• Non ci sono risultati.

Accertamento da studi di settore: onere probatorio light per l Erario

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Accertamento da studi di settore: onere probatorio light per l Erario"

Copied!
12
0
0

Testo completo

(1)

17 Luglio 2015

La sentenza della Cassazione

Accertamento da studi di settore: onere probatorio light per l’Erario

Gli studi di settore - rappresentando la risultante dell’estrapolazione statistica di una pluralità di dati settoriali acquisiti su campioni di contribuenti e dalle relative dichiarazioni - rivelano valori che, quando eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell’Ufficio dell’accertamento analitico-induttivo, sicché, fermo restando che il relativo procedimento presuppone l’attivazione del contraddittorio con il contribuente, l’ufficio non è tenuto ad assolvere nessun ulteriore onere probatorio per dimostrare la legittimità della propria pretesa.

Nessun aggravio dell’onere probatorio per l’Erario che fondi sull’esito degli studi di settore l’accertamento analitico-induttivo. Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 14787/2015.

Il fatto trae origine dal contenzioso instaurato tra una società e l’Agenzia delle Entrate.

L’Agenzia delle Entrate faceva notificare a una S.r.l., società svolgente l’attività di elaborazione elettronica dei dati, un avviso di accertamento con cui, in applicazione degli studi di settore riferiti al gruppo omogeneo di appartenenza nel quale era stata inserita la contribuente, provvedeva in ragione degli scostamenti reddituali riscontrati tra i ricavi dichiarati e quelli puntuali, a rettificare le dichiarazioni IVA, IRPEG ed IRAP della parte per l’anno 2004, determinando il maggior carico fiscale e liquidando imposte, interessi e sanzioni.

Avverso la sentenza di primo grado - che aveva respinto il ricorso della contribuente ritenendo che questa non avesse provato né l’errore nella individuazione dello studio di settore né, malgrado il grave evento traumatico che aveva colpito un dipendente, figlio dell’amministratore unico e preposto al coordinamento delle attività aziendali, la presenza di fatti in grado di giustificare lo scostamento rilevato - interponeva appello avanti alla CTR la società soccombente, chiedendo la riforma dell’impugnata sentenza.

I giudici di appello, accogliendo il gravame, osservato previamente che l’applicazione degli studi di settore non dispensa l’ufficio dall’onere di provare "la presenza di presunzioni di tale gravità e concordanza da giustificare" la legittimità della ripresa, si sono detti convinti che "nei fatti l’ufficio non ha in nessun caso né comprovato la sussistenza di elementi fondanti le sue pretese, ma anzi [...] non ha in alcun modo voluto vagliare nel concreto la situazione - sia pure anomala - venutasi a verificare in conseguenza del gravissimo incidente occorso ad un lavoratore che non soltanto rivestiva un ruolo nell’azienda, ma che, peraltro, quale figlio dell’amministratore unico [...] ha di fatto costituito per la ditta un evento disastroso ed anomalo tale da giustificare un’attenta revisione della situazione della contribuente". Poiché "da quanto sopra appare evidente che la situazione che si è venuta a creare nel concreto certamente non può rientrare nelle

condizioni di normale attività", in presenza delle quali è legittimo l’accertamento fondato sugli studi di settore, nella specie

"l’operato dell’ufficio non appare corretto e non si appalesa condivisibile", sicché la sentenza dei primi giudici andava conseguentemente riformata.

Contro la sentenza proponeva ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate, in particolare sostenendo l’erroneità della decisione della CTR, da un lato, perché la CTR "avrebbe accolto l’appello spiegato dalla contribuente sull’implicito ed errato presupposto per il quale fosse onere dell’Ufficio quello di provare - pur in presenza di un reddito della contribuente inferiore a quello derivante dai parametri stessi - l’origine del maggior reddito accertato"; dall’altro, poiché, parimenti, la CTR avrebbe errato non considerando idonei a fondare la pretesa impositiva del fisco gli strumenti parametrici di cui agli studi di settore, con i conseguenti corollari in materia di riparto dell’onere della prova, essendo noto che i parametri sono

(2)

fonte di presunzioni semplici e che essi determinano un’inversione nell’onere della prova.

La Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate.

In particolare, secondo l’insegnamento ormai costante della Cassazione, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel quadro dei generali principi che governano l’onere della prova, spetta all’amministrazione finanziaria

dimostrare l’esistenza dei fatti costitutivi della maggiore pretesa tributaria azionata, fornendo quindi la prova di elementi e circostanze a suo avviso rivelatori dell’esistenza di un maggiore imponibile, mentre grava sul contribuente l’onere della prova circa l’esistenza dei fatti che danno luogo ad oneri o a costi deducibili, ed in ordine al requisito dell’inerenza degli stessi all’attività professionale o d’impresa svolta.

Venendo al caso concreto, secondo i Supremi Giudici, la CTR avrebbe errato una prima volta, poiché, pur dando atto che nella specie l’ufficio aveva proceduto a rettificare il reddito di impresa della parte in applicazione della procedura di accertamento induttivo, aveva tuttavia omesso di considerare, decretando l’illegittimità della pretesa fiscale, che l’accertamento non era stato compiuto in applicazione degli ordinari criteri operativi indicati da dette norme, bensì provvedendo alla determinazione dei ricavi puntuali in applicazione degli studi di settore riferiti al cluster di inquadramento del contribuente, di modo che non è conseguentemente corretto scrutinare l’operato dell’ufficio alla stregua della concludenza degli elementi indiziari da esso addotti, gravandolo perciò di un onere probatorio superfluo se l’accertamento si fondi sull’applicazione degli studi di settore.

La CTR avrebbe errato peraltro pure una seconda volta, allorché, ritenendo appunto che nella specie la legittimità della pretesa non fosse suffragata da "elementi fondanti", mostrava di prescindere dalla valenza probatoria che, in linea di principio, l’ordinamento tributario attribuisce agli studi di settore, atteso che l’accertamento di maggiori ricavi non dichiarati, sia pure con il filtro della preventiva attivazione del contraddittorio con il contribuente, può essere utilmente argomentata anche in base alla loro applicazione, trattandosi come sì è visto di strumenti di accertamenti presuntivi del reddito.

Da qui, dunque l’accoglimento del ricorso.

Di rilievo le conseguenze pratiche della sentenza. Da un lato, i parametri o gli studi di settore, rappresentando la risultante dell’estrapolazione statistica di una pluralità di dati settoriali acquisiti su campioni di contribuenti e dalle relative dichiarazioni, rivelano valori che, quando eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell’Ufficio dell’accertamento analitico-induttivo, sicché, fermo restando che il relativo procedimento presuppone l’attivazione del contraddittorio con il contribuente, l’ufficio non è tenuto ad assolvere nessun ulteriore onere

probatorio per dimostrare la legittimità della propria pretesa; dall’altro, la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici in grado di legittimare la pretesa tributaria, allorchè all’esito del contraddittorio con il contribuente da instaurarsi obbligatoriamente, questa risulti provvista dei requisiti di gravità, precisione e concordanza previsti dalla legge.

Precedenti giurisprudenziali: Corte di Cassazione, SS.UU., sentenza 18/12/2009, n. 26635

Riferimenti normativi: art. 39, comma 1, lettera d), D.P.R. n. 600/1973; art. 54, comma 2, D.P.R. n. 633/1972; art.

2728 c.c.; articoli 62-bis e 62-sexies, D.L. n. 331/1993; art. 3, D.P.C.M. 29 gennaio 1996; legge n. 427/1993; art. 3, legge n. 549/1995

A cura della Redazione

Copyright © - Riproduzione riservata Corte di Cassazione, sez. trib., sentenza 15/07/2015, n. 14787

Contributi previdenziali

Soci di Srl: dai consulenti del Lavoro i modelli per le istanze di rimborso e per i ricorsi

Predisposti due documenti operativi con cui opporsi alla rivendicazione da parte dell’Inps dei contributi previdenziali sui redditi da partecipazione a società di capitali dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro ed

(3)

allegati alla circolare n.15 del 16 luglio 2015 con cui la Fondazione stessa, per una maggiore comprensione della problematica interpretativa espone una breve ricostruzione della disciplina normativa di riferimento.

La Fondazione Studi Consulenti del Lavoro ha pubblicato sul proprio sito, la circolare n.15 del 16 luglio 2015 con cui ha indicato nel dettaglio la normativa che ha portato ai chiarimenti della Corte di Appello di L’Aquila, che con due sentenze gemelle (nn. 752 e 774/2015 del 25/06/2015) ha avallato la tesi da sempre sostenuta dai Consulenti del Lavoro e precisamente che nessun contributo obbligatorio è da versare sui redditi da Srl.

In allegato alla circolare due importanti documenti operativi con cui opporsi alla rivendicazione da parte dell’Inps dei contributi previdenziali sui redditi da partecipazione a società di capitali:

- il primo fac-simile sarà utilizzato da chi ha già pagato e deve chiedere il rimborso;

- il secondo fac-simile sarà utilizzato per il ricorso amministrativo avverso provvedimento di recupero dell'Inps, nell'ipotesi in cui lo stesso non si adeguasse all'indirizzo giurisprudenziale.

A cura della Redazione

Copyright © - Riproduzione riservata Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, circolare 16 luglio 2015, n. 15

Sostegno del reddito

Invalidità civile: modalità di verifica dei requisiti amministrativi

Forniti dall’INPS chiarimenti circa le modalità di accertamento dei requisiti amministrativi di cui all’articolo 445 bis c.p.c., relative alle prestazioni economiche per invalidità civile, cecità civile, sordità civile erogate dall’Istituto, con messaggio n. 4818 del 16 luglio 2015.

Per la liquidazione della prestazione economica di invalidità civile, a seguito di accertamento tecnico preventivo (ATP) omologato dal giudice o di eventuale sentenza meramente dichiarativa dello stato sanitario, è necessario che si verifichi:

-il grado d’ invalidità riconosciuto in sede di ATP;

- la presenza degli altri requisiti amministrativi.

Con messaggio n. 4818 del 16 luglio 2015, L’INPS fornisce chiarimenti sulle modalità operative in merito:

- all’accertamento del requisito sanitario;

- alla decorrenza della prestazione;

- all’eventuale diniego della prestazione;

- all’accertamento dei requisiti reddituali;

- alla liquidazione della prestazione sulla base dei dati in possesso dell’Istituto.

Nel messaggio l’Istituto sottolinea l’importanza della presentazione modello AP70 da parte del richiedente che sarà richiesto dall’operatore, contestualmente alla liquidazione in via provvisoria della prestazione, affinché, anche dopo tale liquidazione, sia accertata la sussistenza dei requisiti non reddituali. Con detto modello AP70 verrà resa dichiarazione di responsabilità (ad esempio, in ordine alla frequenza, allo stato di non ricovero e di inattività lavorativa ecc.). In caso di mancata presentazione del modello AP70, rimane fermo quanto previsto dai provvedimenti amministrativi INPS in materia di dichiarazioni annuali ICRIC, ICLAV, e RED, con particolare riferimento alla verifica della permanenza della titolarità del diritto alla prestazione.

A cura della Redazione

Copyright © - Riproduzione riservata INPS, messaggio 16 luglio 2015, n. 4818

Il rapporto annuale dell’UIF

(4)

Antiriciclaggio, ai Notai il primato delle segnalazioni

Il Rapporto annuale 2014 dell’Unità di informazione finanziaria di Banca d’Italia conferma il ruolo decisivo svolto dal Notariato nella prevenzione dei fenomeni di riciclaggio. Se, infatti, le segnalazioni di operazioni sospette trasmesse dai professionisti sono cresciute di circa il 20 per cento rispetto allo scorso anno, il contributo maggiore proviene proprio dai notai, con oltre il 91 per cento del totale delle segnalazioni dei professionisti.

Il rapporto annuale dell’UIF per 2014 – spiega in una nota il Notariato– confermano la rilevanza del ruolo svolto dalla categoria nella quasi totalità delle segnalazioni inoltrate e delle successive richieste di approfondimento formulate dalla UIF.

Se, infatti, le segnalazioni di operazioni sospette trasmesse dai professionisti sono cresciute di circa il 20% rispetto allo scorso anno, il contributo maggiore proviene proprio dai notai, con il 91,5% del totale delle segnalazioni dei

professionisti.

Nello specifico, dalle segnalazioni provenienti dai notai si rileva che le casistiche più ricorrenti, in continuità con quanto avvenuto negli anni scorsi, attengono alla stipula di compravendite immobiliari e di atti societari. Le operazioni immobiliari segnalate riguardano in prevalenza transazioni caratterizzate dal coinvolgimento di controparti con referenze giudiziarie pregiudizievoli o situate in Paesi a fiscalità privilegiata.

Le anomalie rilevate sono in genere connesse all’origine sospetta dei fondi utilizzati e a modalità atipiche nel

pagamento ovvero nella determinazione del corrispettivo. In materia societaria, oltre alla provenienza degli apporti, sono frequentemente segnalati sospetti legati alle modalità di acquisizione o cessione delle società, all’interposizione di possibili prestanome e all’inserimento nelle compagini aziendali di soggetti coinvolti in indagini.

A cura della Redazione

Copyright © - Riproduzione riservata

CNDCEC - ASSIREVI

Verifiche sulla tenuta della contabilità: linee guida per l’applicazione dello SA Italia 250B

Il Consiglio nazionale dei commercialisti e Assirevi hanno reso disponibile un documento applicativo del principio di revisione SA Italia 250B, relativo alle verifiche sulla tenuta della contabilità. L’introduzione di tale principio scaturisce dagli obblighi normativi che impongono al revisore di verificare nel corso dell’esercizio la regolare tenuta della contabilità sociale e la corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili.

Prosegue la collaborazione tra Consiglio nazionale dei commercialisti e Assirevi per favorire l’implementazione dei principi di revisione, entrati in vigore dal 1° gennaio 2015 e la cui adozione è obbligatoria a partire dai bilanci dell’anno in corso. Sul sito del CNDCEC, infatti, è disponibile un documento applicativo del principio di revisione SA Italia 250B, relativo alle verifiche della regolare tenuta della contabilità sociale. Tale principio è stato predisposto per ottemperare ai dettami normativi italiani non previsti dai principi ISA Clarified e, precisamente, per disciplinare i controlli previsti dall’art. 14, comma 1, lett. b), del D.lgs. 39/2010.

Il documento applicativo si prefigge l’obiettivo di supportare il revisore nell’esecuzione e documentazione delle procedure in materia di verifiche della regolare tenuta della contabilità e riepiloga ulteriori procedure che il revisore, a seconda delle circostanze specifiche dell’incarico ed in relazione al proprio giudizio professionale, potrà, di volta in volta, pianificare e svolgere. ll documento non deve in ogni caso essere considerato sostitutivo del Principio di Revisione SA Italia 250B, cui si rinvia per una visione complessiva della materia.

Il principio di revisione (SA Italia) 250B chiarisce, innanzitutto, che la regolare tenuta della contabilità sociale comporta il rispetto di norme civilistiche e fiscali connesse alle modalità e alle tempistiche di rilevazione delle scritture contabili, di redazione, vidimazione e conservazione dei libri contabili e dei libri sociali obbligatori, nonché di rilevazione dell’esecuzione degli adempimenti fiscali e previdenziali.

(5)

La corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili implica che l’accadimento del fatto di gestione sia rilevato nelle scritture contabili in conformità al quadro normativo sull’informazione finanziaria applicabile, ovvero le norme italiane che disciplinano i criteri di redazione del bilancio, interpretate e integrate dai principi contabili italiani (OIC) oppure dai principi contabili internazionali.

La documentazione di supporto

Nello svolgimento del proprio incarico il revisore è tenuto a documentare, ai sensi del principio di revisione internazionale (ISA Italia) n. 230, la frequenza delle verifiche periodiche, le procedure svolte in ciascuna verifica e i risultati di

ciascuna verifica periodica svolta. Il revisore può documentare le procedure mediante programmi di lavoro, note di commento, riepiloghi degli aspetti significativi.

In particolare, al momento dell’ottenimento dell’incarico o all’inizio dell’esercizio, il revisore deve pianificare la frequenza delle verifiche periodiche in funzione della dimensione e complessità dell’impresa.

A tal fine, è necessario tenere conto di una serie di elementi quali:

- settore di attività dell’impresa e natura delle operazioni svolte;

- complessità organizzativa nonché numerosità e frammentazione delle operazioni svolte;

- riscontro di carenze procedurali nella tenuta della contabilità sociale individuate e non conformità nell’esecuzione di adempimenti richiesti dalla normativa di riferimento;

- eventuali errori nelle scritture contabili evidenziati in precedenti verifiche periodiche.

In quest’ottica, il documento è corredato di esempi di procedure, programmi di lavoro e checklist. Rispetto agli esempi dei documenti riportati in allegato, tuttavia, potrebbero esserci modalità di documentazione alternative (es. memorandum di pianificazione con allegato piano di lavoro, memorandum per ciascuna verifica, in forma narrativa o di checklist, etc.) a seconda di come il revisore avrà definito l’impostazione delle verifiche.

A cura della Redazione

Copyright © - Riproduzione riservata CNDCEC - Assirevi, Documento applicativo del principio di revisione SA Italia 250B

La circolare 27/E/2015

Voluntary disclosure: in una circolare i nuovi chiarimenti delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate, nella circolare 27/E/2015, ha fornito le risposte ai quesiti pervenuti con riferimento alle problematiche evidenziate in sede di prima applicazione della procedura di collaborazione volontaria (voluntary disclosure). Tra questi il documento di prassi chiarisce che i delegati che non risultano essere i titolari effettivi delle attività oggetto di emersione non si vedranno attribuire alcun reddito correlato. La circolare estende inoltre la possibilità di utilizzare la procedura per la regolarizzazione delle violazioni in materia di IVIE e IVAFE.

L’Agenzia delle Entrate, nella circolare 27/E del 16 luglio 2015, ha fornito le risposte ai quesiti presentati dai professionisti e dalla stampa specializzata in tema di collaborazione volontaria. Dopo le prime indicazioni contenute nella circolare n. 10/E/2015 dello scorso marzo, in particolare, l’Agenzia fornisce ulteriori precisazioni per l’applicazione delle misure introdotte dalla legge n. 186/2014 in materia di emersione e rientro di capitali illecitamente detenuti all’estero.

Tra i chiarimenti maggiormente attesi si segnalano quelli relativi alle modalità operative per la riemersione di attività detenute all’estero in presenza di soggetti delegati. Al riguardo, la circolare precisa che i delegati che non risultano essere i titolari effettivi delle attività presenti sui rapporti sono tenuti alla disclosure, ma non può essere loro attribuito alcun reddito connesso alle stesse.

Si precisa, in particolare, che ognuno dei soggetti che aveva la disponibilità dell’attività dovrà riportare nella Sezione II della richiesta di accesso alla procedura di collaborazione volontaria, per ciascun periodo d’imposta, il valore della propria quota parte dell’attività. Inoltre, si rammenta che le Sezioni III e IV dovranno essere compilate solo da coloro

(6)

che risultano essere i titolari effettivi delle attività finanziarie detenute all’estero.

Non devono, invece, compilare il quadro RW del modello Unico gli amministratori di società di capitali che hanno il potere di firma sui conti correnti della società in uno Stato estero, riportati nelle scritture contabili, e che hanno la possibilità di movimentare capitali, pur non essendo beneficiari dei relativi redditi.

Il documento di prassi chiarisce, inoltre, le modalità di accesso agli effetti premiali della procedura per i procuratori che hanno commesso violazioni degli obblighi dichiarativi in materia di monitoraggio fiscale.

Il procuratore con delega ad operare per conto della società intestataria del conto sarà infatti tenuto a presentare istanza di accesso alla procedura per avvalersi della collaborazione volontaria internazionale; la società, invece, potrà ricorrere alla procedura nazionale per la definizione della propria posizione fiscale con riguardo agli imponibili che hanno contribuito a rifornire il conto nonché degli altri eventualmente non dichiarati.

Nel caso di un contribuente ignaro della formale conoscenza di una causa di inammissibilità da parte dei soggetti solidalmente obbligati in via tributaria o concorrenti nel reato, sarà l’ufficio a dover eccepire la causa di inammissibilità all’accesso alla procedura.

Sul piano della determinazione degli importi dovuti per la regolarizzazione, la circolare si sofferma sulle modalità di applicazione del c.d. “metodo forfetario” per il calcolo dei rendimenti delle attività illecitamente detenuti all’estero. Tale metodo, precisa il documento, è applicabile quando la consistenza delle attività patrimoniali nel loro complesso, in una singola annualità, non eccede i 2 milioni di euro: in caso di attività cointestate non rileva, quindi, l’ammontare della singola quota riconducibile al contribuente.

Regolarizzazione estesa anche all’IVIE e IVAFE

Nonostante il tenore letterale della norma, per quanto di interesse in questa sede, sembrerebbe escludere dall’ambito oggettivo della procedura la regolarizzazione delle omissioni relative all’IVE e all’IVAFE, in modo del tutto innovativo la circolare chiarisce che, una lettura logico sistematica delle disposizioni in materia di procedura di collaborazione volontaria porta a ritenere che i benefici previsti dalla stessa possano essere riconosciuti anche con riguardo a tali imposte, per le quali, con riguardo al versamento, alla liquidazione, all’accertamento, alla riscossione, alle sanzioni e ai rimborsi nonché al contenzioso trovano applicazione le disposizioni previste per l’imposta sul reddito delle persone fisiche.

La disciplina di favore prevista dalla procedura, sia con riguardo al raddoppio dei termini che alla determinazione delle sanzioni, trova applicazione anche nel caso di investimenti e attività finanziarie detenuti in Paesi che precedentemente all’entrata in vigore della legge abbiano già stipulato accordi che consentono un effettivo scambio di informazioni conforme all’articolo 26 del Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni elaborato dall’OCSE.

La voluntary è dunque possibile con riferimento all’emersione di attività detenute in territori quali Singapore, Cipro, Malta, San Marino, Lussemburgo e Corea del Sud e comunque nei Paesi dell’Ocse che non hanno posto riserve alla possibilità di scambiare informazioni bancarie (ad esempio, gli Stati Uniti).

Sanabili le violazioni relative alle cassette di sicurezza

Nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria è possibile far emergere anche attività conservate nelle cassette di sicurezza. Per i contribuenti che, ad esempio, hanno presentato la dichiarazione per il 2009, non rileva ai fini della procedura di collaborazione volontaria nazionale il denaro contenuto in una cassetta di sicurezza che non sia mai stata aperta dopo il 31 dicembre di quell’anno.

Invece, nell’ipotesi in cui il denaro era già detenuto in un Paese black list in violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale, in un periodo d’imposta per il quale non è decaduta la contestazione delle violazioni, questo dovrà essere indicato nella relazione di accompagnamento della procedura di collaborazione volontaria internazionale.

La circolare, infine, chiarisce che i contribuenti possono scegliere in base alla propria valutazione di convenienza legata alle violazioni commesse, se ricorrere alla procedura di collaborazione volontaria o al ravvedimento operoso.

A cura della Redazione

Copyright © - Riproduzione riservata

(7)

Agenzia delle Entrate, circolare 16/07/2015, n. 27/E

Adempimenti del sostituto d’imposta

Proroga 730: slittano anche i rimborsi per i contribuenti

Il conguaglio del modello 730, con importi a credito o a debito, effettuato nel Libro unico del lavoro di luglio da parte del sostituto d’imposta, quest’anno subirà un necessario slittamento a seguito della proroga del termine fissato per la presentazione della dichiarazione al 23 luglio 2015. La proroga era stata concessa, in prima battuta, esclusivamente ai Caf che avessero già trasmesso almeno l’80% delle dichiarazioni a loro carico e poi estesa a tutti i contribuenti. Resta invariato il termine per la presentazione dell’eventuale 730 integrativo fissata per il 25 ottobre.

Come il sostituto d’imposta opera il conguaglio?

di Debhorah Di Rosa - Consulente del lavoro e pubblicista

E’ stata estesa a tutti i contribuenti la proroga del termine per la presentazione del modello 730 concessa in prima battuta esclusivamente ai Caf che avessero già trasmesso almeno l’80% delle dichiarazioni a loro carico. Con la circolare n. 26/E l’Agenzia delle entrate spiega che, tenuto conto della necessità di agevolare i contribuenti in questo primo anno di avvio sperimentale della dichiarazione precompilata, anche chi non si è rivolto ad un intermediario potrà presentare il modello telematico entro il prossimo 23 luglio.

La proroga determinerà indubbiamente uno slittamento ad agosto o settembre degli eventuali rimborsi che vengono di norma erogati con lo stipendio o la pensione.

Resta comunque invariato il termine per la presentazione dell’eventuale 730 integrativo fissata per il 25 ottobre.

Il conguaglio 730 attraverso il sostituto d’imposta

Ogni anno, a partire dal mese di luglio, il sostituto d’imposta provvede ad effettuare, in occasione della elaborazione del LUL, i conguagli d’imposta, a credito o a debito del contribuente, che sono stati comunicati dall’Agenzia delle Entrate attraverso la apposita procedura telematica. In maniera del tutto analoga, anche se a decorrere dal mese di agosto, operano gli enti pensionistici che operano i conguagli sui cedolini pensione.

Il sostituto d’imposta provvede ad erogare i rimborsi e/o a trattenere il dovuto fino a capienza degli importi da versare per Irpef e addizionali della totalità dei dipendenti in forza tramite il modello F24: si tratta di una “compensazione interna”

che non viene esposta nella delega di pagamento ma riportata in dettaglio nel modello 730 di competenza.

Quest’anno sono particolarmente rilevanti le novità procedurali introdotte e disciplinate dalle normativa che ha istituito il 730 precompilato: ne derivano due binari distinti che delineano il percorso dei rimborsi e dei controlli sulle due tipologie di modelli dichiarativi adottabili dal contribuente. A seconda che il contribuente accetti o modifichi la dichiarazione proposta dall’Agenzia delle entrate, direttamente o tramite i soggetti di cui sopra, e■ previsto un diverso iter dei controlli documentali nonche■ un diverso livello di responsabilita■ per Caf e professionisti abilitati che appongono il visto di conformita■ sul modello 730.

In linea generale è possibile affermare che i contribuenti che hanno versato imposte maggiori rispetto a quelle effettivamente dovute, hanno diritto al rimborso, se superiore a 12 euro, delle somme versate in più:

· in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi tramite compilazione del modello 730 o Unico;

· mediante specifica istanza da trasmettere all'Agenzia delle Entrate.

Casi particolari

Nell’eventualità di un mancato rimborso IRPEF per incapienza, il contribuente può presentare apposita istanza di rimborso all'Agenzia delle Entrate competente per territorio in base alla sua residenza, allegando la certificazione rilasciata dal sostituto di imposta, datore di lavoro o ente pensionistico, che attesti il mancato conguaglio e quindi il non aver eseguito il rimborso dell'imposta.

Anche i lavoratori privi di sostituto di imposta riceveranno invece quanto spetta loro direttamente all'Agenzia delle Entrate, che eseguirà i rimborsi, sulla base del risultato finale delle dichiarazioni, attraverso:

(8)

• Accredito diretto sul conto corrente bancario del contribuente;

• Accredito diretto sul contro corrente postale del contribuente;

• Bonifico domiciliato presso le poste italiane;

• Emissione di vaglia cambiario della Banca d’Italia (per i soli rimborsi inferiori ai 1000 euro);

Se invece dalle dichiarazioni presentate emerge un debito, il contribuente effettua il pagamento con le modalita■ indicate nell’articolo 19 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, anche richiedendo l’addebito delle somme dovute sul proprio conto corrente bancario o postale.

Nel caso in cui il sostituto d’imposta riceve il risultato contabile di una dichiarazione, presentata tramite un Caf o un professionista, relativa a un soggetto per il quale non e■ tenuto all’effettuazione delle operazioni di conguaglio, e■ tenuto a darne informazione al soggetto che ha prestato l’assistenza fiscale con i mezzi piu■ idonei (posta elettronica, fax, posta ordinaria).

Qualora invece la dichiarazione sia stata presentata direttamente dal contribuente, il sostituto d’imposta dovra■ fornire all’Agenzia delle entrate l’informazione in merito alla circostanza che non e■ tenuto alle operazioni di conguaglio.

Per effettuare detta comunicazione deve essere utilizzata un’apposita funzionalita■ disponibile sul sito dei servizi telematici dell’Agenzia, mediante la quale il sostituto inserisce i dati del soggetto per il quale non e■ tenuto ad effettuare il conguaglio. Quindi, effettuata la verifica che i dati del soggetto corrispondono a quelli messi a disposizione del sostituto d’imposta, l’Agenzia delle entrate:

- ne da■ comunicazione al contribuente mediante un avviso nell’area autenticata dei servizi telematici;

- invia un messaggio di posta elettronica all’indirizzo e-mail indicato dal contribuente in sede di presentazione della dichiarazione per invitare il contribuente a prendere visione dell’avviso nell’area autenticata dei servizi telematici.

I nuovi termini di rimborso

In caso di rimborso 730 superiore a 4.000 euro, sono previsti controlli preventivi, anche documentali, sulle detrazioni dei familiari a carico superiori a 4.000 euro e l'erogazione del rimborso Irpef da parte dell'Agenzia e non in busta paga, solo dopo la conclusione delle operazioni di controllo preventivo.

La legge di stabilità 2015 ha stabilito che questo rimborsi siano erogati entro 7 mesi dalla presentazione della dichiarazione dei redditi, ossia entro 7 mesi dal 23 luglio, che è la nuova scadenza fissata per la trasmissione del modello 730 2015.

Qualora invece il credito scaturisca da un 730 precompilato e integralmente accettato, il rimborso, anche superiore ai 4000 euro, verrà immediatamente corrisposto nella busta paga o nella pensione, senza ulteriori controlli.

Copyright © - Riproduzione riservata

Audizione in Senato del Direttore dell’Agenzia delle Entrate

Certezza del diritto e riduzione dei costi, questi gli obiettivi del legislatore e dell’Amministrazione finanziaria

Si è svolta ieri, 16 luglio 2015, presso la Commissione Finanze e Tesoro del Senato della Repubblica, l’audizione del direttore dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi relativa ai decreti attuativi della delega fiscale.

di Carmen Miglino

Alle tradizionali misure di contrasto dei comportamenti di evasione e di frode, occorre affiancare specifici strumenti per ristabilire il rapporto di fiducia fisco-contribuenti, agendo in funzione preventiva, prima ancora che repressiva. Ad

affermarlo, il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, nel corso dell’audizione che si è svolta ieri davanti alla Commissione Finanze e Tesoro del Senato della Repubblica, relativa ai decreti attuativi della delega fiscale.

La realizzazione di un nuovo sistema fiscale più trasparente ed equo, basato, sulla certezza del diritto e sulla riduzione dei costi connessi agli adempimenti fiscali, rappresenta oggi la sfida più importante per il legislatore delegato e per

(9)

l’amministrazione finanziaria.

In particolare il Direttore è intervenuto sugli atti governo 181, 184 e 185, approvati lo scorso 26 giugno, riguardanti, rispettivamente, la riorganizzazione delle agenzie fiscali, la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario e la semplificazione e razionalizzazione delle norme riguardanti la riscossione.

L’Agenzia è consapevole, osserva il direttore, che per ristabilire la fiducia tra Fisco e cittadino, è fondamentale puntare sulla prevenzione, semplificare gli adempimenti e facilitare il dialogo diretto con il contribuente, in modo da favorire l’emersione spontanea delle basi imponibili, con il conseguente recupero della “tax gap”.

Successivamente, il Direttore ha ricordato come è nato il modello “agenzia” per la gestione operativa del sistema fiscale e quali sono i margini di indipendenza di tali organismi, con particolare riferimento alla nomina dei dirigenti e alla sfera di autonomia prevista dal Dlgs 300/1999 in merito alle designazioni degli incarichi dirigenziali, volta a garantire la

funzionalità degli uffici e il pieno raggiungimento degli obiettivi assegnati.

Dopo aver presentato una sintesi delle operazioni di riassetto organizzativo già messe in atto e programmate, anche a seguito dell’incorporazione dell’Agenzia del Territorio, il direttore ha esaminato le possibili conseguenze di alcune novità recenti o future. Innanzitutto ha evidenziato le criticità del sistema causate dalla sentenza della Corte costituzionale sull’illegittimità degli incarichi dirigenziali a funzionari di terza area, decisione che ha lasciato senza responsabile più di due terzi degli uffici.

Il numero uno dell’Agenzia ha poi analizzato lo schema di decreto delegato approvato dal governo, recante misure per la revisione della disciplina dell'organizzazione delle agenzie fiscali.

Il documento, prevede, tra l’altro, semplificazioni in materia di assistenza al contribuente, la revisione del sistema di incentivazione del personale, l’ulteriore riduzione dell’organico dirigenziale di prima e seconda fascia e nuovi concorsi per dirigenti da concludersi entro il 31 dicembre 2016.

Lo schema, a giudizio del Direttore, conferma la validità del modello “agenzie” e prevede un riassetto organizzativo coerente con le misure già adottate e programmate dalle Entrate. Positivo anche il nuovo sistema di incentivazione del personale. Per quanto riguarda, invece, il concorso per dirigenti, il direttore propone di anticipare i tempi e di indire al più presto una selezione che ripristini la funzionalità degli uffici.

Al fine di assicurare comunque la funzionalità operativa degli uffici occorrerebbe prevedere un incremento delle posizioni organizzative non dirigenziali nei limiti del numero di posizioni dirigenziali soppresse; in questo modo, puntualizza il Direttore, oltre a realizzare risparmi di spesa, verrebbero opportunamente valorizzate la preparazione, le capacità e la competenza acquisite dai funzionari dell’agenzia nell’esercizio di funzioni tecniche di particolare rilevanza.

Il Direttore ha poi espresso parere positivo in merito al decreto legislativo recante misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario. Il riordino della disciplina dell’interpello, affidato, all’atto governo 184, è considerato uno dei più efficaci strumenti per l’attuazione della tax compliance.

Le principali novità del decreto si muovono verso esigenze di omogeneità, semplificazione (anche procedurale) e tempestività che, in breve, si concretizzano – nello schema proposto – nel riconoscimento nello Statuto dei diritti del contribuente della facoltà di interpello in tutte le sue forme, nell’individuazione di regole procedurali e garanzie uniformi e riduzione dei tempi di lavorazione, nell’impegno dell’amministrazione a dare sempre maggiore pubblicità alle risposte fornite e, infine, nella previsione di regole speciali, sia nella fase dell’accertamento che in quella contenziosa, per gli interpelli disapplicativi.

Tra gli interventi, di particolare rilievo, quello che, agendo sull’articolo 11 dello Statuto, estende a tutte le categorie le garanzie dell’interpello ordinario e, tra queste, il principio del silenzio assenso e la nullità degli atti impositivi o sanzionatori difformi dalla risposta.

Si tratta di una novità importante sia sul fronte della certezza dei tempi di lavorazione sia per l’affidabilità del parere. Il legislatore ha, altresì, risolto l’annosa questione in ordine all’impugnabilità dei pareri resi in sede d’interpello

riconoscendo espressamente che le risposte alle istanze di interpello non sono mai impugnabili, salvo quelle rese in relazione agli interpelli cosiddetti disapplicativi per le quali, in sede di ricorso proposto avverso il successivo ed eventuale atto impositivo, il contribuente può far valere eventuali doglianze riferibili alla risposta resa dall’amministrazione

(cosiddetta “tutela differita”).

(10)

L’Amministrazione finanziaria, inoltre, è pronta a dare maggiore pubblicità alle risposte fornite, attraverso circolari e risoluzioni, quando i dubbi riguardano casi molto diffusi, disposizioni di recente attuazione, questioni per cui gli uffici hanno adottato comportamenti diversi, chiarimenti ritenuti di interesse generale.

Si potenziano gli strumenti deflattivi del contenzioso; il reclamo/mediazione, che attualmente riguarda solo gli atti posti in essere dall’Agenzia delle entrate con valore non superiore ai 20.000 euro, viene esteso a tutte le controversie tributarie di valore non superiore al predetto limite, indipendentemente dall’ente impositore, comprese quindi quelle instaurate avverso gli atti degli enti locali.

Altra novità è l’estensione della tutela cautelare a tutte le fasi del processo tributario in linea con l’orientamento giurisprudenziale.

Relativamente alle sentenze di condanna al pagamento di somme in favore del contribuente, se ne prevede l’immediata esecutività; tuttavia, il giudice, in relazione alla solvibilità del contribuente, può subordinare i rimborsi di somme superiori a 10.000 euro alla prestazione di idonea garanzia.

Questo il suggerimento dato dal Direttore, anche al fine di evitare il rischio che, in caso di successiva riforma della sentenza, non sia più possibile recuperare le somme a causa dell’insolvenza del contribuente.

Pur presentando il decreto elementi positivi, il Direttore illustra misure alternative in ordine a quelle prospettate in materia di spese di giudizio e spese di lite, calcolo degli interessi in caso di sospensione giudiziale, mancati pagamenti delle somme dovute a seguito di conciliazione.

Positivi i cambiamenti in tema di riscossione, che prevedono un sistema uniforme e più razionale di rateizzazione dei debiti tributari diversamente emersi, margini di “tollerabilità” per i piccoli ritardi e più attenzione alle obiettive situazioni di difficoltà economica dei contribuenti, interventi che incoraggiano maggiormente all’adempimento spontaneo del

pagamento dei tributi.

Tuttavia, osserva il Direttore, la revisione del sistema degli oneri di funzionamento del servizio nazionale della

riscossione se da un lato si dimostra più comprensivo con i contribuenti in mora, dall’altro potrebbe creare criticità per i bilanci delle società di riscossione.

Per questo il direttore chiede di valutare l’introduzione di misure compensative a favore di quest’ultime e l’entrata in vigore di nuovi oneri a carico del contribuente, che dovrebbero commisurarsi agli incassi relativi a ruoli consegnati agli agenti della riscossione a partire dal 1° gennaio 2016.

Copyright © - Riproduzione riservata Senato, Audizione del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 16/07/2015

Fondazione Nazionale dei Commercialisti

Violazione degli obblighi di monitoraggio: modalità di ravvedimento secondo la Fondazione commercialisti

La Fondazione Nazionale dei Commercialisti esamina la possibilità di far ricorso all’istituto del ravvedimento operoso anche nel caso di violazioni relative agli obblighi di monitoraggio fiscale e alla trasmissione telematica delle dichiarazioni da parte degli intermediari abilitati.

di Federico Gavioli

Premessa

Con la circolare del 15 luglio 2015, la Fondazione Nazionale dei Commercialisti, esamina la possibilità di far ricorso all’istituto del ravvedimento operoso, dopo che per effetto della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (cd. legge di Stabilità 2015) sono state apportate sostanziali modifiche dal legislatore, anche nel caso delle violazioni relative agli obblighi di monitoraggio fiscale e alla trasmissione telematica delle dichiarazioni da parte degli intermediari abilitati; violazioni , afferma la Fondazione, che sono entrambe di carattere non sostanziali, cioè non relative al recupero della maggiore imposta, ma riguardanti adempimenti che hanno come finalità l’incremento dell’efficienza dei controlli da parte degli uffici.

(11)

Violazioni relative al quadro RW

La circolare della Fondazione ricorda che il modulo RW è diventato un quadro della dichiarazione dei redditi che deve essere compilato dalle persone fisiche (Unico PF), dalle società semplici ed enti equiparati (Unico SP) e dagli enti non commerciali residenti (Unico ENC) che detengono investimenti all’estero ed attività estere di natura finanziaria a titolo di proprietà o di altro diritto reale di godimento suscettibile di produrre redditi imponibili in Italia, indipendentemente dalle modalità della loro acquisizione.

La Fondazione evidenzia che prassi ministeriale e giurisprudenza hanno da tempo affermato la natura tributaria delle sanzioni da omessa/irregolare compilazione del quadro RW, con la conseguenza che a queste ultime può sicuramente applicarsi l’istituto del ravvedimento operoso secondo le indicazioni fornita da documenti di prassi ministeriale emanati dall’Agenzia delle Entrate.

Le diverse casistiche

Il documento della Fondazione passa in rassegna le diverse ipotesi di violazioni che consentono l’utilizzo del ravvedimento operoso e che di seguito si analizzano :

a)

in caso di omessa compilazione del quadro RW , in ipotesi di presentazione entro novanta giorni dalla scadenza del termine ordinario per la presentazione della dichiarazione dei redditi prevista per il 30 settembre , la sanzione applicabile è pari a 25,80 euro (1/10 di 258,00);

b)

nell’ipotesi di dichiarazione integrativa presentata oltre il termine di novanta giorni, ma entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione la sanzione per il quadro RW è pari allo 0,38% o 0,75% (1/8 del 36% o 6% degli importi non indicati nel quadro RW a seconda che le attività siano detenute, o meno, in un Paese black list);

c)

relativamente alla dichiarazione integrativa presentata entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo, le sanzioni per il quadro RW sono pari allo 0,43% o 0,86% (1/7 del 3% o 6% degli importi non indicati nel quadro RW a secondo che le attività siano detenute o meno in Paese black list);

d)

per quanto riguarda la dichiarazione integrativa presentata oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione e sino alla decadenza dal potere di accertamento da parte degli uffici la violazione per il quadro RW è pari allo 0,5% o 1% (1/6 del 3% o 6%

degli importi non indicati nel quadro RW a seconda che le attività siano detenute , o meno, in Paesi black list);

e)

in riferimento alla dichiarazione integrativa presentata successivamente alla constatazione della violazione ai sensi dell’art. 24, della legge 7 gennaio 1929, n.4 e sino alla notifica dei relativi atti di liquidazione o di accertamento per la sanzione del quadro RW, si applica l’importo dello 0,6% o 1,2% (1/5 del 3% o 6% degli importi non indicati nel quadro RW a seconda che le attività siano detenute o meno in Paesi black list).

Le violazioni relative alla trasmissione telematica

Il documento della Fondazione analizza anche la violazione degli obblighi di trasmissione delle dichiarazioni posti a carico degli intermediari abilitati; il documento ricorda che l’Agenzia delle Entrate, prime delle recenti modifiche attuate con la legge di Stabilità 2015, ha avuto modo di precisare che nelle ipotesi di omessa trasmissione telematica delle dichiarazioni il termine ultimo entro il quale l’intermediario può ravvedersi è quello di 90 giorni dalla scadenza del termine naturale di presentazione della dichiarazione.

Per effetto del comma 1-bis introdotto, dal comma 33, lett. c), dell’articolo unico della legge 296/2006, nell’articolo 39 del D.Lgs. n. 241/1997 è , infatti, ora previsto che “nei casi di violazioni commesse ai sensi (..) dell’articolo 7-bis , si

applicano in quanto compatibili , le disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472”.

(12)

La Fondazione evidenzia che nel momento in cui la sanzione viene ad essere “propria” dell’intermediario si è in presenza non di una omessa dichiarazione ma di una violazione a sé stante commessa dall’intermediario , quindi il ravvedimento, conclude il documento in commento, dovrebbe poter avvenire sino alla notifica dell’atto di contestazione delle sanzioni.

Copyright © - Riproduzione riservata Fondazione Nazionale dei Commercialisti, circolare 15/07/2015

Reati tributari

Omesso versamento Iva per crisi di liquidità

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25317 del 17 giugno 2015, ribadisce che, salvo casi eccezionali, non è esente da colpa il debitore pecuniario inadempiente a causa della crisi di liquidità.

Non può invocare la crisi di liquidità quale esimente all’integrazione del reato di omesso versamento Iva il contribuente che non dimostri rigorosamente:

-

di essere stato nell’impossibilità di effettuare i versamenti mensili a causa dell’insolvenza dei suoi clienti nei confronti dei quali aveva emesso fattura;

-

quale sia l’ammontare preciso dell’Iva non incassata e quali siano le fatture insolute;

-

quale incidenza abbia avuto l’insoluto sul debito annuale verso l’Erario;

-

quali iniziative giudiziarie o stragiudiziarie siano state tempestivamente ma inutilmente intraprese per riscuotere l’insoluto.

La generica e parziale indicazione di dati relativi a fatture rimaste non pagate da parte di clienti morosi non costituisce prova rigorosa della assoluta impossibilità di adempiere derivante da causa non imputabile, essendo peraltro principio incontroverso, nella dottrina e nella giurisprudenza civilistica, che la crisi di liquidità, salvo casi eccezionali, non manda esente da colpa il debitore pecuniario inadempiente.

A cura della Redazione

Copyright © - Riproduzione riservata Corte di Cassazione, sentenza 17/06/2015, n. 25317

Riferimenti

Documenti correlati

La circolare n. 32/E del 21.6.2005) ha precisato che in presenza di tali incoerenze, l’Agenzia delle Entrate è legittimata ad effettuare un accertamento nei confronti dei contribuenti

Vanno indicati i componenti reddituali positivi (già indicati nei specifici righi del quadro F), che non hanno concorso alla determinazione del reddito 2016 in applicazione delle

L’istituto dell’accertamento con adesione è applicabile esclusivamente per accertamenti dell’ufficio e non si estende agli atti di mera liquidazione dei tributi

Tutti diritti riservati, non riprodurre o utilizzare per fini diversi dallo studio del master Il Consulente in arte.. L’oggetto

Considerato l'esito della procedura di gara, è necessario adottare il presente atto al fine di aggiudicare, ai sensi dell'art. 32 c.5 del decreto legislativo 50/2016,

stante l'esito della procedura di gara, è necessario adottare il presente atto al fine di aggiudicare, ai sensi dell'art.. dato atto che il responsabile del presente

– nel modello N Annotazione separata - dati contabili e del personale a destinazione promiscua, i dati del personale e quelli contabili che non è possibile ripartire tra le diverse

in caso di definizione agevolata con riduzione a 1/3 delle sanzioni, occorre considerare che la sanzione non può essere comunque inferiore a un terzo dei minimi edittali previsti per