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Considerazioni conclusive L’analisi tipologica del complesso ceramico di Cala Giovanna Piano, unitamente all’analisi mineralogico-petrografica delle paste ceramiche (B

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Considerazioni conclusive

L’analisi tipologica del complesso ceramico di Cala Giovanna Piano, unitamente all’analisi mineralogico-petrografica delle paste ceramiche (BOSCHIAN, GABRIELE 2007; GABRIELE 2008), ha permesso di delineare con maggior precisione il quadro crono-culturale dell’insediamento, consentendo di sviluppare alcune ipotesi su quelle che possono esser state le dinamiche culturali che hanno interessato Cala Giovanna Piano, nonché di confermare quanto già emerso con le prime ricerche riguardo la funzionalità del sito in esame.

Lo studio dei reperti ha consentito di individuare quella che può essere definita una prima fase di frequentazione di Cala Giovanna Piano, caratterizzata da ceramiche cardiali con decorazione geometrica che trovano confronto con il cardiale de La Scola, più a nord con siti della Provenza, verso sud negli insediamenti del Lazio e della Toscana interna (FUGAZZOLA DELPINO 2002) e con le isole maggiori Corsica e Sardegna. La data più antica dell’insediamento (5320/5020 cal. BC), proveniente dalla base del deposito archeologico nel quadrato M 20, riconduce comunque ad una fase recente del cardiale tirrenico.

Solo alcuni frammenti con decorazione a trattini ondulati sembrano riportare ad una fase iniziale del Neolitico antico, legata alle Ceramiche Impresse meridionali, rappresentata nell’Arcipelago Toscano all’Isola del Giglio (BRANDAGLIA 1991) e forse riconoscibile nei reperti di Coltano (BAGNOLI et al. 1986). Anche i frammenti decorati a sillons sembrano indicare una fase di poco successiva a quella descritta che è testimoniata al Giglio, alle Arene Candide (MAGGI 2002)fino alla Provenza (BINDER et al. 1993). A Cala Giovanna Piano si tratta comunque di pochissimi elementi e le datazioni al momento non sembrano confermare la presenza di una fase più antica di quella propriamente cardiale.

Un certo numero di frammenti decorati a linee incise testimonia la continuità di frequentazione dell’insediamento di Cala Giovanna Piano da parte della corrente culturale della Ceramica Lineare, come confermano anche le date di 4900/4590 anni cal. BC della fossa di combustione nei quadrati M/N 22/23 e

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la data 4620/4440 anni cal. BC del frammento osseo. Il tipo di decorazione e la disposizione della stessa sul recipiente hanno permesso di ricondurre il materiale all’aspetto di Sasso (GRIFONI CREMONESI, RADMILLI 2000-01) e a quello di Sarteano (GRIFONI CREMONESI 1967).

Oltre alla componente tipicamente cardiale e a quella della Ceramica a Linee Incise, l’analisi tipologica dei reperti ha evidenziato anche una componente assimilabile al Cardiale recente e all’Epicardiale ligure e provenzale, rappresentata a Pianosa da ceramiche decorate a poinçon, a impressione e incisione, dal carattere della decorazione plastica e dalla sua alta percentuale. Il rinvenimento a Paduletto di Castagneto (SAMMARTINO 2007) nella zona costiera toscana di frammenti ceramici decorati a impressione e incisione, che presentano forti somiglianze con i reperti di Cala Giovanna Piano, sembra supportare l’ipotesi in via preliminare che anche sulla fascia costiera toscana il Neolitico antico sia andato evolvendosi verso forme decorative più semplificate a solcature e di tipo plastico, tendenza che si riscontra anche in Corsica, in Sardegna e in tutta l’area tirrenica.

La definizione di questi aspetti locali nella regione è tuttavia resa difficile dalla presenza di apporti della Cultura di Fiorano, attestata in Toscana nei siti di Pian di Cerreto e Muraccio in Garfagnana, a Grotta del Leone presso Pisa, a Poggio di Mezzo (San Rossore) nella fascia costiera pisana, a Casa Querciolaia presso Livorno e a Mileto vicino Firenze. A Pianosa, oltre al tipico decoro “a note musicali”, sono riconducibili alla Cultura di Fiorano un buon numero di reperti decorati a impressione e incisione e l’elevata percentuale di decorazione plastica a cordoni impressi o lisci. Peraltro, contatti tra la Cultura di Fiorano e l’Impressa ligure e l’Epicardiale provenzale erano già stati evidenziati sulla base della decorazione plastica da Bagolini e Biagi negli anni ‘70 del secolo scorso (1973; 1977) e sono stati rimarcati con la revisione dei materiali dei siti della Cultura di Fiorano nella Tesi di Dottorato di A. Pessina (1998).

Allo stato attuale delle ricerche non è possibile definire se Cala Giovanna Piano testimoni quello che può essere uno sviluppo locale del Cardiale tirrenico, che si evolve verso esiti comparabili agli aspetti dell’Epicardiale, oppure se la

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l’influenza della Cultura di Fiorano abbia giocato un ruolo più decisivo nell’evoluzione del Cardiale di quest’area; o ancora se abbiano insistito entrambi i fattori.

Per quanto riguarda la produzione ceramica di Cala Giovanna Piano, sembra che nessuno dei depositi argillosi presenti a Pianosa sia stato utilizzato nella fabbricazione delle ceramiche; l’analisi in chiave petrografica dei 7 gruppi d’impasto riconosciuti ha infatti evidenziato provenienze dei degrassanti esterne all’Isola. «(…) soltanto il gruppo degli impasti granitici potrebbe essere stato realizzato con materie prime locali tratte da depositi decalcificati che però alla luce delle evidenze attuali non sono stati rinvenuti» (BOSCHIAN,GABRIELE 2007: 107;GABRIELE 2008).

Informazioni di maggior interesse sono date dagli impasti vulcanici a sanidino e biotite, presenti nel complesso di Cala Giovanna Piano in pochi frammenti di ceramica cardiale. La composizione, di origine laziale, sembra d’accordo anche con gli aspetti crono-tipologici del complesso, poiché sia a Grotta Patrizi sia a Grotta delle Settecannelle i complessi ceramici, lineare nel primo caso e cardiale nel secondo, presentano impasti del tutto analoghi (GABRIELE 2008).

Le paste di tipo gabbroide mostrano maggiori affinità di composizione con gli impasti utilizzati nella produzione di ceramiche lineari in Toscana e portano a pensare pertanto che almeno i frammenti di ceramica lineare con questo tipo di impasto siano di origine toscana. Inoltre, la maggior parte delle ceramiche cardiali del sito di Cala Giovanna Piano presenta impasti gabbroidi uguali per composizione a quelle della ceramica lineare: anche in questo caso le ceramiche potrebbero essere di provenienza toscana, nonostante in questa regione non sia attestato l’utilizzo di impasti gabbroidi nelle ceramiche a decorazione cardiale. Tuttavia alla Caverna delle Arene Candide nella produzione fittile attribuibile all’inizio del Neolitico antico è stato individuato un impasto gabbroide esogeno (CAPELLI et al. 2007) del tutto simile a quello di Pianosa.

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Gli impasti di attribuzione più incerta sono quelli metamorfici a micascisti e rocce meta-sedimentarie, «ma la presenza di granito in numerose di queste permette di escludere in parte il continente. Il granito è anche presente nelle ceramiche gabbroidi-granitiche ma in questo caso sono presenti granuli di chamotte con inclusi di diallagio che porterebbero a pensare non ad una origine non continentale di tali impasti ma ad un riutilizzo probabilmente in località insulari di ceramiche gabbroidi importate» (GABRIELE 2008:203).

La componente a scisti blu sembra indicare una provenienza probabilmente corsa o ligure (GABRIELE 2008).

La maggior parte dei reperti di Cala Giovanna presenta impasto di tipo granitico: risulta decisamente predominante nelle ceramiche decorate a poinçon, nelle ceramiche con decorazione a impressione e incisione, nella ceramica lineare, nella decorazione plastica, negli elementi di presa e negli orli. Assumendo la provenienza esterna degli impasti granitici (vedi sopra), la diversità della composizione tra gli impasti granitici di Pianosa e quelli della Corsica porterebbe a vedere nella Sardegna l’origine del gruppo dacitico (GABRIELE 2008).Tuttavia non sono state rilevate analisi minero-petrografiche sarde che permettano di fare confronti sulle composizioni; a livello tipologico inoltre si possono istituire confronti con le produzioni fittili del Neolitico antico della Sardegna per le decorazioni a poinçon, per pochissimi frammenti decorati a impressione e incisioni, per la decorazione plastica e per gli elementi di presa, ma si tratta in ogni caso di confronti ridotti e poco precisi; inoltre, la ceramica lineare in quest’isola non è attestata. Si ritiene pertanto poco probabile che tutto il materiale granitico provenga dalla Sardegna e non si esclude che possa verosimilmente provenire anche dall’Isola d’Elba e dalla Corsica.

«La Sardegna potrebbe essere stata l’area di provenienza anche di un altro tipo di impasto, quello dacitico.» (GABRIELE 2008 : 201). La composizione sembra essere in buon accordo con quella delle rocce di Capraia ma la sporadicità della frequentazione di quest’isola rende problematica l’attribuzione (RICCARDI 1992, in GABRIELE 2008; DUCCI, PERAZZI 2000); inoltre, la provenienza non

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sembra essere corsa in quanto «(…) gli impasti vulcanici in parte confrontabili con quelli dacitici di Pianosa sono stati individuati in Corsica soltanto in due siti, Torre d’Aquila e Araguina-Sennola, e in quantità esigue.» (GABRIELE 2008:202). Questo tipo d’impasto a Cala Giovanna Piano comprende un buon numero di anse a nastro e frammenti decorati a impressione e incisione; predomina inoltre tra i cordoni a punti impressi e lisci, nei vasi a fiasco e a collo. È comunque presente, seppur in minima quantità, negli altri gruppi decorativi ed elementi diagnostici. L’analisi tipologica e i confronti effettuati non escludono che i cordoni impressi a punti e tacche abbiano provenienza sarda: sono tuttavia ben attestati anche in ambito corso e ligure- provenzale. Analoga considerazione si deve proporre per i vasi a fiasco e a collo, forme vascolari comuni di tutta l’area tirrenica.

Si ritiene pertanto che la sola provenienza sarda di questo impasto sia riduttiva, soprattutto sulla base del fatto che non sono stati effettuati confronti tra le analisi mineralogico-petrografiche delle ceramiche di Pianosa e quelle di materiale fittile della Sardegna.

Se da un lato permangono ancora incertezze e dubbi sulle provenienze delle ceramiche rinvenute nel sito di Cala Giovanna Piano, dovute molto spesso alla scarsità dei dati disponibili su questo tipo di analisi, dall’altro emerge un quadro così complesso delle provenienze (dall’Arcipelago, dal continente, dalla Corsica e dalla Sardegna) che testimonia scambi e collegamenti a lunga distanza, e pone in evidenza la più plausibile circolazione di manufatti finiti piuttosto che di materie prime.

La molteplicità degli apporti che nel corso del tempo hanno interessato l’insediamento di Cala Giovanna sono ben evidenti anche dal ritrovamento di numerosi manufatti in pietra verde (accette, oggetti di ornamento, scalpelli) che provengono dalla Corsica, dalla Toscana e dall’area ligure-piemontese, in quest’ultimo caso probabilmente arrivate sull’Isola tramite la Cultura della Ceramica Lineare (ZAMAGNI 2007).

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Anche nell’industria litica scheggiata (SERRADIMIGNI 2007) sono presenti materie prime di provenienza esotica,quali la selce e l’ossidiana, quest’ultima di provenienza prevalentemente sarda, che venivano portate a Cala Giovanna già sotto forma di supporti; infatti di tali materiali sono completamente assenti sia gli scarti di lavorazione che i nuclei (SERRADIMIGNI 2007).In generale, «L’attività di scheggiatura non era, quindi, molto sviluppata, ad esclusione di quella su quarzo (di provenienza circumlocale, come il diaspro e forse la quarzite, probabilmente dalla vicina Isola d’Elba) che, come indicato dal numero degli scarti di lavorazione e dalla presenza di nuclei, veniva effettuata direttamente in situ.» (SERRADIMIGNI 2007:117)

Sulla base dei dati finora descritti, unitamente all’alta percentuale di manufatti in conchiglia che non trova riscontro con i villaggi stabili del Neolitico antico e medio (TOZZI 2007), si può ipotizzare che l’insediamento di Cala Giovanna Piano fosse utilizzato come una base o una specie di emporio in cui confluivano gruppi di provenienze diverse che svolgevano attività di acquisizione e di ridistribuzione di prodotti finiti e di materie prime nell’ambito dell’area tirrenica.

L’ipotesi che non si trattasse di un insediamento stabile è rafforzata dalle stesse caratteristiche geografiche dell’area, che intorno a 5000 anni a.C. dovevano essere molto diverse da quelle attuali: il sito infatti, con un livello marino più basso di 4-5 m, si trovava a circa 8-9 m di quota, su una bassa sella che congiunge il promontorio su cui si apre la Grotta Giovanna al resto dell’isola (BOSCHIAN 2007). La mancanza di una protezione naturale rendeva il sito assai esposto ai venti ed è quindi probabile che fosse più adatto come zona di approdo temporaneo (TOZZI 2007). Questa ipotesi sembra spiegare la semplicità delle strutture insediative e l’accumulo modesto di materiali antropici nel livello archeologico.

Lo studio del periodo di raccolta dei molluschi marini (COLONESE et al. 2007) indica inoltre una raccolta concentrata prevalentemente nei mesi autunnali e invernali. Se il periodo di raccolta corrisponde all’effettivo periodo di

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occupazione del sito, questo dato può essere inteso come ulteriore indizio di una occupazione stagionale (TOZZI 2007).

Posto che Cala Giovanna Piano fosse un insediamento a carattere stagionale legato alla produzione di oggetti ornamentali e di scambio in cui sono confluite nel corso del tempo diverse correnti culturali, dal Neolitico all’Età dei Metalli della vicina Grotta Giovanna fino a sepolture di età romana, rimangono tuttavia alcuni interrogativi e ipotesi che soltanto ricerche più approfondite potranno chiarire.

Se la ceramica cardiale e quella lineare testimoniano, sulla base dell’ impasto gabbroide e a sanidino e biotite, un arrivo dal continente dei gruppi culturali, i frammenti di impasto granitico, costituenti la gran parte del corpus ceramico, l’impasto gabbroide-granitico e il dacitico, definiscono invece una produzione insulare. Senza escludere del tutto la provenienza corsa e sarda di questi impasti – materie prime quali pietre verdi e ossidiana, come già detto, provengono infatti dalle due Isole – si può pensare l’Isola d’Elba come luogo di produzione delle ceramiche, dove sono presenti sia materie prime granitiche che gabbroidi. Cala Giovanna Piano potrebbe essere stata una sorta di avamposto dell’Elba dove avveniva gran parte della produzione fittile che confluiva su Pianosa. L’ipotesi purtroppo è supportata da pochissimi rinvenimenti di superficie di ceramica neolitica all’Elba ma non si esclude che l’assenza di testimonianze sia dovuta alla mancanza di indagini sistematiche e alla forte urbanizzazione dell’Isola che può aver distrutto le evidenze archeologiche.

Un’altra osservazione riguarda quello che può essere stato il “rapporto” tra l’insediamento de La Scola e Cala Giovanna Piano: in assenza di date dirette, si può collocare il sito de La Scola intorno a 5600-5500 anni a.C. in cronologia calibrata, prendendo in riferimento la cronologia de La Marmotta (FUGAZZOLA DELPINO 2002) mentre le datazioni di Cala Giovanna Piano indicano un arco di tempo fra 5300 e 4500 a.C. in cronologia calibrata (COLOMBO,TOZZI 2007).

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Considerando che intorno ai 5000 anni a.C. in cronologia calibrata il livello del mare più basso di 8 m rendeva possibile il collegamento tra le due isole, si può pensare che l’insediamento di Cala Giovanna Piano fosse esteso fino a La Scola, la quale è stata abbandonata con la risalita del livello marino che l’ha isolata da Pianosa; la frequentazione è invece continuata a Cala Giovanna Piano, come testimoniano le date più recenti e lo stesso materiale ceramico in cui la decorazione cardiale, molto simile a quella de La Scola, diviene più scarsa e ad essa si associano motivi riconducibili ad una fase epicardiale e alla Ceramica Lineare.

Allo stesso tempo, il sito di Cala Giovanna Piano potrebbe essere stato più esteso sia in direzione Nord, dove è presente il focolare, sia in direzione Sud dove a circa 70-80 m di distanza dall’area di scavo sono stati rinvenuti reperti neolitici: con l’innalzamento del mare, è probabile che i processi di rimozione degli apparati dunari abbiano rimosso anche parte del sito che poteva essere ubicato su essi (BOSCHIAN 2007) e asportato eventuali strutture che avrebbe potuto fornire indicazioni diverse sulla funzionalità dell’insediamento.

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