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IL PERSONALE DOCENTE DI FRONTE ALLE NOVITÀ DELLA RIFORMA

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Cendon / Book

INSTANT

IL PERSONALE DOCENTE DI FRONTE ALLE NOVITÀ DELLA RIFORMA

CON ALLEGATO IL TESTO INTEGRALE DELLA RIFORMA

Fabio Petracci

LA BUONA SCUOLA

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Edizione LUGLIO 2015

Copyright © MMXIV KEY SRL

VIA PALOMBO 29 03030 VICALVI (FR) P.I./C.F. 02613240601 ISBN 978-88-6959-295-9

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione, di

adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati per tutti i Paesi.

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Cendon / Book

INSTANT

IL PERSONALE DOCENTE DI FRONTE ALLE NOVITÀ DELLA RIFORMA

CON ALLEGATO IL TESTO INTEGRALE DELLA RIFORMA

Fabio Petracci

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LA BUONA SCUOLA

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L'autore

Fabio Petracci esercita la professione di avvocato Giuslavorista ed è presidente di Agi Associazione Giuslavoristi Italiani Friuli Venezia Giulia.

E’ ed è stato consulente di diverse organizzazioni sindacali in sede locale e nazionale. E’ componente del Comitato Scientifico di CIU Unione delle Professioni Intellettuali ed è inoltre nella medesima organizzazione coordinatore della Rete dei Legali.

Ha partecipato in occasione di importanti riforme nel campo del lavoro e del pubblico impiego ad audizioni in sede di Ministero e Parlamento, fornendo pure consulenze.

Ha inoltre fatto parte presso il CNEL del Gruppo di Studio Sulle Professioni Intellettuali.

Ha svolto e continua a svolgere attività di docente in Master Universitari e presso la Scuola di specializzazione degli Avvocati Giuslavoristi in Milano.

Partecipa quale relatore a diversi convegni in tema di diritto del lavoro, sia privato che pubblico.

Collabora con numerose riviste tra cui Guida al Lavoro de Il Sole 24 Ore, Il Lavoro nella Giurisprudenza, Il Lavoro nelle Pubbliche Amministrazioni.

Ha al proprio attivo numerose pubblicazioni tra cui la monografia Il Lavoro negli Appalti edito da Cedam nel 2003, coautore per Giappicchelli Editore della monografia Nuove Regole Dopo la legge n.92 del 2012 di Riforma del Mercato del Lavoro, Il Precariato nella Scuola dopo la sentenza della Corte di Giustizia del 26 novembre 2014, riflessioni, prospettive giudiziali e di riforma, Key Editore 2015 Corte Costituzionale retribuzioni e pensioni nella crisi, Ragioni e Conseguenze Key Editore 2015, assieme al collega e coautore avvocato Gianluca Teat.

L’Opera

L’opera dopo una generale esposizione di come la riforma avviata vada ad incidere sul mondo della scuola, la sua vita e le sue regole, approfondisce la posizione del personale docente dopo la riforma, per quanto attiene il reclutamento anche straordinario, la determinazione della prestazione e del rapporto di lavoro, i poteri del dirigente, cercando di

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individuare quali saranno in futuro gli sviluppi della scuola e di questa importante professione al bivio tra una auspicata riqualificazione in termini economici e di status ed una accentuata sindacalizzazione che ne costituisce da un lato la forza, e dall’altro forse un limite verso il riconoscimento di una figura specifica di professionista dipendente.

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INDICE Capitolo Primo

APPROCCIOALLARIFORMA

1.1. Introduzione – 1.2. I tratti salienti della riforma - 1.2. Il potenziamento della comunità scolastica

Capitolo secondo

LAFUNZIONEDOCENTE NELL’AMBITODEL PUBBLICOIMPIEGO

2.1. Cenni storici - 2.2. Il personale docente nell’attuale assetto del pubblico impiego - 2.3. L’evoluzione normativa del comparto

Capitolo Terzo

LARIPARTIZIONEDEIPOTERITRAGLIORGANI DELL’ISTITUZIONE SCOLASTICA–FUNZIONI

PROFESSIONALIEORGANIGIUDIZIALI

Capitolo Quarto

RIFORMAEPERSONALEDOCENTE

4.1. L’accesso alla professione di docente - 4.2. Un cenno al precariato - 4.3. – La crisi del precariato - 4.4. La programmazione delle assunzioni - 4.5. Il piano straordinario di assunzioni – 4.6. Il regime ordinario di assunzioni dopo il piano di stabilizzazione – 4.7. Il rapporto di lavoro del personale docente – 4.8. Docenti e dirigenza. I poteri del dirigente– 4.9. Docenti e incarico – 4.10. Il periodo di prova e formazione– 4.11. Formazione e aggiornamento–

4.12. La premialità – 4.13. La valutazione del personale docente – 4.14. La progressione professionale – 4.15. Le sostituzioni – 4.16. La dirigenza scolastica; cenni

Capitolo Quinto

LA LEGGE DI RIFORMA COME LEGGE DELEGA

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Capitolo Sesto

PROBLEMI DICOSTITUZIONALITA’E CONSIDERAZIONI FINALI

6.1. Problemi di costituzionalità - 6.2. Considerazioni

TESTO DELLA RIFORMA

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Capitolo Primo

A

PPROCCIO ALLA RIFORMA

SOMMARIO1.1. Introduzione – 1.2. I tratti salienti della riforma - 1.3. Il potenziamento della comunità scolastica – 1.4. Il POV – Piano dell’offerta formativa

1.1. Introduzione

La presente opera è finalizzata a trattare del rapporto di lavoro dei docenti nell’ambito della riforma.

Consapevoli che questo tema non può prescindere da un esame globale dell’intero testo legislativo che finisce per ricadere sull’attività dei principali attori del mondo della scuola, riteniamo opportuno un approccio graduale al tema.

In primo luogo, esamineremo come ed in che termini mutano l’organizzazione, i fini e l’attività degli istituti scolastici.

Di seguito, si farà un cenno agli equilibri tra gli organi della scuola e le figure professionali che contraddistinguono questo peculiare settore dell’amministrazione.

Di seguito esamineremo le ricadute di tutto ciò sul rapporto professionale di pubblico impiego che lega i docenti alla scuola.

1.2. I tratti salienti della riforma

Esamineremo la riforma nel suo insieme.

Essa non sembra, come molti preconizzano, del tutto sconvolgere gli attuali equilibri del mondo della scuola. Risulta invece apportarvi talune modificazioni che potremmo definire strategiche ed idonee spesso indirettamente a ripercuotersi sul rapporto di lavoro dei docenti.

Ci riferiamo principalmente ad una migliore definizione dell’offerta scolastica.

1.3. Il potenziamento della comunità scolastica

Espressamente la legge parla di potenziamento della comunità scolastica attraverso la valorizzazione delle potenzialità e degli stili di apprendimento con lo sviluppo del metodo cooperativo,

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nel rispetto della libertà di insegnamento, la collaborazione e la progettazione, l'interazione con le famiglie e il territorio perseguiti mediante le forme di flessibilità dell'autonomia didattica e organizzativa previste. Questi i principi che si concretizzano nei seguenti punti:

a) articolazione modulare del monte orario annuale di ciascuna disciplina, ivi compresi attività e insegnamenti interdisciplinari;

b) potenziamento del tempo scolastico anche oltre i modelli e i quadri orari, nei limiti della dotazione organica dell'autonomia di cui al comma 5, tenuto conto delle scelte degli studenti e delle famiglie;

c) programmazione plurisettimanale e flessibile dell'orario complessivo del curricolo e di quello destinato alle singole discipline, anche mediante l'articolazione del gruppo della classe.

Il potenziamento comporta la valorizzazione dell’insegnamento della lingua inglese, della musica e dell’educazione motoria, materie tutte che dovranno essere assegnate a docenti ad alta specializzazione.

Quest’opera di potenziamento passa anche attraverso la valorizzazione in ambito scolastico dello studio delle arti, del turismo e della valorizzazione del prodotto made in italy.

L’ambizioso progetto comporta altresì l’utilizzo di un maggiore spazio orario di attività oltre che dei periodi di sospensione dell’attività scolastica, per collaborare con le realtà associative del territorio in attività culturali, artistiche e sportive, nonché nei progetti di alternanza scuola lavoro, stage, tirocini, attività di laboratorio, attività di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Il potenziamento dell’offerta scolastica riguarda anche l’insegnamento ai disabili.

Tutte queste attività troveranno poi certificazione nel previsto currriculum dello studente.

L’ampiezza del campo di attività della scuola, fa sì che la riforma preveda pure da parte del dirigente scolastico di concerto con gli organi collegiali, l’individuazione di appositi percorsi formativi anche per favorire la valorizzazione del merito scolastico e dei talenti.

La legge individua in tal senso una notevole flessibilità nell’attività della scuola. Essa solo infatti può garantire ad ogni istituto scolastico gli specifici connotati della propria offerta

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formativa, in grado da contraddistinguerlo dagli altri e di instaurare alla fine un circuito virtuoso di offerta migliorativa. La scuola risponde in tal modo alle esigenze di personalizzazione del percorso di studi, offrendo un'offerta formativa che sia capace di motivare gli studenti negli apprendimenti e sostenere i talenti. Le istituzioni scolastiche definiscono della scuola (spazi di flessibilità e potenziamenti disciplinari), le istituzioni scolastiche introducono inoltre insegnamenti opzionali a scelta dello studente, ulteriori rispetto a quelli già previsti dai quadri orari per lo specifico grado, ordine e opzione di istruzione. Tali insegnamenti sono attivati dalle singole istituzioni scolastiche nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili e dei posti di organico assegnati all'istituzione scolastica sulla base dei piani triennali e sono parte del percorso dello studente ed inseriti nel suo curriculum. È quindi istituito il curriculum dello studente che individua il profilo dello studente associandolo a una identità digitale, relativo al percorso di studi, alle scelte formative e a tutte le competenze acquisite sia in ambito scolastico, sia extrascolastico che in alternanza scuola-lavoro. Il curriculum documenta pure tutte le attività scolastiche, di lavoro, sportive, culturali e di volontariato sociale che lo studente svolge nell'ambito del suo percorso e che sono utili ai fini dell'orientamento e dell'accesso al mondo del lavoro.

Anche le iniziative esterne comportano secondo la legge aspetti di personalizzazione del percorso formativo e di arricchimento dell’offerta formativa. Afferma il testo legislativo che al fine di valorizzare e sostenere il merito scolastico e i talenti individuali, il dirigente scolastico individua percorsi e iniziative che coinvolgano gli studenti anche utilizzando finanziamenti esterni, ivi compresi quelli derivanti da contratti di sponsorizzazione, nel rispetto degli obblighi di trasparenza procedurale.

Trattasi di esigenze che si ripercuotono su di una necessità di utilizzare in maniera flessibile, razionale, differenziata e tesa al merito delle competenze, la categoria dei docenti.

Per tale motivo, la riforma alla fine tocca e modifica istituti come quelli dell’assunzione e della selezione dei docenti, nonché della loro mobilità.

Le considerazioni che precedono, rispecchiano l’ordine prioritario dei temi affrontati dalla riforma.

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L’intervento legislativo sembra infatti ruotare attraverso il cosiddetto piano dell’offerta formativa e della autonomia scolastica.

1.4. Il POV - Piano dell’offerta formativa

Assume un rilievo prima non conosciuto il piano triennale dell’offerta formativa.

Esso in sintesi può essere definito il prodotto o meglio la produzione dell’istituzione scolastica in un ambito di programmazione triennale.

Il potenziamento così avviato abbisogna di quello che potremmo definire un chiaro punto di riferimento, ad evitare che le modifiche così apportate sconfinino in un inconcludente attivismo o addirittura, rimangano lettera morta.

Contestualmente l’istituzione scolastica dovrà fruire di un’adeguata autonomia controbilanciata da sicuri e certi poteri.

Il punto centrale per l’avvio della riforma è dato dal piano triennale per l’offerta formativa, cui la legge di riforma dedica importanti previsioni.

Stabilisce la nuova normativa che le istituzioni scolastiche predispongono, entro il mese di ottobre dell'anno scolastico precedente al triennio di riferimento, il piano triennale dell'offerta formativa.

Il piano contiene la programmazione delle attività formative rivolte al personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) nonché la definizione delle risorse occorrenti in base alla quantificazione disposta per le istituzioni scolastiche.

Il piano può essere rivisto annualmente entro il mese di ottobre.

Quindi, ogni istituzione scolastica predispone, con la partecipazione di tutte le sue componenti, il piano triennale dell'offerta formativa, rivedibile annualmente.

La legge ne fornisce quindi la definizione, affermando come il piano sia il documento fondamentale costitutivo dell'identità culturale e progettuale dell’istituzione scolastica.

Nel piano sono ripresi gli obiettivi ed i valori già citati. Esso infatti deve presentare coerenza con gli obiettivi generali dei diversi tipi di indirizzi e di studi. Lo stesso piano deve pure riflettere le esigenze culturali, sociali e culturali dell’ambiente di riferimento.

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Esso deve indicare le scelte metodologiche, anche di gruppi minoritari, valorizzare le competenti professionalità ed indicare gli insegnamenti e le discipline da coprire.

Esso dovrà puntualmente indicare:

a) il fabbisogno dei posti comuni e di sostegno dell'organico dell'autonomia, sulla base del monte orario degli insegnamenti, con riferimento anche alla quota di autonomia dei curricoli e agli spazi di flessibilità, nonché del numero di alunni con disabilita, ferma restando la possibilità di istituire posti di sostegno in deroga;

b) il fabbisogno dei posti per il potenziamento dell'offerta formativa.

Esso inoltre dovrà indicare il fabbisogno di personale amministrativo, tecnico e ausiliario.

Intorno a quello che può essere definito il cuore dell’attività di ogni scuola, si snodano i poteri degli organi chiamati ad indirizzare l’attività degli istituti scolastici.

Il piano dell’offerta formativa è elaborato dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi definiti dal consiglio di istituto. Esso è quindi approvato dal consiglio di istituto.

Sarà invece, la persona del dirigente scolastico, ai fini della predisposizione del piano, a promuovere i necessari rapporti con gli enti locali e con le diverse realtà istituzionali, culturali, sociali ed economie operanti nel territorio, tenendo altresì conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni dei genitori e, per le scuole secondarie di secondo grado, degli studenti.

Il piano dell’offerta formativa è quindi sottoposto alla trafila di approvazioni per quanto riguarda principalmente i limiti dell’organico e la spesa conseguente, da parte degli organi regionali e ministeriali.

E’ così sostituito l’articolo 3 del DPR 8 marzo 1999 n. 275 che così stabiliva:

“1. Ogni istituzione scolastica predispone, con la partecipazione di tutte le sue componenti, il Piano dell'offerta formativa. Il Piano è il documento fondamentale costitutivo dell'identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nell'ambito della loro autonomia.

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2. Il Piano dell'offerta formativa è coerente con gli obiettivi generali ed educativi dei diversi tipi e indirizzi di studi determinati a livello nazionale a norma dell'articolo 8 e riflette le esigenze del contesto culturale, sociale ed economico della realtà locale, tenendo conto della programmazione territoriale dell'offerta formativa. Esso comprende e riconosce le diverse opzioni metodologiche, anche di gruppi minoritari, e valorizza le corrispondenti professionalità.

3. Il Piano dell'offerta formativa è elaborato dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi generali per le attività della scuola e delle scelte generali di gestione e di amministrazione definiti dal consiglio di circolo o di istituto, tenuto conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni anche di fatto dei genitori e, per le scuole secondarie superiori, degli studenti. Il Piano è adottato dal consiglio di circolo o di istituto.

4. Ai fini di cui al comma 2 il dirigente scolastico attiva i necessari rapporti con gli enti locali e con le diverse realtà istituzionali, culturali, sociali ed economiche operanti sul territorio.

5. Il Piano dell'offerta formativa è reso pubblico e consegnato agli alunni e alle famiglie all'atto dell'iscrizione.”

La riforma quindi definisce una cornice di obiettivi nazionali che le scuole sono tenute a osservare nella determinazione del proprio fabbisogno e nella definizione della programmazione dell'offerta formativa. Gli obiettivi sono finalizzati a garantire una serie di competenze, di conoscenze e di stili di apprendimento degli studenti quali: la valorizzazione delle competenze linguistiche con particolare riferimento all'italiano e alla lingua inglese attraverso la metodologia Content Language Integrated Learning; il potenziamento delle competenze matematico- logiche e scientifiche, delle competenze nella musica e nell'arte;

il rafforzamento delle competenze in materia di diritto ed economia anche relative alla cittadinanza attiva e alla cultura della legalità; lo sviluppo di comportamenti improntati al rispetto della sostenibilità ambientale e dei beni e delle attività culturali e beni paesaggistici; l'alfabetizzazione all'arte, alle tecniche e ai media di produzione e diffusione delle immagini; lo sviluppo di una cultura improntata a uno stile di vita sostenibile e che valorizzi lo sport e la corretta alimentazione; lo sviluppo delle

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competenze digitali degli studenti, con particolare riguardo al pensiero computazionale, all'utilizzo critico e consapevole dei social network e dei media nonché alla produzione e ai legami col mondo del lavoro.

Obiettivo ulteriore è la valorizzazione della comunità professionale scolastica e l'interazione con le famiglie ed il territorio, l'apertura pomeridiana delle scuole, l'incremento delle ore di alternanza scuola-lavoro nel secondo ciclo di istruzione, la valorizzazione dei percorsi formativi individualizzati e funzionali alla premialità e alla valorizzazione del merito degli studenti, il contrasto della dispersione scolastica e della discriminazione, la garanzia della più ampia inclusione scolastica anche attraverso l'alfabetizzazione e il perfezionamento della lingua italiana per gli studenti stranieri mediante l'attivazione di laboratori linguistici.

Accanto a questa forte concentrazione dell’attività di programmazione, è ribadito il principio dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, laddove si legge che le istituzioni scolastiche effettuano le proprie scelte in merito agli insegnamenti e alle attività curricolari, extracurricolari, educative e organizzative e individuano il proprio fabbisogno di attrezzature e di infrastrutture materiali, nonché di posti dell'organico dell'autonomia.

Il testo precedente del progetto di riforma accentrava i poteri di definizione del piano triennale nelle mani del dirigente.

La riforma consente di realizzare l’autonomia scolastica, assegnando maggiori strumenti ai presidi per gestire risorse umane, tecnologiche e finanziarie. Le scuole avranno un organico potenziato (garantito a partire dal prossimo anno scolastico attraverso un piano straordinario di assunzioni) per coprire tutte le cattedre vacanti, rispondere alle nuove esigenze didattiche, organizzative e progettuali, potenziare l’offerta formativa, fronteggiare la dispersione scolastica, rendere la scuola più inclusiva, eliminare le supplenze più dannose, anno dopo anno, per la continuità della didattica. Le scuole, d’ora in poi, potranno indicare il loro fabbisogno di docenti e strumenti per attuare i Piani dell’offerta formativa. I Piani diventano

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triennali e saranno predisposti dai dirigenti scolastici, sentiti gli insegnanti, il Consiglio di istituto e le realtà territoriali.

Di “buona scuola nell’autonomia” parla il comunicato del Consiglio dei Ministri n. 53 del 12 marzo 2015 che afferma “Il disegno di legge prevede il potenziamento delle competenze linguistiche: in particolare l’italiano per gli studenti stranieri e l’inglese per tutti (anche con materie generaliste insegnate in lingua). Vengono potenziate poi: Arte, Musica, Diritto, Economia, Discipline motorie. Nella Buona Scuola viene dato più spazio all’educazione ai corretti stili di vita e si guarda al futuro attraverso lo sviluppo delle competenze digitali degli studenti (pensiero computazionale, utilizzo critico e consapevole dei social network e dei media). Alle superiori, il curriculum diventa flessibile: le scuole attiveranno materie opzionali per rispondere alle esigenze degli studenti.

Scuola-lavoro e digitale. Almeno 400 ore nell’ultimo triennio dei tecnici e dei professionali e 200 in quello dei licei. L’alternanza si farà in azienda, ma anche in enti pubblici. A disposizione un fondo, a regime, di 100 milioni all’anno a partire dal 2016.

Mentre 90 milioni vengono stanziati subito per l’innovazione didattica e la creazione di laboratori territoriali, aperti anche di pomeriggio, per orientare i giovani al lavoro e da utilizzare come strumento di contrasto alla dispersione.

Stop classi ‘pollaio’. I presidi hanno il potere di derogare alle regole attuali: utilizzando l’organico in modo flessibile potranno evitare la formazione di classi troppo numerose, le cosiddette classi ‘pollaio’.”

Esso risponde all’esigenza, peraltro non dimenticata dalla riforma, del principio di autonomia scolastica , in base al quale la scuola trova il proprio criterio identificativo nel piano formativo che essa offre all’utenza.

Per adottare un reale piano formativo, vi è la necessità che esso possa estendersi alle reali e mutevoli necessità dell’utenza, del territorio e dell’occupabilità.

La legge identifica taluni settori destinati ad arricchire il programma di base, quali l’inglese, l’educazione musicale, oltre a percorsi specifici e modellati in base alle esigenze ed alle attitudini dello studente.

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La cennata esigenza si attua anche mettendo in relazione la scuola con le realtà anche aziendali e produttive presenti nel territorio.

Questa personalizzazione dello studio comporta anche la cosiddetta alternanza scuola – lavoro e l’istituzionalizzazione di un curriculum delle esperienze dello studente.

Tutte queste esigenze alla fine, richiedono un nuovo quadro del lavoro degli insegnanti e del dirigente.

Si arriva così al capo III che tratta dell’organico, delle assunzioni e delle assegnazioni dei docenti.

E’ questa la parte maggiormente discussa e controversa della riforma, in quanto destinata ad intaccare prerogative del personale, nonché le attribuzioni degli organi che gestiscono la scuola.

Dunque una trattazione organica del testo legislativo, ci porterà ad un primo e generale esame dell’autonomia scolastica e del piano formativo triennale, cui farà seguito la diversificazione dei programmi di studio in funzione delle sollecitazioni che provengono dal mondo economico e culturale con cui la scuola si dovrà raffrontare.

Di seguito le ricadute sul rapporto di lavoro e dirigenti che gli interventi delineati comportano.

L’esame del testo legislativo cui farà quindi seguito l’allegazione del testo medesimo, avverrà nei seguenti termini:

1. Il Piano triennale dell’offerta formativa – contenuto – procedura di approvazione e attribuzione risorse – ricadute sulla gestione collegiale della scuola.

2. Arricchimento e diversificazione dell’offerta scolastica, insegnamenti specifici ed innovativi – scuola lavoro e territorio.

3. Organico dei docenti – albi –assunzioni –assegnazione.

4. Competenze del dirigente scolastico.

5. Delega al Governo per semplificazione e adeguamento normative.

Notiamo come e forse giustamente l’oggetto di questa importante legge non sia soltanto il rapporto di lavoro e la posizione giuridica del personale docente, ma tutta una serie di istituti che concernono la scuola come istituzione.

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Tra questi troviamo la posizione del personale insegnante che sarà oggetto della nostra trattazione.

Essa appare quanto mai rilevante, perché la riforma deve affrontare le problematiche di un diffuso precariato censurato in sede europea da parte della Corte di Giustizia ed in quanto la riforma nel dare forma alla autonomia dell’istituzione scolastica, accresce il potere della dirigenza, andando a toccare le potenti e diffuse organizzazioni sindacali che operano nell’ambito della scuola italiana.

Per tale motivo, le rilevanti e serie discussioni che vi hanno avuto seguito anche a livello politico e sindacale, paiono incentrate sulla posizione e sul rapporto del lavoro del personale, quasi dimenticando gli interessi di altri soggetti coinvolti nell’ambito della scuola e del suo funzionamento, come i genitori, gli studenti, ma pure l’intera comunità che, dalla scuola, riceverà i cittadini di domani.

Quest’opera ispirata dallo studio del rapporto di lavoro pubblico ed in particolare di quello del personale insegnante, considererà il tema scuola come termine generale nel quale rapportare le trasformazioni del rapporto di lavoro del personale docente nell’ambito della scuola.

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Capitolo secondo

L

A FUNZIONE DOCENTE NELL

AMBITO DEL PUBBLICO IMPIEGO

SOMMARIO 2.1. Cenni storici - 2.2.Il personale docente nell’attuale assetto del pubblico impiego - 2.3. L’evoluzione normativa del comparto

2.1. Cenni storici

Dalla costituzione dello Stato unitario ad oggi, i vari governi che si sono succeduti hanno promulgato tutta una serie di leggi che hanno mutato lo stato giuridico degli insegnanti. Le elenchiamo di seguito:

1. la legge Casati (Regio Decreto n.3725 del 13-11-1859);

2. lo "Stato giuridico degli insegnanti delle scuole medie, regie e pareggiate" (Regio Decreto 8 aprile 1906);

3. la legge Gentile (Regio Decreto n.1054 del 6-05-1923);

4. il DPR n.3 del 1957 "Statuto degli impiegati civili dello stato";

5. la Legge delega n. 477 del 1973 e il relativo DPR n. 417 del 1974, poi inserito nel Testo unico n. 297 del 1994.

Più di recente, anche in forza degli importanti mutamenti che ha subito l’intera pubblica amministrazione, si sono succedute numerose leggi che hanno interferito con il lavoro del personale docente, si succedevano così:

• la Legge n. 93/1983, nota come legge quadro del Pubblico Impiego, a seguito della quale i docenti furono inseriti nel 6° e 7° livello impiegatizio, la funzione docente perse ogni specificità entro un comparto che impostava in termini omogenei la contrattazione di tutto il personale della scuola, dall'ausiliario al capo d'istituto, e recise definitivamente il legame con la docenza universitaria;

• la legge delega n. 421/1992 sul Pubblico Impiego che ha dato il via alla privatizzazione del rapporto di lavoro, distinguendo fra ciò che rimaneva riserva di legge e ciò che diventava contrattualizzato;

• la legge 59/97 all'interno della quale è stata istituita l'autonomia scolastica e si è attribuita la dirigenza ai capi

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d'istituto, separando la loro contrattazione dal restante personale della scuola.

• la legge n.3/2001 di riforma costituzionale che, come noto, coinvolge in maniera sostanziale l'istruzione.

2.2. Il personale docente nell’attuale assetto del pubblico impiego

Con il DLGS 3 febbraio 1993 n. 29 e con le normative che ne seguirono sino al DLGS 165/2001 Testo Unico Sul Pubblico Impiego, il comparto scuola era interessato alla cosiddetta

“privatizzazione” del pubblico impiego, mediante la quale i rapporti di lavoro del personale docente e non docente erano affidati alla contrattazione collettiva.

La legge di riforma apprestava una disciplina uniforme dell’impiego pubblico che per gran parte si cercava di far coincidere con l’ordinaria disciplina del rapporto di lavoro di cui al codice civile, fatte salve talune normative frutto della peculiarità del rapporto di lavoro alla dipendenze dello Stato o di un ente pubblico.

Nonostante l’uniformità riformatrice taluni settori risentivano delle loro peculiarità spesso di natura esclusivamente concettuale, ma talvolta indotte da più consistenti riserve costituzionali.

Tale appare ad esempio, la disciplina degli enti locali, dove anche il rapporto d’impiego risente dei principi costituzionali in tema di autonomia e decentramento, tale appare nondimeno il comparto della sanità.

Quello della scuola è un settore che anche presenta peculiarità di non poco conto che si riflettono sui rapporti di lavoro del personale.

In primo luogo la Scuola è un servizio pubblico dislocato in maniera capillare sul territorio che molto risente delle caratteristiche, sociali, economico – culturali dello stesso.

D’altro canto nell’ambito della scuola è affermato dal dettato costituzionale di cui all’articolo 33 della Carta il principio della libertà di insegnamento.

Tale principio impone la libertà dell’arte e della scienza e del relativo insegnamento, riservando alla Repubblica e quindi indirettamente all’attività legislativa le norme generali per il funzionamento dell’istruzione di ogni ordine e grado.

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Il principio costituzionale richiamato stabilisce i diritti ed i limiti per l’istruzione privata ed afferma il principio che attribuisce la potestà di organizzarsi autonomamente per le Università e le Accademie.

Il principio di libertà dell’insegnamento ha trovato limiti ed affermazioni in diversi interventi giurisprudenziali.

Era quindi precisato come l’autonomia delle istituzioni scolastiche e il principio di libertà di insegnamento che la sottintendevano non potevano risolversi nell’incondizionata libertà di autodeterminazione, ma comunque esigevano che fossero riservati alle istituzioni scolastiche ampi spazi di autonomia che non potevano essere pregiudicate né dalla legislazione nazionale, né da quella regionale. Di conseguenza, la Consulta (Corte Costituzionale n.13 del 13.1.2004) non riteneva incostituzionale l’articolo 22, comma 4, legge 28.12.2001 n. 448 che garantiva la precedenza ai docenti da tempo in servizio per l’attribuzione di ore aggiuntive di insegnamento fino a raggiungere il limite delle 24 ore.

Ancor prima, era sempre la volta della Consulta (Corte Costituzionale n.159 del 22 maggio 1990) che riteneva l’illegittimità costituzionale della legge n.29/2002 articolo 14 della Regione Friuli Venezia Giulia che imponeva l’insegnamento della lingua friulana per almeno un’ora, ritenendo come detta previsione confliggesse con l’articolo 4, comma 2 della legge 482/90 che attribuiva all’autonomia didattica la deliberazione dei tempi di insegnamento, ritenendo altresì illegittima la disposizione della medesima legge regionale che imponeva ai genitori apposita dichiarazione ai fini dell’esonero dall’insegnamento della lingua friulana.

Attenta allo status del docente oltre che alla libertà di insegnamento (Cassazione Sezione Unite n. 22623 dell’8.11.2010) che estende in nome della libertà di insegnamento all’insegnante di scuola elementare la compatibilità con l’iscrizione all’albo degli avvocati.

L’aspetto concernente lo status e la libertà di insegnamento si riflette sullo stato giuridico dell’insegnante e su limiti alla contrattazione collettiva di disciplinare taluni aspetti dell’attività professionale.

Ricordiamo in proposito come l’articolo 40 del DLGS 165/2001 escluda dalla contrattazione collettiva non solo l’organizzazione

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degli uffici, ma anche la libertà d’insegnamento, riflettendosi così tale esclusione su ogni connessa materia.

In materia giuslavoristica, il profilo professionale del docente è dato dall’articolo 27 del CCNL Scuola 2009 e dall’articolo 395 del Testo Unico sulla Scuola, caratterizzandone le funzioni nella trasmissione della cultura, nell’elaborazione della stessa e nell’impulso al processo di formazione (Remo Marzenti Pellegrini, Università degli Studi di Bergamo, Profilo giuridico del docente, Bergamo, 2015).

Tale stato giuridico è strettamente connesso nell’autonomia didattica, professionale, nella libera espressione culturale e nella libertà di ricerca e di innovazione.

Va precisato che la libertà di insegnamento è posta a garanzia dei contenuti dell’insegnamento (Corte Costituzionale 240/749 nei limiti del coordinamento operato dal collegio dei docenti ( TAR Veneto 4.12.1980 n.930) e comunque non implica insindacabilità dei metodi didattici (Consiglio di Stato Sezione VI n.05/1971).

Trattasi di un diritto soggettivo che comporta per essere effettivo il diritto ed il dovere di aggiornamento e di formazione, inteso come obbligo di servizio (Consiglio di Stato sentenza 1425/2007).

Su tale base, ed anche tenendo conto delle peculiarità del settore, la legge delega per la razionalizzazione del pubblico impiego, dedica alcune direttive indirizzate al Governo per il riordino della disciplina del rapporto di lavoro nel comparo scuola. Esse riguardano l’utilizzo del personale in soprannumero (articolo 2, comma primo, lettera z), la mobilità (lettera aa) l ‘utilizzazione del personale in funzioni diverse da quelle istituzionali (lettere bb), la riduzione delle dotazioni organiche aggiuntive ed il loro utilizzo (lettere bb e cc) le supplenze (lettere dd) il reclutamento (lettere ee). Per contro, il DLGS 29/93 e successiva normativa affronta in maniera solo marginale i problemi peculiari del settore (Balandi, Cappelli, Gulli, Ricciardelli, Romagnoli, Ruggeri, Il Rapporto di lavoro dei dipendenti civili dello Stato e della Scuola, Ediesse, 1994, 151 e seguenti).

Molto spesso il testo unico del pubblico impiego si limita a degli specifici richiami a norme del settore.

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Ciò non è casuale, in quanto da lì a poco, specifiche norme di settore sarebbero intervenute ad attuare la legge delega per quanto riguarda il settore dell’insegnamento.

2.3. L’evoluzione normativa del comparto

Per svolgere un’attività così composita e capillare in un contesto di autonomia, numerosi sono stati gli interventi legislativi sulle strutture centrali e periferiche. I principi sopraindicati trovavano esplicazione dapprima nel la legge delega n. 477 del 1973 e il relativo DPR n. 417 del 1974, poi inserito nel Testo unico n. 297 del 1994.

Questa evoluzione verso un’organizzazione sempre più partecipata e collegata al territorio non ha però portato ad una vera e propria centralità della funzione docente e della sua dirigenza.

Con la legge 59/99 e con il successivo regolamento era attuata l’autonomia delle istituzioni scolastiche quale garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale. Uno spazio importante è occupato dal piano dell’offerta formativa come vera e propria identità di ciascuna istituzione scolastica.

Per quanto riguarda l’amministrazione e le funzioni del personale, a partire dal dicembre 2000, le istituzioni scolastiche si assumevano tutta una serie di compiti che prima costituivano funzioni accentrate presso il Ministero. Erano di competenza dell’Istituto scolastico i servizi amministrativi, le attività negoziali connesse al funzionamento dell’istituto, la formazione e l’aggiornamento del personale.

Fondamentale sul punto è l’articolo 21 della legge Bassanini del 1999. La legge pone l’autonomia delle istituzioni scolastiche come presupposto nel processo di realizzazione della riorganizzazione dell’intero sistema formativo, nell’ambito dei principi generali attinenti il diritto allo studio ed affermati a livello nazionale.

La legge quindi contempla l’attuazione di una vera e propria autonomia degli istituti scolastici che prevede l’attribuzione di autonomia e personalità giuridica e quindi autonomia organizzativa e didattica agli stessi e da attuarsi a mezzo di norme regolamentari.

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Ampie sono le competenze attribuite dal successivo regolamento agli istituti scolastici, con alcune importanti limitazioni. Tra queste ultime, troviamo, la formazione delle graduatorie permanenti che riguardano assunzioni estese oltre l’ambito territoriale dell’istituto, il reclutamento del personale docente, amministrativo, tecnico, ausiliario a tempo indeterminato. Il regolamento mantiene ferma la vigente normativa in tema di provvedimenti disciplinari nei confronti del personale docente, amministrativo, tecnico ed ausiliario.

Al centro dell’autonomia così realizzata troviamo sempre gli organi collegiali della scuola, con la precisazione che il dirigente scolastico esercita le proprie funzioni nel rispetto delle competenze degli organi collegiali. E’ affidato ai docenti il compito di responsabilità, progettazione ed attuazione dell’insegnamento. Sono affidate al responsabile amministrativo i compiti di direzione dei servizi di segreteria nel quadro dell’unità di conduzione affidata al dirigente scolastico.

L’autonomia organizzativa si concretizza quindi anche per quanto riguarda l’impiego dei docenti nell’adozione da parte dell’istituto scolastico di ogni modalità che concretizzi libertà progettuale nei limiti degli indirizzi ed obiettivi generali e specifici di ciascun indirizzo di studio. E’ inoltre affermato il potere delle istituzioni scolastiche di apportare adattamenti al calendario scolastico.

Serve ora puntualizzare come detto sistema di ampia autonomia e delocalizzazione, interferisca con un rapporto di lavoro come quello del personale docente alla cui base vi è comunque un rapporto di lavoro di pubblico impiego ormai affidato alla contrattazione collettiva, alle leggi sul lavoro ed alla normativa speciale di settore.

Possiamo a questo punto dire che il personale docente intrattiene con l’istituto di appartenenza un rapporto articolato e complesso. Esso da un lato, è chiamato ad esercitare la propria attività in maniera autonoma, salvo le direttive che investono il piano organizzativo, dall’altro esso interloquisce con la pubblica amministrazione datrice di lavoro in base alle norme che disciplinano qualunque rapporto di lavoro del settore.

Dette norme si applicano infatti anche alle istituzioni scolastiche come afferma l’articolo 1 del DLGS 165/2001 che rende applicabile la normativa sul lavoro alle pubbliche dipendenze a

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tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative (Ferrari, Lavoro e Responsabilità nella scuola pubblica, Giuffrè 2012, 13).

La sintesi di questo difficile equilibrio è rappresentata dall’articolo 395 del DLGS 297/1994 che costituisce il testo unico della scuola, dove si legge:

“Art. 395 - Funzione docente

1. La funzione docente è intesa come esplicazione essenziale dell'attività di trasmissione della cultura, di contributo alla elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione dei giovani a tale processo e alla formazione umana e critica della loro personalità.

2. I docenti delle scuole di ogni ordine e grado, oltre a svolgere il loro normale orario di insegnamento, espletano le altre attività connesse con la funzione docente, tenuto conto dei rapporti inerenti alla natura dell'attività didattica e della partecipazione al governo della comunità scolastica. In particolare essi:

a) curano il proprio aggiornamento culturale e professionale, anche nel quadro delle iniziative promosse dai competenti organi;

b) partecipano alle riunioni degli organi collegiali di cui fanno parte;

c) partecipano alla realizzazione delle iniziative educative della scuola, deliberate dai competenti organi;

d) curano i rapporti con i genitori degli alunni delle rispettive classi;

e) partecipano ai lavori delle commissioni di esame e di concorso di cui siano stati nominati componenti”

Su tale base, il rapporto di lavoro dei docenti della scuola veniva contrattualizzato.

Il primo contratto collettivo della scuola era siglato in data 4.8.1995.

L’articolo 18 del CCNL indica i tratti costitutivi del contratto individuale. Il successivo articolo 38 individua le mansioni caratteristiche del persona docente affermando che:

SEZIONE II - PERSONALE DOCENTE Art. 38 - Area e funzione docente

1. Il personale docente ed educativo degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, ivi compresi i conservatori di musica, delle

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accademie di belle arti, dell'accademia nazionale di danza, dell'accademia nazionale d'arte drammatica, delle istituzioni educative e degli istituti e scuole speciali statali, è collocato nella distinta area professionale del personale docente.

2. Rientrano in tale area i docenti della scuola materna; i docenti della scuola elementare; i docenti della scuola media; i docenti della scuola secondaria superiore diplomati e laureati; il personale educativo dei convitti e degli educandati femminili; i vicerettori aggiunti dei convitti; gli assistenti delle scuole speciali statali; gli assistenti delle accademie di belle arti e dei licei artistici; i docenti dei conservatori di musica, delle accademie di belle arti e dell'accademia nazionale di danza.

3. La funzione docente realizza il processo di insegnamento/apprendimento volto a promuovere lo sviluppo umano, culturale, civile e professionale degli alunni, sulla base delle finalità e degli obiettivi previsti dagli ordinamenti scolastici definiti per i vari ordini e gradi dell'istruzione dalle leggi dello Stato e dagli altri atti di normazione primaria e secondaria.

4. La funzione docente si fonda sull'autonomia culturale e professionale dei docenti, intesa nella sua dimensione individuale e collegiale.

5. I docenti, nella loro dimensione collegiale, elaborano, attuano e verificano, per gli aspetti pedagogico-didattici, il progetto di istituto, adattandone l'articolazione alle differenziate esigenze degli alunni e tenendo conto del contesto socio economico e culturale di riferimento.

6. Il profilo professionale dei docenti è costituito da competenze disciplinari, pedagogiche, metodologiche - didattiche, organizzativo - relazionali e di ricerca, tra loro correlate ed interagenti, che si sviluppano ed approfondiscono attraverso il maturare dell'esperienza didattica, l'attività di studio, di ricerca e di sistematizzazione della pratica didattica.

7. Per adeguare il profilo professionale della funzione docente ai processi di affermazione dell'autonomia delle istituzioni scolastiche e di differenziazione dell'offerta formativa, le parti convengono sulla necessità di procedere ad una articolazione delle competenze e delle responsabilità all'interno di tale professione. Pertanto, la configurazione professionale del docente, ferma restando l'unicità della funzione, può essere articolata attraverso la definizione, al suo interno, di "figure di

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sistema" ovvero di particolari profili di specializzazione, relativi agli aspetti scientifici, didattici, pedagogici, organizzativi, gestionali e di ricerca.

8. L'individuazione delle suddette articolazioni della professionalità docente è operata in una apposita fase negoziale sulla base di una istruttoria condotta da rappresentanti delle parti stipulanti il CCNL; l' istruttoria dovrà formulare, in tempo utile , proposte relative ai contenuti professionali, ai requisiti e modalità di accesso, alla quantificazione dei relativi contingenti, alle modalità di attuazione, anche sperimentale e graduata nel tempo, del nuovo sistema professionale nei diversi ordini e gradi di scuola, alle modalità di retribuzione del differenziale di professionalità dei docenti collocati nelle suddette articolazioni. Tali proposte saranno esaminate dalle parti in sede di negoziazione dell'accordo di cui all'ultimo comma del precedente articolo 27, ivi comprese le eventuali implicazioni sul sistema di progressione professionale del personale interessato.

Trattasi nella sostanza, come notato, (Ferrari opera citata 15 e seguenti) di una funzione unica per come definita dal ccnl, al cui interno non vi sono graduazioni di professionalità e di responsabilità.

Va notato che l’ultimo comma di tale declaratoria professionale rinvia ad altra sede di negoziazione l’individuazione di diverse articolazioni di professionalità per il personale insegnante.

In realtà il problema ad oggi resta aperto.

Una disciplina a parte era attribuita invece a direttori della scuola che con il DLGS 59/98 passavano dall’area comune del personale della scuola all’area dirigenziale.

Ciò avveniva con il riconoscimento dell’autonomia scolastica, al fine di dare una gestione unitaria delle responsabilità gestionali della scuola, istituendo così una vera e propria responsabilità dirigenziale come previsto per la dirigenza pubblica.

Del resto anche la riforma del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, trattando della dirigenza, attribuisce una posizione specifica ai dirigenti delle istituzioni scolastiche, con l’articolo 25 del dlgs 165/2001 che così stabilisce:

1. Nell'ambito dell'amministrazione scolastica periferica è istituita la qualifica dirigenziale per i capi di istituto preposti alle

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istituzioni scolastiche ed educative alle quali è stata attribuita personalità giuridica ed autonomia a norma dell'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59 e successive modificazioni ed integrazioni. I dirigenti scolastici sono inquadrati in ruoli di dimensione regionale e rispondono, agli effetti dell'articolo 21, in ordine ai risultati, che sono valutati tenuto conto della specificità delle funzioni e sulla base delle verifiche effettuate da un nucleo di valutazione istituito presso l'amministrazione scolastica regionale, presieduto da un dirigente e composto da esperti anche non appartenenti all'amministrazione stessa.

2. II dirigente scolastico assicura la gestione unitaria dell'istituzione, ne ha la legale rappresentanza, é responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio. Nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, spettano al dirigente scolastico autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane. In particolare, il dirigente scolastico organizza l'attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia formative ed è titolare delle relazioni sindacali.

3. Nell'esercizio delle competenze di cui al comma 2, il dirigente scolastico promuove gli interventi per assicurare la qualità dei processi formativi e la collaborazione delle risorse culturali, professionali, sociali ed economiche del territorio, per l'esercizio della libertà di insegnamento, intesa anche come libertà di ricerca e innovazione metodologica e didattica, per l'esercizio della libertà di scelta educativa delle famiglie e per l'attuazione del diritto all'apprendimento da parte degli alunni.

4. Nell'ambito delle funzioni attribuite alle istituzioni scolastiche, spetta al dirigente l'adozione dei provvedimenti di gestione delle risorse e del personale.

5. Nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative e amministrative il dirigente può avvalersi di docenti da lui individuati, ai quali possono essere delegati specifici compiti, ed è coadiuvato dal responsabile amministrativo, che sovrintende, con autonomia operativa, nell'ambito delle direttive di massima impartite e degli obiettivi assegnati, ai servizi amministrativi ed ai servizi generali dell'istituzione scolastica, coordinando il relativo personale. (110)

6. II dirigente presenta periodicamente al consiglio di circolo o al consiglio di istituto motivata relazione sulla direzione e il

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coordinamento dell'attività formativa, organizzativa e amministrativa al fine di garantire la più ampia informazione e un efficace raccordo per l'esercizio delle competenze degli organi della istituzione scolastica.

7. I capi di istituto con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ivi compresi i rettori e i vicerettori dei convitti nazionali, le direttrici e vice direttrici degli educandati, assumono la qualifica di dirigente, previa frequenza di appositi corsi di formazione, all'atto della preposizione alle istituzioni scolastiche dotate di autonomia e della personalità giuridica a norma dell'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59 e successive modificazioni ed integrazioni, salvaguardando, per quanto possibile, la titolarità della sede di servizio.

8. Il Ministro della pubblica istruzione, con proprio decreto, definisce gli obiettivi, i contenuti e la durata della formazione;

determina le modalità di partecipazione ai diversi moduli formativi e delle connesse verifiche; definisce i criteri di valutazione e di certificazione della qualità di ciascun corso;

individua gli organi dell'amministrazione scolastica responsabili dell'articolazione e del coordinamento dei corsi sul territorio, definendone i criteri; stabilisce le modalità di svolgimento dei corsi con il loro affidamento ad università, agenzie specializzate ed enti pubblici e privati anche tra loro associati o consorziati.

9. La direzione dei conservatori di musica, delle accademie di belle arti, degli istituti superiori per le industrie artistiche e delle accademie nazionali di arte drammatica e di danza, è equiparata alla dirigenza dei capi d'istituto. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione sono disciplinate le modalità di designazione e di conferimento e la durata dell'incarico, facendo salve le posizioni degli attuali direttori di ruolo.

10. Contestualmente all'attribuzione della qualifica dirigenziale, ai vicerettori dei convitti nazionali e alle vicedirettrici degli educandati sono soppressi i corrispondenti posti. Alla conclusione delle operazioni sono soppressi i relativi ruoli.

11. I capi d'istituto che rivestano l'incarico di Ministro o Sottosegretario di Stato, ovvero siano in aspettativa per mandato parlamentare o amministrativo o siano in esonero sindacale, distaccati, comandati, utilizzati o collocati fuori ruolo possono assolvere all'obbligo di formazione mediante la frequenza di appositi moduli nell'ambito della formazione

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prevista dal presente articolo, ovvero della formazione di cui all'articolo 29. In tale ultimo caso l'inquadramento decorre ai fini giuridici dalla prima applicazione degli inquadramenti di cui al comma 7 ed ai fini economici dalla data di assegnazione ad una istituzione scolastica autonoma.

Parimenti anche la contrattazione collettiva si adeguava alla funzione legalmente espressa per tale figura professionale (vedasi Tenore, Zucaro, Raieta, La Dirigenza Scolastica, 507 e seguenti).

Il ccnl scuola del 2002 stabiliva una contrattazione unica dedicata per sezioni per tutto il personale della scuola, enucleando i dirigenti che erano invece inseriti in apposita area contrattuale ed inseriti nell’area della dirigenza scolastica con apposito contratto.

Nell’ambito del comune ambito contrattuale, assieme agli insegnanti era collocato il cosiddetto 2personale ATA – Ausiliario Tecnico Amministrativo nell’apposita Sezione dei Servizi Generali Tecnici ed Amministrativi nel cui ambito era collocata la figura del DSGA direttore dei Servizi Amministrativi destinata nell’ambito della progettata autonomia scolastica a divenire autonomo supporto al direttore per quanto atteneva le funzioni amministrative e contabili.

Ne risulta quindi un quadro molto simile a quello dell’impiego pubblico del Comparto Ministeriale destinato a funzionare in un ambito, come vedremo, di forte decentramento ed in presenza di una professionalità del tutto specifica ed importante come la funzione docente.

Essa invece è collocata in un quadro normativo ed anche contrattuale estremamente appiattito tra nell’ambito del personale non dirigenziale senza graduazione alcuna di responsabilità e posizione e senza l’emergere di vere e proprie posizioni intermedie rispetto alla dirigenza.

Ne risulta un ambito di lavoratori – professionisti che da un lato paiono immedesimarsi con una delle più classiche e fondamentali funzioni dello stato, dall’altro esprimono una loro tipicità data dai pochi punti di contatto con l’apparato burocratico e gerarchizzato dello Stato.

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La differenza è normalmente individuata nel principio conclamato della libertà di insegnamento, ma si rinviene anche nell’alta scolarità di questa categoria di lavoratori e dalla responsabilità diretta ed immediata sul “prodotto” della loro attività.

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Capitolo Terzo

L

A RIPARTIZIONE DEI POTERI TRA GLI ORGANI DELL

ISTITUZIONE SCOLASTICA

FUNZIONI

PROFESSIONALI E ORGANI GIUDIZIALI

La tipicità della scuola destinata a ricadere anche sullo status del personale docente, è data anche dalla complessa ripartizione di poteri esistente a livello di istituzione scolastica.

Quivi infatti non esiste il dualismo datore di lavoro-lavoratore, ma sono coinvolti nella gestione del rapporto anche i genitori e gli alunni.

Succede un qualcosa di simile a quanto accade nell’ambito degli enti pubblici dove nel rapporto dirigenza personale, trovano una importante collocazione, anche se non diretta gli organi politici ed assembleari.

L’articolo 3 del dlgs 297/94 sancisce la partecipazione della scuola intesa come comunità che deve interagire con la realtà sociale e civica a livello nazionale, regionale, provinciale, ma soprattutto a livello di istituto, al fine di evitare l’isolamento della istituzione scolastica (Tenore Greco, opera citata, gli organi collegiali, 91).

Il provvedimento infatti, in base al dpr 416/1974, prevedeva gli organi collegiali della scuola, riconoscendo anche un ruolo alle assemblee dei genitori e degli studenti

Così prevede l’articolo 3 del dlgs 297/94 “al fine di realizzare, nel rispetto degli ordinamenti della scuola dello Stato e delle responsabilità proprie del personale ispettivo, direttivo e docente, la partecipazione alla gestione della scuola, dando ad essa il carattere di una comunità che interagisce con la più vasta comunità sociale e civica, sono istituiti a livello di circolo, di istituto, distrettuale, provinciale e nazionale, gli organi collegiali.”

Con l’articolo 2 dpr 416 del 1974, era già allora riconosciuta a tutti gli istituti una limitata autonomia amministrativa, organizzativa e didattica, ma non ancora la personalità giuridica.

Si legge testualmente così:

Circoli didattici e istituti scolastici.

I circoli didattici e gli istituti scolastici di istruzione secondaria ed artistica statali hanno autonomia amministrativa per quanto

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concerne le spese di funzionamento amministrativo e didattico, in relazione ai compiti ad essi demandati.

A livello di circolo e di istituto sono istituiti gli organi collegiali previsti dal presente capo.

Questa limitata autonomia si limitava a prevedere che i consigli di circolo e di istituto ed i consigli scolastici distrettuali, gestivano i fondi loro assegnati per il funzionamento amministrativo e didattico sulla base di un bilancio preventivo (così Tenore, Geco, opera citata 127). Limitata era l’autonomia sotto il profilo organizzativo e didattico.

L’autonomia degli istituti scolastici trovava così attuazione attraverso gli organi collegiali. Al fine della presente trattazione che attiene al rapporto di lavoro dei docenti nella scuola, interessano principalmente gli organi periferici e principalmente il Consiglio di Istituto composto da rappresentanti del personale docente normalmente in numero di 6/8, rappresentanti dei genitori degli alunni in numero di 4, 3/4 rappresentanti degli alunni e dal dirigente scolastico.

Il Consiglio di Istituto è presieduto da uno dei membri eletto tra i rappresentanti dei genitori degli alunni.

Nel suo ambito, opera una giunta esecutiva composta da un docente, un impiegato amministrativo, un genitore, uno studente, dal dirigente scolastico e dal direttore dei servizi amministrativi che funge pure da segretario della giunta stessa (Ferrari, Lavoro e Responsabilità nella Scuola pubblica, Giuffrè, 2012, 30). Il Consiglio di Istituto elabora gli indirizzi generali della scuola, determina le forme di autofinanziamento adotta il regolamento di istituto, l’acquisto dei beni correnti, la partecipazione a manifestazioni sportive e culturali, adotta il piano dell’offerta formativa, indica i criteri generali relativi alla formazione delle classi e all’assegnazione dei singoli docenti, esprime pareri sull’andamento della scuola, fatte salve le competenze del collegio dei docenti.

La Giunta esecutiva invece predispone le delibere e propone al consiglio il programma delle attività finanziarie.

In tale ambito viene ad inserirsi la maggiore autonomia riconosciuta a livello didattico ed amministrativo alle istituzioni scolastiche.

Nel definire quest’ambito, l’articolo 8 del DPR n.275 del 1999, prevede che il ministro dell’istruzione definisce, sentito il

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consiglio nazionale della pubblica istruzione per i diversi tipi di indirizzo e di studio: a) gli obiettivi generali del processo formativo, gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni, le discipline e le attività costituenti la quota nazionale dei curricoli e il relativo monte ore annuale.

Il successivo comma 2, aggiunge “le istituzioni scolastiche determinano, nel piano dell’offerta formativa, il curricolo obbligatorio per i propri alunni in modo da integrare la quota definita a livello nazionale con la quota riservata che comprende le discipline e le attività da esse liberamente scelte”.

In pratica una quota oraria dell’insegnamento (circa il 15%) è affidata all’autonomia dell’istituto (Tenore, Greco, opera citata, 133).

L’autonomia di ciascuna istituzione scolastica si manifesta però nella predisposizione del piano dell’offerta formativa (POV) documento fondamentale dell’identità culturale dell’istituto denominato opportunamente come “La carta di identità delle istituzioni scolastiche” (Tenore, Greco, opera citata, 135).

Il piano dell’offerta formativa è elaborato dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi generali del consiglio di istituto.

Il passaggio all’autonomia si concretizza ed incentra come momento di stabilità e sintesi nella figura del capo d’istituto che da mero funzionario direttivo del ministero, diviene a tutti gli effetti dirigente e rappresentante all’esterno dell’istituzione.

In ogni caso, il potere del dirigente scolastico trova un limite nel già citato articolo 25 del dlgs 165/2001 che nell’attribuire al dirigente d’istituto una vasta gamma di poteri, garantisce e ribadisce il rispetto delle competenze degli organi collegiali.

Tale previsione compare anche all’articolo 16,2°comma del DPR 275 del 1999 che attribuisce sia al dirigente scolastico, che agli organi collegiali, il compito di garantire l’efficacia dell’autonomia dell’istituzione scolastica.

E’ lo stesso contratto collettivo inoltre dei dirigenti scolastici sottoscritto il 1° marzo 2002 che stabilisce come il dirigente scolastico in coerenza con quanto disposto dall’articolo 25 del dlgs 165/2001 e nel rispetto delle competenze degli organi collegiali, assicura il funzionamento generale dell’unità scolastica.

Non sfugge però ad attenta dottrina (Tenore, Dapas, Viola, La dirigenza scolastica, Giuffrè, 2005, 151, Zerman Il nuovo

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ordinamento giuridico della scuola, Rimini, 1999) che in un simile intersecarsi di funzioni, sussiste il rischio di sovrapposizioni per cui può effettivamente parlarsi di una certa confusione normativa.

Potrebbe alla fine concludersi che in qualche modo emerge un sistema che attribuisce al consiglio di istituto la funzione di indirizzo politico amministrativo ed al dirigente scolastico i poteri di gestione per il raggiungimento del risultato formativo mirato.

Sul tema si è pure espresso il Consiglio di Stato in sede consultiva con il parere del 27.10.1999 n.1603/99 in Educazione e Scuola, rivista disponibile sul sito internet www.eduscuola.it. Con tale parere la sezione II del Consiglio di Stato ha ritenuto che la normativa che attribuiva al consiglio di istituto competenza per l’acquisto di materiali e sussidi didattici, articolo 10, 2°comma lettera b) del TU 297/1994, può dirsi abrogata dalla successiva normativa che ridisegna i poteri del dirigente scolastico.

Concludeva così il proprio parere il Consiglio di Stato:

“la quaestio iuris in esame attiene al coordinamento tra l'art. 10 del decreto legislativo n. 297 del 1994 e l'art. 5 del decreto legislativo n. 80 del 1998.

Il thema riguarda la competenza in ordine all'adozione dei provvedimenti contabili e di gestione degli istituti scolastici.

Sul piano normativo, la Sezione ritiene che il ius supervenies ex art. 45 del decreto legislativo n. 80 del 1998, attribuisca le funzioni amministrative in esame ai dirigenti scolastici.

L'art. 45, commi 1 e 5 del decreto legislativo n. 80 del 1998, devolve expressis verbis le competenze sulla gestione finanziaria-contabile ai dirigenti scolastici.

Il problema di coordinamento con l'art. 10 del decreto legislativo n. 297 del 1994 è risolto sul piano interpretativo considerando prevalente la nuova normativa ex art. 15 delle Disp. prel. c.c.

La competenza dirigenziale è in linea con i principi generali sulle attribuzioni dirigenziali ex artt. 3 e 25 bis del decreto legislativo 29 del 1993.

Ne deriva che risultano superate ex lege le competenze dei consigli di istituto e delle giunte esecutive.

Per converso, resta ferma la competenza dei consigli di istituto per la nomina di giunte esecutive per la preparazione dei lavori

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