presente, inoltre, una leggera anisotropia nella riflettività dei reticoli di Bragg al variare della

polarizzazione, come mostrato in [30].

(34)

un sistema ottico in cui il segnale percorra 2 volte lo stesso cammino38, lo stato finale di

po-larizzazione è sempre ortogonale a quello iniziale39. Vale la pena puntualizzare che questo

metodo non controlla in alcun modo la polarizzazione, semplicemente rimuove gli effetti causati dalla birifrangenza; in pratica si comporta sulle perturbazioni di polarizzazione come un coniugate-phase-mirror su quelle di fase.

E’ possibile scrivere la seguente relazione tra lo stato finale di polarizzazione | ai di un generico segnale in fibra e lo stato finale | a0i:

| a0i = [J(∆, Θ] | ai (38)

dove [J(∆, Θ] è l’operatore unitario, di ritardo ∆ e sfasamento Θ, che rappresenta l’evoluzione dello stato di polarizzazione sulla sfera di Poincaré. Ogni cambiamento nella birifrangenza del materiale si ripercuoterà su [J] portando, perciò, a differenti stati finali | ai.

Ora supponiamo di porre uno specchio M dopo un rotatore di Faraday Rπ/4 per la

lunghezza d’onda in esame. La matrice di Jones per un elemento generico di ritardo R, delay ∆ e sfasamento Θ, è data da:

[ R∆,π] =  cos2(Θ) exp i∆ 2 + sen 2(Θ) exp −i∆ 2  isen (2Θ) sen ∆2

isen (2Θ) sen ∆2 sin2(Θ) exp i∆2 + cos2(Θ) exp −i∆2 

(39) Se consideriamo il sistema ottico completo, ovvero rotatore Rπ/4 e specchio M,

tro-viamo: [M R] =  √ 2/2 −√2/2 √ 2/2 √2/2  · −1 0 0 1  ·  √ 2/2 √2/2 −√2/2 √2/2  (40) Ovvero, svolgendo i calcoli,

[J ] =  0 −1 −1 0  (41) Lo stato di polarizzazione finale è perciò sempre ortogonale a quello iniziale, qualunque esso sia.

In questo modo è possibile eliminare totalmente40il fenomeno del polarization-induced

fading senza, di fatto, controllare in alcun modo lo stato di polarizzazione del segnale.

38Assumiamo che il round trip time, ovvero il tempo che il segnale impiega per percorrere tutto

l’interferometro sia molto minore del tempo di variazione della birifrangenza responsabile del polarization-fading.

39In realtà rimangono ancora le fluttuazioni di polarizzazione indotte dagli accoppiatori ottici, come

descritto in [34], ma queste sembrano essere trascurabili per i nostri scopi.

(35)

Figura 18: Schema generale del funzionamento di un PGC-homodyne-detector. Un’altra soluzione possibile per ovviare agli effetti di fading è quella di utilizzare fibre a mantenimento della polarizzazione, PMF, ovvero fibre ottiche in grado di preservare lo sta-to di polarizzazione dei segnali. Tuttavia le PMF hanno perdite trasmissive molsta-to più ele-vate delle fibre standard per telecomunicazione, almeno 2−3 dB/Km contro 0.2 dB/Km, sono piuttosto costose e di difficile utilizzo, con particolare criticità nell’accoppiamento; pertanto l’utilizzo di specchi di Faraday è di gran lunga preferibile.

5.3

Phase-generated carrier omodyne

Le informazioni sull’onda acustica incidente sul laser sono contenute nella fase del pattern di interferenza ai capi del Michelson e per estrarle utilizziamo una tecnica di demodulazio-ne chiamata PGC-homodydemodulazio-ne. Questa tecnica è sostanzialmente una rivelaziodemodulazio-ne omodina in cui i segnali vengono manipolati allo scopo di estrarre la derivata prima della fase; per il sensore in esame è stato utilizzato l’approccio DCM, differentiate cross multiply.

La rivelazione omodina basata sul PGC è una delle tecniche maggiormente utilizzate per la rivelazione in fase negli interferometri in fibra ottica. I vantaggi principali che la ren-dono preferibile ad altre tecniche, quali ad esempio omodina ottica, synthetic-heterodyne e eterodina pura, sono la sua alta sensibilità, l’alto range dinamico e una buona linearità.

Il principio di funzionamento41 è mostrato in figura 18.

Come accennato in precedenza, su uno dei bracci dell’interferometro è presente un modulatore acusto-ottico, il cui effetto è quello di produrre un blue-shift di 80 MHz sulla frequenza del segnale.

Riprendendo l’equazione 24 e includendo l’effetto dell’AOM, possiamo scrivere l’inten-sità del segnale all’uscita del Michelson come:

Iout = I1+ I2+ 2

p

I1I2{cos [Asen(ωt0+ φAOM)] + ∆ΦM} (42)

41Precisamente in figura 18 è mostrata l’implementazione DCM utilizzata per il sensore in esame ma

(36)

dove φAOM è uno shift aggiuntivo di fase generato dal modulatore acusto-ottico e dove

ho trascurato per comodità il termine dipendente dal tempo di coerenza del laser. Grazie alla trigonometria, e assumendo trascurabile la fase φAOM, si ricava

Iout = I1+ I2+ 2

p

I1I2{cos [Asen(ωt0)] cos(∆ΦM) − sen[Asen(ωt0)]sen(∆ΦM} . (43)

Espandendo quest’ultima equazione in serie di funzioni di Bessel grazie all’identità di Jacobi-Anger42, considerando solo il termine dipendente da I

1I2, e introducendo la

costante K = 2√I1I2 per non appesantire la notazione, si ottiene:

K (" J0(A) + 2 ∞ X k=1 −1kJ 2k(A)sen(2kωt0) # cos∆ΦM − " 2 ∞ X k=0 −1kJ 2k+1(A)cos((2k + 1)ωt0) # sen∆ΦM ) (44) dove Jn sono le funzioni di Bessel del primo tipo e ordine n. Moltiplicando le

compo-nenti pari e dispari, rispettivamente per sen(2ωt) e sen(ωt), si ottiene43

(

−2KJ1(A)cos(ωt0)sen(∆ΦM)

−2KJ2(A)cos(2ωt0)cos(∆ΦM)

(45) e infine, filtrando con il passa-basso

(

KJ1(A)sen(∆ΦM)

KJ2(A)cos(∆ΦM)

. (46)

I due termini a questo punto sono derivati dal differenziatore e moltiplicati tra loro come mostrato in figura 18, ovvero la parte pari con la derivata di quella dispari e viceversa. Si ottiene in questo modo:

( K2J 1(A)J2(A)sen2(ΦM) ·∆Φ˙M −K2J 1(A)J2(A)cos2(ΦM) ·∆Φ˙M (47) e, finalmente, sottraendo i 2 termini e poi integrando arriviamo a

Z

K2J1(A)J2(A)∆Φ˙M = K2J1(A)J2(A)∆ΦM (48)

Si dimostra44 in questo modo che, con una rivelazione omodina basata sul

phase-generated carrier, è possibile ricostruire tutta l’informazione sulla perturbazione incidente racchiusa in ∆ΦM.

42Per la trattazione completa rimando a [37] e [38].

43Ho tenuto solo la prima armonica dell’espansione in funzioni di Bessel, questo procedimento è

giustificato dal passaggio successivo, ovvero il filtraggio ad opera di un low-pass filter.

44In questo elaborato non ho tenuto conto degli effetti di time-delay causati dalla propagazione in fibra

che possono causare una forte diminuzione dell’SNR e persino un fading del segnale. In [36] è mostrato come eliminare totalmente questi problemi.

(37)

Nelle figure 19, 20, 21 e 22 sono mostrati gli schemi dell’implementazione della rivela-zione di fase utilizzata per il sensore in esame.

Figura 19: Schema elettronico dell’oscillatore locale utilizzato per la scheda di demodulazione.

Figura 20: Schemi elettronici dei filtri high-pass e low-pass inseriti tra la l’output della scheda di demodulazione e l’input del circuito integratore.

(38)

Figura 21: Scheda di demodulazione e integratore calibrato.

(39)

6

Struttura degli idrofoni

I FL così come sono fabbricati possono già essere utilizzati come sensori acustici con buone prestazioni, paragonabili a quelle di un idrofono piezoelettrico commerciale45. Per

appli-cazioni reali, tuttavia, questo approccio non è applicabile; la fibra ottica nuda, privata del buffer e del jacket di rinforzo, è troppo delicata per poter essere esposta a perturbazioni esterne senza un qualche tipo di ricopertura che ne garantisca un’adeguata protezione. Inoltre, i FL sono estremamente sensibili agli spostamenti macroscopici, a tal punto da poter essere impiegati come velocimetri e accelerometri ad alta sensibilità, come mostrato in [39]; pertanto, privi di un’adeguata struttura rigida che disaccoppi l’idrofono dai mo-vimenti della fibra, la risposta del sensore a una perturbazione acustica è completamente mascherata da quella causata dagli spostamenti dei laser.

Per risolvere questo problema sono state studiate differenti strutture in grado di con-tenere i FL e di garantirne una certa robustezza meccanica, oltre che ovviamente un buon accoppiamento acustico con l’esterno. In particolare quest’ultimo punto deve essere cura-to con estrema attenzione onde evitare importanti perdite di sensibilità. Come vedremo nel capitolo 7, con una scelta adeguata del materiale utilizzato per ricoprire il laser, non solo è possibile assicurare un ottimo accoppiamento con la perturbazione esterna, ma per-sino guadagnare un ordine di grandezza in termini di sensitivity e un notevole aumento nell’omogeneità della risposta46.

In generale le strutture utilizzate come contenitori del laser sono formate da un cilindro esterno di materiale differente (PVC, alluminio, perspex, ottone, resine epossidiche etc...) lungo circa 20 − 30 cm e con diametro variabile, da qualche mm a qualche cm.

Il laser è posto assialmente all’interno del cilindro e pretensionato con circa 200 µ, in modo da tenderlo e renderlo insensibile a rotazioni lungo l’asse. La fibra è quindi bloccata all’interno del cilindro in maniera differente a seconda della struttura specifica in esame, solitamente, comunque, con una piccola quantità di colla ciano-acrilica.

Le strutture testate sono numerose, tra di esse quelle che hanno mostrato le prestazioni migliori sono:

• Cilindro di PVC. Lunghezza circa 26 cm, diametro esterno 2.5 cm e diametro interno 2 cm. La fibra viene bloccata ai due tappi posti alle estremità della struttura per mezzo di una goccia di colla (Attack). Tramite un foro presente in uno dei due tappi, viene iniettato olio di vaselina fino a riempire l’interno del tubo. Un secondo foro, praticato vicino al primo, consente lo spurgo dell’aria e la verifica dell’avve-nuto completo riempimento. La presenza di piccole bolle d’aria residue è in grado di incidere fortemente sulle prestazioni dell’idrofono, per questo motivo è possibile utilizzare solo oli o in generale liquidi con bassa viscosità; l’olio di vasellina si è dimostrato sufficientemente fluido da evitare la creazione di bolle d’aria residue e

45Cfr [3] e [4].

(40)

svolge ottimamente il compito di trasdurre il suono sul laser in fibra. La struttura, infine, è accuratamente sigillata usando colla epossidica a due componenti a elevata resistenza che rende il sensore ermetico e resistente alle pressioni idrostatiche neces-sarie per un’installazione in mare; inoltre, i movimenti della fibra cablata esterna non si propagano al laser che risulta, pertanto, isolato dalle perturbazioni causate dal moto ondoso e dalle correnti. E’ già stato osservato che, per un largo spettro di frequenze, il sottile spessore di plastica della parete del cilindro non attenua l’onda acustica. Lo schema della struttura è mostrato in figura 23.

• Cilindro di perspex. Lunghezza 26 cm, diametro esterno 12 mm e diametro interno 8 mm. Al suo interno è inserito il laser pretensionato e successivamente, per garan-tire un adeguato accoppiamento acustico, il cilindro è riempito con una colla a due componenti, la Wacker Silgel 612A/B. Quando quest’ultima secca, la fibra viene compressa e pertanto la lunghezza d’onda del laser diminuisce. Il tempo piuttosto lungo di solidificazione della colla, a 300 K è di circa 8 ore, garantisce che il laser non subisca stress sufficientemente elevati da impedirne il funzionamento, inoltre il basso modulo di Young, 5 kP a, permette un ottimo accoppiamento con la perturbazione acustica. Ad eccezione del materiale che compone il cilindro esterno e di quello utilizzato come accoppiatore la costruzione di questa struttura è sostanzialmente identica a quella in PVC.

• Cilindro di ottone. Lunghezza 24 cm, diametro esterno 2.6 cm e diametro interno 2.3 cm. Vale la pena notare che sebbene questa struttura, come altre in metallo, mostrino buone prestazioni, sia meccaniche che acustiche, sono da preferire soluzioni alternative. Come accennato nel capitolo 2 infatti, uno dei significativi vantaggi dell’utilizzo di sensori in fibra ottica è la loro immunità agli effetti elettromagnetici, un ricoprimento in metallo annullerebbe in parte questa caratteristica. Anche questa struttura è riempita di olio di vasellina, la sua costruzione è pertanto del tutto simile a quella della struttura in PVC.

• Cilindro di alluminio. Lunghezza 21 cm, diametro esterno 0.7 cm e diametro interno 0.6 cm. In questo cilindro è praticata un’incisione di 2−3 mm lungo l’asse per tutta la sua lunghezza. Il laser è posto all’interno e bloccato alle estremità tramite una col-la epossidica ad alta resistenza e nessun olio o liquido funge da accoppiatore acustico. Quando la struttura viene immersa, è l’acqua stessa a riempire il cilindro fornendo adeguato accoppiamento per il sensore. Questa struttura, sebbene sia una soluzione economica e di facile implementazione, lascia il laser esposto all’ambiente esterno. Il cilindro di alluminio evita che la fibra possa essere danneggiata dalle manipolazioni, ma il laser subisce spostamenti macroscopici e accelerazioni causati dal vento e dal moto ondoso. Ne risulta che oltre alla diminuzione del SNR in seguito al comporta-mento descritto sopra come velocimetro e accelerometro, il laser subisce un notevole aumento delle oscillazioni di self-pulsing. Sperimentalmente si osserva, quindi, un

Figura

Figura 1: Formazione di un centro di colore GeE 0 in seguito all’assorbimento di un fotone
Figura 3: Standard phase-mask method.
Figura 5: Schema dell’apparato sperimentale utilizzato per la fotoincisione dei reticoli di Bragg.
Figura 6: Trasmittività di un reticolo di Bragg utilizzato come specchio HR e fotoinciso nei laboratori IIT in data 05/03/2010.
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