V
1. INTRODUZIONE
Imagination is everything in a world going fast to the devil with realism1: questa frase racchiude l‟aspetto più importante di questa raccolta di racconti. Sigerson Clifford fissa sulla carta
l‟immagine di un‟Irlanda che ormai non esiste più ma che sopravvive nei racconti lasciati da chi l‟ha vissuta. Si tratta di una carrellata di personaggi che accompagna il lettore alla scoperta di
un mondo quotidiano, spesso descrivendo gli avvenimenti di un
singolo giorno ma dilatandoli tramite le memorie dei protagonisti,
nella migliore tradizione della letteratura irlandese. In questi
racconti troviamo una serie di personaggi di tutte le età, dai bambini
agli anziani, passando per i giovani innamorati, ognuno con la
propria vita e soprattutto con la propria lingua con la quale si
esprime e racconta. Un altro personaggio, sempre presente e
descritto nei minimi particolari, è il paesaggio irlandese, con i suoi
villaggi e gli scenari naturali che accompagnano i protagonisti e
partecipano alle loro vicende.
Queste storie sono state scritte in un lasso di tempo
abbastanza ampio, indicativamente intorno alla metà del
VI
Novecento, e sono state riunite in questa raccolta postuma nel 1989
da Brendan Kennelly, famoso scrittore e poeta irlandese. Nella
prefazione, Kennelly scrive: “his collection of stories has humour,
shrewd observation, sharp wit at times, and the calm, sure touch of
the accomplished storyteller”2
. Naturalmente, lo stile di queste
storie non può non prescindere dall‟intera produzione di Sigerson Clifford, che è stato prima di tutto poeta e drammaturgo.
Nato a Cork nel 1913, Edward Bernard Clifford trascorse
l‟infanzia a Cahirciveen. Cominciò a scrivere poesie durante la scuola, grazie al nonno, al quale era molto affezionato, tanto da
prenderne in seguito il nome, Sigerson. All‟età di 19 anni entrò nel
Civil Service e intraprese la sua carriera di drammaturgo. Nel 1944
vinse il “Kerry Drama Festival Cup” con la sua opera prima, Nano,
e nel 1947 la sua seconda commedia, The Great Pacificator, fu
prodotta e rappresentata dall‟Abbey Theatre di Dublino. La sua
poesia Ballads of a Bogman, del 1955, è stata inclusa in The
Penguin Book of Irish Verse, curato dallo stesso Brendan Kennelly.
Molte delle poesie di The Ballads of a Bogman sono incentrate sulla
figura del tinker, ossia gli appartenenti al popolo itinerante
irlandese, che comunicano con un linguaggio proprio, lo Shelta,
VII
derivato dal gaelico. Sigerson Clifford è morto nel gennaio del 1985
ed è stato sepolto a Cahirciveen.
I racconti di questa raccolta sono quasi interamente
ambientati in Irlanda, anche se l‟autore riesce a oltrepassare i
confini per raggiungere la Spagna, gli Stati Uniti e addirittura
l‟Australia, facendo intuire la nostalgia che riporta i personaggi di nuovo a casa. Sigerson Clifford ambienta le sue storie nell‟Irlanda
dell‟ovest e del sud, in particolare nella contea del Kerry, dove lo scrittore ha passato la maggior parte dell‟infanzia e della
giovinezza.
La traduzione di questa raccolta è stata svolta con l‟intento di
portare il lettore verso la cultura di partenza, cercando di mantenere,
per quanto possibile, i realia e i riferimenti culture bound presenti
nel testo originale; per esempio, i miti e le leggende che
appartengono al folclore nordico − come le banshee e i leprecauni
−, i termini appartenenti all‟ambito della caccia e della pesca, e i
riti, come le abitudini legate al giorno di Santo Stefano. Grazie a
tecniche come quella della compensazione e dell‟esplicitazione, in
alcuni casi è possibile salvaguardare il risultato finale del testo di
partenza nel testo di arrivo. Si è cercato di conservare nella
VIII
piante e degli alberi, privilegiando le diciture tipiche dell‟idioletto familiare e della lingua parlata.
Purtroppo, alcune delle sfumature di significato trasmesse
dalla lingua inevitabilmente si perdono nella traduzione, e
nonostante si cerchi di riprodurre le vere voci dei personaggi,
spesso bisogna accontentarsi di piccole deviazioni da quello che è
l‟italiano standard. La lingua inglese usata in questi racconti risente, com‟è naturale, dell‟influsso del gaelico non solo nella scelta del lessico, ma anche nella morfologia e nella sintassi.
Si può notare che questi racconti descrivono un mondo che
sta cambiando anche dal punto di vista linguistico: sono i nonni, o
comunque le persone anziane, a parlare fluentemente gaelico,
mentre i bambini lo usano in rare occasioni o soltanto a scuola.
Spesso nel testo originale ci si trova di fronte a parole con
suffissi inglesi, ma con radice gaelica, come nel caso del verbo
olagowning3, che non appaiono nel dizionario della lingua inglese e sono da ricercarsi nella tradizione irlandese. Inoltre, nei dialoghi
capita di imbattersi in costruzioni e termini che ricalcano la sintassi
IX
e la pronuncia irlandese, come: “Will I wet a scald of tay for you, Dan?”4
.
È importante, inoltre, notare la rilevanza che il racconto ha
raggiunto all‟interno della tradizione narrativa irlandese. È un
genere caratterizzato dalla brevità, e quindi il personaggio non
viene quasi mai seguito per tutta la sua vita, ma soltanto per una
parte di essa, e tuttavia riesce ad indagare a fondo nell‟anima dei
protagonisti. Ci sono anche fattori storico-culturali che hanno
determinato la popolarità di questo genere in un paese come
l‟Irlanda. Il mondo rurale, spesso instabile dal punto di vista economico e sociale, trova il suo sbocco naturale nel racconto
breve, piuttosto che nei lunghi romanzi, più adatti a narrare le storie
di una classe sociale diversa, come quella borghese. Lo scrittore
Frank O‟Connor, (1986-1966), vede la causa del predominio del racconto sul romanzo nella mancanza di una vera e propria classe
dominante, aristocratica e intellettuale, e di conseguenza nella
mancanza di temi adatti al romanzo5.
È importante quindi tenere presente il legame di questi
racconti con la tradizione precedente e ricordare che non si tratta
4 Ibidem, p.57.
X
solo di brevi storie dal sapore quotidiano, ma soprattutto del
XI
2. LA LETTERATURA IRLANDESE
2.1 Il Counter Revival
Dopo le innovazioni portate da James Joyce, la letteratura
irlandese attraversò un periodo di stasi, dovuto in particolare alla
censura e al provincialismo del Free State, nato nel 1922, e della
repubblica, sancita nel 1949.
Il Censorship of Pubblications Act fu istituito nel 1929 e
abolito soltanto nel 1967, e servì soprattutto per bloccare possibili
influenze straniere che avrebbero potuto minacciare “l‟integrità del
patrimonio e della tradizione culturale gaelica e cattolica”6, ossia la
Irishness. La censura non risparmiò autori come William Butler
Yeats, George Bernard Shaw e Frank O‟Connor, costringendone altri come James Joyce e Samuel Beckett a vivere per lungo tempo
all‟estero.
Life in Ireland became even more inward-looking. The introspection of the twenties and thirties might have been explained as an attempt by disappointed idealists to find out where their revolution hade gone wrong; the introversion of the forties was more provincial in tone, as the whole nation conspired in the fiction that Europe and the wider world did not exist.7
6
Roberta Gefter Wondrich, Romanzi contemporanei d‟Irlanda, Nazione e narrazioni da
McGahern a McCabe, Edizioni Parnaso, Trieste 1991, p.12.
7 Declan Kiberd, Inventing Ireland: The Literature of the Modern Nation, Vintage, London
XII
Tuttavia la letteratura irlandese continuò a cercare nuove aperture e
a pensare alla propria situazione interna, dando vita al Counter
Revival in aperta opposizione al Celtic Revival che, sviluppatosi nel
secolo precedente, aveva contribuito a marginalizzare l‟Irlanda
rispetto al resto dell‟Europa.
È importante dunque ricordare Sean O‟Faolain, il fondatore della rivista The Bell8 di cui fu direttore dal 1940 al 1946.
O‟Faolain accusava gli ideali nazionalistici del Revival, perché
riteneva che ritardassero il compito del “nation-building”. O‟Faolain e Frank O‟Connor respinsero il Revival e contestarono la mancanza di un vero realismo nella letteratura irlandese, che a
causa dell‟instabilità e dell‟incertezza del paese portava gli scrittori
a rifugiarsi in “his own dark cave of self” per trovare la realtà9
.
Tutto questo portò ad una tardiva affermazione del romanzo
nonostante, già nei primi decenni del Novecento, James Joyce
avesse dato un notevole contributo al realismo europeo. Fino agli
anni Trenta vennero privilegiate la poesia e il teatro, ma
successivamente fu il genere del racconto a prevalere.
8 “L‟unico strumento realmente e coraggiosamente efficace nel contrastare il clima di
oscurantismo imperante”. Roberta Gefter Wondrich, op. cit., p. 13.
XIII
2.2 Il racconto: le origini e il suo sviluppo nel Novecento
Il racconto irlandese nasce dalla tradizione orale: dalla lingua
gaelica si passa a quella inglese, e dalla narrazione di leggende
appartenenti al ciclo celtico si passa a raccontare storie di vita
quotidiana.
La tradizione orale che ha portato alla nascita del racconto ha
radici nelle saghe celtiche mitologiche. Nell‟ampia gamma di storie
che componevano i poemi celtici, alcuni episodi diventavano
talmente popolari da venire spesso narrati singolarmente e acquisire
così vita propria. L‟altro filone orale dal quale il racconto ha preso
spunto è quello delle Vitae dei santi e dei martiri, che ruotavano
intorno a un aneddoto o a un evento centrale. Originariamente
scritte in latino, mentre venivano tradotte in gaelico o in
Hiberno-English, allo stesso tempo inglobavano elementi profani che
fornivano lo strato per una narrazione orale non religiosa.10
Molte delle peculiarità del racconto possono essere ricondotte
a queste radici, per esempio “la narrazione aneddotica e spesso
modulata in chiave sommessa, intimistica, la propensione al dialogo
10
Cfr. Walter T. Rix, Irish Oral Tradition and the Narrative Structure of the Anglo-Irish Short
Story, in “Anglo-Irish and Irish Literature Aspects of Language and Culture. Proceedings of
the Ninth International Congress of the International Association for the Study of Anglo-Irish Literature Held at Uppsala University, 4-7 August. 1987” Vol. II, Uppsala 1988, pp. 149-163.
XIV
e il gusto dell‟espressione idiomatica”11
. Il narratore è quindi anche
un performer, che introduce digressioni e cerca un contatto diretto
con il lettore, tramite la descrizione e i dialoghi significativi, che
spesso restano impressi nella mente di chi legge.
Per quanto riguarda l‟ambientazione, almeno in un primo
tempo il racconto tende a predilige uno sfondo rurale, del quale
dipinge un‟immagine negativa, di arretratezza e depressione, che va
contro “all‟idealizzazione in chiave sentimentale del mondo rurale come depositario di valori e virtù arcaiche propagandata dal
Revival”12.
I temi che derivano più esplicitamente dalla tradizione celtica
sono quelli che riguardano il mare, l‟esilio, il rapporto con gli animali e con i morti, che ritroviamo anche nei racconti di Sigerson
Clifford, dove il tema principale resta comunque sempre
l‟attaccamento alla propria terra di origine.
La struttura aneddotica rimane sempre visibile, i racconti
sono brevi e narrano generalmente un solo evento. Nella
conclusione, in alcuni casi, si sviluppa una piccola morale, oppure
vengono mostrate le conseguenze di un comportamento non
11 Roberta Gefter Wondrich, op. cit., p.16. 12 Ibidem.
XV
adeguato che entra quindi a far parte della cultura popolare. Questi
racconti presentano infatti la quotidianità e le credenze che spesso
accompagnano la vita di campagna, ovvero le abitudini e spesso le
superstizioni della gente comune.
I personaggi che derivano dalla tradizione orale sono spesso
stereotipati e legati al mestiere che svolgono, tanto da assorbirlo in
alcuni casi nel proprio nome. Dal punto di vista onomastico questi
appellativi riescono a descrivere il personaggio in maniera
immediata e incisiva. Soprattutto i nomi che mettono in relazione i
personaggi con l‟ambiente circostante sottolineano il legame indissolubile che esiste fra gli irlandesi e il loro genius loci, ossia la
forza divina che secondo gli antichi romani proteggeva il luogo e ne
interpretava la vera essenza.
È importante sottolineare anche il fatto che è assente la figura
dell‟eroe; i protagonisti sono persone come tante, spesso sfortunati e frustrati, che non riescono, tranne in rari casi, a combattere per
una vita migliore. Ciò che si coglie nella maggior parte dei casi è la
disillusione di coloro che passano la vita in un ambiente rurale, e
XVI
loneliness”13
, come ha scritto uno dei maggiori scrittori irlandesi del
Novecento, Frank O‟Connor.
Nato a Cork nel 1903 e morto a Dublino nel 1966, Frank
O‟Connor non è stato solo un grande scrittore, ma anche un‟autorità nel campo della letteratura irlandese. Ha scritto numerosi racconti
nei quali riesce a narrare le vicende di molti personaggi, facendoli
parlare attraverso la propria voce14, dai piccoli impiegati alle donne
perdute, dai bambini agli anziani lasciati soli. Tra le sue raccolte più
importanti ricordiamo Guests of the Nation, del 1931, dove
vengono raccontate storie sullo sfondo della guerra civile, e My
Oedipus Complex, colma di ricordi autobiografici. Frank O‟Connor
ha lasciato anche un importante saggio critico sul racconto, The
Lonely Voice, del 1962, dove lo definisce un genere che
“represents, better than poetry or drama, our own attitude to life”15
.
Si tratta infatti di descrivere un singolo avvenimento, che talvolta
può anche sembrare insignificante perché parte della vita
quotidiana, ma che tuttavia riesce a cambiare tutta la vita, o meglio
la percezione che i personaggi hanno della vita, gettando una luce
nuova sugli avvenimenti passati e futuri.
13
Frank O‟Connor, op. cit., p. 19.
14 “In storytelling the reader should be aware that the storyteller‟s voice has stopped.” Frank
O‟Connor, op. cit., p. 219.
XVII
Questo saggio descrive il racconto attraverso l‟analisi di
alcuni grandi scrittori come Anton Cechov, Rudyard Kipling,
Katherine Mansfield, D.H. Lawrence e James Joyce.
Nell‟introduzione, Frank O‟Connor riprende la famosa frase attribuita a Ivan Turgenev: “we all came out from under Gogol‟s
„Overcoat‟”, tributando il giusto onore al racconto The Overcoat, di Nikolai Gogol, che ha portato nella letteratura “the Little Man”16
,
ovvero l‟anti-eroe. La vera natura del racconto, secondo Frank
O‟Connor, è “romantic, individualistic, and intransigent”17
, e molti
autori del Novecento hanno confermato questa definizione.
A causa della situazione sociale ed economica, il racconto
irlandese si incentra su caratteristiche che lo distinguono da quello
inglese ed europeo in generale: un maggiore sviluppo delle
caratteristiche che derivano dalla tradizione orale – quindi per
esempio la struttura aneddotica e l‟uso di nomi caratterizzanti e
facili da ricordare –, i temi dell‟attaccamento alla famiglia e alla
propria terra d‟origine, analizzati attraverso la società dell‟epoca, legata, ancora più che in altri paesi, al mondo rurale.
La tradizione irlandese del racconto contemporaneo viene
fatta risalire a George Moore, (1852-1933), scrittore vicino agli
16 Ibidem, p. 15. 17 Ibidem, p. 21.
XVIII
insegnamenti dei realisti francesi, che partecipò al Celtic Revival.
Con la raccolta The Untilled Field, del 1903, George Moore ha
descritto la vita quotidiana della gente di campagna e la disillusione
causata dall‟assenza di stimoli culturali e spirituali che porta le
persone a sacrificare i propri impulsi e le proprie emozioni. Molti
altri hanno seguito il suo esempio e hanno contribuito non solo alla
crescita della letteratura del paese, ma anche alla ricerca
dell‟identità nazionale, non ancora conclusa dopo l‟indipendenza dalla Gran Bretagna.
Molti autori hanno narrato la dicotomia nata fra l‟Irlanda
orientale, che con Dublino rappresentava la nascente cultura urbana,
e l‟Irlanda occidentale, dove risiedevano i valori della campagna e il folclore celtico. Tra di loro è importante ricordare: Liam
O‟Flaherty, (1896-1984), che con i suoi racconti ha reso omaggio anche ai grandi cicli della mitologia irlandese e ha descritto la lotta
dell‟uomo contro la natura; e Sean O‟Faolain (1900-1991) che si è dedicato, oltre che all‟impegno sociale, a tratteggiare la vita urbana degli irlandesi in numerosi racconti.
XIX
3. IRISH SHORT STORY DI SIGERSON CLIFFORD
3.1 Analisi dei contenuti
I diciassette racconti che formano questa raccolta hanno in
comune l‟ambientazione, ovvero l‟Irlanda sud-occidentale; molto
spesso, inoltre, vengono citati i nomi dei villaggi nei quali si
svolgono le vicende. Al contrario, il tempo in cui sono ambientati
non viene precisato, ma da alcuni dati nel testo si può evincere che
si tratta all‟incirca della metà del Novecento. È possibile individuare alcuni macrotemi che stanno alla base di questi
racconti: il più importante è naturalmente l‟Irlanda e l‟attaccamento
alle proprie origini; inoltre si incontra il tema della famiglia, e il
leitmotiv del dolore causato dalla solitudine.
Un fattore che accomuna la maggior parte dei racconti è
l‟assenza di un vero e proprio lieto fine: molti di loro si concludono amaramente, o con poche speranze per il futuro. L‟eccezione è
Something for the Wran, che narra la spensierata giornata di un
bambino nel giorno di Santo Stefano. Alcuni racconti terminano
esattamente come sono iniziati − ad esempio The Spanish Waistcoat
XX
l‟aveva reso popolare tra gli abitanti del suo villaggio, torna ad essere la persona di sempre, un misantropo un po‟ scorbutico.
Il tema della solitudine si incontra in molti racconti, spesso
associato alla vecchiaia − Master Melody, The Rebel − o all‟amore non corrisposto − ad esempio in The Master‟s Girl o in Tryst −.
I luoghi ricoprono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei
racconti: si pensi a Homecoming, nel quale la descrizione delle
strade di Cork, l‟unica grande città a fare da sfondo a un racconto, consente al lettore di inquadrare meglio lo stato d‟animo del
protagonista, un marinaio che dopo molte peregrinazioni torna a
casa per vedere la sua terra un‟ultima volta.
Above him the stars quivered, and all about him the city lay hushed and swaddled in its cloak of snow. Winter in Cork. Midnight, starlight, snow white and biting cold.
He stood awhile listening to the white silence, feeling strangely queer as though he were the first man to land on the moon an fearful of what lay hidden in the shadowy corners.18
In The Master‟s Girl, il paese natale rappresenta una prigione
per Jamsie, il protagonista, il quale ha appena perso la ragazza che
ama e non può far altro che fuggire lontano, per evitare il destino
che il padre gli ha imposto.
Le descrizioni costituiscono gran parte dei racconti e
attraverso queste si possono intuire anche le influenze che stanno
XXI
dietro ad Irish Short Story. Per esempio in The Go-Getter un
bambino descrive così le colline che lo circondano:
had clean faces with every tooth of rock scrubbed until it shone like a shilling. There was so much blue in the sky it seemed as though the sky had fallen19.
Quest‟ultima frase si collega a un‟antica credenza celtica,
della quale si sono perse le origini, che profetava la caduta del cielo
il giorno della fine del mondo che, secondo gli studi effettuati dai
druidi circa la posizione delle stelle, sarebbe avvenuta in
concomitanza con l‟equinozio. La caduta del cielo avrebbe rivelato agli uomini il mondo degli dei che si trovava al di sopra della volta
celeste.
Alcuni racconti narrano un ampio arco di tempo nella vita dei
personaggi: per esempio Master Melody, che narra la vita di un
eccentrico maestro molto amato dai suoi alunni ma che terminerà la
sua vita in solitudine; oppure Blood, dove viene descritta la scalata
al successo di un ragazzo ambizioso, il quale tuttavia non verrà mai
accettato dalle persone ricche a cui vuole assomigliare. Altri
racconti, invece, descrivono gli eventi avvenuti in un breve lasso di
tempo, anche se alcuni flashback dilatano il tempo della storia e
permettono al lettore di conoscere antefatti e presupposti: ad
XXII
esempio Tryst, dove un ragazzo scopre che il suo migliore amico è
in realtà il suo rivale in amore, oppure The Red-Haired Woman.
Quest‟ultimo è il racconto che apre la raccolta ed è anche uno dei più apprezzati; narra la giornata sfortunata di James Moylan, il
quale, dal momento che non riesce a vendere il suo gracile toro alla
fiera, scarica tutta la sua frustrazione e la rabbia sulla vicina di casa,
aggrappandosi alla superstizione che vede le persone con i capelli
rossi portatori di malasorte. La superstizione fa da sfondo anche al
racconto The Four Magpies, nel quale un uomo redige il proprio
testamento dopo aver incontrato lungo il suo cammino quatto gazze,
fatto che secondo la credenza popolare preannunciava la morte.
La famiglia è un altro dei temi sviluppati nella raccolta, in
particolare tramite il rapporto fra generazioni, descritto attraverso il
confronto fra nonni e nipoti; è importante notare, ad esempio, la
diversa conoscenza dell‟irlandese, gli anziani lo considerano la loro
lingua madre, mentre i ragazzi lo studiano a scuola e spesso a casa
parlano inglese con i genitori, come si può vedere in My South
Kerry Grandfathers. I nonni trasmettono ai bambini il loro sapere, e
li aiutano a conservare l‟amore per la fantasia e i racconti:
Going to the wood for branches with Small Daddy was an adventure I loved. […] A bag of questions I had for him about everything I saw and heard, bird, flowers, bush, beetle or forest giant. He gave me the names of them all and told me the story of
XXIII how everything got its name the first day. Afterwards I discovered that he had the wrong names for most of them, but what matter when the stories were good to entertain! Imagination is everything in a world going fast to the devil with realism.20
Il titolo della raccolta mette quindi in risalto quale sia il vero
filo conduttore, ovvero l‟Irlanda e le sue tradizioni, e riesce a
trasmettere anche l‟idea di semplicità e di immediatezza che sta
dietro a questi racconti.
3.2 I narratori
Una parte dei racconti è narrata in prima persona da uno dei
personaggi, ovvero da un narratore omodiegetico; altri sono narrati
in terza persona da un narratore eterodiegetico che in alcuni casi
assume focalizzazione interna, ovvero assume il punto di vista di
uno dei personaggi.
Per quanto riguarda i racconti narrati in prima persona, My
South Kerry Grandfathers e Home to My Mountain sono scritti
sotto forma di ricordi, e si può facilmente identificare l‟autore nella
prima persona; ad esempio in My South Kerry Grandfathers il
nonno del protagonista si chiama Sigerson. I racconti che hanno per
protagonisti dei bambini vengono sempre narrati con questa tecnica,
XXIV
anche se in alcuni casi, come The Go-Getter, sappiamo che il punto
di vista è quello del bambino divenuto adulto.
In questi racconti la narrazione diventa abbastanza
colloquiale e nella maggior parte dei periodi prevale la paratassi.
Una delle particolarità di questa raccolta è la ricchezza dei paragoni
che l‟autore utilizza per aiutare il lettore a vedere la scena nella sua testa. Ad esempio in Something for the Wran il bambino racconta la
mattina del giorno di Santo Stefano e il lettore coglie la sua
impazienza attraverso il susseguirsi veloce delle sue azioni. Inoltre,
per descrivere i bambini che vanno di porta di porta a chiedere
alcuni spiccioli per i loro uccellini, utilizza un‟immagine presa dal Macbeth:
Down with the breakfast as if I was a wolf after a hunger strike, out of the door. And along the street with a frost-polished face, where a Birnam Wood of holly bushes was already roving up and down searching for a Dunsinane with coppers in it.21
L‟immagine del lupo affamato per uno sciopero della fame è divertente, inverosimile ed efficace, perché rievoca le sensazioni
provate dal bambino. Il riferimento successivo a Shakespeare,
ovvero alla foresta di Birnam e al castello di Dunsinane, indica che
il narratore è ormai cresciuto e che sta rievocando la sua infanzia
ormai adulto.
XXV Tryst è narrato in prima persona dal protagonista, del quale
non sappiamo il nome, ed è scritto al tempo presente. È una scelta
che porta ad avere un effetto quasi cinematografico: il lettore
sembra quasi vedere attraverso gli occhi del protagonista scoprendo
gli eventi insieme a lui.
Mary is there, lovely enough to own half the town, sitting beside the fire with a cup of tea in her hand. She is with somebody and I move to the far side of the window to see who it is. My eyes nearly fall out of me. Jimmy is sitting on the other side as smug as if the turf came out of his bog, a cup of tea beside him and a cake balanced on his knee.22
Il narratore eterodiegetico con focalizzazione interna fornisce
una prospettiva fortemente limitata a ciò che vede e pensa il
personaggio in questione, il quale rimane in molte occasioni
all‟oscuro di quello che riguarda gli altri personaggi. Nessuno dei narratori in terza persona è onnisciente, in ogni storia esiste il punto
di vista privilegiato di uno dei personaggi; per questo il lettore non
viene a sapere che cosa è successo al gilet di John Dan in The
Spanish Waistcoat, per esempio.
In Home to My Mountain, un racconto molto breve, scritto al
tempo presente, troviamo un personaggio che narra in prima
persona mentre sta sdraiato in un prato su una collina. Descrive le
sensazioni che prova nell‟esatto istante in cui sta narrando:
XXVI There is a tickling on the calf on my leg and I pull my trousers to examine it. A ladybird is, moving about, spotted shoulders humped, head scraping my skin, like a short-sighted boy reading his lesson.23
Non si tratta di una storia vera e propria, ma di riflessioni
nate sul momento, intervallate da flashback della sua infanzia,
scritte in un tono quasi lirico, che esprimono il rimpianto per una
giovinezza ormai passata.
3.3 I personaggi
I personaggi che popolano i racconti di Irish Short Story
fanno parte della categoria dei “little men” descritta da Frank O‟Connor, ovvero persone comuni di ogni fascia d‟età che trascorrono la loro vita in campagna. Il lettore può ricostruirli
attraverso una serie di piccoli dettagli, sia dal punto di vista fisico
che caratteriale.
Ci sono molte descrizioni fisiche, rivolte soprattutto ad
aiutare il lettore ad inquadrare il personaggio dal punto di vista
caratteriale e psicologico, come ad esempio quella di James Moylan
in The Red-Haired Woman:
He was a small man with the sad blue eyes and a bushy eyebrows so fiercely red one looked at them and almost forgot to notice his eyes. He was extremely thin and his cloths hung loosely about him as thought someone had pitched them
XXVII carelessly upon him with a hayfork. He wore a chequered tweed cap with a high crown down on his forehead.24
In generale, i protagonisti di Irish Short Story possono
sembrare stereotipi: per esempio il marinaio di ritorno da un lungo
viaggio, il vecchio un po‟ scorbutico, il nonno amorevole, o il maestro che ha dedicato la sua vita agli alunni. I protagonisti più
affascinanti sono senza dubbio coloro che più si avvicinano alla
definizione di personaggi dinamici e a tutto tondo: coloro che alla
fine del racconto si sono evoluti e hanno trovato il modo di
cambiare, se non la loro vita, il loro modo di vedere le cose.
Per esempio in The Master Girl Jamsie Shea, al termine di
una dura giornata di lavoro, decide di lasciare l‟Irlanda e di sfuggire al destino tracciato per lui dal padre. Lo sbuffo di fumo che esce
dalla locomotiva gli indica la via di fuga, e il racconto si chiude con
i punti di sospensione, “the main road ran downhill all the way to the station…”25
.
In The Rebel, Jureen Madden, un uomo di sessantacinque
anni, vive con il fratello, Dan, che lo disprezza: a causa del bisogno
di attenzioni di Jureen, Dan non è mai riuscito a trovare moglie.
Convinto di aver combinato un disastro, Jureen si rifugia nella
24 Ibidem, p. 11. 25 Ibidem, p. 66.
XXVIII
famigerata county home, ovvero una sorta di ricovero per coloro
che non hanno altro posto dove andare, in cui invece troverà amici
che lo accettano per come è. Infatti Jureen incontra Charlie, un
uomo sempre in compagnia del suo violino, con il quale suona
vecchie canzoni gaeliche. Charlie, che riesce ad infondere a Jureen
coraggio e fiducia in se stesso, è un personaggio abbastanza
caratteristico, il violino e le canzoni bastano a fare in modo che il
lettore possa creare il personaggio nella sua testa, anche se non
viene descritto fisicamente.
In Irish Short Story oltre ai protagonisti ci sono molti
personaggi secondari, ad esempio Father Dermot, oppure Paddy the
Watch: sono spesso stereotipi e stanno solo sullo sfondo,
contribuendo a creare il mondo all‟interno del racconto, e formando
la società intorno al protagonista. Di loro abbiamo soltanto piccoli
ritratti, per esempio Father Dermot ci viene descritto mentre
contempla placidamente i suoi fiori:
Father Dermot affectionately contemplating his bed of prize red wallflowers and thinking how much they resembled little children dressed in old-fashioned velvet dresses, heard the cheering and lifted his head to find John Dan and all his parishioners beaming down on him.26
I racconti di Irish Short Story non sono collegati tra loro nello
spazio, ognuno è ambientato in un villaggio diverso; tuttavia, grazie
XXIX
al modo in cui sono presentati i personaggi, sia quelli principali che
quelli secondari, la raccolta assume uniformità, e alla fine il lettore
ha quasi l‟impressione di aver letto le vicende di un solo villaggio, popolato da una serie di personaggi simili tra loro e piacevoli nel
XXX
4. LA TRADUZIONE DELL‟IRISH ENGLISH
4.1 La nascita dell‟Irish English
Con il termine Irish English si intende la varietà dell‟inglese
parlata in Irlanda. In alcuni casi i linguisti parlano di Hiberno
English, utilizzando il nome latino dato dai romani all‟Irlanda,
derivato da hibernus, che significa “inverno”. Prima dell‟arrivo
degli inglesi gli abitanti dell‟isola parlavano gaelico, o meglio una
varietà di celtico insulare, di cui fanno parte anche il gaelico
scozzese e il mannese. Spesso viene utilizzato anche il termine
Anglo-Irish, tuttavia, Declan Kiberd, uno dei più autorevoli studiosi
di letteratura irlandese, suggerisce che:
The term “Anglo-Irish” has been used for decades to describe the particular brand of English spoken in rural Ireland, under the historic influence of the Irish language. The strict linguistic term for this idiom is, of course, “Hiberno-English”, since the basic language in question is English, conditioned by the Irish substratum.27
La colonizzazione inglese iniziò dalla costa orientale,
all‟incirca nella parte che ha al centro Dublino, chiamata The Pale, dove nel XVIII secolo gli inglesi imposero le loro leggi, e di
conseguenza la loro lingua. A partire dalla fascia costiera orientale,
XXXI
gli inglesi proseguirono verso ovest, finché nel Seicento tutta l‟isola
fu conquistata.
Dal punto di vista linguistico, questa evoluzione è ancora
visibile; la maggior parte dei luoghi dove ancora oggi il gaelico
prevale come lingua parlata tra le mura domestiche si trova
nell‟Irlanda occidentale. Molti di questi luoghi, conosciuti come
gaeltacht, si trovano infatti nelle contee del Kerry, di Galway e di
Mayo: la parte occidentale, meno soggetta al dominio inglese e più
lontana dalla Gran Bretagna, conserva in modo più marcato le
tradizioni e l‟attaccamento alla lingua d‟origine. I gaeltacht nacquero dopo il Celtic Revival e furono riconosciuti durante i
primi anni del Free State per incentivare il ritorno alle tradizioni del
passato. Infatti, dopo la Great Famine del XIX secolo e la
conseguente dispersione degli irlandesi, emigranti in cerca di
condizioni migliori, la lingua gaelica veniva associata alla miseria e
all‟ignoranza.
L‟Irish English nasce dall‟incontro dell‟inglese con il gaelico parlato dagli abitanti dell‟isola. Le maggiori influenze del gaelico si possono riscontrare nella lingua parlata, in modo particolare nella
pronuncia e nel lessico, le due categorie che subiscono di più i
XXXII
anche nella sintassi, soprattutto nell‟ordine dei costituenti della frase.
Anche in Irish Short Stories si trovano gli elementi tipici
dell‟Irish English. Purtroppo è molto difficile farli risaltare nella traduzione: un lettore madrelingua inglese riconosce subito che si
tratta della varietà irlandese della lingua anglosassone, in modo
particolare nei dialoghi, dove i personaggi utilizzano non solo le
variazioni tipiche dell‟irlandese ma anche quelle della loro contea o della regione nella quale vivono.
Nella traduzione la maggior parte delle sfumature della
lingua va perduta, tuttavia è importante cercare di conservare anche
in italiano la colloquialità presente nei dialoghi e alcune delle
peculiarità sintattiche dell‟Irish English.
4.2 Sintassi e lessico
Alcune delle peculiarità che riguardano l‟Irish English rientrano nella categoria della sintassi: l‟ordine dei componenti della frase, l‟uso degli avverbi e degli articoli, l‟utilizzo di alcune costruzioni particolari che permetto al lettore di inquadrare il testo
XXXIII
Una delle costruzioni più ricorrenti è l‟utilizzo di after seguito da un verbo in forma in –ing in senso perfettivo, ovvero
considerando l‟azione compiuta in opposizione a una iterativa o non ancora completa. Ecco un esempio presente in Irish Short Stories:
“If Murthy doesn‟t know, nobody knows,” said John Dan earnestly to Paddy Black Bog, “and him after ringing the world a score of times.”28
La traduzione proposta utilizza un passato prossimo e precisa
il soggetto in posizione finale dopo la virgola, per aiutare il lettore a
dare enfasi a questa battuta di dialogo.
«Se non lo sa Murthy allora non lo sa nessuno,» disse con franchezza John Dan a Paddy Torba Nera, «e ha fatto il giro del mondo una ventina di volte, lui».
L‟aspetto perfettivo di questa costruzione viene evidenziato anche in questo periodo, dove l‟azione descritta si è conclusa da poco e in italiano si può rendere con l‟avverbio “appena”.
“There‟s a strange man after leaving the school and he‟s coming this way. Maybe he‟s an Inspector. He has the brown bag, anyway.”29
«Uno sconosciuto è appena uscito dalla scuola e sta venendo verso di noi. Forse è un Ispettore. Ha la valigetta marrone, comunque.»
Un‟altra costruzione tipica dell‟Irish English che riguarda l‟aspetto del verbo è costituita dal complemento oggetto seguito dal participio passato, come nella frase “they had a grave dug under the
28 Sigerson Clifford, Irish Short Stories, p. 24. 29 Ibidem, p. 48.
XXXIV
roots”30. Questo costrutto indica non solo che l‟azione si è conclusa ma anche l‟intenzionalità precedente del soggetto di compiere l‟azione, che al contrario non viene comunicata in una frase che utilizza l‟ordine standard della sintassi dell‟inglese britannico, “they had dug a grave under the roots”.31
Ecco un altro esempio:
Norrie Hyland, an elderly spinster home to us from Boston, had the door closed and no signs of opening if I was knocking yet.32
L‟ordine dei componenti della frase viene spesso sovvertito per dare enfasi al discorso, soprattutto nei dialoghi e quando la
narrazione viene condotta in prima persona:
Scoundrels we were and deserving to be denied Christian burial, and that could happen yet for we are all very much alive still.33 A dark night he wanted and the wick of the oil-lamp down low, and if there was a bit of a banshee wind olagowning down the chimney, so much the better. 34
Nella traduzione si può cercare di conservare questo ordine
dei componenti, dal momento che anche in italiano risulta enfatico
e spesso legato all‟intonazione della voce:
Furfanti, ecco cosa eravamo, e meritavamo di vederci negare una sepoltura da cristiani, e può sempre accadere visto che siamo tutti ancora vivi.
30 Ibidem, p. 90.
31 Cft: Markku Filppula, Irish English: Morphology and Syntax, in A Handbook of Varieties of
English, a cura di Kortmann et al., Moton de Gryer, Berlin, 2004, Vol 2, pp.73-101.
32, Sigerson Clifford, op. cit., p. 104. 33 Ibidem, p. 36.
XXXV Una notte buia e lo stoppino della lampada abbassato, ecco cosa gli ci voleva, e se c‟era un po‟ di vento che pareva creato da una
banshee ululare giù per il camino, ancora meglio.
In Irish English troviamo anche un uso frequente di
riempitivi come “right enough”, “faith” e “sure”. Questo può essere considerato come un retaggio del gaelico, lingua che non
comprendeva parole corrispondenti a “yes” e “no”: i parlanti erano così costretti ad usare locuzioni equivalenti come “to be sure” o “please God”, per questo l‟uso di riempitivi e frasi circonlocutorie è così frequente nell‟Irish English.
“Sure, I got on, Tadhg. I‟ve got two saloons on the other side of the river. One of them would make four of this joint. When I met you I was on my way to negotiate a deal for a third one. Sure, I did OK for myself.”35
He was a fine friendly man right enough and after half an hour‟s chat I learned more concerning him than I knew about myself.36
Il traduttore deve cercare di valutare volta per volta come
introdurre nel testo i corrispondenti italiani creando frasi naturali e
scorrevoli.
«Ma certo che ce l‟ho fatta, Tadhg. Possiedo due bar sull‟altra riva del fiume. Uno è quattro volte questo qua. Quando ti ho incontrato stavo per negoziare l‟acquisto di un terzo. Certo, mi va tutto bene.»
Era un brav‟uomo, davvero amichevole, e dopo mezz‟ora di chiacchiere avevo imparato più cose su di lui di quante ne sapessi su di me.
35 Ibidem, p. 71. 36 Ibidem, p. 83.
XXXVI
Per quanto riguarda il lessico, in Irish Short Stories sono
presenti alcune parole gaeliche di uso comune, spesso in forma
anglicizzata. Il nome usato per rivolgersi al proprio nonno, daddo,
che deriva dal gaelico daideó, è stato lasciato in italiano, ma
accompagnato da una nota per puntualizzare il fatto che si tratta di
un nome caricato affettivamente.
In altri casi è stato deciso di tradurre semplicemente il
significato:
He‟s a bigger liar than Cromwell. Kneel down boyeen bawn, and we‟ll offer up the Rosary for him, for he‟ll never get to heaven on his own.37
In questo caso si tratta di una nonna abituata a parlare gaelico
anche a casa che si rivolge al nipotino che sente parlare questa
lingua a scuola soltanto saltuariamente: boyeen significa “little
boy”, mentre bawn significa “blonde”.
«È bugiardo anche più di Cromwell. Inginocchiati, biondino, e recitiamo un rosario per lui, perché da solo in paradiso non ci arriverà mai.»
Nel testo, soprattutto nei dialoghi, si trova alcune volte ould
al posto di old e viene usato spesso come intensificatore; begor
invece è un eufemismo per “by God” utilizzato spesso nelle campagne irlandesi. Un altro termine prettamente irlandese è
XXXVII bosthoon, che indica una persona senza tatto, goffa e stolta, mentre yerra è un‟esclamazione tipica del sud dell‟isola, che viene dal
gaelico dhera e si usa generalmente come interiezione per
rispondere affermativamente. In generale, in questa raccolta ci sono
diverse parole che possono essere attestate come dialettismi o
appartenenti alla varietà irlandese: purtroppo la traduzione spesso
non può rendere conto di tutto quello che sta dietro alle singole
parole, e si cerca di salvaguardare il significato senza perdere la
coloritura complessiva del racconto, soprattutto nei dialoghi.
Il racconto dove la presenza del gaelico si avverte
maggiormente è The Rebel: il protagonista chiede al fratello “Will I
wet a scald of tay for you, Dan?”38
. Tay è la parola slang per tea:
l‟intera frase significa “Will I make you a hot cup (or pot) of tea?”. Fino alla metà del secolo scorso era frequente sentirsi chiedere:
“please, make me a cup of scald”, ovvero “a cup of hot tea”.
Ci sono inoltre alcune parti dove il testo si presenta in
gaelico, come ad esempio in una filastrocca, o in alcune brevi
battute di dialogo. La soluzione proposta per il lettore italiano è
quella di mettere una nota a piè di pagina con la traduzione italiana,
di modo da conservare la scelta dell‟autore.
XXXVIII
4.3 Registri e dialetti
Il registro usato in questa raccolta è spesso abbastanza alto e
fa uso di immagine poetiche per descrivere la natura e i paesaggi
che fanno da sfondo ai racconti.
Empty must the boyhood be that hasn‟t a river running through it. Before and after school we haunted it when the water tossed white heels at the willows, or when it flowed smooth and brown with the gentle murmur of it sending sleep into the head. Lie on the banks for hours we would, watching the rounded amber pebbles winking at the sun, or the spotted trout slipping over the stones, or the little heels losing their way among the thin green weeds. 39
Deve essere vuota l‟infanzia di un ragazzo se non c‟è un fiume ad attraversarla. Ci andavamo spesso, prima e dopo la scuola, quando l‟acqua scalciava contro i salici, o quando scorreva liscia e marrone con un dolce mormorio che conciliava il sonno. Potevamo rimanere sulla riva per ore, a guardare la ghiaia color ambra che luccicava al sole, o la trota maculata che scivolava tra le rocce, o le piccole anguille che si perdevano tra le sottili alghe verdi.
Il registro colloquiale viene utilizzato per i dialoghi e per
alcuni narratori in prima persona. Da un punto di vista linguistico, il
traduttore incontra maggiori difficoltà nel riprodurre il registro
colloquiale che quello formale. La traduzione deve tener conto di
una serie di variabili, come ad esempio l‟età, la provenienza e l‟estrazione sociale del parlante. Un registro ricercato trova quasi sempre un‟equivalente nella lingua di arrivo, anche per il fatto che il linguaggio scritto è in genere formale perché deve seguire la
XXXIX
maggior parte delle regole della sintassi e della grammatica per
essere compreso da chi legge. Il registro informale è meno
codificato e deve quindi prendere in considerazione un numero più
ampio di variabili.
In un libro come Irish Short Stories, che mette al centro
l‟Irlanda e quindi il luogo da dove provengono i personaggi, è importante tener conto anche del dialetto con il quale questi
personaggi si esprimono. Se, come già accennato, è difficile
trasmettere al lettore italiano la varietà della lingua inglese che sta
leggendo, nella fattispecie Irish English, è ancora più difficile
differenziare la provenienza dei vari personaggi all‟interno dell‟isola.
Spesso nei dialoghi la grafia delle parole segue la pronuncia,
il settore più influenzato dal dialetto, in particolare per quanto
riguarda le contrazioni: “‟Tis like a hotel, man”40 dove „tis è la
forma contratta di this is, oppure “‟Twill be all right next week,
though”41
, dove „twill sostituisce it will. Nella traduzione purtroppo
queste indicazioni sulla pronuncia dei personaggi vengono perse e
si può solo cercare di rendere il dialogo scorrevole e il più naturale
possibile.
40 Ibidem, p. 59. 41 Ibidem, p. 68.
XL
Il tema della resa dei dialetti regionali in traduzione è uno dei
più discussi all‟interno degli studi sulla teoria della traduzione, soprattutto in un paese come l‟Italia che può contare su una varietà molto ampia di regionalismi.
4.4 La traduzione dei “culture bound reference”
Nella maggior parte dei testi, specialmente in quelli letterari,
il traduttore si trova davanti ai cosiddetti culture bound references,
cioè concetti, fatti o oggetti concreti, legati strettamente alla cultura
di partenza e che possono risultare di difficile comprensione,
stranianti, o addirittura senza senso, al lettore di arrivo.
The source-language word may express a concept which is totally unknown in the target culture. The concept in question may be abstract or concrete; it may relate to a religious belief, a social custom, or even a type of food. Such concepts are often referred to as “culture-specific”.42
Infatti i riferimenti culture bound possono essere di diverse
tipologie e riguardare vari ambiti, a seconda del paese al quale
appartengono. Due dei fattori che li influenzano possono essere di
due tipi: fisico-ambientale e politico-storico.
Esiste anche un problema di categorizzazione, legato al fatto
che due lingue possono segmentare la realtà in modi diversi.
42 Mona Baker, In Other Words: A Coursebook on Translation, Routledge, London, 1992, p.
XLI
L‟esempio più noto è quello che riguarda la lingua eschimese, che vanta una vasta gamma di termini per definire la neve, al contrario
di altre lingue, usate in paesi dove questo fenomeno atmosferico
non è così frequente43.
In particolare, cibi e bevande possono offrire molti spunti sul
problema dei culture bound references. Il tè, per esempio, ha un
valore diverso per un inglese rispetto a un abitante di un altro paese
non anglosassone, a causa della tradizione che rappresenta e delle
implicazioni culturali e sociali. Altri esempi di questo genere si
possono trovare nello sport, come la differenza fra il nostro calcio e
il soccer americano o gaelico. È importante notare che la maggior
parte di questi elementi specifici di una particolare cultura
appartengono alla quotidianità.
Il traduttore, oltre a riconoscere questi elementi, deve agire
come mediatore per cercare di colmare la distanza culturale. Una
possibilità ancora più problematica è quella del gap: alcuni concetti
esistono soltanto in una data cultura e al momento della traduzione
si forma un vuoto che non può essere colmato con nessuno degli
elementi appartenenti alla cultura di arrivo. Per esempio, i
43 Cfr. David Katan, Translating Cultures: An Introduction for Translators, Interpreters and
XLII Carabinieri in Italia oppure le onorificenze del British Empire in
Gran Bretagna.
Alcune delle strategie che possono essere adottare dal
traduttore, a seconda del caso specifico, sono44:
omissione: eliminare del tutto il riferimento culturale, se giudicato troppo specifico e soprattutto se non è
essenziale al contenuto e se non ricorre più volte;
ampliamento: il traduttore aggiunge una piccola frase di spiegazione, spesso come inciso. In alcuni casi si
può decidere di ricorrere alle note a piè di pagina o ai
glossari;
uso di un termine più generale: presente anche nella cultura di arrivo;
prestito: lasciare la parola straniera, magari in corsivo e spesso accompagnata da una nota o da una glossa;
traslazione culturale: sostituire il riferimento della cultura di partenza con qualcosa che ottiene un effetto
il più vicino possibile nella cultura di arrivo, per
esempio sostituire calcio in italiano dove nell‟originale
XLIII
statunitense appare football, due sport diversi ma
ugualmente molto seguiti nei rispettivi stati.
Naturalmente ciascuna di queste tecniche può essere valida o
meno a seconda dei casi in cui vengono applicate, e ognuna
presenta vantaggi e svantaggi. È importante considerare il
lettore-tipo che leggerà la traduzione, il committente e lo scopo del testo
entro un determinato contesto culturale di arrivo.
In un testo come Irish Short Stories è, a mio avviso,
importante cercare di portare il lettore verso la cultura di partenza e
non appiattire o addomesticare i riferimenti culturali; è opportuno
metterlo in condizione di capire i riferimenti e dunque di aumentare
le sue conoscenze. Spesso la scelta migliore cade nel mezzo, tra
domesticating and foreignizing, secondo i canoni esplicitati da
Lawrence Venuti45.
4.5 Vita in Irlanda
In Irish Short Stories si possono trovare molti riferimenti ai
costumi della società rurale. Un esempio molto interessante si trova
all‟interno del racconto Something for the Wran.
45 Cfr. Lawrence Venuti, The Translator‟s Invisibility, A History of Translation, Routledge,
XLIV
Il giorno di Santo Stefano, il 26 dicembre, i bambini irlandesi
vanno di casa in casa a chiedere una monetina portando con loro il
fantoccio di uno scricciolo, (wran, grafia irlandese per wren), in una
piccola scatola. Spesso sono mascherati e cantano filastrocche, sia
in inglese che in celtico, l‟accompagnamento funebre per lo
scricciolo. Infatti questa tradizione, nei tempi passati, prevedeva
che i ragazzi ne cacciassero uno e lo uccidessero; questo uccellino
infatti rappresentava l‟anno che stava per finire, e inoltre la tradizione si basava sul fatto che, in Irlanda, lo scricciolo era
considerato da sempre un traditore. Infatti, stando alla leggenda, era
stato proprio uno scricciolo ad avvertire l‟esercito dei vichinghi
della presenza degli irlandesi che stavano per sferrare un attacco.
Un‟altra leggenda narrava che fosse stato proprio lo scricciolo, con il suo cinguettio, a rivelare ai suoi persecutori la presenza di Santo
Stefano, il primo martire della cristianità. Da questa leggenda
nacque l‟usanza di uccidere scriccioli nel giorno dedicato a questo
santo.
Nel racconto, narrato dal punto di vista di un bambino, è
riportata anche una di queste filastrocche cantate dai Wren Boys,
come venivano chiamati, e due versi di una versione in gaelico, con
XLV
sganciarsi dal significato letterale per concentrarsi sul significato
generale e privilegiare l‟aspetto fonetico e ritmico, per esempio la
rima. Al contrario, i versi in gaelico sono rimasti, così come le altre
parole in gaelico nel testo. Purtroppo vengono perse le pronunce
irlandesi di alcune parole della filastrocca.
The wran, the wran, the king of all birds, I broke his skull in Jer Donoghue‟s furze. Up with the kittle and down with the tay, Give me a copper and let me away. 46
Oltre a wran, sono presenti tay, ovvero tea, e kittle al posto di
kettle. La possibile traduzione è la seguente: Scricciolo mio, all‟ombra della ginestra, Non sfuggirai mai alla mia balestra, Metti su l‟acqua e prepara il tè, Che una monetina spetta anche a me.
In Irish Short Story troviamo anche un racconto − The
Trapper − che si basa su un‟attività molto popolare ai tempi passati,
ma poco famosa ai giorni nostri, ovvero catturare gli uccellini
tramite sistemi non violenti, come trappole e richiami. Nel racconto
si descrive una gara fra due bird trappers di due paesi vicini, dove
la posta in gioco è il call-bird dell‟avversario, ossia l‟uccellino che
con il canto attira gli altri. In italiano esiste il verbo uccellare e il
sostantivo uccellatore per definire chi caccia usando questi metodi.
Dal momento che si tratta di una breve storia che mira a descrivere
XLVI
dei personaggi e a raccontare le emozioni dei protagonisti, il verbo
uccellare sembrava troppo desueto ed è parso più opportuno
sostituirlo.
Dal punto di vista dell‟organizzazione politica e religiosa del paese, sono rimasti i riferimenti al sistema delle contee e delle
parrocchie, perché pienamente comprensibili dal lettore italiano. Al
contrario, altri riferimenti troppo specifici all‟Irlanda vengono
eliminati o resi più accessibili.
Per esempio, nel racconto My South Kerry Grandfathers, il
narratore descrive il cancello “beside the RIC barracks”47. RIC è
l‟acronimo di Royal Irish Constabulary, una delle due forze di polizia attive durante i primi decenni del Novecento. In questo caso
la tecnica più appropriata, a mio avviso, è parsa quella
dell‟omissione, traducendo semplicemente caserma, senza ulteriori specificazioni.
Invece, per tradurre head constable48, all‟interno del racconto
The Spanish Waistcoat, è stato necessario cercare il corrispondente
di questo grado dell‟Irish Army all‟interno dell‟Esercito Italiano. Naturalmente non esiste un corrispondente preciso, quindi si è
47 Ibidem, p. 33. 48 Ibidem, p. 30.
XLVII
tenuto conto del fatto che si trattava di una battuta di dialogo di
tono scherzoso, dunque alla fine la scelta è caduta su sergente.
Un altro esempio di culture bound reference si trova nel
racconto Homecoming, dove il protagonista torna alla natia Cork
dopo una lunga assenza.
Back again to the lights of Pana and the cold whisper of the River Lee as it turned its glassy face to the twinkling stars.49 Pana è la parola slang per indicare St. Patrick Street, la via
principale di Cork. Nella traduzione si è preferito scrivere il nome
della via:
Tornare di nuovo sotto le luci della strada di Saint Patrick, e al gelido mormorio del fiume Lee che intanto volgeva il suo volto di vetro alle stelle scintillanti.
4.6 Miti e leggende
Come nella maggior parte dei paesi nordici, anche in Irlanda
nel corso dei secoli si è formata una solida tradizione di miti e
leggende. Oggi questa mitologia viene spesso utilizzata per
rappresentare l‟Irlanda, come la caratteristica immagine del
leprecauno vestito di verde con il quadrifoglio. Gli elementi
folcloristici fanno parte integrante della letteratura irlandese e, nel
caso di una raccolta di storie, il traduttore deve cercare di farli
XLVIII
conoscere al lettore. In questo caso si è optato per l‟utilizzo delle note a piè di pagina, volte a spiegare brevemente una parola o una
situazione.
In Irish Short Stories vengono nominati alcuni dei personaggi
più frequenti della tradizione irlandese, oltre ai leprecauni,
troviamo le banshee, i changeling, i Fianna, e i seanchaí.
La parola leprecauno viene dal gaelico leprechaun, che
secondo l‟Oxford Dictionary deriva probabilmente da leath
bhrógan, cioè “ciabattino”; ed è per questo che spesso viene
rappresentato mentre lavora su di una scarpa. Era descritto come
dedito agli scherzi e a volte un po‟ maligno, tuttavia si narrava che il popolo dei leprecauni fosse in possesso di grandi quantità di
paioli pieni d‟oro e che fossero soliti nasconderli sotto terra. Soltanto colui che catturava un leprecauno e lo interrogava a
proposito dell‟oro poteva sperare di trovarlo.
Ecco come William Butler Yeats descrive i leprecauni nella
sua enciclopedia del folclore irlandese del 1888 Fairy and Folk
Tales of the Irish Peasantry.
He is something of a dandy, and dresses in a red coat with seven rows of buttons, seven buttons on each row, and wears a cocked-hat, upon whose pointed end he is wont in the north-eastern
XLIX counties, according to McAnally, to spin like a top when the fit seizes him.50
Da notare come, prima del XX secolo, il leprecauno vestisse di
rosso nell‟immaginario collettivo.
Un altro personaggio molto noto del folclore irlandese è la
banshee. Secondo l‟Oxford Dictionary il termine è una
lessicalizzazione inglese della pronuncia dell‟irlandese ben sidhe ossia “woman of the fairies”. Anticamente le banshee proteggevano
le famiglie irlandesi più importanti e comparivano quando uno dei
suoi membri stava per morire, lanciando grida di dolore e gemendo;
tutto questo nasceva dall‟usanza delle donne di intonare un lamento ai funerali: per le famiglie più importanti si diceva che questi
lamenti fossero cantati dalle fate. Così la banshee, accompagnata
dai suoi lamenti, è diventata il simbolo del presagio della morte.
In Irish Short Stories questa figura appare due volte; la prima
volta nel racconto My South Kerry Grandfathers, quando viene
descritta l‟atmosfera preferita dal nonno del narratore per fare da sfondo alle sue storie del terrore, “and if there was a bit of a
50 William Butler Yeats, Fairy and Folk Tales of the Irish Peasantry, Unabridged Dover
L
banshee wind olagowning down the chimney, so much the better”51.
La seconda volta appare nel racconto Tryst:
I saw her the first day she came, a week ago on Monday, and her face is hunting me all the time like the banshee haunts my mother‟s people, if you can believe them.52
In questo caso si può notare come le banshee facciano così parte
dell‟immaginario collettivo da poter essere usate in una similitudine. Subito dopo il narratore aggiunge “if you can believe
them”, come a volere prendere le distanze da questa leggenda.
Per quanto riguarda questi due cultural bound reference si è
preferito lasciare la parola originale, anche se italianizzandola nel
caso del leprecauno, e aggiungere una nota esplicativa. Il lettore
può intuire che si tratta di creature appartenenti al modo delle
leggende e la nota serve ad ampliare e a spiegare nei dettagli di
quale leggenda si tratta.
Un‟altra figura cha fa parte del folclore nordico, e in particolare di quello irlandese, è il changeling: si tratta di uno
scambio, una creatura leggendaria, generalmente figlio di un elfo o
di una fata viene messo nella culla al posto di un bambino umano.
Le ragioni di questo scambio venivano attribuite al desiderio di
avere un servitore umano, o alla semplice malvagità di alcune
51 Sigerson Clifford, op. cit., p.37. 52 Ibidem, p.98.
LI
creature magiche. Probabilmente questa leggenda serviva a spiegare
il perché di alcune malformazioni o handicap visibili nei bambini.
Tra le peculiarità presenti nei changeling si possono riconoscere i
sintomi della sindrome di Williams, oppure le caratteristiche dei
bambini nati con la spina bifida. Non solo, ma anche i bambini
colpiti da autismo venivano additati come changeling, per il loro
strano comportamento. Oltre ad essere menzionati in una fiaba dei
Fratelli Grimm e in A Midsummer Night‟s Dream di William
Shakespeare, dove proprio la contesa di un changeling boy
innescherà la lite fra Oberon e Titania, William Butler Yeats ha
destinato una parte del suo libro Fairy and Folk Tales of the Irish
Peasantry a questa leggenda e dedica una poesia ai bambini umani
strappati alle loro famiglie e destinati a vivere nei boschi, The
Stolen Child, la cui ultima strofa recita: Away with us, he's going, The solemn-eyed;
He'll hear no more the lowing Of the calves on the warm hill-side. Or the kettle on the hob
Sing peace into his breast; Or see the brown mice bob
Round and round the oatmeal chest. For he comes, the human child, To the woods and waters wild, With a fairy hand in hand,
For the world's more full of weeping than he can understand. 53
LII
In Irish Short Stories il riferimento al changeling appare nel
racconto The Rebel durante una lite fra due fratelli. Il protagonista,
Jureen, che viene descritto dal narratore come “the dead split of the
imagined leprechaun”54, vive con il fratello Dan che si è sempre
occupato di lui per una promessa fatta alla madre in punto di morte.
Dan dà la colpa al fratello per essere ancora celibe, e durante una
lite gli grida “you changeling!”55
. Nella traduzione di questa frase si
è preferito staccarsi dal significato letterale, perché la parola
originale risulta troppo straniante all‟interno di una traduzione
italiana, e non esiste un corrispettivo nella cultura italiana.
Trattandosi di una battuta di dialogo nonché di un apice climatico,
anche ricorrere all‟ampliamento sarebbe risultato innaturale, a scapito del ritmo del dialogo: la persona a cui vengono dirette
queste parole, Jureen, sa bene di cosa si tratta. La soluzione
proposta è quella di “impostore malefico” che cerca di sottolineare come Dan stia cercando di rinnegare la sua parentela con Jureen e
di classificarlo fra le creature malvagie e portatrici di sventure.
La tradizione irlandese presenta anche alcuni “cicli” di storie simili a quelli di Re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda in
Inghilterra, che narravano dei leggendari re d‟Irlanda. Nel racconto
54 Sigerson Clifford, op. cit., p 56. 55 Ibidem, p 57.