Ernesto Screpanti
ECONOMIA DELLA GLOBALIZZAZIONE
Schede didattiche
Dipartimento di Economia Politica e Statistica Università di Siena
2019
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lo studio dei libri di testo, lo può integrare
Libri di testo:
Krugman, Melitz e Obsfeld, Economia Internazionale, Pearson, Milano Vol I. Capp. 3, 6, 7, 8, 13
Vol II. Capp. 6, 7, 8, 10, 11
Screpanti, L’imperialismo globale e la grande crisi,
https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/110636/limperialismo- globale-e-la-grande-crisi/
oppure Global Imperialism and the Great Crisis, Monthly Review Press https://www.amazon.it/Global-Imperialism-Great-Crisis-
Capitalism/dp/1583674470
INDICE
Introduzione 4
Cap. 1 L’imperialismo nel capitalismo preindustriale 5
Cap. 2 La rivoluzione industriale e il liberismo 10
CAP. 3 La globalizzazione nel periodo 1850-1914 20
CAP. 4 Il sistema dei pagamenti internazionali nel Gold Standard 24
CAP. 5 Teorie dell’imperialismo 30
CAP. 6 La grande crisi e la depressione (1929-38) 34
CAP. 7 Cause della grande crisi 40
CAP. 8 La rivoluzione keynesiana 46
CAP. 9 la globalizzazione nell’imperialismo postcoloniale 52
CAP. 10 L’età dell’oro del capitalismo (1950-73) 60
CAP. 11 La stagflazione (1973-1990) 67
CAP. 12 La controrivoluzione neoliberista 74
CAP. 13 Il FMI dopo gli anni ’70 81
CAP. 14 La BM dopo gli anni ’70 90
CAP. 15 L’Organizzazione Mondiale per il Commercio 97
CAP. 16 General Agreement on Trade in Services 102
CAP. 17 Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights 108
CAP. 18 Le imprese multinazionali 111
CAP. 19 La concorrenza oligopolistica e l’internazionalizzazione delle imprese 116 CAP. 20 L’imperialismo globale delle multinazionali 125 CAP. 21 I principali effetti sociali dell’imperialismo globale 132 CAP. 22 Le politiche economiche di USA, Germania e Cina 136 CAP. 23 La grande crisi del nuovo millennio (2007-9) 142
CAP. 24 La crisi dell’Euro (2012-3) 149
CAP. 25 Il TPP e il TTIP 155
CAP. 26 Fine della globalizzazione? 163
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INTRODUZIONE
Il corso ricostruisce i processi di globalizzazione descrivendo i principali eventi economici mondiali, le principali politiche economiche e le principali teorie È diviso in due parti, una storica e una analitica
• La parte storica descrive i processi di globalizzazione verificatisi nei periodi:
- (1300-1500) Imperialismo finanziario - (1500-1750) Imperialismo mercantile - (1750-1945) Imperialismo coloniale
- (1945-1995) Imperialismo postcoloniale - (1995-2020) Imperialismo globale
• La parte analitica mira a ricostruire la struttura e la dinamica dei rapporti economici internazionali nel mondo contemporaneo, con particolare attenzione a:
- Il ruolo delle imprese multinazionali
- Il ruolo delle politiche economiche statali
- Il ruolo dei principali organismi economici internazionali (Organizzazione Mondiale per il Commercio, Fondo Monetario Internazionale, Banca
Mondiale)
CAPITOLO 1
L’IMPERIALISMO NEL CAPITALISMO PREINDUSTRIALE
Imperialismo finanziario (1300-1500)
• Formazione del capitalismo moderno
• Formazione delle grandi multinazionali bancarie e commerciali
• Principali centri: Italia centro-settentrionale, Germania settentrionale (lega Anseatica), Fiandre
• Aree di globalizzazione: Europa, Nord Africa, Medio Oriente, Mare del Nord, Mar Baltico
• Gli stati sono dominati dalla grande borghesia attraverso sistemi politici basati sui Consigli Maggiori (camere cui accedono soltanto i membri dell’oligarchia.
Es: Venezia) o delle Arti Maggiori (gli organi di governo sono nominati dai dirigenti delle corporazioni più ricche. Es: Firenze).
• L’imperialismo economico domina quello politico, cioè gli organi dello Stato operano direttamente al servizio degli interessi del grande capitale
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Imperialismo mercantile (1500-1750)
• Consolidamento dei grandi stati nazionali
• Proiezione dell’espansione politica ed economica europea verso l’America e successivamente l’Africa e L’Asia
• Grande afflusso di oro americano in Europa
• Inflazione secolare dei prezzi e aumento della produzione agricola e manifatturiera
• Formazione delle grandi compagnie commerciali multinazionali, che esercitano il commercio in particolari canali di traffico in condizioni di monopolio
• I governi praticano politiche economiche mercantiliste, finalizzate a creare un surplus commerciale e generare un afflusso netto di oro:
- Politiche protezioniste (dazi e gabelle) - Politiche di sussidio alle esportazioni
- Politiche d’incoraggiamento all’immigrazione di manodopera qualificata
- Politiche di sostituzione delle importazioni (anche con la creazione di imprese di proprietà pubblica)
Equazione degli scambi
PY=DV dove:
P=livello dei prezzi Y=prodotto nazionale D=moneta
V=velocità di circolazione della moneta
• Interpretazione monetarista:
Essendo fissi V e Y, un aumento dell’offerta di moneta causa un aumento dei prezzi
• Interpretazione mercantilista:
Essendo fissi V e P, un aumento dell’offerta di moneta causa un aumento delle transazioni e della produzione tramite aumento della domanda aggregata e diminuzione del tasso d’interesse
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Composizione della domanda aggregata
Y=C+I+G-T+E-M dove:
Y=reddito nazionale, prodotto nazionale C=consumi
I=investimenti G=spesa pubblica T=tasse
E=esportazioni M=importazioni
I risparmi sono definiti come S=Y-C Perciò
(S-I)+(T-G)=(E-M)
Assumendo in equilibrio il bilancio dei privati, S-I=0, risulta che il surplus del bilancio pubblico è uguale al surplus commerciale:
T-G=E-M
Il governo che vuole espandere il surplus commerciale può:
- aumentare i dazi alle importazioni
- aumentare la produzione nazionale che sostituisce le importazioni
- aumentare le gabelle interne così da ridurre i consumi e gli investimenti e quindi l’importazione di beni di consumo e d’investimento
- abbassare i salari così da aumentare la competitività delle merci nazionali
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CAPITOLO 2
LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE E IL LIBERISMO
• A partire dalla metà del ’700 il capitalismo si afferma in Gran Bretagna, dapprima in agricoltura poi nell’industria
• La rivoluzione industriale in quel paese si svolge tra il 1770 e il 1820
• Il 40-45% della forza lavoro è occupata in agricoltura nel periodo 1700-76, il 14% nel 1821
• Vengono introdotte molte innovazioni tecnologiche, soprattutto nei settori tessile, siderurgico e dei trasporti (locomotiva, nave a vapore)
• La rivoluzione industriale inizia intorno al 1820 in Belgio, Olanda, Francia, Svizzera, intorno al 1850 in Germania
• Sviluppo del commercio internazionale soprattutto atlantico: schiavi dall’Africa, cotone dall’America, prodotti tessili dall’Europa
La rivoluzione liberista nel pensiero economico
• L’illuminismo fornisce l’ideologia delle rivoluzioni politiche negli stati più avanzati (Rivoluzione Inglese 1642-60; Rivoluzione Americana 1774-76;
Rivoluzione Francese 1789-92)
• Favorisce la rivoluzione scientifica in tutte le discipline
• Nella scienza economica la rivolta contro il mercantilismo inizia verso metà del
’700 e porta all’affermazione dell’economia politica classica, di orientamento liberista
• Adam Smith e la teoria della mano invisibile del mercato: se i mercati sono perfettamente competitivi gli individui egoisti riescono a perseguire il proprio interesse personale spingendo i mercati verso l’equilibrio. I mercati sono capaci di aggiustare automaticamente ogni shock esogeno
• Bentham: Gli individui sono egoisti e razionali, perseguono la propria utilità nel modo più efficiente possibile
• Hume e il meccanismo prezzi-flusso monetario: le variazioni dei prezzi
aggiustano automaticamente ogni squilibrio commmerciale. La bilancia tende naturalmente al pareggio
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Il meccanismo prezzi-flusso monetario
• Assumendo in pareggio il conto dei movimenti di capitale da e verso l’estero, ogni deficit o surplus della bilancia commerciale genera un deflusso o afflusso netto di oro (la moneta di pagamento internazionale), cioè: E-M=ΔR, dove ΔR rappresenta la variazione delle riserve monetarie
• Supponiamo che E-M<0. Quindi ΔR<0. Siccome R è la base monetaria, diminuisce la moneta in circolazione, ΔD<0. In forza dell’equazione degli scambi, DV=PY, diminuiscono i prezzi interni, ΔP<0. Quindi le merci nazionali diventano più competitive sui mercati interni e internazionali, aumentano le esportazioni, ΔE>0, e diminuiscono le importazioni, ΔM<0. Il processo continua fino a che E-M=0
• Il meccanismo funziona se i prezzi sono flessibili
I cambi fissi e i punti dell’oro
• Assumiamo un regime di Gold Standard con carta moneta convertibile in tutti i paesi. In ogni paese la carta moneta è ancorata all’oro: le banche emittenti si impegnano a convertire le banconote in oro a un cambio fisso su richiesta del portatore
• I tassi di cambio tra le varie monete sono fissi e si aggiustano automaticamente in forza di operazioni di arbitraggio
• Supponiamo che in Inghilterra una Sterlina (£) si cambi con un’oncia d’oro e in Francia un Franco (F) si cambi con mezza oncia d’oro. Il cambio di equilibrio sarà 1£=2F: con una Sterlina si comprano 2 Franchi; con un Franco, ½ Sterlina.
Assumiamo che il costo del trasporto dell’oro tra Londra e Parigi sia dell’1%, cioè 0,01 once d’oro per oncia d’oro trasportata
• Il tasso di cambio di mercato viene determinato dalla domanda e dall’offerta di Sterline (in cambio di Franchi) e di Franchi (in cambio di Sterline). Queste
domande e offerte sono determinate dalla quantità di moneta necessaria per pagare le merci importate da ogni paese
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Cambi fissi (continuazione)
• Poniamo che, a causa di un deficit della bilancia commerciale francese aumenti la domanda di Sterline in cambio di Franchi. La Sterlina si apprezzerà e si
verificherà una svalutazione del Franco. Mettiamo che il cambio passi a 2,04: con una Sterlina si comprano 2,04 Franchi
• A un arbitraggista converrà comprare 2,04 Franchi con 1 Sterlina, poi chiedere alla banca emittente francese di convertire 2,04F in 1,02 once d’oro, poi
trasportare l’oro in Inghilterra, poi convertire 1,02 once d’oro in 1,02 Sterline.
Siccome il costo del trasporto è di 0,01 Sterline, l’arbitraggista avrà fatto un guadagno netto di 0,02-0,01 Sterline, cioè un guadagno dell’1%
• Queste operazioni di arbitraggio faranno aumentare la domanda di Franchi e l’offerta di Sterline. Quindi il Franco tenderà a rivalutarsi. Il processo continuerà fino a che il tasso di cambio si sarà ridotto a un livello inferiore a 2,02F per
Sterlina e superiore a 1,98F. I valori +0,02 e -0,02 sono determinati dal costo del trasporto dell’oro e sono definiti «punti dell’oro». Costituiscono la banda di
oscillazione dei tassi di cambio. Questi quindi sono praticamente fissi, cioè possono oscillare solo entro una banda ristrettissima
• In un sistema di Gold Standard i tassi di cambio sono mantenuti fissi dall’operare del mercato
• I tassi di cambio fissi favoriscono lo sviluppo del commercio internazionale poiché danno certezza sul valore dei pagamenti differiti
Teoria dei vantaggi competitivi
(Presenterò la teoria con un modello semplificato basato sull’uso di un solo requisito produttivo, il lavoro. Gli studenti sono invitati a studiare la teoria completa, che
prevede diversi requisiti produttivi, sul testo di Krugman, Obsfeld, Melitz, Economia Internazionale)
Vantaggi assoluti
• Adam Smith elabora una teoria dei vantaggi assoluti, secondo la quale ogni paese tende a specializzarsi nella produzione in cui gode di un vantaggio di costo
assoluto
• Assumiamo che esista un solo fattore scarso, il lavoro, e che i costi delle patate e del formaggio in Gran Bretagna e Francia siano i seguenti: 1 kg di patate costa 2 ore di lavoro in Gran Bretagna e 3 ore di lavoro in Francia; 1 kg di formaggio costa 4 ore di lavoro in Gran Bretagna e 1 ora di lavoro in Francia
• Assumiamo che il salario sia uniforme nei due paesi. I prezzi relativi delle patate Pp e del formaggio Pfnei due paesi dipenderanno dal costo del lavoro, e saranno:
Pp(GB) < Pp(Fr) , Pf(GB)>Pf(Fr) con 1<Pp(Fr)/Pp(Gb)< Pf(GB)/Pf(Fr) ovvero 1<Pf(GB)/Pp(GB)<Pp(Fr)/ Pf(Fr)
• In queste condizioni alla Gran Bretagna conviene specializzarsi nella produzione di patate e alla Francia nella produzione di formaggi
Vantaggi comparati
• David Ricardo elabora la teoria dei vantaggi comparati, secondo la quale la divisione del lavoro internazionale può convenire anche tra paesi in cui non ci sono reciproci vantaggi assoluti della specializzazione produttiva
• Poniamo che il costo delle patate in Francia si abbassi fino al livello di 2 ore di lavoro al Kg e in Gran Bretagna si alzi fino al livello di 3 ore di lavoro al kg. Quindi avremo che 1 kg di patate costa 3 ore di lavoro in Gran Bretagna e 2 ore di lavoro in Francia; 1 kg di formaggio costa 4 ore di lavoro in Gran Bretagna e 1 ora di lavoro in Francia. Non esiste più un vantaggio assoluto della Gran Bretagna nella produzione di patate
• Tuttavia esistono dei vantaggi comparati. Il prezzo relativo delle patate rispetto al formaggio è maggiore di 1 in Francia e minore di 1 in Gran Bretagna, cioè
Pp(GB)/Pf(GB)<1<Pp(Fr)/ Pf(Fr)
• In queste condizioni ai due paesi converrà specializzarsi e vendere i propri prodotti all’estero a prezzi intermedi rispetto a quelli che sarebbero prevalenti nelle due nazioni se non ci fosse commercio internazionale
• Poniamo, ad esempio, che sui mercati internazionali il prezzo relativo del formaggio rispetto alle patate sia pari a 1, cioè con 1 kg di formaggio si compra 1 kg di patate.
Senza scambio internazionale i francesi comprerebbero meno di 1 kg di patate con 1 kg di formaggio poiché Pp(Fr)/ Pf(Fr)>1. Quindi gli conviene specializzarsi nella
produzione di formaggio e acquistare le patate sui mercati internazionali. Il contrario accadrebbe in Gran Bretagna
• Da questa teoria il pensiero liberista ricava un forte argomento politico a favore del
Le leggi sul grano e la Manchester School
• Le «leggi sul grano» sono leggi che impongono dazi alle importazioni di grano.
Sono in vigore in Gran Bretagna dall’inizio del ’700 e vengono rafforzate durante le guerre napoleoniche. Favoriscono il mantenimento di alti prezzi interni del grano e quindi alte rendite ai proprietari terrieri (nobiltà e clero)
• Se fossero state abolite avrebbero consentito di abbassare il prezzo del grano e quindi i salari (di sussistenza). In questo modo si sarebbe ridotto il costo del lavoro nell’industria e sarebbe aumentata la competitività internazionale dei prodotti manifatturieri inglesi. Si sarebbero ridotte le rendite dei proprietari
terrieri (e quindi i consumi di lusso) e sarebbero aumentati i profitti dei capitalisti (e quindi gli investimenti produttivi)
• Inoltre se gli altri paesi avessero seguito la Gran Bretagna nell’abbattimento delle barriere protezionistiche, creando un regime di libero scambio, si sarebbero
attivati i vantaggi comparati e la Gran Bretagna avrebbe potuto mettere a frutto la superiorità del proprio settore industriale (più alta produttività e più basso costo del lavoro), specializzandosi nelle produzioni tecnologicamente avanzate (mentre il Portogallo, ad esempio, si sarebbe specializzato nella produzione di vino)
• Si forma un movimento di opinione pubblica, noto come «Manchester School», che lotta per l’abbattimento delle leggi sul grano e l’attivazione di un regime di libero scambio. È sostenuto da un’alleanza di capitalisti, piccola borghesia e
anche settori operai. La battaglia è vinta nel 1846, quando sono abrogate le leggi sul grano
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L’opposizione nazionalista al liberismo
• Nei paesi che giungono in ritardo all’industrializzazione la teoria della divisione internazionale del lavoro basata sui vantaggi comparati non è molto apprezzata, perché implica una loro specializzazione in prodotti agricoli e l’impossibilità di avviare l’industrializzazione, data la superiorità tecnologica della Gran Bretagna e quindi la maggiore competitività dei sui prodotti industriali
• Vari economisti d’impostazione mercantilista sostengono la necessità di proteggere l’industria nazionale ai fini dell’avvio dell’industrializzazione. In
America A. Hamilton interviene in questo senso nel 1791 e H. C. Carey nel 1859.
In Germania F. List nel 1841
• Le argomentazioni a favore della protezione dell’industria nascente si riducono sostanzialmente a due:
1) Economia di scala. I costi di produzione sono elevati nelle piccole imprese. Se le industrie nazionali non sono protette all’inizio dell’industrializzazione le imprese non raggiungono le dimensioni adeguate per abbassare i costi e diventare
competitive sui mercati internazionali
2) Economie d’età. Un’industria giovane manca di: manager esperti, manodopera qualificata, fornitori di materie prime adeguate etc. Perciò le nuove imprese industriali vanno protette fino a che non maturano
La lotta liberista contro le leggi sui poveri
• Delle «leggi sui poveri» vengono introdotte in Gran Bretagna nel 1601
riformando precedenti provvedimenti di assistenza ai poveri che risalivano al Medioevo. Assegnano alle parrocchie il potere di censire i disoccupati e dargli un lavoro, educare i bambini, punire gli sfaticati nelle case di correzione
• Sono riformate varie volte nel ’700. Le case di correzione sono sostituite da workhouses, in cui i lavoratori svolgono comunque lavoro forzato e le famiglie vengono separate. Inoltre viene esteso l’outdoor relief, per il quale l'assistenza è fornita fuori delle workhouses, in denaro, cibo, abbigliamento e altri beni di
prima necessità
• I politici liberali si oppongono alle leggi sui poveri. Sostengono che l’indigenza non è un male se stimola la ricerca di un lavoro. Inoltre i reazionari sostengono anche che le leggi sui poveri favoriscono la loro degenerazione morale e
aggravano la miseria in quanto fanno crescere eccessivamente la popolazione (abbassando i tassi di mortalità infantile). Liberali e reazionari propongono di ridurre l’assistenza pubblica e di puntare sulla carità privata
• Le leggi sui poveri sono riformate nel 1834 in senso liberale. Viene abolito l’outdoor relief e viene applicato il principio della less eligibility, per il quale i sussidi devono essere inferiori al salario di mercato minimo e devono essere condizionati all’accettazione di un lavoro nella workhouse. In questo modo si crea un moderno mercato del lavoro in cui i disoccupati premono sull’offerta di lavoro facendo abbassare i salari
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CAPITOLO 3
LA GLOBALIZZAZIONE NEL PERIODO 1850-1914
Liberalizzazione del commercio estero
1846 – La Gran Bretagna abroga le leggi sul grano 1850-60 – Elimina quasi tutte le altre tariffe doganali
1860 – Sottoscrive un trattato con la Francia per la riduzione delle tariffe
1860-70 – Sottoscrive altri trattati commerciali con la Francia e l’Unione Doganale Tedesca. In questi trattati viene introdotta la clausola della nazione più favorita 1861 – Gli USA alzano le tariffe. Adottano politiche protezioniste fino al 1909 (tradizionalmente il Nord industrializzato è protezionista, il Sud agricolo
liberoscambista)
1863 – La Russia riduce le barriere protezionistiche 1868 – La Spagna riduce le barriere protezionistiche
In tutto il periodo e fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale si verifica un
Liberalizzazione del mercato del lavoro
1834 – Riforma delle leggi sui poveri in Gran Bretagna
1859-69 – vengono rimossi i vincoli corporativi alla libertà contrattuale del lavoro in Austria, Svezia, Danimarca, Russia, Germania
L’industrializzazione dell’Europa
• In Gran Bretagna comincia verso la fine del Settecento
• Nel resto d’Europa comincia negli anni ’20 dell’Ottocento e procede fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale
• Si avvale di massicci trasferimenti di tecnologie dall’Inghilterra, che esporta anche macchinari, oltre a beni di consumo
• Settori trainanti: ferro, carbone, forza-vapore, tessili, ferrovie; e verso la fine del secolo, elettricità, telegrafia e chimica
• Forte sviluppo delle reti ferroviarie. In Europa nel 1840 esistono 1,7 migliaia di miglia di ferrovie, nel 1880 sono diventate 101,7. Negli Stati Uniti sono 2,8 nel 1840 e 100,6 nel 1880
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Affermazione del Gold Standard
Esistono due tipi di Gold Standard:
Gold Specie Standard (GSS), nel quale circolano monete auree
Gold Bullion Standard (GBS), nel quale circolano monete cartacee convertibili, e l’oro è tenuto come riserva
Progressi del Gold Standard
1816 – La Gran Bretagna adotta il GSS 1844 – La Gran Bretagna adotta il GBS
Il GBS è adottato da:
1854 – Portogallo 1871-3 – Germania
1873-5 – Paesi scandinavi 1876 – Francia
1878 – Finlandia e Serbia 1883 – Italia
1885 – Egitto
1892 – Austria-Ungheria
1897 – Russia, Bulgaria, Giappone 1900 – USA
1901 – Olanda 1904 – Messico
Gold Standard (continuazione)
• Nel 1848 vengono scoperti grossi giacimento d’oro in California e Australia. In 7 anni l’oro disponibile sul mercato mondiale aumenta di 7 volte
• Il periodo 1850-70 è un interludio inflattivo in un secolo deflattivo
• Nel 1865 si forma l’Unione Monetaria Latina, un sistema inizialmente bimetallico (oro e argento) che si evolve rapidamente verso il Gold Standard. All’inizio
aderiscono Francia, Italia, Belgio, Svizzera, successivamente si uniscono altri paesi (Grecia, Spagna, Austria-Ungheria, Romania, Bulgaria, Serbia, Montenegro, San Marino, Stato Pontificio, Venezuela). L’Unione Monetaria prevede che tutti i paesi aderenti mantengano lo stesso tasso di cambio con l’oro e l’argento. Le monete d’oro e d’argento dei vari paesi hanno la stessa forma e lo stesso contenuto di fino e circolano liberamente nei vari paesi
• Verso la fine del secolo c’è un forte sviluppo della moneta bancaria (banconote convertibili e depositi)
• Il Gold Standard entra in crisi nel 1914 con lo scoppio della guerra. I cittadini dei paesi belligeranti tendono a tesaurizzare oro. I governi tendono a spendere in deficit. Le bilance commerciali tendono al deficit. Per non perdere riserve auree i governi decretano la circolazione forzosa delle banconote
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CAPITOLO 4
IL SISTEMA DEI PAGAMENTI INTERNAZIONALI NEL GOLD STANDARD
Richiamo sulla struttura della Bilancia dei Pagamenti
• È divisa in 3 sezioni: Conto Corrente (CC), Conto Capitale (CK), Conto finanziario (CF)
• Il Conto corrente è composto da: Bilancia Commerciale (BC), Redditi Netti dall’Estero (RNE), Trasferimenti Unilaterali Correnti (TUC)
• La BC registra le transazioni (Esportazioni (E) e Importazioni (M)) di merci e servizi (es: noli, assicurazioni, servizi finanziari)
• I RNE comprendono: redditi da lavoro di persone che lavorano in un paese
diverso da quello di residenza; redditi da capitale su investimenti esteri diretti e di portafoglio
• I TUC comprendono: contributi da e verso organismi internazionali, debiti e crediti con altri paesi
Richiamo sulla BdP (continuazione)
• Il CK comprende: trasferimenti da e verso organismi internazionali in conto capitale; acquisizioni e cessioni di attività non finanziarie all’estero o dall’estero
• Il CF comprende: Investimenti diretti esteri (IDE), investimenti di portafoglio (IP), derivati (DE), Altri investimenti (AI), variazioni delle riserve ufficiali (ΔR)
• In sintesi (assumendo che non ci siano errori ed omissioni):
CC=BC+RNE+TUC, BC=E-M
BdP=CC+CK+CF=CC+CK+IDE+IP+DE+AI+ΔR=0
• La BdP è sempre in pareggio per definizione, in quanto la somma CC+CK+ID+IP+DE+AI si risolve in ΔR con segno meno
• Quando si dice che una BdP è in disavanzo o in avanzo, s’intende che lo è la parte al netto di ΔR
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La regolazione dei pagamenti internazionali
• Il meccanismo prezzi-flusso monetario teorizzato da Hume funziona solo se i prezzi sono flessibili
• In realtà i prezzi dei beni industriali sono abbastanza rigidi: non variano al variare della domanda; però variano al variare dei costi. Quelli delle commodities
(materie prime e prodotti agricoli) sono abbastanza flessibili
• Quindi gli aggiustamenti automatici degli squilibri esterni, non potendo basarsi sulle variazioni dei prezzi, coinvolgono le quantità prodotte e sono lenti e perversi
• Se un paese industrializzato ha una BC in deficit (assumendo gli altri conti della BdP in pareggio), la fuoriuscita di Riserve auree non fa diminuire i prezzi. La
diminuzione della moneta in circolazione fa diminuire la ricchezza e aumentare il tasso d’interesse. Quindi diminuisce la domanda aggregata (investimenti e
consumi), diminuisce la produzione e aumenta la disoccupazione. Con la
diminuzione di investimenti e consumi diminuiscono le importazioni. La BC tende al pareggio. Inoltre l’aumento del tasso d’interesse attrae capitali dall’estero. Il processo continua finché si arresta la diminuzione delle Riserve auree
• Insomma, gli aggiustamenti automatici di uno squilibrio esterno sono perversi perché passano per un processo di deflazione reale generando crisi e aumento della disoccupazione. Questo è il difetto principale del Gold Standard
La Banca d’Inghilterra come banchiere mondiale
• In pratica gli aggiustamenti dei pagamenti internazionali nell’Ottocento avvengono non in modo automatico (come prevede la teoria), ma sono
regolati dalla Banca d’Inghilterra. Semplificando, sono regolati nel seguente modo:
• La Sterlina, che è convertibile in oro, è il principale strumento di riserva internazionale accanto all’oro
• Nell’Ottocento, oltre alle banche centrali e alle banche emittenti (di
banconote), esistono tre tipi di banche: commerciali, d’accettazione, di sconto
• Le banche commerciali di molti paesi detengono depositi in Sterline a Londra
• Mettiamo che un importatore inglese acquisti una partita di materie prime dall’Argentina. Paga con una cambiale a 3 mesi in Pesos. Una banca
d’accettazione l’accetta (fornendo una specie di avallo) applicando un tasso d’interesse (es. 5%). L’importatore accredita la cambiale all’esportatore.
Questi la sconta presso la propria banca commerciale in Argentina, la quale la risconta presso una banca di sconto a Londra. Questa l’incassa alla scadenza
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La Banca d’Inghilterra (continuazione)
• Quando la BdP inglese va in disavanzo (per un eccesso di importazioni di
merci o di esportazioni di capitali), la Banca d’Inghilterra alza il tasso di sconto
• Aumenta il costo del credito a breve (l’interesse sulle cambiali) e quindi viene disincentivata l’importazione di merci e la speculazione su merci. Inoltre è incoraggiata l’importazione di capitali
• Così la BP torna in attivo senza fuoriuscita di oro. È importante per la Gran Bretagna mantenere rilevanti riserve auree perché la Sterlina funge da
strumento di riserva internazionale sulla fiducia che la Banca d’Inghilterra sia sempre pronta a convertirla in oro
• I paesi esportatori di commodities assistono a una diminuzione della domanda delle proprie esportazioni. Così i prezzi di queste merci
diminuiscono. Diminuiscono (un po’ meno) anche i volumi delle esportazioni
• In questo modo si evita la crisi in Gran Bretagna, ma si mettono in crisi i paesi del Sud del mondo. In questi paesi diminuiscono esportazioni, quantità
prodotte e prezzi, il che comporta deficit delle loro BC e crisi produttive. Le crisi riequilibrano i conti esteri riducendo le importazioni.
• In sostanza, la Banca d’Inghilterra regola i pagamenti internazionali in modo da evitare perdite di riserve della Banca stessa scaricando sui paesi del Sud del mondo i dolorosi aggiustamenti reali
L’imperialismo coloniale prepara la Grande Guerra
• I conflitti inter-imperiali si acuiscono nell’ultimo ventennio dell’Ottocento e fino allo scoppio della guerra. La Germania alza le tariffe nel 1879, gli Usa nel 1890, la Francia nel 1892
• Viene applicata la teoria della «protezione effettiva». La protezione dei beni finali è scarsamente efficace se aumentano le tariffe sugli input importati. Quindi le tariffe devono essere selettive
• I principali paesi imperialisti però impongono il libero scambio alle proprie colonie e ai propri protettorati
• Ad alcuni paesi non colonizzati ma economicamente e politicamente dipendenti (Turchia, Cina, Giappone) viene imposto l’abbattimento delle tariffe doganali con trattati commerciali vessatori e la minaccia bellica
• Ogni impero diventa il prolungamento di un mercato nazionale protetto. Le grandi imprese nazionali commerciano e si espandono soprattutto all’interno dell’impero nazionale
• L’Inghilterra però non cede al protezionismo
• Dopo un periodo di rapida crescita dell’economia mondiale (1850-70) segue un ventennio di rallentamento
• Nella Belle époque (1890-1914) si ha una ripresa dello sviluppo economico in tutto il mondo. Si rinforza la corsa all’espansione imperiale delle grandi potenze capitalistiche. In questo periodo l’Italia avvia la sua rivoluzione industriale
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CAPITOLO 5
TEORIE DELL’IMPERIALISMO
Karl Marx
(Il capitale, Scritti sull’India, Sul libero scambio, Manifesto del Partito Comunista)• Il capitalismo sfrutta i lavoratori estraendo un plusvalore dal loro lavoro e usa il plusvalore per accumulare capitale
• I mercati diventano sempre meno competitivi perché la tendenza all’accumulazione di ogni impresa genera un processo di concentrazione e centralizzazione dei capitali, cioè di crescita delle dimensioni d’impresa con il reinvestimento interno dei profitti e con le pratiche di fusione e acquisizione tra imprese
• L’accumulazione non conosce confini nazionali in quanto le imprese sono sempre alla ricerca di alti profitti in tutte le parti del mondo. Si crea un mercato mondiale
• La proiezione del capitale nei paesi del Sud del mondo genera super-sfruttamento di risorse naturali e lavoro a basso costo
• Gli investimenti nei paesi sottosviluppati hanno un effetto di civilizzazione in quanto vi sviluppano sistemi di trasporto e comunicazione moderni, vi abbattono le economie tradizionali e le culture religiose, vi espandono le forze produttive
• L’accumulazione su scala mondiale genera impoverimento relativo crescente dei lavoratori: diminuisce la quota salari sul reddito nazionale, ovvero aumenta il tasso di sfruttamento
• Si sviluppano i mercati finanziari, in cui opera una speculazione destabilizzante che genera crisi sempre più aspre
• Il liberismo è una ideologia economica al servizio del capitale cosmopolita
John Hobson
(L’imperialismo, 1902)• Crede nel libero scambio, ma ritiene che la sua adozione nell’Ottocento sia stata prematura
• Il capitalismo genera una maldistribuzione del reddito favorendo la sua concentrazione nelle mani di un’élite industriale-finanziaria
• Le classi medie e i lavoratori ricevono bassi redditi, quindi hanno bassa capacità di consumo
• Le classi ricche risparmiano troppo, perciò non c’è domanda adeguata di beni di consumo nelle metropoli capitaliste
• Quindi molti capitali tendono all’investimento estero e molte imprese tendono a esportare merci. Il capitalismo ha bisogno di mercati di sbocco esteri
• Le classi dominanti fanno pressione sui governi per spingerli all’espansione imperiale.
• Si forma un’alleanza di industriali, finanzieri, militari, burocrati, proprietari terrieri che mira al controllo dello Stato, della scuola, della stampa, della chiesa
• Si sviluppano ideologie nazionaliste e razziste per raccogliere consenso all’imperialismo tra le classi medie
• Nelle colonie il capitalismo trasforma i contadini tradizionali in lavoratori salariati per sfruttarli nelle fabbriche capitalistiche con bassi salari e alte imposte
• Inoltre depreda le colonie sfruttando risorse naturali e materie prime a basso costo
• Il controllo imperiale richiede il potenziamento delle forze armate e lo sviluppo del militarismo con gravi rischi di affossamento della democrazia e di esplosione di guerre inter-imperiali
• Soluzione: redistribuzione egualitaria del reddito, sviluppo del settore dei servizi a scapito del manifatturiero, riduzione della specializzazione e della divisione internazionale del lavoro, aiuti ai paesi sottosviluppati
31
Rosa Luxemburg
(L’accumulazione del capitale, 1913)• Il problema del realizzo: il capitalismo tende a generare capacità produttiva in eccesso rispetto alla domanda interna e non riesce a realizzare il prodotto potenziale nei mercati interni
• Partiamo dall’identità contabile (S-I)+(T-G)=(E-M)
• Assumiamo T=G; poiché S=Y-C, se c’è un eccesso di capacità produttiva rispetto alla domanda interna, cioè Y>(C+I), ovvero S>I, per realizzare il potenziale produttivo dovrà verificarsi
Y-(C+I)=E-M>0
• Il capitalismo per crescere ha bisogno di una domanda esterna al sistema capitalistico, cioè E>M
• Le imprese dei paesi industrializzati hanno bisogno di esportare merci. Inoltre, a causa della carenza di domanda interna tendono a esportare anche capitali
• I paesi che importano capitali li usano per sostenere l’industrializzazione capitalistica. Per restituire i crediti esteri innalzano le tasse pagate dai lavoratori. Così il capitalismo dei paesi imperiali sfrutta il lavoro all’interno e all’estero
• L’accumulazione su scala mondiale distrugge i sistemi economici precapitalistici dei paesi sottosviluppati ed esporta se stesso come sistema produttivo
• Genera militarismo e guerre inter-imperiali
• Quando il capitalismo si sarà affermato in tutto il globo, non ci saranno più mercati
esterni e quindi il problema del realizzo si manifesterà con un crollo finale del capitalismo
Vladimir I. Ulianov (Lenin)
(L’imperialismo fase suprema del capitalismo, 1916)• Cinque caratteristiche fondamentali dell’imperialismo:
1. Sviluppo dei monopoli
2. Tendenza alla fusione tra banche e imprese industriali 3. Crescente esportazione dei capitali
4. Associazioni monopolistiche che si spartiscono i mercati mondiali 5. Ripartizione del mondo tra grandi potenze
• I monopoli (trust, cartelli) operano in mercati protetti e fanno profitti monopolistici. Non potendo realizzarli pienamente in patria li reinvestono all’estero. Per sostenere
l’accumulazione hanno bisogno di mercati in espansione. Usano lo Stato per allargare il proprio mercato con l’impero
• L’imperialismo genera, da una parte, ideologie razziste, dall’altra, aristocrazie operaie (che usufruiscono di una parte dei profitti da sfruttamento delle colonie). Quindi genera anche correnti revisioniste e riformiste nel movimento operaio
• Ci sarebbe una tendenza all’ultra-imperialismo, causata dalla tendenza alla formazione di unico grande cartello mondiale, che (secondo Karl Kautsky) avrebbe effetti pacifici e
democratici, riducendo le contraddizioni inter-imperiali
• Lenin sostiene che, prima di arrivare all’ultra-imperialismo ci sarà l’esplosione delle contraddizioni inter-imperiali. Lo sviluppo ineguale modifica i rapporti di forza tra i
monopoli di diverse nazioni e tra i diversi stati imperialisti. Le contraddizioni inter-imperiali si acuiscono e portano alla guerra mondiale
• L’oppressione e lo sfruttamento delle nazionalità spinge i popoli alla guerra di liberazione nazionale
• Soluzione: trasformare la guerra mondiale in una rivoluzione proletaria mondiale
33
CAPITOLO 6
LA GRANDE CRISI E LA DEPRESSIONE (1929-38)
USA. Gli anni ruggenti (1919-29)
• La guerra crea un enorme disavanzo pubblico. Nell’immediato dopoguerra il governo taglia le spese per riportare il bilancio in pareggio. Segue una crisi nel 1920
• Intenso sviluppo negli anni ’20. Accelerazione delle fusioni tra imprese. Nel 1929 più della metà dell’industria è controllata da 200 imprese
• C’è un forte aumento della produttività del lavoro (43% dal ’19 al ’29), ma si risolve in aumento dei profitti. Le tasse pagate dai ricchi diminuiscono
• Tra il ’23 e il ’29 il 93% della popolazione ha una diminuzione del reddito disponibile del 4% in media. Più della metà degli americani ha un reddito inferiore alla sussistenza
• Nel 1929 l’1% più ricco possiede il 43% della ricchezza
• Si riduce il numero di iscritti ai sindacali e diminuisce la forza contrattuale del lavoro
• Nel 1924 inizia una bolla speculativa in borsa. Tra maggio 1928 e settembre 1929 il
corso medio delle azioni sale del 40%. Il 4 settembre del 1929 l’indice di borsa comincia a diminuire
• Nel 1928 la Francia accumula riserve auree e induce deflazione nel mondo
USA. Gli anni della crisi (1929-33)
• 29 ottobre: Black Tuesday: il Dow Jones perde il 12%. La caduta era cominciata già la settimana prima
• Il segretario del Tesoro Mellon dichiara che la Fed (Federal Reserve) non farà nulla, poiché il mercato risolverà la crisi automaticamente
• Nel 1929 vanno fallite 10.000 banche (il 40% del numero di banche americane).
Altre 1000 vanno fallite entro il 1933
• Nel 1930 il tasso di sconto viene ridotto dal 6% al 4%.
• Nel 1930 viene varata la Smoot-Hawley Tariff: i dazi alle importazioni aumentano del 40%. Diminuiscono le importazioni. La crisi viene trasmessa all’Europa, che vede diminuire le proprie esportazioni
• Tutti i paesi reagiscono innalzando barriere protezionistiche. L’effetto è una
contrazione generale delle importazioni mondiali e quindi delle esportazioni. Nel 1932 il commercio internazionale cala del 66%
• Il tasso di crescita del PIL americano diminuisce del 9,4% nel 1930, dell’8,5% nel 1931, del 13,4% nel 1932, del 2,1% nel 1933. Negli stessi anni la disoccupazione si attesta sull’8,7%, il 15,9%, il 23,6%, e il 24,9%. L’indice dei prezzi passa da
122,5 nel 1929 a 108,7 nel 1931 e a 92,4 nel 1933
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Il New Deal (1933-37)
• 1933. Franklin D. Roosevelt e il partito democratico vincono le elezioni. Roosevelt entra in carica a marzo
• Si diffonde i l panico tra i capitalisti che temono una rivoluzione. C’è un tentativo (fallito) di colpo di stato di destra (Du Pont - Morgan)
• Il programma del New Deal è basato sulle 3 R: Relief (della disoccupazione e della povertà), Recovery (dell’economia), Reform (soprattutto del sistema finanziario)
• Roosevelt decreta subito il bank holiday, la chiusura delle banche (6-9 marzo 1933), per fermare le corse agli sportelli e i fallimenti bancari
• Il 16 giugno del 1933 viene varato dal Congresso il Glass-Steagall Act, che riforma il
sistema bancario con l’istituzione di un sistema federale di assicurazione dei depositi e la proibizione di combinare nella stessa impresa banca d’investimento e banca commerciale, oltre a varie restrizioni su operazioni bancarie speculative
Il primo New Deal (primi 100 giorni)
• Salvataggio delle banche con fondi federali
• Assicurazione dei depositi
• Uscita dal Gold Standard. La convertibilità del Dollaro in oro è sospesa; è proibita la detenzione privata di oro, le monete d’oro vengono cambiate con banconote e messe fuori corso
• Il tasso di cambio del Dollaro diventa flessibile
• Il bilancio pubblico viene diviso in due parti: Regular budget, che deve essere in pareggio;
Emergency budget, che può essere in deficit per sostenere la ripresa
Il secondo New Deal (1933-7)
• Assunzione nel settore pubblico di disoccupati, soprattutto donne e artisti
• Aumento dei prezzi agricoli con riduzione forzata della produzione. Gli agricoltori ricevono sussidi per non coltivare parte delle terre e per coltivare erba medica alfalfa. Alcuni raccolti di cotone vengono distrutti
• Aumento della progressività delle tasse
• Viene istituita l’iscrizione obbligatoria dei lavoratori ai sindacati nei casi in cui lo decida la maggioranza dei lavoratori della loro impresa
• I sindacati sono incoraggiati a chiedere aumenti salariali
• È proibito ai dirigenti d’impresa di rifiutare la contrattazione collettiva
• Viene fissato un salario minimo e un orario di lavoro massimo (35-45 ore a settimana, a seconda dei tipi di lavoro). È proibito il lavoro
minorile
• I capitalisti sono incoraggiati a formare cartelli industriali per frenare la caduta dei prezzi
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Il secondo New Deal (continuazione)
• La Public Work Administration vara 34.599 progetti di lavori pubblici fra il 1933 e il 1935. Costruzione di nuove scuole, strade, dighe, e opere di
rimboschimento
• Viene facilitata la concessione di mutui per l’acquisto di case (sono consentiti mutui di 30 anni, invece che solo quelli di 10 anni)
• Vengono istituite pensioni universali, sussidi di disoccupazione e sussidi per i poveri e i disabili (finanziati con le tasse)
• Il tasso di crescita del PIL torna positivo (7,7% nel 1934, 8,1% nel 1935, 14,1% nel 1936, 5% nel 1937. Il tasso di disoccupazione però resta alto e si attesta sulle percentuali del 21,7 nel 1934, 20,1 nel 1935, 16,9 nel 1936, 14,3 nel 1937. L’indice dei prezzi cresce a 102,7 nel 1937
• Su pressione del Congresso nel 1937 viene ridotto il deficit di bilancio e viene ridotta l’offerta di moneta. L’economia torna in crisi nel 1938.
Successivamente si esce dalla crisi con il deficit spending anche in vista della preparazione alla guerra
Ripercussioni globali
• La crisi americana si trasmette a tutto il mondo a causa della
contrazione delle importazioni americane e della diffusione del panico nei mercati finanziari
• Tra il 1929 e il 1932 la produzione industriale diminuisce del 46% negli USA, del 23% il Gran Bretagna, del 24% in Francia, del 41% in Germania.
Il commercio estero nei quattro paesi si riduce del 70%, 60%, 54%, 61%.
• La crisi favorisce l’avanzata elettorale delle sinistre in alcuni paesi (es.
Francia, Spagna) e l’avanzata dell’estrema destra in altri (Germania)
• In Germania la disoccupazione è al 30% nel 1932. Il nazismo sale al potere nel 1933. Segue una forte ripresa economica (trainata da politiche di lavori pubblici e riarmo)
• In Giappone nel 1934 viene assassinato il ministro delle finanze
Takahashi, che si oppone all’aumento delle spese militari. Salgono al potere i militari e avviano una forte ripresa economica con le spese per il riarmo
• La grande crisi e la grande depressione hanno posto le premesse della seconda guerra mondiale
39
CAPITOLO 7
CAUSE DELLA GRANDE CRISI
Gli eventi principali
• Negli anni ’20, gli «anni ruggenti», c’è un forte aumento della produttività causato dal progresso tecnico. Si risolve in aumento dei profitti
• I salari restano bassi e i consumi sono insufficienti a fronte della crescita della capacità produttiva
• Il credito facile favorisce l’accumulo di profitti speculativi e l’innesco di una bolla. C’è il boom della borsa a l’inflazione delle attività patrimoniali, ma anche un forte aumento
dell’indebitamento privato
• Quando l’economia reale entra in crisi, due mesi prima del crollo in borsa, produzione e prezzi all’ingrosso cominciano a diminuire. Quando la borsa crolla, i debitori non riescono a far fronte ai rimborsi
• Il panico monetario scatena la corsa agli sportelli bancari. Si riducono i depositi e la quantità di moneta bancaria. Molte banche vanno fallite
• Inoltre in seguito alle carestie che hanno colpito l’agricoltura a causa delle «tempeste di polvere» nel 1931, nel 1932 e in anni successivi, gli agricoltori non riescono a ripagare i debiti e altre banche vanno fallite
• Invece di espandere l’offerta di moneta per salvare le banche, la Fed non interviene
• Questo errore è legato al funzionamento del Gold Standard: C’è la regola di mantenere un rapporto non inferiore al 40% tra riserve auree e moneta legale, e quel margine è stato quasi
Gli eventi principali (continuazione)
• Gli sforzi della Gran Bretagna e della Francia per mantenere il Gold Standard attraendo riserve fanno alzare i tassi d’interesse, e la Fed deve alzare il tasso di sconto per contrastare la fuga di capitali all’estero. Con ritardo, nel 1930, il tasso di sconto viene ridotto dal 6% al 4%
• L’errore di alzare le barriere protezionistiche (con l’intento di far trainare la ripresa produttiva dalla sostituzione delle importazioni e dalla crescita delle esportazioni ) scatena rappresaglie e protezionismo difensivo in tutti gli altri
paesi e porta a una riduzione del commercio estero mondiale. La ripresa non può essere trainata dalla esportazioni
• La crisi fa aumentare la povertà e abbassare i consumi e la domanda aggregata
• La diminuzione dei prezzi, l’aumento dell’incertezza e l’elevato costo del finanziamento scoraggiano gli investimenti
• La crisi viene fermata con: aumenti salariali, aumenti dei prezzi, lavori pubblici, sussidi ai poveri e ai disoccupati. Tutti questi provvedimenti fanno ripartire la domanda aggregata
• Inoltre l’uscita dal Gold Standard consente l’espansione dell’offerta di moneta e del credito e l’abbassamento del tasso d’interesse
• Nel 1933, con l’articolo The Debt-Deflation Theory of Great Depressions, Irving Fisher fornisce una convincente spiegazione della crisi. In estrema sintesi: È difficile realizzare i crediti perché è difficile ripagare i debiti. Tutti cercano di ridurre il proprio indebitamento vendendo attività. Ma in tal modo si riducono i valori delle attività e diventa ancora più difficile realizzare i crediti (ad esempio con i pignoramenti). Aumentano i fallimenti a catena 41
Il Gold Standard e la crisi
• Il Gold Standard viene sospeso allo scoppio della prima guerra mondiale in tutti i paesi belligeranti
• Dopo la guerra le riserve auree sono insufficienti per sostenere una domanda crescente di moneta
• Nel 1922 alla Conferenza di Genova si propone di introdurre il Gold Exchange Standard. La Sterlina e il Dollaro dovrebbero essere ancorati all’oro e fungere da monete di riserva. Gli altri paesi si dovrebbero impegnare a mantenere un tasso di cambio fisso delle loro valute con la Sterlina
• 1925. La Gran Bretagna torna al Gold Standard con una Sterlina sopravvalutata
• 1926-28. La Francia torna al Gold Standard con un Franco sottovalutato
• Entro il 1928 quasi tutti i paesi sono tornati al Gold Standard
• Dopo la crisi, nel 1931, tutti i paesi lo abbandonano di nuovo
• La gran Bretagna non è più in grado di riprendere il controllo del sistema dei pagamenti internazionali, gli Stati Uniti non sono ancora capaci di farlo
• Col Gold Standard si verifica un’asimmetria degli aggiustamenti degli squilibri
esterni: I paesi con disavanzo della BdP sono costretti a deflazionare per ridurre le importazioni in modo da non perdere più riserve. Essendo i prezzi industriali rigidi, la deflazione colpisce l’economia reale. I paesi in surplus dovrebbero espandere l’offerta di moneta e la domanda aggregata interne in modo da aumentare le
importazioni, ma tendono a non farlo per accumulare più riserve. Nel DNA del Gold Standard c’è insito un bias deflazionistico
Il Gold Standard e la crisi (continuazione)
• Per la gestione delle riserve auree si adotta l’una o l’altra delle seguenti regole:
- Emissione fiduciaria (adottata dalla Banca d’Inghilterra): una quantità fissa di banconote è coperta da titoli di stato; al disopra di quella quantità il 100% di
emissioni di banconote deve essere coperto da oro. Quindi una fuoriuscita di riserve di 100 Sterline comporta una contrazione monetaria di 100 Sterline
- Riserva frazionaria (adottata dalla Federal Reserve): Il rapporto tra riserve e moneta in circolazione non deve essere inferiore al 40%. Perciò un afflusso di oro non
obbliga ad espandere l’offerta di moneta, ma può essere usato per accumulare riserve in eccesso. Però quando le riserve in eccesso si esauriscono e il rapporto di riserva raggiunge il 40%, un deflusso di oro pari a 100 Dollari comporta una
contrazione monetaria di Dollari 250=100/0,4
• Prima della crisi la Francia e gli Stati Uniti detengono il 60% delle riserve mondiali.
Siccome il Franco è sottovalutato e la Banca di Francia tiene alto il tasso di sconto, la Francia accumula un’enorme quantità di riserve auree. L’oro vien drenato
soprattutto dalle riserve di Giappone, Germania e Gran Bretagna
• Nel 1929 la Fed attua una stretta monetaria aumentando il tasso di sconto, con la duplice intenzione di impedire una perdita di riserve a favore della Francia e di frenare la bolla speculativa
• Una volta scoppiata la crisi, la Fed non può abbassare il tasso di sconto ed
espandere l’offerta di moneta perché la riserva frazionaria è prossima al 40% e la Banca di Francia mantiene alto il suo tasso di sconto
• Quindi il Gold Standard ha dato un contributo decisivo all’aggravamento della crisi. I paesi che non hanno restaurato il Gold Standard (come la Spagna) risentono poco della crisi
43
Il Gold Exchange Standard
• Dopo la sospensione del Gold Standard durante la guerra molti paesi cercano di reintrodurlo appena possibile, con il duplice scopo di
controllare l’inflazione (in quanto l’offerta di moneta non può essere aumentata a volontà) e favorire il commercio estero (con i tassi di cambio fissi)
• Ragioni contro il Gold Standard: bias deflazionistico; asimmetria degli aggiustamenti, scarsità di oro; mancanza di un paese egemone capace di regolare il sistema dei pagamenti internazionali emettendo una
valuta di riserva che affianca l’oro; rivalità tra Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti
• Alla conferenza di Genova (1922) viene proposto il Gold Exchange Standard: alcuni paesi «centrali» devono detenere riserve in oro ed emettono le «valute chiave», che sono ancorate all’oro; gli altri paesi detengono riserve in oro e valute chiave
• Per sostenere il Gold Exchange Standard i paesi centrali devono attrarre oro e accumulare riserve. Perciò nei paesi più importanti (che aspirano a essere «centrali») c’è una tendenza a tenere alti i tassi d’interesse e bassa la spesa pubblica (per ridurre le importazioni, i salari e i prezzi)
Il Gold Exchange Standard (continuazione)
• In un sistema di Gold Exchange Standard i «paesi centrali» che vogliono il privilegio di emettere le «monete chiave» di fatto adottano il Gold Standard. La Gran Bretagna prepara il ritorno all’oro dal 1920 con politiche deflattive. Diminuiscono i salari; i prezzi crollano del 40% dal 1920 al 1925
• 1925. Il Gold Standard viene reintrodotto in Gran Bretagna, ma i prezzi sono ancora troppo alti. USA e Francia hanno le BdP in avanzo. Gli USA concedono prestiti, la Francia accumula riserve
• 1926-28. La Francia reintroduce il Gold Standard
• Dopo la crisi del ’29 cessano i prestiti USA mentre la Francia chiede la conversione in oro delle sue riserve di Sterline (non solo vuole essere un «paese centrale» ma vuole che la Gran Bretagna non lo sia)
• 1931. Fallimento della banca austriaca Creditanstalt. Si diffonde il panico in Europa.
Molti paesi cominciano a convertire Sterline in oro. La Gran Bretagna non ce la fa a mantenere la convertibilità della Sterlina e, per non perdere troppe riserve,
abbandona il Gold Standard. La seguono diversi altri paesi, tra cui Austria, Ungheria, Germania
• 1933. Gli Stati Uniti abbandonano il Gold Standard
• 1936. La Francia abbandona il Gold Standard
• Gli abbandoni del GS sono seguiti da svalutazioni competitive delle valute nazionali.
Alla vigilia della guerra il sistema dei pagamenti internazionali è in sconquasso e il commercio estero in regresso
45
CAPITOLO 8
LA RIVOLUZIONE KEYNESIANA
• Una delle conseguenze della grande crisi è stato lo stimolo a ripensare la teoria economica. Sia i liberali classici che quelli neoclassici credono nel dogma della capacità dei mercati di aggiustare automaticamente gli shock.
Nel disordine economico e politico degli anni 1914-45 si è capito che quel dogma è falso
• Molti economisti in quel periodo cercano di criticare la teoria tradizionale ed elaborare una teoria alternativa. I contributi più importanti li elaborano John M. Keynes e Michael Kalecki, che danno vita a una rivoluzione
scientifica, la «rivoluzione keynesiana» appunto. Dal loro pensiero
derivano diverse scuole contemporanee. Particolarmente importanti sono le scuole neo-keynesiana e post-keynesiana, che hanno fornito le basi
teoriche delle politiche economiche adottate in tutto il mondo capitalistico negli anni 1950-70, considerati l’età «dell’oro del
capitalismo». La globalizzazione di quel periodo ha assicurato una crescita economica senza precedenti, con crisi brevi e di bassa intensità e il
raggiungimento della piena occupazione in tutti i paesi più avanzati
La «filosofia» keynesiana
• Non è vero che i mercati aggiustano automaticamente gli squilibri
• Non è vero che portano all’allocazione efficiente delle risorse
• Il capitalismo e la proprietà privata non sono il male assoluto, ma tendono a generare forti sperequazioni nella distribuzione del reddito
• I mercati dei beni reali, soprattutto degli investimenti, sono instabili poiché sono influenzati dalle aspettative degli investitori, dai loro stati d’animo e dalla loro incertezza
• I mercati finanziari sono ancora più instabili di quelli reali perché sono dominati da speculatori miopi mossi da aspettative che si autorealizzano e che generano bolle speculative e devastanti crash finanziari
• L’instabilità finanziaria si trasmette ai mercati reali aggravando la loro instabilità
• I prezzi dei beni industriali sono abbastanza rigidi: non sono influenzati dalla domanda. Rispondono soprattutto alle variazioni dei costi (lavoro, energia, materie prime)
• Anche i salari sono abbastanza rigidi
• Nei mercati non regolati le crisi possono essere gravi e prolungate
• L’economia può stabilizzarsi su equilibri di sottoccupazione
• Il Gold Standard ha un bias deflazionistico e tende a generare instabilità reale
• Per tutti questi motivi è necessario l’intervento pubblico nell’economia con politiche fiscali e monetarie di management macroeconomico
• È anche necessario siglare un accordo internazionale che istituisca un sistema di pagamenti internazionali più efficiente del Gold Standard 47
Richiamo del modello macroeconomico keynesiano semplificato
Offerta aggregata = Domanda aggregata:
Y=C+I+G-T+E-M, S=Y-C (S-I)+(T-G)=(E-M)
Y = Reddito nazionale (Prodotto Interno Lordo) C = Domanda di consumo
I = Domanda d’investimento G = Spesa pubblica
T = Tasse
E = Esportazioni M = Importazioni S = Risparmi
Modello macroeconomico (continuazione)
• Funzione dei consumi:
C=Co+c(Y-T)
• Funzione delle importazioni:
M= m(C+I+G+E)
• Funzione fiscale:
T=tY
dove c è la propensione marginale al consumo, m la propensione marginale alle importazioni, t l’aliquota dell’imposta sul reddito (per semplicità si assume che esista solo l’imposta sul reddito e che l’aliquota sia costante)
• Perciò:
Y=Co+cY-ctY-m(Co+cY-ctY)-m(I+G+E)+I+G+E Y-cY+ctY+cmY-cmtY=Co-mCo-m(I+G+E)+I+G+E Y=(1-c+ct+cm-cmt)=(1-m)(Co+I+G+E)
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Modello macroeconomico (continuazione)
Y = 1−𝑚
1−𝑐(1−𝑡)(1−𝑚)(Co+I+G+E)
μ = 1−𝑚
1−𝑐(1−𝑡)(1−𝑚) è il moltiplicatore del reddito
• Esempio: m=0,2; 1-m=0,8; c=0,8; t=0,4; 1-t=0,6; perciò μ≅1,3
• Un aumento della spesa pubblica fa aumentare il reddito, ΔY=μΔG. Se la spesa pubblica o le esportazioni o gli investimenti aumentano di 100 Euro, il reddito aumenta di 130 Euro
• Il governo può spingere l’economia verso la piena occupazione aumentando la spesa pubblica
• Però in questo modo fa aumentare anche le importazioni, che sono funzione crescente dei consumi, degli investimenti e della spesa pubblica. Quindi può creare uno squilibrio esterno. Se prima della manovra espansiva era E-M=0, dopo sarà E-M<0
Come aggiustare i conti esteri
• Un disavanzo della bilancia commerciale non si aggiusta automaticamente. Deve prendersene cura il governo
• Il quale ha quattro strumenti:
- Svalutazione del tasso di cambio nominale. Rende più competitive le merci nazionali. Quindi fa aumentare le esportazioni e diminuire le importazioni: ΔE>0, ΔM<0
- Deprezzamento reale. Fa abbassare il costo del lavoro rendendo più competitive le merci nazionali. Quindi fa aumentare le esportazioni e diminuire la importazioni: ΔE>0, ΔM<0
- Innalzamento di barriere protezioniste. Fa diminuire le importazioni:
ΔM<0
- Innesco di una recessione. Riducendo la spesa pubblica e/o
aumentando le tasse si riducono l’occupazione e i consumi. Quindi diminuiscono le importazioni: ΔM<0
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CAPITOLO 9
LA GLOBALIZZAZIONE NELL’IMPERIALISMO POSTCOLONIALE
Gli accordi di Bretton Woods
• In un incontro del 1941 Franklin D. Roosevelt e Winston Churchill firmano l’Atlantic charter, un accordo diplomatico che stabilisce alcuni principi per la riorganizzazione del mondo nel dopoguerra. Tra le altre cose prevede l’impegno a sviluppare il commercio internazionale e la collaborazione economica tra le nazioni per favorire la prosperità globale. Poi nel 1942 Gran Bretagna e Stati Uniti si accordano per lanciare una cooperazione economica finalizzata al sostegno alla crescita della produzione, dell’occupazione e del commercio
• Nel giugno 1944 si apre la conferenza di Bretton Woods (una cittadina nel New Hampshire), con l’obiettivo di dar vita a un accordo multilaterale per eliminare le restrizioni al commercio, i blocchi valutari e le svalutazioni competitive. Obiettivi principali:
- Libero scambio per favorire la pace mondiale
- Multilateralismo, cioè accordi commerciali non discriminatori tra molti paesi all’interno di organizzazioni internazionali
- Sviluppo economico, piena occupazione, stato sociale, stabilità economica
Gli accordi di Bretton Woods (continuazione)
• Principale interesse degli Stati Uniti: creare un mercato per le merci e i servizi americani
• Principale interesse dei paesi europei: ottenere aiuti americani per la ricostruzione
• Le due delegazioni dominanti sono quella americana (guidata da Harry Dexter White) e quella Inglese (guidata da John Maynard Keynes)
• Tesi di Keynes: fondare una banca centrale mondiale capace di creare moneta. La moneta internazionale si sarebbe chiamata Bancor e sarebbe stata ancorata all’oro e ad alcune valute nazionali. La banca avrebbe creato moneta concedendo credito ai vari paesi. Nel caso di squilibri delle Bilance dei Pagamenti l’onere dell’aggiustamento
sarebbe gravato sia sui paesi debitori sia su quelli creditori (che avrebbero dovuto aumentare le proprie importazioni). Obiettivo principale: favorire lo sviluppo
economico
• Tesi di White: Creare non una banca centrale mondiale bensì un fondo di
stabilizzazione e una banca per la ricostruzione. Si sarebbe istituita una moneta
mondiale, chiamata Unitas, che avrebbe funzionato però solo come unità di conto e come ricevuta per l’oro versato dai vari paesi al fondo di stabilizzazione. Il fondo non crea moneta. In caso di squilibri delle Bilance dei Pagamenti l’onere dell’aggiustamento spetta ai paesi in deficit. Obiettivo principale: Favorire la stabilità dei prezzi
• L’accordo finale raggiunto vede la vittoria delle tesi americane
• Viene istituito un sistema di Gold Exchange Standard imperniato sul Dollaro. Il Dollaro è la principale moneta di riserva internazionale
• È ancorato all’oro a un tasso di 35$ = 1 oncia. La Federal Reserve si impegna a convertire Dollari in oro se la richiesta viene da una banca centrale
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