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Capitolo 2

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Academic year: 2021

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Capitolo 2

2.1 Introduzione alla RM funzionale

La RM funzionale (fMRI) è un potente strumento di imaging che, studiando le variazioni locali di flusso sanguineo, analizza il funzionamento del cervello umano.

Questa tecnica permette una risoluzione spaziale di 2 mm, una risoluzione temporale di 1 s, e il grande vantaggio di poter ripetere la scansione sul singolo soggetto, essendo una tecnica non invasiva e non facendo uso di mezzi di contrasto in quanto effetti di contrasto nelle immagini si possono ottenere semplicemente a causa di un cambiamento dello stato di ossigenazione del sangue (effetto BOLD, Blood Oxigenation Level Dependent).

In passato il segnale di decadimento T2*, associato al campo magnetico locale non-omogeneo, era considerato un fastidio e rappresentava una limitazione all’imaging RM. Tale quantità ha assunto importanza quando ci si è accorti che la presenza di una sostanza paramagnetica nel flusso sanguineo poteva agire da liquido di contrasto per l’immagine.

Inizialmente l’agente di contrasto paramagnetico era di origine esterna, ma comunque non tossico (Gadolinio), e veniva introdotto nel flusso sanguineo attraverso una vena di una gamba del paziente.

Una frazione di una millimole dell’agente di contrasto per ogni chilogrammo di peso del corpo era sufficiente a dare una perdita del 40% del segnale proveniente dal tessuto cerebrale intorno ai vasi sanguinei quando il bolo di sostanza paramagnetica passava attraverso essi.

Questo permise il calcolo e la visualizzazione del flusso locale di sangue cerebrale e del suo volume.

Successivamente questa tecnica venne applicata alla visualizzazione dell’attivazione della corteccia visiva umana. Il metodo era quello di iniettare un

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luce intensa. Le immagini così ottenute venivano confrontate con quelle avute sottoponendo il soggetto al buio completo e attuando una sottrazione pixel a pixel. In questo modo si osservava un incremento del volume del sangue in un’area specifica della corteccia cerebrale che era quindi quella relativa alla sensazione visiva.

Sviluppi seguenti, dovuti ad Ogawa et al. (1990) e Turner et al. (1991), mostrano che una variazione simile del contrasto delle immagini poteva essere ottenuta semplicemente cambiando lo stato di ossigenazione del sangue, questo grazie al fatto che la deossiemoglobina (ossia l’emoglobina, Hb, che ha ceduto l’ossigeno) è più paramagnetica dell’ossiemoglobina (ossia l’emoglobina che ha legato ossigeno), e oltretutto ha la stessa suscettività magnetica del tessuto che circonda il vaso sanguineo del cervello.

Quindi la deossiemoglobina può essere vista come un naturale agente di contrasto.

Questi studi culminarono nel 1992 nel lavoro di Kwong et al. e Ogawa et al. i quali mostrarono che la variazione di concentrazione di deossiemoglobina nella corteccia visiva umana di un soggetto esposto ad intensa illuminazione era sufficiente a causare, in esperimenti Gradient-echo, delle variazioni di segnale misurabili. Tale tecnica venne chiamata “Blood Oxigenation Level Dependent (BOLD) contrast”, ed è da allora che si è fatto strada lo studio funzionale del cervello umano senza l’uso di agenti di contrasto, senza tracciante radioattivo e con grande risoluzione spaziale.

2.1.1 Tecniche di imaging

Per lo studio dell’attivazione del cervello umano è fortemente desiderabile che i dati dell’immagine siano acquisiti velocemente. Ci sono importanti ragioni per questo. Primo, molti lavori d’interesse, di percezione e cognitivi, possono essere continui solo per pochi minuti senza fatica o noia. Secondo, la risoluzione spaziale è dell’ordine di 1-3 mm, questo significa che l’immobilità della testa è essenziale, il paziente è quindi lasciato in posizioni poco confortevoli all’interno del magnete RM. Terzo, è importante campionare lo

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stato di attivazione di tutto il cervello nella maniera più sincrona possibile. Con la RM si ottiene normalmente una fetta alla volta, sono necessarie 20-30 fette per ricoprire l’intero cervello, questo richiede che il tempo necessario ad acquisire una fetta sia veramente corto comparato con il tempo di risposta emodinamico della vascolarizzazione cerebrale, che è 6-8 s. L’unica tecnica, per adesso, capace di ottenere tali velocità con una ragionevole risoluzione spaziale e un buon SNR è l’EPI.

Comparata a tecniche RM più lente, la risoluzione spaziale dell’EPI è peggiore (circa 2 mm), mentre la risoluzione temporale è migliore di circa 100 ms. Inoltre, la velocità di cattura delle informazioni, che è il SN (Signal to Noise) per unità di tempo, è più alto per l’EPI e le sue varianti. Purtroppo, però, l’EPI (specialmente la versione gradient-echo) soffre più di altre tecniche di distorsioni e arriva poco segnale dal campo magnetico non-omogeneo nel cervello, questo spesso deriva dalla naturale differenza di suscettibilità tra cervello e aria.

2.1.2 Effetto BOLD

Questa tecnica si basa sulla suscettibilità magnetica dell’emoglobina (Hb). L’emoglobina deossigenata è paramagnetica, mentre l’emoglobina ossigenata è diamagnetica.

Ricordiamo [Rif. 15] che una sostanza si dice diamagnetica quando le sue molecole non possiedono momento magnetico proprio. Negli atomi che le compongono, infatti, ci sono tanti elettroni che ruotano in un verso e altrettanti che ruotano nel verso opposto, tanto che il momento magnetico totale dell’atomo è nullo. Inoltre le sostanze diamagnetiche non risentono della temperatura.

Una sostanza si dice paramagnetica, invece, quando le sue molecole possiedono un momento magnetico proprio, se sottoposte ad un campo magnetico esterno ogni molecola tende ad orientarsi in modo che il suo momento magnetico sia parallelo e concorde al campo.

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Ricordiamo che le equazioni che legano il campo magnetico (

H

), la magnetizzazione (

M

) e il campo di induzione magnetica (

B

) sono:

M

=

χ

m

H

(1)

B

=

µ

0

(

M

+

H

)

=

µ

0

(

1

+

χ

m

)

H

=

µ

r

µ

0

H

=

µ

H

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dove

χ

m è la suscettività magnetica (

χ

< 0 nei diamagnetici,

χ

> 0 nei paramagnetici),

µ

r

=

1

+

χ

m è la permeabilità magnetica relativa e

µ

=

µ

r

µ

0 è quella assoluta (

µ

r< 1 per i diamagnetici,

µ

r> 1 per i paramagnetici).

Da notare che in queste formule si è indicato il campo magnetico con H e non con B come richiederebbe la notazione usata nella letteratura della Risonanza Magnetica.

Torniamo all’effetto BOLD, esso può essere schematizzato come in Figura 1. In essa le frecce che collegano le varie celle dello schema descrivono l’effetto di un parametro su un altro. Le frecce positive/negative indicano correlazioni positive/negative tra i parametri. Per esempio un aumento del flusso di sangue cerebrale (CBF) porta un aumento dell’ossigenazione del sangue (blood oxigenation), mentre un aumento del metabolismo (oxigen metabolism) può portare una diminuzione dell’ossigenazione del sangue, con conseguente diminuzione del segnale fMRI.

La parte destra del diagramma, quella evidenziata dalle frecce in grassetto, mostra gli effetti più significativi della BOLD fMRI.

A sinistra si vede come un aumento del volume del sangue nel cervello (CBV) aumenta la quantità di emoglobina deossigenata la quale rende il campo magnetico meno uniforme (Magnetic field uniformity) e riduce il segnale fMRI. Vediamo ciò che succede: con l’attivazione di una zona della corteccia celebrale (ad esempio quella visiva) si ha un aumento dell’attività elettrochimica dei neuroni e quindi un aumento del metabolismo locale, dunque si ha un aumento del flusso sanguineo dovuto alla vasodilatazione e il sangue diviene

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localmente iper-ossigenato. A tale incremento di flusso, e quindi di emoglobina ossigenata, non

Figura 1: Schema delle interazioni nella formazione del segnale BOLD. [Rif. 17]

corrisponde un pari aumento della velocità di estrazione di ossigeno dai vasi da parte dei tessuti circostanti. L’effetto totale è, quindi, una diminuzione dell’emoglobina deossigenata, un aumento di T2* e dunque una diminuzione della velocità di decadimento 1/T2*, tale diminuzione si riflette nell’immagine con un aumento della luminosità dei pixel.

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Per evidenziare questa variazione tipicamente si comparano due immagini ottenute in due diverse condizioni, in modo da comparare le regioni cerebrali che sono differenti. Infatti, l’effetto dell’emoglobina deossigenata è piuttosto piccolo e non visibile in un esperimento con una singola condizione, si ricorre allora alla metodologia sottrattiva. Si procede sottraendo le immagini pixel a pixel, così che sia visibile solo la regione attivata (Figura 2).

Figura 2: Esempio di metodologia sottrattiva, a sinistra si hanno le immagini relative a due condizioni diverse necessarie per evidenziare l’area di controllo motorio nel cervello. [Rif. 17]

La differenza di suscettibilità tra emoglobina ossigenata ed emoglobina deossigenata è, quindi, piccola (circa 0.02×10−6 cgs) dunque la variazione di

intensità dei pixel nella tecnica BOLD è generalmente del 15% con un campo magnetico di 2T. Le nostre macchine per la Risonanza Magnetica fanno uso di campi magnetici di 1.5T e le variazioni non sono più del 2-4%.

2.2 Distorsioni e artefatti

Le tecniche di risonanza magnetica funzionale sono deliberatamente sensibili alle differenze di T2* così che le proprietà magnetiche dell’emoglobina

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deossigenata possono manifestarsi come contrasto dell’immagine. Una sfortunata conseguenza di questo è che noi siamo sensibili anche ad altre sorgenti di campo magnetico non omogeneo, che danno origine ad effetti macroscopici che sono determinanti per la qualità dell’immagine. Le differenze di suscettibilità magnetica tra aria, osso e differenti tipi di tessuto causano disomogeneità su larga scala, in particolare nel caso degli alti campi magnetici utilizzati per la fMRI. Queste componenti di disomogeneità all’interno del piano di imaging causano distorsioni geometriche dell’immagine e quindi colineari con la direzione della fetta selezionata causa una minore intensità dell’immagine dovuta al defasamento degli spin (Frahm et al 1988).

Queste distorsioni geometriche sono un serio problema nel caso si usi la tecnica EPI, a causa della bassa frequenza per punto nella direzione phase encoding. Esse richiedono di essere minimizzate ad esempio attraverso la selezione dei parametri di imaging.

Un altro comune problema che si manifesta con la tecnica EPI, è la presenza di Nyquist ghosts. Questi sono delle immagini secondarie a bassa intensità (circa 1%) che compaiono distanti metà FOV dall’immagine reale. La loro presenza è dovuta alle differenze di fase tra gli echo pari e dispari all’interno del treno di echo.

Essi sono minimizzati attraverso la calibrazione, usando delle pre scansioni sotto un gradiente bipolare prima dell’acquisizione dei dati.

2.3 Sorgenti di rumore

Il rumore nella RM funzionale deriva da una grande varietà di sorgenti, in questo contesto si intende con il termine “rumore” ogni componente dei dati che non è relativa al fenomeno di interesse. Nella maggior parte dell’imaging RM, le sorgenti standard di rumore sono il rumore termico (che può essere visto come rumore bianco) che proviene dal soggetto (il corpo umano è pieno di ioni ed elettroni che girando intorno generano rumore elettromagnetico), dalle bobine ricevitrici, dai preamplificatori e altri componenti elettronici e il rumore di quantizzazione dalla conversione analogico-digitale.

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Un’altra sorgente che causa variazioni del segnale è il movimento della testa. Consideriamo il bordo di un oggetto nel quale l’intensità dell’immagine varia di ΔI. Un movimento parziale di un pixel pari a ΔX può causare una variazione dell’intensità dell’immagine di ΔIxΔX. Quindi, al limite, movimenti che sono una piccola frazione di pixel possono causare variazioni del segnale che sono più grandi della risposta di attivazione di 1-4%. Per un pixel di dimensioni ordinarie (1-3 mm) è problematico già un movimento di 100 μm.

Si osservano, inoltre, anche altri tipi di spostamenti (drift), lenti, del segnale nell’intensità dell’immagine. Questi spostamenti, i quali si manifestano nel corpo umano e non in un fantoccio inanimato, sono fluttuazioni non periodiche nell’ossigenazione del sangue, ed hanno un percorso temporale caratterizzato da variazioni spaziali da un minimo di qualche minuto ad un massimo di dieci. Tale sorgente di spostamento del segnale include stati fisiologici del soggetto, instabilità delle apparecchiature, e posizionamento della testa all’interno dell’imbottitura.

Infine, gli eventi neurali incontrollati o spontanei, producono un’altra sorgente di rumore.

Quanto descritto nel precedente paragrafo sono sorgenti di rumore non-periodico, il quale spettro ha tipicamente una caratteristica “1/f” che, sommato al contributo del rumore termico, genera uno spettro come in Figura 3.

Figura 3: spettro del rumore non periodico.

Wideband Noise 1/f Noise

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Per quanto riguarda le sorgenti di rumore periodico nella fMRI esse sono il ciclo cardiaco e quello respiratorio.

Il ciclo cardiaco causa sia flussi periodici di sangue sia movimento pulsatile di sottofondo dovuti alla variazione di pressione indotta. Gli effetti del flusso di sangue sono confinati principalmente nei vasi ma il movimento pulsatile può estendersi attraverso l’intero cervello.

Il ciclo respiratorio causa sia una variazione generalizzata nell’ossigenazione del sangue sia uno spostamento della testa come reazione alla respirazione. Entrambi questi effetti causano una variazione nell’intensità del voxel dell’immagine.

Il tempo atteso del rumore fisiologico misurato, dipende non solo dalle sorgenti ma anche dal tempo TR (repetition time) di imaging. Se TR è piccolo comparato sia al ciclo cardiaco che a quello respiratorio (ad es. TR<< 1 secondo) allora entrambi i cicli possono essere visti semplicemente come funzioni periodiche. In uno spettro di frequenze (trascurando le armoniche) ogni ciclo appare come un picco con una certa frequenza centrale media. Uno spettro schematico è mostrato in Figura 4.

Figura 4: Spettro del rumore periodico

Ciclo respiratorio

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Se si usa un TR< T1 l’effetto del rumore fisiologico è un aumento dell’intensità dell’immagine, poiché gli effetti di eccitazione degli spin diventano più importanti, dato che i tessuti si muovono dentro e fuori della fetta dell’imaging. Un TR veramente corto è ottenibile con l’imaging EPI single slice (TR ~ 100ms).

Per misurazioni effettuate con TR corti può essere utile applicare semplici filtri notch centrati sulle frequenze cardiache e respiratorie medie.

Tipicamente, se vengono usate tecniche multislice EPI, o altre tecniche lente single slice, il tempo TR è dell’ordine di qualche secondo. Questo è, circa, il limite di Nyquist, sia per il rumore respiratorio che per quello cardiaco, quindi il limite oltre il quale si avrà aliasing.

In generale, per una frequenza di campionamento F e un rumore diR

frequenza F , la frequenza misurata N F è mostrata in Figura 5.M

Figura 5: Andamento frequenza FM

Il grafico dimostra che la funzione “Aliased Specral Density” dipende principalmente dalla banda dello spettro del rumore. Se il rumore è centrato su una frequenza arbitraria ma esteso su una banda ∆FN>F , allora il suoR

All Frequencies above FR/2 are aliased back into the range 0<F<FR/2

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contributo all’aliasing sarà esteso su tutto lo spettro delle frequenze misurato. In questa situazione (cioè rumore non monocromatico e TR lungo comparato al periodo del rumore) un semplice filtro notch può non essere appropriato.

Quindi lo spettro del rumore globale può essere visto come la sovrapposizione dei due spettri sopra visti, come mostra Figura 6.

Figura

Figura 1: Schema delle interazioni nella formazione del segnale BOLD. [Rif. 17]
Figura 2: Esempio di metodologia sottrattiva, a sinistra si hanno le immagini relative a due   condizioni   diverse   necessarie   per   evidenziare   l’area   di   controllo   motorio   nel cervello
Figura 3: spettro del rumore non periodico.
Figura 4: Spettro del rumore periodico
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