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Padre Cornelio Maria Del Zotto Sorelle Clarisse di Porto Viro

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Academic year: 2022

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G li A n G eli nell A B iB Bi A

G li A nGeli

nellA B iBBiA

Padre Cornelio Maria Del Zotto Sorelle Clarisse di Porto Viro

ISBN 978-88-88287-49-2

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Gli Angeli nella Bibbia

Messagggeri dell’Amore di Dio

2 Ottobre 2011

Festa dei Santi Angeli

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Tel. 0425 89103

Internet: www.parva.it - e-mail: edizioniparva@parva.it

Tutti i diritti sono riservati a norma di legge e a norma delle convenzioni internazionali.

Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta con sistemi elettronici, meccanici o altri, senza autorizzazione scritta dell’Editore.

Ricerche fotografiche Sorelle Clarisse di Porto Viro (RO).

Testi e ricerche bibliche: Padre Cornelio Maria del Zotto e Sorelle Clarisse di Porto Viro.

Impaginazione e progetto grafico, xxxxxxxxxxx

Stampa Grafiche Corra S. r. l. Arcole (VR) Distribuzione Dehoniana Libri S.p.a. - Bologna ISBN 978-88-88287-49-2

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Padre Cornelio Maria Del Zotto Sorelle Clarisse Adoratrici

di Porto Viro

Monastero “Cuore Immacolato di Maria”

PORTO VIRO (RO)

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Alla Vergine Santissima Immacolata, Santa Maria degli Angeli,

Madre della Chiesa

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fedeli ministri di Dio potenti esecutori dei suoi comandi:

proteggeteci, aiutateci

e guidateci.

San Raffaele

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Prefazione

S

ono ben felice di scrivere due parole di introduzione a questo libro, veramente stupendo, che parla degli Angeli nella Bibbia.

È una raccolta diligente di quasi tutti i passi della Sacra Scrittura che parlano degli Angeli Santi, come Messaggeri di Dio e zelanti suoi collaboratori lungo il corso della storia della salvezza. Non è possibile leggere la Bibbia senza imbattersi negli Angeli. Basti pensare alle parole di Gesù per prenderli sul serio: “Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell’uomo, quando verrà nella gloria sua e degli Angeli santi” (Lc 9,26). La presenza degli Angeli trapunta di luce e riempie di sicura speranza anche gli avvenimenti più drammatici della storia sacra sia dell’Antico che del Nuovo Testamento.

Meritano, quindi, un plauso le Sorelle Clarisse Adoratrici di Porto Viro, che con infinita pazienza e diligente ricerca, hanno raccolto i testi riguardanti gli Angeli, inserendoli in una cornice teologica di brevi e illuminanti spiegazioni con delle immagini splendide che rendono più intelligibile il testo e piacevole la lettura. Tanto più lodevole appare l’opera compiuta dalle Suore, in quanto gli esperti in cosa biblica, sentendosi costretti a seguire il metodo storico corrente, anche nell’interpretazione degli eventi salvifici, tendono ad eliminare o a spiegare solo razionalmente in chiave psicologica tutti gli eventi straordinari della Bibbia eliminando così anche gli Angeli dai racconti dell’Antico e del Nuovo Testamento. Come ho letto in un poderoso “Dizionario di mistica”, di recente pubblicazione, la voce “Angeli” è stata scritta da un rinomato Sacerdote psicologo di fama internazionale. Orbene, l’illustre psicologo non legge la Bibbia in chiave di fede, ma in chiave psicologica, riducendo gli interventi degli Angeli ad allucinazioni, prodotte dalla capacità che ha l’uomo di proiettare nel presente o nel futuro le sue suggestioni inconsce. Così si dilunga nello spiegare come i sogni-visione di San Giuseppe fossero semplicemente delle proiezioni di preveggenza. Naturalmente, l’illustre psicologo non accenna neppure all’Annunciazione dell’Angelo a Maria Santissima, eliminando così l’intervento più importante della storia sacra, cioè l’Incarnazione del Verbo, mediante l’intervento salvifico dell’Arcangelo Gabriele, come dettagliatamente racconta, ispirato dallo Spirito Santo, l’Evangelista San Luca (Lc 1,26-38).

Mi sia permesso qui ricordare all’illustre psicologo - il quale, essendo Sacerdote e Religioso dovrebbe anche aver studiato la teologia - che l’esistenza degli Angeli è un dogma di fede cattolica definito dal Concilio Lateranense IV nel 1215 e confermato dal Concilio Vaticano I nel 1870! Sia ben chiaro che le definizioni conciliari, come la Costituzione Apostolica “Firmissime credimus” del Concilio Lateranense IV, obbligano tutti i cristiani appartenenti alla Chiesa Cattolica a “credere fermissimamente”

all’esistenza degli Angeli!

Inoltre, mi permetta l’illustre sacerdote psicologo, di ricordargli che Gesù ha detto esplicitamente che chi osa togliere un apice o un jota dalla Bibbia, viene tagliato fuori lui, perché la Parola di Dio è una spada a doppio taglio affilatissima!

Viene proprio da esclamare con Gesù, in un impeto di incontenibile esultanza

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nello Spirito: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché queste cose le hai tenute nascoste ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli! Sì, Padre, perché così è piaciuto a Te!” (Lc 10,21).

“Beati, perciò, gli occhi che vedono” (Mt 13,16) gli Angeli! E beati quanti leggeranno questo libro che parla degli Angeli nella Bibbia!

Grazie ancora alle Sorelle Clarisse Adoratrici di Porto Viro, che ci offrono questa preziosa opportunità di incominciare a conoscere o di approfondire e completare la nostra conoscenza degli Angeli.

Non dimentichiamo poi di essere riconoscenti al nostro Santo Angelo Custode, al quale Dio Padre ci ha affidato fin dal primo istante del nostro concepimento, affinché, illuminati dalla sua presenza e sostenuti dalla sua forza, possiamo procedere fidenti e lieti per le vie della vita terrena per raggiungere, infine, insieme con lui, la visione di Dio nell’eterna beatitudine del cielo e cantare a Lui insieme agli Angeli, eternamente felici: “Santo, santo, santo è il Signore, Dio dell’universo. I cieli e la terra sono pieni della Sua gloria” (Is 6,3). Allora esperimenteremo quanto sia bello il Paradiso!

Sempre, però, che ci avviamo fin d’ora verso il Cielo, sulle orme tracciate dal nostro Angelo Custode, che mai ci abbandona, finché insieme con lui non avremo raggiunto la meta desiderata.

Incominciamo fin d’ora ad amare e rispettare non solamente il nostro Santo Angelo Custode, ma anche quello degli altri che incontriamo nella vita e per suo amore e con il suo aiuto cerchiamo di voler bene a tutti, perché ben sappiamo che con loro saremo concittadini in Cielo per sempre insieme ai nostri Santi Angeli Custodi.

E intoniamo fin d’ora i più bei cantici di lode a Santa Maria degli Angeli, la Santa Madre di Dio e Madre nostra amorosissima, che San Francesco chiamava con il dolce nome di “Vergine fatta Chiesa”.

Accompagnino il lettore di questo prezioso libro sugli Angeli le parole illuminanti del Venerabile Papa Pio XII, che suonano all’orecchio di ogni credente come un inno di lode a Dio che ci ha donato un Angelo Santo che ci accompagna per i turbinosi sentieri della vita fino al compimento del suo mandato di consegnarci fedelmente a Dio, perché possiamo felicemente contemplarne il mirabile Volto per tutta l’eternità.

Con queste parole rivolte a un gruppo di pellegrini americani il 3 Ottobre 1958, qualche giorno prima che il Signore lo chiamasse in Paradiso, il “Pastore Angelico” ci lascia come un testamento spirituale: «Ieri la Chiesa ha festeggiato la Festa dei Santi Angeli Custodi. Essi sono gli abitanti di questo mondo spirituale, che vi circonda.

Essi furono mandati, secondo il disegno della Divina Provvidenza, nella città che avete visitato. Essi vi hanno accompagnato durante il vostro viaggio. Non ha detto Gesù Cristo parlando dei bambini, sempre così vicini al suo Cuore tanto puro e pieno di tenero amore: “I loro Angeli nel Cielo contemplano sempre il Volto del Mio celeste Padre?” (Mt 18,10). Quando poi i bambini crescono e divengono adulti, forse che allora gli Angeli li lasciano soli? No, impossibile! Ieri abbiamo pregato nella Liturgia: “Noi festeggiamo gli Angeli Custodi degli uomini, che Dio ha donato a ciascuno di loro come Celeste Compagno, per proteggere la debole natura umana lungo il cammino della vita, affinché gli uomini a causa delle allettanti e subdole tentazioni del Demonio non deviino dal retto cammino”.

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Questo concetto ritorna spesso negli scritti dei Padri della Chiesa. Ogni uomo, sia pure all’apparenza tanto piccolo, ha degli Angeli che lo accompagnano. Essi sono così splendidi, così puri, così meravigliosi e tuttavia sono stati a voi donati come compagni di viaggio. Essi sono stati incaricati di proteggervi sollecitamente, affinché mai abbiate da separarvi da Gesù Cristo nostro Signore.

Essi poi non solamente vi proteggono dai pericoli lungo il cammino della vostra vita terrena, ma sono sempre attivi al vostro fianco per incoraggiarvi e corroborare le vostre anime a tendere continuamente a una sempre maggiore unione con Dio per la mediazione di nostro Signore Gesù Cristo.

Carissimi pellegrini, giacché potemmo accogliervi in Udienza, non vogliamo tralasciare di affidarvi al cuore una breve parola di paterna ammonizione. Risvegliate e affinate i vostri sensi spirituali verso il mondo invisibile che vi circonda - “poiché il mondo visibile è passeggero, quello invisibile invece è eterno” (2 Cor 4,18). Procurate di vivere in intima familiarità con gli Angeli, che con tanto zelo si preoccupano della vostra salvezza e della vostra santificazione! Dio conceda a voi la grazia di poter condividere con loro una eternità felice in Paradiso. Incominciate perciò fin da questo istante a farne la conoscenza!» (Pio XII, “Audience at Castel Gandolfo”, October 3, 1958, in: Osservatore Romano. Weekly edition, October 1958).

“Gli Angeli, infatti, sono deiformi e i carismi di grazia che ricevono dal Signore li riversano munificamente nei cuori dei fedeli” (San Bonaventura). Essi ci aprono all’Amore di Dio, allo stupore e alla meraviglia di fronte ai Suoi prodigi, dischiudono in noi la preghiera e il canto, ci introducono nella liturgia di lode e di adorazione, ci accompagnano fidenti e lieti per le vie della vita, mantenendo viva in noi la Presenza di Dio e scuscitando in noi l’insaziabile nostalgia di poter un giorno contemplare il Suo mirabile Volto.

“Dio sia la nostra gloria - scrive il Papa San Clemente - e in Lui riposi la nostra fiducia.

Siamo soggetti alla Sua Volontà e consideriamo come tutta la moltitudine degli Angeli stia alla Sua Presenza, a servizio della Sua Volontà. (Anche noi Dio chiama ciascuno per nome, e ci attende ogni giorno al luogo santo della Sua adorazione!). Dice infatti la Scrittura “Mille migliaia Lo servivano e diecimila miriadi Lo assistevano” e “proclamavano l’uno all’altro: Santo, santo santo è il Signore degli eserciti. Tutta la creazione è piena della Sua Gloria”(Dn. 7, 10. Is. 6, 3). Anche noi dunque uniamoci nello stesso luogo e nella concordia dei sentimenti, e gridiamo continuamente a Lui come con una sola bocca, per essere partecipi delle Sue grandi gloriose promesse.

È detto infatti: “Occhio mai non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore d’uomo quelle cose che Dio ha preparato per coloro che Lo aspettano” (cfr. 1 Cor. 2, 9).

“Il desiderio degli Angeli di vedere Dio” (1Pt 1, 12) accenda in noi lo stesso insaziabile desiderio di poter contemplare il Suo Volto, ma anche di poter felicemente giungere lassù nel Cielo dove Lui ci attende ed Essi già vivono beati contemplando perennemente il Volto di Dio.

Padre Cornelio Maria Del Zotto M.H.C.

Superiore Generale

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Introduzione

G li A nGeli e lA rivelAzione

C hi sono Gli A nGeli ?

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li Angeli sono creature puramente spirituali, incorporee, invisibili e immortali, sono esseri personali dotati di intelligenza e di volontà. Essi, contemplando incessantemente Dio faccia a faccia, Lo glorificano, Lo servono e sono Suoi messaggeri nel compimento della missione di salvezza per tutti gli uomini (CCC, Compendio n.60).

Nella nostra cultura sono diffusi dubbi e negazioni riguardo agli Angeli e ai demòni.

Papa Giovanni Paolo II, alle molte persone che negano l’esistenza degli Angeli dice: “Se ci si volesse sbarazzare degli Angeli si dovrebbe rivedere radicalmente la Sacra Scrittura stessa e in essa tutta la storia della Salvezza”. La Rivelazione attesta la creazione degli Angeli quali puri spiriti, intelligenti e liberi. Essi dovevano riconoscere Dio, come loro Signore Onnipotente, come Unico Tutto.

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Gli Angeli Ribelli

A

questa prova furono sottoposti gli Angeli. Una parte degli Angeli non riconobbe la sovranità di Dio: sono gli Angeli ribelli, nemici dell’uomo e chiamati demòni. Accecati dall’orgoglio si sono ribellati a Dio con una scelta irrevocabile e perciò impossibile da perdonare.

Il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica alla domanda: Che cos’è la caduta degli Angeli? Risponde: “Con tale espressione si indica che Satana e gli altri demòni di cui parla la Sacra Scrittura e la Tradizione della Chiesa, da Angeli creati buoni da Dio, si sono trasformati in malvagi, perché, con libera e irrevocabile scelta, hanno rifiutato Dio e il Suo Regno, dando così origine all’Inferno. Essi tentano di associare l’uomo alla loro ribellione contro Dio, ma Dio afferma in Gesù Cristo la Sua sicura vittoria sul maligno”

(CCC, Compendio n.74).

“Dio infatti non risparmiò gli Angeli che avevano peccato ma li precipitò negli abissi tenebrosi dell’Inferno, serbandoli per il Giudizio” (2 Pt 2,4).

“E questi Dio li tiene in catene eterne, nelle tenebre, per il Giudizio del gran giorno” (Gd 6).

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Gli Angeli Santi e fedeli

U

na parte degli Angeli ha accolto Dio: sono gli Angeli santi, sono gli Angeli fedeli, che riconoscendo l’eccellenza di Dio, per la loro fede e umiltà si trovano immersi in Dio come vivide fiamme intorno al Suo Trono.

Stanno davanti a Dio per servirLo, contemplano la gloria del Suo Volto e giorno e notte cantano la Sua Lode.

“Potenti esecutori dei suoi comandi, pronti alla voce della Sua parola”

(Sal 103,20), intervengono nella storia dell’umanità a servizio del Suo Disegno di salvezza.

“Zelantissimi nel compiere la Volontà di Dio - scrive San Giovanni Damasceno - gli Angeli, con la velocità del baleno rapidissimamente eseguono la Volontà di Dio compiendo immediatamente quanto Dio loro comanda”.

Gli Angeli santi, essendo stati confermati in grazia, dopo la loro splendida prova di fedeltà a Dio, sono perfettissimi in ogni loro azione, sia nella perenne e purissima adorazione dell’Altissimo Signore Iddio, come pure nell’adempimento immediato di ogni cenno della Sua Santissima Volontà.

È così che li incontriamo in ogni ambito della vita della Chiesa. In primo luogo nell’adempimento essenziale ed ineludibile della manifestazione di Adorazione, che culmina nella celebrazione liturgica e nel Sacrificio della Santa Messa ovunque essa venga celebrata, nella Chiesa Santa di Dio.

Gli Angeli sono liturghi perfetti e meravigliosi che intonano i cantici della lode della Chiesa, accordandoli al Sanctus perenne dei Serafini nel Cielo. Per questo fin dall’antichità vennero invocati come perfetti cultori di Dio Altissimo e impeccabili esecutori della Sua Santissima Volontà.

Così li esperimenta il profeta Isaia, come irradiatori potenti della Gloria di Dio, che riempie il tempio in ogni celebrazione liturgica e ne trasmette la volontà salvifica, partecipandone il dono. Così, egli stesso, purificato dai suoi peccati e abilitato a compiere il Divino Volere viene reso partecipe della vocazione profetica e gioiosamente aderisce, anche lui, come gli Angeli, subito e perfettamente, al Progetto salvifico di Dio: “Eccomi, manda me!” (Is 6,8b).

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La creazione dell’uomo

Q

ual’era la condizione originaria dell’uomo secondo il Progetto di Dio? “Dio, creando l’uomo e la donna, aveva loro donato una speciale partecipazione alla propria vita divina in santità e giustizia. Nel Progetto di Dio l’uomo non avrebbe dovuto né soffrire, né morire. Inoltre regnava una armonia perfetta nell’uomo in se stesso, tra creatura e Creatore, tra uomo e donna, come pure tra la prima coppia umana e tutta la creazione (CCC, Compendio n.72). All’inizio dunque Dio offre all’uomo la propria Amicizia e una condizione di vita paradisiaca.

Ma l’uomo Gli si ribella con il primo peccato: si oppose all’obbedienza, volendo sperimentare tutto e decidere da sé ciò che è bene e ciò che è male.

Pretese di realizzare senza Dio e senza la Sua Grazia, il proprio desiderio illimitato di vivere: essere praticamente un dio, autosufficiente e onnipotente.

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n Che CosA Consiste il primo peCCAto dell

uomo

?

“L’uomo tentato dal diavolo, ha lasciato spegnere nel suo cuore la fiducia nei confronti del suo Creatore e, disobbedendoGli, ha voluto diventare “come Dio” senza Dio, e non secondo Dio (cfr Gn 3,5). Così Adamo ed Eva hanno perduto immediatamente per sé e per tutti i loro discendenti la grazia originale della santità e della giustizia” (CCC, Compendio n.75).

Dopo la creazione di tutte le cose, (fatte con una sola Parola) Dio creò l’uomo fatto a Sua immagine, capace di dialogare con Lui, di conoscerLo e di amarLo.

L’orgogliosa opposizione a Dio fu il peccato di origine, che causò la rottura dell’armonia originaria dell’uomo con Dio, con se stesso, con gli altri e con la natura.

Pertanto Dio lo mandò via dal Paradiso terrestre e vi pose a custodia i Cherubini, cioè gli Angeli delle alte gerarchie con una spada folgorante.

“Il Signore Dio scacciò l’uomo dal giardino di Eden perché lavorasse il suolo da dove era stato tratto e pose, ad oriente del giardino di Eden, i Cherubini e la fiamma della spada folgorante per custodire la via all’albero della vita” (Gen 3,23).

La cittadinanza del cristiano è nei Cieli e solo questa verità è capace di trasfigurare fin d’ora la nostra vita a immagine di Gesù Cristo. La nostra mèta è la vita eterna e già ora noi possiamo iniziare ad essere trasfigurati dall’incontro con Dio. Abramo, Mosè, i Profeti e tutta la schiera dei Santi sono la dimostrazione di questa trasformazione e sono la garanzia che questa trasformazione, attraverso la fede, è accessibile a tutti. Quanto più noi ci immergiamo nel nostro Dio con la preghiera, tanto più il nostro volto si trasfigura, perché la realtà di essere figli di Dio, ricevuta nel Battesimo, si libera nella preghiera trasfigurando la nostra vita.

Non è forse vero che qualcosa di trascendente traspare negli occhi, nelle parole, nei gesti di chi fa l’esperienza di Dio? La realtà intima e profonda, che è Dio in noi, pervade così tutto il nostro essere. Portiamo dunque ai fratelli la bellezza dell’incontro con Dio e il nostro volto trasfigurato sarà simile a quello del nostro Angelo custode. Se annullassimo la nostra resistenza al soprannaturale, ci vedremmo da ogni parte come inondati di luce

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divina e saremmo non solo radiosi nella bellezza della grazia, ma immensamente felici.

I Santi, pieni di fede, hanno visto e vedono assai più che gli scienziati e colgono da ogni cosa o creatura l’armonia, la sapienza, l’amore che è oltre ogni cosa e oltre ogni creatura mortale: tale realtà sfugge agli scienziati.

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nGeli viCino All

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li Angeli, come zelantissimi esecutori dei comandi di Dio e suoi perfetti adoratori, introducono gli uomini nell’adempimento del progetto di Dio rendendoli annunciatori efficaci e operatori potenti della Sua Volontà salvifica.

Rapiti come sono perennemente in Dio, essi non riescono a comprendere la stoltezza degli uomini che osano ribellarsi a Dio, offendendoLo con il peccato. Per cui Dio stesso ci ammonisce: “Sta attento alle sue indicazioni e dà ascolto alla sua voce e non credere di poterlo disattendere: poiché se pecchi, non ti perdona, giacché il Mio Nome è in Lui” (Es 23,21).

L’Angelo, infatti, non agisce per propria iniziativa, ma solo in Nome di Dio e secondo il mandato ricevuto da Dio.

Quando l’uomo dubita, Egli, in Nome di Dio, punisce il colpevole per richiamarlo alla fiducia in Dio e al pieno adempimento della Sua Santissima Volontà.

Gli Angeli, esecutori dei progetti salvifici di Dio, sono cooperatori efficaci nella storia della salvezza, ministri di grazia, pronti a realizzare il progetto di Gesù Cristo per offrire insieme con Lui il Regno al Padre, affinché “Dio sia tutto in tutti” (1 Cor 15,29).

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Questo si deve dire e riconoscere loro in ogni intervento salvifico sia di mediazione diretta della grazia salvifica, come nell’Annunciazione alla Vergine Maria dando l’ultimo tocco alla grazia nel Cuore della Vergine Santissima, intonandovi il Magnificat della riconoscenza piena e della lode perfetta all’Onnipotente, “che ha operato in Lei grandi cose” (Lc 1,46- 55), sia quando punisce, come nel caso di Zaccaria, che si contrappone alla Volontà di Dio.

Ecco, quindi l’ambito di operazione e la modalità esplicita di compimento della Volontà di Dio nei riguardi della Vergine Maria, del sacerdote Zaccaria e di ogni uomo che Dio interpelli, mandando il Suo Angelo come messaggero di salvezza ed esecutore fedele della Sua Santissima Volontà.

Per questo dobbiamo vedere gli Angeli sempre e solo nella luce radiosa della glorificazione di Dio e della partecipazione degli uomini alla Sua Volontà salvifica, comunque essa si manifesti, secondo il beneplacito di Dio.

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li Angeli Santi sono perciò custodi integerrimi dell’integrità della creazione e sublimi cantori della signoria di Dio nell’universo, redento e riconciliato in Dio.

“La liturgia terrena è un entrare nella forma di vita degli Angeli” (Benedetto XVI). Infatti la liturgia in senso originale e primigenio consiste proprio nell’adesione piena alla Santissima Volontà di Dio, in ogni aspetto della Sua Manifestazione per ricomporre, nell’armonia del Cantico, uomini e cose, l’universo intero, in vista dell’accoglienza della creazione come dono di Dio e di se stessi, diventando glorificatori di Dio insieme al creato.

Lo aveva ben compreso San Francesco, il quale, reso puro e riacquistata per singolare grazia e privilegio l’innocenza originale, divenne l’inclito cantore di Dio nel creato. Accordato sulla croce della mistica stimmatizzazione, lui solo poté raccogliere nel suo cuore puro, reso perfetto dalla grazia rigenerante dello Spirito Santo, fin nelle più arcane tonalità, tutte le voci delle creature, rese limpide e trasparenti alla luce sempre

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nuova e rigenerante del Sole di Dio che, compiacendosi in esse, le rendeva raggianti alla Sua Presenza, come Sua pura lode di gloria.

Il creato, infatti, attende di essere liberato dalla schiavitù del peccato e geme intensamente sospirando il momento della liberazione nella piena libertà dei figli di Dio (cf. Rm 8,18 ss.), anzi ancor più precisamente nella “rivelazione della gloria dei figli di Dio”. Ma questa rivelazione non può essere completa fintantoché non sia rivelata nei figli di Dio la loro immagine di Gloria, nel pieno riconoscimento e nella perfetta glorificazione di Dio in loro stessi prima che nel creato e per il creato, proprio come canta San Francesco, l’uomo nuovo e riconciliato in Dio:

“Tu sei la mia forza dalla nascita,

dal grembo di mia madre Tu sei il mio protettore:

a Te il mio canto senza fine.

Della tua lode sia piena la mia bocca, perché io canti la Tua gloria,

tutto il giorno la Tua grandezza” (FF 298).

Allora, incantato da questa sublime lode di gloria, l’universo intero fa risuonare la sua lode nel cuore puro del Poverello, innamorato solo di Dio, lasciandosi intonare perfettamente sulla Croce, alle cetre dei Serafini ardenti e diviene sinfonia dell’amore, a lode e gloria della Sua grazia gloriosa:

“Laudato sie, mi Signore, cum tutte le Tue creature”, per concludere il cantico in una sublime lode di vita:

“Laudate e benedicete mi Signore e ringraziate e serviteli cum grande humilitate” (FF 263).

In tal modo, come avvenne esemplarmente in San Francesco, si deve realizzare in noi la vocazione primigenia “di essere santi e immacolati al Suo cospetto nella carità, a lode e gloria della Sua grazia gloriosa”.

“Benedetto sia Dio e Padre di nostro Signore Gesù Cristo che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo, e preeletti in Lui prima della costituzione del mondo perché fossimo santi e immacolati al Suo cospetto nella carità. Che ci ha predestinati ad essere figli adottivi di Dio per Gesù Cristo, in vista di Lui, secondo il beneplacito della Sua Volontà, a lode della gloria della Sua grazia, con la quale ci ha gratificati nel Suo diletto Figlio. Nel quale abbiamo la redenzione mediante il Suo Sangue, la remissione dei peccati secondo la ricchezza della Sua grazia, che ha effuso in noi con sovrabbondanza, con ogni sapienza e intelligenza per manifestare a noi il mistero della Sua Volontà, secondo il Suo beneplacito che ha prestabilito in Lui nella economia salvifica della pienezza dei tempi di ricomporre nell’unità primigenia in Cristo tutte le cose quelle nei cieli e quelle sulla terra, in Lui. Nel quale anche noi abbiamo avuto la grazia di essere chiamati, predestinati secondo il proposito di Colui che compie tutte le cose secondo il Consiglio della Sua Volontà, affinché siamo a lode della Sua gloria noi, che già abbiamo sperato in Gesù Cristo. Nel quale anche voi, avendo udito le parole della Verità, il Vangelo della vostra salvezza, nel quale pure credendo siete stati sigillati nello Spirito Santo che è il pegno della nostra eredità per la redenzione acquisita, a lode della Sua stessa Gloria” (Ef 1,3-14).

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“Operando quindi la verità nella carità, (anzi, secondo la pregnanza del testo greco, “diventando veri nella carità”) cresciamo in Lui per tutte le cose riguardo a Lui che è il Capo Cristo, dal quale tutto il corpo compatto e ben connesso secondo ogni giuntura in connessione piena secondo l’operazione propria di ciascun membro contribuisce all’accrescimento del Corpo di Gesù Cristo edificandosi insieme nella carità” (Ef 4,15-16).

“Rinnovatevi quindi - ci esorta l’Apostolo delle Genti - nello spirito della vostra mente (“lasciandovi ricreare”, afferma con vigore il testo greco) nello spirito della vostra mente (diventando “nuove creature”) e rivestite l’uomo nuovo, che è stato creato (ecco la nuova creazione!), secondo Dio nella giustizia e nella santità della verità” (Ef 4,23-24).

Si tratta, quindi, di lasciare tutto il passato, comprese le nostre amate abitudini e di non pensarci più per entrare nel dinamismo della creazione nuova, già iniziato in noi con il santo Battesimo e rinnovantesi in ogni adesione amorosa al Suo beneplacito nel compimento fedele, felice e fecondo della Volontà santissima di Dio nei nostri riguardi sì da “essere riempiti di tutta la pienezza di Dio” (Ef 3,19).

San Paolo scrive palesandoci quel mistero che gli era stato concesso di contemplare nel rapimento estatico nel quale aveva visto cose indicibili mai palesate ad uomo, ma a noi rivelate in Gesù Cristo nell’economia di grazia, nella pienezza dei tempi. In Cristo Gesù, infatti, è venuta già la pienezza dei tempi (Gal 4,4), non nel senso che con la Sua venuta finiscano i tempi, ma nel senso che in Lui, compitore perfetto di tutte le promesse di Dio, il tempo entra nel suo compimento definitivo.

Così ora è possibile anche la comprensione del Mistero nascosto da secoli, ma a noi rivelato in Cristo, ossia il Disegno di ricapitolare in Cristo tutte le cose quelle del cielo come quelle della terra, in Lui, affinché Lui stesso possa finalmente offrire il Regno al Padre e “Dio sia tutto in tutti” (1 Cor 15,28).

Orbene, la conoscenza degli Angeli santi e la cooperazione con loro per l’edificazione del Corpo di Cristo e per l’avvento del Regno di Dio fa parte di quel “Mistero grande” (Ef 5,32) di cui parla San Paolo e al quale Gesù stesso fa riferimento parlando con Natanaele, meravigliato di sentirsi “scoperto” dal Signore Gesù e trasferito di botto nel Suo Regno come cooperatore definitivo al Suo avvento, come Apostolo dei tempi nuovi (Gv 1,51).

Bisogna entrare in questa novità dello Spirito, dove anche gli Angeli diventano visibili, per cooperare con essi all’avvento del Regno di Dio. Le cose passate non contano più.

“Colui che siede sul trono ha già detto: «Ecco, Io faccio nuove tutte le cose!»” (Ap 21,5).

Lo aveva preannunciato tramite il profeta Isaia: “Vi sarà un sentiero e una via che sarà chiamata Via Santa” (Is 35,8). “I redenti del Signore la percorreranno e verranno in Sion con cantici di lode: letizia sempiterna scintillerà sul loro capo, avranno gioia e letizia e nessun dolore o tristezza li affliggerà” (Is 35,10). Anzi Dio stesso prenderà l’iniziativa, che invero ha già preso su di noi, prima che il mondo fosse, prima che spuntassero i monti e le stelle fossero create, prima che sgorgassero le fonti d’acqua e il mare tumultuasse nel suo inno maestoso all’Altissimo come “voce di molte acque” (Ap 19,6).

Perché prima della creazione del mondo Dio ci ha convocati in assemblea liturgica “per esser santi e immacolati al Suo cospetto nella carità” (Ef 1,4). Solo allora potrà risuonare nei cieli e sulla terra il cantico di lode, quando verrà riconosciuto il Figlio Primogenito di

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Dio, Gesù Cristo come unico Signore.

“È Lui, infatti, l’Immagine del Dio invisibile, il Primogenito di ogni creatura, perché in Lui sono state create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili (ossia Angeli e uomini), sia i troni, sia le dominazioni, sia i principati che le potestà: tutte le cose sono state create per Lui e in Lui, e Lui è prima di tutte le cose e tutte le cose hanno in Lui la loro sussistenza e Lui è il Capo del corpo che è la Chiesa, il Principio, il Primogenito di coloro che risuscitano dai morti.

Bisogna, perciò, che Lui abbia il Primato su tutte le cose.

Perché in Lui si compiacque di fare abitare ogni pienezza e per Lui riconciliare a Sé tutte le cose, tutte in Lui, rappacificandole mediante il Sangue della Sua Croce, sia quelle della terra che quelle del cielo” (Col 1,15-20).

Solo in questa prospettiva di ricapitolazione in Gesù Cristo di tutte le cose, sia dei cieli che della terra, nel compimento perfetto del Disegno salvifico del Padre Celeste, è possibile impostare un discorso serio sulla cooperazione degli Angeli al compimento del Suo Disegno di salvezza.

Gli Angeli rappresentano l’altro mondo

L

a vetta della montagna che i Cristiani, con la Chiesa militante (circondata da Angeli) devono, come pellegrini, raggiungere, è la Chiesa trionfante. Essa è la Celeste Gerusalemme, il monte santo di Sion, la città di Dio.

Un’antica preghiera del pio Israelita recita: “Ecco non dorme e non prende sonno il custode di Israele; alla mia destra Michele, alla mia sinistra Gabriele, davanti a me Uriele, dietro di me Raffaele e sopra il mio capo la presenza di Dio”.

Ai pellegrini è richiesta, come anticipo, la fede e, come acconto della gloria, l’amore che devono vivere e donare. Questa vita dei pellegrini già iscritti nei cieli, perché predestinati alla gloria eterna, viene così vissuta in una fede forte e in un amore ardente e tale vita, accompagnata dagli Angeli, si fa sempre più luminosa, simile a coloro che già abitano la Città di Dio.

San Paolo, al quale fu concesso di contemplare in visione il mistero nascosto da secoli:

“Gesù Cristo in voi speranza della Gloria” (Col 1,27), lo proclama con vigore:

Voi invece vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a migliaia di Angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti resi perfetti, a Gesù, mediatore dell’alleanza nuova e al sangue purificatore, che è più eloquente di quello di Abele.

(Eb 12,22-24)

(20)

Somigliare agli Angeli vuol dire avere in sé qualcosa di celestiale

È

la bellezza interiore del cuore e della mente, della vita e dell’anima, che illuminando il volto, rende la creatura simile agli Angeli e appartenente alla schiera dei Santi.

Dio infatti “ha creato l’uomo di poco inferiore agli Angeli, di gloria e di onore lo ha coronato” (Sal 8,6).

La preghiera è una potenza spirituale che non solo ottiene grazie, ma trasfigura chi prega e lo rende simile agli Angeli.

“Il Cammino della Chiesa conduce dalla Gerusalemme terrestre a quella celeste...

alla città degli Angeli e dei Santi” ... “Nella Liturgia quale spazio vissuto della Chiesa per la lode di Dio, l’Ufficio divino celebrato sulla terra si trova, quindi in una relazione indissolubile con la Gerusalemme Celeste: là è offerto a Dio e all’Agnello il vero ed eterno sacrificio di lode, di cui la celebrazione terrena è solamente anticipo. Chi partecipa alla Santa Messa si ferma quasi alla soglia della sfera celeste, dalla quale contempla il culto che si compie tra gli Angeli e i Santi”.

“In qualsiasi luogo in cui la Chiesa terrestre intona la sua Lode Eucaristica, essa si unisce a questa festosa assemblea celeste, nella quale, nei Santi, è già arrivata una parte di se stessa, e dà speranza a quanti sono ancora in cammino su questa terra verso il compimento eterno” (Benedetto XVI, “Straniero in cerca di eternità”, in: L’Osservatore Romano - edizione settimanale in lingua italiana, n.43, Venerdì 29 Ottobre 2010 pagina 7).

Gli Angeli custodi del paradiso

adoratori perfetti di dio e messaggeri di dio per la salvezza degli uomini

L

a dimora degli Angeli è il Cielo, dove essi sussistono beatamente in Dio. Fin dal primo racconto della creazione, troviamo gli Angeli accanto a Dio per servirLo e per custodire l’intera Sua creazione. Quando poi, ai primi passi dell’umanità, i nostri progenitori vengono meno al loro impegno di fedeltà a Dio, lasciandosi trascinare nella disobbedienza dall’Angelo ribelle, gli Angeli fedeli diventano esecutori del giusto giudizio di Dio, cooperando con Lui per la custodia santa del Suo Paradiso.

La caduta dei nostri progenitori fu causata da poco amore e fiducia in Dio. Adamo ed Eva vengono mandati via dal Paradiso di delizie. Essi non avevano saputo custodire il Paradiso Terrestre perciò Dio li allontanò da questo e vi pose a custodia dei Cherubini, cioè degli Angeli delle alte gerarchie con una spada guizzante per custodire la strada che portava all’Albero della Vita.

(21)

Un Cherubino custodisce la Porta del Paradiso

“Il Signore Dio scacciò l’uomo dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da cui era stato tratto. Scacciò l’uomo e pose a oriente del giardino di Eden i Cherubini e la fiamma della spada guizzante, per custodire la via all’albero della vita” (Gn 3,23-24).

Percorriamo ora tutta la Sacra Scrittura, per analizzare e interiorizzare l’essenziale presenza degli Angeli nel Piano di Salvezza stabilito da Dio per l’umanità.

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Antico Testamento

Gli Angeli al servizio di Dio

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(25)

Abramo

Abramo, nostro padre nella Fede

(26)

I

l Signore ordinò ad Abramo di partire dalla sua terra per una terra che Lui stesso gli avrebbe indicata.

Abramo, obbedendo ciecamente a Dio si mise in viaggio, ponendo in Lui tutta la sua fiducia.

Abramo, per volere di Dio, peregrina da un luogo all’altro: egli è figura del Signore Gesù Pellegrino divino d’Amore, che per salvarci si rese come un Mendicante d’amore nella nostra povera terra. Abramo passò da un luogo all’altro designando profeticamente il peregrinare del futuro Redentore.

Nel suo combattimento vittorioso annunciò anche il combattimento del Re Divino contro il male, il peccato, contro satana e fu la figura del Combattente glorioso Gesù Cristo nostro Signore.

Abramo credette a Dio sempre e il Signore lo premiò.

Abramo ricevette anche delle promesse che si realizzarono moltissimi secoli dopo, senza che lui ne vedesse il compimento sulla terra, ma egli amava il Signore ed era contento che si glorificasse solo Lui.

Abramo, nell’offrire a Dio il suo unico figlio, è figura di Dio Padre, che immolerà il Suo Unigenito nel Suo infinito Amore per noi.

Anzi, proprio perché amò Dio più di se stesso, più del figlio della Promessa “Isacco”, Abramo permise a Dio Padre di iniziare a manifestare il Suo Amore ben più grande, donandoci, per la nostra salvezza, il Suo dilettissimo Figlio Gesù.

Il Signore disse ad Abram:

«Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre,

verso la terra che io ti indicherò.

Farò di te una grande nazione

e ti benedirò,

(27)

Abramo, il padre dei credenti

A

bramo è scelto da Dio Padre per attuare nel futuro la promessa di un Redentore. Con lui, dopo Adamo e Sem, comincia a precisarsi meglio da chi discenderà il Messia venturo, e come sarà il Messia: Abramo è un magnifico esempio di fede e di obbedienza a Dio. Infatti Gesù Cristo, Autore della fede, sarà obbedientissimo al Padre, fino alla morte di Croce e realizzerà le profezie fatte ad Abramo.

Il Signore disse ad Abram:

«Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre,

verso la terra che io ti indicherò.

Farò di te una grande nazione e ti benedirò,

renderò grande il tuo nome

e possa tu essere una benedizione.

Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette

tutte le famiglie della terra».

Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore (Gn 12,1-4).

La Promessa di Dio Padre ad Abramo

(28)

L’Angelo viene in soccorso ad Agar nel deserto

S

arài a causa della sua non fecondità, credendo di affrettare il compimento della Divina Promessa fatta da Dio ad Abramo di un figlio, diede la sua serva Agar ad Abramo. La nuova condizione di Agar la insuperbì, ritenendosi da schiava, padrona; questa situazione generò contrasto con Sarài. Agar fuggì via da lei non sopportando la sua condizione di serva.

Nel deserto un Angelo le appare e le parla in Nome di Dio. Consolandola la richiama ai suoi doveri di schiava.

Sarài, moglie di Abram, non gli aveva dato figli. Avendo però una schiava egiziana chiamata Agar, Sarài disse ad Abram: «Ecco, il Signore mi ha impedito di aver prole;

unisciti alla mia schiava: forse da lei potrò avere figli». Abram ascoltò l’invito di Sarài. Così, al termine di dieci anni da quando Abram abitava nella terra di Canaan, Sarài, moglie di Abram, prese Agar l’Egiziana, sua schiava, e la diede in moglie ad Abram, suo marito. Egli si unì ad Agar, che restò incinta. Ma, quando essa si accorse di essere incinta, la sua padrona non contò più nulla per lei.

Allora Sarài disse ad Abram: «L’offesa a me fatta ricada su di te! Io ti ho messo in grembo la mia schiava, ma da quando si è accorta d’essere incinta, io non conto più niente per lei. Il Signore sia giudice tra me e te!». Abram disse a Sarài: «Ecco, la tua schiava è in mano tua: trattala come ti piace». Sarài allora la maltrattò, tanto che quella fuggì dalla sua presenza. La trovò l’Angelo del Signore presso una sorgente d’acqua nel deserto, la sorgente sulla strada di Sur, e le disse: «Agar, schiava di Sarài, da dove vieni e dove vai?». Rispose: «Fuggo dalla presenza della mia padrona Sarài».

Le disse l’Angelo del Signore: «Ritorna dalla tua padrona e restale sottomessa». Le disse ancora l’Angelo del Signore: «Moltiplicherò la tua discendenza e non si potrà contarla, tanto sarà numerosa». Soggiunse poi l’Angelo del Signore:

«Ecco, sei incinta:

partorirai un figlio e lo chiamerai Ismaele,

perché il Signore ha udito il tuo lamento.

Egli sarà come un asino selvatico;

la sua mano sarà contro tutti e la mano di tutti contro di lui,

e abiterà di fronte a tutti i suoi fratelli» (Gn 16,1-12).

(29)

Dio Uno e Trino si rivela ad Abramo

I

l Mistero di amore della Santissima Trinità fu figurato e annunziato nella misteriosa visita che ricevette Abramo. Nel silenzio dell’ora più calda del giorno, ad Abramo, che si trovava solo, si presentano Tre Uomini di aspetto maestoso, di grande bontà e di pace, essi riempiono il cuore di Abramo di grande gioia sovrumana che lo mosse ad accoglierli senza interporre domande o indugi.

Abramo sentì in quella Triade misteriosa la Presenza di Dio. Dio, infatti, si manifestò sensibilmente ad Abramo facendosi rappresentare da tre Angeli.

Tre Angeli che rappresentano Dio, appaiono ad Abramo

(30)

Poi il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po’

d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero. Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa’ pure come hai detto».

Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre sea di fior di farina, impastala e fanne focacce». All’armento corse lui stesso, Abramo; prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Prese panna e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse loro. Così, mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono.

Poi gli dissero: «Dov’è Sara, tua moglie?». Rispose: « È là nella tenda». Riprese:

«Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio».

Intanto Sara stava ad ascoltare all’ingresso della tenda, dietro di lui. Abramo e Sara erano vecchi, avanti negli anni; era cessato a Sara ciò che avviene regolarmente alle donne.

Allora Sara rise dentro di sé e disse: «Avvizzita come sono, dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio!». Ma il Signore disse ad Abramo: «Perché Sara ha riso dicendo: “Potrò davvero partorire, mentre sono vecchia”? C’è forse qualche cosa d’impossibile per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te tra un anno e Sara avrà un figlio». Allora Sara negò: «Non ho riso!», perché aveva paura; ma egli disse:

«Sì, hai proprio riso».

Quegli uomini si alzarono e andarono a contemplare Sòdoma dall’alto, mentre Abramo li accompagnava per congedarli.

Il Signore diceva: «Devo io tenere nascosto ad Abramo quello che sto per fare, mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra? Infatti io l’ho scelto, perché egli obblighi i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui a osservare la via del Signore e ad agire con giustizia e diritto, perché il Signore compia per Abramo quanto gli ha promesso».

Disse allora il Signore: «Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!».

Quegli uomini partirono di là e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava

ancora alla presenza del Signore (Gn 18,1-22).

(31)

Gli Angeli salvano Lot, prima che Sòdoma venga distrutta dal fuoco

I

due Angeli giunsero in Sòdoma sul far della sera mentre Lot sedeva sulle porte della città, si avvicinò ad essi e, affascinato dalle loro straordinarie maestà e dall’atmosfera di santità e di luce che li avvolgeva, si prostrò fino a terra e li adorò. Li invitò a pernottare in casa sua per difenderli dagli uomini scellerati di Sòdoma. I sodomiti assalirono la casa di Lot, gli Angeli insistentemente invitarono Lot a salvarsi uscendo dalla città. E per le città peccatrici Sòdoma e Gomorra venne l’ora terribile della Divina Giustizia. Ora, che cosa contrasta di più l’Amore di Dio quanto l’impurità? Nessun peccato è colpito più severamente da Dio quanto l’impurità. Oggi rimane ancora, come testimonianza della Divina Giustizia, il luogo desolato dove furono le città peccatrici: il mare che prima, azzurro, stava tra le fitte boscaglie, divenne oscuro, divenne, per il cataclisma, un lago di morte ed è chiamato Mar Morto.

I due Angeli arrivarono a Sòdoma sul far della sera, mentre Lot stava seduto alla porta di Sòdoma. Non appena li ebbe visti, Lot si alzò, andò loro incontro e si prostrò con la faccia a terra. E disse: «Miei signori, venite in casa del vostro servo:

vi passerete la notte, vi laverete i piedi e poi, domattina, per tempo ve ne andrete per la vostra strada». Quelli risposero: «No, passeremo la notte sulla piazza». Ma egli insistette tanto che vennero da lui ed entrarono nella sua casa. Egli preparò per loro un banchetto, fece cuocere pani azzimi e così mangiarono.

Non si erano ancora coricati, quand’ecco gli uomini della città, cioè gli abitanti di Sòdoma, si affollarono attorno alla casa, giovani e vecchi, tutto il popolo al completo. Chiamarono Lot e gli dissero: «Dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Falli uscire da noi, perché possiamo abusarne!». Lot uscì verso di loro sulla soglia e, dopo aver chiuso la porta dietro di sé, disse: «No, fratelli miei, non fate del male! Sentite, io ho due figlie che non hanno ancora conosciuto uomo;

lasciate che ve le porti fuori e fate loro quel che vi piace, purché non facciate nulla a questi uomini, perché sono entrati all’ombra del mio tetto». Ma quelli risposero:

«Tirati via! Quest’individuo è venuto qui come straniero e vuol fare il giudice! Ora faremo a te peggio che a loro!». E spingendosi violentemente contro quell’uomo, cioè contro Lot, si fecero avanti per sfondare la porta. Allora dall’interno quegli uomini sporsero le mani, si trassero in casa Lot e chiusero la porta; colpirono di cecità gli uomini che erano all’ingresso della casa, dal più piccolo al più grande, così che non riuscirono a trovare la porta.

Quegli uomini dissero allora a Lot: «Chi hai ancora qui? Il genero, i tuoi figli,

le tue figlie e quanti hai in città, falli uscire da questo luogo. Perché noi stiamo

per distruggere questo luogo: il grido innalzato contro di loro davanti al Signore è

grande e il Signore ci ha mandato a distruggerli». Lot uscì a parlare ai suoi generi,

(32)

che dovevano sposare le sue figlie, e disse: «Alzatevi, uscite da questo luogo, perché il Signore sta per distruggere la città!». Ai suoi generi sembrò che egli volesse scherzare.

Quando apparve l’alba, gli Angeli fecero premura a Lot, dicendo: «Su, prendi tua moglie e le tue due figlie che hai qui, per non essere travolto nel castigo della città». Lot indugiava, ma quegli uomini presero per mano lui, sua moglie e le sue due figlie, per un grande atto di misericordia del Signore verso di lui; lo fecero uscire e lo condussero fuori della città. Dopo averli condotti fuori, uno di loro disse:

«Fuggi, per la tua vita. Non guardare indietro e non fermarti dentro la valle: fuggi sulle montagne, per non essere travolto!». Ma Lot gli disse: «No, mio signore! Vedi, il tuo servo ha trovato grazia ai tuoi occhi e tu hai usato grande bontà verso di me salvandomi la vita, ma io non riuscirò a fuggire sul monte, senza che la sciagura mi raggiunga e io muoia. Ecco quella città: è abbastanza vicina perché mi possa rifugiare là ed è piccola cosa! Lascia che io fugga lassù - non è una piccola cosa? - e così la mia vita sarà salva». Gli rispose: «Ecco, ti ho favorito anche in questo, di non distruggere la città di cui hai parlato. Presto, fuggi là, perchè io non posso far nulla finché tu non vi sia arrivato». Perciò quella città si chiamò Soar.

Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Soar, quand’ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco provenienti dal Signore. Distrusse queste città e tutta la valle con tutti gli abitanti delle città e la vegetazione del suolo. Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale.

Abramo andò di buon mattino al luogo dove si era fermato alla presenza del Signore; contemplò dall’alto Sòdoma e Gomorra e tutta la distesa della valle e vide che un fumo saliva dalla terra, come il fumo di una fornace.

Così, quando distrusse le città della valle, Dio si ricordò di Abramo e fece sfuggire

Lot alla catastrofe, mentre distruggeva le città nelle quali Lot aveva abitato (Gn 19,1-29).

(33)

L’Angelo salva dalla morte Agar e Ismaele

A

gar, allontanata da Sara e Abramo, andò errando nel deserto per qualche giorno. Quando l’acqua dell’otre datole da Abramo si esaurì, presa da immenso dolore si allontanò dal figlio Ismaele per non vederlo morire di sete. Pianse disperatamente mentre il figlio commosso per le grida materne pregò. Questa preghiera ardente fu esaudita da Dio e un Angelo parlò ad Agar dal Cielo. Le parole dell’Angelo, per le preghiere di Ismaele, la confortarono e il Signore la consolò facendole scorgere il pozzo e promettendo un felice futuro per il figlio.

Il bambino crebbe e fu svezzato e Abramo fece un grande banchetto quando Isacco fu svezzato. Ma Sara vide che il figlio di Agar l’Egiziana, quello che lei aveva partorito ad Abramo, scherzava con il figlio Isacco. Disse allora ad Abramo:

«Scaccia questa schiava e suo figlio, perché il figlio di questa schiava non deve essere erede con mio figlio Isacco». La cosa sembrò un gran male agli occhi di Abramo a motivo di suo figlio. Ma Dio disse ad Abramo: «Non sembri male ai tuoi occhi questo, riguardo al fanciullo e alla tua schiava: ascolta la voce di Sara in tutto quello che ti dice, perché attraverso Isacco da te prenderà nome una stirpe. Ma io farò diventare una nazione anche il figlio della schiava, perché è tua discendenza».

Abramo si alzò di buon mattino, prese il pane e un otre d’acqua e li diede ad Agar, caricandoli sulle sue spalle; le consegnò il fanciullo e la mandò via.

Ella se ne andò e si smarrì per il deserto di Bersabea. Tutta l’acqua dell’otre era

venuta a mancare. Allora depose il fanciullo sotto un cespuglio e andò a sedersi di

fronte, alla distanza di un tiro d’arco, perché diceva: «Non voglio veder morire il

fanciullo!». Sedutasi di fronte, alzò la voce e pianse. Dio udì la voce del fanciullo

e un Angelo di Dio chiamò Agar dal cielo e le disse: «Che hai, Agar? Non temere,

perché Dio ha udito la voce del fanciullo là dove si trova. Alzati, prendi il fanciullo

e tienilo per mano, perché io ne farò una grande nazione». Dio le aprì gli occhi

ed ella vide un pozzo d’acqua. Allora andò a riempire l’otre e diede da bere al

fanciullo. E Dio fu con il fanciullo, che crebbe e abitò nel deserto e divenne un

tiratore d’arco. Egli abitò nel deserto di Paran e sua madre gli prese una moglie

dalla terra d’Egitto (Gn 21,8-21).

(34)

L’Angelo ferma il braccio di Abramo, perché non uccida il figlio

L

a grande prova di Abramo: Dio in segreto gli comanda di sacrificare in olocausto Isacco, il figlio della Promessa, “il suo unico figlio”, a lui tanto caro. Abramo si abbandona totalmente nelle Mani di Dio certo che come sempre Dio è stato e sarebbe il suo aiuto.

Abramo, benché il suo cuore fosse in agonia, si avviò verso il luogo assegnatogli da Dio.

Non pensò che ad obbedire, abbandonandosi interamente al Signore, che è il Dio della vita e dell’amore. Nell’atto nel quale stava per vibrare il colpo su Isacco, quando la sua volontà aveva già compiuto l’offerta e non rimaneva che compierla materialmente, l’Angelo di Dio lo chiamò dicendogli di non far male al fanciullo, e in Nome del Signore gli disse: “Ora so che tu temi Dio...”, Dio ebbe la prova della fiducia e dell’amore di Abramo.

L’Angelo di Dio chiama Abramo

(35)

Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose;

«Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò».

Abramo si alzò di buon mattino, sellò l’asino, prese con sé due servi e il figlio Isacco, spaccò la legna per l’olocausto e si mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva indicato. Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e da lontano vide quel luogo. Allora Abramo disse ai suoi servi: «Fermatevi qui con l’asino; io e il ragazzo andremo fin lassù, ci prostreremo e poi ritorneremo da voi». Abramo prese la legna dell’olocausto e la caricò sul figlio Isacco, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutti e due insieme. Isacco si rivolse al padre Abramo e disse: «Padre mio!». Rispose: «Eccomi, figlio mio». Riprese: «Ecco qui il fuoco e la legna, ma dov’è l’agnello per l’olocausto?». Abramo rispose: «Dio stesso si provvederà l’agnello per l’olocausto, figlio mio!». Proseguirono tutti e due insieme.

Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna, legò suo figlio Isacco e lo depose sull’altare, sopra la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’Angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!».

L’Angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito». Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. Abramo chiamò quel luogo «Il Signore vede»; perciò oggi si dice: «Sul monte il Signore si fa vedere».

L’Angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare;

la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce».

Abramo tornò dai suoi servi; insieme si misero in cammino verso Bersabea e

Abramo abitò a Bersabea (Gn 22,1-19).

(36)

L’Angelo guida il servo di Abramo nel viaggio per prendere

una moglie ad Isacco

A

bramo è certo che Dio manderà il Suo Angelo come guida del servo che deve trovare una sposa per il figlio Isacco. Il servo viene guidato dall’Angelo negli incontri per venire a conoscenza di quale sposa il Signore voleva per Isacco. Questo racconto, così pieno di franchezza e di felicità, è molto bello. Grande è la fiducia del servo nella protezione provvidente del Signore: essa si manifesta nella preghiera continua del servo a Dio.

L’Angelo guida il servo di Abramo da Rebecca

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Abramo era ormai vecchio, avanti negli anni, e il Signore lo aveva benedetto in tutto. Allora Abramo disse al suo servo, il più anziano della sua casa, che aveva potere su tutti i suoi beni: «Metti la mano sotto la mia coscia e ti farò giurare per il Signore, Dio del cielo e Dio della terra, che non prenderai per mio figlio una moglie tra le figlie dei Cananei, in mezzo ai quali abito, ma che andrai nella mia terra, tra la mia parentela, a scegliere una moglie per mio figlio Isacco». Gli disse il servo: «Se la donna non mi vuol seguire in questa terra, dovrò forse ricondurre tuo figlio alla terra da cui tu sei uscito?». Gli rispose Abramo: «Guardati dal ricondurre là mio figlio!

Il Signore, Dio del cielo e Dio della terra, che mi ha preso dalla casa di mio padre e dalla mia terra natia, che mi ha parlato e mi ha giurato: “Alla tua discendenza darò questa terra”, egli stesso manderà il suo Angelo davanti a te, perché tu possa prendere di là una moglie per mio figlio. Se la donna non vorrà seguirti, allora sarai libero dal giuramento a me fatto; ma non devi ricondurre là mio figlio». Il servo mise la mano sotto la coscia di Abramo, suo padrone, e gli prestò così il giuramento richiesto.

Il servo prese dieci cammelli del suo padrone e, portando ogni sorta di cose preziose del suo padrone, si mise in viaggio e andò in Aram Naharàim, alla città di Nacor. Fece inginocchiare i cammelli fuori della città, presso il pozzo d’acqua, nell’ora della sera, quando le donne escono ad attingere. E disse: «Signore, Dio del mio padrone Abramo, concedimi un felice incontro quest’oggi e usa bontà verso il mio padrone Abramo! Ecco, io sto presso la fonte dell’acqua, mentre le figlie degli abitanti della città escono per attingere acqua. Ebbene, la ragazza alla quale dirò: “Abbassa l’anfora e lasciami bere”, e che risponderà: “Bevi, anche ai tuoi cammelli darò da bere”, sia quella che tu hai destinato al tuo servo Isacco; da questo riconoscerò che tu hai usato bontà verso il mio padrone».

Non aveva ancora finito di parlare, quand’ecco Rebecca, che era figlia di Betuèl, figlio di Milca, moglie di Nacor, fratello di Abramo, usciva con l’anfora sulla spalla.

La giovinetta era molto bella d’aspetto, era vergine, nessun uomo si era unito a lei.

Ella scese alla sorgente, riempì l’anfora e risalì. Il servo allora le corse incontro e disse: «Fammi bere un po’ d’acqua dalla tua anfora». Rispose: «Bevi, mio Signore».

In fretta calò l’anfora sul braccio e lo fece bere. Come ebbe finito di dargli da bere, disse: «Anche per i tuoi cammelli ne attingerò, finché non avranno finito di bere».

In fretta vuotò l’anfora nell’abbeveratoio, corse di nuovo ad attingere al pozzo e attinse per tutti i cammelli di lui. Intanto quell’uomo la contemplava in silenzio, in attesa di sapere se il Signore avesse o no concesso buon esito al suo viaggio.

Quando i cammelli ebbero finito di bere, quell’uomo prese un pendente d’oro del

peso di mezzo siclo e glielo mise alle narici, e alle sue braccia mise due braccialetti

del peso di dieci sicli d’oro. E disse: «Di chi sei figlia? Dimmelo. C’è posto per noi

in casa di tuo padre, per passarvi la notte?». Gli rispose: «Io sono figlia di Betuèl, il

figlio che Milca partorì a Nacor». E soggiunse: «C’è paglia e foraggio in quantità da

noi e anche posto per passare la notte».

(38)

Quell’uomo si inginocchiò e si prostrò al Signore e disse: «Sia benedetto il Signore, Dio del mio padrone Abramo, che non ha cessato di usare bontà e fedeltà verso il mio padrone. Quanto a me, il Signore mi ha guidato sulla via fino alla casa dei fratelli del mio padrone». La giovinetta corse ad annunciare alla casa di sua madre tutte queste cose. Ora Rebecca aveva un fratello chiamato Làbano e Làbano corse fuori da quell’uomo al pozzo. Egli infatti, visti il pendente e i braccialetti alle braccia della sorella e udite queste parole di Rebecca, sua sorella: «Così mi ha parlato quell’uomo», andò da lui, che stava ancora presso i cammelli vicino al pozzo. Gli disse: «Vieni, benedetto dal Signore! Perché te ne stai fuori, mentre io ho preparato la casa e un posto per i cammelli?». Allora l’uomo entrò in casa e Làbano tolse il basto ai cammelli, fornì paglia e foraggio ai cammelli e acqua per lavare i piedi a lui e ai suoi uomini. Quindi gli fu posto davanti da mangiare, ma egli disse:

«Non mangerò, finché non avrò detto quello che devo dire». Gli risposero: «Di’

pure».

E disse: «Io sono un servo di Abramo. Il Signore ha benedetto molto il mio padrone,

che è diventato potente: gli ha concesso greggi e armenti, argento e oro, schiavi e

schiave, cammelli e asini. Sara, la moglie del mio padrone, quando ormai era vecchia,

gli ha partorito un figlio, al quale egli ha dato tutti i suoi beni. E il mio padrone

mi ha fatto giurare: “Non devi prendere per mio figlio una moglie tra le figlie dei

Cananei, in mezzo ai quali abito, ma andrai alla casa di mio padre, alla mia famiglia,

a prendere una moglie per mio figlio”. Io dissi al mio padrone: “Forse la donna non

vorrà seguirmi”. Mi rispose: “Il Signore, alla cui presenza io cammino, manderà con

te il suo Angelo e darà felice esito al tuo viaggio, così che tu possa prendere una

moglie per mio figlio dalla mia famiglia e dalla casa di mio padre” (Gn 24,1-40).

(39)

Giacobbe

Giacobbe, benedetto da Dio, fu da Lui chiamato: Israele

(40)

G

iacobbe fu il prediletto della madre Rebecca, l’erede della Benedizione, ma soprattutto fu amato da Dio e per “Sua grazia”, fu da Dio eletto per continuare la missione affidata dapprima ad Abramo e, poi, a suo padre Isacco. Dio, che vede nel futuro, predilesse Giacobbe a Esaù. Lo scelse per la sua umiltà, virtù che meglio accoglieva la compiacenza di Dio. Lo predilesse “gratuitamente” perché vide in lui la figura del Redentore.

Dio predilige quelli che operano il bene e che, con maggior semplicità e umiltà, si affidano a Lui e Gli obbediscono.

Il patriarca Giacobbe lottò con un Angelo, il quale era una manifestazione angelica del Figlio di Dio, eredità nella carne, perché da un suo lontano discendente avrebbe preso umana carne. Lo abbracciò, lo benedisse, lottò con lui, gli cambiò il nome, perché nel Battesimo gli uomini sarebbero stati benedetti non più da un Angelo, ma dal Figlio di Dio, baciati con il soffio dello Spirito Santo, e avrebbero ricevuto il nome di “cristiano”, capace di combattere la lotta per vivere in conformità alla nuova dignità di figli di Dio.

L’Angelo abbracciò e benedisse Giacobbe

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Gli Angeli rassicurano Giacobbe in fuga

G

iacobbe ha un fratello gemello, Esaù. Questo, di carattere impulsivo e violento, adirato per la Benedizione che il padre Isacco aveva dato a Giacobbe, decide di uccidere il fratello.

La loro madre Rebecca, per salvare Giacobbe, pensò di allontanarlo. Lo fece inducendo il padre Isacco a comandare a Giacobbe di non prendere una moglie cananea, ma di andare nella casa materna, in Mesopotamia, a prendersi in moglie una tra le figlie di Làbano, fratello di Rebecca.

Giacobbe obbediente, in fretta, partì. Durante la fuga, il Signore, per consolarlo e rassicurarlo delle Sue promesse, gli appare sulla soglia di una scala, sulla quale salivano e scendevano gli Angeli e lo benedisse.

Giacobbe ebbe una visione di Angeli

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Giacobbe partì da Bersabea e si diresse verso Carran. Capitò così in un luogo, dove passò la notte, perché il sole era tramontato; prese là una pietra, se la pose come guanciale e si coricò in quel luogo. Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco, gli Angeli di Dio salivano e scendevano su di essa. Ecco, il Signore gli stava davanti e disse: «Io sono il Signore, il Dio di Abramo, tuo padre, e il Dio di Isacco. A te e alla tua discendenza darò la terra sulla quale sei coricato. La tua discendenza sarà innumerevole come la polvere della terra; perciò ti espanderai a occidente e a oriente, a settentrione e a mezzogiorno. E si diranno benedette, in te e nella tua discendenza, tutte le famiglie della terra. Ecco, io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai; poi ti farò ritornare in questa terra, perché non ti abbandonerò senza aver fatto tutto quello che ti ho detto».

Giacobbe si svegliò dal sonno e disse: «Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo». Ebbe timore e disse: «Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo». La mattina Giacobbe si alzò, prese la pietra che si era posta come guanciale, la eresse come una stele e versò olio sulla sua sommità. E chiamò quel luogo Betel, mentre prima di allora la città si chiamava Luz.

Giacobbe fece questo voto: «Se Dio sarà con me e mi proteggerà in questo viaggio che

sto facendo e mi darà pane da mangiare e vesti per coprirmi, se ritornerò sano e salvo

alla casa di mio padre, il Signore sarà il mio Dio. Questa pietra, che io ho eretto come

stele, sarà una casa di Dio; di quanto mi darai, io ti offrirò la decima» (Gn 28,10-22).

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L’Angelo appare in sogno a Giacobbe

G

iacobbe, dopo anni di lavoro presso il suocero Làbano, fu costretto dagli inganni di tale famiglia a partire per ritornare alla casa paterna. Decise tale partenza per ordine di Dio che gli parlò in sogno per mezzo di un Angelo. Dio gli assicurava una particolare protezione.

Giacobbe nel sogno ebbe una visione

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Giacobbe venne a sapere che i figli di Làbano dicevano: «Giacobbe si è preso

tutto quello che aveva nostro padre e con quanto era di nostro padre si è fatto questa

grande fortuna». Giacobbe osservò anche la faccia di Làbano e si accorse che verso

di lui non era più come prima. Il Signore disse a Giacobbe: «Torna alla terra dei tuoi

padri, nella tua famiglia e io sarò con te». Allora Giacobbe andò a chiamare Rachele

e Lia, in campagna presso il suo gregge, e disse loro: «Io mi accorgo dal volto di

vostro padre che egli verso di me non è più come prima; ma il Dio di mio padre è

stato con me. Sapete voi stesse che ho servito vostro padre con tutte le mie forze,

mentre vostro padre si è beffato di me e ha cambiato dieci volte il mio salario; ma

Dio non gli ha permesso di farmi del male. Se egli diceva: “Le bestie punteggiate

saranno il tuo salario”, tutto il gregge figliava bestie punteggiate; se diceva: “le bestie

striate saranno il tuo salario”, allora tutto il gregge figliava bestie striate. Così Dio ha

sottratto il bestiame a vostro padre e l’ha dato a me. Una volta, nel tempo in cui il

piccolo bestiame va in calore, io in sogno alzai gli occhi e vidi che i capri in procinto

di montare le bestie erano striati, punteggiati e chiazzati. L’Angelo di Dio mi disse

in sogno: “Giacobbe!”. Risposi: “Eccomi”. Riprese: “Alza gli occhi e guarda: tutti

i capri che montano le bestie sono striati, punteggiati e chiazzati, perché ho visto

come ti tratta Làbano. Io sono il Dio di Betel, dove tu hai unto una stele e dove

mi hai fatto un voto. Ora àlzati, parti da questa terra e torna nella terra della tua

famiglia!”» (Gn 31,1-13).

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