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2. STATO DELL’ARTE 2.1. La ricerca scientifica

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2. STATO DELL’ARTE

2.1. La ricerca scientifica

2.1.1. Il fenomeno fisico

Il fenomeno fisico che sta alla base del funzionamento del Bernoulli gripper è regolato, appunto, dal Principio di Bernoulli applicato al caso specifico di efflusso radiale attraverso un sottile meato fra due superfici.

Figura 2.1. rappresentazione schematica di un gripper di Bernoulli (senza deflettore) con visualizzazione dell’andamento qualitativo della presione ed indicazione dei parametri geometrici

[3].

Numerosi studi, a carattere soprattutto sperimentale, sono stati condotti negli anni sull’argomento. La trattazione teorica del fenomeno muove solitamente dal Principio di Bernoulli e dalla conservazione della quantità di moto. Per un fluido incomprimibile in moto stazionario isotermo adiabatico in regime laminare [23] l’Equazione di Bernoulli può essere scritta come segue (2.1):

t f gz u p r r cos 2 2 (2.1),

Con riferimento alla Fig. 2.1 per i simboli e dove p = pressione del fluido [Pa]; ρ = densità del fluido[kg/m3]; g = accelerazione di gravità (pari a 9.81 m/s2); u = velocità del fluido [m/s]; z = quota [m] in corrispondenza del raggio r; f = perdite per attrito.

La pressione nel meato in funzione del raggio r risulta allora essere (trascurando le perdite ed il termine di energia potanziale):

(2)

2 3 2 2 2 3 1 1 2 2 h r r Q p p (2.2).

Le formule ottenute vengono, in alcuni casi, debitamente corrette, spesso tramite l’uso di coefficienti di derivazione empirica, per tener conto del comportamento reale del fluido in esame, spesso lontano dalle ipotesi semplificative iniziali.

Nel 1956 Welanetz (et al.) [41] ha indagato, attraverso l’analisi dimensionale e ripetute prove sperimentali, l’influenza dei parametri geometrici dell’attrezzatura sull’andamento della pressione e quindi della forza (attrattiva o repulsiva, a seconda delle condizioni di utilizzo) sviluppata dal fluido nel suo efflusso radiale fra due dischi. Particolare attenzione viene data, in tale studio, alle perdite di carico. Con riferimento alla Fig. 2.22 per il significato dei simboli, l’andamento della pressione è descritto dall’equazione (2.3):

3 1 5 1 2 2 3 3 2 3 2 0 1 1 2 2 1 1 1 2 1 1 r r h f r flh r r r h f r r p p p p a a (2.3).

In Fig 2.2. è mostrata l’attrezzatura utilizzata per gli esperimenti.

Figura 2.2. Schema dell’attrezzatura utilizzata nelle prove sperimentali da Welanetz (et al.) [41] I risultati, sia teorici che sperimentali, vengono forniti in forma adimensionale, come mostrato in Fig 3.3. Il fluido di prova è aria a temperatura ambiente, considerato incomprimibile, e il moto è ovunque subsonico.

(3)

Figura 2.3. Andamento della forza (P) fra i due dischi in funzione del gap (h). La forza è negativa quando è repulsiva. I risultati vengono forniti in forma adimensionale:

3 1 2 3 p p r p ; 3 r h [41].

Negli anni 1962-64, P.S. Moller [20], [21] ha affrontato in maniera approfondita il problema. Nei suoi studi viene analizzato il comportamento del fluido che scorre fra due dischi relativamente vicini fra loro con moto sia laminare che turbolento e viene quindi messa in evidenza la relazione esistente fra andamento della pressione nel meato e numero di Reynolds. In Fig 4.4. lo schema dell’attrezzatura utilizzata. L’autore fa ricorso all’analisi dimensionale ed effettua due distinte trattazioni teorico-analitiche, una per flusso laminare e l’altra per flusso turbolento, del fenomeno, giungendo così, tramite anche l’utilizzo di coefficienti numerici correttivi empirici, per lo più reperiti in letteratura, a formule (2.4; 2.5) che hanno riscontro sperimentale molto buono in zone sufficientemente lontane dalla zona d’ingresso dell’aria compressa, come mostrato in Fig. 4.4. ( a) e b) ).

Figura 2.4. Schema dell’attrezzatura sperimentale utilizzata da Moller [21]. Il condotto d’ingresso dell’aria è realizzato con alta precisione ed è sufficientemente lungo per evitare fenomeni di swirling. Sono visibili i sistemi di regolazione per ottenere perfetto parallelismo fra i due dischi, le

(4)

a) b)

Figura 2.5. Confronto fra l’andamento teorico della pressione, rappresentato dalle linee continue, e i valori misurati sperimentalmente, rappresentati dai simboli. a) moto turbolento a vari valori del

gap con Re=6100 costante all’uscita, contorno della luce d’ingresso a spigolo vivo e D/d =6 (vedere Fig.5.5. per i simboli); b) moto laminare a vari valori del gap con Re=360 costante all’uscita, contorno della luce d’ingresso a spigolo vivo e D/d =6 (vedere Fig. 5.5. per i simboli)

[21].

Per valori del raggio vicini a quello del condotto d’ingresso dell’aria, la discrepanza fra i valori teorici e quelli rilevati sperimentalmente, soprattutto per alti numeri di Reynolds, è probabilmente da attribuirsi, come sostenuto da Wark et al. [40], alle pesanti semplificazioni introdotte da Moller nel calcolo delle tensioni di taglio alle pareti.

Per il moto turbolento (4000 < Re < 100.000) Moller propone la seguente espressione:

682 , 1 2 Re 1 2 007089 , 0 4 2 2 63 16 2 1 4 3 3 4 1 4 3 3 2 3 2 3 2 4 2 3 r r r h r r r h h Q p p (2.4),

dove Re uDh è il numero di Reynolds calcolato come per condotti circolari con diametro idraulico Dh = 2h e Q = portata volumica d’aria [m3/s] (per il significato degli altri simboli si veda la Fig. 2.1.).

Per il fluido in moto laminare l’equazione che fornisce l’andamento della pressione in funzione di r è invece: 4 2 2 25 9 2 2 log Re 12 2 1 2 3 2 3 2 3 10 4 2 3 r r r h r r h Q p p (2.5),

(5)

Interessante è poi lo studio del comportamento del fluido che subisce la transizione da moto turbolento a laminare pienamente sviluppato durante il suo efflusso radiale fra i due dischi, con l’individuazione del raggio e del numero di Reynolds critico in corrispondenza dei quali tale transizione avviene: il suddetto raggio (indicato con rR in Fig. 2.6) è funzione della velocità del fluido, dell’altezza del meato e di altri parametri geometrici, mentre il valore del numero di Reynolds critico (all’incirca 2000) e la sua espressione sono risultati coincidenti con quelli validi per un fluido che attraversa un condotto circolare (Fig.2.7).

Figura 2.6. Rappresentazione schematica con relativa simbologia del canale d’ingrasso e del meato [21].

a) b)

Figura 2.7. a) pressione ad un dato raggio in funzione del numero di Reynolds Re locale, con contorno della luce d’ingresso smussato, h/D=0,00194 e D/d=6 (vedere Fig.2.5 per i simboli); b)

variazione della distanza alla quale non si ha più distacco della vena fluida (“reattachment distance”) in funzione del numero di Reynolds Re, con contorno della luce d’ingresso smussato e

(6)

Figura 2.8. Relazione fra la distanza radile alla quale non si ha più distacco della vena fluida e il valore del gap (rR) [21].

Figura 2.9. Distribuzione della pressione alle pareti del meato in funzione del raggio; profilo smussato dell’angolo della luce d’ingresso, Re=5,1 x 105

e D/d=6 [21].

Viene poi analizzata l’influenza della forma della luce d’ingresso sull’andamento della pressione nel meato, con l’effettuazione di prove con contorno sia a spigolo vivo che raccordato (Fig. 2.10).

(7)

Figura 2.10. Comportamento del fluido in funzione del profilo della luce d’ingresso, che influisce in maniera determinante, in caso di moto turbolento, sul parametro rR. D/d=6, h/D=0,011 e Re=8,4 x

105 [21].

Negli esperimenti si utilizza aria, considerata incomprimibile, in regime ampiamente subsonico. Si noti che, essendo state tali analisi condotte nell’ambito dello studio dei cuscinetti a gas, l’effetto cercato è l’ottenimento di una forza repulsiva (e non attrattiva, come nel caso del Bernoulli gripper) fra le pareti del meato. Nonostante ciò, grazie all’approccio seguito da Moller, sia in ambito sperimentale che sotto l’aspetto teorico-analitico, i suddetti lavori hanno costituito e costituiscono un importante punto di riferimento.

Altri studi sono stati condotti, negli anni, con attenzione rivolta a differenti aspetti del fenomeno, come, ad esempio, la dipendenza dell’andamento della pressione dal numero di Reynolds e da alcuni parametri geometrici, come il gap di separazione fra i due dischi ed i diametri degli stessi (Wark et al., [40]) (Figg. 2.11, 2.12, 2.13).

Figura 2.11. Schema dell’attrezzatura sperimentale utilizzata da Wark et al., [40]. Sono visibili il sistema per la regolazione del gap (instrument stad) e quello per il parallelismo fra i dischi e la

(8)

Figura 2.12. Distribuzione della pressione (adimensionalizzata) in funzione del gap (secondo I). D2/D1 = 4 (vedere Fig. 2.10 per i simboli). N.B.: le linee continue sono state aggiunte

successivamente col solo scopo di facilitare la visualizzazione dell’andamento della pressione [40].

Figura 2.13. Andamento della forza (adimensionalizzata) in funzione del gap (secondo I); D2/D1 =

4 (vedere Fig.2.10 per i simboli). La forza è repulsiva quando assume valori positivi. N.B.: le linee continue sono state aggiunte successivamente col solo scopo di facilitare la visualizzazione

dell’andamento della pressione [40].

E’ stato poi indagato (Asawa et al., [1]) il comportamento di un fluido in moto esclusivamente turbolento fra due dischi paralleli, con elevatissimi gap di separazione (dell’ordine di 10 mm) e velocità di efflusso estremamente basse, rilevando un andamento della pressione qualitativamente analogo a quello ottenuto con moto laminare, ma quantitativamente differente da esso a causa della differente influenza delle perdite di carico e del diverso profilo di velocità nel condotto (Figg. 2.14, 2.15, 2.16).

(9)

Figura 2.14. Schema dell’attrezzatura sperimentale utilizzata da Asawa et al., [1].

Figura 2.15. Andamento della pressione in funzione del raggio secondo Asawa et al., [1]. Le prove sono state condotte per diversi valori del gap (h/D) e, conseguentemente, a diversi valori del numero di Reynolds, ma sempre in regime ampiamente turbolento. L’andamento della pressione

(10)

Figura 2.16. Profilo della velocità nel meato e diversi valori del raggio. In corrispondenza del valore di r/D = 0,286 vengono mostrati i valori rilevati sperimentalmente per diversi numeri di Reynolds. Il profilo della velocità risulta, nel caso di moto comunque ampiamente turbolento, poco influenzato da Re, e tende ad approssimare quello parabolico al crescere di r (e quindi al diminuire

della velocità) [1].

Interessante è poi la formula (2.6) proposta per il calcolo del valore della pressione di ristagno (vedere Fig. 2.1), indicata con p0, in funzione del gap di separazione fra i dischi:

2 3 3 2 1 0 2 894 . 58 2 933 , 7 466 , 0 2 1 r h r h u p (2.6),

con chiaro significato dei simboli in riferimento alla Fig. 2.1.

Figura 2.17. Andamento della pressione di ristagno p0 al variare del gap h [1]. L’andamento è

(11)

Studi più recenti (Waltham et al., [39]) hanno affrontato in maniera più approfondita e completa il problema, riproducendo con buona accuratezza il fenomeno in condizioni sperimentali molto vicine a quelle reali riscontrabili nelle applicazioni pratiche. Il fluido (aria), che attraversa il meato in moto turbolento, è considerato sia comprimibile (2.7) che incomprimibile (2.8):

1 3 3 2 3 1 3 2 3 1 4 1 p p p u p p h f r dr u dp (2.7) h f r dr u dp 4 1 2 (2.8),

dove κ è posto pari ad 1 per trasformazione isoterma o ad 1,4 in caso di trasformazione adiabatica. Per la stima del friction factor f viene utilizzata l’espressione:

8 , 0 Re 64 , 0 log 0 , 2 1 10 f f Dh (2.9), dove h D uD h Re (2.10) e h Dh 2 (2.11).

Figura 2.18. Attrezzatura sperimentale utilizzata da Waltham et al., [39]. I dischi sono realizzati in plexiglass. Il disco inferiore è libero e il gap è, conseguentemente, soggetto ad autoregolazione. Le

prove sono state effettuate agganciando al disco inferiore diversi pesi (i dati geometrici dell’attrezzatura sono riportati in Fig.2.19).

(12)

Figura 2.19. Schema del gripper utilizzato nelle prove sperimentali da Waltham et al., [39], con indicazione della posizione dei punti di misurazione della pressione e dei dati geometrici

dell’attrezzatura utilizzata.

Figura 2.20. Elemento infinitesimo di aria in moto radiale fra due dischi, con relative azioni di forza [39].

Grazie anche ad una buona stima delle perdite di carico, le formule ottenute mostrano un discreto accordo con i dati sperimentali, come si evince dalla Fig. 2.22.

Figura 21. Andamento del friction factor f in funzione del numero di Reynolds, Re, con indicazione del punto di transizione laminare-turbolento, che si ha per valori di Re compresi fra 2000 e 3000

(13)

Figura 2.22. Confronto fra andamento teorico della pressione secondo Waltham et al., [39] (in condizioni di fluido incomprimibile, isotermo ed adiabatico) con i valori sperimentali rilevati. Un lavoro del 2009 [30] (Roura et al.) ha analizzato il comportamento di un fluido viscoso incomprimibile, nella fattispecie acqua, che scorre con moto radiale laminare fra due dischi paralleli. Viene evidenziato come l’andamento della pressione nel meato sia dato dal contributo di due termini, uno inerziale (ricavabile dall’Equazione di Bernoulli) ed uno viscoso (Figg. 2.23, 2.24).

La formula proposta è la seguente:

r r h Q r r h Q r p r p 2 2 3 3 3 2 2 2 3 ln 6 1 1 140 27 ) ( ) ( (2.12)

dove η è la viscosità dinamica [Pa s] del fluido.

Figura 2.23. Andamento della pressione in funzione del raggio secondo Roura et al. [30]: confronto fra i dati ricavati sperimentalmente, contrassegnati dai simboli, e quelli teorici,

(14)

rappresentati dalle linee: le maggiori differenze si riscontrano per piccoli raggi ed elevati valori della portata.

Figura 2.24. In figura sono evidenziati i contributi all’andamento della pressione apportato dal termine viscoso e da quello inerziale (effetto Bernoulli).

Il valore della pressione dipende dal prevalere dell’uno o dell’altro termine.

E’ interessante notare come per gap estremamente piccoli il comportamento dell’aria si avvicini a quello di un fluido viscoso, con la conseguenza che le azioni di taglio, contrariamente a quanto succede per meati maggiori, prevalgono su quelle inerziali e la pressione, assumendo valori positivi, genera forze di repulsione fra i due dischi.

Gli studi effettuati finora e sopra brevemente descritti hanno proposto, di volta in volta, formule teoriche o empiriche più o meno valide solo per particolari configurazioni del B.G.. Manca, dunque, una trattazione completa del fenomeno che fornisca modelli fisici previsionali validi in ogni condizione d’utilizzo.

2.2.2. Sperimentazioni ed applicazioni pratiche

L’impulso allo studio del flusso radiale di aria fra due superfici è stato inizialmente dato dalla necessità di ottenere separazione fra le due superfici stesse, come ad esempio nei cuscinetti a gas. Nella trattazione teorica del fenomeno si è notato che il moto del fluido, in determinate condizioni, poteva dar luogo a zone in depressione rispetto all’ambiente esterno e quindi generare forze di attrazione fra le due pareti del meato, tenute comunque separate da un cuscinetto d’aria. Si è intuito allora di poter afferrare degli oggetti senza contatto fisico fra gli stessi ed il gripper, investendoli in maniera opportuna con un getto di aria compressa.

La spinta ad approfondire tale risvolto pratico è stata fornita soprattutto dalla necessità di manipolare assai delicati wafer di silicio senza toccarli, onde scongiurarne il danneggiamento, e senza contaminarli, in modo da non pregiudicarne la funzionalità.

Alla fine degli anni ’60 ([B.1], [B.2]) sono comparsi i primi brevetti di apparati dedicati alla movimentazione di wafer di silicio tramite sfruttamento del Principio di Bernoulli. In tali sistemi l’aria veniva proiettata contro la superficie del pezzo da manipolare attraverso più condotti di ridotte dimensioni, dotati in genere di una certa inclinazione al fine di assicurare un efflusso effettivamente radiale, e ridurre sia le perdite che la forza di repulsione dovuta all’impatto del fluido contro il pezzo.

(15)

Figura 2.25. Dispositivo brevettato da Olsson et al. Nel 1969 [B.1]. L’aria fuoriesce da un’apertura a forma di corona circolare ed il gripper è dotato di risvolti perimetrali per impedire

(16)

a) b)

c)

Figura 2.26. Brevetto di Logue [B.2]. Si noti come all’oggetto venga impresso un movimento di rotazione o direzionando l’aria in modo da conferirle un moto vorticoso, come in b), ovvero facendola fuoriuscire da un foro eccentrico, come in figura c). il pezzo afferrato ruota finché non

(17)

Sono state subito intuite le potenzialità di tale sistema di manipolazione: esplicito riferimento veniva fatto alla possibilità di sfruttare il flusso d’aria, opportunamente indirizzato, per posizionare con precisione il pezzo, ad esempio conferendogli un moto rotatorio al fine di ottenere un preciso posizionamento angolare (Fig. 2.26), o di manipolare oggetti fragili, porosi o dalla superficie delicata.

I brevetti successivi ([B.3]) hanno iniziato a prevedere l’utilizzo di un deflettore o l’impiego di altri gas, oltre all’aria (Fig. 2.27).

Figura 2.27. Pur con soluzione tecnologicamente complicata, viene previsto in questo caso l’uso di un deflettore [B.3].

Il problema della stabilità allo scorrimento laterale del pezzo veniva risolto, per quanto riguarda la manipolazione dei wafer di silicio, utilizzando opportuni fermi disposti lungo la circonferenza esterna del disco dell’end-effector. Successivamente il contenimento del moto trasversale relativo fra gripper ed oggetto afferrato è stato fatto segno di studi più approfonditi: nel brevetto di Hassan et a. ([B.4]) è stato proposto di sfruttare, per impedire o limitare il movimento laterale del pezzo, la stessa aria in moto radiale, ottenendo, tramite la realizzazione di canali opportunamente conformati e posizionati in funzione dei gradienti di pressione, forze trasversali sufficientemente alte (Fig. 2.28 e 2.29).

Figura 2.28. Brevetto di Hassan et al. [B.4]: tentativo di contenimento trasversale del pezzo afferrato.

(18)

a)

b)

Figura 2.29. Brevetto di Hassan et al. [B.4]. a) sezione del gripper. I corpi contrassegnati con i numeri 21 e 27 hanno possibilità di mutuo scorrimento. L’aria, insufflata attraverso il canale 22,

scorre radialmente ed incontra, posto a distanza R2 dall’asse, il canale 29, che è a pressione inferiore. L’aria entra allora nella porta 29 e, seguendo il percorso indicato dalle frecce, fuoriesce

dall’intercapedine anulare 25. Ciò genera una seconda zona di depressione, indicata in b) con la notazione: ”SUCTIONIN PORTS (29)”. In questo modo, variando anche opportunamente la quota

R2 e l’angolo d’inclinazione dell’asse del canale 29 rispetto all’orizzontale, si vengono a creare forze con componenti orizzontali che limitano lo scorrimento trasversale del pezzo rispetto al

gripper. Nel brevetto si mostra anche l’andamento della forza di contenimento orizzontale al variare della posizione reciproca fra i corpi 21 e 27. b) andamento della pressione nel meato

lungo il raggio R.

Altre volte la stabilità trasversale ed il preciso posizionamento del pezzo rispetto all’end-effector sono stati ricercati attraverso l’utilizzo di sorgenti di vuoto [B.5] che assicurassero, con la loro azione attrattiva, il contatto fra l’oggetto e fermi perimetrali opportunamente disposti (Fig. 2.30), ovvero tramite più getti d’aria simultanei (Fig. 2.31), [B.8] fra loro opposti, che esercitassero azione

(19)

repulsiva sulle pareti laterali del pezzo (che doveva essere quindi relativamente rigido e di spessore sufficientemente elevato).

Figura 2.30. Brevetto di Bush et al. [B.5]. tramite una sorgente di vuoto il pezzo viene spinto contro il profilo 110-111 e quindi afferato per effetto Bernoulli grazie all’aria compressa insufflata attraverso il canale 107-109. l’autore sottolinea come sia possibile afferrare un oggetto coprendo solo parzialmente la superficie di presa, e lasciando quindi la parte rimanente libera per eventuali

lavorazioni.

a) b)

Figura 2.31. Brevetto di Stevens [B.8]. a) l’aria fuoriesce dai corpi 42 (a, b, c, d), identici fra loro; b) vista laterale di uno dei corpi 42: l’aria che fuoriesce dal canale verticale 80, sfruttando l’effetto Bernoulli, è quella responsabile dell’afferraggio del pezzo, mentre il flusso che proviene dal canale

orizzontale 86 esercita azioni uguali ed opposte sull’oggetto manipolato, impedendone lo spostamento laterale. Nel brevetto vengono presentate soluzioni diverse, anche con tre getti d’aria

disposti a 120°. Uno degli inconvenienti di tale sistema è che con un gripper così conformato possono essere manipolati oggetti le cui dimensioni varino in range strettissimi.

Tali soluzioni presentavano, comunque, il non trascurabile inconveniente di risultare tecnologicamente piuttosto complicate e relativamente costose.

(20)

Negli anni si è affermata con sempre maggiore forza l’idea di estendere l’impiego del Bernoulli gripper (nelle sue molteplici varianti) alla manipolazione di oggetti di tipologie le più varie, sia per quanto riguarda i materiali che la forma [B.9]. I brevetti presentati a partire dagli anni ’80 comprendono non solo l’end-effector, ma l’intero sistema di asservimento e svariate soluzioni atte ad inserire in linee di produzione automatizzate il gripper senza contatto ([B.6], [B.7], [B.8], [B.9]). La versatilità e la possibilità di manipolare oggetti senza danneggiamenti o contaminazioni,

insieme alla possibilità d’impiego ad elevate temperature, hanno spinto ad ipotizzare soluzioni costruttive anche notevolmente complicate e sicuramente poco economiche, come, ad esempio, quella riportata in Fig. 2.33 ([B.7], [B.8]).

Figura 2.32. Esempio schematico di sistema di presa con gripper Bernoulli, completo di sistema di asservimento dell’aria [B.6].

a) b)

Figura 33. Esempio di brevetto riguardante, oltre all’end-effector basato sul principio di Bernoulli, l’intero sistema di movimentazione. Le figure si riferiscono ad un apparato in grado di

afferrare e movimentare wafer di silicio durante le operazioni di drogaggio degli stessi, inserendoli, grazie al sistema articolato visibile in a), negli appositi forni, indicati con i numeri 29

e 31 in a). Il gripper, il cui complessivo esploso è riportato in b), è costituito da una paletta sulla quale sono praticati piccoli fori dai quali fuoriesce l’aria compressa, conformati in maniera tale da

conferirle moto prevalentemente radiale. Si può notare subito l’alto grado di complessità dell’intero sistema [B.7].

Negli anni ’90 i potenziali campi d’impiego del gripper senza contatto basato sul principio di Bernoulli si sono ulteriormente ampliati. Numerosi sono stati gli studi mirati a definire i possibili ambiti di utilizzo del sistema, tramite il confronto con altre tecniche di manipolazione ([17], [32], [33]), l’individuazione di caratteristiche, vantaggi e problematiche propri del B.G.(Fig. 2.34), l’indicazione di metodologie di scelta fra diverse soluzioni e criteri di progettazione (Fig. 2.35) ([13], [31]).

(21)

a) b)

Figura 2.34. a) linee guida per l’impostazione dei parametri di un gripper Bernoulli a seconda delle caratteristiche meccaniche del materiale manipolato; b) procedura di selezione e progettazione per un “non contact end-effector” in base al tipo di materiale manipolato [13].

Figura 2.35. Classificazione dei sistemi industriali di manipolazione automatizzata di materiali flessibili, basata sulla loro forma [31].

Sono state valutate le possibilità d’inserimento del gripper di Bernoulli nelle linee di produzione automatizzate, ipotizzando l’uso di sensori e sistemi di visione per il preciso posizionamento e l’afferraggio degli oggetti ([13], [17], [31]) e la realizzazione di gripper compositi ottenuti grazie all’unione di più tecnologie che agiscano simultaneamente (ad esempio criogenica, magnetica, vuoto) [22].

Molti sono gli studi riguardanti specifiche applicazioni.

Il B.G. è stato testato nella manipolazione di alimenti: il sistema risulta particolarmente adatto a tale scopo. Sono stati condotti test per valutare l’efficienza del gripper di Bernoulli su vari prodotti alimentari, con risultati soddisfacenti [29, I.13]. La velocità di movimentazione è notevole, soprattutto se paragonata a quella del metodo manuale, l’unico finora impiegato. Con un buon sistema di filtraggio dell’aria compressa si raggiungono notevoli livelli di igiene ed asetticità; il sistema è stato sperimentato anche per la movimentazione di prodotti surgelati, a temperature di -5° C [5].

(22)

Figura 2.36. Il grafico mostra la forza di sollevamento (linee continue) generata da due diversi gripper testati da Davis et al [8], uno dotato di un deflettore del diametro di 6 mm e l’altro di uno

di diametro pari a 10 mm, in funzione della portata d’aria. Le linee tratteggiate rappresentano l’andamento teorico delle forze di sollevamento. Le differenze rilevate, marcate per valori della

portata superiori a circa 130 l/min, sono probabilmente da attribuirsi alla particolare

configurazione del gripper (visibile in Fig. 2.39 e 2. 63), dotato di risalti radiali e fermi perimetrali relativamente estesi.

Interessanti sono gli studi condotti da Davis et al. [8] sull’impiego del B.G. nel posizionamento di fettine di pomodori e cetrioli in panini imbottiti: il gripper, dotato di deflettore per evitare il danneggiamento della delicata zona centrale dei vegetali e di fermi perimetrali per garantire un’elevata velocità di movimentazione degli stessi (Fig. 2.39e 2.63), è risultato estremamente efficace nell’asciugatura delle superfici degli ortaggi, riuscendo a raggiungere i livelli di umidità richiesti in pochi secondi, a fronte delle varie ore (almeno 2) necessarie per ottenere gli stessi risultati con i metodi tradizionali di scolatura (Tabella 1).

Figura 2.37. Schema dell’apparato per la misurazione delle forze generate dal Bernuolli gripper testato da Davis et al. [8] per la movimentazione di vegetali.

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Figura 2.38. Forze di sollevamento generate dal Bernoulli gripper testato da Davis et al. [8] per diverse configurazioni. Le forze rilevate sono massime nel caso di gripper senza deflettore e decrescono al crescere del diametro di questo. Nella specifica applicazione, comunque, l’uso del

deflettore è indispensabile per scongiurare il danneggiamento dei vegetali manipolati.

Tabella 2.1. la tabella mostra la quantità di acqua eliminata dal vegetale manipolato (“% loss of mass”) per diversi tempi di afferraggio dello stesso da parte del Bernoulli gripper (“handling

time”). Con un tempo di afferraggio di circa 2 secondi si ottiene lo stesso risultato (1,31% in perdita di peso) raggiunto lasciando scolare il vegetale manipolate per circa 2 ore.

Figura 2.39. Foto del gripper di Bernoulli utilizzato nei test da Davis et al. [8]. Sono visibili i risalti di contenimento perimetrali, il deflettore e le nervature radiali, le quali hanno lo scopo di evitare che le sostanze umide ed appiccicose presenti in genere sulla superficie dei vegetali possano

dar luogo a fenomeni adesivi, compromettendo così l’afferraggio, il distacco in fase di rilascio e l’integrità dei prodotti manipolati.

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Enorme è risultato essere, inoltre, il risparmio di tempo rispetto al confezionamento manuale dei prodotti.

Sempre nel settore dell’industria alimentare, Pattersson [27] ha proposto un sistema integrato che sfrutta il B.G. montato su un robot articolato dotato di un sistema di visione per individuare, afferrare e manipolare prodotti alimentari diversi (nella forma e nelle caratteristiche meccaniche) che giungono accatastati alla rinfusa su un nastro trasportatore di asservimento.

Figura 2.40. Rappresentazione virtuale del sistema messo a punto da Pattersson [27]. E’ evidenziato il sistema di visione per il riconoscimento degli oggetti: una volta individuato ed afferrati, i vegetali vengono posizionati su un altro nastro trasportatore per il confezionamento. Il gripper è conformato in maniera particolare, come mostrato in Fig. 2.41, in modo da assicurare un’efficace presa dell’oggetto e una sua agevole movimentazione con contatti lievi, senza perciò danneggiarlo in nessun modo.

a) b)

Figura 2.41. Particolare configurazione del gripper di Bernoulli proposto da Pattersson [27]. L’oggetto manipolato (una mela nel caso specifico) entra in contatto con degli aghi mobili che si adattano alla sua forma ( b) ) e migliorano la stabilità di presa, rendendo possibile il contenimento

del movimento laterale. Fra gli aghi e la mela viene interposta una pellicola asettica per ridurre il pericolo di danneggiamento superficiale dell’ortaggio. Il sistema garantisce l’integrità dei prodotti

(25)

Data la proprietà di afferrare oggetti senza contatto fisico e quindi senza danneggiamento, il B.G. è stato testato anche per la movimentazione di tessuti ([24], [25], [25]). Particolare importanza ha rivestito, in questo caso, la porosità dei materiali manipolati: pur mostrando buona efficienza, il comportamento dell’end-effector è risultato fortemente influenzato da tele caratteristica ([24]). Rilevante, per tale applicazione, l’aspetto della stabilità dell’oggetto durante la traslazione orizzontale, data la scarsissima rigidezza dei pezzi da manipolare. Sono stati condotti studi a tale riguardo per ovviare al problema sfruttando la deformabilità dei corpi afferrati e direzionando opportunamente getti d’aria inclinati di alcuni gradi rispetto all’orizzontale (Fig. 2.42), analizzando a tal fine la relazione fra portata erogata e velocità massima ottenibile di traslazione (Fig. 2.43) ([25], [26]),

Figura 2.42. Getto d’aria inclinato rispetto alla verticale che impatta la superficie di un tessuto, provocandone la deformazione. La variazione locale del gap non influisce sulla capacità di sollevamento e provoca una deformazione nell’oggetto con conseguente aumento della rigidezza locale e generazione di forze trasversali. Ozcelik et al. [26] ha provato a sfruttare tale fenomeno per spostare orizzontalmente il pezzo.

Figura 2.43. il grafico mostra la percentuale di successo nello spostamento orizzontale di un provino di tessuto quadrato (100 x 100 mm), per diverse velocità di spostamento e per diverse pressioni d’esercizio, nei test effettuati da Ozcelik et al. [25]. Le maggiori percentuali di successo, fra il 70% e il 100%, si hanno per pressioni comprese fra 1,8 e 2, 6 [1 x 104 kg/m2] e sono risultate

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ovvero ricorrendo all’utilizzo di appositi stopper verticali laterali che non hanno arrecato (dopo esame visivo) danni al tessuto (Fig. 2.44).

Figura 2.44. Gripper multiplo per la manipolazione dei tessuti testato da Ozcelik et al. [24] dotato di stopper verticali per la stabilità trasversale. Gli stopper hanno la sola funzione di evitare la mutua traslazione orizzontale fra pezzo e gripper durante lo spostamento e non esercitano alcuna

forza di sollevamento. In seguito ad esame visivo non sono stati rilevati danneggiamenti sulla superficie del pezzo.

La possibilità di scongiurare il danneggiamento delle superfici dei pezzi manipolati ha spinto a condurre esperimenti sull’utilizzo del gripper anche per l’afferraggio e la movimentazione di pelli, al fine di automatizzare numerose operazioni di conceria ([3], [11]).

Figura 2.45. Schema dell’attrezzatura utilizzata da Brando [3]. I provini di pelle vengono assicurati ad un supporto rigido e collegati ad una cella di carico. Il Bernoulli gripper è afferrato

da un robot SCARA che assicura precisione nel posizionamento e nella regolazione del gap. La cella di carico rileva la forza applicata ed invia i dati ad un PC per l’elaborazione.

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Analogamente ai tessuti, anche in questo caso la porosità e la ridottissima rigidezza del materiale sono stati i principali problemi da affrontare, oltre, naturalmente, alla stabilità trasversale dei pezzi. In conformità a quanto già visto nel caso dell’industria alimentare, l’uso del deflettore, riducendo l’impatto del getto d’aria sulla pelle, ha consentito di afferrare oggetti delicatissimi senza danneggiamento superficiale. Sono stati testati gripper con diverse configurazioni (Fig. 2.46)

Figura 2.46. I gripper utilizzati da Dini et al. [11] nelle prove per l’afferraggio delle pelli. Sono state testate diverse configurazioni, senza deflettore o con deflettore di diversi diametri. I gripper

indicati con G3.1 E G3.2 presentano un profilo particolare del piattello, meglio descritto in Fig. 2.48.

e su pelli dalle caratteristiche diverse (Fig. 2.47)

Figura 2.47. Caratteristiche superficiali delle pelli utilizzate per i test da Dini et al. [11].

E’ stato progettato e realizzato un gripper con il disco conformato come in figura,

Figura 2.48. Sezione del gripper indicato con G3.1 E G3.2 in Fig. 2.46: sul piattello sono ricavati canali aventi il profilo rappresentato, di larghezza pari a 3 mm, come visibile in figura, e disposti a

raggiera. Tale configurazione è stata studiata per cercare di massimizzare l’effetto Bernoulli [11]. in modo da favorire l’aumento di pressione e quindi la forza di presa generata.

(28)

Sia nel caso della manipolazione di tessuti che di pelli, gli oggetti da afferrare sono sovente accatastati l’uno sull’altro ed uno dei problemi riscontrati è stato quello di riuscire a separarli per poterli movimentare tramite l’impiego del solo non-contact gripper. Inoltre, è stato notato che spesso il getto d’aria compressa dava luogo, durante l’afferraggio, a rilevanti fenomeni vibratori di tali manufatti, con conseguente notevolissimo aumento della rumorosità e decadimento dell’efficienza di presa. Infine, l’andamento della forza in funzione del gap è risultato differente a seconda della rigidezza e della porosità del materiale afferrato, come visibile in Figg. 2.49 e 2.50.

Provino di pelle - Portata nominale 250 l/min

-60,0 -55,0 -50,0 -45,0 -40,0 -35,0 -30,0 -25,0 -20,0 -15,0 -10,0 -5,0 0,0 5,0 10,0 0,5 1 1,5 Gap [mm] F or z a [N ] G ripper 1 G ripper 2 G ripper 3 G ripper 4

Figura 2.49. Il grafico riporta i valori della forza rilevati durante gli esperimenti da Brando [3] per gap di 0,5 mm, 1 mm, 1,5 mm utilizzando gripper con diametri differenti, sia del piattello che del deflettore. La portata è di 250 l/min ed il provino è di pelle. La forza, contrariamente a quanto previsto dalla teoria, cresce al crescere del gap e tale comportamento è da imputarsi alla porosità

della pelle, caratteristica il cui peso diminuisce all’aumentare della distanza fra le superfici.

Provino di plexiglass - Portata nominale 250 l/min

-10,0 -5,0 0,0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0 30,0 35,0 40,0 0,5 1 1,5 Gap [mm] F or za [N ] G ripper 1 G ripper 2 G ripper 3 G ripper 4

Figura 2.50. Il grafico riporta i valori della forza rilevati durante gli esperimenti da Brando [3] per gap di 0,5 mm, 1 mm, 1,5 mm utilizzando gripper con diametri differenti, sia del piattello che del deflettore. La portata è di 250 l/min ed il provino è di plexiglass. Coerentemente con il modello

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Numerosi test sono stati effettuati su wafer di semiconduttori manipolati con B.G.. Metodi FEM hanno consentito di stimare le deformazioni occorse ai pezzi e di sfruttare tale fenomeno per un’analisi più approfondita del flusso d’aria nel meato e per ottenere preciso posizionamento reciproco fra wafer e gripper, scongiurando il loro mutuo scorrimento (Fig. 2.51) ([4], [7]).

Figura 2.51. Deformazioni rilevate in un wafer di silicio manipolato con un Bernoulli gripper. L’utilizzo della tecnologia del B.G. è stato proposto e studiato anche per applicazioni estranee alle attività produttive e non inserite in ambito industriale.

Ad esempio, si è pensato di utilizzare l’end.effector senza contatto in campo medico, sia per la manipolazione di strumenti o supporti fragili che di tessuti od organi [31]. L’interesse del settore medico verso questo tipo di applicazione è dovuto alla capacità del B.G. di manipolare oggetti delicati senza danneggiarli, di afferrare oggetti di qualsiasi materiale, porosi o meno, rigidi o no, asciutti o umidi, con qualsiasi valore di rugosità, e di garantire il rispetto delle più rigorose norme igieniche grazie all’assenza di contaminazione e di contatto ed all’asetticità del processo di manipolazione.

Un’altra interessante applicazione del B.G. è quella proposta da Chen et al. [6]. La forza attrattiva sviluppata viene in questo caso impiegata per fare aderire ad una parete verticale le ruote di un robot, mosse da motorini elettrici (Fig. 2.52).

(30)

Grazie all’utilizzo di sensori, microcamere ed altri implementi, il robot può essere impiegato in operazioni altrimenti pericolose per l’uomo, come la pulizia di vetrate di grattacieli o l’ispezione di silos o cisterne nell’industria petrolchimica. Fra i vantaggi ottenuti, la capacità di aderire a qualsiasi tipo di parete e di pulire, durante il moto, la superficie investita dal getto di aria compressa. Ciò consente l’impiego di tale tecnologia su pareti di qualsiasi materiale, scabrose o deteriorate, in presenza di liquidi o crepe, e la fa preferire alle ventose o a sistemi magnetici o adesivi. Al di là della sua specificità, lo studio in questione fornisce una buona trattazione teorica del fenomeno, e riscontri sperimentali utili anche per altre applicazioni, come ad esempio l’analisi e l’ottimizzazione dello spigolo esterno del piattello del gripper.

Un’altra caratteristica importante del B.G. è la capacità di afferrare e trasportare oggetti anche attraverso liquidi, come ad esempio celle solari attraverso bagni di soluzioni pulenti ([I.2], [I.9]). I ricercatori che finora si sono occupati di studiare ed analizzare i sistemi basati sull’impiego del B.G. hanno in generale rivolto la loro attenzione soprattutto alle applicazioni pratiche, concentrandosi principalmente sulla valutazione delle forze sviluppate in relazione a specifici parametri, e accompagnando raramente le prove condotte con una seppur sommaria trattazione teorica del fenomeno fisico. Laddove ciò sia successo ([12], [8], [6], [3], [11]), l’analisi del comportamento reale del fluido è stata portata avanti partendo da ipotesi semplificative pesanti, come l’incomprimibilità dell’aria o l’assenza di perdite di carico, ed il funzionamento del B.G. è stato spiegato, solo sul piano concettuale e qualitativo, facendo ricorso all’Equazione di Bernoulli per fluidi incomprimibili. Ciò è in parte dovuto al fatto che nelle applicazioni per le quali il B.G. è comunemente usato, cioè per la manipolazione di oggetti di peso ridotto, ad elevata porosità e bassa rigidezza, è possibile ottimizzare le prestazioni del sistema intervenendo facilmente sulla portata o sulle dimensioni del gripper. Inoltre le relativamente modeste forze di sollevamento generate, la difficoltà di scongiurare lo scorrimento orizzontale dei pezzi manipolati, la scarsa accuratezza del posizionamento reciproco di oggetto e gripper e, in alcune condizioni, l’elevata rumorosità prodotta hanno fatto sì, alle volte, che al B.G. fossero preferiti altri sistemi di manipolazione e che la ricerca subisse una battuta d’arresto. D’altra parte, il ricorso, soprattutto negli ultimi tempi, a linee di produzione ed assemblaggio sempre più automatizzate, nelle quali il B.G. può essere inserito in maniera economica, semplice ed efficiente, la sua versatilità, i bassi costi di gestione e i grandi vantaggi derivanti dalla possibilità di manipolare oggetti senza toccarli costituiscono importanti stimoli ad uno studio approfondito di tale tecnica, volto a migliorarne le prestazioni e ad ampliarne le aree di utilizzo. Nell’ottica di estendere l’impiego di tali end-effector a più vasti campi, appare quindi opportuno un approccio più meticoloso all’analisi del fenomeno fisico che regola il comportamento di questi dispositivi, al fine di fornire modelli previsionali più accurati possibile e consentire un processo di ottimizzazione completo ed efficace.

2.3. Le applicazioni industriali

Sono a tutt’oggi disponibili in commercio alcune versioni di gripper basati sul principio di Bernoulli ([I.3], [I.4], [I.9], [I.10], [I.11]);

(31)

la loro forma è usualmente quella riportata in Fig. 2.54.

Figura 2. 54. Configurazione usuale dei Bernoulli gripper reperibili in commercio (Rexroth Bosch Group, Series NCT, [I.4]).

Figura 2.55. Diversi modelli di gripper Bernoulli reperibili in commercio con indicazione dei principali componenti (Schamlz, SBS series, [I.10]).

Tale conformazione del gripper consente di inserire il deflettore piatto, il quale conferisce moto radiale al flusso in tutta la zona utile d’afferraggio, e di limitare un eventuale contatto fra pezzo e

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gripper ai soli fermi indicati con il numero 4 in Fig. 2.55. Oltre a scongiurare sia il pericolo di adesione dell’oggetto al piattello inferiore, cosa che potrebbe comprometterne l’afferraggio, soprattutto per materiali non rigidi, sia quello di eccessivo avvicinamento fra le due superfici, con conseguente generazione di forze repulsive, tali fermi in gomma hanno la funzione di esercitare forze trasversali (variabili fra 1 N e 5 N come mostrato in Tabella 2), laddove, ovviamente, sia tollerato il contatto fra pezzo e gripper.

L’attacco dell’aria compressa può essere verticale (su 1 in Fig. 2.55) oppure orizzontale (su 2 in Fig. 2.55) a seconda della posizione di montaggio; il massimo grado di efficienza si raggiunge utilizzando l’attacco verticale 1 poiché l’attacco 2 riduce l’aderenza dell’aria compressa interna.

Figura 2.56. Andamento della velocità (sopra) e della pressione (sotto) dell’aria in condizioni di utilizzo. (Schmalz, [I.9]).

In Fig. 2.56 è visualizzato l’andamento della velocità del fluido e della pressione in condizioni d’utilizzo. La velocità decresce in direzione radiale, da 30 m/s all’uscita del deflettore (zona rossa in Fig. 2.56 - sopra) a circa 15 m/s all’uscita del gripper (zona verde in Fig. 2.56 - sopra), creando zone di depressione (in blu in Fig. 2.56 - sotto), rispetto alla pressione atmosferica, che generano forze attrattive.

Figura 2.57. Visualizzazione della velocità dell’aria in condizioni di esercizio (Schmalz, [I.9]). In Tabella 2 sono riportati i principali dati tecnici dei gripper della serie SBS della Schmalzl:

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Tabella 2.2. Dati tecnici dei gripper commerciali della Schmalz (Ventose in sospensione, Serie SBS, [I.11]). Il numero accanto alla sigla SBS nella prima colonna indica il diametro del gripper. La

pressione d’esercizio è di 5 bar.

In Fig. 2.58 sono mostrate le dimensioni e le caratteristiche geometriche di alcuni gripper attualmente disponibili in commercio:

Figura 2.58. Dimensioni e parametri geometrici dei gripper Schmalz in commercio (Ventose in sospensione, Serie SBS, [I.10]).

Il principale campo d’impiego è la manipolazione, nell’industria elettronica, di wafer di semiconduttori e componentistica che richieda particolare cautela nella presa. I B.G. vengono utilizzati anche per l’afferraggio e la manipolazione di carta, pellicole, schede di circuiti stampati, piastre conduttrici, celle solari, lamine e piallaccio di legno [I.9].

Figura 2.59. Movimentazione tramite gripper Bernoulli multipli di riallaccio di legno (Schmalz, [I.9]).

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Figura 2.60. Manipolazione di circuiti elettrici stampati tramite Bernoulli gripper (Schmalz, [I.9]). Come si evince dalle Figg. 2.61 e 2.62, il campo di impiego può essere esteso alla movimentazione di compact disc, piastre forate, all’apertura di buste ed alla separazione di fogli di carta o altro materiale.

Figura 2.61. Manipolazione di piastre forate e Compact Disc tramite Bernoulli gripper (Rexroth – Bosch Group, [I.4]).

Figura 2.62. Gripper Bernoulli utilizzati per l’operazione di apertura di buste di plastica (Rexroth – Bosch Group, [I.4]).

(35)

Altra applicazione del B.G. è l’afferraggio ed il posizionamento di pomodori o cetrioli nei panini imbottiti. L’end-effector utilizzato per tale applicazione è quello mostrato in Fig. 2.63:

Figura 2.63. Bernoulli gripper utilizzato per la manipolazione di vegetali. Le nervature e i fermi perimetrali sono disposti radicalmente per non perturbare eccessivamente l’efflusso dell’aria, qualitativamente mostrato in figura (Davis et al., [8]).

risalti radiali impediscono il contatto fra la superficie, in genere relativamente irregolare, degli ortaggi ed il piattello inferiore del gripper; il mutuo scorrimento orizzontale è scongiurato da fermi perimetrali; è presente un deflettore che impedisce il danneggiamento della superficie, in particolare della delicata zona centrale, delle verdure. In Figg. 2.64 e 2.65 è rappresentato un esempio di utilizzo in una linea di produzione reale .

Figura 2.64. Layout di una postazione per il confezionamento automatizzato di panini imbottiti. Il robot pick and place è dotato di un sistema di visione per il controllo dell’avvenuto afferraggio

delle fette di vegetali ed equipaggiato con Bernoulli gripper, ed è asservito da un nastro trasportatore sul quale gli ortaggi sono posti da una macchina affettatrice. Una volta afferrate, le

fettine vengono posizionate nei panini disposti su di un secondo nastro. Il livello di automatizzazione è estremamente elevato e non richiede la presenza di operatori se non per

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Figura 2.65. La foto mostra l’operazione di posizionamento di fettine di vegetali in panini imbottiti tramite l’utilizzo di un robot pick and place equipaggiato con Bernoulli gripper (Davis et al., [8]). E’ possibile reperire in commercio un particolare modello di non-contact end effector, il Cyclone Pad prodotto dalla SMC Corporation [I.12], mostrato in Fig. 2.66, 2.67 e 2.68.

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Figura 2.67. Schema di funzionamento del Cyclone Pad prodotto dalla SMC Corporation [I.12]. Le frecce blu indicano il percorso seguito dall’aria e quella rossa la forza attrattiva generata. Tale gripper è conformato in maniera tale da conferire all’aria che da esso fuoriesce un moto vorticoso: l’andamento della pressione è così regolato sia dal Principio di Bernoulli che dal fenomeno dei vortici rotazionali. La sovrapposizione di tali effetti consente un’efficienza assai elevata rispetto al tradizionale B.G., con un aumento di oltre il 50% della forza di attrazione generata ed una riduzione dell’aria impiegata, come si evince dai dati riportati in Tabella 3 e dalla Fig. 2.68.

Figura 2.68. In figura è illustrato qualitativamente in 3D il confronto fra gli andamenti di pressione ottenuti utilizzando un gripper Bernoulli tradizionale (Conventional SMC cyclone method, area

viola) e un Cyclone Pad (Cyclone Pad, area azzurra): quest’ultimo genera una depressione massima minore, ma interessante un volume assai maggiore di aria nel meato, con conseguente aumento della forza attrattiva generata, pari all’integrale della pressione sulla superficie attiva

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Tabella 2.3. Sono riportati i dati relativi alle prestazioni di gripper Cyclone Pad di diverso diametro. Paragonando tali dati a quelli riportati in Tabella 2, relativi a gripper Bernoulli tradizionali si nota un notevole incremento della forza attrattiva generata ed una sensibile diminuzione del consumo d’aria. La pressione di esercizio è di 0,4 MPa (Cyclone Pad, SMC

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