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Capitolo 3

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Capitolo 3

VALUTAZIONE DEL RISCHIO

ZOOTECNICO E SANITARIO

Negli allevamenti ovini biologici le parassitosi rappresentano la principale causa di rischio zootecnico e sanitario, in quanto sono responsabili di numerose ripercussioni negative sulla salute e sul benessere degli animali, con conseguenti perdite economiche rilevanti (Coop e Holmes, 1996; Vercuysse, 2001; Gray, 2002).

I parassiti possono causare quadri clinici conclamati, oppure, come solitamente accade, colpire l’animale in modo silente, causando un quadro di iporendimento (Ambrosi, 1995). La sottoproduzione deriva da una serie di alterazioni legate alla presenza dei parassiti, che causano fenomeni dismetabolici con uno squilibrio organico estremamente dannoso.

La presenza del parassita è causa di un progressivo deperimento per l’animale, di gravità variabile in base sia alle caratteristiche dell’ospite (stato fisiologico, età, altre patologie concomitanti, stato di nutrizione), che del parassita stesso (diffusione, patogenicità, capacità invasiva, tropismo).

È rilevabile uno stretto rapporto tra carica parassitaria ambientale e popolazione parassitaria all’interno dell’ospite. Da quanto detto si deduce che la crescita della popolazione parassitaria è legata ad una serie di fattori limitanti endogeni ed esogeni, i primi sono riferibili principalmente alle difese immunitarie schierate dall’ospite nei confronti del parassita, i secondi si riferiscono alle condizioni ambientali. (Ambrosi, 1995).

La risposta dell’ospite nei confronti dell’infezione parassitaria varia soprattutto in base a fattori di tipo genetico, un ruolo importante gioca

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la selezione spinta in favore di razze con livelli produttivi sempre più elevati, che ha portato ad un aumento della suscettibilità degli animali nei confronti degli agenti patogeni (Pryce, 2004).

L’influenza ambientale a sua volta dipende da fattori biotici ed abiotici, come la localizzazione geografica, i fattori stagionali e climatici, il tipo di vegetazione spontanea presente, il tipo di allevamento ed alimentazione, la gestione dell’allevamento.

Essendo influenzate da tutte queste variabili, le parassitosi, sono definite anche patologie condizionate e non è possibile schematizzarle e generalizzare, in quanto ogni caso è unico e diverso dagli altri.

Fondamentale per ridurre al minimo le perdite negli allevamenti, in termini sia economici, che di salute e benessere animale, è effettuare un costante monitoraggio parassitologico su un campione rappresentativo di animali. Il monitoraggio serve per conoscere quali sono le parassitosi presenti in un allevamento, capire quali sono quelle che incidono maggiormente, valutare la possibilità di un eventuale intervento terapeutico e l’efficacia delle misure di controllo adottate andando eventualmente ad individuarne altre non ancora considerate. Le valutazioni dovranno essere distinte in base all’età dei soggetti, al momento fisiologico ed alla stagionalità.

Il monitoraggio deve includere sia analisi qualitative che quantitative, al fine di valutare il rischio zootecnico e sanitario e le conseguenze ad essi connesse, a breve ed a lungo termine. Questi controlli periodici dovranno per cui prendere in considerazione una serie di parametri, oggettivi e specifici per ogni parassita (Ambrosi, 1995; Vercruysse e Claerebout, 2001).

I parametri adottati nel monitoraggio possono includere: risultati delle analisi coprologiche, parametri ematologici ed ematochimici, visita clinica degli animali e dati relativi alle performance produttive.

L’utilizzo delle tecniche coprodiagnostiche permette di ottenere dati quali e quantitativi sulle parassitosi presenti in allevamento (Euzeby, 1981; Ambrosi, 1995; Permin e Hansen, 1998; Gibbons et al., 2005). Frequenti sono i fenomeni del poliparassitismo, ovvero la presenza nello stesso allevamento e nello stesso animale di parassiti diversi, e

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della polispecificità delle singole parassitosi, soprattutto nel caso dei coccidi e delle strongilosi, sia enteriche che polmonari. Bisogna considerare anche la diversa patogenicità dei parassiti, infatti mentre per alcuni la sola presenza basta a determinare gravi danni, per altri cariche parassitarie sono necessarie cariche elevate per causare conseguenze evidenti. Per cui non ci si dovrà limitare solo a ricercare la presenza o meno di un certo parassita, ma si dovrà indagare anche su quali sono i generi o le specie presenti, la loro prevalenza ed intensità. È necessario ammettere che l’utilizzo delle analisi coprologiche quali-quantitative per la valutazione dei rischi legati alle parassitosi non è del tutto attendibile infatti è risaputo che l’eliminazione fecale delle uova non è costante e che spesso il numero di OPG riscontrate non è indicativo del numero di parassiti adulti che l’ospite alberga (Gray, 2002; Gibbon, 2005).

L’eliminazione di OPG varia in base a diversi fattori tra cui lo stato generale e nutrizionale dell’animale ed il periodo dell’anno, la prolificità del parassita e la sua aggressività, la risposta immunitaria dell’ospite, il suo periodo fisiologico la razza a cui appartiene, la presenza di infezioni concomitanti ed anche alla quantità di feci eliminate giornalmente. Sembra influire sul numero di UPG anche la forma fisica del cibo somministrato, numero di uova e alimenti grossolani risultano inversamente proporzionali, e la consistenza delle feci, in base a questa sono stati proposti dei fattori di correzione (es. feci semiliquide, numero di uova moltiplicate per due, se diarroiche per 3,5), poco utilizzati nella pratica (Ambrosi, 1995; Gray, 2002; Gibbon, 2005).

Si capisce da quanto detto che è di fondamentale importanza integrare i dati analitici con i riscontri clinici, è così possibile trovare una correlazione tra i livelli di infezione e la comparsa dei sintomi clinici. Questo può essere di notevole aiuto nella pratica dell’allevamento, in quanto in base ai risultati ottenuti dal monitoraggio si potrà decidere se ricorrere o meno ad eventuali trattamenti in base all’entità del rischio. Vari studi sono stati effettuati in questo campo, più forse per i bovini che per gli ovini.

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Anche l’epidemiologia delle parassitosi può costituire un valido aiuto nella stima del rischio, in quanto consente di mettere in atto delle eventuali misure di prevenzione nelle aree in cui si conosce che una certa parassitosi è presente ed incide sullo negativamente sugli allevamenti (Vercruysse e Claerebut, 2001; Gray, 2002).

Nel capitolo precedente si è già discusso sulle principali caratteristiche epidemiologiche dei vari parassiti e sulle conseguenze che questi possono causare, in questo capitolo cercheremo di focalizzare l’attenzione su quelli che sono i principali fattori che influiscono sullo sviluppo e sulla comparsa delle malattie parassitarie ed i parametri che si possono prendere in riferimento per individuare precocemente una situazione di rischio.

3.1

COCCIDIOSI

Il rapporto tra ruminanti e coccidi è tanto stretto da escludere l’esistenza di allevamenti completamente indenni (Ambrosi, 1995; Unberger, 1997; Scatena e Perrucci, 2002). In Italia si riscontra una copropositività delle greggi variabile dal 60 al 100%, nelle pecore adulte i tassi di prevalenza oscillano dal 20 all’80%, mentre nelle rimonte dall’85 al 100%, (Ambrosi, 1995, Lia e coll., 1996, Riili e coll., 1996).

L’infezione decorre principalmente in forma asintomatica negli adulti, le manifestazioni cliniche sono un problema che si presenta più frequentemente negli allevamenti intensivi, se il grado di infezione è imponente e se c’è un calo nelle difese immunitarie. I segni clinici si osservano soprattutto in soggetti di 4-6 settimane, che vengono separati dalla madre e condotti su pascoli o in locali contaminati (Pellerdy, 1974; Taylor e Catchpole, 1994; Taylor, 1995; Platzer et al. 2005; Coop e Write, 2000).

Essendo dotati di notevole specie-specificità la fonte di contagio per gli agnelli sono gli ovini adulti. Con l’età gli ovini acquisiscono una buona immunità nei confronti dei coccidi, al punto che non manifestano più

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sintomi clinici, ma continuano ad eliminare piccole quantità di oocisti nell’ambiente. La presenza di soggetti adulti che fungono da réservoir del parassita ed ancor più l’aumento del numero di oocisti eliminate nel periodo del parto, in seguito ad un calo delle difese immunitarie, rappresentano una delle principali fonti di contaminazione ambientale per i soggetti giovani (Gregory et al. 1983; Younie, 2004; Coop e Write, 2000).

Bisogna poi considerare che negli agnelli la disseminazione ambientale delle oocisti assume un andamento esponenziale arrivando fino a 40-80000 OPG, decrescendo nel tempo fino ad arrivare a valori simili a quelli degli adulti, intorno alle 1000 OPG (Gregory et al., 1983; Coop e Write, 2000).

Il livello di infestazione ambientale è probabilmente il fattore più importante da considerare per questa parassitosi, insieme anche ad una elevata densità degli animali. Un ruolo chiave ha il tipo di allevamento, infatti allevamenti al chiuso, su lettiera permanente con un alto indice di affollamento predispongono maggiormente all’acquisizione dell’infezione (Ambrosi, 1995).

Vari altri fattori possono andare ad influenzare la gravità delle manifestazioni cliniche come la mancata o scarsa assunzione di colostro, clima freddo e umido, eventi stressanti e lo svezzamento. La risposta immunitaria comincia a divenire efficiente intorno alle 6-8 settimane, ma può essere ritardata dalla somministrazione di farmaci (Coop e Write, 2000).

Le specie più patogene negli ovini sono E. bakuensis, E. ashata e E.

ovinoidalis. (Pellerdy, 1974; Lindsay e Todd, 1993, Gregory, 1990;

Kaufmann, 1996). Oltre alla patogenicità intrinseca, per poter determinare una sintomatologia clinica , intervengono anche altri fattori concomitanti, quali le condizioni igieniche del ricovero, il sovraffollamento, sia in stalla che al pascolo, la contaminazione ambientale e la prevalenza delle diverse specie coccidiche, errori alimentari quali cambi bruschi di alimentazione o carenze nutrizionali, ad esempio carenze proteiche o vitaminiche, tra cui la Vit A

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(epiteliopitelioprotettrice) e la Vit. K (fattore antiemorragico), (Ambrosi, 1995).

I danni che causano sono legati alla distruzione delle cellule epiteliali con conseguente atrofia dei villi, iperplasia delle cripte ed infiltrazione cellulare. I danni creati alla parete intestinale predispongono ad infezioni batteriche secondarie che portano ad un’alterazione nell’assorbimento dei liquidi e dei nutrienti, e di conseguenza a diarrea profusa e disidratazione.

La gravità delle lesioni varia in base alla specie in causa, al tratto intestinale interessato ed alla carica parassitaria. Il sintomo principale, oltre ad abbattimento, anoressia e debilitazione generale, è la diarrea, le feci sono liquide, talvolta striate di sangue e di odore fetido. Solitamente è un fenomeno autolimitante, tuttavia i soggetti subiscono un notevole calo di peso, (fino al 10%) difficilmente recuperabile, e talvolta possono andare incontro a morte. Col tempo compaiono anemia e sintomi nervosi, durante la fase acuta può esserci febbre. I tempi di recupero sono stimati in almeno 2-3 settimane (Pellerdy, 1973; Ambrosi, 1995). Spesso questi sintomi si manifestano anticipatamente, o nelle fasi iniziali, dell’escrezione delle oocisti per cui le analisi coprologiche risultano negative, (Ambrosi, 1995; Coop e Write, 2007), ne consegue che la diagnosi non può basarsi solo sul ritrovamento del parassita nelle analisi coprologiche, ma i risultati ottenuti da queste devono essere messi in correlazione con tutti gli altri dati a disposizione (Ambrosi, 1995).

3.2 STRONGILOSI GASTROINTESTINALE

È una delle parassitosi più diffuse al mondo, la quasi totalità degli allevamenti ovini risultano positivi e la prevalenza negli animali si aggira intorno al 70-80%. Sono responsabili di notevoli perdite economiche, in termini sia di spese mediche, per l’acquisto degli antielmintici, che di diminuzione delle performance produttive, nel 1994

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un reportage della FAO stima che circa tre miliardi di dollari ogni anno vengono persi per questo problema.

La patologia provocata dagli strongili gastroenterici può evolvere in vario modo, può presentarsi in forma acuta, con elevata mortalità in tempi brevi, o, come più spesso accade, in modo inapparente. È proprio la forma subclinica a determinare le maggiori perdite, in quanto, a meno che nell’allevamento non venga effettuato un costante monitoraggio, la parassitosi non viene diagnosticata. Le principali conseguenze derivano da una perdita di appetito con una diminuzione dell’assunzione volontaria di cibo che può arrivare fino al 20%, e di conseguenza un calo del peso corporeo che può oscillare dal 5 al 25% per i giovani ed intorno al 12-13% per le pecore adulte, con una riduzione notevole degli indici di conversione (Ambrosi, 1995).

Altre perdite in termini economici derivano da un calo della produzione lattea che si aggira intorno al 15%, accompagnata da una alterazione dei valori analitici relativi al grasso, al residuo secco ed alle proteine.le elmintiasi causano anche un deficit nella produzione della lana (fino al 20%) e problemi nella sfera riproduttiva.

Importante è anche la carenza proteica ed aminoacidica cui vanno incontro gli animali parassitari, legata sia ai fenomeni diarroici, che spesso accompagnano questa patologia, che all’azione sottrattiva esercitata da parte del parassita, ed alle lesioni provocate a carico della mucosa. L’anemia è un altro dei fattori caratterizzanti le strongilosi, questa si instaura per vari motivi, tra cui alterazione del metabolismo del ferro, fenomeni infiammatori e presenza di elminti ematofagi (Bunostomum e Haemonchus), (Ambrosi, 1995).

I generi più patogeni sono quelli appartenenti alla famiglia trichostrongilidae (Ostertagia, Trichostrongylus, Haemonchus), tuttavia la patogenicità deve essere relazionata ad altri fattori, quali le condizioni generali del soggetto, eventuali squilibri nutrizionali, eventi stressanti a cui esso viene sottoposto.

Il caso dell’H. contortus deve essere considerato con molta attenzione, questo è un parassita tipico delle zone triacali o subtropicali ma si riscontra anche nei paesi del nord Europa come la Norvegia o la Svezia,

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ha un’azione altamente patogena e può causare alta mortalità. Le caratteristiche principali dell’infezione da H. contortus sono una severa anemia ed ipoproteinemia, la diarrea può non essere presente al contrario degli altri generi (Helle, 1973; Younie, 2004).

Di fondamentale importanza è il ruolo che gioca il poliparassitismo nella gravità dell’infezione, ovvero la presenza contemporanea di strongili appartenenti a generi diversi, oppure di altri parassiti fa si che tra questi si crei un’azione sinergica.

Per una corretta valutazione del rischio zootecnico e sanitario è necessario integrare le informazioni di ordine clinico con i dati produttivi aziendali e gli esami coprologici. Questi ultimi in particolari possono fornire un valido aiuto per la conoscenza dei generi presenti in allevamento e per quantificare l’entità dell’infezione. Tuttavia bisogna tenere presente che il numero di UPG non sempre dà un quadro realistico della carica parassitaria che colpisce un animale, basti pensare al fatto che femmine di generi diversi sono diversamente prolifiche. L’esempio classico è quello rappresentato dalla differenza che c’è fra il genere Haemonchus, la femmina partorisce circa 5000-10000 uova nelle 24 ore, ed il genere Trichostrongylus, la cui femmina ne partorisce in media 100. quindi si capisce la necessità di conoscere la prevalenza dei singoli generi nell’allevamento. nella tabella si riporta il numero di uova prodotte giornalmente dalle femmine di ciascun genere (Hansen e Perry, 1994).

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Tabella 3.1 Numero di uova prodotte giornalmente dalle femmine

appartenenti ai diversi generi di strongili gastrointestinali

Generi di strongili gastrointestinali uova prodotte giornalmente Haemonchus 5000-15000 Ostertagia,Trichostrongylus 100-200 Cooperia 1000-3000 Nematodirus 50-100 Oesophagostomum,Chabertia 5000-10000

Inoltre è difficile stabilire una correlazione tra il numero di UPG ed il numero di parassiti adulti che si trovano l’ospite.

Un altro fattore da tenere in considerazione è che il livello di escrezione delle uova dipende dallo stato immunitario degli ospiti ed aumenta in corrispondenza del parto. La presenza della diarrea può causare una diluizione delle uova nella massa fecale cosicché agli esami coprologici il numero di UPG risulta sottostimato rispetto alla realtà.

Il numero di UPG ritrovate mediamente in un allevamento può essere utile per stimare indicativamente la diffusione della parassitosi nell’allevamento ed il rischio ad essa connessa, prevedendo eventualmente degli interventi mirati.

Molti studi sono stati fatti per trovare delle correlazioni verosimili tra il numero di uova ritrovate ed il numero di parassiti adulti ospitati nell’animale o tra questi parametri e la gravità dell’infezione, soprattutto per quanto riguarda i bovini (Reynaud, 1974; Shock, 1976; Hansen e Perry, 1994).

Ambrosi (1995), dà delle linee guida per giudicare la stato parassitologico degli allevamenti ovini in base ai valori medi di UPG, queste indicazioni vengono riportate nella tabella che segue.

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Tabella 3.2 Relazione tra numero di uova eliminate con le feci e numero

di parassiti adulti a livello gastrointestinale

Numero di UPG Gravità dell’infezione

Da 100 a 150 Infezione debole

Da 150 a 600 Infezione media, rischio zootecnico Da 600-700 a

1000-1200 Infezione grave, rischio sanitario Oltre 1000-1200 Infezione molto grave

Nel caso specifico del Nematodirus :

Numero di UPG Gravità dell’infezione

<25 UPG Infezione debole Da 25 a 75 Infezione media Da 75 a 200 Infezione grave

Oltre 200 Infezione molto grave

Le informazioni fornite da Ambrosi vanno poi applicate alle specifiche situazioni aziendali, considerando sempre che a parità di UPG l’infezione sarà più grave nei giovani, che potranno mostrare anche dei segni clinici evidenti e talvolta gravi, rispetto agli adulti (Ambrosi, 1995). Per quanto riguarda i parassiti abomasali, tra cui soprattutto il genere

Ostertagia, è possibile ricorrere anche alla valutazione del pepsinogeno

plasmatico, valori < 1,0 UT sono considerati normali, tra 1,0 e 2,0 si riscontrano in infestazioni di media gravità, tra 3,0 e 10,0 INDICANO infestazioni gravi.

Oltre a ciò anche le analisi emocromocitometriche possono risultare importanti per diagnosticare l’anemia e l’ipoproteinemia, accompagnate dall’inversione del rapporto albumine-globuline.

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3.3 STRONGILOIDOSI

La sua diffusione negli allevamenti risulta estremamente variabile, come già riportato nel capitolo precedente (positività dal 10 al 90%). I soggetti più sensibili sono i giovani, fino a circa 9-10 mesi, dopodichè sviluppano adeguate difese immunitarie e la carica infettante diminuisce, il serbatoio dell’infezione è rappresentato dalle pecore adulte, che solitamente costituiscono il 15% del gregge.

La diffusione dello S. papillosus è favorito dall’allevamento stallino o dai pascoli stanziali, nonché dall’elevata densità di animali, inoltre stagioni intermedie piovose con temperature superiori alla media risultano essere particolarmente favorevoli allo sviluppo del parassita. Fondamentale come fattore di rischio nella diffusione della strongiloidosi è la corretta gestione della stalla ed in particolar modo della lettiera, allontanando frequentemente le deiezioni degli animali e così anche il parassita (Ambrosi, 1995).

In caso di pascolo stanziale, gli agnelli presentano a un tasso di positività del 60% a 45 giorni, con una quantità media di UPG intorno a 250, che aumenta fino al 100% a 90 giorni e con valori di UPG tra 500 e 1000, a 4-5 mesi le rimonte risultano sempre ampiamente infettate (positività vicina al 100%) con un ulteriore incremento nel numero di UPG al di sopra di 800. Questa situazione è accentuata in allevamenti stallini dove le positività raggiungono il 100% già a 35 giorni di vita, questo valore tende poi a decrescere e le rimonte intorno ai 4-5 mesi presentano una prevalenza del 35-40%. In questa tipologia di allevamento i valori di UPG sono solitamente più contenuti e compresi tra 250 e 500 (Ambrosi, 1995).

Nel caso in cui l’allevatore tenga in stalla le rimonte nate in autunno fino alla primavera successiva, queste mostreranno valori di prevalenza e di UPG più elevati e duraturi nel tempo.

Tra i principali segni clinici che caratterizzano questa parassitosi è sicuramente da ricordare la diarrea, dovuta al danno della mucosa intestinale ad opera dei parassiti, responsabile oltretutto di

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un’alterazione dei processi di digestione ed assorbimento con successiva perdita di peso dei soggetti, riduzione degli incrementi ponderali ed abbattimento (Ambrosi, 1995; Urquhart, 1998).

3.4 STRONGILOSI BRONCOPOLMONARE

PICCOLI STRONGILI POLMONARI

Infezione cosmopolita altamente diffusa, legata soprattutto al pascolo, visto anche che il suo ospite intermedio è un mollusco terricolo. La prevalenza negli allevamenti italiani si aggira in media tra il 60-70%, sono più colpite sono le pecore adulte rispetto alle giovani rimonte, con una percentuale di positività vicina al 100% contro il 50% circa rispettivamente. Da questo si deduce che l’immunità indotta dal parassita è scarsamente efficace.

La maggiore contaminazione ambientale si ha nei pascoli tra marzo-aprile e giugno-luglio, dopo la stasi invernale, e tra fine agosto-ottobre dopo la stasi estiva. Solitamente gli adulti si positivizzano in estate e mostra una copropositività crescente fino alla primavera successiva. Nelle infezioni da strongili broncopolmonari solitamente si riscontra un quadro di inappetenza e deperimento del soggetto, con perdite di peso che possono raggiungere il 20%, accompagnato da sintomi respiratori con tosse, tachipnea e scolo nasale, è presente anemia. I danni alla produzione riguardano sia il notevole calo di peso che la diminuzione della produzione lattea e problemi di carattere riproduttivo.

L’esame quantitativo ha una buona sensibilità (15-20 larve), tuttavia è possibile che sfuggano una certa percentuale di larve, intorno al 30-40%, di conseguenza è necessario osservare tutto il sedimento ottenuto con l’apparato di Baerman. Il risultato in larve per grammo di feci non è indicativo delle lesioni indotte dai parassiti, né fornisce indicazioni sulla carica parassitaria, questo si può facilmente comprendere pensando alla

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presenza dei nidi di incubazione in cui si trovano altre larve ed al fatto che l’espettorazione non è continua (Ambrosi, 1995).

Tuttavia è possibile cercare di interpretare i risultati quantitativi ottenuti per capire quale sia effettivamente l’entità della carica parassitaria e i rischi ad essa connessi.

Per quanto riguarda i soggetti adulti, si può dire che se l’infezione viene riscontrata in un numero limitato di soggetti e con livelli bassi di LPG, intorno a 150-200, è ad un livello abbastanza basso, anche se la sintomatologia è già evidente. Se agli esami coproscopici, al contrario si ritrovano valori più elevati (da 200-500 fino a 1000 LPG), nella maggioranza dei soggetti esaminati, si potrà invece supporre che l’infezione è ampiamente diffusa ed i danni saranno correlati al numero di LPG riscontrate.

Nelle rimonte già valori medi di 100-150 LPG riscontrati in più del 40% degli animali indica una carica parassitaria ambientale elevata.

DICTIOCAULOSI

Parassita pressoché ubiquitario che spesso si presenta in associazione agli altri strongili polmonari. È una patologia soprattutto giovanile, un’importante fonte di contaminazione è data dagli adulti. Favoriscono inoltre la diffusione dell’infezione la stanzialità del pascolo e l’elevato carico di bestiame, sembrano a rischio situazioni in cui la densità di animali è superiore a 9-10 pecore/ha (Ambrosi, 1995).

La sua diffusione segue l’andamento dei cicli stagionali, i livelli più alti di prevalenza si hanno principalmente in tarda primavera ed in autunno, l’elevata piovosità tende a favorire la presenza dell’infezione facilitando il contatto tra parassita ed ospite. In particolare questo fattore rappresenta una delle maggiori componenti che influiscono sui livelli di prevalenza, infatti si è visto che anche nei casi in cui la densità degli animali è bassa (1-1,5 pecore/ha), se la piovosità è molto elevata si può arrivare ad avere una percentuale di prevalenza del 100% (Ambrosi, 1995).

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Le femmine del D. filaria sono poco prolifiche, producono da circa 2-3 LPG fino a circa 30 (Ambrosi, 1995).

La presenza del parassita a livello polmonare induce difficoltà respiratorie talvolta imponenti, comportando contemporaneamente anoressia, disoressia e decadimento delle condizioni generali del soggetto con predisposizione ad infezioni batteriche secondarie.

Al contrario dei piccoli strongili nella dictiocaulosi c’è una maggiore corrispondenza tra il riscontro di LPG e carica parassitaria presente nell’ospite. Solitamente è possibile riscontrare una notevole variabilità tra i soggetti con valori che oscillano dalle 100 alle 200 LPG, che rappresentano già valori estremamente elevati. Da considerare è che il numero di LPG ritrovate dipende dall’espettorazione e dalla scarsa prolificità del parassita.

Per quanto riguarda la gravità dell’infezione, solitamente 10-12 LPG rappresenta il limite minimo per poter osservare delle manifestazioni cliniche evidenti, 30-40 LPG indicano già un rischio zootecnico, valori superiori a 60-70 LPG indicano infezioni gravi con rischio sia zootecnico che sanitario (Ambrosi, 1995).

3.5 DICROCELIOSI

È una malattia estremamente comune nell’allevamento dei piccoli ruminanti, con una prevalenza fino al 100% nelle greggi in molti paesi dell’Europa e dei paesi dell’Est, dal 75 all’89% degli animali possono essere parassitati. (Manga-Gonzàlez et al., 1991; Ambrosi, 1995).

È una patologia legata al pascolo, ma al contrario della fasciolosi non necessita di ambienti altamente umidi ed è favorita da terreni alcalini o calcarei che favoriscono la sopravvivenza dell’ospite intermedio. (Charter e Reche, 1992). Le uova sono molto resistenti nell’ambiente esterno e costituiscono quindi una continua fonte di contaminazione per gli animali. (Urquhart, 1998).

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Nei fegati di animali parassitari la carica elmintica risulta elevata, nel 35% dei casi i parassiti adulti presenti nei capi positivi arrivano ad essere circa 2000-3000, nel 35% da 3000 a 10000, e nella restante parte dei casi oltre i 10000. Come nel caso della fasciolosi le conseguenze più gravi si hanno negli adulti, le rimonte diventano positive oltre i 5-6 mesi, tuttavia in caso di elevate cariche parassitarie è possibile che l’infezione si instauri prima coinvolgendo quasi tutti i soggetti giovani con un’elevata carica infestante. (Ambrosi, 1995).

Secondo Ambrosi, (1995), i valori individuali possono variare da meno di 30 UPG fino a varie migliaia con valori medi intorno a 500-600 UPG nelle aree molto infestate.

L’emissione delle uova con le feci è legata alla stagionalità e raggiunge il suo massimo picco durante l’inverno (il 90% degli animali risultano positivi), con una media di circa 300 UPG. (Manga-Gonzàlez et al., 1991). Un aumento dell’eliminazione delle uova si verifica, come nel caso degli altri parassiti, in particolari momenti stressanti, come ad esempio il trasporto, il confinamento o il parto. (Sotiraki et al., 1999).

Comparata alla fasciolosi, la dicroceliosi produce dei sintomi clinici più attenuati, tuttavia causa severe perdite economiche, in termini di produzione di latte e carne, cui bisogna aggiungere anche il sequestro dei fegati al macello. (Ambrosi, 1995; Otranto e Traversa, 2002). Principalmente si osserva un deperimento dell’animale con diminuzione dell’ingestione volontaria di cibo, talvolta ascite e feci pastose. Occasionalmente può essere fatale. (Ambrosi, 1995).

I danni epatici sono correlati all’entità della popolazione parassitaria, le lesioni macroscopiche sono state classificate in cinque diversi gradi che vanno dalla normalità fino a quadri di cirrosi. (Jithendran e Bhat, 1996). Modificazioni della superficie dei dotti biliari e lesioni fibrose si osservano con livelli di infezione fino a 300 parassiti, al di sopra di questo valore, fino a circa 600, è stata osservata una diminuzione dei danni, probabilmente dovuta ad una risposta delle difese immunitarie dell’ospite. (Camara et al., 1996). In realtà Ambrosi (1995), afferma che vari autori individuano in una valore di 3000 parassiti adulti la soglia minima per la comparsa di effetti produttivi negativi. La presenza di

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3000-10000 parassiti è indice di una grave infezione ed ancor più grave per valori superiori.

Per conoscere la situazione aziendale al fine della valutazione dei rischi connessi a questa parassitosi è possibile ricorre agli esami coprologici quali-quantitativi. A differenza di molte altra malattie parassitarie, in questo caso, c’è una correlazione abbastanza veritiera tra quello che è il numero di UPG riscontrato dalle analisi delle feci e l’entità della popolazione parassitaria che colonizza il fegato degli animali parassitari.

Una quantità di UPG inferiore a 100 non desta particolari preoccupazioni, in quanto corrisponde ad una infezione epatica limitata, tra 150 e 250 si può stimare che siano presenti nel fegato circa 3000 distomi adulti, che secondo Ambrosi sono sufficienti a causare le prime alterazioni a livello organico, quando si hanno valori di UPG superiori a 300 siamo davanti ad un’infezione importante, che si trasforma si un rischio elevato quando si oltrepassano le 600 UPG. Al di sopra di questi valori le conseguenze dell’infezione si aggravano progressivamente in modo proporzionale alla carica elmintica. (Ambrosi, 1995). Per evitare che si possa passare da una situazione di debole incidenza del parassita ad una situazione più grave è necessario non trascurare la presenza del D. dendriticum, neanche se i valori di UPG ritrovate sono bassi.

Nonostante nel caso della dicroceliosi le tecniche coproscopiche quantitative siano di notevole aiuto, è bene considerare anche tutti gli altri parametri di ordine clinico e produttivo per poter accuratamente valutare il rischio che deriva dalla presenza del parassita in allevamento. Infatti bisogna sempre considerare che quelle che vengono riportate sono informazioni che riguardano la media delle situazioni, ma a livello individuale si possono verificare situazioni differenti o addirittura contrastanti.

Per questi motivi è importante andare a valutare anche i risultati del profilo metabolico, che include sia le informazioni sul profilo biochimico enzimatico, che l’esame emocromocitometrico. La dicroceliosi solitamente causa un quadro di anemia microcitica ed ipocromica, ipoalbuminemia con ipoproteinemia ed inversione del

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rapporto A/G, ipoglicemia, aumento dell’azoto ematico e del BUN, aumento dei livelli degli enzimi epatici (ALP, GGT, GOT, GLDH, LDH), può essere presente anche eosinofilia. (Ambrosi, 1995; Sanchez Campo set al., 1999).

3.6

FASCIOLOSI

Distomatosi cosmopolita ampiamente diffusa in tutto il mondo, al contrario della maggior parte delle altre parassitosi colpisce soprattutto i soggetti adulti, (i giovani si positivizzano dopo i 9 mesi) e gli ovini sono più interessati dei bovini.

Gli studi effettuati sulle conseguenze che derivano dalla presenza di

Fasciola hepatica sono molteplici ed hanno messo in luce risultati

contrastanti, Hawkins e Morris (1978), hanno messo in evidenza un significativo calo di peso in soggetti infetti da soli 45 parassiti adulti, mentre al contrario altri studi hanno evidenziato che sono necessarie elevate cariche parassitarie (superiori a 350 adulti) per ottenere perdite tangibili (Hawkins, 1984). È comunque stato accertato che cariche intorno a 87-230 parassiti incidono negativamente sulla crescita e sul peso corporeo. Le perdite in termini di peso variano in base alla carica parassitaria, intorno a 0,03 Kg/settimana con 45 parassiti adulti, e 0.13-0,3 Kg/settimana con 87-500 parassiti adulti (Dargie, 1987). È stato visto inoltre che in soggetti alimentati con un basso tenore proteico il calo di peso si manifesta più rapidamente ed in modo più grave. Alcuni studi mostrano che F. hepatica riduce l’ingestione di cibo volontaria fino al 15% e la capacità di utilizzarlo efficacemente (Dargie, 1987; Ambrosi, 1995).

Tutto ciò costituisce una notevole perdita produttiva che va a sommarsi a quelle derivanti dal sequestro dei fegati al macello ed a problemi della sfera produttiva e riproduttiva. La fasciolosi causa anche danni alla produzione lattea, con una alterazione della quantità, si stimano perdite fino al 15%, e della qualità (Reid e Armour, 1978; Ambrosi, 1995).

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A livello riproduttivo sono stati segnalati come effetti secondari all’infezione: aborto, ipofertilità, mortalità neonatale, diminuzione della percentuale dei concepimenti e parti prematuri con agnelli che nascono sottopeso ed i cui incrementi ponderali risultano (Ambrosi, 1995).

Ulteriori perdite si hanno nella produzione della lana, con un calo di produttività del 20-40% accompagnata da una diminuzione del diametro delle fibre, della loro lunghezza e resistenza, queste conseguenze compaiono già con un tasso di infestazione intorno ai 30-45 parassiti adulti (Ambrosi, 1995).

Clinicamente la fasciolosi può presentarsi attraverso un’ampia varietà di manifestazioni cliniche, il rischio principale di contrarre l’infezione si ha durante le estati piovose, in cui si vengono a creare le condizioni ideali allo sviluppo delle metacercarie e del mollusco ospite intermedio.

Forme acute sono collegate alla migrazione dei parassiti immaturi verso il fegato e possono essere accompagnate da morti improvvise, nelle forme subacute fenomeni mortali possono essere presenti, ma in questo caso il decorso è più lungo ed i soggetti mostrano segni clinici evidenti. Nelle forme croniche, caratterizzata dalla presenza dei parassiti adulti a livello epatico, i sintomi clinici compaiono dopo alcuni mesi dall’ingestione delle metacercarie.

In ogni caso i sintomi clinici predominanti sono deperimento e scadimento delle condizioni generali, anemia, dolore addominale, ascite ed epatomegalia, edema sottomandibolare.

All’esame emocromocitometrico sono rilevabili: anemia microcitica ipocromica, ipoalbuminemia ed iperglobulinemia, con inversione del loro rapporto ed alterazioni osmotiche alla base dell’ascite, ed una marcata eosinofilia. È presente anche un aumento dell’uremia e del BUN. Il profilo biochimico enzimatico mostra un aumento degli enzimi epatici, tra cui soprattutto LDH, SDH, GOT, GPT, LAP e ALP, (Dargie, 1986; Ambrosi, 1995; Mitchell, 2003).

Per quanto riguarda l’utilizzo della conta fecale delle uova di F. hepatica come parametro per valutare la presenza o meno di rischio zootecnico e sanitario bisogna fare alcune considerazioni. L’eliminazione fecale delle uova non è costante, di conseguenza è difficile stabilire una correlazione

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tra i valori di UPG ritrovate e la carica parassitaria dell’ospite. I fattori che intervengono nel regolare l’escrezione fecale dei parassiti sono molteplici e dipendono dalla prolificità dei parassiti, che è inversamente proporzionale al numero di parassiti adulti, dalla risposta immunitaria dell’ospite, e dal fatto che le uova ristagnano all’interno della cistifellea e dei dotti biliari, per questo motivo il passaggio nelle feci avviene con ritmi irregolari (Colditz et al., 1996; Shaw et al. 1997; Ambrosi, 1995). Ambrosi (1995) ha correlato il numero di UPG alla gravità dell’infezione per determinare l’entità del rischio zootecnico e sanitario, i dati vengono riportati nella tabella seguente:

Tabella 3.3 Relazione tra numero di UPG e gravità dell’infezione

Numero di UPG Gravità dell’infezione Positività del gregge

Intorno a 50 Infezione debole

Almeno 1/3 o metà dell’allevamento risulta positivo

Tra 80 e 150 Infezione medio -Rischio zootecnico

Interessati più della metà degli animali

Tra 200 e 500 Infezione grave Rischio sanitario

La parassitosi colpisce più della metà degli animali

Oltre 500 Rischio molto grave

Per una valutazione globale del rischio, oltre agli esami sierologici, biochimici e coprologici, è possibile ricorre anche all’utilizzo di tecniche che mirano ad evidenziare gli anticorpi dell’ospite contro il parassita, oppure la presenza stessa del parassita grazie all’individuazione dei suoi antigeni. Tra queste varie metodiche la più usata è l’ELISA, per la ricerca degli antigeni parassitari. (Ambrosi, 1995; Mitchell, 2003).

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3.7 PARAMPHISTOMOSI

Questa parassitosi è diffusa in quasi tutte le regioni italiane, anche se con una certa variabilità, più frequente nell’allevamento bovino, meno in quello ovino dove le positività arrivano massimo al 19%, tuttavia è questa ultima specie ad essere più sensibile.

Fattori di rischio sono rappresentati da: elevata moltiplicazione del parassita nell’ospite intermedio, alta umidità ed eccessiva densità degli animali. Tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate si ha il picco di eliminazione delle uova

La parassitosi provoca anoressia con calo di peso e riduzione degli incrementi ponderali, anemia, talvolta diarrea ed edema della giogaia. Dalle analisi sierologiche si evidenzia anemia, eosinofilia, ipoalbuminemia ed ipergammaglobulinemia con una inversione del rapporto A/G ed aumento delle transaminasi. (Ambrosi, 1995). Gravi sintomi sono associati alla presenza delle adolescarie a livello duodenale, questa forma ha insorgenza acuta e talvolta fatale, colpisce i giovani soggetti e si presenta solitamente tra Settembre e Novembre. Per un corretto controllo della parassitosi è possibile ricorrere alle analisi coprologiche, da effettuarsi sugli adulti, portatori dell’infezione, e soprattutto nei mesi invernali.

La copropositività compare anche se sono presenti meno di un centinaio di adulti a livello ruminale, di conseguenza già valori bassi di UPG alle analisi quantitative indicano un potenziale rischio. Già livelli pari a 250-350 UPG indicano infezioni subcliniche con perdite produttive e quindi un potenziale rischio zootecnico, la sola presenza nei soggetti giovani necessita di interventi per evitare che ci possa essere un rischio sanitario. Segni clinici conclamati associati al ritrovamento del parassita è di per se fortemente indicativa di un rischio sia zootecnico che sanitario.

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3.8 TENIASI

È soprattutto una parassitosi legata al pascolo, abbastanza diffusa negli allevamenti ovini (risultano positivi dal 24 al 75% circa dei greggi), incide maggiormente sui soggetti giovani (51-70% delle rimonte positive), rispetto agli adulti (12-17% di positività media), che sono protetti dall’immunità acquisita.

Durante l’anno si osservano due picchi di prevalenza, in primavera ed in autunno (spring e fall rise), anche se il primo è di maggiore entità.

Tra i fattori che possono costituire un rischio per questa parassitosi si annoverano soprattutto il carico di bestiame elevato (incidenza massima con più di dieci animali per ettaro) ed il fenomeno del poliparassitismo, in particolare la presenza dello S. papillosus sembra potenziare l’azione di questi cestodi.

I principali danni che causa sono soprattutto di ordine produttivo, con una diminuzione del peso corporeo e peggioramento degli indici di conversione. È solitamente una patologia autolimitante che spesso passa inosservata. Molti autori concordano che Moniezia spp. non causa particolari danni ai soggetti parassitari, nonostante talvolta i livelli di infestazione siano elevati, consigliano addirittura di evitare i trattamenti antiparassitari (Elliot, 1986).

Per la valutazione di un eventuale rischio zootecnico o sanitario i risultati delle analisi quantitative sul numero di UPG nei campioni fecali non può essere utilizzato per la stima della carica elmintica, in quanto la loro eliminazione è estremamente irregolare. Di conseguenza per rendere significativo il riscontro delle uova bisogna aggiungere anche una valutazione clinica del gregge e la stima di eventuali perdite produttive.

Per avere un quadro globale dell’allevamento è importante anche l’esame post mortem dei soggetti macellati, o deceduti. Se si rinvengono nell’intestino le strobila questi potranno essere raccolti e fatti sedimentare in acqua valutando il volume complessivo del materiale elmintico. Ad esempio in soggetti di 15-20 Kg un volume superiore a

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100-120 ml indica una forte probabilità di rischio produttivo, se superiori a 180-200 ml indicano infezione grave. In soggetti sotto l’anno di età solitamente la presenza delle tenie è accompagnata anche da una eliminazione delle uova con le feci, questo può invece non verificarsi nelle pecore adulte.

Importante è sottoporre ad un esame coprologico e post mortale anche i soggetti adulti che costituito i serbatoi del parassita.

Le analisi ematochimiche possono mostrare segni di anemia, ipocalcemia, ipoglicemia, ipoproteinemia ed ipoaminoacidemia, dovuta all’azione sottrattiva del parassita (Ambrosi, 1995).

3.9

CRIPTOSPORIDIOSI

Rappresenta una delle principali cause di diarrea neonatale nei giovani ruminanti, recenti studi ha dimostrato che la prevalenza nelle greggi è intorno al 51,8%, con una percentuali individuali intorno al 12,2%. (Ortega-Mora et al. 1999).

I sintomi possono essere estremamente gravi con diarrea giallastra di odore fetido, ad insorgenza acuta, accompagnata da elevata mortalità e sono concentrati soprattutto nelle prime due settimane di vita. La diarrea è provocata probabilmente dai danni causati alla mucosa intestinale con malassorbimento ed alterazione dell’equilibrio osmotico. Talvolta il quadro può essere aggravato dalla presenza di altre infezioni concomitanti da parte di batteri quali E. coli e Salmonella sp., e virus, Coronavirus e Rotavirus. (Ambrosi, 1995).

Le più comuni fonti di infezione per i giovani ruminanti sono dagli animali clinicamente infetti del gregge che eliminano le oocisti eliminate e gli adulti asintomatici. (Xiao et al. 1994). Così come per molte altre parassitosi si assiste un aumento dell’escrezione delle oocisti in prossimità del parto. (Atwill, 1998; Ortega-Mora et al. 1999).

I soggetti infetti eliminano fino a 1010 oocisti durante il picco di infezione e allestendo strisci dai campioni provenienti da soggetti con

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sintomatologia è possibile evidenziare fino a 4-5 oocisti. (Ortega-Mora, 1994; Ambrosi, 1995).

3.10 TRICOCEFALOSI

La sua diffusione varia dal 10 ad oltre il 60%, la prevalenza negli allevamenti è intorno al 10-30%, colpisce soprattutto i giovani soggetti. L’allevamento stallino contribuisce alla diffusione della parassitosi, questo fenomeno è evidente soprattutto nelle giovani rimonte che nascono in autunno e vengono tenute al chiuso fino alla primavera successiva ed in cui è possibile riscontrare una positività dal 35 all’80%. Una volta che le rimonte vengono portate al pascolo si può verificare un ulteriore aumento della positività (superopre anche al 90%) che tende poi a diminuire gradualmente.

Anche nel caso di soggetti adulti tenuti in stalla la percentuale di positività è maggiore e raggiunge il 50% (vs 10-30%). (Ambrosi, 1995). I valori di UPG non sono solitamente molto elevati, aggirandosi intorno a 100-200, tuttavia non bisogna sottovalutare le conseguenze negative cui può andare incontro l’animale. Un evidente grado di sinergismo è presente tra gli strongili gastrointestinali e il T. ovis, che contribuisce a rendere più grave la parassitosi.

Figura

Tabella  3.1    Numero  di  uova  prodotte  giornalmente  dalle  femmine
Tabella 3.2 Relazione tra numero di uova eliminate con le feci e numero
Tabella 3.3 Relazione tra numero di UPG e gravità dell’infezione

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