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+ 1 = 0: i numeri complessi.

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Academic year: 2021

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(1)

LeLing13: Polinomi e numeri complessi.

A ¯ rgomenti svolti:

• Polinomi e non polinomi.

• Le radice della equazione x

2

+ 1 = 0: i numeri complessi.

• L’inverso

1z

e il coniugato.

• Radici di polinomi. Radici coniugate. La formula

−b±

√ b2−4ac

2a

.

• L’algoritmo di Euclide e la sezione aurea

1+

√5 2

.

• Divisione di polinomi. L’algoritmo di Euclide e le radici multiple.

E ¯ sercizi consigliati: Geoling 15.

Polinomi

Un polinomio p(X) in X e’ una espressione p(X) = a

0

+ a

1

X + · · · + a

n

X

n

dove a

1

, a

2

, · · · , a

n

sono numeri. Se a

n

6= 0 il numero n si chiama grado del polinomio p(X) e simbolicamente si scrive deg(p(X)) = n. Se tutti i numeri a

1

, a

2

, · · · , a

n

sono nu- meri reali allora p(X) si dice polinomio reale. Se invece a

1

, a

2

, · · · , a

n

appartengono a un campo numerico K allora si dice che p ha coefficienti in K e simbolicamente si scrive p(X) ∈ K[X]. Ovviamente p(X) ∈ R[X] significa che p(X) e’ un polinomio reale.

Di solito un polinomio si pensa come una funzione e si scrive P (x) dove la x minus- cula significa che abbiamo inserito un numero x al posto di X . I classici esempi sono la retta p(x) = ax + b e la parabola p(x) = ax

2

+ bx + c.

Ovviamente esistono funzioni f (x) che non si possono ottenere mettendo x al posto di X in un polinomio. Ecco gli esempi classici: cos(x) e sin(x). Infatti, questo e’ con- seguenza del fatto che sin(x) e cos(x) hanno infinite radici e invece un polinomio p(x) ha al massimo deg(p(X)) radici

1

.

A volte puo’ servire inserire al posto di X una matrice o qualsiasi altro oggetto che si possa sommare e moltiplicare. Ad esempio, se p(X) = X

3

+ 2X + 1 mettendo al posto di X la matrice J = 0 −1

1 0



possiamo calcolare p(J ), che sara’ anche lei una matrice

1

Questo si dimostra usando l’algoritmo della divisione (oppure il Teorema di Ruffini).

(2)

2 × 2. Infatti, da J

3

= −J risulta p(J ) = −J + 2J + 1 = J + 1. Siccome 1 rappresenta X

0

allora J

0

= Id

2

= 1 0

0 1



e dunque p(J ) = 1 −1

1 1

 .

Osservare dunque che la matrice J e’ radice della equazione X

2

+ 1 = 0.

Numeri complessi

E’ ovvio che la equazione x

2

+ 1 = 0 non si puo’ risolvere usando i numeri reali.

Dunque i matematici hanno inventato il numero imaginario ”i”

2

. Cioe’, si decreta che i

2

= −1 e ovviamente (− i)

2

= −1.

Ma una volta nato il numero ”i”, siccome va pensato come un numero, dobbiamo es- sere capaci di calcolare 2 i, 4 i,

1i

, i

2

5, 4 i +2 i

3

5, ecc. Insomma, e’ vero che i matematici inventano il numero ”i”, ma questa invenzione produce automaticamente molti altri numeri, cioe’ tutti quelli che possiamo escrivere come un quoziente

ab0+a1i +a2i2+···+anin

0+b1i +b2i2+···+bmim

con a

1

, · · · , a

n

, b

1

, · · · , b

m

numeri reali.

Dunque insieme alla nascita di ”i”, nascono i numeri complessi che si raccolgono nell’insieme C di numeri complessi

ab00+b+a11i +bi +a22i2i2+···+b+···+amniimn

con a

1

, · · · , a

n

, b

1

, · · · , b

m

. No- tare che R e’ contenuto in C, infatti se a ∈ R allora a = −a i

2

∈ C, dunque R ⊂ C.

Dunque lo studio di C e’ lo studio di questo insieme. Ecco un teorema importante.

Teorema 0.1. Se z ∈ C, cioe’ z =

ab00+b+a11i +bi +a22ii22+···+b+···+amniimn

con a

1

, · · · , a

n

, b

1

, · · · , b

m

allora z si scrive in modo unico come:

z = x + i y dove x, y ∈ R.

Il numero reale x si chiama la parte reale di z , simbolicamente Re(z) := x mentre il numero reale y si chiama parte immaginaria e si denota Im(z), cioe’ z = Re(z)+i Im(z).

Dimostrazione. Siccome i

2

= −1 segue che z =

ab0+a1i +a2i2+···+anin

0+b1i +b2i2+···+bmim

=

C+D iA+B i

, dove A, B, C, D ∈ R. Ecco una seconda osservazione: z = (

A+B iC+D i

)(

C−D iC−D i

) =

(AC+BD)+(BC−AD) i C2+D2

. Risulta quindi che z = x + y i, dove x =

AC+BDC2+D2

e y =

BC−ADC2+D2

. Dimostrare l’unicita’ e’

facilissimo. Infatti, se esistesse un z tale che z = x + y i = x

0

+ y

0

i e y 6= y

0

, risulterebbe i = x − x

0

y

0

− y

ma questo implica che i e’ un numero reale! Assurdo. Dunque y = y

0

e per forza x = x

0

. 2

2

A volte si usa il simbolo √

−1 per denotare i , ma si faccia attenzione poiche’ p(−1)(−1) non e’

uguale a √

−1 √

−1 .

(3)

Dopo questo Teorema possiamo ripartire pensando ai numeri complessi come le coppie z = x + y i di numeri re- ali. E’ dunque naturale pensare che un numero complesso si rappresenta nel piano R

2

come il punto (x, y).

L’inverso 1 z e il coniugato z

La lettera z denota un numero complesso, cioe’ z = x+i y . La dimostrazione della propo- sizione precedente contiene l’idea di come calcolare l’inverso

1z

di un numero complesso.

E’ conveniente introdurre il coniugato z = x − y i di z come il numero complesso la cui parte immaginaria e’ di segno contrario a quello di z . Geometricamente il coniugato del punto z e’ il simmetrico rispetto all’asse x.

Ecco due proprieta’ importanti del coniugato,

Proposizione 0.2. Se z e w sono numeri complessi allora:

zw = zw z + w = z + w

Inoltre usando repetutamente la prima proprieta’ risulta z

n

= z

n

.

Notare che z = z se e solo se Im(z) = 0, ossia se e solo se z e’ un numero reale.

Allora ecco l’osservazione importante:

z.z = x

2

+ y

2

cioe’, il prodotto di un numero e il suo coniugato e’ uguale alla distanza al quadrato del punto all’origine, cioe’ il quadrato del modulo di z pensato come vettore. Siccome il modulo si denota |z| allora z.z = |z|

2

.

Questo permette facilmente di calcolare l’inverso.

(4)

Proposizione 0.3. L’inverso

1z

di z 6= 0 e’

1 z = z

|z|

2

= x

x

2

+ y

2

− y x

2

+ y

2

i

Dimostrazione . Eseguendo il prodotto z

|z|z2

=

|z|zz2

=

|z||z|22

= 1, dunque

1z

=

|z|z2

per definizione. 2

Esempio 0.4. Ecco l’inverso di i:

1 i = − i

Il calcolo dell’inverso

1z

, insieme con le operazioni di somma e prodotto ci permette di pensare a C come un campo numerico

3

. Ecco come si moltiplicano due numeri complessi z = x + y i e w = a + b i:

z.w = (x + y i)(a + b i) = xa + xb i +ya i +yb i

2

= xa + (xb + ya) i +yb(−1) dunque z.w = (xa − yb) + (xb + ya) i. Ed ecco una formula celebre:

|z|

2

|w|

2

= (x

2

+ y

2

)(a

2

+ b

2

) = (xa − yb)

2

+ (xb + ya)

2

= |zw|

2

.

Questa formula e’ il punto di partenza della dimostrazione di Eulero del teorema di Fermat

4

che i numeri naturali della forma 4k + 1 sono somma di due quadrati.

Infine si osservi che la parte reale e quella immaginaria si ricavano usando il coniugato:

Re(z) = z + z 2 Im(z) = z − z

2 i

Il numero z si dice immaginario puro se Re(z) = 0. Dunque z e’ immaginario puro se z = y i, y ∈ R. Notare che la condizione z = −z e’ necessaria e sufficente affinche’ z sia immaginario puro.

3

Il primo a notare questo e’ stato il bolognese Raffaele Bombelli nel 1572.

4

http://it.wikipedia.org/wiki/Teorema di Fermat sulle somme di due quadrati

(5)

Radici di polinomi reali, radici coniugate, ecc.

Il polinomio p(x) = x

2

+ 1 e’ reale ma ha due radice complesse, cioe’ i e − i. Osservare che − i e’ (per definizione) il coniugato di i. Questo succede per qualsiasi polinomio reale;

cioe’ se z e un numero complesso radice della equazione reale a

0

+a

1

x+a

2

x

2

+· · ·+a

n

x

n

= 0 allora il coniugato z e’ pure lui una radice. Infatti, siccome a

0

, a

1

, · · · , a

n

sono numeri reali risulta:

a

0

+ a

1

z + a

2

z

2

+ · · · + a

n

z

n

= 0 = 0 a

0

+ a

1

z + a

2

z

2

+ · · · + a

n

z

n

= 0 , a

0

+ a

1

z + a

2

z

2

+ · · · + a

n

z

n

= 0 , dunque risulta:

a

0

+ a

1

z + a

2

z

2

+ · · · + a

n

z

n

= 0 cioe’ il coniugato z e’ radice della stessa equazione.

Proposizione 0.5. Sia p(X) ∈ R[X] un polinomio reale. Se il numero complesso z ∈ C soddisfa p(z) = 0, allora anche il coniugato z soddisffa p(z) = 0. Inoltre, se Im(z) 6= 0 allora il polinomio di secondo grado q(X) = (X − z)(X − z) = X

2

− (z + z)X + zz = X

2

− 2Re(z)X + |z|

2

e’ reale, cioe’ q(X) ∈ R[X] e q(X) divide a p(z).

Quest’ultima proposizione si puo’ pensare come una generalizazione del teorema di Ruffini.

Siccome le radici complesse vanno in coppie la proposizione precendente ci induce a credere che un polinomio reale di grado dispari abbia sempre una radice reale. Questo fatto viene dimostrato in analisi osservando che i limiti all’infinito hanno segni diversi.

La proposizione precedente non dimostra questo fatto poiche’ non sappiamo (ancora) che tutte le radici di un polinomio sono numeri complessi... Comunque i numeri complessi ci permetteno di risolvere sempre l’equazione di secondo grado a coefficienti reali a, b, c:

ax

2

+ bx + c = 0 . Infatti usando la formula

−b±

√ b2−4ac

2a

risultano sempre due numeri: reali se b

2

−4ac ≥ 0 o complessi nel caso b

2

− 4ac < 0, cioe’

−b±i

√ 4ac−b2

2a

.

Esempio 0.6. Ecco le radici della equazione x

2

+ x + 1 = 0:

−1 ± √ 1 − 4

2 = −1 ± √

−3

2 = −1 ± √

3 i

2

(6)

Algoritmo di Euclide.

Euclide 300 anni avanti Cristo calcolava il massimo comune divisore M CD(a, b)

5

tra due numeri a, b facilmente grazie a una osservazione molto semplice. Eccola qui:

Assumiamo che a < b:

(i) allora possiamo sottrarre a da b un numero intero di volte q e ci avanzara un resto r , cioe’

b = a.q + r, 0 ≤ r < a (ii) Il M CD(a, b) ` e uguale al M CD(r, a).

Dunque per trovare M CD(a, b) basta trovare M CD(r, a) e possiamo ripartire di (i) cercando di calcolare M CD(r, a), che intuitivamente e’ piu’ facile, poiche’ r e piu’

piccolo di a.

Esempio 0.7. Vediamo come usando ripetutamente l’osservazione di Euclide si trova facilmente il M CD(53241, 3215). Allora, secondo Euclide abbiamo:

M CD(53241, 3215) = M CD(3215, 1801)

poich` e 1801 ` e il resto della divisione di 53241 per 3215. Allora, possiamo applicare an- cora la stessa idea di Euclide, cio` e M CD(3215, 1801) = M CD(1801, 1414). Ancora una volta, M CD(1414, 387) = M CD(387, 253). A questo punto l’idea ` e chiara e possiamo scrivere:

M CD(53241, 3215) = M CD(3215, 1801) = M CD(1801, 1414) = M CD(1414, 387) =

= M CD(387, 253) = M CD(253, 134) = M CD(134, 119) = M CD(119, 15) = M CD(15, 14) = 1 Dunque, il M CD(53241, 3214) ` e 1, cio` e 53241 e 3214 sono primi tra di loro.

I Greci applicavano l’idea del calcolo del M CD(a, b) per tutti i numeri a, b non necessariamente interi, cioe’ dati due numeri a, b cercavano una unita’ di misura comune d, cioe’ un numero d tale che a, b siano multipli interi di d. Ma se a, b non sono interi l’algoritmo non termina necessariamente, cioe’ protrebbe accadere di andare sempre

5

Si puo’ pensare al d = M CD(a, b) come ad una unita’ di misura comune ad entrambi i numeri a, b ,

cioe’ a, b sono multipli interi di d , che e’ il piu’ grande numero con questa proprieta’.

(7)

avanti sottraendo dal divisore il resto, senza mai arrivare ad un resto che divide un divisore. Ecco un tipico esempio. Prendiamo a = 1 e x un numero maggiore di a = 1, che soddisfa

x

1 = 1 x − 1 .

Siccome x > 1 allora 0 < x − 1 < 1 dunque il resto r della divisione di a = 1 e x e’

r = 1 − x:

x 1 = 1

r .

cioe’ il rapporto tra x e 1 e’ uguale al rapporto tra 1 ed il resto r . Siccome:



b

a

=

ab00

,

b = q.a + r , 0 ≤ r < a =⇒



a

r

=

ar00

,

b

0

= q.a

0

+ r

0

, 0 ≤ r

0

< a

0

allora segue che la divisione continuera’ per sempre, dando sempre 1 come divisore e il resto sempre nella stessa proporzione come all’inizio:

x1

=

1r

; infatti l’esempio e’ stato costruito appositamente per evitare che l’algoritmo termini.

Risolvendo l’equazione x

2

− x − 1 = 0 risulta x = 1 + √

5 2 ,

che e’ la diagonale di un pentagono regolare di lato 1

6

. Osservare che il resto r della divisione tra x e 1 e’ la diagonale del piccolo pentagono (formato dalle diagonali) il cui lato e’ 1 − r . Dunque questo dimostra che la pro- cedura della divisione non termina mai, poiche’ si trova sempre un pentagono regolare piu’ piccolo (formato dalle diagonali del piu’ grande).

Siccome l’algoritmo di Euclide applicato a 1 ed a un numero razionale

pq

termina sempre, abbiamo dimostrato il seguente importante teorema.

Teorema 0.8. I numeri 1 e

1+

√5

2

non sono commensurabili, cioe’

1+

√5

2

e’ irrazionale

7

.

6

Il numero x =

1+

√5

2

si chiama numero d’oro o sezione aurea.

7

Questo fu scoperto da Ippaso di Metaponto, un pitagorico, che dicono peri’ per non aver mantenuto

segreta questa scoperta.

(8)

0.1 Fattorizzazione

Quando a, b sono numeri interi, per trovare M CD(a, b) di solito si fattorizzano a e b e si prendono tutti i primi comuni con il minimo esponente. Matematicamente si puo’

scrivere cosi’:

Se

a = Y

i

p

aii

e b = Y

i

p

bii

allora

8

M CD(a, b) = Y

i

p

min{ai i,bi}

dove p

i

` e la successione di numeri primi, cio` e p

1

= 2, p

2

= 3, p

4

= 5, etc.

Dunque se entrambi numeri a, b sono facili da fattorizare allora si puo’ utilizare la formula precedente per calcolare il M CD(a, b). Ma fattorizare un numero ` e difficile e quindi abbiamo bisogno di un metodo piu’ efficiente per calcolare il M CD(a, b).

Massimo Comune Divisore tra polinomi.

L’idea di Euclide si puo’ usare anche per trovare il M CD(P (X), Q(X)) tra due polinomi P (X) e Q(X)

9

, cioe’ assumendo deg(P (x)) ≥ deg(Q(X)) se R(X) e’ il resto della divisione di P (X) per Q(X) allora:

M CD(P (X), Q(X)) = M CD(Q(X), R(X)) .

Dunque, siccome il grado del polinomio R(X) e’ sempre piu’ piccolo del grado del div- idendo P (X), risulta che dopo un numero finito di passi si ricava il M CD(P (X), Q(X)).

Esempio 0.9.

M CD(X

5

− 3X

2

+ 1, X

3

+ 2X

2

− 2) = M CD(X

3

+ 2X

2

− 2, −X

2

+ 4X − 3) =

= M CD(−X

2

+ 4X − 3, 15X − 14) = M CD(15X − 14, −31 225 ) = 1

dunque X

5

− 3X

2

+ 1 e X

3

+ 2X

2

− 2 sono primi tra di loro, cioe’ sono coprimi.

8

l’esponente 0 indica che il primo non divide il numero, cioe’ non si trova nella fattorizazione.

9

Questa e’ una idea del matematico persiano Omar Khayyam (1048-1131).

(9)

Il M CD(P (X), P 0 (X)) e le radici multiple di P (X).

Sia P (X) = a

0

+ a

1

X + · · · + a

n

X

n

= 0 una equazione algebrica di grado n. Il teorema di Ruffini

10

dice che se sappiamo che λ e’ una radice della equazione algebrica precedente, cioe’ P (λ) = 0, allora X − λ divide P (X) e viceversa.

Dunque supponiamo che per qualche ragione conosciamo in anticipo una radice λ di P (X) e ci serva trovare un’altra radice. L’utilita’ del teorema di Ruffini e’ ridurre il problema a una equazione di grado n − 1. Vale a dire, il Teorema di Ruffini ha la seguente morale: se conosciamo una radice λ della equazione algebrica P (X) = 0, possi- amo fattorizare P (X) = (X − λ)Q(X) e continuare la ricerca delle radici della equazione Q(X) = 0. Osservare che Q(X) si trova dividendo P (X) per X − λ. Il Teorema di Ruffini dice semplicemente questo.

Una radice λ di P (X) = 0 si dice multipla se λ e’ inoltre radice di Q(X) = 0, cioe’ il polinomio (X − λ)

2

divide P (X). L’esponente piu’ grande r tale che (X − λ)

r

divide P (X) si chiama indice della radice. Una radice non multipla si chiama semplice;

si osservi che l’indice di una radice semplice e’ 1.

E’ notevole il fatto che per decidere se P (X) ha delle radici multipli non sia necessario trovarne le radici.

Teorema 0.10. Un polinomio P (X) ha una radice multiple α se e solo se P (α) = P

0

(α) = 0.

Piu’ in generale, P (X) ha una radice multiple se e solo se lui stesso e la sua derivata P

0

(X) non sono coprimi, cioe’ il M CD(P (X), P

0

(X)) 6= 1. Inoltre le radici multipli di P (X) sono esatamente le radici del M CD(P (X), P

0

(X)).

Ecco due esempi per capire l’importanza (e come funziona) questo teorema.

Esempio 0.11. Il polinomio P (X) = X

3

+ X

2

+ −1 ha radici multiple? Risposta: No.

Infatti P

0

(X) = 3X

2

+ 2X = X(3X + 2) e i numeri 0 e

−23

non sono radici di P (X).

Esempio 0.12. Il polinomio P (X) = X

5

− 5X

3

+ 4X − 1 ha radici multiple? Risposta:

No. Infatti basta rimboccarsi le maniche e fare vedere dopo qualche divisione che M CD(X

5

− 5X

3

+ 4X − 1, 5X

4

− 15X

2

+ 4) = 1

Invece

10

Molta gente crede, sbagliatamente, che il Teorema di Ruffini serve per trovare una radice della

equazione algebrica P (X) = a

0

+ a

1

X + · · · + a

n

X

n

= 0 .

(10)

Esempio 0.13. Il polinomio P (X) = 4 + 8X + X

2

− 5X

3

− X

4

+ X

5

ha radici multiple?

Risposta: Si. Il M CD(P (X), P

0

(X)) e’ −2 − 3X + X

3

dunque P (X) e P

0

(X) non sono

coprimi. Inoltre le radici multiple sono −1, 2, come si verifica facilmente.

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