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CAP. 4 - I RISULTATI DELLA RICERCA

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Academic year: 2021

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CAP. 4 - I RISULTATI DELLA RICERCA

4.1 – GLI SCENARI

Come descritto nel precedente capitolo, la ricerca è stata impostata per indagare il consumo voluttuario, attraverso l’analisi svolta su due diverse dimensioni: consumo individuale e collettivo e consumo domestico ed extra – domestico. Questa suddivisione ha portato alla costruzione di quattro diversi scenari (consumo individuale domestico, consumo individuale extra – domestico, consumo sociale domestico e consumo sociale extra – domestico) che rappresentano l’ambiente della nostra indagine. Andremo quindi ora ad analizzare nello specifico i risultati emersi per ognuna di queste quattro situazioni di consumo.

4.1.1 – CONSUMO INDIVIDUALE DOMESTICO

 “Un uomo è a casa da solo e si appresta a cenare. Prima di cominciare a cucinare, decide di accompagnare il suo pasto con una bella bottiglia di Brunello di Montalcino (prezzo di circa 45 €)”;

 “Un uomo è da solo a casa e sta mangiando una tavoletta di cioccolato Lindt Excellence (prezzo di circa 12 €)” Il consumo individuale domestico in generale viene visto in un’ottica negativa. Non mancano coloro che ritengono che consumare un bene voluttuario in quella situazione sia sintomo di buon gusto, o di volersi premiare dopo una giornata pesante:

“decide di premiarsi con un bel rosso pregiato, in fondo a cosa serve guadagnare e lavorare tanto se poi non ci si fanno delle

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“No secondo me fa bene a mangiarla a casa, la vedo più da consumo domestico, sai magari solo il fatto di essere fuori ti porta diverse distrazioni, invece magari in casa te la gusti più e

fai vagare meglio anche i pensieri” (61, 3000 € mensili)

Nella maggior parte dei casi, però, questa situazione di consumo non viene approvata, nel senso che molti degli intervistati si sono chiesti il senso di consumare determinati beni da solo, in particolare per quanto riguarda il vino, ritenendo preferibile consumarla con degli amici, ancor meglio se tali amici se ne intendevano il giusto per riuscire a capire l’importanza di ciò che stavano consumando:

“è inutile aprire una bottiglia così se sei solo. Uno con i suoi soldi ci può fare cosa gli pare, però io se apro una bottiglia del

genere ho anche piacere che gli altri la possano assaggiare, amici che so che lo apprezzano” (42, 3000 € mensili)

“E’ uno spreco berla da solo! E’ una bottiglia che va aperta quando c’è una compagnia che sai che apprezza il vino, in un’occasione un po’ speciale, con persone che riescono ad apprezzare quello che hai stappato e che sanno che quella

bottiglia ha un certo prezzo” (42, 3000 € mensili)

“diciamo che non è proprio nelle mie corde, per me sarebbe meglio aprirla in compagnia una bottiglia del genere, però non è

che sia fuori dal mondo anche berla da solo” (64, 1300 €

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“nel senso che dovendo bere un buon vino sarebbe meglio berlo con altra gente, in modo da confrontare il palato fra tutti i

commensali” (28, 1700 € mensili)

Spesso le concezioni negative che scaturivano dalle situazioni di consumo, finivano per influenzare anche il giudizio sulla persona stessa:

“diciamo che ad impatto mi sembrerebbe una persona abbastanza asociale” (28, 1700 € mensili)

“per mangiarsi una tavoletta di cioccolato da solo ha bisogno di qualcosa per tirarsi su il morale…non so, mi fa pensare ad una

situazione in cui ci sia qualcosa che non va” (33, 2000 €

mensili)

“mi fa un po' pena, nel senso che mi pare da solo e con qualche pensiero negativo…” (33, 2000 € mensili)

“…era meglio bersela in compagnia piuttosto che da solo, la vedo una situazione triste, non è un uomo felice…se apro una bottiglia di buon vino la apro con degli amici...” (61, 3500 €

mensili)

4.1.2 – CONSUMO INDIVIDUALE EXTRA – DOMESTICO

 Un uomo è seduto al tavolo di un ristorante da solo. Al momento di ordinare chiede la carta dei vini, e dopo

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averla studiata per qualche minuto, decide di ordinare una bottiglia di Brunello di Montalcino (prezzo di circa 45 €)

 Un uomo è seduto da solo ad un bar e sta mangiando una tavoletta di cioccolato Lindt Excellence (prezzo di circa 12 €).

Questa è probabilmente la dimensione più contraddittoria tra quelle esaminate. Il fatto che quelle descritte siano situazioni che non sono comunissime nella vita di tutti i giorni, ha portato gli intervistati a farsi delle idee che sono risultate anche diametralmente opposte. Nel caso in questione ritengo che sia opportuno effettuare una distinzione tra vino e cioccolato.

Per quanto riguarda quest’ultimo, infatti, le idee sono più o meno concordi:

“innanzi tutto al bar l’italiano medio prende il caffè, e se non gli piace il caffè magari un bicchiere di vino o comunque qualcosa

di alcolico. La cioccolata è più un acquisto da donne o da ragazzi giovani…vedere un uomo di una certa età che mangia

una cioccolata da solo ad un bar di pomeriggio mi fa un po’ pensare che ci sia qualcosa che non va” (66, 8000 € mensili)

“Mi sembra che sia un uomo che ha tempo da perdere, un uomo impegnato al bar a mangiare un cioccolata non ci va (…) i nostri vecchi dicevano che al bar ci andavano persone che non erano per bene, infatti nel passato erano frequentati da persone

non per bene…le persone per bene erano a casa o a lavorare”

(66, 8000 € mensili)

“la cioccolata la vedo più adatta ad un consumo domestico piuttosto che al bar…” (66, 8000 € mensili)

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“Beh è tanta una tavoletta da solo…poi al bar…posso capire magari in casa, uno ha un momento in cui è triste e decide di tirarsi su di morale così, ma al bar di solito l’italiano prende il

caffè” (70, 1200 € mensili)

“e poi seduto ad un bar proprio non lo farei. Se mi voglio ingozzare di cioccolata me la compro e me la mangio a casa,

non in pubblico.” (49, 1700 € mensili)

Pensieri estremamente negativi, quindi. Nonostante la cioccolata descritta in questa situazioni sia sicuramente di un certo livello, le situazioni di consumo individuale vengono ancora collegate alle rinomate proprietà di antidepressivo naturale che la cioccolata possiede: viene infatti spesso e volentieri associata a situazioni in cui il soggetto protagonista ha qualche preoccupazione e cerca un modo di tirarsi su di morale.

Per quanto riguarda il vino, si possono individuare due pensieri principali per quanto riguarda il consumo extra – domestico individuale. Ci sono coloro (e sono probabilmente la maggioranza) che ritengono “strano” e “poco sensato” andare al ristorante da soli:

“La situazione come ti ho detto la valuto strana, un uomo al ristorante da solo secondo me viene sempre visto con un po’ di

sospetto” (26, 800 € mensili)

“se proprio sei da solo ti fai una bella cenetta e te la gusti a casa. Ma andare al ristorante da solo non lo capisco…” (36,

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“al ristorante da solo mi sembra un po’ da “pellegrino”, invece in casa te lo gusti di più. Al ristorante meglio essere in 2 – 3”

(64, 1300 € mensili)

“io preferisco sempre andare a cena fuori con gli amici piuttosto che da solo, se sono solo mi faccio portare una pizza a

casa” (41, 1000 € mensili)

C’è invece chi ritiene che una bottiglia importante come quella descritta sia più appropriata una cena al ristorante, dove puoi associarci anche cibi di un certo livello:

“Da solo in casa sarebbe stato ancora più sprecato secondo me, se si vuole fare una cena godereccia nonostante sia solo allora

fa bene ad andare al ristorante” (41, 1000 € mensili)

“Anch’io un bicchiere di vino durante i pasti non me lo faccio mai mancare, ma bevo il vino da poco…quello ovviamente è meglio berlo a casa, se uno vuole comprare il vino buono per

festeggiare qualcosa meglio farlo al ristorante” (70, 1200 €

mensili)

4.1.3 – CONSUMO COLLETTIVO DOMESTICO

 Un gruppo di amici è a cena insieme in casa e decidono di aprire una bella bottiglia di Brunello di Montalcino (prezzo di circa 45 €).

 Dopo una cena in casa un gruppo di amici decide di mangiare insieme una tavoletta di cioccolato Lindt Excellence (prezzo circa 12 €)

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In questo contesto emerge chiaramente qual è la sensazione che dovrebbe emergere da queste situazioni: l’amicizia, il piacere dello stare insieme e di consumare determinati prodotti con persone a te care. L’importanza della dimensione sociale, dunque, emerge prepotentemente dalle risposte degli intervistati:

“Sicuramente il proprietario della bottiglia pensa: “ci ho speso una fortuna, ma per lo meno la bevo con i miei cari amici”. Gli

altri penseranno che è un momento solenne, se si apre una bottiglia del genere.” (26, 700 € mensili)

“clima da "branco" che mi piace molto, senza donne ovviamente!! Si parla dei soliti argomenti tra uomini…calcio, donne...basta! Si fa "gruppo" insomma…” (26, 700 € mensili)

“se ho una bottiglia da 45 euro non la condivido con il primo che incontro” (26, 700 € mensili)

Il fatto di essere in compagnia ha portato gli intervistati anche a concentrarsi meno sull’aspetto del prezzo del bene, poiché nell’immaginario collettivo in un gruppo di amici una spesa del genere viene suddivisa fra tutti (la cosiddetta spesa “alla romana”), il che ha portato a considerare il prezzo in un’ottica relativa, ponendo maggiormente l’attenzione su altri aspetti emozionali come, appunto, lo stare insieme tra amici e la buona compagnia.

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 Un gruppo di amici è al ristorante. Al momento di ordinare, uno di loro chiede la carta dei vini, e dopo averla studiata insieme agli altri, decidono di ordinare una bottiglia di Brunello di Montalcino (prezzo di circa 45 €).

 Un gruppo di amici è seduto ad un bar e decidono di ordinare una tavoletta di cioccolato Lindt Excellence (prezzo circa 12 €)

Mentre nel contesto domestico, la decisione di consumare un determinato bene sembrava venir presa all’unanimità, o comunque trovandosi tutti d’accordo, nel contesto extra – domestico è risultato più volte che fosse una persona sola, o anche più di una ma non tutte insieme, a decidere cosa consumare, mentre gli altri si adeguavano di conseguenza.

“Secondo me qualcuno che è appassionato ha lanciato l’idea perché conosce quel vino, mentre gli altri lo seguono per fare un

po’ gli splendidi.” (40, 1600 € mensili)

“per me qualcuno starà buttando via i soldi, magari non riesce nemmeno a distinguere un Brunello da un Ronco” (40, 1600 €

mensili)

Interessante anche come qualcuno associ colui che sceglie la bottiglia in questione al leader del gruppo:

“facile che chi l'ha comprata sia anche il "leader" riconosciuto del gruppo (…) comprare una bottiglia così cara aumenta di gran lunga l'influenza del leader sugli altri membri del gruppo, che lo vedrebbero oltretutto come una specie di "dono". Inoltre comprare una bottiglia da 45 euro per suggellare un'occasione è

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un gesto di una persona con particolare personalità, e generalmente il leader è la persona più carismatica del gruppo”

(26, 700 € mensili)

In generale, comunque, anche in questa situazione è stato spesso sottolineato l’importanza dello stare insieme con gli amici, facendo risaltare situazioni di particolare intimità e complicità, sottolineando anche come in situazioni di questo genere si può fare un’eccezione alla regola e non badare a spese per una volta:

“Sensazioni positive, di allegria, di amicizia nel gruppo…” (28, 1700 € mensili)

“Sono persone felici, che si vogliono divertire con moderazione, a cui piace vivere la vita con dolcezza e sobrietà” (28, 1700 €

mensili)

4.2 – MANIPOLAZIONE DEL CONTESTO

4.2.1 – SOCIALE vs INDIVIDUALE

La disamina di questi due contesti ha portato a risultati ampiamente preventivati da quanto detto nel secondo capitolo. Il consumo sociale va rivestendo sempre una maggior importanza, soprattutto fra le nuove generazioni, che tendono ad attribuire una maggiore importanza alla sfera sensoriale e sociale del consumo voluttuario, in particolar modo per quanto riguarda il vino:

“Il fatto di voler condividere con gli amici una buona bottiglia di vino ti fa sentire parte di un gruppo elitario di persone con la

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“Emozioni positive, anche perché queste cose di solito si fanno tra veri amici e in quel caso non si bada a spese. Non c'è niente di meglio che gustarsi una bottiglia di buon vino con gli amici

più cari, ricordando magari aneddoti del passato o storielle vissute insieme” (31, 2700 € mensili)

Non sempre vale il viceversa per quanto riguarda il consumo individuale, ovvero non è sempre necessariamente visto in un’ottica negativa. Bisogna dire che nella nostra cultura non è molto radicata l’abitudine di consumare dei pasti da soli; probabilmente è un’usanza più facilmente riscontrabile tra i giovani, a causa di alcune tendenze sociali che ormai da qualche anno hanno preso piede nel nostro paese. Sto parlando dell’aumento del numero dei single, del fatto che ci si sposi sempre più tardi e che ci sia sempre meno tempo libero a disposizione.

Quando si cena da soli, quindi, si tende a mangiare qualcosa di veloce (i famosi cibi precotti che tanto successo stanno avendo appunto tra le nuove generazioni) e raramente si perde tempo a cucinare qualcosa di qualità, godendosi la cena. Si preferisce usare lo scarso tempo libero a nostra disposizione in altro modo.

“però se si è da soli non sarà mai una grande occasione, per cui meglio bere un vino che secondo me non superi i 15 euro” (28,

1700 € mensili)

“Perché magari una bottiglia di quel prezzo sarebbe bello berla in compagnia, berla da soli mi sembra sprecata” (37, 1100 €

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Ecco quindi che da contraltare a questa situazione si pongono quelle occasioni in cui si ha la possibilità di consumare pasti insieme a persone a noi care: in questo caso emergono tutte le sensazioni positive che scaturiscono dallo stare insieme, dal fare gruppo e le preoccupazioni ed i dubbi concernenti la spesa più alta della media quasi spariscono.

Bisogna quindi porre particolare attenzione alla natura “tribale” del consumo voluttuario: i significati associati al consumo di vino e cioccolato cambiano drasticamente quando si spostano da una situazione individuale ad una sociale. Qualche emozione negativa scompare (malinconia), mentre emergono nuove dimensioni positive (celebrazione, felicità).

4.2.2 – DOMESTICO vs EXTRA – DOMESTICO

Dopo aver preso in esame questi due contesti, mi sento di affermare che non scaturiscono tendenze significative nel confronto tra queste due dimensioni. Per quanto riguarda il consumo voluttuario, viene data una certa importanza al fatto che se si prende una bottiglia di vino di un certo livello, ci debbano essere abbinati anche dei cibi di un certo livello:

“Innanzi tutto va visto il contesto, ovvero il ristorante dove sei” (40, 1600 € mensili)

“se in casa hanno un ottimo cuoco che riesce ad abbinarci un’ottima cena va benissimo anche in casa, io personalmente

preferirei al ristorante” (40, 1600 € mensili)

Tutto ciò sta probabilmente a significare che non è importante tanto dove si consuma, quanto piuttosto con chi lo si fa.

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L’aspetto esperienziale del consumo voluttuario vede quindi pendere la bilancia dalla parte delle persone piuttosto che dai luoghi.

In futuro, in particolar modo tra i giovani, potrebbe essere interessante indagare in che modo i nuovi luoghi extra -domestici di consumo di vino (wine bar, enoteche) siano considerati ai fini del consumo collettivo, in particolar modo vista la tendenza diffusa tra le nuove generazioni a considerare sempre maggiormente il vino come bevanda da antipasto.

4.2.3 – IL PRODOTTO: VINO vs CIOCCOLATO

Come detto in sede di presentazione, i prodotti esaminati presentano molte caratteristiche in comune e si prestavano particolarmente bene per effettuare un confronto fra le situazioni di consumo: non soddisfano bisogni primari o essenziali (non bevi il vino perché hai sete e non mangi la cioccolata perché hai fame), producono alta gratificazione sensoriale e spesso, dopo averli consumati in quantità più alta della media, portano a sensazioni di rimorso e pentimento.

In realtà, da quanto emerso da questa indagine, ci sono ancora diversi fattori che nell’immaginario collettivo fanno apparire questi due beni con profonde differenze. Un dato su tutti: chiedendo agli intervistati di che età si immaginavano i consumatori descritti, è risultato che i consumatori di vino hanno un’età media di 42 anni, mentre quelli di cioccolato 33.

Questo perché il vino è sicuramente un bene più complesso, che richiede maggiori competenze per poterlo apprezzare pienamente; inoltre il prezzo più elevato della bottiglia descritta ha influito sulla percezione degli intervistati, nonostante, nel

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range di prezzo assoluto per ogni categoria di beni, 45 € per un vino siano molto probabilmente meno di 12 € per una cioccolata.

“Sì per me il vino è più da intenditori, il cioccolato lo vedo come un bene più semplice...” (60, 1600 € mensili)

Inoltre, sembra che manchi del tutto una cultura del buon cioccolato. Esso viene visto come un bene molto semplice, per il quale non vale la pena spendere una cifra più alta del normale, quasi a voler sostenere che il cioccolato da 1 € sia uguale a quello da 12 €.

“Se lo fa per piacere, anche lì 12 € per un cioccolato mi sembrano troppi…un bel barattolo formato famiglia di Nutella

lo vedrei più adatto!” (49, 1700 € mensili)

“Per il prezzo della tavoletta, non per altro. Il prezzo mi sembra eccessivo. Per del buon cioccolato non penso si debba spendere

per forza quella cifra” (31, 2700 € mensili)

“poi per il vino buono ci sta spendere un po’ di più, mentre penso che di cioccolata buona se ne trovi anche a meno” (41,

1000 € mensili)

“12 € son tanti per una cioccolata. Non sono tanti in assoluto, perché 12 € se li possono permettere tutti, ma io non l’ho mai vista una tavoletta così costosa. Magari è un appassionato di cioccolato e gli piace proprio quel tipo lì, però per me butta via i

soldi” (70, 1200 € mensili)

“alcune emozioni negative perché mi sembra quasi uno spreco, ripeto per me del buon cioccolato si può trovare anche ad un

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prezzo inferiore, sembra quasi un'ostentazione” (60, 1600 € mensili)

Il suo consumo viene spesso e volentieri associato alle situazioni in cui un individuo è giù di morale e voglia qualcosa per tirarsi su:

“mi sembra probabile che sia un modo per tirarsi un po’ su di morale, effettivamente la cioccolata ha questo potere” (61, 3000

€ mensili)

“Beh, mi sembra piuttosto triste come situazione…non so, penso che magari abbia qualche problema e si sfoghi nel cibo” (49,

1700 € mensili)

Inoltre il cioccolato viene visto perlopiù come un bene il cui consumo debba avvenire tra le mura domestiche, quasi a voler dimostrare che il consumo di questo bene sia qualcosa che debba essere nascosto perché giudicato negativamente:

“anche perché il cioccolato lo vedo abbastanza un bene che ha un consumo domestico perlopiù” (42, 3000 € mensili)

“al bar con una tavoletta di cioccolata non ce li vedo proprio, molto meglio in casa” (64, 1300 € mensili)

Per quanto riguarda il vino, esso è effettivamente un bene che per essere apprezzato pienamente richiede delle conoscenze specifiche superiori alla media. Alcuni degli intervistati, però, ritengono che comunque del buon vino possa essere gustato anche spendendo cifre minori:

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“il buon vino costa e se uno può permetterselo e se gli piace fa bene a comprarlo” (36, 3000 € mensili)

“per me per un vino buono puoi spendere molto meno. Magari vogliono darsi un tono” (49, 1700 € mensili)

“spendere 45 euro per bersela da solo (probabilmente non tutta...) senza un motivo particolare non ha senso” (46, 2000 €

mensili)

“Per quanto mi riguarda esagerata, potevano spendere anche meno per una bottiglia…” (49, 1700 € mensili)

“Riguardo al prezzo della bottiglia, è decisamente troppo alto. Le cose sono due: o questo vuole fare lo splendido, non ne capisce niente di vino ed ha scelto la bottiglia che costava di più

solo per far colpo, oppure se ne intende, ma a quel punto, visto che è da solo, poteva prendere anche qualcosa di meno costoso,

tanto vino buono lo trovi anche a meno” (26, 800 € mensili)

Solamente qualcuno tra gli intervistati più giovani, ha avanzato l’ipotesi di bere questa bottiglia di vino in luoghi differenti dal classico connubio casa – ristorante:

“Se proprio volevi berti una bottiglia da 45 € da solo forse sarebbe meglio un’enoteca – wine bar, accompagnata da un tagliere di salumi e formaggi tipici. Io la vedo così piuttosto che

al ristorante…a casa ancora meno” (26, 800 € mensili)

“se era solo e voleva uscire poteva andare in un wine bar, oppure un’enoteca…ma al ristorante proprio no” (36, 3000 €

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Questo sembrerebbe in parte confermare alcuni degli spunti di cui avevo parlato nel capitolo dedicato al vino, ovvero un cambiamento di tendenza nei giovani riguardo al consumo di vino, passato da essere una bevanda da pasto ad essere considerata una bevanda più complessa, a cui va dedicata maggior attenzione, grazie anche al proliferare di locali che danno maggior risalto alla dimensione sensoriale e sociale di questa bevanda.

4.3 – LE DIMENSIONI VOLUTTUARIE

4.3.1 – LUSSO

Il lusso in questo caso non si attiene alla dimensione dello sfarzo o dell’alto prezzo, quanto piuttosto al fatto di concedersi delle indulgenze verso se stessi. Nelle interviste ricorrono infatti termini quali “trattarsi bene” e “godersi la vita” che fanno intuire che in queste situazioni ci si riferisce alla sfera più intima e personale per quanto riguarda il lusso:

“probabilmente è un appassionato…quindi in questo campo vuole trattarsi bene” (33, 2000 € mensili)

“me lo immagino un appassionato di vini, mi sembra uno a cui piaccia trattarsi bene…” (48, 1200 € mensili)

“…sa godersi i piaceri della vita, è uno che si tratta bene…” (46, 6000 € mensili)

“Descritta così me lo immagino come un appassionato di cioccolata, quindi per lui è la normalità. Spendere 12 € per una

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tavoletta di cioccolato non è una questione di soldi ma è una questione di coltivare le sue passioni” (42, 1600 € mensili)

“E’ una persona a cui piace godersi la vita, che non ha problemi economici, che anche quando gli capita di mangiare da solo comunque vuole trattarsi bene (…)mi fa pensare ad una persona

a cui piace bere bene ed a cui piace godersi la vita anche in situazioni un po’ particolari come può essere la cena fuori da

solo” (41, 1000 € mensili)

“mentre qualcun altro si vuole trattar bene e potendoselo permettere, e comunque capendo quello che sta bevendo, fa

molto bene” (40, 1600 € mensili)

La questione economica quindi non viene mai tirata in ballo quindi con valenza positiva, associando un consumo di lusso all’alto prezzo della bottiglia, quanto piuttosto ad una concezione negativa di spreco, come vedremo in seguito. Questo in parte conferma quando detto in sede di descrizione del “nuovo lusso”, che è principalmente basato sulle esperienze e non sul possesso di beni.

4.3.2 – EDONISMO

Come detto in precedenza, i beni presi in esame sono accomunati dal fatto di fornire intensa gratificazione sensoriale quando consumati, quindi è abbastanza facile intuire che la dimensione edonistica gioca un ruolo molto importante:

“Sta pensando al piacere del palato, cercando la cosa che gli provoca più piacere tra quelle scritte nel menù...” (60, 1600 €

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“E’ da solo, secondo me è fuori per lavoro, ha concluso un affare importante, e si vuole godere la cena con una buona

bottiglia di vino” (41, 1000 € mensili)

“mi fa pensare ad una persona a cui piace bere bene ed a cui piace godersi la vita anche in situazioni un po’ particolari come

può essere la cena fuori da solo” (41, 1000 € mensili)

“essendo da solo, magari non ha fretta e vuole godersi appieno il momento, si beve una bottiglia da 45 €” (41, 1000 € mensili)

“essendo solo può avere anche piacere a gustare un buon bicchiere di vino” (64, 1300 € mensili)

“Il piacere di bere un buon prodotto, da solo, gustandoselo” (64, 1300 € mensili)

“una buona tavoletta di cioccolato è sempre un piacere per il palato” (64, 1300 € mensili)

Come si può notare, termini quali “piacere per il palato” e “gusto” ricorrono spesso. La dimensione edonistica risulta quindi molto sviluppata in questi contesti di consumo e molto spesso infatti viene anche utilizzata per giustificare la spesa superiore alla media.

4.3.3 – CONSPICUOUSNESS

Voler apparire “migliori” di quello che in realtà si è, soprattutto se in realtà di vino o di cioccolato non se ne intendono per niente. E’ questo il senso di quanto emerso dalle interviste,

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soprattutto (per non dire esclusivamente) in situazioni di consumo extra – domestico:

“visto che è al ristorante da solo, magari sceglie quella bottiglia per darsi un tono…” (26, 1500 € mensili)

“alcune emozioni negative perché mi sembra quasi uno spreco, ripeto per me del buon cioccolato si può trovare anche ad un

prezzo inferiore, sembra quasi un'ostentazione” (60, 1600 € mensili)

“come ho detto mi sembra quasi un'ostentazione...sicuramente sono persone a cui piace il cioccolato, ma la scelta di consumarlo di quel prezzo in un luogo pubblico mi da

quest'idea...“ (60, 1600 € mensili)

“se nessuno se ne intende, la vedo più come un’ostentazione, magari è un locale affollato e vogliono far vedere che hanno soldi da spendere e che sono dei buongustai” (49, 1700 €

mensili)

“Molti si danno aria di intendersi di vino, ma in effetti chi si intende di vino sono in pochi. Se sottoponi due vini ad una persona, uno è un Brunello e un altro è invece un Tavernello, la

gente non se ne accorge nemmeno (…) più esibizionismo che volontà di bere un buon vino” (66, 8000 € mensili)

“Secondo me vuol fare lo splendido con qualche cameriera con cui ci sta provando da un po’…” (26, 800 € mensili)

Si riscontra quindi facilmente il desiderio di apparire o più esperti di quello che in realtà si è, o con più soldi di quelli che in

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realtà si hanno. E’ quindi pacifico che tale ostentazione debba essere messa in atto in un luogo pubblico, dove ci sono altre persone a cui poter far riscontrare questo comportamento. Inoltre, nella maggior parte dei casi, oltre alla dimensione extra – domestica viene associato il consumo individuale. Questo desiderio di ostentare, infatti, viene anche spesso immaginato come giustificazione per una cena fuori o per del tempo passato al bar da soli, mentre quando si è in compagnia sembra che prevalga la volontà di stare insieme e di godersi il momento tra amici.

Nella dimensione domestica, invece, non si avverte il bisogno di dimostrare niente a nessuno: ovviamente quando si è da soli non c’è nessuno con cui poter ostentare, mentre quando si è tra amici sembra quasi che non se ne senta il bisogno.

4.3.4 – SPRECO

La dimensione negativa dello spreco è probabilmente quella che emerge con maggior risalto dalle interviste effettuate. In un certo senso, è anche la più semplicistica: è facile effettuare il connubio alto prezzo – spreco di denaro, è probabilmente la prima cosa che viene in mente quando si viene sottoposti a domande del genere. Cerchiamo quindi di entrare un po’ più nello specifico di questa dimensione:

“Diciamo che secondo me, è una scelta esagerata, nel senso che si dovrebbe optare per un vino dai costi più contenuti per essere un vino da tutti i giorni, se invece lo si vuole intendere per una

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“Penso che anche se abbia dei problemi, la spesa è eccessiva…12 € per un cioccolato son veramente troppi!!” (28,

1450 € mensili)

“La valuto comprensibile, se è una specie di festeggiamento, gratificazione. Uno spreco se è un pranzo normale, abitudinario,

quel prezzo non lo spenderei per un vino.” (46, 2000 € mensili)

“Se è un’occasione particolare fanno bene, se è la normalità vuol dire che guadagnano abbastanza da poterselo permettere…e se non guadagnassero tanto la riterrei un po’

esagerata come scelta” (42, 1600 € mensili)

“La ritengo una cosa assolutamente fuori dal normale, un uomo non compra mai una tavoletta di cioccolato da 12 €…” (66,

8000 € mensili)

“non fosse un evento particolare ritengo che spendano una cifra esagerata” (70, 1200 € mensili)

“negative perché tutti quei soldi per una bottiglia di vino, che poi magari se sono anche tanti gli viene meno di un bicchiere a

testa, mi sembrano uno spreco.” (70, 1200 € mensili)

“Il prezzo mi sembra eccessivo per una tavoletta, inoltre è raro vedere delle persone che mangiano un’intera tavoletta di

cioccolato al bar” (26, 800 € mensili)

Emerge chiaramente che la dimensione dello spreco è strettamente collegata alla sfera della quotidianità; ovvero, se la spesa più alta della media è dovuta ad un’occasione particolare, appare giustificabile fare uno strappo alla regola (come vedremo

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più chiaramente nell’ultimo paragrafo di questo capitolo). Se invece tali consumi rientrano nella quotidianità di una persona, qui si entra nella sfera dello spreco più puro e semplice, che non trova giustificazione da parte degli intervistati se non immaginandosi una solidissima base economica.

4.3.5 – LE DIMENSIONI MANCANTI: ARISTOCRAZIA E MORALITA’

Nelle interviste effettuate, ritengo che queste due dimensioni del consumo voluttuario non siano riuscite ad emergere in nessun contesto.

L’unico caso in cui mi è sembrato adeguato associare un’affermazione al concetto di aristocrazia è questo:

“Se prendi roba di livello gli dai attenzione, non è detto che si parli di massimi sistemi, ma non fai casino e basta. Parli, fai conversazione, ma con attenzione a quello che mangi e bevi, senza eccedere nello sparare cavolate o nel fare troppo casino.

Alla fine di solito gli argomenti si adeguano…” (46, 6000 € mensili)

In questo caso, però, si tratta più di aristocrazia intellettuale piuttosto che di aristocrazia economica o sociale. Il che appare giustificabile, poiché il concetto di aristocrazia presente nell’immaginario collettivo sta gradualmente scomparendo. La maggior parte di noi associa il concetto di aristocrazia alle grandi casate nobili del passato, vestiti, palazzi e oggetti eccessivi nel loro sfarzo. Questo concetto oggi non esiste praticamente più, coloro che possiedono un titolo nobiliare non cercano di differenziare il loro status sociale attraverso il possesso di oggetti. In particolar modo nel campo enogastronomico, il

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concetto di aristocrazia è scomparso da tempo. Nonostante vino e cioccolato nel passato sono stati beni che venivano facilmente associati alle classi sociali più alte, oggi è difficile pensare ad un cibo o ad un bevanda da associare esclusivamente all’aristocrazia moderna. La globalizzazione, anche in questo campo, ci permette oggi di avere a disposizione cibi e bevande che fino a qualche anno fa conoscevamo solo per sentito dire.

Per quanto riguarda la moralità, essa poteva essere facilmente confusa con la dimensione dello spreco. Ritengo però che questi due dimensioni si differenzino a livello concettuale, con lo spreco che riguarda maggiormente la sfera economica, mentre la moralità si riflette nella sfera etica (un buon esempio potrebbe essere stato: “è uno spreco spendere tutti quei soldi per una bottiglia di vino pensando a tutte quelle persone che non hanno nemmeno l’acqua da bere”). Nelle interviste però non ho riscontrato niente che mi potesse far pensare a questo, probabilmente influenzati dal fatto che i prezzi proposti non erano assolutamente al top della categoria, ma solamente più alti della media.

4.4 – TEMATICHE EMERGENTI: L’EVENTO, LA CELEBRAZIONE DI UN’OCCASIONE SPECIALE E LA MALINCONIA

Spesso gli intervistati giustificavano la spesa più alta della media con la volontà di festeggiare un’occasione particolare (compleanni, rimpatriate, promozioni, ecc):

“Pensano magari di festeggiare quest’occasione per cui si sono ritrovati insieme, in cui si usano magari delle bevande

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“Secondo me stanno festeggiando qualcosa, è un’occasione particolare…” (42, 1600 € mensili)

“Beh staranno pensando di festeggiare qualcosa…una rimpatriata come una ricorrenza” (31, 2700 € mensili)

“E’ alto per una tavoletta, ma come ho detto la vedo come un occasione particolare in cui ci si può concedere qualche strappo alla regola. Alla fine 12 € sono alla portata di tutti” (48, 1200 €

mensili)

“La prima cosa che mi viene in mente è che c'è qualche evento particolare che merita di aprire una bottiglia di quello buono…”

(33, 2000 € mensili)

“magari quella cifra per una normale cena potrebbe essere eccessiva, ma se è una ricorrenza e se tutte le persone sono lavoratori…ecco diciamo che da come lo immagino dovrebbe essere un’occasione particolare per quell’acquisto.” (28, 1450 €

mensili)

“La valuto comprensibile, se è una specie di festeggiamento, gratificazione. Uno spreco se è un pranzo normale, abitudinario, quel prezzo non lo spenderei per un vino.” (46, 2000 € mensili)

Come si può notare, il vino viene citato molto più spesso in queste occasioni rispetto al cioccolato. Probabilmente ciò è dovuto innanzi tutto al prezzo più alto, inoltre il vino viene associato molto più facilmente alla cena, anche al ristorante, che è una tipica situazione di festeggiamento.

Probabilmente non ho scelto nemmeno la marca più adatta di cioccolato per essere associata al concetto di celebrazione. In un’intervista al proprietario di un’enoteca, chiedendogli quali

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erano secondo lui le marche di cioccolato adatte per festeggiare qualcosa, mi ha risposto:

Amedei, o anche De Bondt. Innanzi tutto costano molto di più, specialmente le praline di Amedei, costano 4 – 5 volte quello che

può costare una barretta normale. E poi, come tutti i prodotti che sono al top della categoria, non troverai mai le pubblicità della Amedei, o del Brunello di Montalcino per dire, in tv o sui giornali. Solo sulle riviste specializzate. Quindi se uno compra quei prodotti vuol dire che se ne intende, che si interessa del

prodotto.” (42, 3000 € mensili)

Il prezzo elevato di queste marche probabilmente non le rendevano adatte per effettuare questo tipo di indagine sul consumo voluttuario, ma vista anche la vicinanza geografica con queste aziende (la De Bondt ha sede legale a Visignano, la Amedei a Pontedera) le rendono molto appetibili come basi per future indagini.

Per quanto riguarda la malinconia, essa è spesso associata al pensiero di essere indulgenti verso se stessi: i soggetti decidono di farsi un regalo per combattere uno stato d’animo negativo, come la depressione, la frustrazione scaturenti da esperienze negative o fallimenti. E’ importante notare che questa dimensione è associata esclusivamente al consumo individuale:

Emozioni negative, tristezza….te l’ho detto, me lo immagino sconsolato che rimugina sui suoi problemi mentre si ingozza di

cioccolato (28, 1450€)

Sensazioni negative, nel senso che dovendo bere un buon vino sarebbe meglio berlo con altra gente, in modo da confrontare il

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palato fra tutti i commensali, per cui la interpreto come una scena un po' malinconica (28, 1700€)

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